62a edizione Scivac Rimini - parte2

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62° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

misura inversamente proporzionale alla malignità dei tumori del cane ed è un utile indicatore prognostico.8,9 Tuttavia, l’impiego di una terapia ormonale nel cane o nel gatto deve ancora essere studiato.

descrivono meno di tre soggetti trattati e quindi è difficile valutarne la risposta alla terapia.3 Presso la North Carolina State University (NCSU) impieghiamo la lomustina per trattare i gliomi se i proprietari non vogliono ricorrere alla radioterapia, e talvolta anche in combinazione con essa. Questo agente alchilante è mielosoppressivo e può causare una grave trombocitopenia permanente. È anche epatotossico e questo effetto cumulativo può essere limitante. La dose utilizzata è di 70 mg/m2 arrotondata per difetto in modo da poter utilizzare le compresse con i livelli di farmaco più prossimi al valore desiderato, una volta ogni tre settimane, per via orale. Si controllano il profilo emocromocitometrico completo ed il profilo biochimico una settimana dopo la somministrazione del farmaco e di nuovo alla terza settimana se si presentano delle anomalie, per assicurarsi che siano state risolte prima della dose successiva. La tolleranza individuale a questo farmaco varia enormemente, ed il numero di dosi che può essere somministrato con sicurezza è compreso fra appena tre e oltre nove dosi. Abbiamo osservato la remissione dei segni clinici associati a questo farmaco in alcuni cani, ma è importante rilevare che i gliomi anaplastici o i glioblastomi multiformi hanno scarse probabilità di risposta.

Conclusione I lavori pubblicati in letteratura e le esperienze sull’impiego della chemioterapia nel trattamento delle neoplasie del SNC nel cane sono relativamente scarsi, a causa della maggiore diffusione di chirurgia e radioterapia. Tuttavia, il non offrire quest’opzione terapeutica porta molti proprietari a ritenere che per loro il solo trattamento attualbile siano le cure palliative. Esistono attualmente molti centri che studiano nuovi metodi per portare gli agenti chemioterapici alle neoplasie cerebrali e nel prossimo futuro saranno proposte nuove opzioni.

Bibliografia 1.

Chemioterapia e meningiomi

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Nell’uomo, i meningiomi sono trattati tipicamente con chirurgia e radiazioni, riservando la chemioterapia ai tumori recidivanti o non asportabili. Per molti anni, è stata utilizzata l’idrossiurea, con un certo successo.4 Questo farmaco è un antimetabolita che inibisce la ribonucleotide reduttasi e causa apoptosi delle linee cellulari del meningioma con mielosoppressione come effetto collaterale. I veterinari hanno utilizzato l’idrossiurea nei cani, a posologie di 30-50 mg/kg per via orale tre volte alla settimana, monitorando il profilo emocromocitometrico completo per la mielosoppressione, ed hanno riportato alcuni successi nell’ottenere la regressione del tumore.5 La riduzione temporanea della dose è efficace per ridurre gli effetti collaterali, che però alla fine sono cumulativi. Per la lomustina e la carmustina non è stata riferita alcuna efficacia nel trattamento dei meningiomi umani, ma in letteratura veterinaria esistono riscontri dell’azione della lomustina nel produrre un miglioramento,6,7 e questa è stata anche l’esperienza dell’autrice presso il NCSU. Nell’uomo, è stata impiegata una terapia ormonale (ad es., antiprostaglandine) mirata per i meningiomi, perché molti di essi esprimono dei recettori per il progesterone. L’espressione dei recettori delle prostaglandine è stata associata in

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