48° Congresso Nazionale Multisala SCIVAC
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La fluidoterapia nel gatto: è diversa dal cane? Lesley G. King MVB, DACVECC, DACVIM, DECVIM-CA, Philadelphia, PA, USA
Nei felini, la fluidoterapia presenta parecchi aspetti che differiscono dal cane. La prima è più importante distinzione fra le due specie animali è che in condizioni normali il volume ematico del gatto (circa 60 ml/kg) è minore di quello del cane (circa 90 ml/kg). Poiché il bolo di fluidi utilizzato per il trattamento dello shock è derivato dal volume ematico, in generale nel gatto rispetto al cane la fluidoterapia necessita di essere somministrata in modo molto più conservativo. I gatti sono molto più suscettibili al sovraccarico di fluidi e bisogna stare molto attenti a non determinare la comparsa di segni clinici da eccesso volumetrico, rappresentati solitamente da difficoltà respiratorie dovute alla presenza di un versamento pleurico. Di conseguenza, non solo si somministrano di solito volumi più bassi, ma i boli di fluidi, soprattutto colloidi, vengono iniettati molto più lentamente.
FISIOPATOLOGIA DELLO SHOCK NEL GATTO Lo shock ipovolemico nel gatto si presenta in modo simile a quello riscontrato nel cane. Come in quest’ultimo, i gatti con ipovolemia acuta sono solitamente pallidi, tachicardici con polso prima saltellante e poi debole. Lo shock cardiogeno è molto più comune nel gatto che nel cane, con un’insufficienza diastolica che si verifica di frequente nei gatti con miocardiopatia ipertrofica. Poiché gli animali con shock cardiogeno generalmente non devono essere trattati con fluidi endovenosi, la terapia di questo problema non verrà illustrata in questa relazione. Dal punto di vista clinico, nel gatto rispetto al cane lo shock settico si presenta in modo leggermente differente (e scarsamente compreso). Anche se la fisiopatologia generale dell’infiammazione come sequela della presenza di batteri o endotossine è la stessa, i segni clinici fra le due specie differiscono. Nel gatto, lo stadio iperdinamico o iperemico dello shock settico si osserva molto raramente. Invece, i gatti con sepsi di solito sembrano progredire direttamente verso lo stadio vasocostrittivo dello shock settico. Quindi, si presentano clinicamente con pallore delle mucose, polso debole e collasso generalizzato, manifestazioni non facilmente distinguibili da quelle dello shock ipovolemico. I gatti settici sono spesso ipotermici e mostrano frequentemente i segni di un’anemia lieve o moderata e di ittero. Nei gatti con shock settico si osserva un interessamento spesso drammatico, ma temporaneo, della funzione cardiaca, un fattore che riveste un notevole significato per le decisioni relative alla fluidoterapia. In questi animali, la con-
trattilità cardiaca è spesso diminuita, il cuore può apparire ingrossato e l’atrio sinistro può essere aumentato di dimensioni: tutti riscontri che simulano la miocardiopatia. Da un punto di vista clinico la frequenza cardiaca può essere un utile indizio circa la presenza di una funzione cardiaca anormale nei gatti con sepsi. Gli animali colpiti da alterazioni miocardiche dovute a sepsi sono spesso bradicardici, con frequenze cardiache di 120-160 bpm. Questo valore risulta inappropriato in presenza di ipovolemia ed ipotensione. È necessario rilevare la bradicardia eventualmente presente ed effettuare la somministrazione di fluidi in modo oculato, perché esiste un rischio reale che la fluidoterapia possa esitare in versamento pleurico ed edema polmonare. La causa di queste modificazioni cardiache, che sembrano essere del tutto reversibili in seguito a risoluzione della sepsi, non è stata ben compresa.
I FLUIDI CRISTALLOIDI NELLO SHOCK IPOVOLEMICO E SETTICO DEL GATTO La fluidoterapia resta il caposaldo del trattamento dello shock nel gatto e nel cane. Negli animali con shock, attraverso l’infusione endovenosa di elevati volumi di liquidi ci si augura di migliorare il volume ematico circolante, diminuire la viscosità del sangue ed incrementare il ritorno venoso, contribuendo così a migliorare la gittata cardiaca. Ne deriva quindi un aumento della perfusione tissutale, che inizia a far regredire l’acidosi cellulare ed assicura un apporto di ossigeno alle cellule. Per ottenere questo risultato può essere necessario impiegare volumi molto elevati di fluidi endovenosi. Nel cane, si effettua la somministrazione di boli antishock di cristalloidi sostitutivi (Ringer lattato, soluzioni elettrolitiche bilanciate di ripristino) fino a 90 ml/kg nell’arco di un’ora. Nel gatto, il volume ematico intravascolare è molto più piccolo che nel cane e la dose totale del bolo antishock di cristalloidi è di 45-60 ml/kg. Inizialmente, si infondono rapidamente per via endovenosa 10-30 ml/kg (nell’arco di 15-20 minuti), mentre si tiene l’animale sotto attenta osservazione per rilevarne la risposta o per cogliere i segni del fatto che il bolo di fluidi stia causando un problema. Questa dose può poi essere ripetuta se necessario fino al raggiungimento della posologia totale antishock. Se l’animale inizia a migliorare, è possibile rallentare la somministrazione prima che sia stato infuso il bolo totale. Il fine della rianimazione è il miglioramento della perfusione tissutale, che si riconosce clinicamente sulla base di un cambiamento favorevole del