38a edizione Scivac Rimini

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giche più evidenti e si rivela più utile nel prurito cronico. Il prozac (fluoxetina) (1 mg/kg PO una volta al giorno nel cane) è un antidepressivo (non triciclico) che inibisce specificamente la ricaptazione della serotonina. Rispetto agli altri antidepressivi, questo prodotto agisce selettivamente sulla serotonina e per questo risulta più sicuro. Tuttavia, fino al 12% dei pazienti umani deve sospendere l’assunzione di questo farmaco in seguito all’insorgenza di effetti collaterali, fra cui ipertensione, insonnia, anoressia, comportamenti maniacali ecc. In una segnalazione di carattere non scientifico riguardante il cane, vennero riscontrate reazioni avverse quali modificazioni di peso, appetito e attività e segni a carico di SNC e apparato gastrointestinale nel 50% dei soggetti che assumevano il farmaco. Come per molti altri agenti che modificano il comportamento, la terapia deve essere proseguita per diverse settimane prima di rilevarne gli effetti (dovuti all’accumulo del prodotto oltre che all’azione farmacologica). La somministrazione di questi farmaci non deve essere sospesa improvvisamente. Nei soggetti epilettici o in quelli affetti da ipertensione e/o cardiopatie questi prodotti non devono essere utilizzati in associazione. Gli antidepressivi triciclici e altri farmaci ad azione antidepressiva vengono impiegati per trattare i comportamenti stereotipati, compresi quelli che inducono la comparsa di lesioni cutanee. Quelli più comuni sono correlati alla toelettatura e comprendono il granuloma da leccamento o il masticamento del pelo. Anche il prurito costituisce spesso un’indicazione per queste terapie. La dermatite da leccamento dell’estremità degli arti è stata trattata con questi farmaci oltre che con naltrexone, un narcotico antagonista. In animali da esperimento con manifestazioni di automutilazione è stato rilevato un aumentato rilascio degli oppiacei endogeni. Gli antagonisti degli oppiacei possono eliminare “l’autogratificazione” e l’analgesia mediate dalle endorfine. Analogamente al naloxone, il naltrexone è un antagonista degli oppiacei puro, caratterizzato tuttavia da maggiore efficacia dopo somministrazione orale e durata d’azione più prolungata. Uno studio non controllato riguardante l’uso del farmaco in cani con dermatite da leccamento delle estremità segnalava una percentuale di successo pari a 64%. La dose di 2,2 mg/kg al giorno PO (1,0 mg/kg SC) veniva aumentata a 2,2 mg/kg due volte al giorno PO se dopo 10 giorni non era comparsa alcuna risposta. I cani vennero trattati per 1 mese e, dopo la sospensione della terapia, le lesioni ricomparvero entro un periodo compreso fra 1 settimana e 3 anni. Un animale che non aveva risposto al naltrexone reagì al nalmefene, un altro antagonista narcotico. Il deprenyl (selegilina) è stato approvato recentemente per il trattamento dell’iperadrenocorticismo nel cane, mentre in passato aveva suscitato l’attenzione quale farmaco in grado di prolungare la speranza di vita nella specie canina. Quale inibitore della monoaminossidasi (selettivo per l’enzima B), è probabile che il farmaco induca un aumento dei neurotrasmettitori dopaminici (e di altre amine biogene) a livello cerebrale. In tale modo, impedirebbe la formazione di sostanze chimiche in grado di danneggiare l’encefalo, o potrebbe contribuire all’eliminazione dei radicali liberi dell’ossigeno e, quindi, prevenire lo sviluppo di un danno cerebrale a lenta insorgenza. I prospetti informativi che presentavano il farmaco tralasciavano di indicare il fatto che nel cane e

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nell’uomo la sostanza venisse metabolizzata anche in amfetamina e metamfetamina. Nel ratto, il farmaco produceva effettivamente un prolungamento della speranza di vita (pari a 9 mesi in uno studio e 3 mesi in un altro) se somministrato già in giovane età. Tuttavia, i cani giovani trattati con la sostanza diventavano iperattivi (movimenti ripetitivi e senza senso soprattutto nelle femmine, aumento dell’attività sessuale). Un vantaggio del farmaco è dato dagli effetti rivolti selettivamente alle monoaminossidasi cerebrali e non al resto dell’organismo. Inoltre, il deprenyl sembra svolgere attività di rimozione dei radicali liberi dell’ossigeno e sembra essere in grado di stimolare la rigenerazione neuronale. La principale indicazione di questo farmaco negli animali (cane) riguarda il trattamento dell’iperadrenocorticismo (da 1 a 2 mg/kg una volta al giorno possibilmente per il resto della vita; nei cani molto anziani (>15 anni?) è prevedibile un’efficacia fino al 70% e lo sviluppo di disturbi della cognizione (0,5 mg/kg una volta al giorno). L’impatto maggiore che questo farmaco ha avuto nel settore della salute umana riguarda i pazienti affetti dal morbo di Parkinson; infatti, consente di ritardare il momento di inizio della terapia con LDopa e prolunga le prospettive di vita dell’individuo.

SISTEMA EMOPOIETICO Un certo numero di fattori ricombinanti si sono resi disponibili in commercio o in ambito sperimentale. I prodotti che sono stati studiati negli animali comprendono eritropoietina, fattore stimolante la crescita (CSF) dei granulociti, fattore stimolante la crescita dei macrofagi, ormoni (insulina, ormone della crescita) e immuno-modulatori quali interferon, fattore di necrosi tumorale e interleuchine. È importante rammentare che la maggior parte di queste sostanze sono proteine oppure peptidi di dimensioni variabili fra 600 e 100.000 dalton. La somministrazione parenterale (perché per os non è possibile mantenere la biodisponibilità di questi agenti) può essere associata a emivita breve ed immunogenicità fra le specie. Sono stati formulati prodotti ricombinanti di origine umana, canina e bovina. In generale, nel gatto sembrano dotati di minore antigenicità i prodotti di origine felina piuttosto che umana. Eritropoietina. L’eritropoietina ricombinente umana (100 U/kg SC 3 volte alla settimana fino ad ottenere la risposta voluta [4-12 settimane] quindi da 50 a 75 U/kg quanto basta per mantenere l’ematocrito entro valori di 30% (C) e 25% (G)) è disponibile sotto forma di specialità medicinale. Il farmaco è indicato esclusivamente nei casi di carenza di eritropoietina, quale può verificarsi nelle nefropatie croniche e in determinate forme neoplastiche. In più del 25% dei soggetti si può verificare la comparsa di anticorpi che provocano la distruzione dell’eritropoietina sia endogena che esogena, inducendo un peggioramento dello stato anemico. In seguito allo sviluppo di anticorpi, la somministrazione del farmaco deve essere sospesa e non può più essere ripresa. I leucociti e le piastrine non sembrano essere coinvolti. La maggior parte dei soggetti ha presentato un miglioramento clinico (ad es. aumento dell’appetito, migliore stato di idratazione); inoltre è indicata anche l’integrazione di ferro. L’eventuale stato ipertensivo deve essere risolto prima di


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