Professione Veterinaria 33-2010:ok
laPROFESSIONE
VETERINARIA 33 | 2010
7-10-2010
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Attualità scientifica Vet Journal
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Convivere con un cane può giovare ai bambini Lo indica un articolo pubblicato sul Journal of Pediatrics di MARIA GRAZIA MONZEGLIO
pic birth cohort" Epstein TG, et al. J Pediatr 2010. Corrected Proof, 01 October 2010. ■
chimici plasmatici specifici per la razza. (M.G.M.) *“Breed dependency of reference intervals for plasma biochemical values in cats” B S Reynolds, D Concordet, C A Germain, T Daste, K G Boudet, H P Lefebvre. J Vet Intern Med. 2010 Jul-Aug; 24(4): 809-18. ■
CARCINOMA SQUAMOSO ASSOCIATO A PAPILLOMAVIRUS IN UN FURETTO
U bambini affetti da allergia ai cani possono beneficiare della convivenza con un cane, mentre lo stesso non sembra verificarsi per i bambini allergici ai gatti che possiedono un gatto. La ricerca suggerisce che l’esposizione precoce agli allergeni canini possa avere un effetto protettivo sullo sviluppo di allergie in una popolazione a rischio elevato. Secondo lo studio, un bambino affetto da allergia ai cani ha un rischio molto minore di sviluppare eczema all’età di 4 anni se convive con un cane prima dell’anno di età. Al contrario, i bambini con allergia ai cani che non convivono con un cane hanno una probabilità 4 volte superiore di sviluppare eczema allergico. Sono stati studiati i dati di 636 bambini arruolati nel Cincinnati Childhood Allergy and Air Pollution Study (CCAAPS), uno studio epidemiologico sull’allergia nei bambini. I 636 bambini erano considerati a rischio elevato di allergia perché figli di genitori allergici. Si è indagato il legame tra il possesso di un pet (cane e gatto) e il rischio di sviluppare eczema. Si è osservato un effetto benefico del possesso di un cane nei bambini allergici ai cani, mentre i gatti sembravano avere un effetto negativo nei bambini con allergie ai gatti. I bambini che possedevano un gatto prima dell’anno di età ed erano allergici ai gatti (sulla base dei test allergologici cutanei) avevano una probabilità 13 volte maggiore di sviluppare eczema entro i 4 anni. Tuttavia, i bambini che non erano allergici ai gatti e possedevano un gatto non avevano un rischio maggiore di eczema. Secondo il NIH (National Institutes of Health, USA), il rischio di sviluppare allergie è genetico. Se nessun genitore è allergico, il rischio per i bambini è del 15%. Se un genitore è allergico il rischio sale al 30%, per arrivare al 60% se entrambi i genitori sono allergici. *”Opposing effects of cat and dog ownership and allergic sensitization on eczema in an ato-
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Alcune variabili biochimiche del gatto sono influenzate dalla razza 'influenza della razza sugli intervalli di riferimento utilizzati in patologia clinica felina è scarsamente documentata. Uno studio prospettico osservazionale ha ipotizzato che, nel gatto, gli intervalli di riferimento delle variabili biochimiche plasmatiche siano dipendenti dalla razza. Si includevano 536 gatti di proprietà clinicamente sani, a digiuno, appartenenti a 4 razze diverse: sacro di Birmania (n=132), Certosino (n=129), Maine Coon (n=139) e Persiano (n=136). I campioni ematici prelevati dalla vena cefalica venivano conservati in provette contenenti litio eparina. Si valutavano mediante analizzatore biochimico a secco le concentrazioni plasmatiche di glucosio, urea, creatinina, proteine totali, albumina, calcio, fosfato, sodio, potassio, cloro e CO2 totale, oltre all'attività di alanino aminotrasferasi e fosfatasi alcalina. Gli intervalli di riferimento comprendevano il 95% centrale dei risultati con limiti ai 2,5° e 97,5° percentile. Si osservava un significativo effetto della razza per 9 variabili su 13. L'entità delle differenze di razza potrebbe essere clinicamente rilevante per creatinina, glucosio e proteine totali. L'età, il peso corporeo, il sesso le condizioni di vita avevano effetti significativi correlati alla razza sulle diverse variabili. Nel gatto, concludono gli autori, si dovrebbero prendere in considerazione intervalli di riferimento dei valori bio-
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Miocardiopatia dilatativa: studio retrospettivo dei fattori prognostici no studio retrospettivo ha rivisto l'associazione tra segni clinici, aspetti diagnostici e tempo di sopravvivenza dei cani affetti da miocardiopatia dilatativa (DCM), oltre all’influenza del trattamento prescritto. Si analizzava il tempo di sopravvivenza fino alla morte o all'eutanasia per motivi cardiaci di 367 cani affetti da DCM utilizzando il metodo di Kaplan-Meier più i modelli di rischio univariato e multivariato proporzionale di Cox. Si consideravano statisticamente significativi valori di P a due code inferiori a 0,05. Nel modello multivariato, il diametro ventricolare sinistro (LVD), la presenza di edema polmonare nei radiodrammi, la presenza di complessi ventricolari prematuri (VPC), valori maggiori di creatinina plasmatica, valori minori di proteine plasmatiche e la razza Alano erano negativamente associati alla sopravvivenza. La maggior parte dei cani venivano trattati
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n furetto maschio castrato di sei anni veniva visitato per la presenza di lesioni cutanee proliferative multiple di colore nerastro o marrone. Istologicamente, le lesioni erano caratterizzate da placche multifocali di iperplasia epidermica irregolare e displasia a tutto spessore, con perdita della normale stratificazione epiteliale e della polarità nucleare e presenza di rari corpi inclusi intranucleari eosinofilici negli strati superficiali dell'epidermide. La colorazione immunoistochimica con anticorpi monoclonali contro il papillomavirus era fortemente immunoreattiva. Ultrastrutturalmente, si osservavano numerose particelle virali esagonali di circa 50 nm all'interno dei nuclei dei cheratinociti superficiali displastici. A conoscenza degli autori si tratta della prima descrizione di un carcinoma squamoso in situ multicentrico associato a Papillomavirus nel furetto. (M.G.M.) *“Multicentric squamous cell carcinoma in situ associated with papillomavirus in a ferret” Rodrigues A, Gates L, Payne HR, Kiupel M, Mansell J. Vet Pathol. 2010 Sep; 47(5):964-8. Epub 2010 May 13.
con inibitori dell'enzima di conversione dell'angiotensina (93%) o furosemide (86%), e molti ricevevano digossina (50%) e/o pimobendan (30%). Tredici cani venivano persi al follow-up. Nello studio non era possibile trarre conclusioni circa l'associazione tra uso di farmaci e sopravvivenza. L’indice LVD era la migliore variabile singola per la valutazione della prognosi in questo gruppo di cani affetti da DCM. Altre variabili negativamente associate alla sopravvivenza erano l’evidenza radiografica di edema polmonare, la presenza di VPC, valori superiori di creatinina e inferiori di proteine plasmatiche e la razza Alano. (M.G.M.) *“Canine dilated cardiomyopathy: a retrospective study of prognostic findings in 367 clinical cases” M W S Martin, M J Stafford Johnson , G Strehlau, J N King. J Small Anim Pract. August 2010; 51(8): 428-36. ■
PARVOVIRUS E CORONAVIRUS NEI CANI AFFETTI DA DIARREA
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l Parvovirus canino (CPV) e il Coronavirus enterico canino (CECoV) sono spesso citati come causa di diarrea nel cane. Uno studio ha inteso determinare la prevalenza di CPV e CECoV nei cani affetti da diarrea grave visitati in alcune cliniche del Regno Unito. Si prelevavano 355 campioni tra il 2006 e il 2008. Tutti i campioni venivano esaminati per la presenza di CPV mediante long range PCR e per la presenza di CECoV mediante RT-PCR.La prevalenza di CPV era pari al 58%, con alcune variazioni regionali. La prevalenza di CECoV era invece del 7,9%. L'analisi mostrava che i soggetti che non erano stati vaccinati avevano una maggiore probabilità di essere CPV-positivi, con l'effetto maggiore negli animali più giovani. I soggetti CPV-positivi avevano maggiore probabilità di manifestare
depressione/letargia, rispetto ai soggetti CPV-negativi. Il volume fecale e la presenza di emorragia non sembravano essere associati alla probabilità di identificare CPV. Lo studio mostra che, concludono gli autori, CPV era un patogeno comune nei cani affetti da diarrea grave analizzati e che CECoV era meno comune ma rappresenta comunque un patogeno potenzialmente importante. Lo studio conferma inoltre che gli animali giovani non vaccinati sembrano essere a maggior rischio di infezione da CPV. (M.G.M.) *“Epidemiology of canine parvovirus and coronavirus in dogs presented with severe diarrhoea to PDSA PetAid hospitals” A. Godsall, S. R. Clegg, J. H. Stavisky, A. D. Radford, and G. Pinchbeck. Vet Rec. 2010 167: 196-201