Agricoltura familiare

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AGRICOLTURA FAMILIARE Dalla campagna EuropAfrica alcuni dati sulla situazione dell'agricoltura in Italia e in Europa Il 10% dei contadini italiani vive sotto la soglia della povertà. 35 milioni di contadini africani, il 35% del pil dei loro paesi, sono pronti a lottare insieme a loro. La campagna EuropAfrica/Terre contadine respinge al mittente l'immagine di un'Africa alla deriva e presenta le sue proposte per cambiare le politiche agricole a partire dall'Unione Europea, il maggior protagonista del mercato agricolo mondiale, dove però - come in Africa - i contadini vivono in condizioni precarie Roma, 28 maggio 2005 - Nel nostro pianeta vivono 1.300 milioni di contadini e, nonostante il ruolo prezioso che svolgono - produrre cibi sani, tutelare l'ambiente, creare lavoro, animare il territorio - se di questi solo il 6% gode di un benessere adeguato ai propri investimenti finanziari e umani, la principale causa è da rintracciarsi in scelte politiche che non li hanno assolutamente privilegiati. A conclusione della settimana di lancio della nuova iniziativa, le organizzazioni promotrici della Campagna EuropAfrica/Terre Contadine ammoniscono: se l'agricoltura familiare entra in crisi, la crisi sociale è inevitabile non solo in Africa . Anche in Italia il 10% circa delle famiglie che vivono dei frutti della terra in Italia si trova al di sotto della soglia assoluta di povertà: il reddito di questa fascia sociale ammonta a 7.500 euro annui, pari a 20 euro al giorno, ossia 600 euro al mese, che rappresentano la soglia minima di sopravvivenza. Se a queste famiglie aggiungiamo quelle che hanno un reddito annuo compreso fra i 7.500 ed i 12.500 euro, allora superiamo il 36% delle famiglie rurali che vivono con un reddito inferiore ai 1000 euro al mese. Eppure i nuovi Stati membri dell'Unione hanno portato in dote 38 milioni di ettari di terre coltivabili che si sono aggiunti ai 130 milioni della vecchia Europa, e una crescita del 10-20% nella produzione. [European Commission Directorate-General for Agriculture, Prospects for Agricultural markets and income 2004 – 2011 for EU-25 December 2004] L’Europa agricola, sostiene la Commissione nello stesso documento, “è il maggior protagonista nel mercato agricolo mondiale”. Anche i profitti, secondo la Commissione, potranno crescere: stime calcolate sulla base di proiezioni di mercato per il periodo 2004-2011 hanno calcolato che il reddito agricolo crescerà del 14.2 % tra il 2003 e il 2011 in termini reali e per unità al lavoro. Come non si stanca di ripetere l’unico rappresentante del mondo rurale presente a Italia-Africa, il presidente della rete di organizzazioni contadine dell’Africa occidentale (ROPPA) Ndiogou Fall, "l'Africa non è il continente affamato e alla deriva che ci viene presentato anche in questi giorni sui media:


i 35milioni di Contadini africani rappresentati dal ROPPA e Coldiretti, il più grande sindacato agricolo d'Europa, hanno sottoscritto un protocollo comune d'accordo politico per dimostrare che il mondo rurale è una ricchezza per i nostri Paesi e le nostre economie". Non è infatti l’industrializzazione selvaggia, la cooperazione a pioggia, gli investimenti stranieri, il biotech o l’agricoltura intensiva che garantisce all’Africa il suo pane quotidiano. E’ l’agricoltura familiare che in Africa assicura più del 90% della produzione agricola, impiega più del 60% della popolazione e gestisce più del 95% delle terre agricole. Nonostante la spietata concorrenza internazionale, i piccoli produttori dell’agricoltura familiare oggi assicurano fino al 90% dell’approvvigionamento alimentare alle comunità locali. EuropAfrica/Terre Contadine, la nuova campagna promossa da Terra Nuova e Crocevia per il GA Gruppo d’Appoggio al movimento contadino dell’Africa Occidentale- fra gli altri AUCS, CIPSI, CISV, COSPE - Con la partecipazione di Coldiretti e del Réseau des organisations paysannes et de producteurs agricoles de l’Afrique de l’Ouest (ROPPA) in collaborazione con Roba dell’Altro Mondo fair trade, lancia le proprie proposte per uno sviluppo diverso e possibile. In sostanza, la campagna chiede alle istituzioni europee e italiane di: • Ottenere che le regole ingiuste del commercio internazionale vengano rimesse in discussione e che non vengano elaborate sistematicamente a danno delle produzioni locali • L’approvazione di politiche agricole nazionali e regionali favorevoli all’agricoltura familiare, allo sviluppo delle filiere sostenibili e che promuovano la trasformazione locale dei prodotti agroalimentari • Restituire valore ai prodotti agricoli e alimentari locali presso le popolazioni, in particolare gli abitanti delle città e i giovani, promuovendo le loro qualità e il loro rapporto con una cultura comune. La campagna chiede inoltre a tutti i cittadini : • Di imparare a conoscere le terre contadine, le aree rurali e le persone che, nel Nord come nel Sud del mondo, ogni giorno assicurano la sopravvivenza e la qualità del territorio nella maggior parte del Pianeta; • Di partecipare alla campagna e alle attività di sensibilizzazione che verranno organizzate, per chiedere ai decisori politici, a partire dalle proprie città, di valorizzare l’agricoltura familiare e di migliorare la vita dei coltivatori e delle aree rurali; • -Di premiare con i propri consumi, a partire dalla spesa quotidiana, i prodotti agricoli di qualità, i prodotti locali, quelli biologici e quelli commerciati a condizioni eque e solidali, per sostenere concretamente lo sviluppo delle terre contadine. EuropAfrica - Terre Contadine EuropAfrica - Terre contadine è una campagna che nasce dalla collaborazione tra organizzazioni di coltivatori del Nord e del Sud del mondo, organizzazioni non governative e del commercio equo e solidale. Vogliamo far emergere con


chiarezza il potenziale di sviluppo che, in Europa come in Africa, rappresentano le aziende agricole piccole e medie a carattere familiare, in gran parte sottovalutate non solo dal mercato ma anche dalle politiche pubbliche. Il programma d'attivitĂ congiunte tra ROPPA e COldiretti prevede per il 2005 visite e scambi tra i produttori italiani e africani, oltre alla partecipazione congiunta agli eventi legati ai negoziati della Organizzazione mondiale del commercio (Wto).


Agricoltura a rischio: per Europa e Africa commercio o sviluppo? La campagna “EuropAfrica-Terre Contadine” il 17 febbraio a Roma mette a confronto Governo, Commissione Europea, organizzazioni contadine e società civile di Europa e Africa. Dalla Wto agli accordi bilaterali APE, l'impatto degli accordi commerciali proposti in nome dello sviluppo Si sente dire spesso che i Paesi più poveri devono rafforzare le proprie capacità commerciali per uscire dalla povertà. Viene anche detto che il libero commercio è più efficace degli aiuti nel promuovere legami tra i popoli, sostenere lo sviluppo e contribuire alla pace. Se i lavori della Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) finiscono più facilmente sotto i riflettori dei media e dell’opinione pubblica, ci sono altre trattative commerciali che si stanno svolgendo più discretamente, e delle quali la maggior parte dei cittadini resta all’oscuro. E’ il caso degli Accordi di Partenariato Economico (APE), accordi di libero commercio che l’Europa sta negoziando con le sue ex-colonie di Africa, Caraibi e Pacifico. Dietro un’apparenza di “cooperazione per lo sviluppo” l’Unione Europea sta, di fatto, riproponendo attraverso gli APE la stesse ricette sostenute in ambito WTO. Ma queste ricette non funzionano, né in Africa né in Europa! Liberalizzazione in agricoltura: le tesi dell’Unione Europea Quando l’Unione Europea presenta le proprie politiche di libero commercio con i Paesi più poveri spiega che “l’aumento delle esportazione ed il miglioramento dell’efficacia del settore agricolo locale, che dovrà fronteggiare la riduzione delle protezioni tariffarie, aiuterà questi Paesi a svilupparsi”. Secondo l’UE “Un circolo virtuoso sarà generato dall’aumento dei redditi agricoli provocando un miglioramento dell’intera economia e l’aumento dell’occupazione”. E inoltre “l’apertura permetterà un abbassamento dei prezzi ‘alla fonte’ delle derrate alimentari favorendo le economie più povere che hanno budget di consumo alimentare più importanti”. La realtà delle terre contadine: in Europa… L’ingresso nella Wto e la partecipazione al processo di integrazione europea hanno già generato in molti Paesi europei, in particolare nei Paesi mediterranei, importanti riduzioni delle superfici coltivate, soprattutto quelle più produttive. Le aziende agricole capaci di esportare, e quindi necessariamente con una forte capitalizzazione, offrono impieghi agricoli a contenuto tecnologico diverso o più alto rendendo i lavoratori del settore familiare poco adatti ad occupare eventuali disponibilità di lavoro Le aziende agricole “efficaci” non sono in grado di assorbire che quote assolutamente insignificanti di questa forza lavoro


espulsa dalla piccola azienda familiare, base del tessuto sociale rurale, in particolare nel bacino del mediterraneo, ma non solo.. E in Africa… “L’agricoltura contadina, di autoconsumo ed approvvigionamento del commercio di prossimità saranno toccati duramente della rottura del tessuto sociale e delle attività economiche degli spazi rurali, dove loro completano sia il reddito necessario alla famiglia che il ciclo produttivo”. Lo prevede la Banca Mondiale, in un rapporto che risale al 2002 e che si occupa, tra l’altro, dell’impatto di questo tipo di accordi sull’agricoltura familiare nel Sud del mondo. Ed è proprio l’agricoltura familiare che fa vivere la maggioranza della popolazione e produce la più parte del cibo in Africa. L’Europa è in vantaggio… …nella produzione di cereali, di carne e di latte. La sovrapproduzione non incide sui prezzi interni al consumatore, che dovrebbe teoricamente avvantaggiarsi, ma consente ai prodotti agricoli europei di essere molto competitivi sul mercato globale. E inoltre il consumo interno offre una grande tranquillità alle produzioni europee. L’80% della domanda dell’Unione di pomodori è soddisfatta sa Spagna e Olanda. Per le patate il 90% della domanda è coperta da produttori europei e per le olive conservate la domanda soddisfatta a livello Ue è il 55% del totale. Ma si aprono nuovi spazi di mercato Il mercato europeo è composto da circa 379 milioni di consumatori a forte potere d’acquisto pronti a pagare prezzi elevati per assicurarsi prodotti freschi di qualità nel periodo invernale, i cosiddetti “prodotti di controstagione”. In Europa negli ultimi anni è molto aumentata la tendenza di consumare frutta e verdura durante i mesi nei quali la produzione europea non può fornirne. Questo apre uno spazio di forte competizione con alcuni Paesi mediterranei e africani. Ad esempio il 77% delle esportazioni totali di frutta della Giordania verso l’UE si realizza in giugno e luglio. L’Europa (e l’Italia) rischiano molto… Frutta e verdura, che rappresentano in media il 16% della produzione agricola dell’Unione, vengono abbastanza trascurate all’interno degli interventi della Politica Agricolo Comune (PAC). Comunque 14 gruppi di prodotti sono stati identificati come “sensibili” perché a rischio di concorrenza con i paesi mediterranei, ma non solo. Parliamo della maggior parte dei prodotti presenti sulla tavola e nella campagna italiana: pomodori, cipolle, olio d’oliva, nocciole, arance, mandarini, limoni, uva da tavola, melone, fragole, fiori, patate, riso e vino.


I prodotti prevalentemente a rischio di concorrenza per le pratiche di liberalizzazione (frutta, verdura e olive) rappresentano più del 45% del valore aggiunto agricolo di 8 regioni italiane, 8 regioni spagnole, 8 regioni greche, 5 regioni olandesi, 4 regioni belghe, una regione portoghese e 1 regione francese 26 di queste 35 regioni si situano nella zona mediterranea ed i Paesi su cui l’impatto degli accordi commerciali è più forte sono la Spagna, l’Italia e la Grecia. Che cosa sono gli APE Dal 2002 l’Unione Europea sta negoziando con le sue ex-colonie dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico, (definiti gruppo ACP) gli Accordi di Partnership Economica (Economic Partnership Agreements, o più brevemente APE), come tappe dell’Accordo di Cotonou, trattato di cooperazione politica ed economica che nel 2000 ha raccolto l’eredità della prima convenzione di cooperazione (Convenzione di Yaoundé) sottoscritta nel 1964 nel tentativo di compensare i danni allo sviluppo provocati dai lunghi anni del colonialismo e proseguita con le quattro convenzioni di Lomé, l'ultima delle quali è scaduta il 29 febbraio 2000. L’obiettivo degli APE è di stabilire “nuovi aggiustamenti negli scambi, compatibili con le regole della WTO, che rimuovano progressivamente le barriere agli scambi tra Unione Europea e Paesi ACP”, e che dovrebbero costruire “iniziative di integrazione regionale tra i Paesi ACP” e promuovere “sviluppo sostenibile contribuendo in quegli stessi Paesi allo sradicamento della povertà”. Gli Accordi di Partnership Economica attualmente in discussione sono, in realtà accordi di libero scambio. L’Unione Europea ha spinto perché questi accordi fossero fondati su una rigida interpretazione delle regole della WTO, prevedendo l’eliminazione di tutte le barriere commerciali su più del 90% degli scambi tra Europa e Paesi ACP, e nel più breve tempo possibile. Per di più l’Europa sta chiedendo di aprire nuovi negoziati in tema di investimenti, concorrenza, facilitazioni commerciali, commesse governative, protezione dei dati e servizi. I negoziati sui primi quattro tra questi temi in sono stati respinti in ambito WTO dai Paesi ACP per il loro impatto negativo sullo sviluppo. E per l'Africa il libero mercato non si è tradotto in nuove opportunità Le esportazioni dei Paesi più poveri sono ancora molto fragili. Una gran parte delle esportazioni dei Paesi di Africa, Caraibi e Pacifico (il 60% del totale), sebbene questi siano sul mercato globale da moltissimi anni, si concentra su appena 9 prodotti, e, ancor più grave, la partecipazione dei Paesi ACP al commercio mondiale è caduta dal 3,4% del 1976 al 1,1% del 1999.


Gli accordi di Cotonou consentirebbero, al termine del processo di negoziazione bilaterale, un azzeramento elle tariff sulle merci in entrata. Già oggi il 97% dei prodotti che entrano nel mercato europeo da quei Paesi siano già esenti da tasse e quote d’importazione. La maggior parte sono prodotti agricoli che evitano il 95% delle misure di tassazione. Solo i prodotti come banane, carne di vitello e zucchero subiscono un trattamento di quote. Ma i Paesi Acp non hanno mai potuto sfruttare a pieno queste nuove possibilità. Anzi, il principio della reciprocità sul quale si fondano questi accordi non è, nei fatti, operativo, perché per problemi logistici e per l’incapacità tecnica di soddisfare tutte le caratteristiche richieste alle merci per entrare nel mercato europeo, ha provocato, e ancor più provocherebbe con gli APE: • l’apertura dei mercati di questi Paesi a forti quantità di produzioni europee, • una caduta brutale delle entrate statali dei Paesi ACP legate alla riduzione delle tasse sulle importazioni. Molte spese pubbliche per la salute, l’acqua e l’istruzione sono state ridotte a causa della riduzione delle entrate pubbliche. • un abbassamento delle protezioni sull'industria locale • una diversificazione limitata degl i scambi tra i Paesi Acp e i loro partners diversi dall'UE. Un caso esemplare: l’Africa occidentale Il 97% dei prodotti che provengono dall'Unione monetaria dell’Africa Occidentale (UEMOA) entrano sul mercato europeo senza subire tassazioni sull’import. La maggior parte fanno parte del settore agricolo ed evitano per il 95% le restrizioni legate alla politica agricola comune (PAC) per la loro natura tropicale. L'UE si assicura, però, ben il 49,9%delle importazioni dei Paesi UEMOA, mentre l'UEMOA fornisce appena l'1% delle importazioni dell'Unione Le agricolture per domani, in Europa come in Africa dovranno essere: • Sistemiche • Complesse • Socialmente sostenibili, intensive in lavoro • Ecologicamente durevoli • Organizzate sui cicli naturali • Che poggiano su circuiti corti nel tempo e nello spazio • Che esercitano diritti collettivi sulle risorse: acqua, terra e agrobiodiversità • Che godono di politiche agrarie autonome • Territoriali • Protezioni e sostegni


Le nostre proposte • Gli APE e non possono prescindere da una forte politica di sviluppo rurale Il commercio ha senso solo se accompagnato o ancor meglio preceduto e sostenuto da una forte politica per lo sviluppo dei territori rurali, nel Nord come nel Sud del Mondo, promossa e finanziata sia dai governi locali sia dai fondi europei e globali. Per questo siamo convinti che: • Il commercio può avvenire ed avere un influsso positivo sulle economie dei Paesi interessati soltanto se governato da regole chiare e uguali per tutti, dove per uguali non si intende “le stesse”, ma che offrano le stesse possibilità. • Ogni Paese ha diritto alla sovranità alimentare, nel nord come nel Sud del mondo. Per questo c’è la necessità di prevedere una moratoria ai negoziati, per permettere ai Paesi più fragili di rafforzarsi e raggiungere il livello strutturale necessario per confrontarsi con l’UE. La “reciprocità” va intesa in questo senso; • C’è bisogno di promuovere, innanzi tutto, il commercio Sud-Sud e di prossimità tra soggetti con pari potenzialità.


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