Exibart.onpaper n.48

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finalmente macro I percorsi, le passerelle, il movimento, i terrazzi. E poi il rosso, come spunto casuale prima e come segno di sangue (e dunque di vita) poi. In un'intervista che segna l'inizio del conto alla rovescia per l'apertura di Macro (prevista tra sei mesi), Odile Decq a cuore aperto. In nome di un equilibrio dinamico... Il suo lavoro spazia da progetti architettonici a installazioni, che rappresentano vere e proprie opere d'arte, fino al design. Ritiene che il museo di Roma sia un semplice intervento architettonico o un progetto che si colloca al confine tra più discipline? Il MACRO comprende elementi che motivano e corroborano la mia architettura. In primo luogo, un museo d'arte contemporanea non è un'opera d'arte, non può esserlo. È un'opera d'architettura, ovvero uno spazio, o meglio, un insieme di spazi che permettono la presentazione di opere d'arte. È per questo che ci siamo dovuti rendere talvolta neutri (nelle sale espositive) e talvolta orientati al movimento (nei percorsi). Tuttavia, anche se tutto sembra essere in movimento nello spazio a causa delle passerelle, delle scale, degli ascensori; l'architettura permette una concentrazione, un'intimità. Lascia che il visitatore possa rallentare il suo percorso.

In questo progetto, oltre al classico, si è dovuta rapportare con un contesto anche storico, qual è stata la strategia? Il solo elemento importante di riflessione concettuale rispetto al progetto alle sue origini è stato l'obbligo di mantenere le facciate. E poi c'è stata questa necessità di rottura. Per far sì che il visitatore entrasse davvero in un altro universo. Per vedere l'arte contemporanea in una città dove non è visibile a causa delle tante preesistenze.

a destra: Odile Decq in basso: un rendering del progetto

zati? La biblioteca? Il ristorante? Non vi saranno zone specificatamente dedicate ad interventi di design. Comunque ho disegnato 'oggetti' per gli spazi del ristorante, della libreria, della sala di lettura, della sala conferenze, del bar... I segni distintivi, che connotano le sue architetture, sono identificabili anche nel progetto museale? Ad esempio, l'uso del colore rosso, presente anche nel caso romano, ha per lei un significato particolare? Il rosso è arrivato poco a poco dopo molti anni.

Sebbene tutti dicano che sette anni di cantiere in Italia sono pochi, posso garantire che, se confrontati ad altri paesi, sono decisamente tanti

Signora Decq, lei è sempre più legata al contemporaneo... Il mio interesse per l'arte contemporanea non cessa di crescere. Colleziono, realizzo gallerie d'arte, faccio installazioni. E tutto già da molto tempo. Ultimamente mi si è chiesto di esporre in prima persona. Non ho voluto presentare uno dei miei progetti d'architettura - una galleria non è luogo adatto a questo -, ma ho pensato ad una pièce che giocasse con lo spazio e che avesse una vita propria. Ecco come è nata Homéostasie, un'opera che interpreta ciò che per me è l'equilibrio dinamico. Si può dire che con questo pezzo ho cercato di passare dall'altra parte dello specchio, di cambiare punto di vista, di fuggire il campo stretto dell'architettura e dello spazio architettonico. Crede che questa interazione tra arti possa esserci solo quando due discipline si "scontrano", in questo caso per la destinazione d'uso a museo, o anche con semplici interventi di architettura? Arte e architettura possono incontrarsi in ogni istante. E non c'è solo il museo, c'è anche lo spazio pubblico, gli ambiti della vita privata. Il museo non è comunque l'unico luogo d'interazione. A questo proposito, considerato il suo interesse crescente per la materia, avrà un'attenzione particolare per il design e gli arredi dell'avventura romana? Quali saranno gli spazi più caratteriz-

All'inizio l'ho semplicemente fatto, non gli ho dato un senso particolare. In realtà ogni volta che partecipo ad una conferenza mi viene posta sempre questa domanda. E allora rispondo che dapprincipio il rosso era nato per rendere un forte contrasto con il nero. Di seguito è stato pensato come rosso-sangue e dunque rosso-vita. Il museo di Roma è stato definito come un progetto alla ricerca di un equilibrio dinamico, che è di per sé una contraddizione in termini. È alla ricerca di un punto di rottura che generi un'instabilità creativa riconducibile all'arte contemporanea? L'equilibrio dinamico non è una contraddizione in termini, la prova è la definizione di "Homeostasie", ovvero il termine che definisce nelle scienze l'equilibrio dinamico stesso. Si tratta dell'equilibrio che sta giusto al limite della rottura; quell'equilibrio che un nonnulla può

mettere in movimento. Quell'equilibro nel quale forze apparentemente contraddittorie trovano un punto di stabilità a dispetto del movimento tutt'intorno.

In una sua precedente intervista, ha definito Roma come la città ideale per la nuova architettura, la capitale secondo lei è effettivamente pronta ad accogliere un progetto come il suo, definito di "rottura con il passato"? Ho detto che il contesto romano, statico da tanto tempo, sarebbe un ambito ideale per sperimentare sull'architettura. Ho costatato che se un territorio è fermo da molto e si rimette in moto, va molto più spedito di un territorio che in moto c'è sempre stato. Roma ha cominciato a mettersi in moto. E lo deve fare ben forte nel futuro se non vuole addormentarsi di nuovo.

Il titolo del concorso di Roma era "territori sensuali", come se l'ipotetico visitatore del museo dovesse compiere un percorso attraverso il quale si rapporta a nuove sensazioni che scaturiscono dall'interazione con l'edificio. Quanto conta la percezione dello spazio e che rapporto si crea in un museo tra opere d'arte e architettura? Il titolo faceva riferimento al fatto che aprirsi all'arte contemporanea significa mettere in gioco tutti i nostri sensi. E l'architettura è il territorio di questi sensi. Alla stessa maniera il disequilibrio legato alle pendenze, le texture di materiali cangianti sotto ai piedi del visitatore, i punti di vista variabili (contro sole, in obliquo, davanti alle vetrate...), tutto ciò mette in campo il rapporto diretto con l'opera e permette di creare dei rapporti successivi legati alla scoperta. È un po' come in uno spazio barocco con molteplici punti di fuga. Vi sono stati dei brutti momenti in quest'avventura? Il cantiere non ha passato dei momenti brutti. Comunque la gestione dei tempi è stata complicata. Ho progressivamente capito che la cosa sarebbe stata lunga. Perché se tutti dicono che sette anni di cantiere in Italia sono pochi, posso garantire che, se confrontati ad altri paesi, sono decisamente tanti. [a cura di valia bariello]

E TUTT'INTORNO È GIÀ MACROZONA L'abbiamo battezzata già da qualche tempo - con la nostra mania per i neologismo in fatto di artdistrict "Macrozona". Ed è proprio una macro zona di gallerie e spazi privati dedicati all'arte quella che si sta creando attorno ad un museo che non è ancora stato inaugurato (aprirà per la prima volta in occasione della prossima Notte Bianca romana, ad inizio settembre). E, dunque, per chi non si accontenta dell'importante mostra di Nahum Tevet che il direttore di Macro, Danilo Eccher, cura negli spazi di via Reggio Emilia (www.macro.roma.museum; mart-dom 9-19; 06671070423) o dell'altrettanto interessante retrospettiva su Giuseppe Gallo visitabile fino al 24 marzo, ci sarà a disposizione un intero quartiere ingemmato di gallerie. A partire dalla stessa via Reggio Emilia tra decani della zona e newcomers. La galleria più importante del quartiere è senza dubbio la Oredaria di Marina Covi Celli (via Reggio Emilia 22; www.oredaria.it) dove fino all'8 marzo c'è una mostra da non perdere del grande Maurizio Mochetti. Sempre fino all'8 marzo Antonello Bulgini è in mostra da Hybrida (via Reggio Emilia 32; www.hybridacontemporanea.it) mentre il giovanissimo lituano Andrius Zakarauskas è protagonista di una per-

sonale al Traghetto (via Reggio Emilia 25; www.galleriatraghetto.it). Sempre curiosa la programmazione di Mondo Bizzarro (via Reggio Emilia 32c; www.mondobizzarro.net) che tra arte soft core e neo pop offre un fornitissimo bookshop da non mancare. Il Sole (via Nomentana 169; www.galleriailsole.it) propone con costanza ormai dal 2003 una programmazione di qualità dedicata quasi esclusivamente alla giovane figurazione italiana e sempre sull'Italia sembrano focalizzati i primi vagiti delle nuovissime Endemica (via Mantova 14; www.endemica.it), che presenta per questa primavera una mostra di Bruno Ceccobelli, e Segni Mutanti (via Velletri 30; www.segnimutanti.it) che fino al 7 marzo presente le carte di Emilio Leofreddi. Per coloro che poi avessero ancora voglia di spazi istituzionali, la zona non è affatto avara. E, oltre al Macro, gli art-lovers possono sbizzarrirsi tra la programmazione internazionale del Goethe Institute (via Savoia 15; www.goethe.de/roma) e le proposte di altissimo profilo dei Musei di Villa Torlonia (via Nomentana 70; www.museivillatorlonia.it, nel Casino dei Principi una personale di Carlo Livi fino al 15 giugno) all'interno della quale, tra non molto, aprirà a quanto pare un polo internazionale dedicato alla performance...


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