La Professione Veterinaria 33 -2012

Page 14

Professione Veterinaria 33-2012:ok

11-10-2012

16:00

Pagina 14

laPROFESSIONE

14 Focus Dermatologia

VETERINARIA 33 | 2012

Aspetti clinici delle più comuni genodermatosi Le genodermatosi da mutazioni a carico delle componenti strutturali “più superficiali” di GIORDANA ZANNA Med Vet, PhD, Dipl. ECVD - Milano ’essere continuamente malato non rientra nella normalità dello stato fisico di un cane, ma è un segno inconfondibile di debolezza costituzionale. Nel corso degli anni, la specie canina è stata oggetto di un vero e proprio maltrattamento genetico, che da un lato ha portato alla fissazione di determinate caratteristiche fenotipiche imposte dallo standard della razza e dall’altro alla drastica perdita della variabilità genetica con insorgenza di malattie mono e multifattoriali. Tuttavia, la ridotta variabilità genetica ha offerto nuove risorse alla comunità scientifica e rafforzato la posizione della specie canina quale modello per la ricerca in campo umano, soprattutto grazie all’ausilio di nuove tecniche di biologia molecolare e al completamento del progetto genoma canino. Numerose malattie mono o multifattoriali nel cane condividono infatti con la specie umana i meccanismi fisiopatologici, la sintomatologia e la risposta terapeutica. Tra queste vi sono anche le malattie dermatologiche, che rappresentano un interessante modello sperimentale non solo per la loro frequenza ma anche per la eterogeneità fenotipica e genetica. Il termine genodermatosi si riferirà dunque a qualsiasi affezione cutanea per la quale sia stata riconosciuta una chiara trasmissione ereditaria e, sebbene non esista una classificazione comprensiva di tutte le genodermatosi, una possibile suddivisione può vederle inquadrate in malattie caratterizzate da anomalie a carico degli strati più superficiali e profondi della cute nonché degli annessi cutanei.

L

LE ITTIOSI Definizione Il termine ittiosi (dal greco ichthys, pesce) identifica un gruppo eterogeneo di disordini ereditari della normale corneificazione, clinicamente caratterizzati da eccessiva desquamazione. Basi genetiche In medicina umana, nel corso degli ultimi anni, differenti mutazioni nei geni che codificano per le cheratine e/o per gli enzimi che catalizzano i legami proteici durante la formazione del rivestimento corneo sono state identificate quali responsabili delle varianti clinicamente osservabili. Nel cane sono state documentate le manifestazioni cliniche di oltre dieci forme di ittiosi specifiche di razza, a fronte tuttavia di un numero esiguo di studi inerenti i meccanismi molecolari direttamente coinvolti. Tra questi, nel Norfolk Terrier è stata descritta una forma di ittiosi epidermolitica (invariabilmente associata ad un difetto nella sintesi della cheratina) autosomica recessiva e dovuta ad un’alterazione nel gene che codifica per la cheratina 10 (KRT10), una proteina che unitamente alla KRT1 si ritrova negli strati più superficiali dell’epidermide dove concorre al mantenimento della stabilità cellulare. In questa razza, fin dalla nascita la cute dei soggetti affetti è di colore più scuro rispetto al normale e soggetta a facili erosioni anche a seguito di un lieve trauma. Con l’avanzare dell’età, l’iperpigmentazione progredisce e compaiono numerose scaglie brunastre intimamente adese alla superficie cutanea e distribuite prevalente-

mente sulla regione ventrale del tronco. Nel Jack Russell Terrier è stata invece descritta una forma di ittiosi lamellare non epidermolitica (le cause possono essere ricercate in qualsiasi componente dello strato corneo e non soltanto nelle cheratine) associata ad una mutazione del gene che codifica per la transglutaminasi 1 (TGM1), un enzima fondamentale per la formazione e la stabilità dell’envelope corneificato, una struttura la cui costituzione rappresenta la tappa finale della differenziazione dei cheratinociti. In tale razza, scaglie grigiastre di grandi dimensioni si distribuiscono sulle regioni più glabre del corpo, tra cui il ponte nasale, e la superficie cutanea appare irregolare e rugosa con più peli tra loro conglutinati dall’accumulo di materiale cheratinico. Per la prima volta nel 2007 anche nel Golden Retriever è stata descritta una condizione cutanea caratterizzata da iperpigmentazione e desquamazione con grandi scaglie inizialmente biancastre e progressivamente grigio-nerastre, adese soprattutto alla cute più glabra della regione addominale e presenti già pochi mesi dopo la nascita. Le caratteristiche epidemiologiche, cliniche ed istopatologiche della malattia sono state ampiamente analizzate ma soltanto di recente è stata identificata la mutazione del gene in causa. Trasmessa secondo una modalità autosomica recessiva, la malattia è dovuta ad una mutazione a carico della PNPLA1 (patatin-like phospholipase domain-containing protein 1), una proteina che insieme ad altre nove proteine della stessa famiglia avrebbe un ruolo cruciale nelle interazioni tra le componenti lipidiche ed altri costituenti cellulari degli strati cutanei più superficiali. Se mutata nella sua espressione (soprattutto nelle cellule dello strato granuloso dell’epidermide) la PNPLA1 influirebbe negativamente sul corretto metabolismo della barriera cellulare e quindi sul normale processo di cheratinizzazione.

re, è stato possibile riconoscere i meccanismi implicati nella patogenesi delle malattie ereditarie caratterizzate dal distacco dell’epidermide dal derma con conseguente formazione di vescicole-bolle. L’epidermolisi bollosa congenita (EBC), conformemente a quanto descritto in medicina umana, viene oggi classificata in tre sottotipi a seconda della componente strutturale direttamente coinvolta. Se la mutazione si realizza a carico dello strato basale, la patologia rientra nel sottotipo dell’epidermolisi bollosa simplex (EBS), mentre se sono implicate proteine nella lamina lucida o al di sotto della lamina densa, si parlerà rispettivamente di epidermolisi bollosa giunzionale (EBG) o distrofica (EBD). Gli animali affetti manifestano i primi sintomi immediatamente dopo la nascita o entro le prime settimane di vita, con coinvolgimento delle regioni del corpo maggiormente soggette a frizione e trauma tra cui le estremità, le prominenze ossee e il cavo orale. Basi genetiche Nel caso dell’EBS, la maggior parte dei casi documentati in letteratura si riferisce alla specie bovina con coinvolgimento della cheratina 5 (KTR5) nello strato basale ed alla specie equina, per la quale è stata invece descritta una mutazione a carico della plectina, una proteina di ancoraggio delle componenti del citoscheletro. Nel cane e in una sola pubblicazione si fa riferimento a soggetti di razza Collie nei quali tuttavia non si è identificata la possibile mutazione (Tabella 1). Le lesioni cliniche più significative sono prevalentemente rappresentate da placche eritematose, erosioni, ulcere e raramente da vescicole (data la natura transitoria delle stesse), soprattutto a carico delle estremità e della regio-

ne facciale (perioculare, perilabiale) ed auricolare, oltre che della mucosa orale. In seno all’EBS, sono state inoltre descritte varianti soprabasali come l’epidermolisi bollosa acantolitica letale dei bovini e di recente, nel cane, la sindrome da displasia ectodermicafragilità cutanea dovuta a mutazioni a carico del gene che codifica per la placofilina-1 (PKP1), una proteina strutturale delle giunzioni desmosomiali. In quest’ultima, i pazienti affetti manifestano lacerazioni cutanee da traumi moderati immediatamente dopo la nascita e con l’avanzare dell’età una marcata fragilità cutanea e aree di alopecia parziale multifocale. Nell’EBG, erosioni ed ulcere a carico degli arti, della regione auricolare e buccale e lesioni ungueali, sono state descritte in un vitello di razza Charolais, nel cavallo e nella pecora. Nel cane, in razze quali il Beauceron, il Barbone toy, il cane da ferma tedesco a pelo corto e in un meticcio le lesioni più significative ricorrevano sui cuscinetti plantari e sulle unghie oltre che sul palato e sulla lingua. La stessa malattia è stata anche documentata in due gatti di razza Europea. In tutti i casi citati, il difetto genetico è stato identificato a carico della laminina-5 (LM3A32 o LM332), la principale glicoproteina adesiva delle lamine basali subepiteliali (Tabella 1). L’EBD è stata invece descritta in diverse razze canine, oltre che nel gatto, bovino ed ovino. La mutazione più importante è a carico del collagene VII che forma fibrille di ancoraggio nelle giunzioni dermo-epidermiche (Tabella 1). I pazienti affetti inizialmente manifestano emorragie puntiformi in corrispondenza della lingua e del palato ma rapidamente si assiste alla comparsa di vescicole ed ulcere diffuse oltre che nel cavo orale, in altre mucose quali quella esofagea. ■

Tabella 1. Classificazione dell’EBC nelle differenti specie animali Malattia genetica

Gene coinvolto

Epidermolisi bollosa simplex KRT 5

Epidermolisi bollosa giunzionale

Specie animale affetta Bovina (Ford et al, 2005)

Plectina

Equina (French and Pollitt, 2004)

?

Canina (Scott and Schulz, 1977)

Integrin a6 4

Bovina (Gaugere et al, 2004)

Laminin-5 (LM3A32; LM332)

Equina (Spirito et al, 2002; Milenkovic et al., 2003; Baird et al., 2003; Graves et al, 2009)

EPIDERMOLISI BOLLOSA CONGENITA

Ovina (Ostmeier, 2009)

Definizione Nel corso degli ultimi 30 anni in medicina veterinaria sono state descritte numerose patologie a carico della giunzione dermo-epidermica, ma soltanto nell’ultimo decennio, grazie ai progressi in immunologia e biologia molecola-

Canina (Dunstan et al, 1988; Fontaine et al, 1992; Nagata et al, 1997; Capt et al, 2005) Felina (Alhaidari et al, 2005) Epidermolisi bollosa distrofica

Bovina (Thompson et al., 1985; Deprez et al., 1993) Collagene VII

Ovina (Bruckner-Tuderman et al,1991; Perez et al, 2005) Canina (Nagata et al, 1995; Palazzi et al,2000; Baldeschi et al, 2003; Magnol J et al, 2005; Gache et al, 2011) Felina (White et al, 1993; Olivry et al 1999)


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.
La Professione Veterinaria 33 -2012 by E.V. Soc. Cons. a r.l. - Issuu