59a edizione Scivac Rimini - parte1

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59° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

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Malattie dei muscoli della masticazione Marco Bernardini Med Vet, Dipl ECVN, Padova

La miopatia dei muscoli masticatori (MMM)1-4, conosciuta in passato anche come miosite eosinofilica, miosite atrofica e miosite masticatoria, tendenzialmente interessa cani di media o grande taglia, generalmente giovani adulti. Colpisce selettivamente i muscoli Temporale, Massetere e Pterigoideo, quasi sempre bilateralmente. Si tratta di una malattia autoimmune dovuta alla formazione di anticorpi contro le fibre 2M dei muscoli temporali, a livello dei quali c’è la deposizione di immunocomplessi. L’interessamento selettivo per i muscoli masticatori dipende dalla presenza di molecole di miosina con caratteristiche uniche, probabilmente legate alla peculiarità dell’origine embriologica di detti muscoli. Tali anticorpi sono rilevabili nel siero e sono utilizzabili per la diagnosi. La risposta anticorpale potrebbe essere scatenata da agenti infettivi che condividono strutture antigeniche uguali o simili a quelle delle fibre muscolari. L’improvviso inizio dei sintomi è accompagnato da dolore localizzato ai muscoli temporali, che possono aumentare di volume, causando a volte esoftalmo per l’apertura posteriore dell’orbita. Sono stati riportati anche deficit visivi da compressione del nervo ottico. Lo stato algico spinge l’animale a rifiutare il cibo e a sottrarsi all’apertura forzata della bocca, spesso tenuta semiaperta. Fenomeni reattivi a carico dei linfonodi regionali e ipertermia generalizzata possono completare il quadro clinico. La cronicizzazione del processo è caratterizzata da progressiva atrofia muscolare, così massiva da modificare seriamente il profilo della testa. A volte la fase acuta passa inosservata e il proprietario si accorge del problema dell’animale solo nella fase cronica, notando l’evidenza di alcune strutture ossee (protuberanza occipitale e processi zigomatici) quando gli accarezza la testa. La sostituzione del tessuto muscolare con tessuto fibroso può portare progressivamente a trisma con impedimento all’apertura della bocca. Anche in anestesia generale, nonostante l’eliminazione dell’eventuale dolore e di ogni forma di contrazione del residuo tessuto muscolare, l’angolo di apertura della bocca non cambia sostanzialmente e l’intubazione può essere impossibile. Essendo l’orbita aperta posteriormente, un certo enoftalmo può essere evidente in caso di massiva atrofia muscolare. La conseguente procidenza della terza palpebra può essere il primo problema notato dal proprietario. L’alimentazione diventa sempre più difficile e si può arrivare a stadi in cui è possibile solo la parziale fuoriuscita della lingua, spesso comunque sufficiente per assumere alimenti liquidi e acqua. Stadi più avanzati rendono impossibile qualsiasi forma di alimentazione spontanea e possono costringere a decidere per l’eutanasia dell’animale. Questa fase cronica potrebbe in realtà essere un’entità nosologica a

sé stante, da mettere quindi in diagnosi differenziale con la MMM, definita come miopatia atrofica dei masticatori, miosite atrofica o miodegenerazione cranica. La patogenesi è oscura: almeno in alcuni casi, potrebbe essere il risultato finale di una atrofia neurogena secondaria ad una neurite idiopatica del n. Trigemino. I muscoli della masticazione possono, in casi decisamente rari, essere coinvolti in processi patologici che interessino diffusamente l’apparato muscolare e quindi i sintomi masticatori potrebbero essere i primi a comparire. Altre diagnosi differenziali della MMM, quindi, possono essere le miositi autoimmuni, la miotonia e le forme infiammatorie su base infettiva, tra le quali merita un posto di rilievo la leishmaniosi5. La diagnosi di MMM durante la fase acuta, solitamente della durata di 2-3 settimane, non presenta soverchie difficoltà, anche se l’emogramma e la biochimica ematica sono spesso negativi o presentano segni aspecifici di infiammazione. Se alterati, si possono riscontrare eosinofilia, ipergammaglobulinemia, aumento della CPK. Anche test più specifici quali ANA test, rheuma test o LE test sono spesso negativi. L’EMG rivela potenziali di fibrillazione e può permettere una differenziazione dalle rarissime forme miotoniche, caratterizzate da potenziali miotonici. L’esame di elezione rimane comunque la ricerca degli anticorpi contro le fibre 2M, che risultano altamente diagnostici in caso di MMM, a meno che non siano già state iniziate terapie con dosi medio-alte di corticosteroidi. La biopsia muscolare permette di evidenziare quadri di infiammazione (infiltrazioni di linfociti, plasmacellule, istiociti, eosinofili, ecc) o, meno frequentemente, di degenerazione o necrosi muscolare, frammisti a quadri di rigenerazione muscolare. In caso di conferma diagnostica, una terapia immunosoppressiva deve essere iniziata il prima possibile, partendo da 2-4 mg/kg ogni 24 ore e scalando lentamente per 4-6 mesi. È molto importante fornire all’animale un’adeguata gastroprotezione per prevenire la comparsa di effetti secondari della terapia corticosteroidea, poiché la sua sospensione aumenta il rischio di recidive, che sono sempre più difficili da trattare. Altre terapie con farmaci immunosoppressivi mancano di un’adeguata sperimentazione, anche se in linea teorica potrebbero trovare la loro applicazione anche in caso di MMM. È stato suggerito l’uso di azatioprina alla dose di 0,6 mg/kg/q1-3 gg. Considerazioni diverse devono essere fatte per la fase cronica della malattia, caratterizzata dalla marcata atrofia muscolare. La diagnosi differenziale deve prendere in considerazione le atrofie neurogeniche, e quindi le patologie che possono interessare contemporaneamente e bilateralmente il


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