Speciale AIF Festival Internazionale del Cinema di Frontiera, Marzamemi 2013

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E URO -M ED F OCUS S PECIALE AIF F ESTIVAL DI F RONTIERA V O L U M E

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Ritornano gli appuntamenti AIF al Festival di Marzamemi “La Seconda Natura” affascina il pubblico della prima serata SOMMARIO : Umberto Iacono, AIF

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Marcello Sannino

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Cladio Saita

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Egle Doria, Emanuele Puglia

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Nanda D’Amore

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Nello Correale

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Roberto Andò

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Pasquale Scimeca

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Alberto Sironi

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Daniele Ciprì

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Lucia Sardo

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Nanda D’Amore

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Normativa Tax Credit

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Guia Jelo

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Mercoledì 24 luglio “La Tonnara” di Marzamemi ha ospitato il primo dei tre appuntamenti fortemente voluti dai responsabili AIF all’interno del 13° Festival del Cinema di Frontiera come tradizione ormai da diversi anni. Una presenza, i n f a t t i , q u e l l a dell’Associazione Italiana Formatori che da ben 7 anni offre spunti di riflessione “altri” e “alti” ai numerosissimi visitatori che si recano nella frazione marinara pachinese per godere di una location singolare e avere la possibilità di conoscere nuove realtà legate al cinema, al cortometraggio, ai documentari. “La proposta AIF per Marzamemi - afferma Umberto Iacono, responsabile storico della presenza del mondo della formazione al festival - vuole infatti incuriosire e far scaturire delle riflessioni legate alla formazione per adulti e comunque lungo l’arco della vita. Il mezzo audiovisivo e filmico è da tempo uno strumento privilegiato all’interno della formazione e AIF dedica due momenti di elevato spessore: uno all’interno della biennale di Venezia e uno nel corso del ForFilmFest di Bologna. La settima edizione si terrà dal 21 al 23 novembre e avrà come tema principale “Fighting ignorance”. A dare il benvenuto ai numerosi spettatori, convenuti a “La Tonnara” per il primo dei tre appuntamenti nello spazio “Lampi sul mediterraneo”, sono stati Umberto Iacono, il regista Marcello Sannino, il

direttore artistico del Festival, Nello Correale, e la giornalista Stefania Garrone che, dopo una breve presentazione delle motivazioni della presenza AIF all’interno del Festival e della scelta del docufilm “La Seconda Natura”, hanno lasciato spazio alle immagini per ritrovarsi a dialogare insieme a fine proiezione. Tra gli spettatori, attenti ed interessati, numerose le presenze provenienti da altre nazioni europee a conferma di una reputazione forte e radicata del Festival al livello internazionale. “Un Festival che nasce “Internazionale” quello di Marzamemi perché costretti da una contingenza anomala – afferma Nello Correale direttore artisti-

Iacono, Sannino, Correale durante la presentazione

co del Festival. Quando 13 anni fa ho proposto ad alcuni amici norvegesi e svedesi la mia idea di realizzare un Festival speculare al loro, ma nel posto più a sud d’Europa, cioè Marzamemi, ci siamo scontrati subito con alcuni problemi. Le case di distribuzione italiane non ci avrebbero mai dato le loro pellicole e si sarebbe anche posto il problema di dove far recapitare le “pizze” visto

che non esisteva nemmeno un ufficio postale. Paradossalmente è stato più semplice far arrivare film dal resto dell’Europa, seppur in lingua straniera e senza sottotitoli. Ecco perché il Festival di Marzamemi è così conosciuto ed apprezzato all’estero mentre, fino a qualche anno fa, molta gente dei dintorni ne sconosceva l’esistenza – conclude Nello Correale”.Il documentario “La seconda natura” di Marcello Sannino” è dedicato al moderno mecenate Gerardo Marotta, avvocato giacobino Fondatore dell’Istituto italiano per gli studi filosofici. Dopo i numerosi no che l’avvocato Marotta ha riservato alle proposte di realizzare un ritratto sulla sua prestigiosa figura è arrivato il sì alla perseveranza del regista Marcello Sannino, che pedina l’avvocato Marotta dal 2004. Sannino, filmmaker porticese classe ’71, esponente zavattiniano del cosiddetto cinema del reale, desidera da tempo realizzare un ritratto del fondatore dell’Istituto italiano per gli studi filosofici a Palazzo Serra di Cassano. Il risultato finale, dopo un centinaio di ore di registrazione, è una lunga intervista arricchita dallo stile da narratore scientifico del reale del regista e sceneggiatore Sannino. Il montaggio è affidato ad Aurelia Longo, la musiche sono di Riccardo Veno, la fotografia è di Sannino e Sebastiano Mazzillo, produce la cooperativa Parallelo 41. (continua a pag. 10)


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Umberto Iacono, Associazione Italiana Formatori

AIF: formazione e cinema al Festival di Frontiera con Umberto Iacono Umberto Iacono, AIF (Associazione Formatori) e non solo al Festival di Marzamemi. AIF è una presenza storica all’interno del festival. Si, in effetti abbiamo cominciato questo sodalizio un po’ casualmente, sia per la presenza tra gli organizzatori di Sebastiano Gesù, che insegna critica cinematografica all’Università di Catania sia perché, come AIF, abbiamo cominciato a fare formazione attraverso il cinema, il teatro e la formazione esperienziale per l’apprendimento degli adulti. Evidentemente abbiamo trovato a Marzamemi l’ultima barriera di questa nostra terra; cominciando dalla biennale di Venezia, dove premiamo annualmente un film, interessante per la formazione; poi con il Festival di Bologna dove per tre giorni presentiamo varie esperienze filmiche che riguardano la formazione; e ultima, nella bellissima terra di Sicilia, qui a Marzamemi, facciamo un po’ la chiosa di tutto questo viaggio attraverso l’Italia, ripresentando i film premiati da AIF, come è successo in questi giorni. Il film è un utile strumento anche per la formazione.

Senza dubbio, perché noi siamo convinti che la formazione tradizionale, cioè quella d’aula, è finita da tempo, a meno che non la si intenda come un momento di supporto alla formazione esperienziale, che dà molto di più. L’emozione resta dentro di noi, lo sappiamo, e quindi se si impara qualcosa emozionandosi è difficile che la si dimentichi. E poi anche libri. Perché questa sera, 25 luglio, la seconda serata AIF qui a Marzamemi, la presentazione di un libro, un libro sull’Intercultura, che vede fra gli autori proprio Umberto Iacono. Perché proporre questo libro proprio qui, al Festival del Cinema di Frontiera? Perché il pezzo che ho scritto io in questo libro, fatto a più mani, a tante mani importanti della formazione italiana, parla di Marzamemi e dell’esperienza delle nostre visioni filmiche tradotte con il pubblico di Marzamemi in una discussione aperta. Questo ha significato un altro momento importante per la conoscenza del rapporto che esiste tra popoli diversi in una terra di popolazioni diverse. Primo appuntamento AIF mer-

coledì 24, appuntamento col cinema del regista Marcello Sannino “La seconda natura”; secondo appuntamento col libro di Intercultura; terzo appuntamento, sabato 27, insieme al teatro. Si, abbiamo portato qui due splendidi attori. AIF collabora con diversi attori che operano nella formazione, e questo è un concetto che è finalmente entrato nelle scuole, nelle università. E i nostri attori presenteranno qui una bellissima rappresentazione di una frontiera, visto che questo luogo dà alla frontiera un’importanza notevole, presenteranno proprio la frontiera che esiste tra una forma di lavoro ancora legata al padronato molto dura, molto intensa e la libertà di chi lavora per poter esprimere le proprie emozioni, i propri bisogni, a volte soffocata come nelle vecchie miniere siciliane. È una bellissima interpretazione, allegra, scritta da Marina Doria per un suo racconto, che poi la figlia Egle, affermata attrice, ha ritrattato in una sceneggiatura, e noi la riproponiamo nelle aule proprio perché insegna molto. Giulio Cerruto

Marcello Sannino e “La seconda natura”

Marcello Sannino, Regista

Marcello Sannino al Festival di Marzamemi presenta un suo documentario molto bello “La Seconda Natura”. Perché essere a Marzamemi? Perché sono stato invitato intanto. Ringrazio il festival perché è un buon motivo per venire qui. Festival particolare per le scelte dei curatori che sono molto coraggiose e negli anni passati ancor di più, con un’attenzione al Mediterraneo e non solo poiché ci sono stati anche film cinesi e kazaki. Film coraggiosi per essere proiettati in una piazza sempre popolata, magari popolata da persone che non sono nemmeno così tanto, non per loro negligenza, abituate a vedere questi film. Quindi sono felice di essere qui nel contesto del festival grazie anche all’AIF. Lei è stato invitato proprio da Umberto Iacono del’AIF per presentare un documentario molto particolare. L’incontro con quest’associazione mi colpì già la prima volta quando

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mi hanno invitato alla cineteca di Bologna per una loro iniziativa. Mi invitarono perché, avendo molta attenzione su questi festival, avevano visto un altro mio filmdocumentario chiamato “Corde” che aveva vinto una serie di premi e che li aveva colpiti. Da allora con Umberto Iacono ci siamo sentiti più volte, dovevamo proiettare “Corde” l’anno scorso, ma l’anno scorso il festival è saltato e quest’anno mi ha richiamato e voleva che proiettassimo proprio “Corde”. La storia tratta di un giovane pugile napoletano, non è un film sul pugilato, ma più un film sulle scelte della crescita di questo giovane in un quartiere difficile di Napoli. Io, invece, ho proposto “La Seconda Natura” che ha come protagonista un personaggio molto importante cioè Gerardo Marotta ed è un film molto attuale, purtroppo sempre attuale, in questo periodo particolarmente perché è una critica e un’analisi degli errori della classe dirigente italiana.

Per chiudere un messaggio per tutta la gente che ama il cinema, che ama leggere la realtà attraverso le immagini e non solo. Non mi vorrei lamentare, a parte che lo fanno tutti, però io dico che più si mostra il cinema e più il pubblico andrà al cinema e lo amerà di più. Se gli lasciamo poche opportunità e tutte quante più o meno uguali abbiamo un pubblico formato soltanto in una maniera. Un buon esempio, invece, è questa piazza stracolma di gente che vede film che non andrebbero a vedere al cinema perché non saprebbero nemmeno sceglierli e perché non arriverebbero nelle sale siciliane così come accade a Napoli o altrove. Il mio auspicio è quello che ci sia una maggiore diffusione del cinema e mi fido molto del pubblico. Luciano Di Mari


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L’intercultura e l’internazionalizzazione nelle pratiche di successo contro le barriere culturali Presentato il testo della Franco Angeli nella seconda giornata AIF a Marzamemi Giovedì 25 luglio, alle ore 20.00, all’interno dello spazio “Chiacchiere sotto il fico” si è svolto il secondo degli appuntamenti previsti dall’Associazione Italiana Formatori all’interno della 13° edizione del Festival del Cinema di Marzamemi. Dopo la presentazione del docufilm di Marcello Sannino alla Tonnara, l’AIF ritorna nella suggestiva location che vede la vede protagonista da ben 7 edizioni all’interno del Festival: il cortile di Villadorata. Sotto i riflettori la presentazione del testo, edito dalla Franco Angeli già presidente AIF, Intercultura e Internazionalizzazione. Pratiche di successo per il superamento delle frontiere culturali. Ad aprire i lavori, il Dott. Umberto Iacono fra gli autori del testo curato da Giovanna Spagnuolo, ricercatrice ISFOL ed esperta nell’educazione degli adulti e formazione permanente. Insieme ai relatori il consigliere regionale AIF, Salvo Cortesiana, e il prof. Claudio Saita docente universitario che ha collaborato alla realizzazione di una parte della pubblicazione. Il libro rappresenta un contributo al dibattito sul tema dell’intercultura – afferma Umberto Iacono rappresentante AIF al Festival- in una prospettiva interdisciplinare che passa dalla sociologia, alla pedagogia e filosofia dell’educazione, alla psicologia, alle scienze organizzative e manageriali. Una prospettiva interdisciplinare coniugata a quella interorganizzativa – dalla azienda, alla ricerca, all’associazioni di categoria professionale, alle ONG, al partenariato europeo ed internazionale, alla scuola, alla formazione professionale. La formazione – continua Iacono – e-

merge quale leva strategica per lo sviluppo delle competenze e prassi sociali per l’accoglienza e la gestione della diversità. In particolar modo per le aziende che stanno affrontando importanti processi d’internazionalizzazione sotto la spinta della globalizzazione e dell’integrazione europea, nel rapporto con i Paesi dell’Area Mediterranea e dell’Europa orientale.” Il volume offre un compendio di esperienze significative, modelli e metodologie didattiche sperimentate essere efficaci alla formazione all’intercultura e all’intercultura. Il libro è articolato in tre parti: gli scenari e le teorie di riferimento: le pratiche; le metodologie partecipative. “E’ stato pensato – continua Iacono – anche come strumento di lavoro nelle mani dei formatori, educatori, responsabili di sviluppo e gestione del personale, operatori del volontariato, mediatori culturali del settore pubblico e privato. Libro scritto a più mani dai più bravi formatori italiani che hanno scritto pezzi sulla intercultura, la multicultura e integrazione. Perché Marzamemi? Perché ne è stato un po’ il simbolo negli ultimi tempi. La parte che ho scritto io tratta proprio di questo incontro con il film di frontiera che come AIF abbiamo presentato in questi anni in questo contesto.” A dare il benvenuto a nome della presidente regionale AIF, Antonella Marascia, impossibilitata a presenziare è stato il consigliere regionale Salvo Cortesiana che ha sottolineato il forte ruolo della formazione all’interno dei processi di integrazione e interazione in tutti gli ambiti, da quello lavorativo a quello socia-

le, ed in particolar modo il contributo che l’AIF dà da numerosi anni con i suoi formatori, gli interventi formativi, la ricerca e le pubblicazioni. A seguire il prof. Claudio Saita, docente universitario che si interessa di problemi sociali al Comune di Catania e ha disquisito sul tema: cosa significa superare frontiere non solo con gli stranieri ma soprattutto nelle nostre vite quotidiane. Partendo dai suoi scritti e dalle esperienze sul campo maturate il prof. Sàita ha proceduto con un interessante excursus etimologico dei termini legati all’integrazione per approdare alla proposta di una nuova terminologia che possa interpretare la realtà dei flussi migratori e dell’incontro tra culture diverse. A chiudere i lavori alcune poesie lette dagli attori Egle Doria, Il lungo viaggio tratta dalla raccolta “Il mare colore del vino” di Sciascia; Emanuele Puglia che ha letto un pezzo di Whitman “Dalla culla che oscilla senza fine” tratto da Relitti di mare (poesia del poeta maledetto americano citato da Umberto Iacono nell’ultima fatica letteraria) e, per concludere, “La Fiaba della vera vita di Nelson Mandela”,di Umberto Iacono e Marco Rotondi, omaggio a Mandela offerto dall’attrice del teatro stabile dell’Umbria, Valentina Curatoli. Egle Doria ed Emanuele Puglia, attori teatrali catanesi, saranno i protagonisti della terza serata AIF dedicata alla pièce teatrale Il Conto delle Lune. Stefania Garrone

Dall’intercultura alla transcultura: ecco la proposta del prof Claudio Saita “Frontiera, confine – afferma il prof Saita - noi capiamo sul confine addirittura Luis Althusser dice “è solo sconfinando che si capisce”. Quindi il problema dell’incontro con l’altro avviene sul confine, che è un luogo osmotico dove l’ego e l’alter mettono in gioco la reciproca identità. Questa affermazione la potrei documentare perché sul campo ho anche coordinato per conto della Prefettura di Catania, della Magistratura, l’accoglienza di tanti ragazzi che sono arrivati fino a noi. Sulle parole noi giochiamo anche i nostri pregiudizi perché bisogna rivedere determinate definizioni giuridiche. Come li definiamo noi questi minori dal punto di vista giuridico? “Minori stranieri non accompagnati”, è una definizione privativa. Se tu sei venuto fino a me e io sono la tua storia, bisogna capovolgere la definizione e pertanto li chiamerò “minori in movimento”. Perché? Cosa c’è dietro il tuo progetto migratorio, perché sei venuto fino a me? E’ uno spazio di interrogazione che si apre, si apre per l’ego e si apre per l’alter cioè il rapporto tra le diversità. Questo rapporto tra le diversità ricostruisce un

campo comune di lavoro, di azione, l’ager il campo, dove le due diversità rimettendo in gioco la propria identità nella sutura, perché il confine è il luogo nella sutura come dice Yersy Zisek un autore slavo che non annulla la diversità, ma la rimette in gioco.” Anche il termine di intercultura è per il prof. Sàita inadeguato, perché nel campo si ridefinisce il rapporto , la relazione e allora in questo nuovo perimetro si ricostruisce una transculturalità. Qualcuno la definisce meticciato di civiltà. “Noi lavoriamo con le immagini – continua Saita - che hanno una forza evocativa ,ma utilizziamo le parole. La nostra è una civiltà sempre più spesso dell’afasia e anche dell’autismo relazionale. Le parole ridefiniscono un campo semantico, cioè un luogo che sia significativo per l’ego e per l’alter. Noi spesso le parole le usiamo come dei passepartout. Riflettere sulle parole non è un mero esercizio linguistico ma è un modo per riguardare anche in modo retrospettivo alle storie personali e costruire quel campo di una comprensione comune. Un autore Daumal

dice “so tutto ma non comprendo nulla.” Quindi il problema oggi è realmente quello della comprensione che non più quello della tolleranza. Infatti la radice etimologia latina del termine comprensione è cum prendere vuol dire letteralmente vivere la differenza insieme. Dove vi sono due dimensioni che sono estremamente interessanti: la differenza non è il luogo della criticità ma dell’incontro, ma appunto l’incontro è il cum, la modalità attraverso la quale la differenza può essere compresa. Quindi oggi abbiamo il problema della comprensione. Questo lavoro – conclude Saita - nasce da una riflessività sul campo di cui voglio raccontarvi un’esperienza. Con l’ufficio del giudice tutelare e la magistratura minorile di Catania abbiamo formato per la prima volta in Italia nove figure di tutori di minori in movimento per la prima volta non esclusivamente giuristi perché questa comprensione della diversità inevitabilmente porta a ridefinire un cosiddetto bilancio delle competenze che non è più adeguato ad esercitare il giusto spirito di comprensione.” Stefania Garrone


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Egle Doria e Emanuele Puglia, Attori teatrali

Il teatro a Marzamemi con Egle Doria e Emanuele Puglia Festival di Marzamemi, Sabato 27 Luglio è per gli eventi AIF la terza giornata in realtà. Siamo all’interno dello spazio AIF, Associazione Italiana Formatori che, da tanti anni all’interno del festival di Marzamemi, offre qualcosa di particolare sulla produzione cinematografica, sull’audiovisivo e sul cortometraggio. AIF ha voluto fortemente questa terza giornata all’insegna del teatro perché è un altro modo di comunicare, un altro linguaggio. Da Catania sono arrivati per questa serata speciale di AIF Egle Doria ed Emanuele Puglia, due attori che già da qualche giorno stanno vivendo Marzamemi per le prove, vero Egle?. Siamo qui a Marzamemi dall’inizio del festival ed abbiamo vissuto questa festa della cultura che è veramente un momento importantissimo per la Sicilia. La cosa bella è che, grazie alla volontà di Umberto Iacono e del direttore artistico, Nello Correale, abbiamo la possibilità di far sposare il teatro, che come ben detto, è la prima forma di comunicazione, quella che ha permesso nei secoli di trasmettere idee e di far riflettere il pubblico sia con la risata che con la lacrima. Parlando di cultura, vi abbiamo già visti in azione all’interno della seconda serata che AIF ha voluto dedicare a un libro sull’intercultura presentato all’interno del festival di frontiera qui a Marzamemi. Emanuele, qual è il contributo che si può dare per una cultura che sia un po’ più piena di ciò che di questi tempi è. Come sempre, noi siamo sempre felici di interagire anche all’interno di convegni e di discussioni di un certo calibro perché quella virgola dell’arte messa in mezzo a discorsi, a volte anche altisonanti, a volte un po’ complicati da far arrivare al pubblico, è esplicativa delle emozioni che sottendono i discorsi impegnativi, scientifici, culturali o via dicendo e noi siamo sempre felici di mettere quella virgola. La seconda serata AIF è stata particolarmente emozionante, in qualche modo quasi a sorpresa: io non sapevo neanche il brano che avrebbe letto Egle e se già ha commosso me che la conosco da venticinque anni … Io poi mi sono commosso nel leggere una poesia che mi è

stata data nel bel mezzo del pomeriggio, in cui sono arrivato con il groppo in gola. Mi auguro che queste stesse emozioni, che noi viviamo giorno per giorno quando proponiamo le nostre cose, ma anche quelle che ci chiedono di interpretare, passino a chi ci ascolta e a chi ci guarda. Le emozioni sono anche la parola-chiave del messaggio che il teatro può trasferire anche in contesti che sembrano apparentemente lontani, almeno se pensiamo alle emozioni del teatro antico, la catarsi e l’effetto che riesce a produrre. Oggi il teatro lo stiamo sperimentando anche in altre forme, per esempio nella formazione o nell’impresa, perché si parla tanto di teatro d’impresa. Egle, cosa può dare ancora oggi il teatro? Il teatro può dare tutto e questo è un invito al pubblico a continuare a venire a teatro e a lasciare possibilmente la televisione anche perché oggettivamente non è poi così dispendioso. Io capisco che questo è un momento di crisi e noi per primi la stiamo vivendo sulla nostra pelle, però noi, come artisti professionisti, stiamo investendo su quella che per noi è una missione. Fare formazione, fare cultura a 360° per noi è una missione a costo di qualunque sacrificio, ma noi vogliamo continuare a trasmettere e non ce lo impediranno né la crisi né la mancanza di denaro. Siamo qui e vogliamo essere in tutti i teatri dove c’è la possibilità di emozionare il pubblico. Teatri o altri luoghi, come abbiamo appena detto, dove ci si incontra con respiro, con lo sguardo dal vivo, sentendo vibrare l’attore, vedendolo ogni tanto anche un po’ sudato, ma senza filtri con il “qui e ora” che è proprio del teatro. Egle, puoi darci un piccolo anticipo sulla pièce di questa sera, scritta da tua madre? Il “Conto delle Lune” è stato scritto e tratto da un romanzo di Marina Doria, mia madre, e nasce dalla nostra volontà di renderle omaggio dopo, purtroppo, la sua dipartita sette anni fa. È uno spettacolo che circuito già da sette anni e parla della storia di una ragazzina che lavora nelle miniere, quindi un fatto di cronaca vero perché nelle miniere alla fine dell’Ottocento lavoravano anche

le donne. Parla un po’ della frontiera sicuramente perché questa fanciulla, grazie al coraggio che è quello che ci vuole nella vita, in questo momento storico come allora, decide di cambiare la propria vita e di affrontare un viaggio per tutta la Sicilia che poi la porterà alla frontiera con il mondo che è l’America. Questo è il nostro messaggio attraverso questo “Conto delle Lune”, cioè avere il coraggio di cambiare anche la propria vita quando forse in alcuni momenti sembra non essere come la vogliamo. Il tuo ruolo, Emanuele? Faccio una leggera premessa: in un discorso di auto produzione, come questo spettacolo, grazie all’iniziativa di Egle cui io ho aderito con grande entusiasmo per l’amicizia che ci lega, per l’amicizia che mi legava a sua madre e per tutta una serie di altri motivi, ci capita di fare dei lavori un po’ per necessità, un po’ per virtù, in cui magari, essendo solo due attori, evochiamo una serie di personaggi. Uno di questi spettacoli, che ci stanno nel cuore, è appunto questo di stasera, dove sia lei, sia io interpretiamo una serie di personaggi. Dico ciò perché stamattina ho avuto una gradevole discussione con una persona che poi ho scoperto essere un regista affermato. Da questa discussione a un certo punto lui ha tirato fuori un concetto che noi attori conosciamo benissimo e che dicevano i vecchi grandi attori di teatro ovvero che, in teatro se tu ci credi puoi essere chiunque, anche una persona bassa, se il ruolo è essere un gigante ed è bravo ed ha qualcosa dentro da far passare questo messaggio, può evocare il gigante. Io in questo caso faccio una serie di personaggi che incontrano “Mimì”, questa ragazza che scappa dalle miniere, che in un primo tempo tutti pensano sia un ragazzino quindi ci sono una serie di equivoci che si vanno creando, una serie di personaggi che in qualche modo segnano il percorso di Mimì. Nel percorso che lei intraprende incontra una serie di personaggi, buoni e cattivi. In particolare gli ultimi personaggi che incontra sono dei bonaccioni che fanno sorridere il pubblico, oltre al personaggio di Mimì. Luciano di Mari

AIF premia l’”altra” formazione di Civita a Marzamemi

Nanda D’Amore, Civita

Siamo in compagnia di Nanda D’amore in rappresentanza dell’associazione “Civita” che è un’amica del festival di Marzamemi e la vediamo anche con una targa, quindi un’amicizia che questa sera sul palco è stata appena suggellata da questo riconoscimento tributatole da Umberto Iacono. È stata una sorpresa anche per me perché noi come “Civita” siamo sponsor del festival già da parecchi anni, poiché condividiamo lo spirito di questo festival che vede il cinema come momento formativo di descrizione della vita, della società e di problematiche particolari. Facciamo spesso formazione utilizzando il cinema, ma anche il teatro: i due attori che sono stati premiati unitamente a me, cioè Egle Doria ed Emanuele Puglia, hanno sviluppato per noi all’interno dei progetti formativi che noi svolgiamo dei veri e proprirecital finalizzati ad affrontare meglio alcune problematiche alla sicurezza sul posto di lavoro, ma anche a tematiche ambientali legate alla difesa della terra e contro il depauperamento. Voi fate formazione destinata alla popo-

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lazione adulta. Nel territorio meridionale dove la formazione continua non ha gli stessi livelli che possiamo trovare in realtà come Milano, la Lombardia o l’intero nord. Questo è uno svantaggio perché le imprese devono crescere e comprendere che la formazione è qualcosa che porta qualità oltre che migliorare le competenze, la professionalità, le conoscenze dei loro dipendenti, ma che poi in ultima analisi significano miglioramento della qualità aziendale. Questo svantaggio può essere anche un vantaggio perché è un terreno sul quale noi lavoriamo e troviamo sempre più aziende attente a una formazione che significa anche crescita dell’azienda. In questa zona per esempio noi abbiamo tantissime aziende alle quali facciamo formazione, penso per prima a “Campisi”; noi abbiamo fatto per loro comunicazione, accoglienza del cliente penso anche ad altre aziende su Siracusa una fra tutta l’INDA (Istituto Nazionale Dramma Antico) che appunto ogni anno mette in scena tragedie splendide. A questi ragazzi abbiamo fatto l’inglese che è una competenza assoluta-

mente necessaria per manifestazioni come quelle delle tragedie classiche che convogliano migliaia e migliaia di spettatori tra cui molti stranieri. Da un lato ci siamo appassionati in questo lavoro che io chiamo “altra” formazione perché in Sicilia parlando di formazione si sente solo parlare di scandali e di cose non belle. La nostra è un’altra formazione costruita sui fabbisogni formativi delle aziende ed una formazione specifica per quell’azienda e poi costruita specificatamente per un’altra azienda. Quindi è una formazione che bisogna secondo me spingere, fare sviluppare e in tutto questo la nostra società è cresciuta. All’inizio eravamo pochi e ora siamo uno staff di almeno venti persone fisse e con tante altre che ci ruotano attorno. Per noi questo è un elemento molto importante e positivo perché, come dice Umberto Iacono, abbiamo anche dato occasione a tante persone veramente brave di lavorare su cose veramente interessanti. Luciano Di Mari


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Nello Correale e il suo Festival di Frontiera Nello Correale direttore artistico del festival di Marzamemi, “Festival del cinema di frontiera”, tredici edizioni con una breve pausa l’anno scorso. Parliamo del traguardo dei tredici anni. Tredici anni nascono in questo posto per una necessità del luogo. Un luogo di frontiera, era una frontiera geografica una volta, adesso è una frontiera in più perché è la frontiera del cinema indipendente, di quelli che vengono qui a presentare un cinema per un pubblico che certe volte non si intravede nemmeno nelle sale. Quindi è un cinema che ha bisogno di trovare chi veramente ha voglia di pensare, di riflettere e nello stesso tempo divertirsi, che poi molte volte uno pensa che il cinema sia divertimento soltanto per una riflessione. È un luogo dove puoi stare in estate, è un luogo piacevolissimo anche per fare i bagni e per una settimana ci dedichiamo a pensare pensieri difficili, però anche a vivere con piacere lo spettacolo del cinema. Cinema e non solo. Ci sono presentazioni di libri, dibattiti, il cinema in tutti i suoi aspetti quindi documentario, cortometraggio, lungometraggio Nel 2001 do vita a questo festival internazionale, ma non per un’ambizione o una superbia, ma internazionale per necessità perché io ho iniziato questo festival tredici anni fa dall’altra parte verso il mare con un gruppo di amici finlandesi. Necessità dovuta al fatto che nessuno ci conosceva e nessuno ci voleva affidare le pellicole degli italiani. Gli stranieri, ovviamente, non conoscevano il posto e non conoscevano nemmeno noi e avevamo meno difficoltà. Quindi avevamo iniziato con film che arrivavano dal nord Europa, dalla Finlandia, Norvegia e alcuni non sottotitolati. Con film portati direttamente dall’autore, in questo caso Vittorio De Seda con i suoi i film-documentari. Questa commistione che è nata per necessità, ha comportato il carattere e l’entità di questo festival, cioè un festival estremamente locale, ma nello stesso tempo con uno sguardo globale, infatti quando una giornalista americana del “New York Times” qualche anno dopo, nel 2006, venne qui a fare un articolo sul nostro festival ci definì il piccolo, ma grande festival local del cinema italiano. Dopo la pausa forzata dell’anno scorso perché purtroppo anche la cultura vive i malesseri delle risorse che scarseggiano, oggi il festival di Marzamemi riparte, come? Perché riparte sicuramente con uno slancio diverso.

Devo sottolineare che il festival non si è mai fermato. Io credo che ci siano due anime che legano il festival a questo territorio: c’è l’anima del nomadismo che per suo carattere porta a spostarsi lungo la costa seguendo la frontiera. Era già nello spirito del festival quando inizia, perché noi eravamo qui a Marzamemi, ma anche allo stesso tempo a Portopalo, quindi i primi due anni sono stati fatti a Marzamemi e poi a Portopalo. L’altra anima ovviamente è proprio il territorio, questo qui che abbiamo sotto i piedi, perché si è sviluppato con noi e allo stesso tempo noi ci siamo sviluppati con essa. Questo ha reso un po’ veramente malinconica la mancanza del festival l’anno scorso, elementi che accompagnano gli incontri letterari piuttosto che gli incontri con gli

Nello Correale, Direttore artistico Festival di Frontiera autori, il concorso dei cortometraggi piuttosto che altre iniziative che hanno a che fare con degli investimenti di architettura culturale che noi semplicemente sosteniamo. Questi due aspetti, quando l’anno scorso hanno trovato un momento di discrasia dovuta al fatto che i contributi non arrivassero in tempo e con il passare dei mesi diventava complicato portare in piazza lo schermo a causa del tempo atmosferico, io sono stato costretto a renderlo itinerante grazie all’aiuto di tutta la Sicilia, perché per salvare questo festival sono arrivati dall’Università di Catania, ci ha dato uno spazio, abbiamo svolto lì una giornata, l’abbiamo fatto a Sciacca, al Centro sperimentale a Palermo, a Vittoria. Quindi mi sono sentito veramente rinforzato a tal punto che quest’anno, pur

avendo le stesse difficoltà, ho voluto farlo perché, mal che vada, vado a chiedere aiuto agli altri. Un ricordo bello di questi tredici anni Il mio ricordo più bello, devo dir la verità, è proprio quello di pensare il cinema che nasce in un luogo puramente evocativo. Ho il ricordo di quello schermo che svolazzava perché non avevamo i mezzi per fermarlo ed avevamo sbagliato la posizione. I nostri amici pescatori ci dicevano di fare attenzione perché quello che stavamo tirando su non era uno schermo, ma una vela. Noi pensavamo che fosse un loro vezzo, per noi l’importante era avere lo schermo in faccia al mare perché a me e agli amici finlandesi piaceva l’idea di avere lo schermo in faccia al mare perché apprezzavamo moltissimo il posto perché anche se non ci davano i film, avere soltanto il riverbero del mare al tramonto sullo schermo è già uno spettacolo. Questa era una battuta per sostenerci davanti alle difficoltà. Per me è stato un ricordo bellissimo perché quando poi è iniziata la proiezione del 2001, abbiamo fatto un film che era stato appena restaurato cioè “2001, Odissea nello spazio” che è un film che, oltre ad essere un capolavoro è un senso del cinema nelle sue dinamiche anche temporali, comincia a piovere. Noi eravamo una trentina sotto lo schermo perché non avevamo le sedie come adesso ma avevamo le panche che ci davamo gli amici perché c’erano solo 25 abitanti, tutti amici e a questo punto era finita la nostra grande esperienza di voler fare il cinema con film dell’Europa. Invece alla fine non si era alzato nessuno. Lì ho capito che il fatto di aver acceso lo schermo voleva dire accendere un mondo evocarlo e immaginarlo in modo diverso e ci ha dato una carica tale che noi a quel punto siamo partiti a fare il festival del cinema più a sud d’Europa. Da lì si lanciò l’idea di avere la piazza cinematografica più a sud d’Europa, al contrario dei finlandesi che avevano la piazza cinematografica più a nord d’Europa. Avevamo fatto una specie di cablaggio virtuale fra nord e sud nell’anno in cui cominciarono l’euro, l’idea dell’Europa e Internet. Credo che tutti questi elementi come una combinazione assiale ci abbiano dato questa carica. Luciano Di Mari

Roberto Andò e il sostegno alla cultura al Festival di Marzamemi Giovedì 25 luglio, all’interno del Festival di Marzamemi, è stato veramente un giorno importante: abbiamo avuto il piacere di stare insieme, parlare, ascoltare e anche di dire grazie ad una personalità della storia italiana del cinema.: il dott. Roberto Andò. È stato un giorno molto bello: l’incontro con la gente e poi anche sul palco un momento di premiazione. Quali le sue emozioni? Mi ha fatto molto piacere, è un luogo a cui sono affezionato già da tempo perché ero già venuto, ho già girato in queste zone e questa è una piazza straordinaria e mi ha fatto molto piacere perché questo festival, di cui avevo sentito parlare ma al quale non ero mai riuscito a venire, è effettivamente molto vitale come a volte anche i piccoli festival riescono ad essere e riesce a far stare insieme alla gente gli autori, cosa a cui, in fondo, servono i festival. Penso ai giovani che li frequentano e vedere queste sere la piazza così popolata, attenta, molto presa dalle immagini dei film che passano ti dà la misura di come può essere importante un festival in un piccolo centro. Rovescio della medaglia, qual è l’impegno che il nostro governo, che dovrebbe sostenere la cultura e il festival, nei confronti di questa iniziativa? Abbiamo visto che c’è un problema molto serio, si parla di cultura, ma c’è veramente volontà, voglia di far cultura, di sostenere la cultura? A parole dicono sempre che la cultura è una cosa importante, ma c’è una smobilitazione dalla cultura che è arrivata a livelli preoccupanti non solo perché tocca fatti

da cui non bisognerebbe mai dimettersi, come ad esempio l’impegno sulle pietre: Pompei e tutto quello che è il patrimonio italiano non può essere vanificato dall’incuria. Poi dall’altro lato c’è tutto quello che è il bene che viene prodotto oggi. C’è quindi anche il cinema: chi fa cinema produce dei beni che non solo hanno

Roberto Andò, Regista un valore industriale, ma hanno anche un valore culturale e allora l’impegno dello Stato è importante. Invece noi viviamo in un Paese dove tutto questo è faticoso e si capisce che si può fare molto di più e che facendo molto di più si raccoglierebbe di più e invece c’è un atmosfera di smobilitazione. Poco fa, durante l’incontro sul tax credit, ci raccontava che lei è stato convocato all’interno del tavolo dal ministro della cultura per cercare di capire cosa si

può fare. Alla fine, invece, tutti gli intervenuti avete abbandonato il tavolo perché avete avuto una sensazione di stagnazione. La situazione è che c’è un fatto preciso che riguarda questa norma: il tax credit in realtà non è un’elemosina che viene data al cinema né una elargizione di denaro, ma è un dispositivo industriale di incentivo attraverso la defiscalizzazione. Perciò è un meccanismo che, a fronte di questi novanta milioni di euro che noi chiediamo vengano ripristinati, crea due volte. Quindi sarebbe miope abbandonarlo e dall’altro lato consente di mantenere l’identità del cinema italiano, che in questi anni, nonostante tutto, rimane una delle cinematografie importanti, più rappresentata nei festival. Questi aspetti sono quelli che ci hanno indotto momentaneamente ad abbandonare quel tavolo; speriamo che, come è stato detto, questo nuovo ministro, che sembra così attento, e il governo riescano a ripristinare questo tax credit. Un suo pensiero sul cinema e su quel che può dare ai giovani oggi. Il cinema è ormai un compagno della vita di tutti noi, ormai le persone ricordano certi avvenimenti importanti della vita anche attraverso i film. È come respirare, come la letteratura, come la musica. Si può rinunciare alla musica? E quindi, evidentemente, il cinema continua a essere un’arte che esiste indipendentemente da chi se ne occupa. In realtà, se in Italia ce ne occupassimo in modo mirato, si riuscirebbe a creare e a far lievitare una cultura che, rispetto ad altri paesi, è un po’ arretrata. Giulio Cerruto

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Pasquale Scimeca, Regista

Pasquale Scimeca e il cinema come industria culturale motore della società Siamo in compagnia del maestro Scimeca, reduci da un incontro sul tax credit, durante il quale si è parlato di come poter finanziare il cinema. Due punti mi hanno molto colpito riguardo al suo intervento: il primo i giovani, il secondo le sale. Partiamo dai giovani. Il problema non riguarda il cinema, ma riguarda l’Italia, il problema è che stiamo perdendo un’intera generazione al lavoro, nel senso che stiamo lasciando fuori dall’attività produttiva un’intera generazione. Il cinema è una di quelle attività industriali, artigianali, dove la maggior parte dei tecnici, delle maestranze, di chi ci lavora sono giovani. Se non diamo una mano al cinema a riprendersi, lasciamo fuori non poche centinaia di persone: il cinema è un’attività che, in linea di massima, coinvolge 30-35 mila persone. Voglio dire, è quasi come la FIAT, se chiude la FIAT succede il finimondo, stiamo chiudendo il cinema e non succede niente. Questa è la prima cosa importante. È importante capire questa cosa perché si diceva che c’è una difficoltà culturale nel vedere nel cinema un’industria che produce non solo amenità e diletto, ma cultura che può essere economia. Sì, certo perché l’idea che è diffusa un po’ ad arte è quella che il cinema è formato solo da attori e da registi, ma non è così: gli attori e i registi sono una parte minima dell’attività produttiva su un set cinematografico. In un set piccolo, cioè a basso budget, lavorano in media sessanta persone fisse, tra elettricisti, macchinisti, runner, ecc. Questa è una cosa che bisogna cominciare a fare capire alle persone: la nostra è un’attività principalmente di produzione, quindi un’attività industriale, spesso anche artigianale, che, al posto di produrre, come dicevo prima, scarpe, vestiti o macchine, produce cultura. Per me, personalmente, la cultura è la cosa più importante al mondo, però non dobbiamo dimenticare che dietro c’è tutto il resto. E’ anche un indotto. Beh, certo. Perché l’indotto è altrettanto importante, come nel caso della Fiat: mille persone lavoravano a Termini Imerese e attorno c’erano altre tremila persone che lavoravano nel cosiddetto indotto. Lo stesso avviene nel cinema perché, oltre le sessanta persone che lavorano direttamente per la

produzione, si devono considerare gli alberghi, i ristoranti, gli artigiani che fanno i vari lavori che ci servono, le sale cinematografiche dove il film viene proiettato, i festival, che senza i film non si possono fare. Marzamemi qui con il Festival di Frontiera ne è un esempio, no? In questa settimana Marzamemi vive. Certo. Perché verranno cento, duecento, trecento persone, oltre a noi che siamo invitati, ma anche gente che viene di proposito a fare le vacanze perché sa che c’è il festival e quindi, per le realtà territoriali, diventano cose importanti. Noi abbiamo fatto un film diversi anni fa, quando ancora c’erano i soldi, a Castelbuono, una cittadina. E se si va lì, ancora oggi, c’è gente che se ne ricorda perché abbiamo lasciato sul territorio circa un milione di euro in tre mesi. Voglio dire: è una fabbrica, un’industria. E così avviene nei piccoli set: se si ha un budget da cinquecentomila euro, di questi trecentomila servono a pagare le maestranze, duecentomila per tutto il resto: per gli alberghi, i ristoranti. Inoltre le persone che sono sul set escono la sera, comprano i prodotti tipici, spesso si innamorano del posto e poi ci ritornano in vacanza. Quindi è un settore importante, di cui spesso non si capisce l’importanza, per ignoranza e per partito preso perché è in atto, ormai da quasi un decennio, quest’uso di diffamare il cinema come se esso fosse fatto da parassiti che intascano soldi dallo Stato, non è così! Oltre a questo alto valore sociale di portare a ritrovarsi insieme, durante la riunione del tax credit si discuteva di cinema su Internet o di cinema ancora nelle sale, sicuramente diciamo sala si! La sala si! La sala è fondamentale perché, soprattutto nelle piccole città, la sala è un luogo sociale: la gente esce, va a vedere un film, si ritrova, si parla, sta fuori, poi va a mangiare la pizza. Alle otto di sera c’è spesso il coprifuoco, cioè la gente non esce più, ecco che la presenza di una sala cinematografica svolge un ruolo importante. Un altro ruolo importante è sul piano culturale, non dobbiamo dimenticare una cosa fondamentale: la ripresa in Italia, dopo la Seconda Guerra Mondiale, durante la quale stavamo molto peggio di ora (le città distrutte, i lutti, ecc.) è avvenuta grazie al neorealismo,

questo grande movimento cinematografico e poetico ci ha fatto capire chi eravamo e cosa stavamo facendo, è da lì che si è cominciato a ricostruire questa Nazione. Quindi gli aspetti culturali sono spesso importanti perché determinano pensieri e, diciamo così, sbocchi mentali: purtroppo ormai siamo abituati a vedere solo la televisione, dove ci sono persone che cercano di darti un’idea della realtà; il cinema non è controllabile perché, essendo indipendente, ognuno fa il film che vuole, quindi ti aiutano a capire te stesso, ti aiutano a capire che cosa stai facendo al mondo, ti aiutano a capire tante cose che sono poi altrettanto importanti quanto gli aspetti economici diretti che il cinema produce. E per chiudere, le chiedo, perché mi sembra doveroso, un ricordo di Scaldati. Un altro bel modo di confrontare esperienze diverse che arrivano da linguaggi diversi. Sì, certo. Noi pensiamo al cinema come un’arte in se, ma non è così, il cinema è una somma di arti. Scaldati era un drammaturgo che faceva fondamentalmente teatro, però faceva anche cinema, proprio perché tra le due cose c’è continuità: il cinema nasce dal teatro. Franco Scaldati per me è stato, oltre che un amico, una figura importantissima come padre spirituale, come idea dell’arte, cioè come idea di fare un tipo di arte che parta dai poveri, da chi non ha niente, dagli emarginati, da tutto quel mondo che normalmente non viene raccontato, non viene conosciuto, che vive marginalmente non solo nella società, anche come importanza culturale, perché la nostra è una cultura dove dentro c’è di tutto: c’è la cultura borghese, ma soprattutto c’è, e ci deve essere, la cultura popolare, proletaria, la cultura degli emarginati, dei sottoproletari. E Scaldati ci ha aiutato a capire che cos’è la città di Palermo, che cos’è questo mondo popolare, che non è stereotipato, che è fatto da una varietà incredibile di persone capaci di comunicarci molte cose. È questo ciò che è stato importante e che continua ad essere importante nella sua figura, nella sua arte, nel suo modo di concepire l’arte, il teatro, la drammaturgia. Giulio Cerruto

Sironi e il Commissario Montalbano sul palco di Marzamemi

Alberto Sironi, Regista de “Il Commissario Montalbano”

EURO-MED

FOCUS

Festival di Marzamemi, siamo alla serata conclusiva ed è una serata speciale perché è dedicata regista del “Commissario Montalbano”, il regista Alberto Sironi. Che significa fare Montalbano in una terra del genere? Sono 15 anni che io vengo in Sicilia e c’è una cosa che posso dire chiaramente: della Sicilia ancora dopo quindici anni non ho capito niente, sempre un continuo e meraviglioso mistero. E’ come se ogni volta dovessi ricominciare da capo, però ricomincio volentieri perché trovo la bella gente, soprattutto la gente perché altri reparti sono un po’ più complicati. Che io ami le vostre bellezze lo avrete capito dai miei film, io sono rimasto innamorato, forse perché venivo dal profondo nord e tutto questo non lo conoscevo proprio. Mi sono fatto stupire più di quanto mi stupite voi siciliani che in queste bellezze ci siete calati e non le vedete neanche più. La provincia iblea si è prestata veramente bene come set. È stata una grande fortuna, per noi ma anche per loro. Abbiamo trovato delle cose che francamente all’inizio non immaginavamo nemmeno. Poi continuano a stupirci, il

mio scenografo continua a venire a vedere, trova sempre cose nuove. Anche il calore della gente perché la gente all’inizio quando giravate a Ragusa Ibla ed era necessario cambiare le abitudini della città, la gente vi ha sempre accolto come se eravate di casa All’inizio Ragusa Ibla era vuota, non c’era nessuno. Adesso è viva e devo dire che un po’ di merito ce l’abbiamo anche noi, però per quello che riguarda i rapporti con le persone, la zona di Ragusa è una zona particolare. Tutti i siciliani sono ospitali, ma qui sono contadini, sono più calmi, ci pensano su un attimo, però poi si saldano le amicizie ed io ritorno volentieri qua. C’è qualcosa che la fa stare veramente bene qui? Mi piace mangiare la vostra roba. Mangio bene. Parlo proprio del mangiare di terra: formaggi, il pane, la pasta, il vino. Qui c’è un modo di mangiare che è ancora antico e sano e che mi piace molto. Io sono qua, a “L’isola del gusto”, non vado al ristorante, mi piace mangiare qui, ho mangiato il couscous, un’insalata di pomodorini di Pachino, la mia compagna ha preso un cannolo, io invece ho mangiato un po’ formaggio di

capra e questo meraviglioso “petit verre d’eau”, un vino siciliano che è un capolavoro. Lei diceva bene, Montalbano ha dato tanto alla nostra terra. È stato un volano per la promozione turistica. Noi non siamo molto bravi con il turismo, ma stiamo iniziando a capire che può essere una fonte di sostentamento e di economia. Un bel connubio quello della televisione e del cinema e di tutto ciò che è immagine. Secondo me quello che ancora non ha capito questo territorio è che andrebbe portato a dei livelli d’élite. Il livello popolare è buono, ma voi avete dei luoghi che sono dei resort naturali. Mancherebbe solamente uno scatto che arriverà presto, specialmente con l’apertura del nuovo aeroporto. Io ho fiducia in questa terra perché ogni volta che noi cerchiamo una location, qui ne troviamo tre. È un posto magnifico. Allora con questo ci tranquillizza. Montalbano resta in provincia di Ragusa. Montalbano è nato in provincia di Ragusa e morirà in provincia di Ragusa. Luciano Di Mari


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Daniele Ciprì al Festival di Marzamemi: dalla direzione della fotografia alla regia Daniele Ciprì al Festival di Marzamemi. Siamo reduci da un incontro sul tax credit durante il quale abbiamo affrontato tematiche un po’ particolari per quanto riguarda il cinema e chi ne è appassionato, tematiche che riguardano il sostegno finanziario ed economico, ma anche la situazione dell’Italia. A che punto siamo? Dovremmo chiedere all’Italia a che punto siamo, nel senso che noi siamo lavoratori dello spettacolo, siamo un’azienda, siamo un’industria che fa arte, quindi siamo sempre in attesa di qualcuno che ci possa dare una mano, un sostegno sui finanziamenti. Il tax credit è assolutamente qualcosa che ci aiuta tantissimo, aiuta più che altro i produttori delle nostre opere, che hanno molte difficoltà; se riusciamo, poi, ad essere venduti all’estero è anche meglio. Nel mio caso io ho girato molto all’estero, abbiamo venduto il prodotto in parte e quindi per i produttori è un rientro, anche dal punto di vista dell’immagine; quindi spero che questa cosa continui un po’ per tutti, non solo per alcuni autori fortunati. Lei inizia come direttore della fotografia e anche con un bel riconoscimento: un David di Donatello, no? Si, io mi sono sempre dedicato all’immagine, intesa come cinema, lavoro molto spesso con dei colleghi e ultimamente mi è successo di lavorare con un grande maestro come Marco Bellocchio, decidendo di buttarmi a fare nuove esperienze. E’ una scuola, per certi versi, quindi continuerò sempre a farlo, anche se sto preparando il mio film. Perché adesso ci lanciamo nella regia, ci siamo già lanciati con un altro bel riconoscimento a Roma, no? Si abbiamo finito di girare È stato il figlio, un film ambientato a Palermo, tratto dal libro di Roberto Alajmo, non girandolo a Palermo. Ecco, questa è una nota dolente, lo dobbiamo dire,

perché “non girandolo a Palermo”? Perché non è arrivato il sostegno della Regione Sicilia? Io a questo proposito non ho mai voluto fare polemiche perché c’era una difficoltà, in quel periodo, di cambio politico. Sicuramente non voglio essere diplomatico, hanno dei torti, ma io già avevo in mente di ambientare il film in un altro luogo, dal punto di vista dell’immagine pur ambientandolo a Palermo, quindi pensavo, addirittura, di girarlo in Ucraina. E l’esperienza in Puglia? L’esperienza in Puglia è stata straordinaria, grazie alla Film Commission Puglia, che, poi, credo sia una creatura della Trinacria. È una delle esperienze più belle che ho fatto, oltre a Torino con Vincere, perché ci sono persone che amano il cinema e una Film Commission che funziona da Dio, mentre a Palermo credo che ci sia un disastro assoluto. Passando da qualcosa di un po’ triste, perché stiamo parlando di qualcosa che non funziona nella nostra terra e si aggiunge a tante altre cose che, nonostante le potenzialità, non sono, poi, fiore all’occhiello della nostra economia e della nostra cultura. Le volevo invece chiedere di passare a qualcosa di più significativo per tutti noi: vorrei chiederle un ricordo di Scaldati, ne stiamo parlando, è scomparso da poco qui a Marzamemi, si sta facendo anche un ricordo. Dovuto il riconoscimento a Franco, perché Franco Scaldati è stata una persona che non ha avuto, ahimè, fortuna con il cinema, pur avendo un’immagine pazzesca. Io e Franco Maresco l’abbiamo utilizzato ne Il Ritorno di Cagliostro e l’abbiamo registrato attraverso dei suoi testi. Era un grande drammaturgo palermitano, credo gli sia dovuto un riconoscimento. Quando ho saputo della sua scomparsa ho sofferto tantissimo, perché avrei voluto fare tanto con lui e ho rubato tanto da lui, anche con Franco Maresco. Per chiudere un pensiero ai giovani. Si è detto che

Daniele Ciprì, Regista Daniele Ciprì, Regista l’industria cinematografica è quella sulla quale, in realtà, si investe meno, anche nello Stato italiano, ma è quella che, poi, dà più lavoro, incide sul PIL in maniera notevole e gran parte del mondo che lavora nel cinema è un mondo giovanile. Si, sicuramente. Io sto facendo dei percorsi, in questo momento, in alcune scuole e vedo un grandissimo interesse, siamo sostenuti, tra l’altro, dai finanziamenti europei e delle regioni. In questo caso sto lavorando con la Regione Lazio, sto facendo un corso, e vedo moltissimo interesse, che ben venga. Però bisogna stare molto attenti: bisogna non strappare, non tarpare le ali del sogno perché questo mestiere è fatto di illusioni, di sogni, di grande entusiasmo e l’entusiasmo viene tolto quando c’è l’economia di mezzo, quando ti danno dei limiti, allora quei limiti non li devi conoscere. Credo che sia un mestiere, anche se in fin dei conti non lo è del tutto. Io ogni tanto dico una frase: bisogna ammalarsi per fare questo mestiere, è una malattia della lucidità. Giulio Cerruto

Lucia Sardo ai politici: la Sicilia ha bisogno di festival A Marzamemi con Lucia Sardo, ma non è un caso perché a Marzamemi Lucia Sardo è affezionata. Non mi sbaglio? No, non ti sbagli, soprattutto perché qui ho una casa, che, però, è venuta dopo, anche grazie a questo Festival, con il quale ho potuto veramente innamorarmi di questa zona. Grazie al Festival ho girato un film qui d’inverno, durante il quale questo posto è ancora più bello; per cui ho preso una piccola casa. Che cos’è il Festival? Che cosa veramente riesce a trasmettere alla gente? Sentiamo pareri positivi da parte di tutti, c’è un’atmosfera magica che si respira Questa piazza è magica per cui tutto quello che viene fatto qui, se è di qualità, ravviva, rinforza questa magia. Io ripeto sempre, da anni, che se i nostri politici fossero lievemente intelligenti, non bisogna essere dei geni, capirebbero che la Sicilia ha bisogno di festival; ha bisogno di questo perché la gente, appena arriva, si innamora, però i nostri politici, purtroppo, sono impegnati in tutt’altre cose. Tanti anni di carriera e tanta esperienza, qual è l’aspetto che l’ha segnata di più, l’esperienza che le ha fatto capire qualcosa di più, anche legata alla sua vita lavorativa? È chiaro che il film I cento passi ha segnato la mia vita da un punto di vista cinematografico, dal punto di vista teatrale tutto quello che c’è prima. Io non ho fatto teatro tradizionale, vengo da una scuola molto dura: tutte le mattine, per anni, ho fatto quindici kilometri di footing e dieci ore di training al giorno, quello mi ha formato e mi ha insegnato quello che oggi so. In molti mi dicono che sono modesta, in questo lavoro la modestia non è un optional, è una dote, al contrario del mondo aggressivo e sgomitante di adesso. Più si è modesti, più si è amati dai maestri; io avevo bisogno di essere amata dai maestri e diventavo ogni giorno sempre più modesta e piccola. E in questo c’è anche il sacrificio, il rigore, la ga-

vetta. Sai, il sacrificio non te lo faccio dire perché se uno ama quello che fa non è mai un sacrificio. Io dico alle tante persone che mi seguono che la cosa difficile è trovare la propria strada, però la si deve cercare, perché quando la si trova non no si farà fatica perché camminare sulla propria strada è sempre gradevole. È camminare su una strada imposta, sulla strada degli altri che è faticosissimo. Nel sacrificio io intendevo anche i tempi d’attesa perché, purtroppo, adesso molti giovani che intraprendono questa carriera amano bruciare i tempi anche perché ci sono dei mezzi che propon-

Lucia Sardo, Attrice gono meccanismi più veloci. Mi fai una domanda a cui sono felice di rispondere perché ho una scuola, o meglio un laboratorio, di recitazione. L’anno scorso è venuto un ragazzo che mi chiedeva qualcosa di veloce, allora gli ho risposto che io non sono la maestra del “veloce” perché è come fare il pane e riempirlo di lievito: chiaramente sarà bellissimo e gonfio, ma fa venire il mal di pancia. Però, siccome era un bel ragazzo, io gli ho detto che era perfetto per i programmi di Maria De Filippi, quindi gli ho di andare a Roma, di frequentare quell’ambiente, di farsi vedere; li non c’è biso-

gno di studiare, visto che non si deve essere , ma solo belli, e lui lo era. Ho continuato dicendogli che se nel tempo di cinque anni sarebbe stato disperato e depresso, non sarebbe dovuto venire da me. Io volevo insegnarli a dipingere la Cappella Sistina, lui, invece, voleva un rullo per pittare una casaccia, ma se lui non aveva ambizioni, doveva andare a fare quello. A proposito di ambizioni, qual è il prossimo lavoro che l’aspetta? Oltre a recitare io scrivo. L’anno scorso ho scritto per lo stabile di Catania un bel testo, non perché l’ho scritto io, ma perché sono belle le storie. Questo testo, La nave delle spose, racconta le storie delle spose “per procura”, ragazze che si sposavano e andavano oltreoceano per incontrare uomini che nemmeno conoscevano. Ora sto continuando a scrivere e ho già un paio di soggetti. E la scrittura che valore aggiunto dà? Perché scrivere è una bellissima esperienza: ci si conosce di più e permette di scoprire il mondo. Scrivere è una cosa affascinantissima perché si crea un mondo e si decide il destino, si diventa la “divinità”: qualche volta si vuole essere più buoni e clementi, altre volte meno. Quindi si gioca, ci si affeziona ai propri personaggi, li si ama, li si sostiene, li si incoraggia. Per chiudere un consiglio per i giovani. Un consiglio per i giovani, classicissimo, che ho già dato prima, è quello di fare la propria strada, però bisogna capire qual è perché ci sono molti desideri indotti, che non sono realmente i nostri come la fama, la televisione come se li ci fosse il “paese delle meraviglie”, ma non è così. Il rovescio della medaglia è molto pesante: i ritmi sono davvero frenetici, ci si dimentica che esiste anche l’anima, l’ambiente non è dei più belli e sani. Quindi scoprite la vostra strada, metteteci un po’ di tempo, ma quando l’avrete scoperta volerete! Giulio Cerruto


Cinema e Tax credit in Sicilia

dalla logica dell’assistenzialismo a quella di mercato al 13° Festival di Marzamemi Il 13° Festival del Cinema di Frontiera di Marzamemi non è solo corti, documentari e lungometraggi, ma anche un’occasione di incontro tra registi, attori, addetti ai lavori del mondo del cinema e dell’audiovisivo. Una realtà dai numeri a tanti zeri a partire dai professionisti e dalle maestranze che il cinema, e l’audiovisivo più in generale, circuita ogni volta che viene messo in produzione un film o un prodotto video. Ciò nonostante, in Italia, non si riesce a vedere nel cinema un’industria a tutti gli effetti che produce risultati non solo in termini di fatturato, ma anche di benefici per tutto l’indotto che gravita attorno alla macchina da presa. Un’industria culturale che può e deve competere a pari merito con le altre forme di “industria”. All’indomani dell’annunciata decisione del Governo di tagliare il finanziamento di 90milioni previsto per il tax credit a 40milioni con il conseguente abbandono da parte degli invitati del tavolo di concertazione voluto dal Ministro alla Cultura, a Marzamemi è stato organizzato un tavolo di confronto e proposta. Presenti i principali addetti ai lavori ed esponenti del mondo del cinema e dell’audiovisivo siciliano e non solo. L’appuntamento si è svolto alla Loggia di Villadorata sabato 27 luglio alle 19, all’interno della 13° edizione del Festival internazionale del Cinema di Frontiera di Marzamemi. L’incontro, dal titolo “Cinema impresa e territorio. Cinema e tax credit in Sicilia, nuove possibilità di intervento nel campo delle produzioni e manifestazioni audiovisive”, è stato moderato dalla giornalista Michela Giuffrida e ha visto la presenza del direttore della Film Commission Pietro Di Miceli, il sindaco di Pachino Paolo Bonaiuto, l’avvocato Diana Rulli esperto in tax credit, Fabio Montesano in rappresentanza del Coordinamento regionale dell’Ordine dei dottori commercialisti ed esperti contabili e Tonino Palma rappresentante della Confederazione nazionale artigiani, oltre alle sigle che rappresentano il cinema italiano: Pasquale Scimeca per l’Anica, Sino Caracappa per l’Amec e Roberto Andò per 100 Autori. Promosso dal Festival internazionale del Cinema di Frontiera, l’incontro ha mirato a fare incontrare i soggetti che ricercano finanziamenti per il cinema con gli imprenditori (e i loro commercialisti) che possono utilizzare il tax credit per investimenti sul cinema, ma anche per stilare un documento ufficiale condiviso da proporre al governo affinché possa essere ripristinato il fondo del tax credit per il cinema e per istituire un tavolo tecnico per verificare se la Sicilia, quale regione a statuto speciale, possa ampliare il tax credit nazionale. “Un incontro – ha affermato Nello Correale direttore artistico del Festival nella sua apertura dei lavori – che fa parte di un percorso che è iniziato a Taormina e che terminerà in ottobre a Palermo dove organizzeremo gli Stati generali del Cinema. Il tax credit ha dato ottimi risultati in Italia, ma a macchia di leopardo. Alcune regioni utilizzano il 70% delle risorse mentre altre, tra cui la Sicilia, non le utilizzano affatto. Tra i nostri obiettivi la diffusione informativa del tax credit: attraverso i Festival cinematografici, anche i più piccoli, e attraverso “l’istruzione” dei dottori commercialisti, vero trait d’union con le imprese”. “I Festival – ha affermato Pietro Di Miceli, direttore della Film Commission – sono elementi di unicità perché oltre al cinema rappresentano il mondo del lavoro. Sono molto contento di essere a Marzamemi, in occasione di un Festival che conferma una qualità elevata. Sappiamo tutti che la Regione siciliana sta vivendo un momento di grande ristrettezza economica, ma questi incontri dedicati al tax credit sono necessari per riuscire a stilare una proposta condivisa, da sottoporre all’attenzione dell’Assemblea regionale siciliana. Il 23 ottobre potrebbe essere l’appuntamento specifico tanto atteso che dovrebbe consentire di avere una proposta da consegnare alla parte politica. E’ necessario dunque sopperire ad una carenza

della politica e fare una proposta all’assessore. Noi, tutti insieme, dobbiamo essere da supporto e stimolo affinché la classe politica si impegni a risollevare le sorti del cinema. Solo in questo modo si sarà reso un servizio e dato un contributo.” A spiegare il tax credit nel dettaglio e con grande competenza è stata l’avv. Diana Rulli, esperta in materia. “Il tax credit – afferma la Rulli – è uno strumento finanziario poco conosciuto. Se volete lo si può paragonare ad un festival di frontiera, come questo che ci ospita, perché ha il merito di unire due mondi che comunicano poco: l’industria cinematografica e l’industria tradizionale. Il tax credit è nato nel 2007 (legge Bordon-Carlucci) per dare ulteriori risorse finanziarie al quale il legislatore ha tolto risorse. Ci sono state delle resistenze sotto il governo Prodi; è stato abrogato da Tremonti e dopo la sommossa del mondo del cinema è stato ripreso da Tremonti. L’UE ha sostenuto che fosse considerato come “aiuto di Stato”, di certo un fanalino di coda rispetto a misure importanti già attuate nel resto dell’UE. Il tax credit – continua l’avv. Rulli si rivolge dunque anche risorse esogene e non solo endogene. Un “prodotto” nuovo, dunque, che rappresenta un’eccezione culturale poiché si tratta di vedere nel film un prodotto (come nell’industria),sebbene di natura artistica (fino ad ora non considerato come prodotto).” Le disposizioni sul tax credit - credito d’imposta prevedono la possibilità di compensare debiti fiscali (Ires, Irap, Irpef, Iva, contributi previdenziali e assicurativi) con il credito maturato a seguito di un investimento nel settore cinematografico. Destinatari sono le imprese di produzione e distribuzione cinematografica, gli esercenti cinematografici, le imprese di produzione esecutiva e post-produzione (industrie tecniche), nonché le imprese non appartenenti al settore cineaudiovisivo associate in partecipazione agli utili di un film dal produttore di

quest’ultimo. Il credito di imposta spetta dunque anche all’investitore “esterno” (ovvero diverso dal produttore cinematografico), che fornisce un apporto di capitale alla realizzazione di un film. Si tratta di agevolazioni fiscali che danno all’imprenditore la possibilità di non pagare tutti quei contributi dovuti (F24) e di avere un credito.

“Interessanti i vantaggi per un investitore esterno – continua l’avv. Rulli – perché ha la possibilità di patrimonializzare la propria impresa, il proprio marchio che potrà essere indicato nei titoli del film. Un volano d’eccezione in Italia e in Europa e nei paesi extra europei. L’impatto economico è importante. L’imprenditore non assume i rischi dell’impresa perché si realizza con un contratto e non ha rischi, eventuali perdite non lo riguardano; bensì può beneficiare del 70% degli utili del film. Gli utili hanno una tassazione minima (5%) e si può anche fare product placement, cioè esporre i propri marchi e citare il nome dell’azienda. Va tutto in percentuale in base al budget dell’investimento. (continua a pag.9)

La Normativa del Tax Credit ll credito di imposta “endogeno” (di produzione) può essere chiesto dalle imprese di produzione cinematografica per un 15% del costo complessivo di produzione, anche nel caso di produzioni associate. Nel caso di produzioni con contratti di appalto il credito di imposta spetta sia al produttore esecutivo sia al produttore appaltante. Sono beneficiari del credito d’imposta: Film di nazionalità italiana; Film riconosciuti di interesse culturale dalla Commissione per la cinematografia. Nell’ambito di questi ultimi, la Commissione per la cinematografia può attribuire l’ulteriore qualifica di “film difficile”, ai fini di un maggior livello della soglia di aiuti pubblici e quindi anche dell’entità del beneficio fiscale. Per accedere alle agevolazioni fiscali, le imprese di produzione devono chiedere alla direzione generale per il Cinema il riconoscimento dell’eleggibilità culturale dei film prodotti. I film in oggetto sono sottoposti a un test di eleggibilità. Viene effettuata una specifica istruttoria tecnica. Se entro il mese successivo alla richiesta di riconoscimento non interviene un provvedimento di diniego, il film ottiene automaticamente l’eleggibilità culturale. Condizione fondamentale è il rispetto del vincolo di territorializzazione in Italia che prevede che deve obbligatoriamente essere speso sul territorio nazionale un importo pari ad almeno l’80% dell’entità del beneficio fiscale. Il credito di imposta “esogeno” spetta all’investitore “esterno” (ovvero diverso dal produttore cinematografico) che fornisca un apporto di capitale alla realizzazione di un film, non superiore al 49% del relativo costo di produzione. Il beneficio fiscale è pari al 40% dell’apporto fornito. Se l’investitore esterno che dà un apporto alla produzione è un’impresa di distribuzione, il credito d’imposta è del 20%. E’ necessario che almeno l’ 80% dell’apporto esterno ricevuto sia speso dal produttore del film sul territorio nazionale. Lo strumento giuridico attraverso il quale si può dar seguito all’apporto di capitale è il contratto (tra produttore cinematografico e impresa esterna) di associazione in partecipazione agli utili del film. Nel contratto, gli utili dell’investitore associato non possono superare il 70% degli utili complessivi realizzati dall’opera. Anche alle imprese di distribuzione cinematografica è riconosciuto un credito d’imposta: del 15% delle spese sostenute per la distribuzione nazionale di un film, se riconosciuto di nazionalità italiana e di interesse culturale; del 10% delle spese sostenute per la distribuzione nazionale di film riconosciuti di nazionalità italiana. Gli esercenti di sale cinematografiche possono beneficiare di un credito d’imposta pari al 30% delle spese complessivamente sostenute per: acquisto di apparecchi di proiezione e riproduzione digitale; acquisto impianti e apparecchi per la ricezione del segnale; formazione del personale; ristrutturazione e conformazione delle cabine di proiezione e degli impianti. S.G.


Cinema e Tax credit in Sicilia I contratti sono a forma libera e possono prevedere delle clausole di way out, operazione con pochissimi rischi.” “Ci sono anche dei punti di debolezza – sottolinea l’avv. Rulli - per i quali il meccanismo si inceppa: primo fra tutti lo scetticismo, il pregiudizio culturale dell’imprenditore esterno che nutre diffidenza nell’imprenditorialità del cinema. A seguire l’obbligatorietà dell’uscita in sala dell’opera. Perché è molto complicato per un’opera uscire in sala. Personalmente – contina l’avv. Rulli – in qualità di consulente dei giovani produttori ho proposto di considerare anche l’uscita su Internet. Il Ministero sta valutando tale proposta. D’altronde se si pensa che i beneficiari sono non solo lungometraggi e documentari, ma anche corto per i quali non si prevede l’uscita al cinema non si capisce perché la mia proposta debba trovare eventuali oppositori tra gli addetti ai lavori”. “Il tax credit – prende la parola Fabio Montesano del Coordinamento regionale dell’Ordine dei dottori commercialisti ed esperti contabili – è una leva fortissima perché se lo stato investe 1.000 euro nel cinema, in realtà se ne ricavano 4.000 sul PIL. Grazie al tax credit si è passati da una logica assistenziale a una di mercato. Il contributo il regista se lo deve conquistare. Come è accaduto a “Che bella giornata” di Checco Zalone che è frutto del tax credit. In questo campo banche, assicurazioni, società finanziarie la fanno da padrone. Manca un’impresa manifatturiera del sud che potrebbe trarre una grossa agevolazione. Le banche hanno messo a disposizione le loro migliori sedi come set dei film. Un altro strumento è il Fondo di Garanzia finanziato dal Mediocredito centrale. Il tax credit – continua Montesano – ha anche un ruolo commerciale, perché non serve solo a compensare l’F24 ogni 16 del mese, ma anche ad aiutare il mondo del cinema nel fare la pianificazione dell’investimento per la realizzazione del film. E’ un prodotto medio-lungo che si realizza anche in 24 mesi. Quindi bisogna ben organizzare il business plan.” Anche l’intervento di dottori commercialisti segnala il già ribadito problema culturale per il quale l’imprenditore non vede nel mondo del cinema un’impresa. “Anche il finanziamento del tax credit costituisce un limite alla già delicata realtà del cinema – precisa il dott. Montesano.

Scaduto nel 2012 e rifinanziato nel 2013, per il 2014 dei 90milioni di euro previsti ne sono stati confermati solo 40milioni. Tre parlamentari stanno cercando di impegnarsi per ripristinare la somma prevista, ma non abbiamo ancora certezza. Anche sulla Regione Siciliana – conclude – è necessario fare pressione affinché venga attivato un tax credit siciliano per fare marketing territoriale.” Un altro punto importante è anche legato ad una corretta conoscenza e informazione indirizzata agli imprenditori per aiutarli a superare il pregiudizio legato al cinema. Questo il punto di vista di Tonino Palma, rappresentante della CNA che ha comunicato la recente costituzione del gruppo Comunicazione all’interno dell’associazione degli artigiani. “Questo gruppo – afferma Palma – può essere la cassa di risonanza per far conoscere il tax credit al nostro mondo. La prima occasione utile per fare conoscere questo strumento potrà essere durante la nostra convention di settembre – ottobre a Palermo.” Di deriva di abbandono progressiva da parte della politica ha invece parlato Roberto Andò in rappresentanza di 100 Autori, chiedendo il ripristino di un intervento più razionale del superato assistenzialismo. “È’ sicuramente difficile ritagliare un mercato al cinema, perché la politica non ha posto degli interventi chiari e oggi si trova molto più indietro. Così è accaduto che il tax credit divenisse un’occasione per puntellare il cinema italiano. Certi film non si faranno perché i 45milioni, e non i 90 previsti, fan sì che si facciano ancor meno film. Sicuramente colpendo il prodotto migliore purtroppo – afferma Andò. Il tax credit dà valore e forza alla produzione indipendente ed è per questo che quando alcuni di noi sono stati contattati dal Ministero della Cultura per fare gli Stati generali del cinema, avendo appreso le notizie contraddittorie del Governo abbiamo deciso di abbandonare il tavolo. Perché nonostante ci sia una posizione favorevole nelle intenzioni il Governo afferma subire la negatività di una opposizione interna. A questo si aggiunge – dichiara Andò – la disinformazione pilotata dall’informazione italiana. Il cinema produce numeri interessanti sempre. Al Festival internazionale la sua valorizzazione produce dati che sembrano totalmente in distonia con la linea adottata dalla politica.

Poi c’è anche l’idea incivile che la destra ha propagandato – continua Andò- che il cinema è di sinistra e quindi si è creato un liberismo imbarazzante. Bisogna boicottare occasioni di discussione e puntare a dare massima visibilità a Venezia.” Riagganciandosi alla proposta dell’Avv. Rulli di pensare ad Internet come veicolo di visione dei film Andò aggiunge che bisogna fare una battaglia di civiltà per salvaguardare la sala. La sala è il luogo per definizione del cinema. Altrove è il luogo dove si giocano i soldi del cinema. Qui, in Italia, non si capisce perché il cinema non possa essere un’industria strategica. A sostenere la tesi che il cinema sia un’industria fatta di piccole realtà produttive, indipendenti nella stragrande maggioranza dei casi è Pasquale Scimeca (ANICA). “Un aspetto importante – afferma Scimeca – è che una parte del tax credit è andata alle grosse “aziende”. L’investimento dello Stato nel cinema è il più basso, ma dà un livello occupazionale più alto e riguarda i giovani che sono i professionisti del cinema . Il problema delle sale – continua Scimeca – ha anche una valenza sociale. In paesi deserti la sala permette di uscire, andare a mangiare, diventa centro di aggregazione e muove un indotto”. E’ di pochi giorni la notizia che il fondo previsto per il tax credit è stato ripristinato con l’importo di 90milioni di euro previsti inizialmente. Interpellato Nello Correale, direttore artistico del Festival, ha dichiarato che “la notizie, seppur positiva, è sicuramente una “non notizia” che invece ha avuto una risonanza spropositata da parte dei media. La vera notizia sarebbe stato un aumento di investimento per la cultura e il cinema. Non la restituzione di quanto già previsto.” Stefania Garrone

Guia Jelo e la sua proposta a sostegno del cinema e dei corto Al Festival di Marzamemi Guia Jelo, un’attrice che conosciamo e che abbiamo il piacere di apprezzare non solo al cinema, ma anche in televisione. Lei è un’attrice che viene regolarmente qui perché io so che è un’amica del Festival. Si, adesso un’amica intima, dopo l’anno scorso che il Festival non si è tenuto. È un festival che mi dà un grande calore. Mi hanno già fatto questa domanda e vorrei rispondere anche a voi in questo modo: al ritorno a casa porto molta speranza perché sono ammirata dal comportamento degli organizzatori dei vari settori, molto attenti ai talenti, alle persone che non abbiamo appoggi politici, alle persone che non abbiamo risorse nepotistiche e costituzionali. Sono molto attenti alla qualità e hanno un occhio particolare per noi siciliani. Ho notato la grande attenzione nel fare le selezioni, l’essere selettivi in maniera molto artistica. Per la vera arte si fanno molti sacrifici e si lotta e poi si hanno queste risposte, che sono dei piccoli traguardi, che ti fanno respirare, ti danno l’ossigeno, che danno senso a tutte le tue fatiche. È questo, per me, il Festival di Marzamemi. Inoltre amo questo Festival perché, nonostante il periodo, sento lo stesso l’odore sparso degli animali, l’odore della natura, il profumo della zagara, del gelsomino; questo Festival è fatto così: è un Festival semplice di persone che ti incontrano col cuore. Quando le persone mi chiedono di poter fare una foto insieme, è un po’ faticoso stare dietro tutti, ma mi commuovo perché ho faticato molto per arrivare dove sono; le mie risposte sono Andrea De Falco, Nello Correale, sono queste le risposte che cercavo e che ho avuto e mi vengono dalla Sicilia, da

questo mare. Mi fa anche molto piacere come, sia il Festival sia le istituzioni locali, trattano i turisti, con grande amore e attenzione. Si, perché il Festival sta dando tanto anche al territorio. Lei è qui, non soltanto perché è un’affezionata al Festival, ma anche perché presenta un cortometraggio. C’è una sezione di cortometraggi veramente deliziosa. La sezione cortometraggi è curata e seguita con una grandissima professionalità e una grandissima attenzione alla qualità dei cortometraggi scelti. Però io non sono qui solo per questo: sono qui per Alberto Sironi, sono stata a festeggiarlo, ma non tanto io: la vedova, la pecora de Il ladro di merendine, questa mia grande tappa televisiva e allora Nello Correale mi ha voluto come una sorpresa per il pubblico, spero piacevole. Ero molto emozionata e ho raccontato degli episodi del mio incontro con Sironi, molto pittoresco. C’era anche Angelo Russo, è stata una serata molto divertente. In realtà poi sono stata invitata a rimanere perché sono co-protagonista o, per meglio dire, antagonista nel corto di Mario Spinocchio; sono la voce interiore, sempre comica. Ne L’impunito, la storia di un gigolò che ha delle crisi mistiche, faccio una prostituta dolente, ma allo stesso tempo molto comica. Amo molto questo corto sebbene i primi venti secondi mi hanno sempre preoccupato perché è una commedia spinta. È prodotto da Rossella Izzo e Antonio Chiaramonte.

Cosa si augura per i corto, il cinema, i giovani? Spero ci siano dei circuiti del cinema, visto che il cinema è in crisi. Anche il cortometraggio di Francesco Maria Attardi con Francesca Fero, Cristina Zumbo, di cui conosco lo stile, quindi mi fido, merita perché sono stati fatti sforzi enormi, sacrifici, rinunce, battaglie. Quindi lancio quest’appello: mi chiedo se, tramite quest’organizzazione di giovani di Marzamemi, si possa dare attenzione, grazie a qualcuno di importante, a qualcuno di questi corto, soprattutto a quelli che vincono, nei circuiti cinematografici, magari al posto della pubblicità, che tanto è sempre meno. Allora magari inseriti insieme ai promo degli altri film, nelle sale cinematografiche che proiettano film americani, considerato che sono i più visti; trasmettere una serie di cortometraggi a livello regionale. Cercherò di chiedere alle istituzioni questo perché facciamo molti cortometraggi con tanti sacrifici. Giulio Cerruto


La Presenza di AIF al Festival di Marzamemi a cura di Umberto Iacono

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Proiezione film

Proiezione film

Chiacchiere sotto il Fico

2009

L’Orchestra di Piazza Vittorio di Agostino Ferrente, presente

PA.RA.DA di Marco Pontecorvo con Evita Ciri protagonista

Musica, parole e … immagini con Nello Correale, Sebastiano Gesù Intervengono Sergio Di Giorgi (AIF) resp.FilForFest (BO) Evita Ciri, Agostino Ferrente, Lucia Sardo, Vittorio Canavese (sez. cinema), Umberto Iacono

2010

Eva e Adamo Di Vittorio Moroni presente

Rataplan con l’intervento di Maurizio Nichetti

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Un posto migliore c’è con Egle Doria ed Emanuele Puglia

2011

L’Amore buio di Antonio Capuano Ospite d’onore a cui si dedica tutta la retrospettiva del Festival

Lo spazio bianco Di Francesca Comencini con Margherita Bui in collegamento telefonico

con Umberto Iacono e Antonio Capuano in collegamento con Valeria Golino protagonista del film L’Amore buio

Intercultura con Elio Vera, responsabile AIF internazionale Teatro d’Impresa con Paolo Verniani presenti

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2012

2013

Scialla di Federico Bondi collegato telefonicamente con Bentivoglio, protagonista La Seconda natura Docu-film di Marcello Sannino presente

Terra Documentario Associazione “Civita” con Nanda D’Amore

Presentazione del libro Intercultura e internazionalizzazione con Umberto Iacono e Claudio Saita

Pièce teatrale -------

Il Conto delle lune di Marina Doria con Egle Doria ed Emanuele Puglia

La prima giornata AIF con La Seconda Natura (continua da pag. 1)

Sannino ha già alle spalle opere quali il pluripremiato “Corde”, sul pugile di Montesanto Ciro Pariso (premiato nel 2009 al Torino film festival, Bellaria, Salina docfest), e “L'ultima Treves” (2004), sullo sfratto della storica libreria da via Toledo. “Il film prende le mosse dallo sfratto dei trecentomila preziosi volumi della biblioteca dell’85enne avvocato Marotta, trasferiti a Casoria – afferma il regista Sannino. Trecentomila volumi raccolti negli anni da destinare ad una biblioteca pubblica e che invece non hanno ancora avuto una giusta e meritata collocazione. In realtà allo sfratto in sé sono dedicati giusto pochi secondi. Il racconto fotografa una vita appassionata, lo spirito determinato ed impetuoso di un uomo artefice di numerose lotte, il suo pensiero filosofico, storico e politico legato alla città alla quale appartiene. Insiste molto sull’Italia e sulla occasione perduta di darsi uno “Stato” basato sul valore condiviso del bene comune. Mi sembrava fondamentale – continua Marcello Sannino - far emergere con forza il rigore della passione civile, impregnata di rettitudine, capacità di perseguire un obiettivo fino alle estreme conseguenze. Mi affascinava poi l’idea che in Marotta il privato sia da considerarsi pubblico, a dispetto di qualunque carica istituzionale.” Affascinante e lucida l’analisi e la spiegazione storica che Gerardo Marotta, intellettuale e filosofo di fama internazionale, riesce a dare della deriva culturale e del declino politico dell’Italia contemporanea. Location del docufilm sono l’Istituto e la casa dell’avvocato (sempre visitata dai giovani studiosi che operano a Monte di Dio) e Parigi, dove Gerardo Marotta è stato premiato con la legion d’onore. E poi le immagini di repertorio delle Teche Rai e dell’Istituto Luce con un omaggio al filosofo Ga-

damer, al quale l'Istituto di Studi filosofici deve tanto. “Delle 120 ore di girato – continua Sannino - il risultato è concentrato in sessantatre minuti, densi di spunti di riflessione ed idee, sollecitazioni e proposte. Il titolo, “La seconda natura” riprende una riflessione hegeliana per cui la seconda natura è quella a cui l'uomo deve tendere. Gli animali, le piante nascono e sono già quel che devono essere. Noi siamo gli unici esseri viventi che dobbiamo formarci per essere”. Un concetto che l’avvocato ripete spesso perché per lui è solo attraverso la filosofia che l'uomo si migliora, che assume una "seconda natura". L'avvocato giacobino ha dato e dà ancora tanto e ha anche ricevuto, oltre a tanti onori anche tante delusioni. A partire dalle promesse (soprattutto di finanziamento) mai rispettate, anche dallo Stato, per finire con lo sfratto dei libri. Ciò nonostante non è pessimista, perché diversamente a Napoli non avrebbe realizzato nulla; piuttosto è gramsciano. Di sicuro deve i suoi innumerevoli risultati all’ottimismo della volontà. Cuore di tutto il suo pensiero: i giovani e la cultura, quella vera naturalmente, quella infarcita di filosofia. L’avvocato-filosofo lotta da oltre mezzo secolo per tutelare e promuovere un’idea di Cultura basata sulla conoscenza, il pensiero e il dialogo, unici strumenti attraverso i quali educare le giovani generazioni. Perché, come afferma l’avvocato Marotta, “non c’è pace senza cultura. La spontaneità è anarchia, dispersione. La rivoluzione si fa solo studiando.” Stefania Garrone

Hanno Collaborato:

Trascrizione interviste video Stagisti Giulio Cerruto Luciano Di Mari Interviste Giornalista Stefania Garrone Riprese e montaggio Giorgio Pitino Ottimizzazione testi Stefania Garrone Foto Giulio Cerruto Le interviste sono visibili su www.euromedfocus.altervista.org Cliccando La nostra Web Tv Il presente giornale è scaricabile da www.euromedfocus.altervista.org


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