laPROFESSIONE
Animali esotici Focus
VETERINARIA 18| 2013
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Le problematiche più frequenti nel riccio e in altri micro mammiferi di LAURA CLEMENZI, ALESSANDRO MELILLO ella pratica veterinaria giornaliera può capitare di avere a che fare con diversi piccoli Mammiferi selvatici portati in struttura perché bisognosi di cure o perché ritrovati in una situazione di pericolo: le specie più frequentemente soccorse sono il Riccio europeo e tra i Roditori lo Scoiattolo, il Ghiro, il Moscardino.
N
RICCIO EUROPEO (ERINACEUS EUROPAEUS) Una delle prime cause di ritrovamento di un selvatico in difficoltà è rappresentata da eventi traumatici di varia natura. Il riccio probabilmente, anche per la sua ampia distribuzione nelle zone frequentate dagli esseri umani, rappresenta il selvatico più comunemente raccolto e portato in visita. Questi animali, in effetti, sembrano essere particolarmente inclini agli incidenti e la morte per disavventure non è infrequente: annegamenti in laghetti da giardino, intrappolamenti, elettrocuzioni in recinti elettrici, cadute in cavità sono tutte situazioni abbastanza comuni per le quali i ricci possono essere portati in una struttura veterinaria. I Traumi da investimento e da predazione sono i più frequenti ma è anche molto facile il ritrovamento di ricci imbrigliati in reti di vario tipo o incastrati in lattine, barattoli di vetro e spazzatura di ogni genere: vasetti di yoghurt e contenitori di gelato, con un’apertura abbastanza grande da permettere al riccio di infilare la testa per leccare i resti di cibo, sono per questi animali estremamente pericolosi perché gli aculei non permettono loro di liberarsi. Anche le reti di recinzione, da giardino, le reti in plastica e simili possono rappresentare un serio pericolo visto il riflesso difensivo di questi animali a raggomitolarsi su se stessi, ingarbugliandosi sempre di più fra le maglie. Dopo averlo liberato è consigliabile tenere il riccio sotto osservazione per qualche giorno per escludere lo svilupparsi di aree necrotiche o ischemie per l’azione costrittiva delle reti, soprattutto a livello delle estremità. A causa della naturale predilezione per cataste di legna, mucchi di foglie, cumuli di erba e di rami, i ricci risultano ad alto rischio per quanto riguarda le ferite causate da falciatrici, vanghe e vari attrezzi da giardino, come pure alle bruciature causate da incendi e falò. In caso di contatto col fuoco, la prognosi potrà essere più o meno fausta a seconda della gravità delle ustioni ma spesso il problema maggiore può essere rappresentato dall’intossicazione per inalazioni di fumo. Si utilizzano antibiotici ad ampio spettro, fluido terapia, trattamenti locali con pomate a base di sulfadiazina argentica per le ustioni e si somministra ossigeno per facilitare la respirazione. Molto comuni le fratture, spesso composte e complicate da profonde infezioni. Fratture semplici di radio e ulna, tibia, metatarsali e metacarpali possono essere stabilizzate con fasciature rigide semplici mentre per quelle di femore e omero si utilizzano fissatori interni rappresentati da aghi di giusto diametro. Tuttavia frequentemente le fratture degli arti sono scomposte, comminute e interessate da serie infezioni che rispondono lentamente ai trattamenti antibiotici: tutto ciò complica la risoluzione delle fratture e sconsiglia l’uso di fissatori interni. Le fratture del bacino possono essere complicate da lesioni del nervo sciatico e difficoltà nello svuotamento della vescica. In presenza di tali fratture è importante conoscere il sesso dell’animale:
nelle femmine infatti si può determinare, in seguito al saldarsi della frattura, una diminuzione del diametro del canale pelvico con aumento del rischio di distocia: la liberazione in natura di tali individui va ovviamente ben ponderata. Le fratture spinali usualmente richiedono l’eutanasia: tuttavia la diagnosi definitiva deve sempre essere affidata ad esame radiologico in quanto la semplice diminuzione o assenza di reazioni retrattili non è sufficientemente attendibile. I ricci possono presentare infatti una condizione patologica, definita pop off sindrome, la cui sintomatologia è simile a quella esistente nel caso di una lesione spinale: l’animale infatti presenta difficoltà deambulative fino a paraplegia e gli arti posteriori e la pelvi appaiono scoperti dalla copertura di aculei che sembra arricciata sul dorso. Tale situazione si determina per una contrazione, dovuta spesso ad un grosso sforzo, dei muscoli orbicolari che sono quelli responsabili del raggomitolarsi su se stesso tipico del riccio: la sedazione permette il rilassamento di questi muscoli e il loro tornare nella giusta posizione, con conseguente riacquisto della funzione. Nei ricci anziani anche una notevole spondilosi può determinare una paralisi delle zampe posteriori e una decisa riluttanza a muoversi. Questa è una patologia degenerativa irreversibile; l’uso moderato di antinfiammatori può arrecare qualche beneficio. Un’altra patologia specifica è la baloon syndrome: si tratta sostanzialmente di un enfisema sottocutaneo che fa gonfiare l’animale fin quasi a fargli raggiungere dimensioni doppie rispetto al normale. Fra le cause possibili si riconoscono trauma del mediastino anteriore, fratture di costole, produzione di gas in seguito a ferite infette e profonde: è necessario aspirare, anche ripetutamente, l’aria in eccesso e porre l’animale sotto copertura antibiotica. Le recidive sono possibili e la prognosi dipende in larga misura dalla causa dell’enfisema. Gli aculei di un riccio forniscono un’efficiente barriera difensiva nei confronti dei predatori ma a dispetto di essi, i ricci possono essere prede di altri animali, spesso i nostri cani. Le ferite provocate dai morsi dei cani sono spesso molto ampie, soprattutto quelle che riguardano la regione del dorso e possono arrivare ad interessare anche il 60-80% dell’area del corpo coperta da aculei. Molto frequentemente esse sono infette, con estese zone necrotiche, e nei mesi più caldi possono essere infestate da larve di mosca: anche le lesioni provocate da decespugliatori, rastrelli, vanghe e vari attrezzi da giardino sono molto comuni a causa del comportamento schivo di questo animale che spesso si nasconde in mucchi di foglie e cataste di legna, e altrettanto frequentemente vanno incontro alle stesse gravi complicazioni. In effetti le ferite in questi animali hanno quasi sempre un aspetto molto brutto e possono avere un’estensione veramente molto ampia, probabilmente per il fatto che la cute del riccio è molto sottile e si strappa con estrema facilità. Le ferite possono essere suturate, previa pulizia con soluzione fisiologica sterile e taglio degli aculei, ma molto spesso i margini necrotizzano rendendo necessaria la guarigione per seconda intenzione e medicazioni giornaliere, antibiotici a largo spettro, antinfiammatori e antidolorifici. Da tenere presente inoltre che la cute ricoperta da aculei è meno vascolarizzata di quella ricoperta da pelo per ridurre la perdita di calore e ciò rende la guarigione più lenta. Se le ferite sono cosi profonde da interessare anche lo strato muscolare sottostante, al riccio può essere difficile o addirittura impossibile raggomitolarsi su se stesso e ciò va considerato in previsione di una possi-
Principio attivo
dose
Frequenza
effetto
Levamisolo
20 mg/kg
tre somministrazioni ogni 7 giorni
vermifugo
Etamifillina camsilato
28 mg/kg
una dose ogni somministrazione di levamisolo e il giorno seguente
broncodilatatore
Metilprednisolone
Fino a 4 mg/kg
una somministrazione data con la prima di levamisolo
corticosteroide
Amoxicillina
40 mg/kg
una somministrazione con il corticosteroide e ogni tre giorni dopo per un totale di 3 volte
antibiotico
bile liberazione in natura. Durante i mesi più caldi dell’anno è facile trovare ricci infestati da uova e larve di mosca: la miasi può riguardare sia ferite aperte sia animali non feriti ma debilitati e deboli, interessando in questo caso soprattutto la regione degli occhi, orecchie, bocca, ano e genitali. La somministrazione di ivermectina parenterale può essere fatta solo dopo aver tolto manualmente il maggior numero possibile di uova e larve per evitare che la loro morte improvvisa nel corpo dell’ospite determini una pericolosa intossicazione da tossine; l’uso di uno spazzolino per allontanare le uova dal corpo dell’animale può semplificare il lavoro di rimozione. I ricci, come la maggior parte degli animali selvatici, sono ospiti di numerosi parassiti esterni ed interni. Pulci e zecche sono praticamente sempre presenti in un riccio selvatico e le infestazioni possono essere anche molto serie; malgrado ciò le pulci in genere non arrecano molto fastidio all’animale e anche il prurito sembra essere minimo. La più comune pulce del riccio, Archaeopsylla erinacei è specie-specifica e necessita di questo ospite per riprodursi e completare il proprio ciclo: possono anche essere presenti le comuni pulci del cane e del gatto (Ctenocephalides canis e felis). Mentre qualche zecca è una presenza normale su un animale selvatico, pesanti infestazioni possono indicare problemi più seri e portare a pericolose condizioni di anemia. Uno studio del biologo Tony Bunnell ha mostrato un’interessante correlazione tra la salute del riccio e il grado di infestazione da zecche poiché pare che esse vengano attratte da una sostanza chimica, l’indolo, che si ritrova nelle feci degli animali malati. Come terapia sono state utilizzati con successo permetrina, piretro e fipronil. Anche gli acari sono molto comuni: Caparinia tripilis (acaro della rogna) è il più frequente e forma dei depositi polverosi intorno agli occhi, le orecchie e sul muso; generalmente non crea particolari fastidi mentre Sarcoptes spp può essere più patogeno causando un eritema generalizzato e alopecia. Notoedres cati e Otodectes cynotis sono stati identificati in ricci che presentano lesioni crostose sulla testa e nelle orecchie e probabilmente il contagio si determina tramite contatto con i gatti. La Demodicosi (Demodex erinacei) invece non è molto comune ma può portare a papule e importanti lesioni crostose sulla cute. Il trattamento di scelta nei confronti dei vari acari è rappresentato dall’uso di ivermectina topica e spugnature con amitraz a cui può essere aggiunta eventualmente una terapia supplementare con acidi grassi insaturi, biotina e multivitaminici. Numerosi i parassiti interni, rappresentati da
nematodi, trematodi, acantocefali, cestodi, coccidi e protozoi. Alcuni di questi danno una sintomatologia gastroenterica (anoressia, calo ponderale, feci verdastre e mucose) che può essere lieve come quella causata dalla Capillaria erinacei oppure molto seria come l’enterite emorragica anche letale causata dal trematode Brachylaemus erinacei. La terapia maggiormente utilizzata è quella che si basa sull’utilizzo del flubendazolo e del levamisolo con l’aggiunta di antibiotici in caso di infezioni batteriche collaterali, antidiarroici e stabilizzatori della flora intestinale. Le infestazioni da cestodi, rappresentate più comunemente da Hymenolepis erinacei sono in genere asintomatiche o possono causare una leggera diarrea e perdita di peso: la terapia si basa sull’uso del praziquantel. Anche i coccidi sono molto spesso asintomatici o dare anche essi una diarrea a volte lievemente emorragica, anoressia e perdita di peso; sono rappresentati soprattutto da Isospora (rastegaiev e erinacei) e meno comunemente da alcune specie di Eimeria. In presenza di coccidi, la terapia è classicamente basata sull’uso di sulfamidici, antidiarroici e stabilizzatori della flora intestinale, eventualmente accompagnati da fluido terapia e alimentazione assistita. La presenza di parassiti polmonari è una delle condizioni più regolarmente riscontrata nei ricci portati in visita, soprattutto in caso di giovani sottopeso trovati durante il periodo che precede il letargo. L’infestazione da Crenosoma striatum e Capillaria aerophila determina difficoltà respiratorie anche molto gravi, tosse secca e rantolante, starnuti, secrezioni e polmonite. Crenosoma soprattutto sembra essere ampiamente diffuso nei giovani durante l’autunno: questi si infestano o prima della nascita o nutrendosi di lombrichi, chiocciole e lumache infetti. Poiché la parassitosi polmonare è una delle prime cause di morte naturale dei ricci durante l’autunno, negli anni sono stati fatti degli studi per testare l’efficacia di vari antiparassitari; è stato così possibile mettere a punto un protocollo che consiste nell’uso di un vermifugo, un broncodilatatore, un corticosteroide e un antibiotico. In effetti la nostra esperienza dimostra che eradicare tali parassiti è un lavoro lungo e i trattamenti, così come gli esami delle feci, vanno ripetuti più volte prima di considerare l’animale libero dall’infestazione. Va sottolineato che l’uso della sola ivermectina non elimina questi parassiti. Spesso inoltre a peggiorare il quadro respiratorio dei ricci affetti contribuisce anche la presenza di infezioni batteriche secondarie causate da Bordetella bronchiseptica e Pasteurella multocida che fanno velocemente evolvere le tracheiti e le riniti