59a edizione Scivac Rimini - parte1

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59° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

la distrofina è eccezionalmente grande e razze diverse presentano una mutazione differente all’interno di questo stesso gene in modo da determinare una sindrome fenotipicamente simile. Il golden retriever presenta una mutazione nell’introne 6, i rottweiler nell’esone 58, i Labrador nell’introne 20 ed i pastori tedeschi mostrano una grande delezione del gene. I cani ed i gatti con distrofia muscolare hanno un’ipertrofia o atrofia del muscolo. Si osserva una progressiva restrizione dell’andatura a partire dall’età di 6-8 settimane, con debolezza, deambulazione rigida, innaturale e strascicata, con stazione da plantigrado. Si riscontrano poi eccesso di salivazione (ipertrofia della lingua o disfagia), abduzione degli arti, andatura a salti da coniglio, intolleranza all’esercizio e debolezza del latrato. Alcuni cani restano in grado di camminare anche nella media età, tuttavia esiste una forma neonatale fulminante. Alcuni soggetti sviluppano una miocardiopatia. Il sospetto diagnostico iniziale viene basato sull’osservazione dei segni clinici caratteristici in un giovane cucciolo di golden retriever, rottweiler o samoiedo maschio. Questi cani mostrano un incremento impressionante dei livelli di CK (10.000 ++ U/l) ed imponenti modificazioni dell’EMG. La biopsia muscolare evidenzia fibre ialine, fagocitosi, nuclei grandi/prominenti, fibre in via di rigenerazione, assenza di colorazione per la distrofina, diminuzione della colorazione per l’α-sarcoglicano ed incremento della colorazione per l’utrofina. Non esiste alcuna terapia per questa miopatia, per cui l’unico intervento attuabile è rappresentato dagli interventi di sostegno alimentando gli animali con miscele semiliquide. In futuro, i possibili trattamenti saranno rappresentati dal trapianto di mioblasti e dalla terapia genica. La prognosi a lungo termine è sfavorevole. MIOPATIA CENTRONUCLEARE NEL LABRADOR RETRIEVER: La trasmissione ereditaria è di tipo autosomico recessivo, con un difetto genetico rappresentato da un’anomalia del cromosoma 2 del cane (CFA02). I segni clinici si rendono evidenti fra tre e sei mesi. Le biopsie muscolari indicano una certa variazione delle dimensioni delle fibre con un lieve incremento del tessuto connettivo di endomisio e perimisio. La tipizzazione delle fibre mostra un predominio di quelle di tipo I ed una carenza di quelle di tipo II. Altre osservazioni suggeriscono la possibilità di modificazioni neuropatiche in campioni di muscolo sottoposti a biopsia. I segni clinici sono rappresentati da debolezza del collo, seguita da debolezza indotta dall’esercizio. Entrambe queste forme sono aggravate dal freddo o dall’eccitazione e seguite da un recupero dopo periodi di riposo. L’atrofia muscolare si verifica in particolare nei muscoli masticatori ed i cani maschi possono sviluppare un priapismo. I livelli sierici di CK non sono elevati, ma può essere presente una creatinuria. Dopo i sei mesi non si sviluppano altri segni clinici, benché i cani continuino a presentare uno scarso accrescimento con grave perdita generalizzata della massa muscolare scheletrica. La diagnosi si basa su razza, età di insorgenza, segni clinici e quadri elettrofisiologici e, se necessario, biopsia muscolare (bicipite o tricipite). Non esiste alcun trattamento efficace, ma alcuni cani sono sopravvissuti fino a sei anni.

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ALTRE MIOPATIE EREDITARIE: • Distrofia muscolare con carenza di merosina (laminina α2) • Distrofia muscolare con assenza di sarcoglicani • Carenza di PDH – Clumber e Sussex spaniel • Collasso indotto da esercizio – Labrador retriever • Miopatia ipertrofica – Cavalier King Charles spaniel • Glicogenosi • Miopatia Nemaline rod MIOPATIE DA ACCUMULO DI LIPIDI NEL CANE: Queste miopatie sono caratterizzate dalla presenza di accumuli di lipidi in quantità anormali nel muscolo, dove tale accumulo costituisce l’alterazione patologica predominante. La maggior parte dei casi viene associata ad un’alterazione del metabolismo della carnitina (sia di tipo primario che secondario), con anomalie mitocondriali o disordini dell’ossidazione degli acidi grassi con coinvolgimento della β-ossidazione. I segni clinici sono rappresentati da dolore muscolare acuto o cronico scarsamente localizzabile, atrofia muscolare, debolezza, rigidità e zoppia, intolleranza all’esercizio, tremori muscolari ± miocardiopatia. La miopatia da lipidi si osserva in cani di qualsiasi età senza alcuna predilezione di sesso, benché la maggior parte dei soggetti colpiti sia rappresentata da adulti. La diagnosi inizialmente prevede la valutazione elettrofisiologica, seguita dalla determinazione dei livelli di lattati (pre- e post-esercizio) e piruvati nel plasma e nell’urina, nonché dalla quantificazione della carnitina (totale, libera ed esterificata) in muscolo, plasma ed urina. L’analisi quantitativa degli acidi organici permette di differenziare le cause patologiche dell’acidemia lattica. Il caposaldo della diagnosi è la biopsia muscolare, in cui si riscontra un accumulo di gocce lipidiche all’interno delle miofibre nei campioni bioptici di muscolo freddo, congelato (colorazione con olio rosso O). Se sono presenti bassi livelli di carnitina muscolare (primaria), il soggetto va trattato con L-carnitina per os alla dose di 50 mg/kg/bid (la risposta non è così buona negli animali in cui l’alterazione a carico della carnitina muscolare è secondaria ad una significativa aciduria lattica e piruvica), Coenzima Q10 alla dose di 1 mg/kg/die PO, riboflavina (50100 mg/die PO), vitamina C (50 mg/kg/die PO) e modificazione della dieta – bassi livelli di grassi, elevato tenore di carboidrati, dieta ricca di proteine con integrazione con trigliceridi a catena media. POLIMIOSITE IDIOPATICA: Questa miopatia può avere un’associazione con il LES o con altre poliartriti su base immunitaria non abbinate ad esso. Può anche esistere una relazione fra la miosite e la neoplasia, oppure una sindrome paraneoplastica immunologica associata a timoma. Indipendentemente dalla causa scatenante, il danno muscolare probabilmente risulta mediato dal sistema immunitario. Nella polimiosite, si ha una relazione mediata principalmente dalle cellule T, che viene iniziata da un’espansione oligoclonale degli elementi T autoaggressivi con un incremento dell’espressione di CD25 ed HDL-DR. Nella polimiosite dell’uomo, le cellule T responsabili dell’invasione sono principalmente CD3+ CD8+ e LFA-1+. Le mio-


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