Exotic files 2 2014

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16-02-2015

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EXOTIC FILES Alcuni rettili sono in grado di sopportare stati di disidratazione anche gravi aumentando il sodio plasmatico e conseguentemente l’osmolarità. Infatti questa è la strategia con cui molte specie che vivono in ambienti aridi fanno fronte a stati di disidratazione importanti: aumentano l’osmolarità plasmatica, ciò sarebbe fatale per un mammifero. Di conseguenza sia il valore del PCV (2035%) che quello delle proteine totali (3-7 g/dl) può variare molto in queste specie. Da quanto descritto sopra si evince la reale necessità di conoscere l’osmolarità plasmatica del rettile prima di impostare un piano corretto di fluidoterapia; se tuttavia non è possibile misurare l’osmolarità plasmatica, essa può essere stimata utilizzando una delle seguenti formule: 1. Osm (mmol/L) = 2 x (Na + K) 2. Formula più accurata: Osm (mmol/L) = 2 x (Na + K) +glucosio + urea Si deve porre particolare attenzione ad evitare l’iperidratazione anche nei rettili. I segni più frequenti includono: • edema del faringe; • edemi periferici; • scolo nasale sieroso; • difficoltà respiratoria secondaria ad edema polmonare; • ripetuti tentativi nel tenere il collo esteso, la bocca aperta e la testa sollevata; • aumento di peso rapido. Cheloni: la sede preferenziale per posizionare un’agocannula è rappresentata dalla vena giugulare destra (Fig. 18) ma anche il vaso di sinistra è facilmente accessibile. Si trova a lato del collo, si estende caudalmente alla membrana timpanica verso l’ingresso del celoma ed è abbastanza superficiale. Si estende il collo, si può applicare una lieve pressione alla base dello stesso e a volte è possibile visualizzare il vaso; in corso di ipotensione grave o shock è necessario ricorrere al cut cutaneo. In condizioni di emergenza, in cui non si riesca ad accedere alla vena giugulare, si possono somministrare boli di cristalloidi o colloidi nella vena dorsale coccigea, o nel plesso venoso subcarapaciale: queste sedi però non

2 - 2014 si prestano ad essere cateterizzate. La via intraossea si ottiene mediante apposizione di una struttura dedicata allo scopo posizionandola nel ponte osseo tra carapace e piastrone oppure nello scuto gulare (specialmente negli individui giovani). Raramente si utilizzano femore o tibia per la conformazione degli stessi. Altre vie di somministrazione di fluidi sono rappresentate dalla via orale (tramite sonde temporanee o permanenti), sottocutanea (cute delle zampe posteriori), epicelomatica (tra piastrone e muscoli pettorali: 10-20 ml/Kg/ die), intracelomatica (nella fossa prefemorale, l’assorbimento dei fluidi è rapido: 20-30 ml/Kg/die), intracloacale. Per decidere il tipo di fluidi da infondere andrebbe calcolata l’osmolarità plasmatica; come mantenimento si calcola 10-30 ml/Kg/die in base alla specie che stiamo reidratando. Ofidi: anche in questo caso sarebbe importante la determinazione dell’osmolarità plasmatica per pianificare una corretta fluidoterapia. La maggior parte dei serpenti ha un’osmolarità compresa tra 250 e 280 mOsm e quindi la maggior parte dei fluidi disponibili isotonici normalmente utilizzati nei mammiferi risultano ipertonici (ad esempio soluzione fisiologica 0,9%: 308 mOsm/l, soluzione elettrolitica reidratante III: 307 mOsm/l). Nei serpenti non è facile stimare la percentuale di disidratazione e la cute non è elastica come quella dei mammiferi quindi per valutare la ‘normale idratazione’ si consiglia di visitare routinariamente animali sani e farsi appunto un’idea del ‘normale’. L’area migliore per valutare l’elasticità cutanea è la parete laterale del corpo. Altri indicatori ci aiutano a determinare lo stato di idratazione: la mucosa buccale (che deve essere non asciutta e senza muco viscoso), il trc (inferiore a 2 secondi), la posizione degli occhi (eventualmente infossati). Le vie di inoculazione dei fluidi in questi animali sono: la via orale (tramite sonda), sottocutanea (lateralmente nella parete addominale), intracelomatica (nel quarto caudale inserendo l’ago tra una scaglia e l’altra dopo aver posto il serpente in decubito dorsale) ed endovenosa (raramente utilizzata, nella vena giugulare dopo cut chirurgico). Il mantenimento è stabilito in 10-30

FIGURA 18 - Fasi dell’incannulazione della vena giugulare destra in una testuggine. 40


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