46° Congresso Nazionale Multisala SCIVAC
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Trattamento dell’osteomielite acuta e cronica Thomas M. Turner DVM, Dipl ACVS - VCA Berwin, Animal Hospital, Berwyn, Illinois, USA
Estratto breve L’osteomielite è nota da migliaia di anni, risalendo sino ai tempi degli egizi. Le infezioni dell’osso possono derivare da un’origine endogena, situata all’interno dell’organismo, che si diffonde all’osso secondariamente, o più comunemente, da un’infezione primaria proveniente da una fonte esogena, sia traumatica che iatrogena. L’osteomielite interessa tutte le superfici ossee, il periostio, gli spazi di Havers, e l’endostio. Infine, si ha un’estensione del processo ai tessuti molli circostanti. I classici segni radiografici dell’osteomielite sono rappresentati da lisi dell’osso, sclerosi adiacente all’area infetta, reazione periostale evidente e, occasionalmente, un’area di sequestro osseo. La sclerosi generalmente delinea l’area precedentemente infetta e riflette il tentativo dell’osso di isolarla. La classica reazione indicativa di osteomielite è caratterizzata dalla presenza di un margine periostale rilevato, di aspetto cotonoso e mal definito. Questo quadro di solito presenta un’ampia gamma di radiopacità. In alcuni casi, un’area di osso necrotico risulta isolata e separata dal tessuto osseo circostante visibile sotto forma di una radiotrasparenza progressiva ai margini dell’osso fra il tessuto normale e quello infetto. In presenza di impianti, si nota un’evidente radiotrasparenza lungo l’interfaccia fra questi e l’osso. Col tempo, tale radiotrasparenza si estende intorno l’impianto ed aumenta di ampiezza. Questo processo esita nell’allentamento dell’impianto e nella perdita di stabilità della frattura. L’osteomielite può essere distinta in base allo stadio dell’infezione, che può essere acuta o cronica. Nei casi di osteomielite acuta, è possibile destare facilmente una risposta algica con la palpazione dell’osso colpito ed osservare macroscopicamente una concomitante reazione periostale molto prominente che si estende ampiamente nei tessuti molli adiacenti. L’osteomielite acuta va trattata immediatamente. La terapia consiste, come per qualsiasi altra infezione, nell’instaurare un drenaggio ed attuare una revisione chirurgica della ferita. Nel trattamento dell’osteomielite è necessario compiere in sequenza diversi passi. Il primo è l’esplorazione della ferita, aprendo il precedente campo operatorio al fine di consentire il drenaggio di tutti gli eventuali fluidi in eccesso ed effettuare un abbondante lavaggio dell’area. Dalla profondità della cavità ossea si devono prelevare campioni da destinare alle colture aerobiche ed anaerobiche. Successivamente, si passa ad un’ocu-
lata revisione chirurgica, rimuovendo tutti i tessuti necrotici o devitalizzati. Una volta che la ferita sia stata aperta, irrigata e ripulita è necessario compiere un’accurata valutazione delle strutture formate da tessuti molli sottostanti ed adiacenti. Dopo aver adottato le misure sinora descritte, si effettua un abbondante lavaggio del campo operatorio. La stabilità della frattura si basa sulla riduzione anatomica della stessa e sulla sua successiva stabilizzazione, preferibilmente con una placca o un fissatore esterno. La soluzione di continuo può essere lasciata completamente aperta a guarire per seconda intenzione, oppure parzialmente chiusa in modo da consentire comunque l’irrigazione ed il drenaggio. Si avvia una terapia endovenosa con antibiotici appropriati, appositamente scelti. Se risulta stabile, il precedente sistema di fissazione può essere lasciato in situ durante la risoluzione dell’infezione. Per ottenere l’unione dell’osso in presenza di un’infezione è di importanza critica che la frattura rimanga stabile e che l’area interessata venga sottoposta ad accurati interventi di revisione chirurgica e drenaggio. A seconda dell’entità dell’infezione e della salute dei tessuti molli, si può prendere in considerazione o meno la possibilità di ricorrere ad una fissazione supplementare, una volta accertata la presenza di un tessuto vitale, con innesti di osso spongioso, che possono facilitare il processo di guarigione. Gli innesti corticali sono da evitare, perché possono portare ad un sequestro. La chiave per ottenere il successo dell’unione ossea è quella di evitare l’ulteriore danneggiamento della vascolarizzazione dell’osso e, cosa di estrema importanza nell’osteomielite, mantenere la stabilità dell’impianto. L’osteomielite cronica è di solito un processo insidioso ad insorgenza molto lenta. Anche per trattare questo tipo di infezione è necessario rispettare alcuni degli stessi principi già ricordati. Dopo l’incisione e l’esplorazione della ferita, il prelievo di campioni da destinare alle colture e la revisione ed irrigazione della parte, è possibile applicare primariamente o con tecnica ritardata un innesto di osso spongioso. Successivamente, a differenza di quanto accade nell’osteomielite acuta, può essere necessario eseguire una sequestrectomia e poi un ampio curettage dell’osso adiacente. Un processo differente che si può trovare nel trattamento delle fratture esposte è quello descritto da Papineau. Il metodo di questo autore per il trattamento dell’osteomielite si articola in tre stadi. Nel primo, si attua la fissazione, preferibilmente esterna, e si rimuovono i precedenti im-