Storie di cibo e di vita. Autori Vari

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Le polpette della Teresa di Vanes Ferlini

Ricordo bene la prima volta che mio padre mi lasciò solo nella trattoria della Teresa. Avevo dodici anni e le gambe come stecchini. “Trattalo bene” le disse “il ragazzo ha bisogno di fare buon sangue. Tornerò a prenderlo nel pomeriggio”. La Teresa, piacente quarantenne dalle curve morbide e i capelli neri, era saldamente in testa alla lista dei desideri degli uomini del paese. Su di lei correvano voci peccaminose, generate dalla fantasia dei maschi ingabbiati nel matrimonio e alimentate dalle calze nere e i tacchi a spillo che portava mattina e sera, un vezzo inusitato per quell’ambiente provinciale. Quelle fantasie, per quanto riuscivo a origliare, erano una saporita combinazione erotico-culinaria. Si diceva che la Teresa preparasse il suo piatto forte (le polpette al sugo) standosene tutta nuda in cucina e passando le palline di carne sulle rotondità del proprio corpo. Ciò sembrava avvalorato dal gusto sapido, inimitabile, delle sue polpette, la cui fama si era estesa ben oltre i limiti ristretti del paese. Si diceva pure che la Teresa avesse il vezzo di farsi il bagno in una vasca speciale, riempita con Sangiovese di Romagna. Dopo, il Sangiovese veniva imbottigliato da suo marito Teodoro e così finiva dalla vasca da bagno direttamente sui tavoli della trattoria. Teodoro se ne stava quasi sempre in cantina con la scusa di travasare il vino ma sbucava fuori ogni qualvolta un avventore si permetteva una parola o un pizzico di troppo alla Teresa. Non diceva nulla, si limitava a sollevare il lembo della giacca mostrando alla cintura la pistola americana che si era tenuto per ricordo della seconda guerra mondiale.


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