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Sviluppo economico Anmvi Informa
VETERINARIA 25| 2013
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Il pet corner è “molto pro-concorrenziale” Lo dice il Garante della Concorrenza. Eppure non decolla. È il momento di riparlarne obbiamo tornare indietro di 14 anni per ricostruire la storia del pet-corner. Nell’ottobre del 2000, la FNOVI modificava il proprio codice deontologico inserendo un comma di quello che allora era l’art. 52: “Il medico veterinario può cedere ai propri clienti prodotti attinenti alla salute e al benessere degli animali in cura; detta attività va comunque svolta in forma diretta e non può essere pubblicizzata”. Il Pet Corner era ed è un servizio accessorio a quello strettamente professionale, offerto dal veterinario alla propria clientela e consistente nella cessione di beni inerenti la salute animale. Il Pet Corner non è un Pet shop (v. box sui rilievi dell’Antitrust), ma si configura come uno spazio limitato all’interno di una struttura veterinaria dedicato alla dispensazione ai clienti di prodotti di supporto all’attività sanitaria, come articoli di parafarmaco, diete alimentari e attrezzature connesse alla salute animale. Tale dispensazione deve avvenire unicamente all’interno del rapporto clinico tra veterinario, cliente e animale, deve essere limitata ai prodotti connessi alla salute animale e deve avvenire nel rispetto del decoro professionale. No a richiami pubblicitari in vetrina, no ad espositori a libera presa e no all’acquisto di prodotti senza prestazione veterinaria principale. Si tratta di limitazioni oggettive rivolte a evidenziare il carattere professionale della cessione. Il corrispettivo della cessione deve essere compreso nella parcella come ogni altra prestazione veterinaria ed è soggetto al relativo regime fiscale. Dal 2000 ad oggi, il Pet Corner è stato disciplinato da due Comuni, Bologna e Reggio Emilia, e da una Regione, la Toscana. In questi provvedimenti sono stati pedissequamente seguiti sia i principi deontologici, sia quelli della concorrenza. Focalizziamoci solo sugli aspetti normativi, escludendo la dispensazione del farmaco veterinario e la questione dell’IVA (differenza di aliquote), e ripercorriamo lo stato dell’arte del pet corner. Parliamo dunque di prodotti (es. diete alimentari) che hanno lo stesso regime fiscale della prestazione veterinaria (IVA al 21%).
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OPPORTUNITÀ DA RIVALUTARE n questo articolo, proponiamo un ‘punto e a capo’, per invitare ad una riflessione (una revisione?) sull’atteggiamento culturale e di mentalità, alla luce di un mercato delle prestazioni che sta assistendo alle più varie proposte, con soluzioni promozionali impensabili fino a pochi anni fa, da parte di figure laiche tanto improbabili quanto in carriera e capaci di esercitare una pressione concorrenziale molto forte sulla veterinaria. Lo spunto per ripercorrere le tappe del Pet Corner è venuto da una interessante conversazione avviata nelle scorse settimane sulla vetlink-list. Il quadro di contesto di oggi non è diverso da quello che ha animato la categoria ad ampliare il mercato delle prestazioni, in particolare nel settore per gli animali da compagnia, che tende alla saturazione. Eppure, la categoria non sembra volersi ancora avvantaggiare di questa opportunità. A distanza di 14 anni, la diffusione dell’attività di pet corner, non è stata consistente (nel 2006, l’Antitrust rilevava “difficoltà di tipo burocratico amministrativo che l’allestimento di un pet corner comporta” e “motivi organizzativi”). Certamente, da quando l’Antitrust osservava l’assenza di una espressa normativa, si sono fatti passi avanti e non si può certo più dire che que-
sta attività accessoria si collochi “sulla linea di un non ben precisato confine tra il settore sanitario e quello commerciale”. La domanda è se non vi possa o non si voglia approfittare di questa opportunità. E se la si conosca fino in fondo. Probabilmente alla base della scarsa diffusione del pet corner c’è un difetto di conoscenza e anche di memoria, visto che la categoria ha sviscerato l’argomento in una consultazione impegnativa di qualche anno fa (v. Professione Veterinaria, n. 40/2007) dalla quale emergeva che il 66% delle strutture veterinarie coinvolte (539) non aveva attivato il pet corner. Le ragioni di questa percentuale andrebbero rilette e forse - alla luce dell’attuale quadro economico e di una impostazione maggiormente dinamica, manageriale e liberalizzatrice della professionerimeditate. Chi aveva attivato già allora il pet corner (27,7%) mostrava una propensione prima di tutto a dare servizi ai clienti, rivendicando anche in questo modo il vasto settore del benessere animale (prevenzione, alimentazione, igiene, ecc.) che questa percentuale della categoria rivendica convintamente e non intende regalare ad altri pseudo tutori del benessere animale. Con un poco di senso manageriale, arriva anche il ritorno economico.
parafarmaceutici, attrezzature connesse alla salute degli animali. Esse inoltre regolamentano l’attività di pet corner in ottemperanza a quanto previsto dalla deontologia professionale prevedendo che la dispensazione dei prodotti individuati debba avvenire unicamente all’interno del rapporto veterinario - cliente - animale, e sia limitata unicamente ai prodotti connessi alla salute animale; la predisposizione dello spazio vendita non debba compromettere lo spazio adeguato per lo svolgimento, dell’attività professionale; lo spazio vendita non debba essere pubblicizzato in alcun modo all’esterno della struttura veterinaria in ottemperanza alla normativa sulla pubblicità sanitaria. (cfr. Comune di Bologna - Determinazione dirigenziale PG n. 72910 del 2 maggio 2001 - Comune di Reggio Emilia - Determinazione dirigenziale 17389/1518 del 12 agosto 2004. Le due determinazioni, sebbene emanate in anni diversi, hanno un contenuto analogo e sono dirette a ricomprendere l’attività di Pet Corner tra le attività accessorie alla prestazione professionale veterinaria). A fronte di illuminate soluzioni amministrative, altri Comuni hanno invece richiesto il rispetto di specifici adempimenti (ad. es. cambio di destinazione d’uso dei locali, metratura minima, licenza apposita per gli alimenti per anima-
li, iscrizione alle camere di commercio, registratori di cassa, ecc.). In questi casi, stante il cambio radicale di approccio da attività accessoria ad autonoma attività di natura commerciale, “allora non sarebbe in questo caso legittimo - si legge in una circolare del 2007 della Fnovi - continuare a parlare di pet corner”.
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BOLOGNA E REGGIO EMILIA Le due determinazioni, sebbene emanate in anni diversi, hanno un contenuto analogo e sono dirette a ricomprendere l’attività di Pet Corner tra le attività accessorie alla prestazione professionale veterinaria. Con tali determinazioni i Comuni di Bologna e di Reggio Emilia, sentiti i pareri dell’AUSL e della Regione Emilia Romagna, hanno infatti ritenuto che l’attività di vendita svolta nelle strutture veterinarie in modo occasionale e marginale rispetto alla prestazione professionale non rientri nell’ambito di applicazione del D.Lgs. 114/1998 in materia di commercio in quanto mancante del requisito della professionalità previsto dall’art. 4, c. 1, lett. B del suddetto decreto. Come tale l’attività di pet corner può essere consentita nell’ambito dell’autorizzazione relativa alla struttura stessa. Preso atto che la normativa vigente non prevede un elenco specifico di prodotti ascrivibili a tale categoria di beni, le determinazioni individuano, in sostanza, le seguenti tipologie di beni qualificabili come beni accessori funzionali al completamento del servizio o della prestazione svolti dagli studi veterinari e la cui vendita è esclusa dall’ambito di applicazione del decreto legislativo 114/1998 (e quindi consentita nell’ambito dell’autorizzazione relativa alla struttura stessa, senza alcun collegamento con la sfera delle attività): diete alimentari, articoli
LA TOSCANA Con la Legge Regionale 6 marzo 2009, n. 7, pubblicata sul Bollettino Ufficiale n. 6 del 13 marzo 2009, la Toscana ha disciplinato le strutture veterinarie pubbliche e private con un atto di natura legislativa. Le attività accessorie non sono considerate commerciali e si dà il via libera anche al servizio di toelettatura. La scelta della Legge come strumento giuridico consente alla Regione di introdurre anche un preciso apparato sanzionatorio e di introdurre alcune novità in sede regionale. Fra queste ultime, vanno sicuramente annoverate le “attività accessorie” (articolo 11), che nello spirito della legge toscana vanno nella direzione della “diversificazione del servizio offerto ai cittadini”. Viene infatti consentita all’interno delle strutture veterinarie, “la cessione di beni accessori funzionali al completamento della prestazione professionale sanitaria, quali articoli parafarmaceutici, diete ali-
mentari ed attrezzature connesse alla salute animale”. Per svolgere queste attività è richiesto di darne comunicazione al servizio veterinario dell’azienda USL competente per territorio. La cessione di beni accessori può essere effettuata nel rispetto di alcuni criteri: a) effettuazione esclusivamente ad opera del medico veterinario nei riguardi del detentore dell’animale in cura; b) divieto di pubblicità all’esterno della struttura veterinaria; c) assoggettamento agli adempimenti amministrativi e fiscali previsti per la prestazione professionale sanitaria. Non si tratta di attività di tipo commerciale: è infatti vietato all’interno delle strutture veterinarie lo svolgimento di attività diverse da quella sanitaria, siano esse commerciali, artigianali o di allevamento. Fra le attività accessorie, si ammette anche l’attività di toelettatura animale per la quale si fissano alcune condizioni: a) che l’attività sia svolta in locali adiacenti ma strutturalmente separati da quelli destinati all’attività sanitaria; b) i locali adibiti all’attività di toelettatura siano dotati individualmente dei requisiti richiesti per lo studio veterinario: almeno un locale adibito ad attività professionale e di servizio igienico. c) sia adottata ogni misura idonea a garantire la permanenza delle condizioni necessarie al corretto e decoroso svolgimento della professione veterinaria. Il titolare della struttura che contravvenga alle disposizioni sulle attività accessorie e sulla toelettatura è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 2.000 a euro 6.000. La vigilanza sul pet corner spetta al Comune.
I MINISTERI Il Ministero dell’Industria e del Commercio, interpellato a suo tempo, ha ritenuto il pet corner un’attività commerciale parallela a quella professionale. Il Ministero delle Finanze ha dapprima ritenuto che esso non si configurasse come attività accessoria, cambiando poi parere dopo l’emanazione del DM 306 del 16/05/2001.
L’OPZIONE UMBRIA L’opzione adottata dall’Umbria è che in tutte le strutture veterinarie è vietata la coesistenza o la comunanza con ogni altra attività commerciale, artigianale o di allevamento. All’interno della struttura veterinaria non è consentito l’esercizio di attività di pet corner. Per l’Antitrust si tratta di una restrizione di tipo “Manti”, ovvero molto anticoncorrenziale.
LA CIRCOLARE FNOVI Premessa la cornice deontologica, “la necessità di dispensazione di tali prodotti può derivare dalla convenienza ad arricchire il rapporto clinico tra vet., cliente ed animale, concretizzandosi detta attività in un perfezionamento della prestazione sanitaria che si accresce della cessione di prodotti connessi alla salute animale; quindi è un servizio accessorio a quello strettamente professionale offerto dal veterinario alla propria clientela e consistente nella cessione di beni inerenti la salute animale”. Il chiarimento è contenuto nella circolare Fnovi 7/2007 del 28 giugno 2007. L’accessorietà di questa attività - è scritto - “trova conferma anche nella posizione assunta in argomento dal Ministero delle Finanze”, secondo il quale il pet corner si configura come attività accessoria, che “concorre alla formazione della stessa base imponibile”, perde cioè la propria autonomia “e viene assorbita nell’operazione principale: quindi non solo rientra nello stesso imponile, ma attrae la stessa aliquota”. Dal punto di vista deontologico quindi, “nulla osta all’attivazione del pet corner nelle strutture veterinarie”. ■