59° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC
59
Aspetti diagnostici e terapeutici della pancreatite del gatto Andrea Boari Med Vet, Teramo,
Marco Pierantozzi Med Vet, Teramo
Fino ad alcuni anni fa, si riteneva che i disordini del pancreas esocrino avessero una incidenza estremamente bassa nel gatto. Studi recenti hanno dimostrato che i gatti sono colpiti da affezioni del pancreas esocrino similmente a quanto avviene nel cane, ma che spesso sfuggono ad una diagnosi clinica. Nella specie felina la pancreatite rappresenta il disordine più frequente del pancreas esocrino. Si riconoscono forme acute e croniche che costituiscono rispettivamente 1/3 e 2/3 di tutti i casi, al contrario del cane dove i 2/3 dei casi di pancreatite rientrano nelle forme acute. La pancreatite acuta si riferisce ad una condizione infiammatoria di breve durata completamente reversibile una volta eliminata la causa scatenante. La pancreatite cronica, è costituita invece da una flogosi di lunga durata del tessuto pancreatico associato ad alterazioni istopatologiche irreversibili (fibrosi ed atrofia). Sebbene la definizione di acuto e di cronico si basi su dati istopatologici piuttosto che su segni clinici, la pancreatite acuta si presenta comunemente in forma grave mentre la pancreatite cronica è di solito lieve o subclinica. Al momento nel gatto, non è possibile differenziare ante-mortem le forme acute da quelle croniche sulla base dei dati clinici, clinico patologici e di diagnostica per immagine. Più del 90% dei casi di pancreatite felina sono idiopatici. Tuttavia, alla condizione sono state associate molteplici malattie e fattori di rischio. In letteratura sono stati segnalati alcuni casi di pancreatite traumatica causati da incidenti stradali o dalla caduta da grandi altezze. Nella patogenesi della malattia sono stati implicati inoltre diversi agenti infettivi tra cui il Toxoplasma gondii, scarse le correlazioni con i virus della panleucopenia, della peritonite infettiva e l’Herpesvirus di tipo I. Sono stati segnalati casi di pancreatite felina da applicazione topica di esteri fosforici (fenthion). Contrariamente al cane in cui la pancreatite è stata associata a obesità e pasto ricco di grassi, nel gatto è stata osservata una associazione con lo stato di nutrizione scadente. Di estrema importanza clinica è il fatto che la pancreatite felina sia associata ad altre condizioni patologiche come la malattia infiammatoria intestinale (IBD) e affezioni del tratto biliare. Per questo da alcuni autori è stato coniato il termine “tradite” ed è stata avanzata l’ipotesi che la flogosi pancreatica ed epatobiliare sia in realtà la conseguenza della IBD. Tutte le cause sembrano seguire una analoga via patofisiologica attraverso l’attivazione della tripsina, l’autodigestione del
pancreas, la liberazione di citochine infiammatorie, l’attivazione di una risposta infiammatoria, la comparsa di complicazioni sistemiche come la risposta infiammatoria sistemica (SIRS), l’edema polmonare, la coagulazione intravasale disseminata, la disfunzione d’organo multipla ed infine la morte. La pancreatite felina è molto difficile da diagnosticare per la mancanza di segni clinici specifici e la disponibilità limitata di test affidabili. I segni clinici più frequentemente riportati sono l’anoressia, la letargia e la disidratazione. Il vomito, ritenuto forse il segno più frequente e costante nel cane, si presenta meno comunemente nel gatto; il dolore addominale è spesso presente ma è difficile da rilevare nella specie felina. A causa della aspecificità dei segni clinici, la pancreatite dovrebbe essere considerata in diagnosi differenziale in ogni gatto che presenti anoressia, letargia o vomito di origine non nota. Le indagini ematobiochimiche sono di solito di scarso aiuto nella diagnosi, ma possono fornire utili informazioni sul bilancio idroelettrolitico e su eventuali malattie concorrenti. Trascurabili e poco significative le alterazioni ematologiche (anemia non rigenerativa e leucocitosi). Le alterazioni al profilo biochimico sono di solito non specifiche e comprendono iperbilirubinemia, ipercolesterolemia, iperglicemia, un aumento degli enzimi epatici (ATL,AST,ALP), della BUN e creatinina ed ipoalbuminemia. Le più comuni alterazioni elettrolitiche sono l’ipokaliemia e l’ipocalcemia. L’ipocalcemia è il risultato di diversi meccanismi che includono gli squilibri elettrolitici, la saponificazione del grasso peripancreatico, una resistenza al paratormone e l’ipoalbuminemia. La presenza di ipocalcemia è legata ad una prognosi sfavorevole. Molti laboratori ancora comprendono nei loro profili, la lipasi e l’amilasi sieriche. Entrambi questi enzimi, fra l’altro non di esclusiva provenienza pancreatica, si sono dimostrati nel cane e nel gatto, incapaci di distinguere soggetti sani da quelli affetti da pancreatite e pertanto non sono in grado di fornire informazioni utili alla diagnosi di pancreatite. Test ritenuti specifici della funzionalità intestinale (cobalamina e folati) e pancreatica (fTLI e fPLI) possono risultare molto utili nella diagnosi della pancreatite felina e soprattutto nella valutazione di malattie concomitanti (IBD) (Simpson et al. 2001). L’immunoreattività tripsinosimile sierica (fTLI) è considerato uno specifico indicatore della funzionalità pancreatica ed è infatti considerato il test d’elezione per la diagnosi di insufficienza pancreatica esocrina (IPE). Tuttavia la