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48° Congresso Nazionale Multisala SCIVAC
Aspetti comparativi delle neoplasie melanocitarie Luca Mechelli Med Vet, Perugia
Introduzione Le neoplasie melanocitarie rappresentano un gruppo di tumori estremamente eterogenei per sede, morfologia e comportamento biologico. La classificazione proposta, nel 1999, dalla “World Health Organization” (WHO) identifica i tumori melanocitari benigni con il termine di melanocitomi, quelli maligni con il termine di melanomi maligni, le lesioni simil-tumorali con lentigo simplex, le forme iperplastiche con iperplasia melanocitaria.1 Sono relativamente comuni nel cane, rappresentando il 3% di tutte le neoplasie e più del 7% di tutti i tumori maligni. Le localizzazioni più frequenti sono la cavità orale (56%), le giunzioni muco-cutanee (23%), la cute (11%), il letto ungueale (8%) mentre le altre sedi, tra cui l’occhio, rappresentano solo il 2%.2 Tali tumori si osservano più comunemente negli animali anziani, con oltre 10 anni di età3 e le localizzazioni cutanee più comuni sono la testa, la coda, le estremità distali e la regione lombare.4 La prognosi è generalmente infausta poiché in più della metà dei casi si verificano recidive e metastasi regionali. Il melanoma cutaneo non è comune nel gatto, rappresentando circa il 0,5% dei tumori cutanei. Nel cavallo oltre il 15% delle neoplasie cutanee sono di origine melanocitaria; più del 90% di questi sono benigni al momento della comparsa ma circa i due terzi progredisce poi verso la malignità.2 La gran parte dei melanocitomi della specie equina colpisce i cavalli grigi, generalmente intorno al quinto anno di età, mentre i melanomi coinvolgono cavalli oltre i 6 anni. La maggior parte dei melanomi del cavallo originano dalla cute del perineo, dalla faccia ventrale della coda e dai genitali esterni.
Patogenesi Per quanto riguarda la patogenesi, poco si conosce sul processo di iniziazione di queste neoplasie negli animali; il 65% dei melanomi cutanei dell’Uomo e quelli diagnosticati nelle capre d’Angora si ritengono secondari a mutazioni indotte da radiazioni attiniche. La predisposizione di talune razze suggerirebbe anche una partecipazione genetica allo sviluppo della neoplasia. Eccezion fatta per i melanomi dei cavalli grigi, si ritiene che negli animali la progressione neoplastica di lesioni benigne verso la malignità sia veramente rara e che la maggior parte dei melanomi sviluppi ab initio come lesione maligna. L’intervento di fattori promuoventi, rappresentati da traumi, sostanze chimiche, infezioni, etc.
possono stimolare la proliferazione delle cellule melanocitarie iniziate. Ciò porterebbe alla perdita dell’equilibrio esistente tra geni deputati al controllo della proliferazione cellulare e pro-apoptotici, come Rb (retinoblastoma protein) e p53, e geni inibitori dell’apoptosi, come bcl-2.5 La crescita autonoma è un ulteriore requisito per la progressione neoplastica ed i principali fattori di crescita autocrini associati allo sviluppo del melanoma sono: bFGF (basic fibroblast growth factor), MGSA (melanoma growth stimulatory activity), IL-8, IL-10, IL-18, platelet-derived growth factor-A, e α-MSH (α-melanocite stimulating hormone).
Aspetti morfologici Il melanoma del cane può esprimersi attraverso varie tonalità di colorazione, con masse solide, non capsulate, infiltranti e dimensioni comprese tra 1 e 3 cm. A livello cutaneo può presentarsi come una lesione nodulare liscia, sessile, polipoide, a placca o lobulata. Nel cavallo è spesso piatta e non mobile, con insorgenza singola o multipla. Le cellule possono metastatizzare attraverso i vasi linfatici o ematici; i linfonodi regionali ed i polmoni sono gli organi più frequentemente colpiti. La valutazione istologica dei melanomi risulta spesso complessa. In linea generale, la gran parte di loro esprime una certa attività giunzionale, intesa come la presenza di melanociti neoplastici nell’interfaccia dermo-epidermica. In base al grado di pigmentazione i melanomi vengono indicati come melanotici o amelanotici. In alcuni melanomi si osservano cellule neoplastiche di grandi dimensioni (Paget cells), sia singole che aggregate, negli strati superficiali dell’epidermide o della mucosa; questa caratteristica, osservata anche in altri tipi di tumori umani ed animali, è stata indicata con il termine di pagetoid. Sebbene i melanomi esprimano uno spiccato pleomorfismo, i citotipi di più frequente riscontro sono l’epitelioide ed il fusato. Il primo è costituito da cellule rotondeggianti con citoplasma vitreo ed abbondante, grande nucleo e nucleoli prominenti. Le cellule, singole o riunite in piccoli clusters, possono mostrare un comportamento pagetoid. Il citotipo a cellule fusate mostra cordoni e fasci cellulari con nuclei ben evidenti e nucleoli prominenti. Un terzo modello istologico, tipicamente cutaneo, è caratterizzato da cellule fusate organizzate in vortici, ad “impronta digitale” o dendritica. Quest’ultimo modello neoplastico è considerato benigno, mentre gli altri vengono indicati come tipicamente maligni. Va-