48a edizione Scivac Rimini - parte2

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48° Congresso Nazionale Multisala SCIVAC

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Pancreatiti nei cani e nei gatti Jörg M. Steiner Dr Med Vet, PhD, Dipl. ACVIM, Dipl. ECVIM-CA, College Station, Texas (USA)

Introduzione L’incidenza dei disturbi pancreatici esocrini è alquanto elevata sia nei cani che nei gatti, dato che circa il 50% di tutti i pazienti canini e felini con disturbi pancreatici esocrini soffrono di pancreatite. Nei cani circa i 2/3 degli animali con pancreatite sono affetti da forme acute, mentre i 2/3 dei gatti evidenziano forme croniche. In base all’attuale sistema di classificazione delle pancreatiti nell’uomo, la pancreatite acuta è una condizione infiammatoria del pancreas, che è completamente reversibile, mentre la pancreatire cronica è caratterizzata da cambiamenti istopatologici irreversibili. Entrambe le forme possono essere lievi o gravi. Le forme blande di pancreatite sono associate con l’assenza o la limitata presenza di necrosi pancreatica e di effetti sistemici e spesso consentono il ristabilimento del paziente. Invece, le forme gravi di pancreatite sono associate con: diffusa necrosi pancreatica, coinvolgimento di molti altri organi e spesso prognosi infausta.

Patogenesi Diverse malattie e vari fattori di rischio risultano associati con la pancreatite.1 Sono stati riportati casi di pancreatite traumatica (dovuta ad incidenti stradali sia per i cani che i gatti o a cadute dall’alto per i gatti). La pancreatite può essere causata anche da un trauma chirurgico. È stato evidenziato che la pancreatite felina è dovuta ad agenti infettivi, con prevalente coinvolgimento del Toxoplasma gondii e, in rari casi, dell’Amphimerus pseudofelineus. Sono stati descritti due casi di pancreatite felina dopo l’uso locale di fenthion, un inibitore organofosfato della colinesterasi.1 Molti altre sostanze farmaceutiche sono stati coinvolte nell’accertamento delle cause delle pancreatiti negli esseri umani e nei cani, ma nessun caso è stato riportato nei gatti. La colangite e la colangio-epatite possono coesistere nei pazienti affetti da pancreatite, ma non emerge alcuna evidenza che le stesse rivestano un ruolo di causa-effetto. In fine, più del 90% di tutti i casi di pancreatite canina o felina è di natura idiopatica.

Quadro clinico I sintomi clinici nei cani e nei gatti affetti da pancreatite sono legati alla gravità della malattia. I casi lievi possono rimanere subclinici, mentre nei casi gravi si possono evidenziare anoressia, vomito, debolezza, dolori addominali e disidratazione.2 I gatti, anche se affetti da pancreatite grave, presentano meno sintomi clinici specifici rispetto ai cani. Particolarmente

degna di nota è la bassa incidenza di vomito e di dolori addominali, entrambi sintomi clinici piuttosto comuni nei pazienti umani e canini affetti da pancreatite.

Diagnosi La conta ematica completa ed il profilo chimico del siero segnalano spesso variazioni minime e non specifiche.1 Differenze più sensibili possono essere rilevate nei pazienti affetti da gravi forme di pancreatite. Le attività dell’amilasi e della lipasi nel siero non assumono rilevanza clinica nel gatto ed evidenziano limitata valenza clinica nel cane. La rilevanza di questi due parametri nel cane raggiunge valori limitati a circa il 50%, anche se venissero applicati criteri più selettivi.3 Pertanto, le attività dell’amilasi e della lipasi sieriche dovrebbero essere utilizzate soltanto per la diagnosi della pancreatite canina, almeno finché non siano disponibili risultati più definitivi. In taluni casi, le variazioni osservate radiograficamente comprendono un diminuito contrasto a livello di addome, nella parte più craniale, ed uno spostamento degli organi addominali, ma dette variazioni sono piuttosto soggettive. L’esame all’addome tramite ecografia si rivela utile per diagnosticare le pancreatiti nei cani e nei gatti. La sensibilità dell’ecografia addominale supera il 68% nei cani e raggiunge il 35% nei gatti.2,4 Le variazioni rilevate comprendono: ipertrofia pancreatica, cambiamenti nell’ecogenicità del pancreas (ipoecogenicità nei casi di necrosi pancreatica ed iperecogenicità nei casi di fibrosi pancreatica) e di grasso peripancreatico (iperecogenicità), edema peri-pancreatico e, meno spesso, un effetto “massa” nell’area del pancreas. L’immunoreattività simil-tripsina è riferita specificamente alla funzione pancreatica esocrina. Tuttavia, la sensibilità della concentrazione TLI del siero alla pancreatite nei cani e nei gatti è soltanto di circa il 30-60%,comunque inferiore a quella della concentrazione PLI nel siero. Recentemente, sono state sviluppate e convalidate prove di misurazione dell’immunoreattività alla lipasi pancreatica nei cani e nei gatti (cPLI e fPLI, rispettivamente). Le concentrazioni di cPLI e fPLI sono entrambe altamente sensibili e specifiche rispettivamente per le pancreatiti canine e feline. Al momento, queste prove sono disponibili soltanto presso lo specifico Laboratorio dell’Università A&M del Texas (www.cvm.tamu.edu/gilab). Tradizionalmente, la biopsia pancreatica è stata ritenuta il mezzo più efficace per diagnosticare la pancreatite. In molti casi, la presenza della pancreatite è facilmente diagnosticata a causa delle accresciute dimensioni del pancreas. Tuttavia, può essere difficile provare l’assenza di pancreatite e, anche dopo aver effettuato diverse biopsie, un’infiammazione pancreatica


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