Professione Veterinaria 11-2013:ok
2-04-2013
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laPROFESSIONE
18 Dalle Associazioni SIVAE
VETERINARIA 11 | 2013
Medicina degli animali selvatici di ALESSANDRO MELILLO Consigliere SIVAE enerdì 15 marzo 2013 presso la sede della SIVAE, nelle sale di palazzo Trecchi a Cremona, l’attenzione di oltre 80 medici veterinari non è stata per i consueti cani o gatti o per i gli “exotic pets” - conigli, pappagalli, tartarughe e simili, usuali pazienti dei veterinari iscritti alla Società Italiana Veterinari per Animali Esotici - ma per pazienti decisamente più particolari, gli animali selvatici appartenenti alla nostra fauna spontanea, la cui gestione pone tutta una serie di problematiche sia dal punto di vista strettamente medico che da quello etico nonché da quello legale e normativo. Proprio per parlare di quest’ultimo punto è stato invitato il dr Luca Brugnola, Vice Questore Aggiunto presso il CFS e coinvolto su scala regionale e nazionale nell’applicazione dei regolamenti CITES: sono stati quindi chiariti molti particolari sul significato della Convenzione di Washington, sulle sue applicazioni a livello comunitario europeo, sui diversi tipi di certificati, sulla marcatura richiesta per le diverse specie sottoposte a differenti regimi di tutela e sulla re-
V
sponsabilità legale di detentori ed affidatari di individui di queste specie. La seconda parte della relazione ha invece affrontato il problema dei centri di recupero CRAS e CRASE, sottolineando anche i diversi punti poco chiari nelle leggi che regolamentano queste strutture. Di seguito sono state affrontate le problematiche più frequenti nei diversi gruppi di selvatici: il dr Giordano Nardini, vice presidente della SIVAE, ha illustrato il difficile approccio ai rettili e agli anfibi, creature di solito ignorate quando non decisamente malviste dal pubblico e che quindi spesso arrivano con gravi lesioni dolose. Un po’ meglio la situazione delle tartarughe marine, unici rettili cui viene prestata una certa attenzione anche a livello governativo. Laura Clemenzi, naturalista e tecnico veterinario, ha spiegato con grande chiarezza le corrette tecniche di allevamento artificiale di cuccioli orfani, spaziando dai Lagomorfi ai Chirotteri ai piccoli Carnivori. Sono stati analizzati i diversi tipi di latte, le tecniche di svezzamento e soprattutto la grande dedizione e pazienza indispensabili per avere successo con i delicati neonati. Il dr Ceccherelli, coadiuvato dalla futura collega Elisa Berti, ha svolto il ruolo del mattatore esponendo in maniera istrionica ma scientificamente ineccepibile le problematiche relative ai Carnivori e agli
Ungulati, specie da trattare con particolare cautela: la teleanestesia è indispensabile per recuperare questi soggetti in sicurezza per loro e per l’operatore. Sono stati presentati alcuni interessanti casi clinici su lupi, tassi ed altri carnivori in cui gli operatori si sono avvalsi anche della collaborazione di specialisti eseguendo diagnostica per immagini e chirurgia specialistica, dimostrando quindi che una corretta e consapevole gestione consente anche su questi pazienti “difficili” una medicina di alto livello. Lo stesso dr Ceccherelli, veterinario responsabile del CRUMA di Livorno, ha dimostrato la sua considerevole esperienza nel recupero di moltissime differenti specie di uccelli appartenenti alla fauna stanziale e di passo. Particolarmente interessante la relazione introduttiva che affrontava il difficile problema di definire la recuperabilità di un soggetto e quindi l’opportunità di investire risorse mediche, finanziarie ed umane nell’ottica della reintroduzione in natura che, non dimentichiamolo, deve rimanere il principale se non l’unico obbiettivo della medicina del paziente selvatico. Il medesimo concetto è stato ribadito dal dr Luca Palestra che ha spiegato bene le differenti problematiche del recupero degli uccelli da preda, principalmente Falconiformi, tristemente ancora
FOTO DI SIMONE SCOCCIANTI
L’auspicio è quello di una maggiore partecipazione della classe veterinaria alla gestione dei centri di recupero sparsi sul territorio nazionale
vittima di cacciatori di frodo ma anche di traumi diversi o di avvelenamenti ed intossicazioni, essendo all’apice della catena alimentare. Particolarmente istruttivo è stato il confronto che ha dato vita a vivaci discussioni, dimostrando che la medicina degli animali selvatici è un settore vitale ed interessante della nostra professione, nonostante le grandi difficoltà nel reperire i fondi per occuparsi in maniera ottimale di questi animali. ■
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