CULTURA NONPROFIT Introduzione all’Associazionismo culturale per l’arte contemporanea in Italia.

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Eugenia Delfini

CULTURA NONPROFIT Introduzione all’Associazionismo culturale per l’arte contemporanea in Italia.

Università IUAV di Venezia Facoltà di Design e Arti Corso di Laurea Specialistica in Progettazione e produzione delle arti visive a.a. 2008-2009 Relatore: Pier Luigi Sacco Correlatore: Giorgio Tavano Blessi

Progetto grafico: Nicola Nunziata Venezia, marzo 2010



INDICE Premessa 1 1. Introduzione all’associazionismo nonprofit 4 1.1 Origine del termine – 1.2 Origini storiche – 1.3 Il passaggio dal Welfare State al Welfare Mix – 1.4 Definizione– 1.5 Tratti caratteristici e finalità comuni – 1.6 Forme giuridiche

2. Le associazioni nonprofit culturali in Italia: dati emersi dal campione 18 2.1 Che cos’è l’associazionismo culturale? – 2.2 Le motivazioni e gli obbiettivi 2.3 La programmazione culturale – 2.4 Le caratteristiche comuni – 2.5 Le dimensioni 2.6 Il circuito di appartenenza – 2.7 La tipologia di pubblico coinvolto – 2.8 Il rapporto con le Istituzioni pubbliche e private – 2.9 Il ruolo delle onp straniere a confronto con quello delle onp italiane riguardo la promozione degli artisti emergenti

3. La situazione economico-finanziaria del nonprofit culturale in Italia 39 3.1 I finanziamenti – 3.2 Il ritardo culturale italiano nell’attività di fund raising 3.3 Le categorie di sostenitori privati potenzialmente coinvolgibili – 3.4 Prospettive del fund raising

4. Considerazioni emerse dal campione 52 4.1 Ricapitolando – 4.2 Le debolezze dell’associazionismo culturale – 4.3 Il senso dell’associazionismo culturale in una prospettiva di sviluppo culturale

5. Casi Studio 60 neon>campobase (Bologna, 1981), Careof (Milano, 1987), Viafarini (Milano, 1991), Zerynthia (Roma, 1991), a.titolo (Torino, 1997), Base (Firenze, 1998), Darth (Bologna, 2003), Crac (Cremona, 2003), Progetto Isole (Palermo, 2004), 1:1projects (Roma, 2006), eventoarea (Reggio Calabria, 2007), Chan (Genova, 2008).

Appendice: Come costituire un’associazione nonprofit Bibliografia Ringraziamenti



Premessa

La ricerca è un’introduzione all’associazionismo culturale italiano, un’indagine parziale delle realtà indipendenti attive nell’ambito artistico-culturale nate sul territorio nazionale a partire dagli anni Ottanta. La tesi ha lo scopo di fornire una panoramica di questo fenomeno, di informare il pubblico della metodologia di ricerca che le associazioni svolgono e del ruolo fondamentale che all’interno del sistema dell’arte contemporanea rivestono. Attraverso l’analisi qualitativa e sistematica di dodici casi studio selezionati, l’osservazione empirica delle loro caratteristiche peculiari e l’analisi giuridico-finanziaria, la ricerca intende dare un quadro generale di ciò che oggi intendiamo per cultura nonprofit: un approccio etico alle risorse culturali, senza scopo di lucro, che crede nel valore della collaborazione interdisciplinare, della condivisione e della messa in rete delle proprie competenze, della elaborazione di formati alternativi a quelli ufficiali e della responsabilità nei confronti dello sviluppo morale e culturale della società attuale. Le forme organizzate indipendenti credono fermamente nella cultura intesa come motore di sviluppo morale e crescita economica della società italiana e considerano l’attività culturale azione volta a strutturare e consolidare l’identità del paese. Dopo aver svolto una mappatura delle organizzazioni presenti sul territorio nazionale, ne ho selezionate dodici che rispondevano a questi criteri: -

Forma giuridica: enti giuridicamente riconosciuti come “associazioni nonprofit”

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Età: organizzazioni nate almeno da due anni

-

Locazione: situate sul territorio italiano nei capoluoghi o nelle province principali

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Ambito di ricerca: Arte Contemporanea

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-

Orientamento culturale: associazioni che nella loro mission specificano di occuparsi principalmente di promozione, formazione, visibilità e mobilità dei giovani artisti

-

Territorio: associazioni il cui operato ha avuto una ricaduta “utile” sul territorio

-

Circuito di appartenenza: associazioni attive a livello nazionale

-

Spazio: con o senza spazio espositivo indifferentemente

-

Riconoscimento: associazioni il cui operato è conosciuto ed apprezzato dalla maggior parte dei operatori culturali appartenenti al contesto dell’arte.

Per la ricerca è stata utilizzata una bibliografia sul settore nonprofit grazie alla quale è stato

possibile

ricostruire

le

componenti

giuridiche

ed

economiche

specifiche

dell’associazionismo culturale; sono stati inoltre richiesti degli specifici materiali alle singole associazioni per approfondire maggiormente la comprensione della struttura, degli obbiettivi e della ricerca delle nonprofit interessate:

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la propria mission;

-

un report delle attività svolte dall’anno di fondazione dell’associazione ad oggi;

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un report economico-finanziario in cui specificare di quali finanziamenti l’associazione ha beneficiato durante la sua attività e da quale tipologia di ente erogatore;

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delle immagini descrittive dello spazio e dei progetti.

Ogni associazione ha avuto la possibilità di “raccontarsi” senza dover aderire a nessuna struttura predefinita, prendendosi la responsabilità di una propria presentazione editoriale. Oltre a questi materiali ho effettuato una breve intervista per ogni associazione che permettesse di affrontare certe tematiche non emerse dai materiali curati dagli enti; nelle interviste email, sono stati trattati diversi argomenti: le motivazioni della scelta di essere nonprofit, il lavoro dell’operatore culturale, i benefici sociali dell’attività culturale, il ruolo di formazione e promozione della giovane arte italiana, i finanziamenti e le proposte utili a sollecitare il sostegno e il riconoscimento dello Stato verso il settore nonprofit. Attraverso la metodologia di osservazione empirica dei materiali e la lettura di articoli in pubblicazioni e riviste specializzate sul fenomeno sono infine stati individuati i tratti principali delle organizzazioni selezionate, come: la struttura gestionale, i caratteri metodologici comuni, la programmazione culturale, il circuito di appartenenza, il rapporto

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con le Istituzioni pubbliche e private, il pubblico a cui si rivolgono e il ruolo delle associazioni riguardo la promozione della giovane arte del paese. Lo studio è stato affiancato anche dalla consultazione di siti web e database nei quali è stato possibile approfondire i sistemi di gestione dei team, l’attività di networking, l’impatto sul territorio locale e nazionale. Riassumendo gli strumenti usati per questa ricerca sono stati:

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pubblicazioni specializzate sul settore nonprofit,

-

articoli specifici in riviste d’arte contemporanea cartacee e online,

-

materiali redatti dalle associazioni descrittivi del loro profilo,

-

interviste brevi,

-

database e siti web,

-

video e audio registrazioni di conferenze sul tema.

La tesi si presenta così divisa in cinque sezioni: la prima parte introduce alla storia e alle caratteristiche principali dell’associazionismo nonprofit italiano; la seconda invece si focalizza nello specifico sull’associazionismo culturale attivo all’interno del sistema dell’arte contemporanea e riporta i fattori condivisi emersi dal campione delle organizzazioni italiane selezionate; la terza parte descrive per sommi capi la situazione economico-finanziaria delle organizzazioni nonprofit; la quarta sezione trae le conclusioni rispetto le debolezze e le potenzialità del senso dell’associazionismo culturale, ed infine la quinta presenta i documenti redatti dalle dodici associazioni nonprofit. Questo studio cerca di raccogliere e approfondire criticamente materiali e conoscenze riguardo le realtà nonprofit italiane con lo scopo di fornire uno strumento di informazione, divulgazione

e

comprensione

riguardo

l’associazionismo

culturale

per

l’arte

contemporanea in Italia, e si rivolge a chiunque sia interessato ad approfondire la progettazione e la produzione culturale nell’ambito del nonprofit.

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1. Introduzione all’associazionismo nonprofit

1.1 Origine del termine Nella lingua latina il verbo proficere significa avvantaggiare, beneficiare, “profit” è la forma contratta della terza persona singolare del verbo, il termine “non profit”, di origine anglosassone, è ormai in uso anche in tutte le altre lingue e sta per “non profit organisations”, in riferimento a quegli enti che operano senza avere per fine primario il conseguimento del profitto (il termine scientificamente più usato è, infatti, “not for profit”). Diverse sono le opinioni sul modo di scriverlo il termine in uso: no profit, non profit, non-profit o non profit, “mentre le prime due dizioni vanno rifiutate come semplici errori di inglese tanto la terza che la quarta sono in uso negli Stati Uniti e assumo significati lievemente diversi: non-profit, con la negazione non davanti staccata, identifica il settore in una accezione negativa, come mancato perseguimento dei profitti; nonprofit, al contrario, viene di solito interpretato come definizione “in positivo” che riconosce il settore dal resto dell’economia per pluralità di caratteri che possiede non condivise da altre organizzazioni.”1

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Barbetta G. P, Maggio F (a cura di) Nonprofit: il volto nuovo della società civile, Il Mulino, Bologna 2008, pag.10

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1.2 Origini storiche La tradizione anglosassone del settore nonprofit è molto antica, le prime organizzazioni nonprofit (onp) nacquero nei primi anni del Seicento con il nome di charitable organisations. L’atto del 1601 chiamato Statue of Charitable Law non ne specifica le caratteristiche giuridiche ed organizzative ma ne elenca le finalità come: il sostegno alla povertà, il progresso della religione e dell’educazione e altre finalità da cui la comunità tragga beneficio. In Italia l’equivalente delle charities anglosassoni sono le Opere Pie, soggetti di matrice religiosa attive prevalentemente nell’ambito della sanità e dell’educazione, espressioni della Chiesa e dei cittadini per le condizioni di vita dei più sfortunati: “Nel 1861 se ne contano 18.000 e i servizi sanitari, assistenziali ed educativi che esse forniscono sono assai superiori a quelli erogati dalle istituzioni pubbliche.”2 In un primo tentativo da parte dello Stato di ridurre l’influenza cattolica sulla vita pubblica, nel 1866 il parlamento approva una legge per la soppressione di circa 1.800 ordini e congregazioni religiose e per la confisca dei loro beni quali parrocchie e chiese locali. Nel 1867 con una seconda “legge eversiva” vengono espropriate 25.000 istituzioni di matrice religiosa assegnate in seguito alle autorità locali per ospitarvi scuole, ospedali e istituzioni assistenziali. Il 17 luglio del 1890 con la nota Legge Crispi sulle istituzioni pubbliche di beneficenza (n’6972), dal nome del presidente del Consiglio allora in carica, prese il via il processo di trasformazione giuridica delle Opere Pie di natura privata in Ipab, Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza; con questa Legge si avviò la costituzione dello “Stato Etico” in cui si perseguono le finalità nell’interesse dello sviluppo sociale ed economico dei cittadini. Il processo di trasformazione giuridica delle Opere Pie in Ipab termina in seguito nel 1923 sotto il Regime Fascista, ma già dopo soli sei anni, nel 1929 con la stipulazione del Concordato tra Stato e Chiesa cessano le ostilità tra le due istituzioni e le organizzazioni private cattoliche rimaste riniziano ad essere considerate alla stregua di quelle pubbliche. Accade che per molto anni il sistema normativo previsto dalla Legge Crispi rimane immutato fino al primo gennaio del 1948 quando con l’entrata in vigore della Costituzione entra in crisi. Infatti, se l’art.1 della Legge Crispi disponeva che tutte le realtà assistenziali devono essere pubbliche:

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Barbetta G. P, Maggio F (a cura di) Nonprofit: il volto nuovo della società civile, Il Mulino, Bologna 2008, pag.28

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Sono istituzioni di beneficenza soggette alla presente legge le Opere Pie ed ogni altro ente morale che abbia in tutto o in parte per fine: a) di prestare assistenza ai poveri, tanto in stato di sanità quanto di malattia; b) di procurarne l'educazione, l’istruzione, l'avviamento a qualche professione, arte o mestiere, od in qualsiasi altro modo il miglioramento morale ed economico. La presente legge non innova alle disposizioni delle leggi che regolano gli istituti scolastici, di risparmio, di previdenza, di cooperazione e di credito. L’art.38 della Costituzione italiana riconosce invece la libertà dell’assistenza privata: Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all'assistenza sociale. I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria. Gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento professionale. Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato. L'assistenza privata è libera. È stato allora necessario rivedere la posizione delle Ipab per risolvere quest’incongruenza generatasi tra i due articoli, incongruenza risolta solo nel 1988 quando la Corte Costituzionale ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art.1 della Legge Crispi che di fatto proibiva la prestazione di servizi assistenziali da parte di soggetti privati. Inseguito a tale sentenza è stata anche emanata una direttiva specifica per chiarire quali erano le Ipab che possono assumere la persona giuridica di diritto privato (Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 16 febbraio 1990). Dieci anni dopo, nel 2000, è stata emanata la legge quadro per la realizzazione di un sistema integrato di interventi e servizi sociali (n’328) che dedica un intero articolo, il quinto, al ruolo del terzo settore, senza tuttavia definirlo compiutamente: Art. 5: Ruolo del terzo settore 1. Per favorire l’attuazione del principio di sussidiarietà, gli enti locali, le regioni e lo Stato, nell’ambito delle risorse disponibili in base ai piani di cui agli articoli 18 e 19, promuovono azioni per il sostegno e la qualificazione dei

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soggetti operanti nel terzo settore anche attraverso politiche formative ed interventi per l’accesso agevolato al credito ed ai fondi dell’Unione europea. 2. Ai fini dell’affidamento dei servizi previsti dalla presente legge, gli enti pubblici, fermo restando quanto stabilito dall’articolo 11, promuovono azioni per favorire la trasparenza e la semplificazione amministrativa nonché il ricorso a forme di aggiudicazione o negoziali che consentano ai soggetti operanti nel terzo settore la piena espressione della propria progettualità, avvalendosi di analisi e di verifiche che tengano conto della qualità e delle caratteristiche delle prestazioni offerte e della qualificazione del personale. 3. Le regioni, secondo quanto previsto dall’articolo 3, comma 4, e sulla base di un atto di indirizzo e coordinamento del Governo, ai sensi dell’articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59, da emanare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con le modalità previste dall’articolo 8, comma 2, della presente legge, adottano specifici indirizzi per regolamentare i rapporti tra enti locali e terzo settore, con particolare riferimento ai sistemi di affidamento dei servizi alla persona. 4. Le regioni disciplinano altresì, sulla base dei principi della presente legge e degli indirizzi assunti con le modalità previste al comma 3, le modalità per valorizzare l’apporto del volontariato nell’erogazione dei servizi. A fianco a queste istituzioni secolari ve ne sono molte di più giovani “si tratta di quella parte del settore nonprofit italiano che ha visto la luce cento anni or sono, con la nascita e lo sviluppo del movimento dei lavoratori: società di mutuo soccorso, cooperative di consumo e produzione, associazioni politiche e sindacati.”3 Si trattava di organizzazioni cittadine nate per rispondere ad alcuni bisogni sociali fondamentali che oggi, o sono state sostituite dall’azione dell’amministrazione pubblica, o si sono trasformate in organizzazioni “di mercato” come buona parte del settore della cooperazione di produzione e consumo. Oltre a queste istituzioni la storia del nonprofit italiano è molto recente e può essere fatta risalire al secondo dopoguerra quando si sviluppa il fenomeno dell’associazionismo solidaristico e partecipativo fatto di gruppi di volontariato, di comitati, di cooperative sociali “creati dal desiderio di contare e incidere in prima persona sul contesto sociale, culturale, civile ed economico del nostro paese.”4

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Barbetta G. P, Maggio F (a cura di) Nonprofit: il volto nuovo della società civile, Il Mulino, Bologna 2008, pag.26 Ibidem

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Fino all’Ottocento dunque le istituzioni che precorrevano il settore nonprofit sono per lo più rappresentate da enti che svolgono attività di beneficenza e assistenza ai soggetti emarginati ed è solo in un periodo più recente coincidente con la nascita del movimento operaio e contadino che inizia a svilupparsi quella parte del settore nonprofit di natura mutualistica organizzata in associazioni e cooperative. “Queste tre anime: una istituzionale e caritatevole, una seconda partecipativa e mutualistica e una terza partecipativa e solidaristica, continuano a convivere nel settore nonprofit italiano e si fondono in un insieme talvolta complesso e difficile da decifrare in cui si contemperano cambiamento e tradizione.”5

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Barbetta G. P, Maggio F (a cura di) Nonprofit: il volto nuovo della società civile, Il Mulino, Bologna 2008, pag.27

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1.3 Il passaggio dal Welfare State al Welfare Mix “L'area dei servizi alla persona” può essere considerata la culla del settore nonprofit, il luogo che ha dato origine a molte organizzazioni. Per molti secoli l'azione delle istituzioni private si è strettamente legata con l'evoluzione del ruolo delle politiche pubbliche attive nell'ambito dei servizi alla persona, come abbiamo visto infatti "molte organizzazioni nonprofit hanno infatti anticipato il servizio pubblico nelle aree della sanità, dell'assistenza e dell'istruzione, alcune sono nate come sito di carità individuale, altre come strumento per l'esercizio di una missione laica o religiosa, altre ancora per soddisfare esigenze di tipo mutualistico."6 Tra la fine XIX e il XX secolo lo sviluppo delle ordinate politiche pubbliche ha portato alla marginalizzazione di molte di queste istituzioni e al loro progressiva sostituzione con i servizi pubblici; si è assistito pertanto alla realizzazione di politiche che hanno fatto dell'amministrazione pubblica il fornitore quasi esclusivo di servizi alla persona, punto di arrivo di un processo che ha accompagnato la nascita e l'evoluzione dello Stato nazionale moderno. Il termine "Welfare State", "Stato del benessere" (1945-1980), viene utilizzato a partire dal secondo dopoguerra per designare un sistema socio-politico-economico in cui la promozione della sicurezza, del benessere sociale ed economico dei cittadini è assunta dallo Stato, nelle sue articolazioni istituzionali e territoriali, come propria prerogativa e responsabilità. Nel secondo dopoguerra, grazie alla forte ripresa economica, la maggior parte dei paesi capitalisti muove a passi veloci nell'edificazione del Welfare State, che raggiunge la sua massima estensione in Svezia e nei paesi nordici. In Italia, a partire dal primo governo di centro-sinistra (1962-1963) si assiste a una forte crescita di leggi, istituzioni e politiche che configurano un vero e proprio Stato sociale. Tre sono i caratteri di forte innovazione che il modello di Welfare State presentava7: 1) un ventaglio ampio e crescente di servizi e di prestazioni pubbliche; 2) prestazioni tendenzialmente universalistiche ed ugualitarie e non più selettive; 3) garanzie di assistenza e di previdenza considerate come estensione dei diritti di cittadinanza.

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Barbetta G. P, Maggio F (a cura di) Nonprofit: il volto nuovo della società civile, Il Mulino, Bologna 2008, pag.70

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Colozzi I, Bassi A, Da terzo settore a imprese sociali. Introduzione all'analisi delle organizzazioni non profit, Carocci 2003, pag.224

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L'apice sarà raggiunto alla fine degli anni 1970 quando i ritmi di espansione del Welfare State diventano incompatibili con un contesto economico profondamente segnato dalla recessione; in questi anni si assiste progressivamente a un forte aumento nel numero e nella dimensione degli apparati pubblici, dominati da logiche burocratiche e clientelari, al tempo stesso inefficienti e inadeguati. Oltretutto i maggiori benefici di questo costosissimo apparato, gravante sulle spalle di tutti, e quindi anche sui ceti più poveri, non sono andati per lo più ai veri bisognosi, bensì ai redditi della classe media da cui proviene la burocrazia che gestisce il sistema. L'interventismo statale, sempre più onnipervasivo e irrispettoso dei propri limiti, arriva inoltre a mortificare la libertà di iniziativa e la capacità di rischiare, provocando una progressiva deresponsabilizzazione delle persone e della società. Parallelamente alla crescita abnorme di una macchina burocratica sempre più inefficiente e inefficace si è andata così dilatando la spaventosa voragine del debito pubblico, che affligge il bilancio della Repubblica Italiana, congiunta a una pressione fiscale iniqua e insostenibile. Negli anni Ottanta si è arrivati al punto per cui “lo Stato non era più in grado di gestire direttamente tutti o la gran parte dei servizi, il suo nuovo compito assegnatogli era quindi di concentrarsi sulla formulazione delle garanzie e sulla regolazione delle interazioni fra i diversi attori privati.”8 È allora che avviene il passaggio da un “Stato di Benessere (Welfare State)” in cui la gestione e la produzione di servizi alla persona è quasi esclusivamente affidata al sistema pubblico a un “Sistema Misto (Welfare Mix)” in cui convivono all'interno della società Istituzioni sia pubbliche sia private nelle quali iniziano ad emergere nuovi tipi di soggetti, che incominciano a giocare un ruolo essenziale accanto a quello dello Stato e del Mercato: gli individui come cittadini e come consumatori di servizi; le forme organizzate di tutela dei cittadini e le diverse organizzazioni del terzo settore impegnate nella produzione dei servizi, ossia collettivi o gruppi associati che si danno forma giuridica privata, nati con lo scopo di supportare e complementare attraverso servizi e attività di natura sociale, i bisogni e i diritti della società civile abbandonata dall’assenza assistenziale dello Stato in crisi economica. È così che se “Il trend storico dell’evoluzione del sistema italiano di sicurezza e protezione sociale è andato nella direzione di limitare il ruolo delle organizzazioni nonprofit, gli anni più recenti sembrano però mostrare un’inversione di tendenza. La cosiddetta “crisi fiscale dello Stato” negli anni Settanta ha spesso indotto la pubblica amministrazione ad affidare 8

Colozzi I, Bassi A, Da terzo settore a imprese sociali. Introduzione all'analisi delle organizzazioni non profit, Carocci 2003, pag.231

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ad organizzazioni private la gestione di alcuni servizi”9 riducendo progressivamente il suo intervento e rivalutando il ruolo dell'iniziativa privata, sia in campo economico sia sociale. Negli ultimi trent'anni lo Stato ha dunque iniziato a rivalutare il ruolo e le potenzialità delle organizzazioni nonprofit nell'erogare servizi, affidando loro il compito di complementare l'azione statale, attivando in questo modo un processo che prevede l'integrazione degli enti privati a quelli pubblici. Ma perché è accaduto ed è ancora in atto questo passaggio di sistema? Le istituzioni pubbliche hanno riscontrato diverse difficoltà rispetto la gestione ed erogazione dei servizi per i cittadini per due motivi principali: 1) La crescita elevata della spesa necessaria a finanziare l'erogazione dei servizi: l'incremento dei costi nella produzione pubblica di servizi alla persona è stata imputata a diversi fenomeni tra cui "il cambiamento di alcuni fattori demografici cruciali per l'equilibrio di un sistema welfare, come ad esempio il rapidissimo processo di invecchiamento della popolazione che ha contribuito grandemente ad accrescere la spesa sanitaria e assistenziale"10, oppure a causa dell'aumento dei costi riguardanti l'introduzione dell'utilizzo di tecnologie sempre più sofisticate per il miglioramento della offerta che ha comportato incrementi della pressione fiscale difficilmente accettabili da parte dei cittadini. 2) La crescente insoddisfazione dei cittadini per la quantità e la qualità dei servizi offerti dal sistema di welfare pubblico: "pur in presenza di una spesa pubblica elevata, talune inefficienze delle unità pubbliche fornitrici di servizi generano talvolta l'incapacità dell'offerta di soddisfare la domanda e producono perciò meccanismi di razionamento particolarmente odiosi per i cittadini, come le code e le liste di attesa."11 Le prestazioni pubbliche fanno difficoltà ad adattarsi ad una società che esprime una domanda sempre più variegata e che rifiuta trattamenti standardizzati, i cittadini di conseguenza lamentano questa inefficienza e trovano nelle organizzazioni nonprofit un possibile sostituto al servizio pubblico.

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Barbetta G. P, Maggio F (a cura di) Nonprofit: il volto nuovo della società civile, Il Mulino, Bologna 2008, pag.31 Ivi, pag.72 11 Ibidem 10

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Nasce dunque l'esigenza di nuovi servizi che l'ente pubblico non è attrezzato a erogare, "la vera sfida consiste nell'escogitare modelli di fornitura di servizi sociali, sanitari ed educativi che rispondano ad esigenze diverse, talvolta in contrasto tra loro che mostrino un grado elevato di solidarietà nei confronti di soggetti che versano in stato di bisogno, che stimolino la presenza di una pluralità di fornitori che siano altresì in grado di fornire servizi di elevata qualità e che, contemporaneamente, abbiano un costo ragionevole."12 Per far fronte a queste necessità si è fatto ricorso alle organizzazioni nonprofit. Le istituzioni non a scopo di lucro sembrerebbero essere capaci di risolvere queste difficoltà lper la scarsa probabilità per cui dovrebbe essere indotte a peggiorare la qualità di ciò che vendono, per la loro capacità di conseguenza di suscitare il necessario grado di fiducia nei potenziali clienti, ed anche per la loro propensione ad incontrare il favore dei così detti "elettori mediani", coloro che "stanno in mezzo" tra i diversi membri di una popolazione. Ma “la realtà in sostanza è che in Italia l’assetto del Welfare Mix presenta più vincoli ed ostacoli che non opportunità per una crescita del terzo settore che possa essere definita “reale” che si traduca in un pieno riconoscimento del suo “ruolo societario” e della sua autonomia operativa entro un sistema di partnership che veda coinvolti tutti gli attori della comunità: Stato, mercato, terzo settore e reti informali.”13

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Barbetta G. P, Maggio F (a cura di) Nonprofit: il volto nuovo della società civile, Il Mulino, Bologna 2008, pag. 74 Colozzi I, Bassi A, Da terzo settore a imprese sociali. Introduzione all'analisi delle organizzazioni non profit, Carocci 2003, pag. 261

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1.4 Definizione di associazione nonprofit Il settore nonprofit denominato anche terzo settore, rappresenta quell’insieme di soggetti organizzativi di natura privata che operano senza scopo di lucro volti alla produzione di beni e servizi a destinazione pubblica o collettiva. Secondo la definizione “strutturale/operativa”14 elaborata per caratterizzare il settore, devono essere considerate come nonprofit quelle organizzazioni che: - sono formalmente costituite - hanno natura giuridica privata - si autogovernato - non possono distribuire profitti a soci e dirigenti - sono volontarie, sia perché l’adesione non è obbligatoria, sia perché sono in grado di attrarre una certa quantità di lavoro gratuito - sono organizzazioni democratiche Secondo questa definizione vengono dunque escluse tutte “le organizzazioni informali” prive di statuto e le società cooperative che violano il vincolo di “non distribuzione dei profitti”. “Dal punto di vista economico possiamo distinguere due grandi tipi di organizzazioni: quelle che vivono prevalentemente grazie alle donazioni che ricevono e quelle che invece vendono i beni e i servizi che producono.”15 Le prime potremmo definirle “redistributive”, non creano “valore aggiunto” e si limitano a ripartire ai bisognosi le risorse che a loro vengono donate; le seconde organizzazione invece sono delle vere e proprie imprese il cui scopo è quello di fornire servizi da vendere a clienti privati o pubblici. Da un punto di vista delle finalità esistono invece altri due grosse tipologie di organizzazioni nonprofit: le mutual benefit che perseguono prevalentemente l’interesse dei propri membri, come nel caso di un club riservato ai soli soci, e le public benefit invece votate al miglioramento del benessere della società in generale o alla vita di alcuni soggetti esterni all’ente.Infine da un punto di vista giuridico le organizzazioni si differenziano anche per forme di governo che utilizzano, ma questo lo vedremo nel particolare tra qualche paragrafo.

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Barbetta G. P, Maggio F (a cura di) Nonprofit: il volto nuovo della società civile, Il Mulino, Bologna 2008, pag.16 Ivi, pag.18

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1.5 Tratti caratteristici e finalità comuni L’associazionismo comprende il vasto mondo delle organizzazioni civili attive in ogni ambito della vita collettiva, le organizzazioni che ne fanno parte sono espressione della volontà dei cittadini e della società civile, “rappresentano una vera e propria “palestra” di democrazia e di partecipazione, nonché un’espressione di pluralismo.”16 Stefano Cima e Gian Paolo Barbetta, economisti esperti in terzo settore, sintetizzano in quattro punti i tratti salienti e caratteristici del nonprofit italiano17 rilevati dal primo Censimento del settore nonprofit effettuato nel 1999 dall’Istat:

1) La vocazione, in linea con gli altri paesi europei, al servizio sociale: il terzo settore italiano evidenzia la sua vocazione prevalentemente assistenziale, un tratto che l’accomuna a paesi come Austria, Francia, Germania e Spagna e lo differenzia dal sistema statunitense e olandese concentrati sul servizi sanitari e da quello britannico, belga e irlandese coinvolti principalmente sul settore educativo.

2) La dicotomizzazione tra un ridotto gruppo di grandi organizzazioni economicamente molto strutturate e un insieme di realtà di piccole dimensioni: in Italia si evidenzia un forte contrasto tra il numero elevato di piccole organizzazioni (83,6%) che non ha dipendenti e si basa esclusivamente sul volontariato e un basso numero di istituzioni (0,7%) che fanno uso di personale

dipendente;

se

le

prime

sono

fondamentali

per

garantire

partecipazione, solidarietà e democrazia, le seconde sono assai rilevanti nell’erogare servizi e di conseguenza generare occupazione.

3) Il rilievo delle entrate private e l’elevato grado di commercializzazione: i dati del Censimento evidenziano la vocazione commerciale del settore, come in Spagna e negli Stati Uniti le risorse private superano significamene le metà delle entrate complessive delle nostre organizzazioni nonprofit.

4) La scarsità delle donazioni: un altro dato emerso è rappresentato dall’esiguità delle donazioni, l’Italia risulta il paese con il minor rapporto tra donazioni ed entrate complessive del settore: 3,3% contro una media del 12,5% degli altri paesi.

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Barbetta G. P, Maggio F (a cura di) Nonprofit: il volto nuovo della società civile, Il Mulino, Bologna 2008, pag.13

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Barbetta G. P, Cima S, Zamaro N (a cura di), Le istituzioni nonprofit in Italia: Dimensioni organizzative, economiche e sociali, Il Mulino, Bologna 2003, pag.151

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Per quanto riguarda invece le finalità, ogni organizzazione persegue gli obbiettivi statutari (detti anche mission o buona causa) stabiliti nello statuto, ma se volessimo sintetizzare gli scopi che accomunano il terzo settore italiano potremmo guardare a questa sintesi delle “funzioni tradizionali ed emergenti”18 del settore nonprofit che ha elaborato Nadio Delai che per anni si è occupato di socio-economia:

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Tutela dei diritti e promozione sociale di particolari gruppi di popolazione: una delle prime finalità per cui si sono sviluppate le organizzazioni nonprofit è la necessità di proteggere e tutelare persone e beni, ossia di favorire processi di auto-aiuto, di integrazione sociale e di dar voce a chi non ha voce,

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Anticipazione o sperimentazione di nuovi servizi o interventi: il nonprofit è un laboratorio di innovazione e di nuova progettualità, nascendo dal tessuto sociale manifesta una capacità profetica o anticipatrice nel dare voce ai bisogni dei cittadini,

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Produzione stabile e continuativa di servizi all’interno del Welfare Mix: il settore si sta specializzando sempre di più imparando ad operare in modo parallelo a quello dello Stato e a contribuire a integrare i servizi pubblici e del mercato. Il nonprofit non ha più un ruolo marginale ma con una propria specifica progettualità ha lo scopo di far emergere i bisogni diffusi e di tradurli in servizi utili compensando in questo modo le debolezze dell’attività statale,

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Allargamento della base produttiva: il terzo settore presenta potenzialità occupazionali ed economiche significative, in questi ultimi due decenni c’è stato un aumento quantitativo notevole di organizzazioni nonprofit che hanno successivamente differenziato le loro capacità di intervento, di conseguenza è cresciuto il loro contributo al prodotto interno lordo e all’occupazione. Nel 2001 l’ultimo censimento Istat ha notato che il settore sfiora i 600.000 lavoratori.

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Diffusione della cultura della solidarietà, della partecipazione, della cittadinanza attiva: le organizzazioni sono altruistiche, solidali e basate sul volontariato, gli individui che ne fanno parte non vivono al loro interno una situazione lavorativa gerarchica “verticale” ma una condizione di reciproca parità “orizzontale” che stimola i singoli individui ad essere solidali l’uni con gli altri.

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Delai N (a cura di), Valutare il non profit: per una misurazione condivisa delle attività associative, Mondadori, Milano 2005, pag.24

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1.6 Forme giuridiche Il settore nonprofit è costituito da un insieme ampio e variegato di organizzazioni che si differenziano per dimensione, struttura organizzativa e forma giuridica, nonostante ciò non esiste un sistema di leggi che ne raccolga in maniera unitaria la normativa, esiste un insieme composito di leggi cresciute in maniera disorganica e tutt’ora prive di un’adeguata sistematicità contenute in parte nel libro I del Codice Civile alla quale poi sono stati aggiunti numerosi provvedimenti successivi di natura ordinamentale (tesi a regolare alcune particolari categorie) o fiscale (mirati a regolare i rapporti tra alcune organizzazioni nonprofit e il fisco) confluiti nella legislazione speciale. “La scelta del nostro paese di riconoscere singolarmente le diverse anime ed entità del terzo settore è caso unico in Europa,”19 non è un caso che ha fronte di questa normativa di riferimento frammentata e disciplinata in modo precario molti studiosi chiedano allo Stato di elaborare un testo unico per il nonprofit che comprenda le diverse peculiarità del settore e gli conferisca dignità sistemica. Alle diverse forme giuridiche del settore nonprofit il libro I del Codice Civile dedica gli articoli che vanno dal 14 al 42. Le associazioni insieme alla fondazioni e ai comitati, sono le forme giuridiche previste dal Codice per gli enti senza scopo di lucro:

-

L’associazione: è un organizzazione costituita da un gruppo di persone (minimo tre) che si uniscono per perseguire uno stesso scopo “ideale”. Secondo il Codice Civile può essere riconosciuta o non riconosciuta: “con il riconoscimento ottenuto dallo Stato o dalle Regioni, l’associazione acquista personalità giuridica a tutti gli effetti ed è in grado di firmare contratti e obbligazioni, di rispondere con il proprio patrimonio degli obblighi sottoscritti e, se necessario, di comparire in giudizio. Al contrario, nelle associazioni non riconosciute, è il presidente che risponde personalmente, anche dal punto di vista patrimoniale, degli obblighi sociali.”20

19

Delai N (a cura di), Valutare il non profit : per una misurazione condivisa delle attività associative, Mondadori, Milano 2005, pag.22 20 Barbetta G. P, Maggio F (a cura di) Nonprofit: il volto nuovo della società civile, Il Mulino, Bologna 2008, pag.34

16


-

La fondazione: la fondazione ha disposizione un patrimonio (costituito da beni mobili e immobili) da destinare a una o più scopi “ideali” ed è un istituzione

che

obbligatoriamente

deve

essere

sempre

riconosciuta

dall’amministrazione pubblica. A seconda dell’attività svolta si distinguono due tipologie di fondazioni: quelle “di erogazione” (grant-making) che distribuiscono le rendite del proprio patrimonio a soggetti terzi in forma di erogazione; e quelle “operative” che anziché distribuire i frutti del patrimonio svolgono direttamente attività funzionali al perseguimento dei propri scopi.

-

Il comitato: è una sorta di “associazione temporanea” di persone che perseguono uno scopo definito e raggiungibile in un arco di tempo limitato.

Oltre a queste tipologie di organizzazioni, è stata prodotta negli ultimi decenni un’ampia legislazione speciale che ha contributo a complicare le cose; al suo interno troviamo le norme riguardanti organizzazioni che si distinguono per forma giuridica e scopi statuari, soggette a tassazione e a ordinamento fiscale differente: le organizzazioni di volontariato (l. n°266/1991), le organizzazioni non governative - Ong (l. n°49 /1987), le cooperative sociali (l. n°381/1991), le fondazioni ex bancarie (l. n°461/1998), le associazioni di promozione sociale (l. n’383/2000), le associazioni non lucrative di utilità sociale - Onlus (l. n°460/1997) e le imprese sociali (d.lg. 155/2006).

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2. Le associazioni nonprofit culturali in Italia. Dati emersi dal campione

2.1 Che cos'è l’associazionismo culturale? All’interno dell’ambito artistico-culturale e, in particolare all’interno del Sistema dell’arte contemporanea italiano, sono nate tra gli anni Settanta ed oggi un discreto numero di associazioni senza scopo di lucro con lo scopo di operare in maniera indipendente dalle Istituzioni pubbliche e di sviluppare una cultura del progetto multidisciplinare e sperimentale. I collettivi nonprofit rispondono al bisogno di sentirsi indipendenti da una serie di dinamiche istituzionali e alla volontà “di sganciare la presentazione delle opere dall’ufficialità che pertiene, seppur in modi differenti, sia alle mostre in galleria sia a quelle organizzate in spazi pubblici istituzionali”21 per creare le condizioni per cui sia possibile fare un’esperienza dell’arte informale. “Al momento del loro moltiplicarsi, in effetti erano portatori di una politica precisa: ribellarsi alle norme non scritte del sistema dell’arte,”22 fermi su questa posizione di dissenso, i primi gruppi indipendenti sperimentano nuove forme di comunicazione e trasmissione dell’arte, favoriscono pratiche partecipative e di collaborazione interdisciplinare configurarandosi come laboratori aperti all’interno dei quali poter maturare e autopromuovere la propria ricerca. Fondare un’associazione nonprofit è un modo di accedere da un ingresso alternativo al sistema dell’arte, ed anche come la possibilità di creare una realtà indipendente che operi parallelamente ad esso, significa avere la possibilità di portare avanti il punto di vista che più si reputa valido e allo stesso tempo creare un progetto senza centro, aperto alle collaborazioni e incentrato su una pratica collettiva e co-autoriale, con l'intenzione di lavorare condividendo le proprie abilità per sviluppare progetti dedicati alle arti visive. 21 22

Vettese A, Artisti si diventa, Carocci editore, Roma 1998, pag.125 Ibidem

18


Solo verso la fine degli anni Ottanta i gruppi informali hanno iniziato a darsi una struttura legale, passando da uno stato informale a uno formalmente riconosciuto, questo perché con il passaggio dal Welfare State al Welfare Mix lo Stato ha iniziato a riconoscere queste forme di organizzazione autogestita ed ha cominciato ad elaborare una legislazione giuridica e fiscale che cercasse di definirle a livello legislativo e di garantirgli dei vantaggi fiscali. Oggi queste organizzazioni hanno età diverse, sono sparse in maniera disorganica sul territorio nazionale e sono generalmente costituite da gruppi di lavoro composti da giovani volontari fortemente motivati provenienti da studi umanistici o discipline affini, impegnati nella realizzazione di progetti per la promozione e la ricerca artistica contemporanea italiana ed internazionale. Queste organizzazioni operano in modo parallelo e complementare al settore pubblico, elaborando progetti alternativi di alto livello qualitativo che il servizio pubblico o non dispone nella sua programmazione o non è in grado di fornire, ma nonostante rappresentino un elemento chiave nel sistema dell'offerta culturale e sociale, “il loro ruolo viene ancora considerato marginale perché chi è preposto alla politica culturale in Italia è spesso privo delle informazioni sufficienti per potere operare in modo professionale, oltre a non avere adeguati strumenti critici e intellettuali per leggere e analizzare la complessità del nostro tempo.”23 Le associazioni culturali invece hanno un ruolo fondamentale per quanto riguardo la ricerca, lo studio e l’analisi di nuove metodologie di sistemi di progettazione e produzione culturale, sono potenziali strumenti di sviluppo di forme pluralistiche di comunicazione della cultura per la crescita sociale, intellettuale e culturale del paese, ponendosi nel ruolo di mediatori e promotori artistici, alimentano l’identità culturale del territorio e dei cittadini e “si configurano come pentole in ebollizione continua dove germinano le idee, animati solitamente dalla coscienza che una posizione periferica nel mondo dell’arte può rivelarsi strategica, così come “l’attivismo sui margini” nei contenuti oltre che nei luoghi.”24

23

24

Sossai M.R. in Delfini E (a cura di), Not for profit, just for culture, giornale pubblicato sul portale di Teknemedia.net Vettese A, Artisti si diventa, Carocci editore, Roma 1998 pag.125

19


2.2 Le motivazioni e gli obbiettivi Tra le motivazioni che inducono un gruppo di persone a fondare un’organizzazione non a scopo di lucro, la prima è certamente il sentimento misto tra il voler perseguire una passione e il bisogno di soddisfare una necessità immanente, determinata dal voler raggiungere in maniera collettiva e collaborativa uno scopo ideale che sia espressione del proprio contesto culturale. Oltre a questa “motivazione ideale” esistono un’altra serie di motivazioni di “natura pluralistica e creativa” rintracciabili nelle mission delle organizzazioni. Le piattaforme sperimentali si impegnano nella realizzazione di progetti per la promozione e la ricerca artistica contemporanea italiana e internazionale, con lo scopo di sostenere la pratica artistica e la formazione e la produzione dei progetti dei giovani artisti. Oltre a volersi porre come mediatori tra gli artisti e il sistema, come laboratori nel quale stimolare lo sviluppo delle capacità artistiche dei più giovani, le onp culturali sono dunque impegnate in una serie di attività comuni come: garantire la distribuzione di arte e saperi, promuovere network e collaborazioni, offrire un’ampia rete di servizi di documentazione per gli artisti e il pubblico e favorire lo scambio e il confronto nelle arti visive. Gli strumenti e le iniziative principali attraverso i quali perseguono questi obbiettivi sono l’organizzazione di eventi espositivi, l’archiviazione di materiali di ricerca e di portfolii d’artista, lo sviluppo di attività formative e didattiche, talks, seminari, workshop, residenze per artisti, servizi di orientamento e consulenza. Occupando un ruolo a metà strada tra mediazione culturale e distribuzione, le organizzazioni culturali sviluppano progetti formativi e informativi nel tentativo di costruire uno spazio di ricerca che sia capace di immaginare nuove forme di dialogo, ricezione e diffusione dell’arte e della cultura contemporanea. Si propongono come luoghi di studio, visione, ascolto e discussione, come spazi dove promuovere e divulgare le diverse pratiche artistiche, concentrandosi sul lavoro delle generazioni emergenti. I loro scopi base possono essere sintetizzati in questi tre punti:

1. Sostenere e promuovere la creatività artistica generando occasioni di confronto che non facciamo parte dell’ambito ufficiale,

2. Elaborare formati innovativi per la formazione dei giovani artisti e l’informazione di un pubblico specializzato e non, 3. Promuovere la circolazione delle idee attraverso la condivisione, lo scambio e il confronto aperto. 20


Le organizzazioni nonprofit, in quanto iniziative democratiche, si pongono come obbiettivo quello di divulgare e sostenere il messaggio artistico come potenziale innovatore della società contemporanea: esprimono dunque la volontà programmatica di costituire in sé un punto di riferimento rispetto ad un’area disciplinare vasta come può essere la cultura contemporanea, animate non solo dalla volontà di promuovere la diffusione dei valori della cultura e dell’arte, ma anche di valorizzare le risorse presenti e soprattutto di contribuire a realizzare una vera crescita della società e del territorio. “Troppo spesso si dimentica quanto la cultura sia importante nel favorire processi di acquisizione identitaria, per creare individui consapevoli, responsabili, partecipativi. In una società estremamente complessa come quella contemporanea, l’arte è una scorciatoia formidabile per definire l’identità delle persone e la qualità della cultura incide profondamente sulla qualità del nostro vivere. È per questo che, per noi, sostenere la cultura ha prima di tutto un valore sociale, di servizio al cittadino, nel fornire strumenti di conoscenza e di competenza necessari a sviluppare uno spirito critico autonomo, senza dimenticare che i processi educativi sono processi reciproci e aperti.”25 Alla base della buona causa di ogni associazione c’è dunque la consapevolezza del fatto che “la cultura può avere quindi un effetto importante sul benessere percepito, dove risulta ben integrata nei modelli di uso del tempo della popolazione residente, e quindi in ultima analisi dove esistono politiche culturali attive che sviluppano la competenza culturale dei residenti.”26 I centri nonprofit credono nei benefici immateriali della cultura, investono in economia della conoscenza, elaborano nuove politiche culturali e ci offrono gli strumenti necessari per accrescere la nostra capacità critica ed intellettuale. “La cultura agisce come un vero e proprio ‘agente sinergico’ che inquadra i singoli interventi in una ridefinizione complessiva dell’identità del sistema urbano e delle comunità che lo abitano,”27 pertanto la cultura va considerata “soprattutto per le nuove opportunità che sa aprire all’interno del sistema delle interdipendenze sociali e produttive.”28 Alcune associazioni, partendo da questi presupposti hanno fatto dell’arte lo strumento attraverso cui contribuire “a una trasformazione responsabile della società” sviluppando “progetti creativi al fine di stimolare il dialogo tra le persone che appartengono a diversi background culturali, politici o religiosi, e di costruire una solida rete fra soggetti che 25

26

Associazione eventoarea di Reggio Calabria, cit. tratta dalla Mission sul sito www.eventoarea.com Sacco P. L, La cultura del benessere. Chi investe il tempo libero in mostre, libri o musica aumenta la sua percezione di salute, Nova, Sole24Ore online, 9 luglio 2009

27

Sacco P. L. (a cura di), Cultura e Creazione del valore, Processi formativi e nuovi modelli di sviluppo per le economie postindustriali, Rubbettino, Soveria Mannelli (CZ) 2004, pag.21 28 Ivi, pag.22

21


intendono confrontarsi e risolvere questioni sociali attraverso l’arte e la creatività.”29 Questo approccio di stampo sociologico all’arte e al suo utilizzo risulta particolarmente interessante rispetto il valore e il ruolo che l’oggetto culturale occupa oggi nella nostra società, considerato non più soltanto per le sue caratteristiche estetiche ma per il suo valore di agente attivo e rappresentativo di una comunità. Infine, è interesse di tutte le associazioni culturali stimolare processi di confronto e scambio creando rapporti di collaborazione tra gli operatori di settore (artisti, galleristi, critici, ecc.) ed i gli Enti locali, pubblici e privati preposti alla promozione e alla diffusione della cultura contemporanea quali musei, fondazioni, gallerie, università, accademie e istituzioni culturali. Questa interazione produce un vero e proprio senso di appartenenza nei confronti delle iniziative, sia da parte delle Istituzioni, in termini di sostegno alla realizzazione, sia da parte del pubblico, in termini di partecipazione, attraverso uno stretto e leggibile legame con il territorio e in particolar modo crea una larga catena di rapporti e scambi ideativi indirizzati alla configurazione di una nuova politica culturale che riconosca il ruolo svolto dalle associazioni per lo sviluppo, la promozione e la diffusione della ricerca e della cultura artistica contemporanea.

29

Love Difference, cit. tratta dal sito www.lovedifference.org

22


2.3 La programmazione artistico-culturale I membri delle organizzazioni stabiliscono solitamente una programmazione annuale o semestrale; questo piano organizzativo dovrebbe rispecchiare gli obbiettivi e la metodologia stabiliti nello statuto ed è fortemente dipendente dal budget economico che l’associazione ha a disposizione, proveniente in parte dai finanziamenti pubblici annuali e da quelli che riesce a procurarsi da altri committenti privati; per questo la maggior parte delle onp culturali si trovano ad operare costantemente in una situazione di incertezza e di insicurezza che le costringe a fare ogni volta una programmazione a breve termine. Le organizzazioni svolgono principalmente attività volte da un lato alla promozione della scena emergente in Italia, con personali e collettive finalizzate a sostenere la ricerca dell’ultima generazione, e dall’altro lato volte ad offrire una finestra sulla scena artistica internazionale; oltre a queste attività di tipo espositivo, le nonprofit hanno contribuito a sensibilizzare il pubblico alla comprensione del complesso codice dell’arte attuale organizzando iniziative didattiche e di formazione come: workshop per dare ai giovani l’opportunità di lavorare con artisti che hanno un’esperienza consolidata; conferenze, incontri e presentazioni di nuovi progetti e pubblicazioni; e visite guidate rivolte agli studenti dei licei, delle Università e degli Istituti di formazione curatoriale. Altra attività portante di alcune associazioni è la raccolta e la diffusione di documentazione sugli artisti emergenti, in questi anni si sono costituiti diversi archivi portfolii o materiali d’artista e altrettante biblioteche specializzate in storia dell’arte contemporanea che hanno supportato ed integrato l’offerta di servizi culturali statali. La programmazione artistico-culturale dunque si avvale della gestione di iniziative espositive, educative e di archiviazione, della sperimentazione di nuovi formati, strategie di comunicazione e di metodologie attraverso le quali attivare i progetti.

23


2.4 Le caratteristiche comuni Le organizzazioni nonprofit sono istituzioni di benessere che concorrono alla crescita sociale, morale ed anche economica del nostro paese. È possibile riassume in alcuni tratti caratteristici i benefici che apportano le onp sia al livello sociale sia economico: Sono contesti favorevoli per lo sviluppo della relazionalità cooperativa: le onp sono strumenti di mobilitazione collettiva, sistemi di aggregazione solidale operanti attraverso la progettazione integrata e l’attività compartecipativa. Il lavoro orizzontale, e non gerarchico di gruppo, è la forza dell’organizzazione, ogni membro offre le sue capacità alla collettivo compensando le competenze di cui non dispongono gli altri e viceversa, in questo senso la compartecipazione all’interno dell’associazione e la collaborazione con soggetti esterni, determina il funzionamento del sistema autogestito; i membri non scelgono di utilizzare le loro qualificazioni professionali come strumento di discriminazione elitaria ma sviluppano nuove forme di relazionalità cooperativa “uno strumento fondamentale per un efficace processo di sviluppo umano, poiché concepire l’altro come strumentale significa precludersi la possibilità e l’ampliamento delle opportunità di vita. Le relazioni significative aumentano le opportunità di vita delle persone e la relazionalità cooperativa per definizione contribuisce ad aumentare le possibilità di vita.”30 I centri culturali possono essere dunque considerati contesti favorevoli per la produzione di relazionalità cooperativa poiché “gli individui condividono sin dall’inizio una determinata visione del mondo e determinati sistemi di valori; in questo tipo di organizzazioni parte della emunerazione è di tipo non monetario, e una forma di remunerazione no monetaria è la qualità della relazionalità.”31 Le associazioni sono pertanto ottimi ricostituenti per la nostra democrazia: un investimento socialmente responsabile. Sono spazi per la circolazione di idee: i centri nonprofit sono luoghi per la discussione, il confronto e la circolazione delle idee, sono luoghi dove germinano riflessioni, nascono progetti innovativi e si sperimentano possibili formati e modelli di promozione e valorizzazione artistica; non sono uffici privati ma laboratori per la conoscenza, l’informazione e la formazione, per questo hanno un ruolo 30

Sacco P. L. (a cura di), Cultura e Creazione del valore, Processi formativi e nuovi modelli di sviluppo per le economie postindustriali, Rubbettino, Soveria Mannelli (CZ) 2004, pag.15 31

Ibidem

24


determinante all’interno del sistema complessivo dell’arte, perché è qui che crescono futuri artisti nazionali e che nascono i metodi di attivazione dei progetti che successivamente le istituzioni applicheranno. Sono “palestre formative”: laboratori di auto-imprenditorialità, auto-gestione e auto-finanziamento, luoghi privilegiati dove imparare a mettersi in proprio e dove creare e crearsi lavoro. L’essere indipendenti dal sistema istituzionale crea le condizioni ideali per i giovani artisti e curatori, di avere la possibilità di “fare scuola”, di sperimentare e sperimentarsi nell’applicazione di nuove metodologie e formati non tradizionali, meccanismo che permette loro di maturare un proprio metodo processuale. Questo fattore non è pertanto da sottovalutare poiché risulta determinante nel formare persone solidali, fortemente motivate e abituate alla cooperazione, alla condivisione e alla confronto aperto. Essendo autogestiti risultano dunque spazi ideali dove poter sviluppare e promuovere la propria carriera. Sono mediatori tra il sistema emergente e quello ufficiale: le onp rappresentano per i giovani artisti e curatori i luoghi di orientamento dove poter continuare a maturare e a sperimentare la propria ricerca prima di entrare nel sistema ufficiale. In questo senso hanno un ruolo di mediazione fondamentale e una grossa responsabilità nel sostenere e nell’aiutare i più giovani a definire la propria creatività e i propri interessi prima di essere catapultati letteralmente nel sistema ufficiale

nel

quale

è

stato

“interiorizzato

profondamente

il

“modello

autointeressatocompetitivo” per cui diviene inconcepibile l’atteggiamento di chi compie un’azione orientata a scopi comunitariamente definiti senza ricavarne evidente vantaggio immediato; (…) e si ricerca sempre un possibile vantaggio celato dietro le azioni altrui, un vantaggio attribuibile ad una condotta egoistica e che magari è tanto più rilevante proprio in quanto non è evidente.”32 Le associazioni sono luoghi di ricerca: spazi di libertà positiva, luoghi dove poter sperimentare ed elaborare liberamente nuove forme di progettazione e produzione culturale; spazi di formazione dove poter applicare percorsi didattici specifichi, attività di aggiornamento e di informazione e progetti di integrazione. Appare allora evidente che le associazioni culturali svolgono un ruolo determinante sostenendo la formazione dei più giovani, contribuendo, attraverso 32

Sacco P. L. (a cura di), Cultura e Creazione del valore, Processi formativi e nuovi modelli di sviluppo per le economie postindustriali, Rubbettino, Soveria Mannelli (CZ) 2004, pag.15

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una progettualità anticipatrice, nella produzione di servizi culturali eterogenei e sperimentali e fornendo gli strumenti culturali utili a decodificare il processo di produzione di senso che è dietro i loro progetti. Le nonprofit risultano “utili per almeno tre buoni motivi: non puntano alla vendibilità delle opere che inibisce la creatività e che spezza il dibattito interno a un gruppo, anzi: grazie alla loro flessibilità consentono al lavoro un maggior grado di sperimentazione; inoltre si rivolgono a un pubblico particolare e diverso anche in ragione della loro ubicazione dentro il tessuto urbano. Infine sono centri verso i quali nessun critico o gallerista interessato alle nuove energie può mostrarsi distratto: i luoghi giusti, insomma, perché i nuovi talenti possano crescere ed essere scoperti.”33

Utilizzano metodologie sperimentali: le associazioni aggiornano continuamente il proprio metodo di lavoro e per farlo la maggior parte di esse realizza programmi di ricerca su nuove metodologie applicate allo sviluppo dei progetti e dei processi creativi collettivi. Il sistema nonprofit culturale si basa principalmente sulla metodologia del learnig by doing, sulla co-creazione come capacità di lavorare assieme, secondo personalità e competenza; ma lavorare in gruppo, creare assieme seguendo una direzione comune non è sempre semplice e spontaneo, necessita di coscienza di gruppo, conoscenza di prassi e strumenti, fiducia nell’insieme, volontà e tenacia nel superare atteggiamenti egoici. A questo proposito gli aspetti principali di cui i membri tengono conto per lavorare in armonia sono: “governare il processo creativo del gruppo, identificare i ruoli dando valore ai talenti e alle competenze, riconoscere il contributo dei singoli ruoli senza gerarchia pregiudizievole, identificare gli obiettivi personali e collettivi, conoscere le risorse disponibili in termini di tempo, il know how, le risorse materiali, così che partendo dai singoli, il gruppo ha la possibilità di mettere a sistema risorse e capacità per realizzare grandi opere anche senza grandi economie.”34 Costantemente, proprio per la loro natura empirica e di sperimentazione, le associazioni si rimodulano di volta in volta in relazione al contesto in cui sono chiamate ad agire offrendo ogni qual volta visioni alternative e innovative.

33 34

Vettese A, Artisti si diventa, Carocci editore, Roma 1998, pag.130 Artway of Thinking, Venezia. www.artway.info

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Sono laboratori interdisciplinari: le nonprofit sono organismi strumentali e multidisciplinari che si occupano della lettura di sistemi complessi, della comprensione dei valori universali e dell'utilizzo dell'energia creativa come strumento fondamentale per un produrre nuovo. La modalità attraverso cui l'arte contemporanea si relaziona con la società, con il pubblico, con lo spazio umano e le sue relazioni, la creatività, la multidisciplina e la lettura della complessità sono i principali paradigmi su cui si confrontano i membri dei collettivi per innescare processi creativi che non includano al loro interno esclusivamente la disciplina artistica. Il loro approccio abbraccia competenze di differenti ambiti specifici evidenziando quel processo di integrazione di conoscenze che è indispensabile per affrontare in modo completo ed efficace determinate problematiche e per definire nuove aree di intervento e le possibili relazioni che possano da esse nascere. Sono infrastrutture insostituibili del pluralismo istituzionale del nostro paese: hanno funzione di integrazione dei servizi pubblici e del mercato, svolgono attività parallele e non avverse a quelle delle istituzioni pubbliche. Le onp occupano un ruolo non marginale ma complementare a quello delle Istituzioni pubbliche, erogano servizi ed alimentano il capitale sociale e culturale attraverso metodologie alternative e non per questo sovversive rispetto quelle tradizionali. Sviluppando formati progettuali altri e metodologie specifiche, le non profit culturali contribuiscono con il loro operato a colmare le inevitabili mancanze istituzionali per quanto riguarda l’offerta di servizi culturali. Sono potenziali serbatoi occupazionali: le istituzioni sono in crescita, l’aumento quantitativo rilevato negli ultimi due decenni pone grandi aspettative rispetto le potenzialità occupazionali ed economiche del settore. Il più recente Censimento generale dell’industria e dei servizi (2001 Istat) rivela che “la maggioranza assoluta delle organizzazioni (63,1%) opera nel settore della cultura, sport e ricreazione,”35 “un incremento in due anni del numero dei soggetti (+ 6.2%), con punte di crescita per le associazioni non riconosciute (+ 10,9%) e per le cooperative sociali (+22%); una trasformazione graduale del profilo degli addetti

35

Barbetta G. P, Cima S, Zamaro N (a cura di), Le istituzioni nonprofit in Italia: Dimensioni organizzative, economiche e sociali, Il Mulino, Bologna 2003, pag.153

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che vede aumentare il personale a collaborazione rispetto a quello a contratto di lavoro dipendente (+ 25,7%).”36 Questi dati, insieme ad altri che testimoniano una crescita costante di tutto il settore nonprofit, mettono in luce due processi significanti che stanno comparendo nello scenario nazionale degli ultimi anni: “la crescita in generale del terziario avanzato e di servizio sia per le famiglie sia per le imprese; la contrazione delle unità locali pubbliche e il blocco del personale in esse operante, per un processo di privatizzazione ed esternalizzazione di una serie di servizi, tra cui anche quelli del welfare.”37

Forniscono un’offerta qualitativamente di alto livello dei servizi: grazie al vincolo di non distribuzione degli utili destinati ai fini previsti statutariamente, l’interesse principale è rivolto alla qualità dei progetti e delle attività. Questo fattore determina una maggiore attenzione da parte delle associazioni verso il metodo e il processo da attivare piuttosto che verso gli obbiettivi da raggiungere; il vincolo di non distribuzione e la forma stessa del lavoro di gruppo stimolano i membri dei collettivi a non pensare ai propri interessi ma a quelli comuni, per questo sistema dunque risulta fondamentale non tanto avere quantitativamente una ricca programmazione ma proporre progetti articolati e di alta qualità. Producono una fiducia generalizzata nel pubblico: elaborando progetti e servizi che rispondono adeguatamente alla domanda senza creare “imperfezioni informative” presenti in determinati settori produttivi, le nonprofit culturali riescono a guadagnarsi la fiducia del pubblico e a ridurre in esso l’incertezza e la diffidenza che i consumatori generalmente percepiscono nei confronti dei prodotti che le aziende “market oriented” gli propinano.

36

Delai N (a cura di), Valutare il non profit : per una misurazione condivisa delle attività associative, Mondadori, Milano 2005, pag. 33 37 Ivi, pag. 35

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2.5 Le dimensioni Per quanto riguarda la misurazione delle dimensioni statistiche del settore non profit sul territorio nazionale, il primo, e per adesso unico, Censimento delle Istituzioni nonprofit, è stato effettuato nel 1999 dall’Istat, a seguito dell’adozione del Sistema europeo dei conti nazionali e regionali (Eurostat 1996); da tener presente inoltre, anche se non si concentrano su vere e proprie misurazioni del settore, i rapporti Iref (Istituto di Ricerche educative e Formative) effettuati dal 1985, che hanno avuto il merito di presentare alcune dinamiche che attraversano in particolare l’associazionismo, e il Censimento generale dell’industria e dei servizi del 2001. Per quanto riguarda la misurazione sul territorio nazionale dell’associazionismo culturale italiano va detto ancora che non è mai stato effettuato un censimento specifico sulla presenza quantitativa delle organizzazioni non a scopo di lucro attive nell’ambito artisticoculturale, i dati che riporto qui riguardano i principali risultati delle dimensioni generali di tutte le categorie rientranti nel settore non profit; di seguito, presento invece nello specifico i dati statistici riguardanti in particolare la categoria definita “cultura, sport e ricreazione” all’interno della quale rientrano anche le associazioni culturali riconosciute. Questi sono i principali risultati del 1° Censimento38 delle Istituzioni nonprofit rispetto le dimensioni dell’intero settore: Le istituzioni nonprofit attive sono 221.412. Di queste, la metà è localizzata nell'Italia settentrionale (51,1%), il restante 21,2% al Centro, il 27,7% al Sud e i due terzi circa svolgono l’attività prevalente nel settore della cultura, sport e ricreazione (63,1%). Inoltre, il 55,2% è nato nel corso dell’ultimo decennio, a conferma della relativa novità del fenomeno. Nel 91,3% dei casi sono associazioni, riconosciute (61.313) e non (140.746). Tuttavia, sono attive anche 3.008 fondazioni e 4.651 cooperative sociali, le quali, sebbene meno numerose, ricoprono un ruolo molto significativo per le attività svolte, la quota di occupati utilizzati e la consistenza economica delle loro iniziative. Nelle istituzioni nonprofit sono impiegati 630 mila lavoratori retribuiti, una quota di occupazione rilevante anche ai fini dei conti economici nazionali: 532 mila sono lavoratori dipendenti, 80 mila addetti con contratto di collaborazione coordinata e continuativa e 18 mila lavoratori distaccati o comandati da altre 38

Dati Istat del 1 Censimento delle Istituzioni nonprofit pubblicati online il 3 Agosto 2001 su www.handicapincifre.it

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imprese e/o istituzioni. A questi vanno ad aggiungersi 3,2 milioni di volontari, 96 mila religiosi e 28 mila obiettori di coscienza. Nel complesso, le istituzioni nonprofit italiane dichiarano circa 73 mila miliardi di lire di entrate (quasi 38 miliardi di Euro) e 69 mila miliardi di uscite (oltre 35 miliardi di Euro). Le entrate risultano dunque superiori alle uscite per circa 4 mila miliardi (oltre 2 miliardi di Euro). I valori economici sono distribuiti in modo disomogeneo tra i settori di attività prevalente, sia in termini assoluti sia negli importi medi. Il 60% delle entrate complessive si concentra in tre settori - assistenza sociale, sanità, cultura, sport e ricreazione – mentre rispetto alle entrate medie le istituzioni di dimensione economica maggiore sono attive prevalentemente nel settore delle altre attività (3 miliardi), nella sanità (1,4 miliardi) e nella filantropia e promozione del volontariato (1,2 miliardi). Il Censimento39 poi distingue quattro macro aree di attività: cultura, sport e ricreazione, istruzione e ricerca, sanità e assistenza sociale; rispetto gli altri tre ambiti emerge che nel 1999 il comparto dell’arte, della cultura e della ricreazione: - è il più grande del settore non profit essendo composto da 63,1% organizzazioni; - rispetto le forme giuridiche che ne fanno parte, il 63,1% è composto da: 97.443 associazioni non riconosciute, 37.102 associazioni riconosciute, 827 da Fondazioni, 2,328 Comitati, 476 Cooperative sociali e da 1,557 altre forme; - Il settore cultura, sport e ricreazione è per 51,1% presente al Nord, il 20,7% al Centro e il 28,2% al Sud; - è uno dei settori più giovani, il 58,2% delle associazioni culturali si è costituito dopo il 1990; - al livello occupazionale il comparto impiega 8,116 dipendenti ossia il 24% dei lavoratori complessivi del settore nonprofit, di cui 541 lavoratori distaccati, 5,185 lavoratori a contratto, 119,156 volontari, 3,238 religiosi, e 1,064 obbiettori di coscienza; - Il 17,39% delle entrate complessive del settore nonprofit si concentra nel settore cultura, sport e ricreazione; - Le entrate di fonte privata (75%, di cui 2% donazioni) pesano di più sul settore di quelle pubbliche (25%); - Solo l’1,1% della categoria si occupa di attività culturali e artistiche. 39

Dati estrapolati da: Barbetta G. P, Cima S, Zamaro N (a cura di), Le istituzioni nonprofit in Italia: Dimensioni organizzative, economiche e sociali, Il Mulino, Bologna 2003, pag.150 a 172

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2.6 Il circuito di appartenenza È interesse di ogni organizzazione culturale quello di inserirsi all’interno di un determinato circuito, che sia locale, nazionale o internazionale, che sia esterno o interno a quello ufficiale, poiché l’inserimento esemplifica il suo riconoscimento da parte del pubblico fruitore, delle istituzioni e degli operatori culturali presenti nel contesto territoriale e sociale. Il processo di inserimento non è né immediato né casuale, ma risultato di una serie di azioni. Il collettivo alla sua fondazione definisce la mission, gli strumenti e le metodologie di ricerca attraverso cui perseguire i suoi scopi, attraverso lo sviluppo degli stessi, e le modalità di investimento delle proprie risorse, determina il suo livello capacitazionale grazie al quale raggiungerà un certo grado di riconoscimento. Si tratta dunque di un processo graduale e non convenzionale, regolato da norme non scritte, di fatto fortemente selettivo. È importante per un’associazione definire la propria identità, conoscere a fondo il territorio di cui fa parte, gli interlocutori che vi ci abitano e le altre organizzazioni pubbliche e private attive all’interno dello stesso ambito, e a partire da tutto questo cercare di distinguersi sia elaborando progetti innovativi sia programmando attività di cui la comunità di appartenenza potrebbe avere bisogno. L’analisi del territorio, delle istituzioni culturali, del pubblico e della cultura del progetto attuale sono studi che tutte le organizzazioni devono svolgere sia a livello nazionale che internazionale, per maturare una linea di ricerca che contribuisca ad inserirle, non solo nello spazio sociale, ma anche all’interno della storia delle istituzioni. Generalmente il percorso di inserimento di un’organizzazione all’interno del circuito di riferimento va dal locale al nazionale e dal nazionale al’internazionale, e non viceversa, ma può anche capitare che qualche spazio indipendente scelga di lavorare direttamente ed esclusivamente all’estero e di attivare collaborazioni con altre istituzioni straniere, saltando le fasi di riconoscimento nazionale.

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2.7 La tipologia di pubblico coinvolto Alle organizzazioni interessa coinvolgere innanzitutto quanti si stanno formando nel campo dell’arte, questo perché uno tra i loro principali intenti è quello educativo, ma allo stesso tempo le sue attività interessano il pubblico più ampio dei professionisti: istituzioni, galleristi, curatori ecc. Pertanto le iniziative culturali delle nonprofit generalmente attirano un pubblico per lo più specializzato, questo perché la loro programmazione, pur utilizzando formati a cui il pubblico generico è abituato (la mostra, la conferenza, la presentazione di attività etc.), propongono progetti di settore riguardanti nello specifico l’arte attuale nazionale e internazionale per ciò inevitabilmente rivolti a persone preparate in merito o a chi si sta formando a riguardo, dice a proposito Patrizia Brusarosco, direttrice di Viafarini: “Come si fa, d’altronde a coinvolgere un pubblico generico che non ha alcuna preparazione e consuetudine al discorso artistico? E come potremmo, in una tale assenza di strutture qualificate? Il nostro ruolo è invece fondamentale per una nicchia ristretta di persone addentro al settore: gli artisti, i critici, i galleristi, i collezionisti.” Ma la questione pubblico non viene squalificata con leggerezza, molte associazioni riformulano le loro modalità di comunicazione con continuità, si riconsiderano e rimettono in discussione il proprio ruolo rispetto alla comunità che cambia, propongono incontri di aggiornamento per gli adulti, organizzano visite guidate per le famiglie, aperture accompagnate agli archivi etc. Ma ciò che troppo spesso accade è che le associazioni, e in questo anche la maggior parte delle istituzioni culturali, fanno “l’errore di ritenere il pubblico dei consumatori culturali omogeneo. Al contrario, il pubblico è formato da singole unità specifiche, ciascuna delle quali ha una storia personale di informazioni pregresse e di aspettative sui generis.”40 È allora necessario che le associazioni, prive di strumenti di analisi (come i test, i forum, o forme di monitoraggio) e di persone addette allo studio dei meccanismi di relazione tra organizzazione e grande pubblico, si applichino nel rifornirsi di questi mezzi sia per ampliare il loro pubblico di fruitori, sia per sostenere l’attività di didattica e i servizi educativi per il grande pubblico promossi dalle istituzioni.

40

Trimarchi M, Il finanziamento delle associazioni culturali ed educative, Il Mulino, Bologna 2002 , pag.149

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2.8 Il rapporto con le Istituzioni pubbliche e private “Il settore culturale appare caratterizzato da una pluralità di agenti che, da diverse posizioni e a diversi livelli, prendono parte a un processo di scambio circolare che interessa il settore pubblico ai diversi livelli di governo in quanto finanziatore delle attività culturali, soggetti e istituzioni del settore pubblico e privato che creano, producono e distribuiscono beni e servizi culturali e artistici, imprese private e singoli individui che contribuiscono volontariamente al finanziamento di dette istituzioni, e, infine, singoli consumatori che acquistano tali beni e servizi.”41 Le associazioni nonprofit rientrano in questo sistema di compartecipazione alla produzione dei servizi, sono forme idonee ad integrare la fornitura pubblica dei beni collettivi e “possono essere viste per molti versi come sostituiti o agenti dello Stato, che se ne serve in vista dei vantaggi relativi alla riduzione dei costi dovuta al lavoro volontario e all’eliminazione della regolamentazione che sarebbe necessaria nei confronti delle imprese massimizzanti il profitto.”42 Alle nonprofit interessa stabilire un rapporto di cooperazione e reciproco sostegno con le Istituzioni pubbliche del territorio locale e nazionale, di fatto questo non sempre riesce poiché le istituzioni ufficiali si mostrano disinteressate all’apporto del settore culturale e molto poco aggiornate in merito al contemporaneo, di conseguenza non esiste da parte loro la disposizione a stabilire un dialogo e a creare un organo mediatore tra le due parti. Per adesso perciò le organizzazioni culturali lavorano in solitaria sul territorio, cercano di instaurare con fatica rapporti di conoscenza con i rappresentati alla cultura della città, come gli Assessori del Comune e della Provincia, e iniziano a cercare nuovi committenti tra gli enti privati quali aziende, imprese, fondazioni etc. ultimamente più aperte a collaborare rispetto le istituzioni pubbliche statali. “Oggi lo spazio pubblico è interessante in quanto “sfera delle relazioni” tra soggetti e collettivi diversi perché è su questo fronte che si gioca la partita tra le comunità, tra le classi, tra le nazioni, ma anche al loro interno,” 43 lo Stato dovrebbe iniziare ad entrare in merito a queste logiche di pensiero e cominciare ad ascoltare le proposte delle associazioni culturali tra cui la richiesta da poco elaborata “di una commissione nazionale sul modello degli Arts Council e l'elaborazione congiunta, con gli organismi competenti, di 41 42

Trimarchi M, Economia e cultura: organizzazione e finanziamento delle istituzioni culturali, Franco Angeli, Milano 2007, pag.67 Ivi, pag. 68

43

Detheridge A, Artisti e sfera pubblica, in De Luca M, Gennai Santori F, Pietromarchi B, Trimarchi M (a cura di), Creazione Contemporanea. Arte, società e territorio tra pubblico e privato, Sassella Editore Collana Comunità, Roma 2004, pag.109

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azioni e politiche meritocratiche che garantiscano l'esistenza e la sostenibilità (anche fiscale) del settore culturale artistico nonprofit.”44 Le associazioni svolgono un ruolo consistente nell'attuale dibattito culturale, accanto a Istituzioni, Musei, Fondazioni e Gallerie private, pertanto intendono avvalersi del rapporto consolidato con il pubblico, le amministrazioni e gli operatori culturali delle diverse aree territoriali in cui agiscono le singole associazioni per sviluppare progetti per la promozione, il sostegno e la diffusione della ricerca artistica contemporanea nel contesto nazionale, europeo ed extraeuropeo. Il “fare rete” risulta di fondamentale rilevanza per le associazioni che vogliono contribuire al processo di inculturazione della società, pertanto, adesso che iniziano a rendersi conto che sono una risorsa preziosa per il territorio in cui operano, devono tenere aperto il dialogo con gli enti pubblici, fondazioni, assessorati, etc. per costruire un sistema integrato che coinvolga tutti i soggetti che fanno parte del sistema dell’arte.

44

Consorzio Ada network, cit. tratta dal Manifesto nel sito www.adanetwork.org

34


2.9 Il ruolo delle onp straniere a confronto con quello delle onp italiane riguardo la promozione degli artisti emergenti Il ruolo del sistema associativo nonprofit culturale dei paesi europeii e americani, riguardo la promozione degli artisti emergenti, è particolarmente diverso da quello italiano. Da una ricerca effettuata qualche anno fa da economisti della cultura, statisti e storici dell’arte è emerso che il sostegno, la formazione degli artisti emergenti e il loro riconoscimento nel circuito internazionale, dipendono in larga parte dal valore che la lobby politico istituzionale di un determinato paese assegna alla cultura del proprio paese. In Italia sembrerebbe che la produzione culturale, rappresentativa della nostra identità, non venga considerata dalle istituzioni governanti un fattore rilevante per lo sviluppo della crescita morale ed economica del paese, di conseguenza è facilmente intuibile come il ruolo delle onp culturali italiane sia assolutamente parziale e superfluo rispetto a quello degli spazi nonprofit stranieri nel supporto alla formazione dei giovani artisti. I sistemi nazionali di promozione della giovane arte nel mondo sono “biodiversi,”45 considerando sei aree tra le più rappresentative del sistema internazionale dell’arte, Pier luigi Sacco ha individuato quali sono le tipologie di spazi nei quali il lavoro dei giovani artisti viene promosso nella prima fase del loro riconoscimento. Gli artisti selezionati per la ricerca dal Dictionary of International Contemporary Artists di Flash Art Books del 1995, sono tutti nati dopo il 1930 e hanno raggiunto traguardi di eccellenza, per ciascuno di questi sono state prese in considerazione le prime quattro personali in ordine cronologico riportate nella biografia; gli spazi dove hanno esposto in mostra il loro primi lavori sono poi “stati classificati in quattro tipi di spazi in base alle loro localizzazione: mostre tenute presso uno spazio for profit dell’area di provenienza dell’artista (for profit home), mostre tenute in uno spazio non profit dell’area di provenienza (non profit home), mostre tenute presso uno spazio for profit esterno all’area di provenienza (for profit abroad), mostre tenute presso uno spazio non profit esterno all’area di provenienza (non profit abroad).”46

45

Sacco P.L, La giovane arte italiana nel contesto internazionale, in De Luca M, Gennai Santori F, Pietromarchi B, Trimarchi M (a cura di), Creazione Contemporanea. Arte, società e territorio tra pubblico e privato, Sassella Editore Collana Comunità, Roma 2004, pag.33 46 Ivi, pag.34

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Questi i dati emersi dalle singole aree: U.S.A. E CANADA: -

For profit home: 58,3%

-

Non profit home: 17,4%

-

For profit abroad: 20%

-

Non profit abroad: 4,3%

REGNO UNITO E IRLANDA: -

For profit home: 29,2%

-

Non profit home: 12,5%

-

For profit abroad: 46,9%

-

Non profit abroad: 11,4%

GERMANIA, AUSTRIA E SVIZZERA: -

For profit home: 57%

-

Non profit home: 22,1%

-

For profit abroad: 14,5%

-

Non profit abroad: 6,4%

BELGIO E OLANDA: -

For profit home: 54,2%

-

Non profit home: 18,8%

-

For profit abroad: 25%

-

Non profit abroad: 2%

FRANCIA: -

For profit home: 38,5%

-

Non profit home: 17,3%

-

For profit abroad: 36,5%

-

Non profit abroad: 7,7%

ITALIA: -

For profit home: 75,8%

-

Non profit home: 2,3%

-

For profit abroad: 18,9%

-

Non profit abroad: 3%

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Quello che si traduce da questi dati è che in tutti i paesi al di fuori dall’Italia, e in particolar modo nell’area del Nord d’Europa, gli spazi nonprofit svolgono un ruolo di mediatori dei primi passi degli artisti di successo, in Italia invece, i giovani artisti vengono per la maggior parte presentati direttamente dalle gallerie commerciali. Perché? Verrebbe da pensare che l’Italia gode di un forte e stabile sistema di gallerie, tanto da superare di gran lunga per incidenza percentuale sia quello nordamericano sia quello tedesco, e invece non è così, i giovani artisti effettuano le loro prime mostre in questi spazi solo ed esclusivamente perché nel nostro paese vi è una notevole carenza di luoghi espositivi pubblici e privati nonprofit, di conseguenza le gallerie si ritrovano a riempire questo vuoto lasciato dagli spazi istituzionali e dalle associazioni indipendenti. Un altro dato che emerge è che ci sono pochissime opportunità di proiezione esterna, “mentre per esempio i Francesi hanno accesso con relativa facilità a opportunità importanti altrove, gli Italiani non riescono ad uscire dal bozzolo nazionale e quindi si riversano in massa sulle gallerie nazionali, che al contrario di quanto può apparire dal dato aggregato sono, come è noto, realtà economicamente deboli e spesso poco e male inserite nel circuito internazionale, nel quale ricoprono nei migliori dei casi il ruolo di vassalli di lusso, che ospitano volentieri e spesso con successo i grandi nomi stranieri ma hanno pochissima capacità si esportare in contesti prestigiosi i loro artisti nazionali.”47 Questo nuoce gravemente alla crescita del giovane artista che, trovandosi già legato nelle primissime fasi della sua carriera alla galleria, si ritrova in una situazione di forte pressione psicologica. Il sistema galleristico è infatti un sistema commerciale e non laboratoriale, il rischio è che questo ambiente causi nell’artista una forte distorsione della sua progettazione fino a portarlo alla perdita della sua autonomia concettuale; all’interno degli spazi nonprofit invece l’artista è libero di produrre e di maturare una propria metodologia processuale e talvolta viene anche sostenuto economicamente. In questo senso la carenza di istituti nonprofit e di un circuito nazionale e internazionale di promozione adeguato alle esigenze dei più giovani è uno dei fattori che concorre a lasciare l’Italia in una curiosa zona buia tra i grandi sistemi nazionali dell’arte. In Italia inoltre, a differenza che all’estero, oltre a mancare la possibilità di accesso agli spazi di sperimentazione e di ricerca, manca una rete di cooperazione internazionale di supporto che offra ai giovani artisti di fare esperienze extranazionali, ed infine mancano le capacità e i criteri di erogazione dei fondi pubblici e privati; tutto questo affiancato a una censura preventiva delle idee divergenti da parte delle istituzioni, riduce la possibilità di un 47

Sacco P.L, La giovane arte italiana nel contesto internazionale, in De Luca M, Gennai Santori F, Pietromarchi B, Trimarchi M (a cura di), Creazione Contemporanea. Arte, società e territorio tra pubblico e privato, Sassella Editore Collana Comunità, Roma 2004, pag.35

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artista di legittimarsi e di essere riconosciuto sia a livello nazionale sia internazionale e diminuisce le possibilità di apertura del sistema dell’arte italiano che si presenta di conseguenza affossatosi in una modalità di promozione dell’arte localizzata, omogenea e contraria allo sviluppo del pluralismo culturale. “Che fare, dunque? Da un lato la risposta è semplice: favorire la nascita di nuove realtà nonprofit, favorire lo sviluppo di progetti cooperativi tra gli operatori del sistema, favorire una maggiore trasparenza e apertura (nel rispetto della qualità) nella creazione di opportunità per i giovani artisti, ma anche facilitare la conoscenza diretta della realtà italiana da parte dei curatori stranieri sovvenzionandone le visite di studio e di ricerca in Italia,”48 in poche parole: investire in produzione e progettazione di attività culturali e adottare gli strumenti necessari per il sostegno della pratica e della ricerca artistica.

Sacco P.L, La giovane arte italiana nel contesto internazionale, in De Luca M, Gennai Santori F, Pietromarchi B, Trimarchi M (a cura di), Creazione Contemporanea. Arte, società e territorio tra pubblico e privato, Sassella Editore Collana Comunità, Roma 2004, pag.37 48

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3. La situazione economico-finanziaria del nonprofit culturale in Italia

3.1 I finanziamenti In Italia “il finanziamento pubblico mostra una particolare concentrazione in alcune aree specifiche del settore nonprofit che ne assorbono una parte rilevante: in soli cinque comparti del nonprofit italiano si concentra infatti il 67% della spesa pubblica verso il settore: il comparto ospedaliero assorbe circa il 27%, i servizi di assistenza sociale il 22%, le attività culturali e artistiche l’8%, la formazione professionale il 6%, e i servizi di inserimento lavorativo per i soggetti svantaggiati il 4%. I comparti che assorbono la maggior parte del finanziamento pubblico sono dunque in buona misura, gli stessi che da questi finanziamento dipendono in maniera più massiccia.”49 Le associazioni culturali italiane sono tra i settori dipendenti dai finanziamenti per la loro natura non redistributiva e “not for profit”, come una qualunque società, hanno dei costi annuali da sostenere: a partire dalle spese di gestione della struttura e dello spazio, ai costi per la comunicazione visiva dell’associazione, a quelli per la realizzazione dei singoli progetti. La stragrande parte delle associazioni culturali italiane vive del lavoro non retribuito dei volontari, non riesce a garantire un salario ai suoi membri e non ha gli strumenti e le competenze per effettuare un’efficace strategia di fund raising. Le associazioni esaminate, per sostenersi accedono a fondi provenienti dai “Contributi a fondo perduto erogati dalle amministrazioni pubbliche”50 (Municipio, Comune, Provincia, Regione, Ministero dei beni e delle Attività Culturali, Ministero degli Affari Esteri etc.), e dal Fondo Sociale Europeo; ma non essendo sufficienti per il mantenimento del progetto cercano di stabilire delle partnership con delle organizzazioni pubbliche, e per lo più private, come: le istituzioni e le organizzazioni artistiche pubbliche e private nazionali 49 50

Trimarchi M (a cura di), Creazione Contemporanea. Arte, società e territorio tra pubblico e privato, Sassella Editore Collana Comunità, Roma 2004, pag.37 Barbetta G. P, Maggio F (a cura di) Nonprofit: il volto nuovo della società civile, Il Mulino, Bologna 2008, pag.91

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(Licei, Università, Accademie, Musei, Fondazioni, Gallerie, Associazioni nonprofit, Manifestazioni e Festival, Centri culturali, Istituti di formazione etc.), e le istituzioni e le organizzazioni artistiche pubbliche e private straniere (Accademie, Ambasciate, Istituti di Cultura, Arts Council, Fondazioni, Gallerie, Associazioni nonprofit etc.); infine hanno la possibilità di chiedere delle sponsorizzazioni alle Fondazioni Bancarie, alle Imprese e ai cittadini. È stato rilevato che i finanziamenti alle istituzioni culturali provengono per la maggior parte dal privato: rispetto ai contributi pubblichi che si aggirano intorno al

25%, i fondi

provenienti dai privati sono all’incirca il 75% di cui un 2% è costituito da donazioni. Nello specifico per il settore “cultura, sport e ricreazione” “le entrate di fonte pubblica sono composte: dai sussidi e contributi a fondo perduto: 17,80%, dai ricavi per contratti e convenzioni: 6,73%; mentre le entrate di fonte privata invece sono formate: dai ricavi da vendita di beni e servizi 26,89%, dalle donazioni 2,37% e da altre entrate private 46,21%.”51 Un altro dato significativo è il fatto che le organizzazioni indipendenti possono fare domanda per i finanziamenti pubblici solo dopo due anni dalla loro fondazione, per cui durante i primi anni della loro esistenza devono vivere di autofinanziamento, alla ricerca di donazioni, sponsorizzazioni e di partecipazioni ai bandi di concorso. Rispetto quanto detto fino a qui emerge dunque che, l’autoproduzione e l’autogestione e valorizzazione delle singole competenze di ogni membro partecipante del collettivo risultano di fondamentale importanza “nel senso che il bagaglio tecnico dei membri del gruppo contribuisce al disegno complessivo dei progetti allo stesso livello di quello culturale. Il fatto di saper costruire un sito, ma anche più semplicemente di essere in grado di impaginare un catalogo o di montare un filmato sostanzia un’attività che, come abbiamo detto, vuole innanzitutto “prendersi cura” di qualcuno o qualcosa, per cui è importante che ciascun componente offra non solo il proprio contributo intellettuale, ma dimostri un impegno ad ampio raggio, che comprenda anche attività più manuali.”52 Il sostegno finanziario dovrebbe dipendere in larga parte dalle motivazioni specifiche del sostegno stesso e non da logiche formalmente automatiche e negoziali e dovrebbe essere regolato da una legislazione fiscale e tributaria rinnovata, dal punto di vista di Guido Martinelli infatti “sono molto più numerosi e rilevanti i vincoli che il legislatore tributario ad oggi ha collocato sull’associazionismo cultuale ed educativo, piuttosto che le 51 52

Barbetta G. P, Maggio F (a cura di) Nonprofit: il volto nuovo della società civile, Il Mulino, Bologna 2008, pag.87 Associazione Darth, cit. tratta dall’intervista

40


opportunità che il legislatore stesso ha dato”, come quando ad esempio, continua Martinelli, offre “alle associazioni culturali a dimensioni nazionali (come le Fondazioni), quindi quelle che finanza, delle agevolazioni fiscali che non offre alle associazioni di base.”53 Ma ancora, le associazioni onlus sono esentate dall’imposizione sui redditi come le nonprofit culturali ma possono anche godere rispetto a queste ultime dell’esenzione da IVA; alle associazioni sportive il legislatore ha concesso dei “gettoni” di riconoscimento senza che su di essi sia da pagare alcuna tassazione aggiuntiva, cosa che non è stata concessa alle organizzazioni per la cultura; il massimo infine si può raggiungere con le cooperative sociali che hanno tutt’altro ordinamento giuridico e agevolazioni fiscali ma posso anch’esse svolgere attività educative e culturali. Non è chiaro dunque “perché il legislatore tributario non riesca a riconoscere alle associazioni di base un’agevolazione fiscale vera e importante come invece ha riconosciuto ad altre,”54 questo forse sarà possibile quando si riuscirà a creare una seria barriera fra l’associazionismo del terzo settore e l’associazionismo strumentale a finalità commerciale. “Il tema del sostegno e del finanziamento alla cultura e della creazione contemporanea è ampiamente dibattuto ed è al centro delle problematiche connesse al disegno delle politiche culturali e della ricerca d’interazioni tra attività artistica e dinamiche sociali e territoriali,”55 è dunque argomento aperto e particolarmente controverso. Data questa condizione legislativa “tutta italiana”, per sostenere la ricerca delle nonprofit si potrebbe pensare a dei finanziamenti mirati, riguardo a ciò Dal Pozzolo individua la presenza in Europa di cinque diverse “famiglie” di programmi o azioni di sostegno alla cultura, da prendere come modello per lo sviluppo di una politica culturale che davvero possa supportare gli artisti e le istituzioni; le cinque famiglie sono: 1) sostegno diretto agli artisti, 2) azioni di regolazione-sostegno del mercato e della domanda, 3) finanziamento e sostegno di istituzioni culturali, 4) finanziamento di progetti singoli, 5) finanziamento delle infrastrutture culturali. Questa tipologia di finanziamenti include il sostegno economico agli artisti inseriti all’interno di specifici progetti e programmi (che siano agli esordi o alla fine della carriera); considera azioni di regolazione del mercato e della domanda, dalle politiche di tutela dei diritti di autore, all’incentivazione della domanda attraverso politiche di informazioneformazione, alle commesse pubbliche; e prevede il sostegno finanziario alle istituzioni 53 54

Trimarchi M, Il finanziamento delle associazioni culturali ed educative, Il Mulino, Bologna 2002, pag.87 Ivi, pag.92

55

Dal Pozzolo L. in De Luca M, Gennai Santori F, Pietromarchi B, Trimarchi M (a cura di), Creazione Contemporanea.Arte, società e territorio tra pubblico e privato, Sassella Editore Collana Comunità, Roma 2004, pag.141

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nonprofit culturali che non svolgono attività commerciale, a progetti singoli e alle diverse infrastrutture culturali che vanno dalle sedi museali alle case degli artisti ai singoli spazi indipendenti. “Si tratta di una generazione di programmi, che pone tra l’altro il problema di una valutazione complessa dei risultati e delle dinamiche innescate, che può contribuire a illuminare uno dei nodi di più difficile intervento, ovvero l’individuazione di politiche e azioni atte a generare e rigenerare in specifici territori un capitale umano e culturale capace di tradursi in un milieu creativo, tessuto di produzione e ri-produzione della creatività artistica.”56

56

Dal Pozzolo L. in De Luca M, Gennai Santori F, Pietromarchi B, Trimarchi M (a cura di), Creazione Contemporanea.Arte, società e territorio tra pubblico e privato, Sassella Editore Collana Comunità, Roma 2004, pag.146

42


3.2 Il ritardo culturale italiano nell attività di fund raising Il termine fund raising viene utilizzato per indicare generalmente l’attività di raccolta fondi, tuttavia la traduzione italiana non esaurisce completamente il significato poiché il verbo inglese to raise indica innanzitutto l’accrescere, l’elevare e quindi una azione strategica mirata ad un obbiettivo di crescita e di sviluppo. Una prima definizione di fund raising può essere quella di un’attività di un soggetto volta a reperire le risorse finanziarie necessarie a raggiungere gli scopi che il soggetto si propone un’altra definizione vede il fund raising come “l’arte della relazione” tra due diversi enti, come “il complesso di attività che l’organizzazione nonprofit mette in atto per la creazione di rapporti di interesse fra chiede risorse economiche, materiali e umane in coerenza con lo scopo statuario e chi è potenzialmente disponibile a donarle.”57 Da qualche tempo assistiamo in Italia ad una vera esplosione di interesse per il fund raising, molti enti pubblici e privati che operano nel settore culturale si trovano oggi a fronteggiare l’esigenza sempre più pressante di reperire nuove fonti di sostegno per le proprie attività, diversificando le tipologie di sostenitori e riducendo così la tradizionale dipendenza dal mercato degli enti pubblici. “Tuttavia, per quanto se ne parli diffusamente, sono ancora molto pochi i casi di istituzioni culturali italiane che hanno scelto di impostare una strategia di ricerca di fonti di finanziamento alternative al tradizionale finanziamento pubblico con sistematicità e professionalità e che possono costituire ad oggi modelli di riferimento per l’adozione di politiche di fund raising efficaci.”58 La maggior parte delle istituzioni nonprofit si sostengono specialmente con i fondi pubblici ricevuti da finanziatori istituzionali sia perché “hanno ancora una visione puramente strumentale del fund raising per la cultura, spesso degradato, nella percezione corrente, a poco più che una questua,”59 sia perché sono molte le difficoltà cui deve misurarsi l’attività di fund raising oggi, come ad esempio: “la crisi economica degli interlocutori finanziari tradizionali; la tendenza a vincolare i finanziamenti a progetti che offrono risultati certi; l’obsolescenza di alcune modalità di raccolta fondi; l’ingresso di nuovi soggetti finanziatori (UE, fondazioni bancarie, società di intermediazione finanziaria); l’aumento delle organizzazioni attive nel campo del fund raising.”60 57

Melandri V, Masacci A, Fund raising per le organizzazioni non profit, Il Sole 24 Ore, Milano 2000, Introduzione pag. IX Sacco P. L, Martinoni M, Il fundraising per la cultura, ovvero l’arte di coinvolgere: nuove sfide e prospettive di sviluppo per le organizzazioni culturali, in Severino F, Trimarchi M (a cura di), Sette idee per la cultura, Labitalia, Roma, 2004 59 Ibidem 60 Istituto Luigi Sturzo, Fund Raising e Progettazione culturale, unità didattica, Roma Giugno 2007, pag.3 58

43


Non solo, la decisione di intraprendere la strada della raccolta fondi non è così semplice ed immediata, poiché implica da parte dell’organizzazione alcune azioni specifiche già individuate da Marianna Martinoni61: - La messa a fuoco dell’identità e dei valori alla base dell’operare

dell’organizzazione; - l’apporto di profondi cambiamenti a livello di organizzazione interna (forma

giuridica e risorse umane), di strategie di comunicazione e di coinvolgimento del pubblico; - l’analisi dell’organizzazione stessa e il contesto in cui si muove, i propri

stakeholder, i pubblici di riferimento reali e potenziali; - la pianificazione costante di tutte le attività; - la messa a fuoco dell’identità e dei valori alla base dell’operare

dell’organizzazione; - l’impegno costante nel migliorare la credibilità (immagine e reputazione) e

l’efficienza dell’organizzazione; - l’impegno costante nel comunicare con la massima trasparenza le proprie

modalità di gestione ed uso delle risorse ricevute, oltre che i progetti e le iniziative realizzati e i risultati raggiunti.

“Alla base del fund raising si pone quindi prima di tutto la necessità di elaborare una precisa visione e soprattutto una strategia articolata e creativa, fondata sull’identità del soggetto beneficiario e sul valore di cui, in termini immateriali e materiali, questo è portatore. Per questo diventa indispensabile, per una istituzione che oggi voglia intraprendere un’attività di fund raising, interrogarsi prima di tutto su quale senso e dimensioni di appartenenza si possano fondare sulla propria identità e sui propri valori.”62 È possibile d’altro canto individuare diversi motivi per i quali si è determinato di fatto un minor peso del coinvolgimento del settore imprenditoriale a sostegno della cultura come la poca “conoscenza da parte delle imprese stesse delle possibilità offerte dalla normativa vigente; una costituzionale sfiducia nel fisco che porta a considerare con sospetto l’eventuale offerta di forme di esenzione, vista spesso come pretesto per ulteriori

61

Martinoni M, Fundraising per le organizzazioni culturali tra teoria e realtà, Corso di Economia dell’Arte, IUAV – clasAV Venezia; nov. - dic. 2008 62 Sacco P. L, Martinoni M, Il fundraising per la cultura, ovvero l’arte di coinvolgere: nuove sfide e prospettive di sviluppo per le organizzazioni culturali, in Severino F, Trimarchi M (a cura di), Sette idee per la cultura, Labitalia, Roma, 2004

44


accertamenti; una ancora limitata sensibilità per i benefici che possono derivare da una partecipazione progettuale o finanziaria a progetti in ambito culturale.”63 La condizione di limitata professionalità, degli enti nonprofit nell’esercizio della raccolta di donazioni e la reticenza degli enti pubblici e privati a dare attenzione alle richiesta delle associazioni nonprofit sono i due fattori principali che creano il ritardo culturale del paese rispetto lo sviluppo e la diffusione dell’attività di fund raising, entrambi allo stesso modo generati dall’errata percezione che la società italiana ha della cultura, concepita come strumento di intrattenimento piuttosto che come efficace motore per la crescita morale ed economica del paese. “La grande sfida da affrontare oggi resta quindi quella di far percepire la cultura non come un affare privato, ma piuttosto come un progetto condiviso da porzioni sempre più ampie della società: se le organizzazioni culturali sapranno coinvolgere

cittadini

e

imprese,

liberandosi

dell’immagine

di

realtà

chiuse

e

autoreferenziali e proponendosi quali spazi culturali aperti e ricettivi agli stimoli esterni, oltre che come attori di primo piano nella promozione del territorio, il sostegno non tarderà ad arrivare.”64

63

64

Sacco P. L, Martinoni M, Il fundraising per la cultura, ovvero l’arte di coinvolgere: nuove sfide e prospettive di sviluppo per le organizzazioni culturali, in Severino F, Trimarchi M (a cura di), Sette idee per la cultura, Labitalia, Roma, 2004 Martinoni M, in Delfini E (a cura di), Not for profit, just for culture, giornale pubblicato sul portale di Teknemedia.net

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3.3 Le categorie di sostenitori privati potenzialmente coinvolgibili Raggiungere nuovi interlocutori e fidelizzare i propri sostenitori è un obbiettivo non facile in un contesto sempre più competitivo, in cui si moltiplicano le organizzazioni nonprofit, le sollecitazioni e le richieste per la realizzazione di progetti di rilievo sociale. Le fonti di finanziamento alle quali le organizzazioni culturali possono rivolgersi per stabilire “matrimoni di interessi” sono identificabili in quattro grandi categorie all’interno delle quali possiamo raggruppare: gli Enti Pubblici, le Fondazioni bancarie, le Imprese e i cittadini. Nel contesto italiano il fenomeno di certo più significativo in materia di finanziamento alla cultura da parte dei privati, dall’inizio degli anni Novanta ad oggi, è stato rappresentato dalle fondazioni bancarie – realtà nonprofit nate dalle operazioni di conferimento dell'azienda bancaria ai sensi della legge Amato (L. 218/1990). Le fondazioni bancarie agiscono prevalentemente secondo il tipico modello delle fondazioni grant making (“fondazione di erogazione”) che utilizzano i rendimenti del proprio matrimonio per finanziare le organizzazioni senza scopo di lucro e le istituzioni pubbliche che operano stabilmente nel territorio per il perseguimento di finalità di pubblico interesse. “Degli oltre 1.200 milioni di euro erogati nel 2005 dalle fondazioni di origine bancaria (…) il 30% è stato destinato a enti operanti nel settore dell’arte, il 12% al settore dell’assistenza, l’11% all’istruzione, il 10% alla ricerca e il 9% alla sanità.”65 Un’altra categoria di soggetti che si è dimostrata maggiormente sensibile all’investimento in cultura è quella delle imprese. “Il numero delle imprese disponibili a fare investimenti socialmente responsabili nei diversi settori è destinato a crescere dalle 34.407 del 2001, a oltre 45.000 nel 2010, fino a raggiungere le 57.000 nel 2020 e le oltre 96.000 nel 2050 (IRS - Istituto per la ricerca sociale).”66 Le organizzazioni possono instaurare con le imprese diverse tipologie di rapport: 1) sponsorship che è un tipo di rapporto occasionale, episodico, non ripetuto nel tempo, finalizzato a garantire allo sponsor un ritorno di immagine; 2) partnership che è un tipo di rapporto più istituzionale, basato su una logica di scambio biunivoco per il quale l’istituzione si apre alle esigenze specifiche dell’impresa secondo un accordo di durata temporale da stabilire insieme; 3) corporate membership, una seria di programmi di affiliazione stabile dell’impresa all’organizzazione culturale di cui condivide la mission, nel quale si crea una sorta di “club”di imprese amiche o 65 66

Barbetta G. P, Maggio F (a cura di) Nonprofit: il volto nuovo della società civile, Il Mulino, Bologna 2008, pag.100 Martinoni M, Il caso italiano: mercati, attori e prospettive del fundarising per la cultura in Itlalia, in Sacco P.L, Il fundraising per la cultura, Meltemi, Roma 2006, pag.175

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sostenitrici di una data organizzazione, 4) progetti ideati/gestiti dall’impresa accordo per il quale l’impresa diviene soggetto ideatore, finanziatore ed organizzatore del progetto, grazie all’impiego di risorse interne e consulenti esterni. Gli scopi di queste collaborazione sono diversi, mentre anni fa le aziende investivano nelle nonprofit per ottenere ritorni in termini di immagine e visibilità, “di recente l’interesse si è spostato – in linea con quanto accade a livello internazionale – su altre forme di ritorno come il rafforzamento del brand e dell’identità dell’impresa, la possibilità di differenziarsi rispetto ai competitor, di raggiungere nuovi pubblici o di valorizzare il rapporto con specifici target, oltre che di migliorare il clima aziendale favorendo ricadute positive sull’organico interno a tutti i livelli.”67 L’Osservatorio Impresa e Cultura con una indagine del 2006 ha individuato le aree di intervento delle imprese nell’ambito culturale: Arti visive, mostre 37%; Promozione del territorio, valorizzazione patrimonio culturale locale 11%; Musei e archivi di impresa, collezioni aziendali 9%; Formazione 7%; Restauro 7%; Editoria 7%; Progetti culturali a valenza sociale 5%; Musica 4%; Multimedialità 3%; Cinema 3%; Scienza, Ricerca e sviluppo 3%; Performing Arts 2%; Ambiente e paesaggio 1%; Archeologia 1%. Per quanto riguarda invece le fonti del finanziamento, l’Osservatorio ha identificato che il 56% dei contributi dalle aziende viene dal Nord d’Italia, il 22% dal Centro e il 22% dal Sud. Questo maggior coinvolgimento delle imprese è stato incentivato dal legislatore italiano, il quale ha cercato di offrire alle imprese intenzionate a sostenere la cultura attraverso erogazioni liberali vantaggi simili, se non addirittura superiori, a quelli offerti nella maggioranza degli altri paesi europei. Significativi mutamenti sono stati introdotti in seguito all’approvazione della L. 342/2000, che ha reso interamente deducibili per i titolari di reddito d’impresa le erogazioni liberali destinate a soggetti – quali Stato, Regioni, enti locali territoriali, enti o istituzioni pubbliche, fondazioni e associazioni legalmente riconosciute – operanti nei settori dei beni culturali e dello spettacolo. Sebbene nei primi di anni di applicazione questa legge sia stata inaspettatamente poco considerata dalle imprese, negli ultimi due anni le erogazioni liberali a favore della cultura da parte delle aziende sono aumentate considerevolmente. L’altro possibile “mercato” della raccolta fondi è infine quello dei cittadini, la cui sensibilizzazione e coinvolgimento è, nel nostro Paese, ancora ad uno stadio iniziale, laddove nei Paesi anglosassoni gli individual donors rappresentano una delle maggiori fonti di sostegno privato per le organizzazioni che operano nel settore delle arti e della cultura. “Secondo le periodiche indagini fatte per valutare la propensione alla donazione, i 67

Martinoni M, in Delfini E (a cura di), Not for profit, just for culture, giornale pubblicato sul portale di Teknemedia.net

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cittadini italiani che effettuano normalmente donazioni rappresentano oltre il 30% della popolazione (GfK Eurisko per Istituto Italiano Donazione 2006), pur prevalendo le donazioni a favore di organizzazioni più legate al sociale.”68 Molti esempi internazionali dimostrano che esistono forme di coinvolgimento e strumenti utili per determinare una più ampia partecipazione dei cittadini, come ad esempio: la creazione di programmi di membership, l’utilizzo specifico della newsletter, la campagna member get member, le campagne lasciti, o l’organizzazione di eventi di fund raising come manifestazioni di piazza, giornate dedicate, spettacoli teatrali, concerti, mostre, aste, lotterie, eventi sportivi, cene, pranzi, cocktail, maratone televisive, convegni, sfilate, seminari, anteprime cinematografiche, feste, etc. Un ulteriore incentivazione delle donazioni private a favore della cultura è venuto a seguito dei recenti sviluppi nella normativa fiscale che ha introdotto l’approvazione della cosiddetta legge Più dai meno versi (l. 80/2005), che ha aperto la strada ad un maggiore coinvolgimento dei donatori privati e in particolar modo dei cosiddetti “grandi donatori”, e alla legge n’266 introdotta nel 2006 e confermata anche per il 2007, che inserisce la possibilità di destinare il 5‰ dell’IRPEF per il sostegno anche di organizzazioni che operano in campo culturale. “Il primo testo di legge, più dai meno versi rivoluziona il trattamento fiscale delle donazioni liberali alle organizzazioni nonprofit (anche quelle che operano nel settore culturale) e ne libera il potenziale di crescita, come avviene nel resto dei Paesi più avanzati. Con questa legge non si pagano più imposte sulle donazioni effettuate e si incentiva la crescita delle erogazioni liberali all’intero nonprofit italiano: la deducibilità diretta dovrebbe costituire un forte incentivo soprattutto per le “grandi donazioni”, che hanno un impatto significativo nella vita delle realtà nonprofit e che potrebbero costituire una fonte di sostegno assai rilevante anche nel nostro Paese.”69 Questa legge insieme alla cosidetta “5 per mille” (266/2005), che prevede che il cittadino possa indirizzare una quota dell’imposta dovuta allo Stato (pari al 5% dell’IRPEF) verso le organizzazioni non lucrative operanti anche nei settori della tutela, conservazione, promozione del patrimonio storico artistico e della promozione della cultura, laddove iscritte nell’apposito elenco tenuto dall’Agenzia delle Entrate, ha aperto la strada ad una crescente possibilità di rivolgersi anche al mercato dei privati cittadini.

68 69

Martinoni M, in Delfini E (a cura di), Not for profit, just for culture, giornale pubblicato sul portale di Teknemedia.net Martinoni M, Fundraising per le organizzazioni culturali tra teoria e realtà, Corso di Economia dell’Arte, IUAV – clasAV Venezia; nov. - dic. 2008

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3.4 Prospettive di miglioramento della raccolta fondi Il fund raising culturale non è una colletta, né tanto meno una frenetica caccia allo sponsor dell’ultimo minuto per la realizzazione di un evento, ma un’attività strategica di reperimento di risorse finanziare, materiali e umane, in grado di garantire la sostenibilità di un’organizzazione e a promuovere il suo sviluppo costante nel tempo: il fund raising è infatti prima di tutto gestione e valorizzazione dei legami tra l’organizzazione stessa e i soggetti, individuali e collettivi, presenti negli ambienti in cui essa opera e rappresenta allo stesso tempo il punto di arrivo di una catena di relazioni sociali basate non tanto sul meccanismo della dazione, quanto sulla creazione di forme di scambio sociale estremamente complesse e spesso creative. Un’associazione che vuole iniziare questo percorso deve avere le capacità di far percepire l’importanza e la bontà della propria buona causa, di destare interesse, attenzione e quindi generare partecipazione nei confronti dei progetti che essa porta avanti: il primo scoglio da superare, forse il più grande, è quindi quello rendere la cultura un progetto condiviso da fasce sempre più ampie della nostra società, suscitando interesse e passione e aprendo nuovi spazi di iniziativa e produzione di senso, socialità e valore economico. Qui di seguito propongo uno schema sintetico, tratto dal Working Paper70 redatto da Marianna Martinoni, nel quale vengono identificati gli strumenti essenziali, le chiavi del successo e le potenzialità di una efficace strategia di fund raising: Gli strumenti essenziali:

-

presenza di uno staff interno all’istituzione – un’area fund raising con personale dedicato e con competenze specifiche;

-

formazione e mantenimento di un Database (rubrica, mailing list) di nominativi costantemente aggiornato;

-

capacità di fornire all’azienda informazioni puntuali sulle normative fiscali e contabili, sulle agevolazioni fiscali per persone fisiche e giuridiche;

-

abilità nello sviluppare un’adeguata e articolata politica di gestione e sviluppo benefit.

70

Martinoni M, Fundraising per le organizzazioni culturali tra teoria e realtà, Corso di Economia dell’Arte, IUAV - clasAV Venezia; nov. - dic. 2008

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Chiavi del successo: -

costruire una relazione collaborativa con l’ente intesa come laboratorio di contaminazione, scambio e arricchimento reciproco;

-

coinvolgere l’azienda nel vivo della progettazione laddove è possibile;

-

favorire la partecipazione del personale dell’azienda nelle diverse fasi della collaborazione;

-

stabilire con lo sponsor un rapporto corretto e bilanciato, fondato sull’impegno dell’istituzione di collaborare fattivamente per la massima visibilità del sostenitore, ma anche nel rispetto della centralità del valore del progetto culturale sostenuto;

-

trasparenza sull’utilizzo delle risorse;

-

evitare di accogliere finanziamenti da imprese per realizzazioni con carattere prioritariamente pubblicitario o attività non pienamente in accordo con gli obiettivi culturali dell’istituzione;

-

poter disporre di una programmazione a lungo termine, con iniziative multidisciplinari e progetti capaci di ricadute significative sul territorio in modo da offrire alle imprese la possibilità di inserire il sostegno all'istituzione culturale all'interno di strategia imprenditoriali, ovviando al rischio di interventi episodici o limitati nel tempo, superando la logica della sponsorizzazione tradizionale per passare a forme di partnership più strutturate e continuative, con prospettive di sviluppo maggiormente innovative.

Potenzialità del fund raising: -

incremento delle entrate grazie all’aumento dei sostenitori;

-

aumento della notorietà e “posizionamento di marca”;

-

aumento della credibilità;

-

maggiore possibilità di accesso ai media;

-

maggiori occasioni di networking e partnership con altre organizzazioni non profit;

-

maggiore sensibilità da parte del pubblico;

-

aumento del numero di volontari.

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Per quanto riguarda invece l’intervento dello Stato a favore dello sviluppo della professione del fundraiser, Valerio Melandri e Alberto Masacci hanno ipotizzato una proposta di regolamentazione della raccolta fondi capace di sbloccare lo stato normativo che ci ha consegnato il Decreto Legislativo n. 460 del dicembre del 1997 per il "Riordino della disciplina tributaria degli enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale". La proposta di legge “restrittiva” ipotizzata da Melandri e Masacci 71permetterebbe di: -

regolamentare l’esenzione fiscale per il donatore e punire gli abusi;

-

controllare i casi di concorrenza sleale;

-

istituire il “pubblico registro delle raccolte fondi”;

-

istituire gli Albi Professionali delle figure professionali coinvolte nel fund raising;

-

controllare e limitare il finanziamento degli enti pubblici.

Attraverso questi sei punti si vorrebbe innanzitutto impedire la competizione sleale tra gli enti nonprofit e le aziende for profit, e denunciare quindi quei casi di enti non profit che svolgono un’attività commerciale, condotta con regolare continuità tanto quanto un’azienda for profit, senza però essere soggetti a tassazione. Istituendo poi il “Pubblico registro delle raccolte fondi”, al quale è possibile accedere solo a seguito dell’approvazione della licenza; e attraverso l’iscrizione dei fundraiser in appositi Albi Professionali, è possibile monitorare il bilancio, le metodologie utilizzate, le finalità perseguite e i soggetti responsabili che conducono la gestione delle associazioni. Stabilendo infine, dei limiti ai costi di fund raising e controllando l’effettivo utilizzo dei finanziamenti da parte delle nonprofit rispetto le finalità precedentemente indicate è possibile riscontrare la correttezza, la trasparenza nonché la solidità strutturale delle organizzazioni.

71

Melandri V, Masacci A, Fund raising per le organizzazioni non profit, Il Sole 24 Ore, Milano 2000, pag.290

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4. Considerazioni emerse dal campione

4.1 Ricapitolando A conclusione di questa percorso di analisi e studio delle sistema nonprofit culturale italiano, e grazie ai preziosi materiali documentativi inviatemi dalle associazioni prese in considerazione, sono emersi diversi fattori utili a comprendere lo stato in cui oggi versa il settore nonprofit per l’arte contemporanea nel nostro paese. Essere nonprofit è una scelta di autonomia culturale e finanziaria che permette alle associazioni di muoversi con parziale agilità, libertà di pensiero e indipendenza; a livello finanziario inoltre le nonprofit non sono soggette e a tassazione e possono fare domanda per i contributi statali pur rimanendo fuori da ogni logica speculativa. In quanto campo neutrale e indipendente il nonprofit risulta essere l’ambito nel quale salvare le energie e le intelligenze che devono continuare a vivere e rispondendo all’esigenza di molti giovani operatori culturali che vogiono superare le prerogative individuali

che

contraddistinguevano

in

modo

molto

vincolante

questo

ambito

professionale. L’associazionismo nasce in risposta dell’esigenza culturale, politica e sociale di trovare uno spazio di osservazione autonomo e democratico e si ritrova a svolgere un ruolo di supplenza, continuando a colmare almeno in parte la lacuna lasciata dalle istituzioni. Essere nonprofit è una pratica di vita, significa fare una scelta di carattere etico e operativo. Le associazioni indipendenti rappresentano luoghi di elaborazione collettiva di valori sociali condivisi, sono spazi di riflessione, ricerca ed azione. I membri fondatori cooperano e si confrontano costantemente per ridare spessore ai loro ideali e per favorire lo sviluppo del pluralismo, in questo senso è importante non sottovalutare il ruolo che rivestono di poli culturali indipendenti e di piattaforme per lo sviluppo locale e la crescita sociale del territorio. Le onp sostengono il pensiero critico e si interessano alla problematicità del fare arte, non pensano all’arte non come puro intrattenimento ma come strumento di riflessione sull’esistente, come occasione preziosa di esperienza e riflessione critica e come valore sociale

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Le due principali linee di d’azione delle associazioni sono: sostenere la giovane creatività artistica e offrire SERVIZI per l’arte lavorando sul principio della progettazione integrata per il quale ogni membro offre le proprie competenze alla causa. Per quanto riguarda la metodologia artistico-curatoriale le onp non operano mai a partire da un concept predefinito, ma elaborano strategie e finalità ogni volta diverse e relative al processo che devono sviluppare; la filosofia che accomuna il loro fare è quella del learning by doing: il metodo partecipativo esperienziale su cui si basa la crescita e lo sviluppo dell’organizzazione. Sono molti gli ostacoli che le onp incontrano quotidianamente durante lo sviluppo della loro pratica. Innanzitutto il nonprofit in Italia opera in un contesto non aggiornato: a partire dai Ministero dei Beni Culturali fino ad arrivare agli assessori comunali, nel nostro paese non ci sono referenti nella politiche culturali al corrente dello stato in cui versa l’arte contemporanea nazionale. In un paese ancora principalmente orientato alla salvaguardia del patrimonio storico, poco o nulla orientato all’innovazione, di certo quello del mancato aggiornamento delle politiche e di conseguenza dei criteri di valutazione è un problema grave che influenza qualsiasi apertura alla ricerca. La classe politica trascura l’educazione all’arte e, ceca al valore che la cultura potrebbe apportare alla società e ai singoli cittadini, affida al volontariato la politica culturale delle arti visive senza però dotarla di strumenti, opportunità finanziarie e di servizi utili alla sua crescita. Questo manifesta il mancato riconoscimento da parte dello stato del ruolo svolto dagli attori locali, gravato in più dalla deficitaria attenzione rivolta all’investimento culturale al livello regionale e alla poca efficienza delle istituzioni periferiche e statali. Mancano infine, quasi del tutto, gli strumenti legati alla fiscalità e di conseguenza la presenza di soggetti privati a porre fiducia in questo tipo di progettazione. I principali ostacoli emersi sono dunque di ordine burocratico e finanziario, come ad esempio la mancanza di un sostrato fertile a supporto delle iniziative, la presenza di bandi pubblici poco orientati al contemporaneo e difficilmente accessibili, i tempi burocratici infiniti che rallentano lo svolgere dei progetti; ma principalmente stiamo parlando della difficoltà di far comprendere alle stesse Istituzioni che dovrebbero essere preposte alla promozione culturale, dato il valore sociale che la cultura riveste oggi nella prospettiva di un pieno e duraturo sviluppo. Nonostante tutto ciò, tutte le associazioni a cui ho domandato se rifarebbero questo percorso formativo e lavorativo, mi hanno risposto affermativamente perché a loro parere la possibilità di potersi confrontare sulla propria passione è di per sé molto stimolante tanto quanto l’importanza che ha il valorizzare al massimo gli strumenti di cui ognuno di noi dispone. 53


4.2 Le debolezze dell Associazionismo culturale Dal punto di vista dell’ordinamento giuridico il dato più urgente è la mancanza di un sistema di leggi che raccolga in maniera unitaria la normativa riguardo il settore nonprofit, per questo sono in molti a richiedere allo Stato di elaborare un testo unico per il nonprofit che finalmente comprenda le diverse peculiarità del settore e gli conferisca dignità sistemica. Per quanto riguarda le statistiche invece, non esistono ancora dati specifici sull’associazionismo culturale per l’arte contemporanea, tanto che nell’ultimo Censimento sul settore nonprofit (1999) l’Associazionismo culturale è catalogato nell’insieme di “cultura, sport e ricreazione”, è necessario a questo proposito programmare un censimento specifico delle nonprofit culturali per monitorare la crescita del fenomeno. Dal punto di vista economico-finanziario è emerso che le associazioni non riescono a vivere esclusivamente dei finanziamenti privati e degli esegui sostegni economici pubblici: la mancanza strutturale di fondi rappresenta un vincolo sia per le organizzazioni per lo sviluppo di un programma culturale più intenso, sia per le Istituzioni che non dispongono degli strumenti adatti per monitorare e controllare il modo in cui queste utilizzano le loro risorse economiche. Inoltre, è stato rilevato che sono pochissime le associazioni che dispongono di membri che si occupano di fund raising, questa mancanza condiziona le associazioni che vivono una situazione di continua precarietà e insofferenza che talvolta può addirittura portarle all’abbandono delle motivazioni originarie e alla degenerazione del gruppo. Oltre a rendere la ricerca fondi un impegno inevitabile e costante, le associazioni dovrebbero occuparsi maggiormente nello stabilire rapporti di collaborazione e di confronto sia con gli enti locali sia nazionali pubblici e privati per instaurare rapporti di cooperazione e sostegno reciproco a lungo termine, e per passare poi dopo allo scambio di risorse con le realtà internazionali. Infine è emerso che a causa della mancanza di fondi, molte associazioni nonprofit si comportano illegalmente come delle società commerciali evadendo le tasse.

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Rispetto la promozione della giovane arte nazionale è stato messo in evidenza che le associazioni in Italia sono in minoranza rispetto alle gallerie perché il sistema dell’arte è localistico e chiuso su sé stesso, per questo, a differenza degli altri paesi, la giovane arte nazionale è per la maggior parte promossa dalle gallerie, a discapito del giovane artista che si trova immediatamente immerso in una condizione commerciale prima di aver maturato la sua ricerca. Al livello sociale i centri nonprofit non sempre riescono a coinvolgere ed interessare il vasto pubblico, oltre a quello facente parte il sistema culturale, questo specialmente a causa della specificità e della complessità dei progetti artistico-curatoriali che la maggior parte delle volte propongono, ma anche a causa del fatto per cui non essendo riconosciuti e sostenuti dallo Stato, come avviene per esempio nei paesi anglosassoni, non rientrano nelle scelte del cittadino che non le conosce proprio.

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4.3 Il senso dell associazionismo culturale in una prospettiva di sviluppo culturale Le associazioni promuovono servizi culturali di carattere formativo e informativo, incentivano il pluralismo e la diversificazione dell’offerta culturale ed esternano l’accesso al consumo dei servizi culturali all’intera popolazione eliminando le disparità: i benefici sociali generati dalla produzione della loro attività artistiche-culturali eccede in qualche misura la somma dei costi utilizzati per tenere il settore in vita e permetterne il funzionamento. Un settore così importante per la vita civile del nostro Paese, tutt’altro che insignificante dal punto di vista economico ed occupazionale, resta d’altronde caratterizzato da una grande incertezza normativa, da scarsi meccanismi pubblici di incentivo allo sviluppo e da una ridotta trasparenza sull’efficienza e l’efficacia della sua azione. Sarebbe pertanto opportuno regolamentare questo settore nella sua globalità attraverso provvedimenti capaci di garantirne l’autonomia e l’indipendenza. Affinché lo Stato regolamenti e riconosca le nonprofit è necessario prima di tutto che le associazioni “si rendano conto che sono una risorsa preziosa per le istituzioni del territorio in cui operano. Il passo successivo, faticoso ma necessario, sarà quello di aprire un dialogo con gli enti pubblici, fondazioni, assessorati, ecc. per costruire un sistema integrato che coinvolga tutti i soggetti che fanno parte del sistema dell’arte.”72 Non solo, prima ancora, le organizzazioni devono interfacciare fattivamente una serie di collaborazioni tra loro al fine di realizzare progetti che possano superare una soglia critica di attenzione, e consolidare un network stabile del nonprofit per il contemporaneo. A tal proposito strutturare un consorzio, come già hanno iniziato a fare alcune di loro sotto il nome di Ada network, che raccolga in un unico organo i contributi di ciascuna organizzazione è un ottimo punto di partenza: “se si presentasse come un fronte unico, con finalità comuni e progetti ampi e condivisi, la nostra sarebbe una voce autorevole nel confronto con le Istituzioni. La difficoltà, in questo caso, è che lavorare in continuo stato di emergenza assorbe tantissime risorse, poiché gli sforzi per realizzare i progetti sono grandi e richiedono molto tempo. Per far fronte alle necessità immediate si tende a sacrificare gli obiettivi di medio e lungo temine, in modo controproducente perché questo vuol dire rallentare il cambiamento.”73

72 73

Sossai M. R. in Delfini E (a cura di), Not for profit, just for culture, giornale pubblicato sul portale di Teknemedia.net Ambusto L, direttrice di eventoarea cit. tratta dall’intervista

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La critica, i giornali e le riviste specializzate devono sostenere questo processo di riconoscimento provvedendo alla redazione di articoli, interviste, e saggi scientifici specializzati che teorizzano il sistema nonprofit culturale italiano; e organizzando incontri, conferenze o tavole rotonde grazie alle quali avere la possibilità di presentare le attività delle organizzazioni. Sarebbe opportuno che lo Stato rivedesse la normativa relativa gli enti per renderla adeguata alle funzioni e ai compiti nuovi che oggi svolge il nonprofit, e sarebbe auspicabile che si dedicasse alla redazione di un Testo Unico del Settore Non Profit. Lo Stato dovrebbe ancora provvedere alla creazione di un organismo amministrativo sul modello delle agenzie internazionali soprattutto di area anglofona e germanofona dell’Arts Council, che gestisca i finanziamenti e funzioni da interlocutore diretto tra pubblico e privato: “rappresenterebbe da parte dello Stato italiano la garanzia di un impegno continuativo, coordinato e coerente al contemporaneo; una struttura agile e separata dalle altre gravose incombenze della tutela del patrimonio storico artistico, dotatasi di un budget adeguato e di una ripartizione cristallina dello stesso che premiasse su base meritocratica i progetti più innovativi.”74 Un’altra ipotesi di intervento è quella della possibile creazione di Osservatori Culturali Regionali per il monitoraggio delle attività culturali sui territori locali. Dal punto di vista fiscale invece, Mario Gorni propone “una riduzione dal 20% dell’IVA che le associazioni a differenza delle aziende devono pagare tutta, al 4% come quella degli editori; la rendicontazione degli importi effettivamente finanziati dal Pubblico e non quella dei costi sostenuti per la realizzazione dei progetti; la verifica vera e non solo contabile dei progetti culturali che sono stati effettivamente realizzati.”75 Infine dato che “i problemi finanziari di uno spazio non profit sono da ricercare anche nelle norme vigenti che regolano gli statuti delle associazioni, (…) per la gestione delle risorse si potrebbe pensare di costituire una sorta di mercato equo e solidale, una banca etica, una banca di mutuo soccorso, una banca degli scambi, dove poter far confluire, con azioni comuni e condivise, fondi e servizi di cui possono usufruire tutti gli associati.”76 E a partire da questo sarebbe molto proficuo per le organizzazioni, che lo Stato incentivasse la costituzione di fondi e di strutture creditizie finalizzati al finanziamento delle organizzazioni nonprofit e che si concentrasse sullo sviluppo della cultura d’impresa costruendo un ponte tra due mondi finora ancora poco comunicanti. 74

Brusarosco P, direttrice di Viafarini cit. tratta dall’intervista Gorni M, direttore di Careof cit. tratta dall’intervista 76 Ferruzzi D, direttore di Crac cit. tratta dall’intervista 75

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Il punto di partenza di questo processo che riguarderà la crescita dell’associazionismo culturale e di conseguenza di sviluppo culturale ed economico dello Stato,

e che si

auspica non tardi ad iniziare, sarà l’impegno che le organizzazioni nonprofit metteranno nella costruzione di un dialogo più approfondito con le istituzioni e nella ricezione che queste ultime avranno nei confronti di queste questioni, tutt’altro che irrilevanti per lo sviluppo culturale della società civile italiana.

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CASI STUDIO

a_l_margine, a cura di eventoarea, Reggio Calabria, FacoltĂ di Architettura 13-21 Maggio 2008


NEON>CAMPOBASE CAREOF VIAFARINI ZERYNTHIA A.TITOLO BASE DARTH CRAC PROGETTO ISOLE 1:1 PROJECTS EVENTOAREA CHAN


neon>campobase

Piccolo Stato a cura di Roberto Daolio, performance di Sigtrigur Berg Sigmarsson, The important little man, live action, 28 Maggio - 10 Luglio 2009, neon>campobase, Bologna.


neon>campobase Bologna, 1981

www.neoncampobase.com/ info@neoncampobase.com

MISSION E REPORT ATTIVITA’ L’attività di neon ha attraversato tre decenni della vita culturale non soltanto della città di Bologna, ma dell’intero territorio regionale e del territorio nazionale. neon è uno spazio indipendente che supporta e promuove la ricerca artistica contemporanea, con attenzione particolare al lavoro delle generazioni emergenti. Nasce nel 1981 a Bologna come artist’s space e a partire dal 1988 si struttura quale spazio espositivo, qualificandosi negli anni come piattaforma di sperimentazione autonoma in cui interagiscono artisti, critici e curatori e sviluppando la capacità di generare un circuito di informazione rivolto al pubblico specializzato ma anche a un pubblico che non fa direttamente riferimento al sistema dell’arte. neon non è una galleria d’arte, non ha costituito una scuderia di artisti da presentare regolarmente nelle mostre e nelle fiere: a volte è semplicemente un luogo di passaggio, stimolante e utile da inserire in curriculum; più spesso si può parlare di attraversamenti, e in questi casi i tempi si fanno più lunghi, ci si trova bene insieme, si scambiano anche idee e si costruiscono progetti; in alcuni casi, quando la simpatia è più forte, neon diventa uno spazio di condivisione. Con il trasferimento in via Zanardi avvenuto nel 2003 prende avvio neon>campobase, una sorta di laboratorio per la ricerca di un possibile update della forma-galleria come successione di situazioni che sollecitino

Water Carefully, a cura di Eloise Ghioni e Andrew Smaldone 15 - 26 Maggio 2009 neon>campobase, Bologna, veduta dell’installazione.

rapporti di collaborazione, intersezioni, scambi, discussioni. I progetti che vengono sviluppati includono tutte le forme in cui l’arte contemporanea si dispiega, e privilegiano la sperimentazione interdisciplinare: mostre, eventi, incontri, presentazione di libri e di riviste, video, sound art, etc. Nel 2000 un progetto presentato da neon vince il bando di concorso per l’assegnazione di spazi all’interno della Fabbrica del Vapore, e nell’autunno del 2006 neon>fdv inizia la sua attività. Anche in questa sede neon produce e organizza mostre personali e mostre collettive di artisti italiani e internazionali, con l’obiettivo di favorirne la crescita professionale e di offrire loro la possibilità di sperimentare progetti al di fuori dei condizionamenti posti dal mercato.


L’esperienza neon>fdv si chiude nel giugno 2009. Nel corso della sua lunga attività neon ha costruito e consolidato il proprio ruolo sulla scena artistica nazionale e internazionale divenendo un importante punto di riferimento per i giovani artisti, per la critica più attenta e per il collezionismo informato. Anche grazie alla presenza e all’attività promozionale e di sostegno che neon ha sviluppato nel corso degli anni numerosi artisti hanno avuto la possibilità di emergere, di fare verifiche sul proprio lavoro, di sperimentare, di affacciarsi al mondo dell’arte contemporanea, di prendere contatto con un sistema complesso e articolato e di compiere poi le proprie scelte individuali che spesso li hanno portati in direzioni divergenti e in luoghi anche radicalmente diversi. neon attiva abitualmente convenzioni per lo svolgimento di stage e tirocini formativi con Accademie di Belle Arti, Università e Master di specializzazione per la formazione di studenti in ambito curatoriale, organizzativo, gestionale. Parallelamente alle iniziative ospitate nel proprio spazio neon realizza da anni numerosi progetti in collaborazione con enti pubblici e privati, associazioni, gallerie e centri d’arte italiani ed esteri promuovendo il lavoro dei giovani artisti e dei giovani curatori italiani anche in ambito internazionale. Spesso le iniziative promosse da neon hanno precorso i tempi: è del novembre del ’92 Trekking, un progetto che per una giornata ha portato il pubblico dell’arte a contatto con l’ambiente naturale su un percorso sui primi contrafforti dell’Appennino Emiliano; del ’94 è Praticare l’arte. Come trasformare la galleria Neon in una palestra, un workshop coordinato da Emilio Fantin; del 1998 è Eccentrica, una mostra dislocata in diverse location sul percorso della via Emilia fra Bologna, Varignana, Castel San Pietro Terme e Imola. Nasce da queste esperienze e

dall’interesse a portare l’arte fuori dai luoghi deputati un lavoro di studio e di ricerca orientato ad approfondire le tematiche riconducibili alla Public Art, che conduce poi alla realizzazione di alcuni interventi sul territorio urbano bolognese: in particolare Container osservatorio-laboratorio di arte pubblica è stato operativo nel corso dell’anno 20072008 all’interno del progetto “Sposta il tuo centro. Quartiere San Donato. Città di Città”; il container e gli interventi degli artisti coinvolti nel progetto sono stati strumento di avvicinamento/conoscenza e avvio di un processo di riflessione e trasformazione antropologico-sociale dello spazio metropolitano, a partire dai suoi caratteri essenziali e dalle sue peculiarità. Nel 2008-2009 poi, in collaborazione con l’Ufficio Giovani Artisti del Comune di Bologna, è stato avviato gaP – giovani per l’arte pubblica – un progetto articolato in seminari, workshop e interventi rivolto a giovani artisti, nato dalla costante attenzione di neon nei confronti dell’arte pubblica e dalle riflessioni scaturite a seguito di incontri, progetti e interventi nello spazio urbano.

Water Carefully, a cura di Eloise Ghioni e Andrew Smaldone 15 - 26 Maggio 2009 neon>campobase, Bologna, particolare dell’installazione.


Intervista a Gino Giannuizzi Come mai alla fine degli anni Ottanta avete scelto di mutare il vostro statuto da galleria ad associazione nonprofit mantenendo però dei comportamenti che sono riconoscibili come comportamenti caratteristici della galleria di mercato? Non è corretto quello che affermi, neon è nata proprio come associazione culturale (allora - 1981 - non si parlava di non profit); è vero però che neon ha sempre scelto di seguire un percorso che non esclude comportamenti che sono abitualmente riferiti alle galleria di mercato, come ad esempio la partecipazione alle fiere di arte. Questa scelta è dovuta alla consapevolezza che ogni strumento, se utilizzato correttamente, può essere utile: es. le fiere sono un momento fondamentale per la diffusione del lavoro e per la comunicazione; quella del non profit è una scelta di carattere etico e non di carattere operativo. Che tipo di ricaduta ha avuto la vostra attività culturale sul territorio? neon, fin dai primi anni di attività, ha svolto un ruolo di supplenza e ha colmato almeno in parte una lacuna lasciata dalle istituzioni, offrendosi come spazio di sperimentazione e di ricerca, come starting point per giovani artisti al loro esordio sulla scena. Nel corso della sua lunga attività neon ha costruito e consolidato il proprio ruolo sulla scena artistica nazionale e internazionale divenendo un importante punto di riferimento per i giovani artisti, per la critica più attenta e per il collezionismo informato. Anche grazie alla presenza e all’attività promozionale e di sostegno che neon ha sviluppato nel corso degli anni numerosi artisti hanno avuto la possibilità

di emergere, di fare verifiche sul proprio lavoro, di sperimentare, di affacciarsi al mondo dell’arte contemporanea, di prendere contatto con un sistema complesso e articolato e di compiere poi le proprie scelte individuali che spesso li hanno portati in direzioni divergenti e in luoghi anche radicalmente diversi. Un altro elemento che riteniamo interessante in relazione al rapporto con il territorio sono le convenzioni per lo svolgimento di stage e tirocini formativi con Accademie di Belle Arti, Università e Master di specializzazione per la formazione di studenti in ambito curatoriale, organizzativo, gestionale Da qualche anno avete aperto anche neon>fdv, la filiazione milanese di neon collocata nell’ambito del progetto Fabbrica del Vapore, in cosa differenzia la gestione dell’associazione milanese rispetto quella bolognese? In realtà neon>fdv e neon>campobase sono state complementari, e la gestione dei due spazi era strutturata in modo tale da sviluppare due progetti di ricerca autonomi che spesso si intersecavano. Nel 2000 il progetto presentato da neon vince il bando di concorso per l’assegnazione di spazi all’interno della Fabbrica del Vapore, e nell’autunno del 2006 neon>fdv inizia la sua attività. Anche in questa sede neon produce e organizza mostre personali e mostre collettive di artisti italiani e internazionali, con l’obiettivo di favorirne la crescita professionale e di offrire loro la possibilità di sperimentare progetti al di fuori dei condizionamenti posti dal mercato. L’esperienza neon>fdv si chiude nel giugno 2009.


Di che tipo di finanziamenti usufruisce neon? Sono sufficienti a coprire le spese dei vostri progetti? Neon partecipa a bandi per la concessione di finanziamenti pubblici (Regione, Comune) e di Fondazioni Bancarie (Fondazione del Monte, Fondazione Cassa di Risparmio). Talvolta ottiene finanziamenti, peraltro sempre modesti, che non sono in ogni caso sufficienti a coprire le spese non solo dei progetti ma neppure della gestione ordinaria.

Secondo te cosa si potrebbe iniziare a fare per raggiungere un effettivo riconoscimento del settore nonprofit da parte dello Stato? Quello che - per quanto conosco - si sta facendo è costituire una sorta di lobby che sia in grado di dare una voce al non profit in ambito culturale. Non so se questa sia la strada migliore da seguire, certo è una strada...

Come descriveresti la condizione dell’operatore culturale oggi in Italia? È certamente una condizione difficile: ritengo che nel momento in cui la condizione della ricerca indipendente è più difficile e l’attenzione per la cultura risulta ridotta al minimo a causa di scelte politiche nazionali incapaci di visioni di futuro che si ripercuotono anche su scala locale, sia ancora più importante dare voce e di ottenere un riconoscimento formale per tutta quell’area vasta e variegata di soggetti che si mettono in gioco in prima persona, che mettono a disposizione le proprie competenze, il proprio tempo, le proprie energie. Dato che lo Stato non considera vantaggioso per la società l’investimento nella produzione culturale, potresti dirmi qualcosa per convincermi che si devono promuovere e supportare le attività culturali in Italia? Penso che l’argomento più forte sia la valorizzazione di un’economia del dono, quella che in modo esplicito o inconsapevolmente sta alla base delle azioni di ogni soggetto attivo in questo ambito; considero che questa sia una forma di intervento politica e che la sua pratica possa portare al raggiungimento di risultati importanti a vantaggio dell’intera comunità.

Water Carefully, a cura di Eloise Ghioni e Andrew Smaldone 15 - 26 Maggio 2009 neon>campobase, Bologna, particolare dell’installazione.


Careof

Absense Bulletin, mostra personale di Mauro Vignando, a cura di Chiara Agnello 17.09 - 31.10.09, Careof, Fabbrica del Vapore, Milano


Careof

Milano, 1987 www.careof.org/ careof@careof.org

MISSION Careof è uno spazio indipendente attivo a Milano che promuove la ricerca artistica contemporanea, con particolare attenzione al lavoro delle generazioni emergenti. Nel tempo si è delineato quale piattaforma di sperimentazione per artisti, critici e curatori, con l’obiettivo di generare un circuito d’informazione per un pubblico specializzato e non. I progetti che Careof sviluppa sono rivolti alla divulgazione dell’arte nelle sue diverse forme espressive, alla sperimentazione interdisciplinare e al confronto tra la scena nazionale e internazionale. Careof produce e presenta mostre, eventi e video screening in sede e fuori sede, svolge servizi di documentazione e archiviazione sulle arti visive, e propone un intenso programma di didattica.

Storia Careof nasce nel 1987 da un progetto di Mario Gorni e Zefferina Castoldi. La prima sede è a Cusano Milanino dove, grazie al supporto di istituzioni quali la Regione Lombardia, il Comune e la Provincia di Milano, e il successivo accordo con l’associazione Viafarini, Careof inizia ad archiviare, digitalizzare e mettere online i materiali d’artista, incrementando al tempo stesso l’attività espositiva. Nel 2000 il Consorzio Careof e Viafarini, vince il bando di concorso per l’assegnazione di uno spazio all’interno della Fabbrica del Vapore. Nel 2006 Careof riceve dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali il riconoscimento di Archivio Storico di rilevanza nazionale grazie ai materiali della videoteca e dell’archivio fotografico collezionati a partire dagli anni ’80.

Public Improvisations, a cura di Luca Cerizza e Anna Daneri 4.12.08 - 15.01.09, Careof, Fabbrica del Vapore, Milano, veduta dell’istallazione.


Location Dal 2002 Careof ha sede alla Fabbrica del Vapore a Milano, inizialmente negli spazi temporanei di via Luigi Nono e a partire dal 2008 in quelli definitivi di via Procaccini 4. Il 4 aprile Careof presenta al pubblico la nuova sede: circa 200 mq sono dedicati allo spazio espositivo e alla zona uffici, mentre 250 mq ospitano gli archivi del DOCVA Documentation Center for Visual Arts, che Careof gestisce insieme a Viafarini.

REPORT ATTIVITA’ Projects in Careof produce e organizza nel proprio spazio espositivo mostre personali e collettive di artisti italiani e internazionali, ideate allo scopo di svilupparne la crescita professionale e operare uno screening significativo del loro lavoro. Careof promuove inoltre presentazioni di libri, cataloghi, riviste, serate ed eventi d’arte contemporanea. Nei suoi vent’anni d’attività l’associazione ha consolidato il proprio ruolo sulla scena artistica nazionale divenendo punto di riferimento per la promozione dei giovani artisti in Italia e all’estero. A partire dal 2007 Careof dedica particolare attenzione al confronto tra la realtà italiana e il panorama internazionale. Creando un dialogo con alcune fra le più interessanti situazioni estere, realizza progetti focalizzati su modalità alternative di organizzazione artistica, quali artist-run initiatives o spazi indipendenti con finalità simili a quelle di Careof. Tra i progetti presentati lo scorso anno Exchanging Roles dedicato alla scena olandese e Too Near Too Far a quella australiana. Nella stagione espositiva 2008/2009 il rapporto con Attitudes, Espace d’Arts Contemporains di Ginevra, aprirà un confronto con il

contesto svizzero, mentre la personale di Dafne Boggeri o il progetto This is (not) a magazine rappresenteranno uno spunto di riflessione su esperienze “do it yourself” nate in ambito italiano.

Projects out Careof realizza numerosi progetti fuori dalla propria sede sviluppando collaborazioni con enti pubblici e privati, associazioni, gallerie e spazi per l’arte contemporanea al fine di promuovere i giovani artisti italiani in Italia e all’estero. Tra gli eventi realizzati: organizzazione di progetti e mostre; presentazioni di materiali dall’Archivio Video - sia opere che video documentazioni - nell’ambito di concorsi e rassegne internazionali; partecipazione a convegni, conferenze, tavole rotonde e seminari su tematiche legate all’arte contemporanea e alle nuove tecnologie, quali l’archiviazione, la conservazione e i diritti d’autore sulle opere video.

200 Artisti per Careof, Asta per Careof, da un’idea di Roberto Pinto, 19 - 27.11.08, Careof, Fabbrica del Vapore, Milano


Projects video

Education

Careof organizza e gestisce un Archivio Video con oltre 4500 titoli. I materiali sono distinguibili in due categorie: opere d’artista e video documentazioni. Nella sezione opere d’artista sono conservati oltre 4000 titoli, a partire dalle sperimentazioni video degli anni ‘60 sino alle produzioni delle ultime generazioni.

Lo staff di Careof tiene corsi in ambito universitario e di specializzazione post laurea su tematiche quali la storia della videoarte, le poetiche contemporanee, la gestione di un archivio, i problemi di conservazione e catalogazione dei materiali, il management di un ente non profit. Careof organizza inoltre workshop con artisti e critici così come laboratori sull’uso della strumentazione video. L’attività didattica si avvale dei materiali dell’Archivio Video quali interviste, video documentazioni e opere prodotte a partire dalla seconda metà degli anni ‘60 sino agli eventi più recenti.

La sezione video documentazioni include riprese di mostre, conferenze, performance ed eventi d’arte contemporanea di livello internazionale, prodotte da Careof. Tutti i materiali confluiscono negli archivi del DOCVA Documentation Center for Visual Arts e sono disponibili al pubblico per la consultazione. Numerose sono le attività che Careof organizza in relazione all’Archivio Video: dalla produzione di opere come Memoria Esterna di ZimmerFrei (2007), prima tappa del progetto Ritratti. Percorsi video a Milano, alla curatela di video screening per eventi espositivi, concorsi e festival internazionali.

Documentation Services

Intership Careof attiva convenzioni di stage con Accademie di Belle Arti, Università e Master di specializzazione per la formazione di studenti in ambito curatoriale, organizzativo, gestionale, di fund raising e di analisi delle peculiarità di uno spazio non profit per l’arte contemporanea.

A partire dal 1987 Careof organizza un servizio di promozione e divulgazione dell’arte contemporanea rivolto a un pubblico specialistico e non. Raccoglie saggi, cataloghi, libri d’artista, riviste e tesi di particolare interesse disponibili al pubblico per la consultazione presso il DOCVA. Offre inoltre un servizio di visione e archiviazione di portfolio d’artista attraverso colloqui personali con un curatore.

Il raccolto d’autunno è stato abbondante, a cura di Chiara Agnello e Milovan Farronato, 10.11 > 23.12.09, Careof, Fabbrica del Vapore, Milano, veduta dell’istallazione.


REPORT ECONOMICO Careof ha istituito collaborazioni e finanziamenti con Comune di Milano e Regione Lombardia che ogni anno stanziano fondi per specifici progetti ma non per l’attività continuativa. Nel 2009 è stato realizzata la mostra collettiva “Il raccolto d’autunno è stato abbondante” in collaborazione con l’Assessorato alle Culture, Identità e Autonomie della Regione Lombardia, che ha stanziato circa 20.000 euro per la sua realizzazione. Nel 2008, in consorzio con l’Associazione Viafarini, abbiamo vinto un bando della Fondazione Cariplo riguardo agli archivi, della durata di tre anni che ci ha permesso di svolgere molte delle numerose attività realizzate. Di volta in volta si cercano partner e sponsorizzazioni a seconda del progetto in questione, nel 2010 sono nate collaborazioni con Le Centre culturel français de Milan e l’Istituto Svizzero di Roma con sede di Milano, in merito alle due mostre: One More Reality e Ursula Biemann.

Absense Bulletin, mostra personale di Mauro Vignando, a cura di Chiara Agnello 17.09 - 31.10.09, Careof, Fabbrica del Vapore, Milano. Opening della mostra.


Intervista a Mario Gorni Perché avete scelto di essere un’associazione non a scopo di lucro? Non so fino a che punto fu una scelta. Eravamo un gruppo di artisti e di intellettuali che decidevano di lavorare insieme per mettere in mostra le opere prodotte dagli amici e farne oggetto di discussione. L’associazione era la forma organizzativa più semplice e più vicina alle nostre intenzioni. La mission che avevamo messo a punto portava direttamente a questa soluzione, la forma giuridica non profit era la logica conseguenza degli obbiettivi che ci eravamo prefissati: dare una forma attrezzata e dignitosa alle necessità espositive di artisti milanesi con una ricerca di buona qualità pronta nello studio ma ancora ignorata dal sistema mercantile delle gallerie. Un lavoro che sarebbe morto in assenza di visibilità e promozione. Un lavoro prodotto per la comunità che doveva tornare alla comunità e dichiararsi, confrontarsi. La forma non profit era come il vestito più adatto a compiere la mission, fuori da ogni logica speculativa. Non si voleva vendere nulla, solo salvare una serie importante di energie e di intelligenza che dovevano continuare a vivere. L’attenzione del sistema dell’arte milanese, per quanto

sensibile, escludeva l’esubero di ricerche complesse, o troppo giovani, che non potevano immediatamente diventare profittevoli per un’espansione del mercato. Ci sembrava imperasse una sorta di sonnolenza, disattenzione, che poco più tardi identificammo come una vera politica. “Ci sono troppi artisti” qualcuno ci disse, “siete irresponsabili a illudere la gente” ci disse qualcun altro. Ma tirammo dritto, coscienti di metterci la nostra responsabilità e la nostra fatica. Erano i tempi della Brown Boveri, quando gli artisti giovani andavano ad installare opere in grandi spazi industriali dismessi, per misurarsi con lo spazio e “testare” la tenuta del lavoro. In fondo non fummo dei geni a capire quali fossero le necessità del dibattito di quel momento. Trovammo uno spazio adatto a Cusano Milanino, nella periferia Nord della città, lo adattammo alle nostre esigenze e cominciammo. Era il 1987. La risposta degli artisti fu subito copiosa e strabordante, anche i critici giovani trovavano un campo d’azione neutro per poter sperimentare progetti autonomi senza dover fare i conti con le incombenze chieste dal mercato, aria fresca. Non riuscivamo a dare corso a tutte le necessità. Fu così che nacque l’archivio, per il momento era l’accumulo dei progetti da differire nel tempo, una raccolta documentale di idee che chiedevano spazio e attenzione, di fatto erano portfolio, corredati da immagini,

200 Artisti per Careof, Asta per Careof, da un’idea di Roberto Pinto, 19 - 27.11.08, Careof, Fabbrica del Vapore, Milano


disegni, testi, descrizioni e lettere. Costituivano la mappa preziosa della creatività giovanile di Milano. Facevamo tutti sul serio, noi e loro. Sono trascorsi più di vent’anni anni dall’inizio della vostra attività, quali sono stati gli ostacoli più faticosi da affrontare e quali le soddisfazioni più grandi raggiunte? Accipicchia, nessuno avrebbe mai detto che avremmo potuto durare tanto! Gli ostacoli… Il denaro per poter lavorare! Facile fare impresa con i soldi, il difficile è riuscire a farla senza! E questa è stata la fatica più grande e quotidiana! Le uniche fonti di finanziamento per l’impresa erano i nostri stipendi. Quasi tutti eravamo insegnanti, quasi tutti precari. Il precariato non è una condizione solo di oggi, ha radici storiche e medievali. Un gotico che dura tuttora. Poi scoprimmo che le leggi e i regolamenti vigenti ci consentivano di partecipare a concorsi e a bandi pubblici per il finanziamento di progetti culturali senza scopo di lucro. Se eravamo davvero non profit, ci venivano riconosciuti dei diritti a giocare, ad accedere a delle risorse pubbliche. Imparammo subito a giocare, e diventammo anche bravi. Se il lavoro che fai è utile alla comunità, devi chiedere alla comunità di riconoscerlo. Capimmo subito che giocare in squadra era più interessante e profiquo che giocare in solitario. Si è più forti, si stabiliscono i ruoli e le divisioni dei compiti, si elimina un concorrente e si partecipa insieme, avvalendosi l’uno delle capacità dell’altro. Decidemmo di concorrere ad alcuni Bandi Pubblici con Viafarini, un’altra associazione che faceva un lavoro simile al nostro. Dopo alcuni anni di sperimentazione e di implementazione del lavoro, il sostegno del Pubblico ci consentì di realizzare una crescita importante nell’organizzazione dei servizi, nella informatizzazione delle raccolte e dei documenti, nel miglioramento delle

proposte espositive, coinvolgendo giovani curatori e giovani artisti. Diventammo davvero una palestra e un trampolino con alte prestazioni fino a poco tempo prima impensabili. Gli effetti di manipulite indurì fortemente la collaborazione del Pubblico con il privato. Le coperture dei bandi rispetto ai costi si ridussero fino al 50% del costo dei progetti. Le rendicontazioni necessarie diventavano via via più complesse, i controlli puntigliosi e severi. Cominciò una serie infinita di tagli che dura tuttora e che tuttora ha raggiunto livelli insostenibili. Intercettare nuove risorse nel Pubblico è diventato praticamente impossibile. Oggi gli EEPP sembrano delegare la valutazione e la selezione dei progetti ad enti privati come la Fondazione Cariplo di Milano nei quali poter poi figurare come possibili partner istituzionali, razionalizzando gli interventi e promuovendo direttamente solo i progetti degli Enti Pubblici gerarchicamente dipendenti. Dunque le risorse destinate ai progetti privati, anche se non profit, diventano sempre più regolamentate e rigidamente controllate, l’intercettazione delle quali diventa sempre più difficile selettiva e discontinua. Intercettare opportunità è diventato un mestiere a sé, che oggi occupa troppo tempo sottratto alla programmazione e all’attività continuativa. Sono certo che per affrontare questo problema siano già nate delle agenzie specializzate, e se non fosse così, potrebbe essere un nuovo servizio da inventare. I goals dell’attività invece sono molti e misurabili. Sono i rapporti personali e di stima instaurati e consolidati con gli artisti che abbiamo aiutato, che sono riusciti a inserirsi professionalmente in un mercato del lavoro così speciale come quello dell’arte. E sono molti, anzi moltissimi. Gli artisti, ma non solo, i critici e i curatori che hanno lavorato per noi e ai quali abbiamo regalato uno spazio autonomo di sperimentazione, accettando progetti difficili, per mettersi in mostra e costruire


la propria carriera curatoriale. Un altro risultato importante è stata la vittoria del concorso per poter usufriure degli spazi all’interno della Fabbrica del Vapore, realizzatasi dopo tanti anni di attesa solo recentemente, e di godere finalmente di una struttura adatta a sviluppare tutte le potenzialità dei servizi gratuiti che forniamo, anche a costo di affitti per noi difficili da sostenere. Ciò ha consentito per esempio l’inizio di un rapporto con le scuole circostanti e l’avviamento di una magnifica attività didattica e laboratoriale con i bambini delle fasce elementari e medie e con le Università, un reale rapporto con il territorio cui fornire formazione e aggiornamento sull’arte contemporanea. E ancora: il riconoscimento di Archivio storico da parte della Sovrintendenza milanese ai Beni Culturali. Il riconoscimento ufficiale (se può servire a qualcosa) che quello che abbiamo fatto con la raccolta dei nostri documenti è stato fatto bene, ha rispettato tutte le regole scientifiche e catalografiche, è diventato un patrimonio prezioso per la comunità e per questo va tutelato. Ora stiamo lavorando anche per ottenere in concessione degli spazi laboratoriali al fine di implementare un servizio di residenze per artisti, per poterli ospitare all’interno della Fabbrica del Vapore e riuscire viceversa a mandare all’estero giovani artisti italiani in aggiornamento professionale. Magnifico, no? Se venissero regalati 50.000 euro a Careof come li utilizzereste? Sono alcuni anni che cerchiamo di realizzare un progetto importantissimo per il DOCVA, centro di documentazione per le arti visive, senza riuscirci. Convertire in files digitali i materiali della videoteca: - per conservarli nello stato attuale - per inserirli nella consultazione diretta da parte del pubblico, dei ricercatori e dei tesisti.

Non siamo ancora riusciti a trovare i fondi necessari o a partecipare ad un bando ad hoc.So che prima o poi ce la faremo, ma per ora niente. Penso che dedicheremmo questo magnifico regalo alla realizzazione di questo progetto. Rispetto la produzione e la gestione della cultura nel nostro Paese, pensate sia ancora valido lo statuto nonprofit o credete ci sia bisogno di pensare una nuova forma giuridica formato? Non so bene, certo che la forma del non profit è sempre più sottoposta come dicevo prima a grandi difficoltà burocratiche e gestionali, con grandi responsabilità da parte del presidente (che in questo caso sono io) il quale deve rispondere con la propria persona e con i propri beni personali dell’andamento dell’impresa. Vale a dire: se l’impresa va male, devi rispondere personalmente al deficit eventuale. E’ giusto? Non so… Credo che accollarsi questi rischi in virtù di una mission che dovrebbe esercitare il Pubblico ma che di fatto non vuole esercitare, e che per la cecità di una classe politica che abdica ad una qualsiasi politica culturale per le arti visive, lasci tutto senza regole e senza alcuna produzione diretta di opportunità e di servizi nelle mani del volontariato, no non mi sembra giusto. Facile fare impresa senza rischi… Non è giusto ma forse ancora valido, perché tante sono le associazioni non profit nate e cresciute che oggi fanno un lavoro eccellente nelle arti visive su tutto il territorio nazionale, da Torino a Palermo. Certo che per una società che voglia migliorare la vita dei propri componenti, mettere al primo posto la cultura del denaro anziché premiare col denaro la cultura, la giusta risposta sarebbe quella aziendale: fare impresa solo in cambio di denaro. Ma è proprio per questo che stiamo assistendo alla più grande involuzione culturale dal dopoguerra ad oggi,


all’esosa avidità di chi gestisce il potere, i padri che non lasciano nulla ai propri figli se non la propria immondezza. In che maniera secondo voi è possibile raggiungere un effettivo riconoscimento del settore nonprofit da parte dello Stato? Per le cose dette, credo che il non profit culturale sia considerato dallo Stato solo un sassolino nella scarpa. Le cose di cui avremmo bisogno non sono molte e facili da elargire, anche in considerazione degli effetti positivi, l’indotto, i posti di lavoro e le tante energie che produce il nostro lavoro: - una razionalizzazione delle sue attività nel merito del contemporaneo, con l’eliminazione di sprechi giganteschi sotto forma di “eventi” troppo spesso monetizzati ma insignificanti e improduttivi. - Una politica meno politicante e più deontologicamente corretta nelle nomine e nelle cariche di responsabilità culturale per le attività e la tutela del patrimonio culturale che abbiamo e che appartiene a tutti - la valorizzazione dell’etica onesta del non profit che garantisce una vera autonomia della produzione culturale da parte dei giovani creativi, sempre in cerca di spazi di confronto e di opportunità - l’edizione di un numero maggiore di bandi mirati alla crescita, alla formazione e all’aggiornamento culturale degli individui cui l’Ente Pubblico sente di dover abdicare per incompetenza, e a cui gli enti non profit possono partecipare attivamente. Dal punto di vista fiscale invece: - una riduzione dell’IVA dal 20%, (perché noi l’iva la paghiamo tutta e non possiamo “scaricarla” come fanno le aziende). Una riduzione al 4% come quella degli editori, diminuirebbe i costi che siamo costretti a sostenere. - la rendicontazione degli importi effettivamente finanziati dal Pubblico

e non quella dei costi sostenuti per la realizzazione dei progetti. - la verifica vera e non solo contabile dei progetti culturali che sono stati effettivamente realizzati. Quale consiglio dareste, da associazione nonprofit, ad una giovane organizzazione? Mah, forse ho già risposto… Resistere, comunque, e inventarsi la propria strada.

Ritratti. Percorsi Video a Milano #3: MERIS ANGIOLETTI. Il paradigma indiziario Sotterranei Istituto Superiore Moreschi, Milano 2009, ph. Laura Fantacuzzi.


Viafarini

Katharina Grosse, If Music No Good I No Dance, 2004, Viafarini, Milano.


Viafarini

Milano, 1991

Nel dettaglio, gli obiettivi di Viafarini sono: •

www.viafrini.org viafarini@viafarini.org

MISSION Viafarini nasce all’inizio degli anni Novanta con l’intento di favorire la crescita professionale dei giovani artisti e di sensibilizzare il pubblico rispetto all’arte contemporanea, unendo attività espositiva e didattica e servizi di documentazione sulle arti visive. La buona causa di Viafarini si articola in tre punti fondamentali: far conoscere i giovani artisti italiani nel sistema dell’arte contemporanea, come primo passo per il loro percorso di crescita e il conseguente interessamento da parte di curatori, critici e musei; • promuovere la mobilità degli artisti e sostenerli nella ricerca di finanziamenti, quale condizione necessaria per la loro crescita professionale, anche a livello internazionale; • ampliare il pubblico interessato all’arte contemporanea tramite mostre, strumenti didattici e di formazione. •

• •

creare un luogo per l’informazione e il servizio sulle arti visive contemporanee, comprensivo di: - spazio espositivo per offrire ai giovani artisti occasioni di esporre il proprio lavoro in mostre personali o collettive, nonché per ospitare progetti di artisti di fama consolidata e offrire al pubblico milanese l’opportunità di conoscere i protagonisti della scena internazionale; - servizi di documentazione sulle arti visive come l’Archivio Portfolio, la Biblioteca specializzata e la banca dati su opportunità di studio e lavoro ArtBox, per offrire agli utenti adeguati strumenti di informazione, documentazione e divulgazione con accesso ai materiali facilitato dalla tecnologia; - residence per artisti; offrire un’ampia rete di servizi di orientamento e consulenza, nonché iniziative didattiche e formative; promuovere e organizzare eventi di arte contemporanea in altre sedi; promuovere un’organizzazione e uno spazio per l’arte contemporanea che favoriscano il confronto e lo scambio nel campo delle arti visive, anche a livello internazionale; avviare un modello organizzativo nuovo in Italia che raccolga finanziamenti destinati a progetti artistici con un ruolo di mediatore fra sponsor e beneficiario; sostenere il messaggio artistico come potenziale innovatore nella società contemporanea.


REPORT ATTIVITA’ Attività espositive Concepito come “project room”, lo spazio espositivo inaugurato nel 1991 ha presentato da allora mostre, performance ed eventi che hanno coinvolto artisti, critici e curatori di diversa provenienza. L’attività è volta da un lato alla promozione della scena emergente in Italia, dall’altro lato vuole offrire una finestra sulla scena artistica straniera con produzioni a scopi non commerciali di progetti di artisti internazionali, realizzati per lo spazio.

Didattica Divagazioni sul tema: approfondimenti tematici sottesi ai progetti espositivi di Viafarini. Workshop per dare ai giovani l’opportunità di lavorare con artisti di esperienza consolidata. Conferenze, incontri e presentazioni di nuovi progetti e pubblicazioni, documentati e disponibili per la visione presso l’Archivio Video del DOCVA Documentation Center for Visual Arts. Offerta didattica e formativa a VIR Viafarini-in-residence. Workshop, visite guidate agli studi e incontri con gli artisti in residenza, rivolti agli studenti dei licei, delle università e degli istituti di formazione curatoriale. Attività didattiche. Viafarini contribuisce all’organizzazione delle attività didattiche del DOCVA, le quali prevedono visite guidate ai percorsi espositivi proposti da Viafarini e laboratori aperti alle scuole.

Progetti esterni Viafarini promuove progetti esterni quali manifestazioni e interventi site-specific, sostenendone l’organizzazione, la curatela e la comunicazione. Partecipa a convegni e iniziative di network con altre organizzazioni, in Italia e all’estero.

In alto: Liliana Moro, This is the end, 2008, Viafarini DOCVA, Milano. Foto di Roberto Marossi. In basso: Alberto Tadiello, borsa di studio Gemmo, VIR Viafarini-in-residence, 2008


Attività di documentazione e consultazione Attività costitutiva di Viafarini è la raccolta e la diffusione di documentazione sugli artisti attivi sulla scena italiana negli ultimi vent’anni. Con la prima mostra, Immagini proiettate, è stato infatti fondato l’Archivio Artisti di Viafarini, poi unitosi a quello analogo di Careof a formare gli Archivi Portfolio e Video del DOCVA Documentation Center for Visual Arts. Grazie al suo carattere indipendente, l’Archivio ha reso possibile costruire una rete di rapporti con la maggior parte degli artisti italiani dai loro esordi all’affermazione della loro carriera. Viafarini pone a disposizione il proprio know how e i relativi strumenti per realizzare progetti artistici in collaborazione con diversi partner, siano essi istituzioni culturali o imprese. Per offrire strumenti di informazione e divulgazione sulla ricerca artistica contemporanea, Viafarini raccoglie saggi e cataloghi e organizza un servizio di visione e raccolta di portfolio di artisti italiani, che confluiscono nell’Archivio Portfolio. Il materiale, consultabile con database correlati, è a disposizione del pubblico per ricerche e approfondimenti. Tali attività rientrano nei servizi del DOCVA Documentation Center for Visual Arts, organizzato da Careof e Viafarini.

Mobilità Artisti Viafarini si impegna nel favorire la mobilità degli artisti italiani nel mondo attraverso diverse iniziative correlate tra loro, al fine di stimolare la crescita di una rete di collaborazioni internazionali sempre più solida. I singoli progetti sono accomunati da un obiettivo comune, sono fortemente interconnessi e portati avanti in maniera continuativa, in modo da garantire l’efficacia delle iniziative.

Diversi partner sono impegnati a sostenere alcune di queste iniziative, nella convinzione che solo un’azione coordinata fra istituzioni, fondazioni, associazioni e sponsor possa portare qualche risultato in un paese, il nostro, ancora arretrato sul fronte del sostegno alla mobilità degli artisti.

BANCA DATI ARTBOX www.bancadatiartbox.it

La banca dati opportunità ArtBox, online dal 1997, fornisce informazioni inerenti a organizzazioni artistiche e scuole in Italia e all’estero, nonché a programmi di residence, concorsi, premi, finanziamenti per progetti e borse di studio. Il servizio ArtBox Newsletter informa periodicamente per e-mail gli artisti dell’archivio e gli operatori del settore sulle più interessanti opportunità in scadenza.

ITALIAN AREA

www.italianarea.it

Italian Area, progetto editoriale online nato nel 2002, documenta più di cento artisti rappresentativi della scena italiana, dalla fine degli anni ‘80 a oggi, con profili monografici degli artisti e una panoramica delle opere più rappresentative. Il comitato scientifico è composto da Chiara Bertola, Milovan Farronato, Gabi Scardi, Angela Vettese. Dal 2004 il progetto è sviluppato con il contributo primario di Artegiovane con le Camere di Commercio di Milano e di Torino, e inoltre con il sostegno di Associazione ACACIA, Fondazione Banna Spinola per l’arte, Fondazione Bevilacqua la Masa, Fondazione Querini Stampalia – Furla per l’arte. Nell’ambito di quest’ultima collaborazione, gli artisti finalisti del Premio Furla per l’Arte sono inclusi in Italian Area.


MILANO ON THE MOVE Il programma, attivato dal 2006 da Viafarini, con il supporto della PARC Ministero per i Beni e le Attività Culturali e della Provincia di Milano, invita i direttori dei più prestigiosi residence internazionali a conoscere la ricerca artistica contemporanea italiana durante un soggiorno di studio a Milano. Tra gli strumenti di documentazione offerti, oltre ad Italian Area, i materiali del DOCVA

Documentation Center for Visual Arts

organizzato da careof e Viafarini.

VIR VIAFARINI-IN-RESIDENCE VIR è un programma di residenza

nato nel 2008 per permettere ad artisti ma anche a curatori di soggiornare e lavorare a un progetto espositivo a Milano, stabilendo contatti con la scena artistica nazionale. A VIR collaborano PARC Ministero per i Beni e le Attività Culturali, ACACIA Associazione Amici Arte Contemporanea Italiana, Australia Council for the Arts, Fiorucci e Gemmo.

Residenze VIR Viafarini-in-residence è il programma di residenza che permette ad artisti e curatori di trascorrere un periodo di ricerca a Milano. Il residence è costituito da quattro appartamenti e un grande spazio di lavoro ricavato dalla storica sede di via Carlo Farini 35. Il programma è aperto anche ad autocandidature compilando e inviando l’application form senza scadenza. Una convenzione è in essere con l’Australia Council for the Arts dal 1996. Memories and Encounters è il nuovo progetto avviato nel 2009 presso VIR Viafarini-in-residence,

che invita gruppi di artisti con l’intento di mettere a confronto esperienze e promuoverle all’interno del panorama italiano. Gli artisti provenienti da aree distanti fra loro (non solo da un punto di vista geografico) risiedono e lavorano assieme per tre mesi negli spazi di VIR, per sperimentare un possibile dialogo e produrre un progetto espositivo congiunto visibile al pubblico durante il conclusivo Open Day.

Internship Viafarini accoglie regolarmente stagisti provenienti da contesti universitari, al fine di formare professionisti da inserire nel mondo dell’arte. L’obiettivo per lo stagista è quello di conoscere le metodologie di lavoro e le problematiche relative alla gestione di un’organizzazione artistica non profit e all’organizzazione di eventi artistici, nonché quello di approfondire la conoscenza della scena artistica contemporanea italiana. Lo stagista affianca i responsabili delle attività di Viafarini nell’esecuzione delle stesse, in funzione delle esigenze che emergono durante il periodo di stage. Lo stage si svolge in orari da concordarsi, in genere part-time, e non è retribuito.

REPORT ECONOMICO Con il contributo di: Parc – Ministero per i beni e le attività culturali, Regione Lombardia, Comune e Provincia di Milano, Fondazione Cariplo. Main sponsor: Gemmo spa Supporter: Vibrapac, Alderan, Epson, Metalsitem, Moroso, Hogan


Collaborazioni: Acacia – Associazione Amici Arte Contemporanea, Fondazione Nicoletta Fiorucci, Artegiovane, Fondazione Bevilacqua La Masa, Fondazione Spinola Banna, La Fondazione, Anisa - Associazione Nazionale Insegnanti di Storia dell’Arte, Undo.net, Goodwill, Navone Associati. Collaborazioni passate: enti pubblici Comune di Milano Settore Cultura, Settore Tempo Libero, Settore Famiglia Scuola e Politiche Sociali; Provincia di Milano; Regione Lombardia; Ministero dei Beni e delle Attività Culturali; Ministero degli Affari Esteri. Istituzioni e organizzazioni artistiche: ACACIA Associazione Amici Arte Contemporanea Italiana, Milano; Accademia di Belle Arti di Brera, Milano; Accademia Carrara, Bergamo; Ambasciata del Canada, Roma; Ambasciata del Regno dei Paesi Bassi, Roma; American Center Foundation, New York; Anisa- Associazione Nazionale Insegnanti di Storia dell’Arte - sezione provinciale di Milano; Art Metropole, Toronto; Art Omi, New York; Artegiovane, Milano e Torino; Arts International, New York; artway of thinking, Venezia; Associazione Futuro, Roma; Attese Biennale di Ceramica nell’Arte Contemporanea, Milano; Australia Council for the Arts; Camera di Commercio di Milano; Camera di Commercio di Torino; Castello di Rivoli – Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli; Centro Provinciale di Formazione Professionale Franco Varaldo, Savona; Consolato dei Paesi Bassi; Chicago Artists International, Chicago; Consorzio Swiss Cheese Marketing Italia e di Svizzera Turismo; Dena Foundation, Paris; Fondation Nestlé pour l’Art, Genève; Fondazione Antonio Ratti, Como; Fondazione Bevilacqua la

Masa, Venezia; Fondazione Cariplo, Milano; Fondazione Querini Stampalia, Venezia; Fondazione Spinola Banna per l’Arte, Torino; Galleria Civica di Arte Contemporanea, Trento; Gobierno de la Rioja, Spagna; HIAP Helsinki International Artist-in-residence Programme, Helsinki; Hochschule für Bildende Künste, Braunschweig; Ijskelders Vub & Nadine, Bruxelles; Institut für Auswärtige Angelegenheiten, Wien; ISCP International Studio & Curatorial Program, New York; Künstlerhaus Bethanien, Berlin; Liceo Artistico Preziosissimo Sangue, Monza; Liceo Artistico Umberto Boccioni, Milano; MAMbo Museo d’Arte Moderna, Bologna; Manifesta International Foundation; Mondriaan Foundation, Amsterdam; Montevideo TBA - The Netherlands Media Art Institute, Amsterdam; NABA Nuova Accademia di Belle Arti, Milano; Neue Galerie, Graz; Ontario Ministry of Culture; Politecnico di Milano; Rijksakademie, Amsterdam; Townhouse, El Cairo; Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano; Wacoal Art Center Spiral Garden, Tokyo; X-initiative, New York; zerometriquadri, Milano; Zerynthia, Roma. Istituti di cultura stranieri: The British Council; CCS Centro Culturale Svizzero di Milano; GoetheInstitut Mailand; ICO Incontri Culturali Olandesi, Milano; IFA Institut für Auslandsbeziehungen, Stuttgart; Istituto Austriaco di Cultura di Milano; Flemish Community, Bruxelles; Istituto Italiano di Cultura, Madrid; Istituto Svizzero di Roma; Pro Helvetia.


Gallerie: 1000eventi, Milano; A Palazzo Gallery, Brescia; Agenzia04, Bologna; Salvatore + Caroline Ala, Milano; Arario Gallery, Seoul; Artopia, Milano; Artra, Milano; ausstellungsraum 25, Zürich; Valeria Belvedere, Milano; Simona Bordone, Milano; The Box, Torino; Fabia Calvasina, Milano; Car Projects, Bologna; Le Case d’Arte di Pasquale Leccese, Milano; Studio Casoli, Milano; Antonio Colombo Arte Contemporanea, Milano; Galleria Continua, San Gimignano (SI); Raffaella Cortese, Milano; Riccardo Crespi, Milano; Juana De Aizpuru, Madrid; Monica De Cardenas, Milano; Massimo De Carlo, Milano; Tiziana Di Caro, Salerno; Dilmos, Milano; Anthony D’Offay, London; Fac-simile, Milano; Emi Fontana, Milano; Nicola Fornello artecontemporanea, Torino/Prato; Luigi Franco Arte Contemporanea, Torino; Gian Ferrari Arte Contemporanea, Milano; Marian Goodman, New York; Caterina Gualco, Genova; Studio Guenzani, Milano; Hypegallery, Milano; In Arco, Torino; Jarach Gallery, Venezia; francesca kaufmann, Milano; Magazzino d’Arte Moderna, Roma; Norma Mangione Gallery, Torino; Marabini, Bologna; Giò Marconi, Milano; Galleria Mascherino, Roma; Il Milione, Milano; Francesca Minini, Milano; Massimo Minini, Brescia; Stefania Miscetti, Roma; MONITOR video&contemporary art, Roma; Michael Neff, Frankfurt; Neugerriemschneider, Berlin; NewSantandrea, Savona; N.O. Gallery, Milano; Alberto Peola Arte Contemporanea, Torino; Emmanuel Perrotin, Paris; Galleria Placentia, Piacenza; Federica Schiavo, Roma; Galleria Severi, Bologna; Sies + Höke, Düsseldorf; Spencer Brownstone Gallery, New York; Monika Sprüth, Köln; Fabio Tiboni, Bologna; Franco Toselli, Milano; unosunove, Roma; White Cube, London; Giancarla Zanutti, Milano; Zero…, Milano.

Imprese: Abet Laminati, Cinisello Balsamo (MI); Alleanza Assicurazioni; A.T. Kearney, Milano; Banca Aletti, Verona; Banca Popolare dell’Emilia Romagna, Modena; Banca Popolare Vicentina; Beck’s; Biotherm Gruppo L’Oreal; Bosoni, Milano; Cappellini, Arosio (MI); Ceccato, Milano; Clerprem, Carrè (VI); Connexine, Milano; Editoriale Domus, Rozzano (MI); Edra, Perignano (PI); Epson Italia; Esprit-World, Vicenza; Furla, Bologna; Galbani, Milano; Garage, Milano; Gemmo, Vicenza; Gordini & Partners, Milano; Hogan, Milano; Leggeri, Seriate (BG); Lucepura, Zero Branco (TV); Martin Margiela, Paris; Masaï Italia Società di Consulenza Aziendale; Mc Cann Erickson; Moroso, Cavallico (UD); Studio Yasmin Naqvi, Vicenza; Padovan Arredamenti, Vicenza; Philips Italia; Plinio Visonà, Vicenza; la Repubblica, Milano; Sampla, Agrate Brianza (MI); Seat, Torino; Sharp Italia; Unicredit; Vibrapac, Solaro (MI); Vodafone; Zanotta, Nova Milanese (MI); Zegna Baruffa Lane Borgosesia, Vallemosso (BI).


Intervista a Patrizia Brusarosco

Cosa significa oggi essere uno spazio indipendente in Italia rispetto a quando siete nati?

Perché avete scelto di essere una associazione non a scopo di lucro?

Rispetto a quando Viafarini è nata gli obiettivi di fondo e la nostra mission non sono cambiati. Pur essendosi arricchito lo scenario di nuovi interlocutori molta ancora è la strada da compiere per adeguarsi agli standard internazionali. Negli ultimi anni a Milano hanno aperto spazi gestiti da artisti e anche l’editoria di settore è in rapida evoluzione. Viafarini è stata istituita nel 1991, in un periodo in cui in Italia l’attenzione e il dibattito sugli spazi nonprofit nel settore culturale era scarsa per non dire assente. Parallelamente si avvertiva da più parti la scarsità di spazi indipendenti dove gli artisti e gli operatori del settore potessero dialogare liberamente, documentarsi, curare progetti e stringere collaborazioni spontanee. Essere uno spazio indipendente, oggi come ieri, significa ospitare al proprio interno una pluralità dei punti di vista, dialogare e cooperare col maggior numero possibile di realtà, garantire un programma espositivo che sia continuo nel tempo e sempre vario per tipologia e soluzioni curatoriali, premiare la migliore sperimentazione artistica offrendo spazio e risorse ai giovani artisti per poter lavorare col massimo margine di libertà possibile. Ciò che interessava venti anni fa e che interessa tuttora è attivare a Milano una organizzazione in grado di produrre progetti espositivi con notevole grado di libertà e di impegno installativo, e di sostenere gli artisti giovani e non ancora riconosciuti, e per fare questo ci si è dati da subito lo strumento dell’Archivio, che nel tempo si è evoluto differenziandosi in diverse attività di promozione e documentazione. Oggi forse c’è meno bisogno di “Spazio espositivo” poiché ci sono molte più opportunità di esporre per gli artisti, sia in spazi istituzionali che in ottime piccole gallerie; invece c’è sempre

Viafarini è nata con una mission ben precisa, con l’intento di promuovere la crescita dei giovani artisti e di sensibilizzare il più vasto pubblico rispetto all’arte contemporanea, al suo ruolo e al suo apporto alla vita culturale. Per perseguire questi obiettivi, per organizzare dei SERVIZI nel settore dell’arte contemporanea, il modello organizzativo ed economico al quale l’organizzazione si è ispirata è quello delle Kunstverein tedesche e dei nonprofit space americani. Da qui l’esigenza di dare vita nel contesto italiano ad un modello simile, che nel nostro ordinamento giuridico poteva essere quello della fondazione o della associazione.

Performance di Hyunjhin Baik, Adjective Look, mostra personale a cura di Milovan Farronato, Viafarini, Milano 2007. Foto di Roberto Marossi


più bisogno di “Servizi” per l’arte, perchè in Italia siamo rimasti in questo molto indietro Che ruolo hanno le associazioni nonprofit riguardo la promozione degli artisti emergenti rispetto alle Istituzioni pubbliche? Diversamente dai musei d’arte contemporanea pubblici gli spazi per la promozione dell’arte emergente puntano sull’accelerazione dei processi di maturazione delle ricerche più promettenti, siano esse acerbe o embrionali. Viafarini promuove la ricerca innanzitutto documentandone lo sviluppo attraverso lo strumento dell’ Archivio DOCVA. Esso è uno strumento contemporaneo/dinamico, diversamente da quello storico/statico, è in continuo divenire. È uno strumento di lavoro per gli operatori di settore e favorisce non solo la conoscenza dell’artista ma anche il contatto diretto con i curatori. Le associazioni nonprofit, diversamente dagli spazi pubblici, sono idealmente svincolati dal controllo politico della cultura, un rischio che nel nostro paese non premia la meritocrazia e pone diversi ostacoli alla libera sperimentazione di strategie culturali per il contemporaneo veramente incisive. I nonprofit riescono a essere molto più ricettivi, immediati nel cogliere proposte interessanti, sanno stringere dei rapporti reali e personali con gli artisti, muoversi con loro. Nel nostro paese le istituzioni non hanno la preparazione adeguata al contemporaneo, non ne hanno gli strumenti.

Non solo su base cittadina, ma anche nazionale. La ricaduta delle attività sul territorio è misurabile dal un punto di vista quantitativo dal numero di collaborazioni create negli anni attraverso l’adesione alla buona causa dell’associazione, dal numero di progetti curati comparato al numero di curatori e artisti coinvolti, dalla rassegna stampa completa degli eventi, dalle partecipazioni dell’associazione a convegni e dibattiti su scala nazionale e internazionale. Una ricaduta ulteriore è data dal numero di tirocinanti universitari che hanno collaborato negli anni con Viafarini, la maggioranza dei quali si è formata come professionisti del settore. A questo vanno aggiunti i progetti didattici dell’associazione, che comprendono seminari, workshop, e i laboratori per le scuole elementari, medie e per i licei, questi ultimi organizzati presso la residenza per artisti VIR. Tuttavia temo che in un paese così insensibile alla cultura contemporanea la ricaduta sul territorio sia minima: come si fa a coinvolgere un pubblico generico che non ha alcuna preparazione e consuetudine al discorso artistico? E come potrebbe, in una tale assenza di strutture qualificate?

Che tipo di ricaduta ha avuto la vostra attività culturale sul territorio? Viafarini ha saputo rispondere a una domanda di progetti culturali indipendenti e sperimentali che era effettivamente percepita dalla netta maggioranza degli artisti e degli operatori di settore.

Mona Hatoum, Quarters, 1996, Viafarini, Milano


Il nostro ruolo è invece fondamentale per una nicchia ristretta di persone addentro al settore: gli artisti, i critici, i galleristi, i collezionisti. Se venisse a mancare anche l’energia che ancora si respira in gallerie e spazi nonprofit in italia, davvero non avremmo più alcuna possibilità di alimentare un circuito di artisti e creativi, in un paese che si vanta ancora di essere all’avanguardia in ambiti come il design, l’arte, la moda...invece finiamo per importare anche i creativi, mentre i nostri scappano. Quali sono a vostre parere i benefici sociali che l’attività culturale produce all’interno della società? In Italia non vedo molta attenzione a tematiche sociali nell’arte; piuttosto vedo la capacità dell’arte di aprire la mente in senso creativo. Credo che nella nostra società della comunicazione sia molto importante educare, coltivare, affinare una “cultura visiva”. Comunque l’ambiente artistico resta un buon luogo di socializzazione fra strati sociali diversificati, i nostri politici dovrebbero valorizzare questo aspetto nella nostra Milano.

Valentin Carron, Luisant de sueur et de briantine, 2008, Viafarini DOCVA, Milano. Foto di Zeno Zotti.

L’associazione riesce a garantire uno stipendio ai suoi membri? o stipendio ai membri del suo staff, rapportato al tipo di collaborazione richiesta. La collaborazione dei tirocinanti non è retribuita. In che maniera secondo voi è possibile raggiungere un effettivo riconoscimento del settore nonprofit da parte dello Stato? In Italia esiste il problema da parte di tutto il mondo dell’arte di essere riconosciuto come esistente: i politici non vogliono riconoscere la professionalità di una categoria di operatori, i curatori per esempio, e tendono a sostituirsi nella gestione e organizzazione delle attività culturali, ne hanno creato un sistema di enti autonomi intermedi e grant making. L’istituzione di un Italian Council for Arts, sul modello delle agenzie internazionali soprattutto di area anglofona e germanofona, rappresenterebbe da parte dello stato italiano la garanzia di un impegno continuativo, coordinato e coerente al contemporaneo. Una struttura agile e separata dalle altre gravose incombenze della tutela del patrimonio storico artistico, dovrebbe dotarsi di un budget adeguato e di una ripartizione cristallina dello stesso che premiasse su base meritocratica i progetti più innovativi. Inoltre, per essere riconosciuti, forse bisognerebbe collaborare fattivamente fra noi organizzazioni per l’arte, al fine di realizzare progetti che possano superare una soglia critica di attenzione.


Zerynthia

Luigi Ontani in Verso Sud-Perpetuum Mobile a cura di Zerynthia, Palazzo Doria Pamphilj di Valmontone, estate 2000 – 2002


Zerynthia

Roma, 1991 www.zerynthia.it zerynthia@zerynthia.it

MISSION L’Associazione per l’Arte Contemporanea Zerynthia, costituita nell’anno 1991, è una organizzazione non a scopo di lucro. Zerynthia cura, promuove ed organizza manifestazioni di arte contemporanea in Italia ed all’estero con l’intento di ampliare i confini verso il contesto sociale in cui opera. Si propone come struttura leggera e flessibile capace di seguire il polso delle situazioni, e come tale si presenta come modello complementare alle strutture museali più grandi, ma meno agili. Collabora con strutture simili nell’ambiente internazionale dell’arte contemporanea, creando nuove modalità di network fra organizzazioni specializzate. Da tempo collabora con Enti pubblici e privati. Con diversi Comuni italiani interessati a un’integrazione con l’arte contemporanea come vettore di sviluppo e di arricchimento ha sviluppato progetti di lunga durata. I numerosi eventi che Zerynthia ha organizzato e curato sono stati il punto di partenza di ricerche e di scambi duraturi tra artisti e tra le organizzazioni coinvolte. Spesso il lavoro assume un carattere sperimentale e interdisciplinare, volto ad ampliare i confini settoriali e geografici e a creare un rapporto dialettico con i contesti culturali e sociali a cui di volta in volta le ricerche si indirizzano. Organizza convegni e seminari di studio nelle proprie sedi o in strutture pubbliche in Italia e all’estero, e svolge attività didattica per giovani artisti, studenti e operatori culturali.

Mario Airò in Indoor a cura di Zerynthia, Serre di Rapolano, estate 1998

Pubblica cataloghi e libri e realizza edizioni con artisti. Il Segretario generale è Mario Pieroni il quale, insieme a Dora Stiefelmeier, ricopre la carica di Direttore artistico.

REPORT ATTIVITA’ Dal 1993-2010 Zerynthia si è concentrata su un esteso lavoro di archivio ancora in corso e ha svolto attività espositive, workshop, residenze, conferenze…

Ram – radio arte mobile Nata come unità immateriale di ricezione, elaborazione e trasmissione di materiali legati alle intermittenti progettualità della galassia delle arti visive del nostro tempo, RAM è andata progressivamente rispondendo all’esigenza di dare luogo, o meglio: luoghi, a questa nuova sensibilità acustica così specifica e così avvertita


dagli artisti nelle loro esperienze e nelle riflessioni. Ancorarsi e ancorare l’arte insomma - sia pur provvisoriamente - a nuovi spazi di intervento, diversi, lontani, ma reciproci e tenuti insieme dal filo invisibile delle interconnessioni consentite dalle nuove tecnologie di emissione via Web. Proprio in relazione a questi temi, RAM più di ieri in ascolto molteplice e moltiplicato ascolto nel segno cifrato dell’arte indirizza, coordina, promuove e riflette. Con la rapidità di un lancio di boomerang.

SAM – Sound Art Museum Sound Art Museum è un progetto promosso da Zerynthia e RAM radioartemobile, una delle prime stazioni radiofoniche di internet e la prima ad avere dato spazio ad un territorio di ricerca intermedio fra le arti cosiddette visive e la musica. Il Sound Art Museum opera a più livelli: 1. Archivio permanente di lavori audio presso RAM radioartemobile, Via Conte Verde 15 a Roma. SAM è ospitato nell’Armadio Mediterraneo di Michelangelo Pistoletto Gli artisti sono invitati con un open call ad inviare i loro lavori (materiali su supporto cd, dvd, vinile, o audiocassetta). L’Archivio è aperto al pubblico e corredato da varie postazioni di ascolto ed è continuamente aggiornato; esso è completato da un database comprendente notizie e sui brani archiviati. 2. Archivio – Internet Tutto il materiale archiviato presso RAM è elencato sul sito web www. radioartemobile.it nella sezione dedicata a Sound Art Museum ed è in gran parte disponibile all’ascolto 3. Installazioni: data la specifica articolazione degli spazi che ospitano il Sound Art Museum, sono allestiti i lavori dei vari artisti; queste

installazioni temporanee sono occasione d’indagine sulla relazione che possa istituirsi tra spazio architettonico, aspetti concettuali dell’arte sonora, possibilità tecnologiche e arti visive. I curatori del Sound Art Museum sono Lorenzo Benedetti, freelance curator, Riccardo Giagni, compositore e musicologo, e Cesare Pietroiusti, artista. La prima presentazione pubblica del SoundArtMuseum si è tenuta a Roma il 26 febbraio 2005.

Biblioteca di Arte Contemporanea Dal mese di luglio 2001 è aperta al pubblico la Biblioteca d’Arte Contemporanea dell’Associazione d’Arte Contemporanea Zerynthia, in comodato d’uso al comune di Paliano (Frosinone). La Biblioteca d’Arte Contemporanea è un progetto unico nel suo genere nel centrosud italiano: il suo patrimonio bibliografico racchiude più di tremila volumi editi dalla seconda metà del secolo appena trascorso fino ai giorni nostri. La Biblioteca comprende monografie, cataloghi di mostre collettive tenute in Italia e all’estero e riviste specializzate. Il soggetto trattato nei volumi abbraccia l’Arte dagli anni cinquanta fino ai giorni nostri. Molti volumi sono a tiratura limitata, autografati ed in più lingue.

Didier Fiuza Faustino in Colori dal Mediterraneo a cura di Zerynthia, Azienda Ospedaliera Policlinico Sant’Andrea Roma, ottobre 2002


Intervista a Dora Stiefelmeir Perché vent’anni fa decideste di fondare Zerynthia? E, a partire da questa esperienza, come sceglieste di costituire anche Radio Arte Mobile e il Sound Art Museum? Nel 1991 abbiamo deciso di chiudere la Galleria Pieroni per fondare una struttura che ci premettesse di creare progetti più complessi. Già negli ultimi anni della Galleria ci eravamo incamminati su questa strada. Occorreva però trovare fondi pubblici e questo era incompatibile con la s.r.l., forma giuridica della nostra galleria. Così è nata Zerynthia Associazione (non profit) per l’Arte Contemporanea che presto ha cominciato a collaborare con Enti pubblici italiani , Comuni, Ospedali, Province, Regioni e in modo massiccio e continuativo con la Comunità Europea. Abbiamo presentati molti progetti e un considerevole numero di essi è stato selezionato. Radioartemobile inizialmente è stato uno di essi, presentato alla e selezionato dalla Commissione Culturale Europea. Si era creato una radio web dedicato all’arte con il coinvolgimento di varie strutture culturali europee. Allo svolgere del progetto ci sembrava un peccato abbandonare uno strumento così prezioso e abbiamo fondato una piccola s.r.l., la RAM radioartemobile che poteva garantire l’agilità di funzionamento. Il SoundArtMuseum è un programma di RAM che non necessita di una propria struttura giuridica.

di Mario Pieroni e di Dora Stiefelmeier e risponde al loro desiderio di renderla accessibile al pubblico. Il Comune di Paliano si era offerto a mettere a disposizione un locale all’interno della sua Biblioteca Comunale e di remunerare una bibliotecaria competente in materia artistica per un giorno la settimana. La Biblioteca è data in comodato che viene rinnovato ogni anno. Altre offerte sono giunte ma decisamente meno generose. Quali sono stati gli ostacoli più faticosi da affrontare in tutti questi anni di attività? Gli ostacoli più faticosi sono esclusivamente di natura economica sempre al di sotto della necessità dei progetti. Spesso i pagamenti arrivano con moltissimo ritardo ad eventi conclusi da tempo. Le spese strutturali non sono ammesse nelle richieste eppure per operare occorre una struttura funzionante. E’ semplicemente un paradosso.

Come è nato il progetto della Biblioteca d’Arte Contemporanea? E come mai avete deciso di collocarla nel Comune di Paliano, vicino Frosinone, e non a Roma? La Biblioteca d’Arte Contemporanea si basa sulla collezione di libri privata

Jannis Kounellis in Atelier del Bosco a cura di Zerynthia, Accademia di Francia, Villa Medici, Roma, dicembre 1997 - agosto 2002


All’interno di quale circuito culturale si inserisce Zerynthia? Zerynthia da sempre ha lavorato in rete con altre strutture analoghe in Europa. Inoltre diverse volte siamo stati partner di strutture mus menziona i relativi partner. Che tipo di pubblico partecipa ai vostri eventi? Il nostro pubblico varia secondo la natura del progetto e secondo la città o il paese in cui si svolge. In genere nei nostri eventi sono presenti molti giovani ed artisti appartenenti a diverse generazioni. Cosa consiglieresti a un giovane studente che vuole fare l’operatore culturale? Oggi un giovane operatore culturale deve sapere che i fondi sono pochi e che bisogna darsi da fare per trovarne altri. Tutto il resto viene dopo perchÊ senza mezzi non si lavora.

Michelangelo Pistoletto in Accumulazioni a cura di Zerynthia Palazzo Lantieri, Gorizia, 9 ottobre 2005 Foto di Claudio Abate


a.titolo

“Al Cubo” di Marco Del Luca per il Laboratorio Artistico Permanente di Eco Narciso a Settimo Rottaro (TO), 11 giugno 2006, Foto di Michela d’Ottavio


a.titolo

Torino, 1997 www.atitolo.it info@atitolo.it

le a.titolo all’interno di Totipotent Architecture di Lucy Orta - photo Giulia Caira

MISSION a.titolo è un’organizzazione non profit fondata a Torino nel 1997; dal 2001 si è costituito nell’omonima associazione culturale, con sede in via Cavour 14. È formata da Giorgina Bertolino, Francesca Comisso, Nicoletta Leonardi, Lisa Parola e Luisa Perlo. Collaborazione, confronto e scambio, come alternative alle prerogative individuali che caratterizzano il lavoro storico-critico e curatoriale nell’ambito dell’arte contemporanea, sono i principi che ne hanno guidato la costituzione. Da 1997 ad oggi a.titolo ha dedicato ampia parte della propria attività critica e progettuale a pratiche artistiche che si confrontano con la

dimensione sociale e politica della sfera pubblica, intesa come spazio fisico e come complesso di relazioni, indagate mediante una metodologia che pone al centro del suo operare l’arte contemporanea intesa come strumento pratico per la lettura e il “ridisegno” del territorio. L’analisi di specifici aspetti dell’attualità artistica, condotta da a.titolo, è spesso accompagnata da un’indagine volta a individuare premesse e preesistenze nella storia recente, e sollecitazioni culturali nell’ambito di un più ampio contesto multidisciplinare. Nell’ambito delle azioni e degli interventi nello spazio pubblico, l’associazione ha ritenuto fondamentale adottare modalità di lavoro di gruppo trasversali a ruoli e competenze, attivando la collaborazione con Enti pubblici e privati, Istituzioni locali e Progetti sperimentali. Fino ad oggi l’attività di a.titolo è stata anche rivolta alla formazione e alla promozione di giovani artisti. I progetti e le ricerche svolte da a.titolo sono state oggetto di lezioni e seminari, tenuti nell’ambito del corso di storia dell’arte di Harald Szeemann presso l’Accademia di Architettura di Mendrisio, Svizzera; nel Master Universitario di 1° livello “Sistemi e professionalità nei musei di arte contemporanea” del DAMS Università degli Studi di Torino; nel Corso biennale di Perfezionamento in Arte Contemporanea dell’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino (in collaborazione con il Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea), nel Master in European Cultural Planning della De Montfort University di Leicester, Inghilterra, per conto della Fondazione Fitzcarraldo, Torino; presso la I Facoltà di Architettura del Politecnico di Torino; nell’ambito di Arch/Art, “progetto di spazi sensoriali in contesti territoriali” del Dipartimento di Progettazione della I Facoltà di Architettura del Politecnico di Torino, Ulzio e Bardonecchia; presso la Scuola Holden di Torino.


REPORT DELLE ATTIVITA’ Selezione delle principali attività svolte 1997

Partecipa, con il progetto In dote, alla mostra Critica Donna Torino al Castello di Rivara. Nell’ambito dell’esposizione, organizza la giornata di studi Critica come mestiere? dedicata al confronto tra differenti modalità operative di critici, storici, giornalisti attivi nel campo dell’arte contemporanea. 1997/1999 Nella stagione 1997/98 e 1998/99, presso l’Unione Culturale Franco Antonicelli di Torino, cura la rassegna Situazioni, una serie di sette mostre volte a individuare, nella ricerca artistica attuale, affinità con le pratiche situazioniste riguardanti la città, la vita quotidiana, il linguaggio. Parallelamente conduce una ricerca storica che ha dato vita a un Archivio Bibliografico consultabile sull’Internazionale Situazionista, presentato nel giugno 1998 insieme a documenti originali. Nel corso della mostra organizza un ciclo di proiezioni cinematografiche e di conferenze tenute da storici, critici e artisti, tra i quali Mirella Bandini, Luciana Rogozinski, Piero Simondo, Cesare Viel e Cesare Pietroiusti. Nell’occasione pubblica la raccolta di saggi autoprodotta dal titolo Zebra Crossino. Esplorazioni artistiche nel territorio urbano dedicata a ricerche artistiche contemporanee italiane e straniere.

1998

Aderisce al network internazionale di artisti e operatori dell’arte contemporanea Oreste, nell’ambito del quale parteciperà tra il 1998 e il 2000 a mostre, residenze e convegni.

1999

Nell’ambito della rassegna Situazioni,

Massimo Bartolini opera permanente, Torino Mirafiori Nord, progetto realizzato nel quadro del Programma di Iniziativa Comunitaria Urban 2 della Città di Torino, applicazione del programma Nuovi Committenti, 07-08

promuove e coordina a Torino la realizzazione dell’intervento di Adriana Torregrossa Art. 2, svoltosi in Piazza della Rebubblica il 17 gennaio, con il contributo del progetto The Gate-Porta Palazzo e dell’Assessorato al Commercio della Città di Torino. In occasione della partecipazione di Oreste alla 48ª Biennale di Venezia, presenta il progetto Stream TV, avviato nel 1998 in Francia dall’artista tedesco Marcus Kreiss e dal critico Olivier Reneau. Organizza inoltre, in collaborazione con Alessandra Pioselli, il convegno Arte pubblica: progetti ed esperienze europee, cui prendono parte artisti italiani ed europei, curatori e, tra gli altri, Vivien Lovell, direttrice dell’ agenzia di Public Art Modus Operandi, già a capo della Public Art Commissions Agency di Birmingham, Ilda Curti e Antonella Marucco del progetto The Gate Living not Leaving di Torino, Pasquale Campanella


della cooperativa Wurmkos di Milano, e i responsabili di Project Environment Lancashire.

2000/2001

Collabora con il Progetto Speciale Periferie della Città di Torino, curando i due interventi artistici Passati di qui e Per filo e per segno di Annamaria Ferrero e Massimo di Nonno, nell’ambito del programma di riqualificazione urbana del quartiere Q16.

2000/2002

Idea e cura il progetto LabOratorio – strutturato in un workshop, un ciclo di conferenze multidisciplinari e una mostra - nell’ambito della rassegna espositiva dell’Assessorato alla Cultura delle Regione Piemonte Proposte per la quale le sue componenti sono nominate quale commissione scientifica. Le tre edizioni di LabOratorio-Proposte (2000, 2001, 2002) vedono coinvolti ventotto giovani artisti e, come tutor, gli artisti Franco Vaccari, Antoni Muntadas e Cesare Pietroiusti. Tra i relatori alle conferenze, Harald Szeemann, Franco La Cecla, Marco Senaldi, Sergio Risaliti, Marianella Sclavi, Carlo Cresto-Dina.

2001/2002

Inizia l’attività di mediazione culturale dei progetti di Nuovi Committenti, da realizzarsi nel quartiere Mirafiori Nord nell’ambito del programma di iniziativa comunitaria Urban 2 della Città di Torino. Attualmente sono in fase di avanzamento i progetti relativi alla creazione di un Archivio-Laboratorio di “Storia e storie” del quartiere presso la Cappella Anselmetti di via Gaidano, affidata all’artista Massimo Bartolini, mediazione di Francesca Comisso e Lisa Parola, di un “Luogo di incontro” nel parco lineare di corso Tazzoli, di prossima realizzazione, affidata all’artista inglese Lucy Orta, mediazione di Giorgina Bertolino e Francesca Comisso. Produce una campagna fotografica di

Paola Di Bello sul quartiere Mirafiori Nord, con il contributo della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino, nell’ambito dello start-up di Nuovi Committenti.

2002

Inizia la mediazione culturale, nell’ambito di Nuovi Committenti, di Francesca Comisso e Lisa Parola, in collaborazione con il critico e curatore francese Xavier Douroux, finalizzata alla creazione di un “Luogo di raccoglimento” presso l’Hospice du Col du Petit Saint Bernard, promossa dalla Fondation de France di Parigi e dalla Fondazione Adriano Olivetti di Roma. La committenza è affidata all’artista coreana Kim Sooja.

2003

-Idea e realizza il video-documentario Committenti, in collaborazione con Zenith-Arti Visive e prodotto con il contributo della Fondazione Pistoletto di Biella, presentato in occasione della partecipazione alla mostra Arte pubblica in Italia – Lo spazio delle relazioni, curata da Anna Detheridge. -Cura la mostra Località, esposizione collettiva di sette artisti (Andrea Caretto, Giorgio Cugno, Magmapadano, Alessandro Quaranta, Raffaella Spagna, Gianluca Sudano, Alberto Trapani), nell’ambito del ciclo Critica in opera, a cura di Mauro Manara nella Galleria Comunale d’arte moderna di Castel San Pietro Terme.

2004

-Cura la pubblicazione Torino, Mirafiori Nord , il primo di una serie di quaderni che accompagnano l’applicazione del programma Nuovi Committenti in Italia, promosso e sostenuto dalla Fondazione Adriano Olivetti. Il quaderno, edito da Luca Sossella Editore, Roma, contiene testi di Flaminia Gennari Santori, Bartolomeo Pietromarchi, Marco Revelli, un’intervista ad Anna Prat e una selezione del progetto fotografico di


Paola Di Bello. Il volume è presentato alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo. Nell’occasione viene presentata in anteprima una serie di nove opere tratte dalla campagna fotografica di Paola Di Bello Cosa si vede a Mirafiori. Cosa vede Mirafiori nell’ambito di Torino Special Project. -Progetta e realizza un workshop sul tema del confine, inteso quale prospettiva di lettura e analisi del paesaggio montano, rivolto a un gruppo di studenti del liceo scientifico di Ulzio, nell’ambito di “Arch/Art. Progetto di spazi sensoriali in contesti territoriali”, organizzato dal Dipartimento di Progettazione architettonica del Politecnico di Torino, a cura di Francesca Comisso e Lisa Parola. -Cura e organizza a Torino, in collaborazione con the beach° Balena di fiume, evento-performance nell’ambito di Balena Project di Claudia Losi, presso i Murazzi del Po. L’evento è preceduto da un workshop con l’artista, rivolto a giovani artisti, performer, scrittori, videomaker. I quattordici partecipanti lavorano con Claudia Losi alla progettazione e alla realizzazione dell’evento-performance, tenutosi il 29 giugno. -Progetta e realizza il seminario Raccontare l’arte contemporanea. Strumenti e metodi per un approccio narrativo, tenutosi nel settembre 2004 nell’ambito del corso Formule di narrazione di HoldenArt, dipartimento della Scuola di scrittura Holden di Torino, docenti Giorgina Bertolino e Luisa Perlo.

2004/2005

-Nell’ambito del progetto Nuovi Committenti a Mirafiori Nord, attiva la mediazione relativa a due interventi nell’ambito del Progetto Cortili, case ATC di via Scarsellini e via Poma (mediazioni Lisa Parola e Luisa Perlo - Giorgina Bertolino e Luisa Perlo). Attiva, in fase di start-up, nel cortile di via Scarsellini il progetto di Claudia Losi Affacci, sostenuto da Avventura Urbana, con il coinvolgimento di trenta abitanti (a cura di

Lisa Parola e Luisa Perlo). -Cura per Torino Internazionale il ciclo di incontri sul rapporto tra arte e trasformazione urbana, dal titolo Voi siete qui. La città cambia con l’arte / Francia tenutosi presso Atrium nel mese di novembre 2004 e dedicato ad altrettante esperienze transalpine (relatori Sylvie Amar e Yannick Gonzalez, Bureau des Compétences et Désirs, Marsiglia; Xavier Douroux, Le Consortium, Digione; Sylvie Blocher e François Daune, Campement Urbain, Parigi-Saint Denis). È in corso di definizione la seconda serie di incontri, da tenersi presso Atrium nel mese di maggio, dal titolo Voi siete qui. La città cambia con l’arte / Spagna. -Cura un progetto fotografico sull’autostrada Torino-Savona (per conto della Società Autostrada Torino Savona Spa), comprendente le campagne fotografiche di Guido Guidi, Ciro Frank Schiappa, Francesco Gnot, Giorgio Barrera, destinate alla pubblicazione in un volume e ad una esposizione sperimentale lungo il percorso dell’autostrada da tenersi nel 2006 in occasione del cinquantenario della sua inaugurazione. Il progetto, a cura di Nicoletta Leonardi e Francesca Comisso, è attualmente in fase di realizzazione. -Cura il coordinamento del premio di arte pubblica “Torino e Milano Incontrano… l’arte” per conto dell’Associazione ArteGiovane, edizione 2005. -Cura con Rebecca De Marchi, per l’Assessorato alla Cultura della Provincia di Torino – Progetto Cultura Materiale, il Laboratorio artistico permanente nell’ambito del progetto Eco e Narciso volto all’attivazione in Provincia di Torino di quattro progetti pilota di utilizzo dell’arte nell’ambito di processi di sviluppo e trasformazione del territorio, sulla base delle esigenze delle amministrazioni locali coinvolte. Il progetto è attualmente in fase di realizzazione.


2006/2008

Cura tre edizioni della rassegna espositiva Proposte, rivolta ad artisti under 35 (con gli artisti vedovamazzei, Stalker/Osservatorio Nomade e Massimo Bartolini).

2007

Cura dell’antologica di Franco Vaccari Col tempo. Esposizioni in tempo reale, fotografie, film, video, video-installazioni 1965-2007 (a cura di N. Leonardi e V. Fagone), realizzata in collaborazione con la Provincia di Milano e allestita allo Spazio Oberdan.

2008

Cura di Claudia Losi, La coda della balena e altri progetti 1995-2008 (curata con A. Salvadori) al Museo Marino Marini di Firenze nel 2008.

2007/2008

Inaugurano le opere, permanenti, di Massimo Bartolini, Lucy Orta, Stefano Arienti e Claudia Losi nel quartiere Mirafiori Nord, progetti realizzati nel quadro del Programma di Iniziativa Comunitaria Urban 2 della Città di Torino (con il sostegno di Urban 2, Fondazione Adriano Olivetti, Compagnia di San Paolo, Fondazione CRT). Sull’applicazione del programma Nuovi Committenti, a.titolo ha pubblicato i volumi Nuovi Committenti. Torino Mirafiori Nord (Luca Sossella Editore, 2004) e Nuovi Committenti. Arte contemporanea, società e spazio pubblico (Silvana Editoriale, 2008). Dal 2007 cura con l’associazione Art3 di Valence il “Programma interregionale di sostegno della produzione artistica” promosso dalle Regioni Piemonte e Rhône Alpes con l’obiettivo di favorire la mobilità e l’attività degli artisti sul territorio europeo e finalizzato alla realizzazione di progetti sul territorio. Dal 2008 collabora con l’Associazione Marcovaldo nell’ambito di VIAPAC, un progetto transfrontaliero, che

realizzerà, tra il 2010 e il 2011, una via per l’arte contemporanea tra Francia e Italia. VIAPAC è un progetto INTERREG Regione Piemonte-Région PACA, realizzato in collaborazione tra l’Associone Marcovaldo-CeSAC, il Musée Gassendi di Digne e Il FRAC PACA di Marsiglia e prevede, sul versante italiano, workshop, seminari, mostre e cinque interventi artistici sul territorio della Valle Stura. Nel 2010 ha assunto la direzione artistica del CeSAC, Centro Sperimentale per le Arti Contemporanee presso il Filatoio di Caraglio, per il triennio 2010-2012 (su incarico dell’Associazione Marcovaldo). Attualmente, in collaborazione con Maurizio Cilli e Andrea Bellini sta realizzando, con il finanziamento della Regione Piemonte, Direzione Cultura Turismo e Sport, Settore Politiche Giovanili, il progetto di esplorazione, lettura e intervento urbano Situa.to/Your City nell’ambito delle iniziative regionali di Torino Capitale dei Giovani 2010.

REPORT ECONOMICO A partire dal 2001 a.titolo ha collaborato ed è stata supportata da: Enti Pubblici: Regione Piemonte, Comitato Urban 2 della Città di Torino, Provincia di Torino, Provincia di Milano, Fondazioni e Associazioni: Fondazione Adriano Olivetti, Fondazione SAndretto Rebaudengo; Fondazione CRT, Fondazione Tellios, Fondazione Marino Marini San Pancrazio, Fondazione Atrium Torino, Unione Culturale Franco Antonicelli, Associazione ArteGiovane Torino, Associazione il Bandolo Onlus, Associazione Villa 5, Associazione Torino Internazionale. Privati: Autostrada Torino Savona S.p.A, Avventura Urbana Cooperativa Sociale Contaminazioni, Tenimenti Angelini, Nital Spa, Tucano Viaggi.


Intervista alle a.titolo Cosa significa oggi essere un’organizzazione indipendente in Italia rispetto a quando avete fondato la vostra associazione? Il contesto nel quale operiamo oggi è molto differente, più globale e informato dalla velocità. a.titolo nasce nel 1997 dall’esigenza di confronto e scambio di alcune storiche, critiche e curatrici d’arte. La costituzione ufficiale del gruppo, composto inizialmente da nove persone, si fondava sull’esigenza di superare le prerogative individuali che contraddistinguevano in modo molto vincolante questo ambito professionale: ci interessava sperimentare un diverso modello operativo mediante una somma di competenze alimentata dalla condivisione e dalla discussione. Aspetti che crediamo importanti ancora oggi. Un’altra peculiarità che connota la nostra attività è, ed è stata, anche la volontà di mantenere attuale l’eredità di alcune esperienze e teorie artistiche degli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta, affiancandole a temi e pratiche delle ricerche contemporanee. Crediamo importante e urgente, sia da un punto di vista teorico che programmatico, una riflessione sui ai tanti ‘vuoti’ che caratterizzano la cultura del contemporaneo in Italia. Come in molti altri ambiti, anche nel settore delle arti visive e della cultura è venuta a mancare un’analisi critica della produzione di quasi due generazioni. A partire da questi elementi, crediamo necessario costruire e consolidare un percorso italiano, per evitare che le ricerche e i temi legati alla contemporaneità rimangano costretti in una geografia limitata e soggetti a un processo inevitabilmente implosivo. Di che natura è la vostra programmazione culturale? Quella di a.titolo è una programmazione

molto articolata che, nella maggior parte dei casi, si sviluppa attraverso l’ideazione e la curatela di laboratori, incontri o ricerche sul campo, preliminari al progetto di arte pubblica, alla mostra, all’evento o alla pubblicazione. Nel ‘vuoto’ che citavamo prima, crediamo sia necessario mettere a punto metodologie - per lo più collettive e interdisciplinari - capaci di attivare nuovi strumenti d’analisi per un’aggiornata lettura della complessa ed eterogenea produzione culturale di questi anni. Una linea principale della nostra attività è una linea dell’arte pubblica ancora poco praticata in Italia e che precede l’opera con un lungo processo che coinvolge differenti attori sociali: gruppi di cittadini, l’ambito artistico e politico, enti pubblici e privati. Con questa metodologia abbiamo curato, tra il 2001 e il 2008 nel quartiere Mirafiori Nord, nell’ambito del Programma di Iniziativa Comunitaria Urban 2 della Città di Torino, la prima applicazione in Italia del programma di arte per lo spazio pubblico Nuovi Committenti, nato in Francia come Nouveaux commanditaires e promosso nel nostro paese dalla Fondazione Adriano Olivetti di Roma, che attualmente stiamo portando avanti in un piccolo comune vicino a Ivrea, Montalto Dora, dove realizzeremo uno spazio

Lucy Orta performance, Torino Mirafiori Nord, progetto realizzato nel quadro del Programma di Iniziativa Comunitaria Urban 2 della Città di Torino, applicazione del programma Nuovi Committenti, 2007-08


pubblico su progetto di Vedomazzei. Un’altra linea importante della nostra programmazione è la formazione postaccademica e la messa a confronto tra diverse generazioni di artisti, che abbiamo messo in pratica curando workshop e incontri dedicati a temi urgenti della contemporaneità (memoria, spazio pubblico e privato, città, scienza, etc.) in particolare nell’ambito delle sei edizioni da noi curate di Proposte, il programma espositivo per gli artisti under 35 promosso dalla Regione Piemonte. Nell’ambito del programma ufficiale di Y-our time/Torino 2010 European Youth Capital, è invece da poco iniziata la prima tappa del progetto situa.to, da noi curato con Maurizio Cilli e Andrea Bellini. Situa.to è un’esperienza pratica guidata interdisciplinare alla quale partecipano 30 giovani tra i 22 e i 29 anni. Un momento di riflessione interdisciplinare sui radicali mutamenti ai quali è soggetta la città contemporanea. Abbiamo ideato un percorso formativo basato su una metodologia learning by doing, composto da workshop tenuti da architetti e artisti con esperienze d’arte pubblica e da un ciclo di incontri con sociologi, filosofi, scrittori, registi, musicisti, filmmaker e altri professionisti e ricercatori che hanno lavorato, con strumenti, metodologie e linguaggi differenti nel contesto urbano indagando il difficile equilibrio tra lo spazio fisico, sociale e culturale, i cui risultati confluiranno in un ambiente web e in una progettualità applicata su scala urbana. Una parte importante della nostra programmazione futura sarà dedicata al Centro Sperimentale d’Arte Contemporanea di Caraglio (Cesac), dove siamo state chiamate, fino al 2012, ad applicare le nostre metodologie anche all’attività espositiva: un primo e stimolante esperimento di direzione collettiva Sarà uno sforzo importante perché il nostro programma, oltre all’attività espositiva, intende svilupparsi con laboratori, incontri e focus - dentro e fuori gli spazi del filatoio.

Cosa consigliereste ai giovani collettivi che vorrebbero attivare un progetto come il vostro? Di fare chiarezza su due termini che oggi vengono utilizzati in modo spesso ambiguo: arte e creatività. Le politiche culturali, sia pubbliche che private, in questi ultimi due decenni tendono a percepire come sinonimi questi due vocaboli, creando un’enorme confusione. Quello che accade è che ci ritroviamo immersi in una cultura che, che se da un lato è rivolta principalmente alla salvaguardia del patrimonio storico, dall’altro, per colmare i suoi ritardi, tende ad accogliere ogni forma di creatività intesa come generica ‘animazione sociale’. A nostro avviso, questa confusione non permette agli operatori come al pubblico – di costruirsi gli strumenti per una lettura critica e consapevole dei fenomeni e delle ricerche in atto. Il risultato è che l’arte viene così percepita più come un attrattore di pubblico, e dunque su di un piano economico, che non come strumento di riflessione sull’esistente e motore di processi di consapevolezza o di conoscenza. A un modo passivo e indotto del fruire cultura, bisogna sostituire un atteggiamento attivo, un’abitudine dello sguardo. A nostro avviso, produrre cultura contemporanea significa perciò progettare e ideare modelli e processi in relazione alla dimensione complessa dell’esistente; farlo, orientati verso un pubblico e una forma (sia essa una scultura, un video, una perfomance) che, come il contesto nel quale sono immersi, paiono sempre più difficili da definire perché spesso sconfinano in altri ambiti e settori. Su di un piano più pratico, può essere utile essere consapevoli che un’esperienza del genere può comportare un enorme investimento, individuale e collettivo, di energie e di risorse, non necessariamente ‘pagante’, sotto ogni profilo, nel breve periodo.


Un altro suggerimento è quello di tenere sempre aperto uno o più canali di comunicazione e interazione con l’esterno, di essere aperti agli apporti e alle collaborazioni per mantenere la struttura agile ed elastica al cambiamento, al tempo stesso flessibile e durevole nel tempo, condizione il più delle volte indispensabile a cogliere i frutti del lavoro svolto. Sarebbe opportuno secondo voi considerare oggi il nonprofit al pari di un’impresa culturale? Stiamo parlando di nuovo di un’anomalia italiana. Con politiche specifiche, in altri paesi europei le realtà nonprofit sono messe nelle condizioni di poter operare davvero in modo indipendente e sono considerate, a tutti gli effetti, dei motori, oltre che di conoscenza, anche di economia. Paesi come la Francia, la Spagna, la Germania e molti dell’Est europeo, operano per creare un mileu eterogeneo di percorsi, ricerche e interventi. In Italia è ancora molto difficile far invece comprendere anche solo agli interlocutori del settore culturale, il valore aggiunto che le realtà nonprofit possono offrire ai contesti nelle quali sono chiamate a operare, sia per quel che concerne il loro ambito naturale ma anche in merito alla produzione, all’ambito educativo o al networking. Il nonprofit in Italia opera in un contesto non aggiornato, nel quale la maggior parte delle realtà regionali è ancora vincolato alla sola attività espositiva. Un ritardo eclatante se si pensa che secondo un recente studio della Johns Hopkins University, il non profit è il settore più in crescita in almeno 20 paesi della Comunità e che l’ambito della cultura, con quello dei servizi, è un elemento che ne definisce i caratteri. In Italia l’economia di questo ambito è pari all’ 8,8% del PIL, che è tantissimo se rapportato all’esiguità degli investimenti pubblici in quest’ambito, che provengono,

fatta eccezione per le discipline dello spettacolo e della conservazione del patrimonio, per la maggior parte dagli enti locali. Quali sono secondo voi le principali debolezze del settore nonprofit culturale italiano? Di certo quello del mancato aggiornamento delle politiche e di conseguenza dei criteri di valutazione. C’è ancora molta confusione nella definizione stessa di nonprofit o realtà indipendenti. Nonostante uno scarso dibattito, e in un paese ancora principalmente orientato alla salvaguardia del patrimonio storico, poco o nulla orientato all’innovazione, è però interessante notare come proprio l’Italia, questo specifico settore stia ospitando una piattaforma interessante che riesce ad accogliere, in modo spontaneo, esperienze eterogenee e con un forte potenziale di innovazione. Mancano poi, quasi del tutto gli strumenti legati alla fiscalità e di conseguenza la presenza di soggetti privati a porre fiducia in questo tipo di progettazione, questo aspetto evidenzia da subito anche un’altra debolezza intrinseca al sistema: la maggiore consapevolezza, da parte degli attori (artisti, curatori, mediatori) di essere davvero un ‘settore’ ma forse lentamente le cose stanno cambiando.

“Io sono questo” di Sandrine Nicoletta per il Laboratorio Artistico Permanente di Eco e Narciso a Nole, 28 maggio 2006, Foto di Michele d’Ottavio


Base

“Convivio”, mostra personale di Luca Vitone, ottobre – novembre 2000, Base, Firenze, courtesy Luca Vitone e Base, foto di Carlo Cantini.


Base

Firenze, 1998 www.baseitaly.org info@baseitaly.org

MISSION base / progetti per l’arte è un’idea di artisti per altri artisti. base è un luogo unico per la pratica dell’arte in italia. l’attività, iniziata nel 1998, viene curata da un collettivo di artisti che vivono e operano in toscana e che promuovono, a firenze, alcuni aspetti tra i più interessanti dell’arte di oggi. base è un dialogo sulla contemporaneità aperto ad un confronto internazionale. base si propone come uno spazio aperto alla conoscenza degli aspetti più significativi dell’arte contemporanea, italiana e internazionale, in una dialettica di segni e linguaggi che concorre a tenere aperto un confronto di idee sulla contemporaneità. base è promossa da un gruppo aperto di artisti che si avvicendano nella conduzione dell’attività e si prefigge, nel tempo, di coinvolgere, in una forma di partecipazione e supporto attivi, un numero sempre più vasto di artisti, studiosi, collezionisti, amici. base si propone quindi come un necessario luogo di scambio di esperienze e di informazione che fanno parte di un patrimonio comune al quale tutti possono attingere. base promuoverà mostre, progetti, confronti e dialoghi, proponendo differenti letture e prospettive su quanto di più interessante accade nell’arte e suoi territori limitrofi. tra i fondatori e gli artisti che aderiscono a base: Mario Airò, Marco Bagnoli, Massimo Bartolini, Paolo Masi, Massimo Nannucci, Maurizio Nannucci, Paolo Parisi, Remo Salvadori.

REPORT ATTIVITA’ Fino ad oggi a base si sono tenute, oltre al concerto di michael galasso, e alla proiezione di due film, numerose mostre tra le quali: sol lewitt, marco bagnoli, alfredo pirri, cesare pietroiusti , niele toroni, jan vercruysse, heimo zobernig, luca pancrazzi, marco fusinato e john nixon, ingo springenschmid, paolo masi & pier luigi tazzi, muntadas, robert barry, luca vitone, liliana moro, claude closky, remo salvadori, pietro sanguineti, liam gillick, massimo bartolini, mario airò, eva marisaldi, rainer ganahl, françoise morellet, bernhard rüdiger, nedko solakov & slava nakovska, olaf nicolai, kinkaleri, rirkrit tiravanija, matt mullican, michel verjux, elisabetta benassi, pedro cabrita reis, pietro riparbelli, simone berti, jeppe hein, gerwald rockenschaub, jonathan monk, peter kogler, carsten nicolai, surasi kusolwong, franz west, tino sehgal, nico dockx, grazia toderi, armin linke, davide bertocchi, pierre bismuth, olivier mosset, che hanno sempre presentato progetti inediti, legati ad un a personale lettura dello spazio.

REPORT ECONOMICO Base fino ad oggi ha collaborato con l’Osservatorio per l’Arte Contemporanea dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze e, talvolta, con l’Istituto Svizzero di Roma, Venezia e Milano, L’Istituto Francese di Firenze e Villa Romana di Firenze. Rispetto i finanziamenti Base viene sostenuta dall’Osservatorio per l’Arte Contemporanea dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze, dall’Associazione BasexBase (colezionisti e amici che offrono liberamente un sostegno), e dall’Autofinanziamento (gli 8 soci fondatori danno un contributo mensile).


Intervista a Base Perché avete fondato Base e da chi è composta l’associazione? Base nasce da una necessità e da un progetto preciso: è un progetto di artisti per altri artisti. Prima che si riuscisse a vedere la sua realizzazione è stato elaborato a lungo da alcuni artisti. Se vogliamo definirlo come idea, possiamo dire che Base è un dialogo sulla contemporaneità dell’arte, aperto a un confronto internazionale. I promotori sono stati Antonio Catelani, Carlo Guaita, Paolo Masi, Maurizio Nannucci, Massimo Nannucci e Paolo Parisi. Da alcuni anni coordinano l’attività di Base: Mario Airò, Marco Bagnoli, Massimo Bartolini, Paolo Masi, Massimo Nannucci, Maurizio Nannucci, Paolo Parisi e Remo Salvadori. Recentemente si sono affiancati anche dei giovani artisti che collaborano con noi alla realizzazione dei progetti: Enrico Vezzi, Vittorio Cavallini, Yuki Ichihashi, Irina Kholodnaya…ma esiste ancora una grande potenzialità di apertura!

A dodici anni dall’apertura di Base cosa è cambiato nel vostro lavoro come artisti? In che modo la gestione di uno spazio non profit ha influenzato il vostro modo di porvi di fronte a un lavoro? Difficile stabilirlo, perché ognuno vive la propria vita e il lavoro la segue. È un binomio inscindibile: la ricerca artistica segue questo progresso. Base è la manifestazione del processo opposto a quello della cosiddetta Torre d’Avorio, dove si rinchiude l’artista. C’è il desiderio di stare con gli altri. Sì, ci sono sempre infiniti elementi che contaminano il lavoro di un artista: gli stimoli possono arrivare tanto da una persona che incontri per strada, quanto da cento mostre che vedi, ma alla fine è il tuo istinto che decide cosa prendere di tutto questo. L’elemento interessante di Base è che non ti trovi alla fine di un processo, ma fai parte del processo stesso.

Come scegliete gli artisti da esporre? Si parte dall’invito all’artista, scelto da una lista stilata, elenco che è spesso aggiornato, cercando di coinvolgere artisti la cui ricerca incontri la nostra attenzione. La sola condizione è che siano proposti dei progetti inediti, pensati appositamente per Base. Da qui s’innesca un dialogo... nessun filtro, nessuna richiesta a lavorare su qualcosa in particolare. Ogni volta riceviamo dagli artisti una o più proposte scegliendo insieme quella da realizzare. Le uniche difficoltà possono essere quelle di ordine economico, che quasi sempre riusciamo a superare. “Tutti Frutti”, mostra personale di Franz West, maggio luglio 2008, Base, Firenze, courtesy Luca Vitone e Base, foto di Carlo Cantini.


Che significato ha per voi curare delle esposizioni di arte contemporanea? Pur essendo chiaro che il nostro progetto si rende concreto attraverso le esposizioni, ciò che ci interessa è rendere partecipe il pubblico al dialogo... vivo pochissimo i progetti ospitati dal punto di vista puramente espositivo, cerco una sintonia e uno scambio d’idee… Ci interessa la relazione che si crea tra gli artisti ospitati e artisti ospitanti, tra esterno e interno. Tutti gli artisti vengono a Firenze per partecipare attivamente alla realizzazione dei progetti. E il dialogo viene da sé! Base è una pratica di vita!

Che cos’è BasexBase? Sono alcuni amici estimatori di Base, non soltanto fiorentini, che non si sono mai costituiti in un gruppo, ma che in più occasioni si sono resi disponibili a supportare la realizzazione di progetti specifici… Adesso riceviamo un contributo dell’Osservatorio delle Arti Contemporanee, in precedenza era successo con la Teseco e la Regione Toscana. Questo è solo una piccola parte del budget necessario a sostenere la nostra attività. Tutto l’altro proviene dal nostro autofinanziamento.

Seaweeds, Nedko Solakov & Slava Nakovska, giugno - settembre 2003, Base, Firenze, courtesy Luca Vitone e Base, foto di Carlo Cantini.


Darth

Peresempio - TU - Emilio Fantin, Spazio Via dello Scalo 21/3, Bologna , 9 aprile 2009


Associazione Darth Bologna, 2003

http://associazione-darth.blogspot.com/ associazione.darth@gmail.com

MISSION Sostenere un pensiero consiste nel negoziare la distanza tra i soggetti. La posta in palio dunque è rappresentata dalla distanza, anche se l’oggetto del dibattito è sempre contraddistinto da una questione. Darth è nata proprio dalla necessità di problematizzare questa distanza nel fare arte. L’idea di fondo è la creazione di un luogo d’incontro permeabile, in cui si possa sostare nella comunicazione, goderne più a fondo, preservando il diritto all’errore e alla vulnerabilità, per potere parlare realmente di ricerca. Darth dunque non si basa su di una tesi, su di una risposta, ma si interessa piuttosto della problematicità del fare arte, tanto nelle sue passioni, quanto nella sua ragione e nel suo discorso. Questo aspetto del confronto è basilare, per essere in grado poi di contribuire alla creazione e diffusione di politiche culturali che siano dispositivi dialettici vivi.

REPORT ATTIVITA’ L’associazione Darth opera dal 2003 nell’ambito della ricerca sull’arte contemporanea e della sua divulgazione. I suoi membri sono artisti e curatori che lavorano sulla scena artistica emergente, italiana ed estera, promuovendola in ogni sua forma. Darth considera l’arte contemporanea come un imprescindibile - ma sottovalutato -potenziale di innovazione nella società odierna, e per questo organizza incontri, seminari e tavole rotonde, per creare momenti di discussione e confronto che possano estendere l’interesse per l’arte contemporanea ad un pubblico allargato. Darth incrementa confronti e scambi con altre associazioni di tipo artistico proponendo progetti curatoriali di esposizioni, da effettuare in luoghi non sempre deputati all’arte.

REPORT ECONOMICO Darth si sostenta con fondi pubblici e privati e procede anche grazie alle relazioni di amicizia e stima create negli anni che gli permettono di potere procedere spesso con fondi esigui. Le mostre che ha curato sono state realizzate attraverso fondi dei Comuni. Al momento sta portando avanti un progetto di rilievo con un budget adeguato lavorando con la Provincia di Bolzano.

Caro Cesare, Rassegna di Incontri con artisti – critici – curatori: incontro con Cesare Pietroiusti, 29 gennaio 2005


Intervista a Doriana Dragoni Russo Il team di Darth è costituito per la maggior parte da artisti e curatori. Come mai la scelta di fondare un’associazione non a scopo di lucro? La provenienza e la formazione di ognuno di noi è molto simile; ad un certo punto del nostro percorso abbiamo sentito la necessità di incontrarci, per confrontare le nostre posizioni e per discutere di alcune problematiche per noi urgenti, necessarie di approfondimento. Inizialmente pensavamo di organizzare eventi, di creare delle occasioni di incontro con altri, poi, però, ci siamo detti che prima di “curare” era necessario “prendersi cura” delle cose. Si è allora pensato immediatamente ad una sede, ma in realtà ciò che ci serviva era uno spazio mentale diverso, un luogo in cui soffermarci a riflettere. Non abbiamo mai pensato al guadagno, semplicemente eravamo – e siamo tuttora – interessati a fare rierca. Fondare un’associazione può essere inteso come un tentativo di autopromozione per accedere da un ingresso alternativo al sistema dell’arte, ma anche come la possibilità di creare una realtà indipendente che operi parallelamente ad esso. Nel caso di Darth quale delle due cose viene prima? La nostra associazione è nata per cercare di ridare spessore agli ideali mantenendo viva la capacità critica e stimolando le singole soggettività, senza negare che i non detti sono ancora molti. Pensa che avevamo inizialmente scelto di non promuovere il nostro lavoro come artisti! Poi lungo il nostro percorso ci siamo resi conto che il problema non era la promozione del nostro lavoro piuttosto che quello di altri, ma creare percorsi di senso trasversali, partecipando ad eventi

e creandoli. Una delle formule è diventata quella degli Incontri a Porte Chiuse, che consistono in inviti ad artisti, operatori del sistema e non, con i quali passiamo alcune ore, dopo esserci documentati sul loro operato, interrogandoci su ciò di cui ci piacerebbe discutere e su quello che è interessante chiedere loro. Si crea in questo modo un’atmosfera media tra l’incontro amichevole e il dibattito, in cui ognuno diventa alternativamente protagonista e pubblico. Il criterio di invito è piuttosto elastico, a volte risponde ad esigenze emerse dal confronto sui nostri lavori, oppure è dettato dalla contingenza e dalle reciproche conoscenze che vengono messe in comune, creando percorsi che a volte si intersecano, altri si dividono. Si è cercato di lasciare alcuni punti di discussione fissa, altri più duttili in base alle diverse soggettività, per potere tirare le fila di un discorso che diviene sempre più ampio. Ci siamo soffermati a lungo sulla possibile definizione di “Public Art”, sulla linea di demarcazione tra questa e l’“Arte Relazionale”; anche le possibilità legate ai “Nuovi Committenti” si sono rivelate complesse e interessanti. Abbiamo avuto la possibilità di penetrare nelle pieghe del lavoro di Eva Marisaldi, di confrontare modalità operative e teoriche con Cesare Pietroiusti ed Emilio Fantin. Con Emanuela De Cecco é stato stimolante parlare del ruolo e delle implicazioni legate all’essere curatore. Tutto è stato registrato e previa utorizzazione, si cercherà di realizzare una pubblicazione a posteriori. È da sottolineare previa autorizzazione, perché queste conversazioni cercano di toccare anche tasti che raramente si sfiorano, proprio perché le occasioni di dibattito in pubblico creano imbarazzi e fraintendimenti. Nell’ultimo nostro progetto, peresempio, invitiamo artisti e curatori a raccontarci alcuni aspetti della propria ricerca.


Gli interventi si costruiscono a partire dalla presentazione del proprio portfolio, offrendo la possibilità di ripercorrere un percorso artistico, nel momento in cui, paradossalmente, la proliferazione di mostre causa la frammentazione della percezione e della conoscenza. In questa azione non viene richiesta l’illustrazione del percorso nella sua interezza quanto piuttosto di un “esempio”, di un aspetto specifico che lo sostanzia e per cui Darth contribuisce permettendone una manifestazione. Accanto a questo momento, infatti, viene presentato di volta in volta anche un progetto “utopico” legato a quella ricerca, un lavoro che l’ospite vorrebbe realizzare, ma che per i più vari motivi – di tempo, di denaro, di spazio – non è stato ancora in grado di fare. In certi casi con il nostro lavoro e il nostro spazio quel progetto può così essere realizzato, ma è sufficiente che sia anche solo descritto per bozzetti o verbalmente, tutto ciò in definitiva che ne permetta la condivisione e quindi una forma di esistenza. L’attività di Darth va dalla organizzazione di tavole rotonde e seminari finalizzati alla formazione dei più giovani alla realizzazione di mostre. In uno spettro così ampio di eventi quali sono i principali ostacoli che incontrate, dalla progettazione alla produzione, nella vostra attività? Dato che ognuno di noi svolge una propria attività, il tempo è senz’altro un ostacolo alla realizzazione dei nostri progetti, che essendo basati essenzialmente sulla “cura” dei rapporti richiedono la compartecipazione di tutti i membri. Tra gli stimoli a costituire Darth c’è stato senz’altro quello di rafforzare la nostra amicizia preesistente, creando un meccanismo che al di là delle attività ci permettesse di fissare periodicamente un momento di condivisione delle nostre

singole esperienze, come ad esempio fornendo dei report di mostre viste in giro per l’Italia, e che allo stesso tempo ci costringesse bonariamente a non allentare i rapporti, a non “perderci di vista”. In secondo luogo ovviamente c’è il problema finanziario, perché se è difficilissimo ottenere un supporto per attività legate all’arte contemporanea, lo è ancora di più quando si tratta di percorsi alternativi e poco eclatanti, addirittura sottraendoci alla vetrina della classica mostra. Quanto l’autoproduzione e l’autofinanziamento caratterizzano lo sviluppo dei vostri eventi? Avete mai ricevuto un finanziamento pubblico? L’autofinanziamento è alla base di gran parte della nostra attività e l’autoproduzione più in generale è parte essenziale della filosofia di Darth. Il fatto di valorizzare le nostre singole competenze è una questione a cui teniamo molto e che ci rende anche un po’ orgogliosi, nel senso che il bagaglio tecnico dei membri del gruppo contribuisce al disegno complessivo dei nostri progetti allo stesso livello di quello culturale. Il fatto di saper costruire un sito, ma anche più semplicemente di essere in grado di impaginare un catalogo o di montare un filmato sostanzia un’attività che, come abbiamo detto, vuole innanzitutto “prendersi cura” di qualcuno o qualcosa, per cui è importante che ciascun componente offra non solo il proprio contributo intellettuale, ma dimostri un impegno ad ampio raggio, che comprenda anche attività più manuali. Da parte di amministrazioni pubbliche e private abbiamo ricevuto raramente un piccolo sostegno finanziario, riuscendo così a realizzare il catalogo dell’esposizione. Anche in quei casi comunque abbiamo cercato di ampliare l’evento con un momento di riflessione,


attraverso tavole rotonde a tema, dove sono stati invitati ospiti esterni e che sono poi state trascritte nei cataloghi. Potreste dirmi qualcosa per convincermi che si devono promuovere e supportare le attività culturali in Italia? L’arte contemporanea non è sufficientemente supportata dalle istituzioni pubbliche. Ci rendiamo perfettamente conto che esistono delle priorità sociali con cui non vogliamo certo metterci in concorrenza, tanto più in un’epoca in cui le amministrazioni hanno sempre meno fondi da gestire, ma quelli che sono destinati all’ambito culturale e artistico raramente vengono indirizzati ad un’associazione del nostro tipo. È un enorme peccato, dato che siamo fermamente convinti che l’arte contemporanea possa essere innovatrice della società. Ma non è solo una questione di soldi, perché ciò si lega saldamente al problema più ampio di come in Italia si trascuri una vera educazione all’arte, per non dire di come venga concepita tutta la cultura, ossia come un fatto essenzialmente elitario. Le istituzioni non fanno nulla per cambiare questo stato di cose, ma non si rendono conto che ne va della nostra identità: non possiamo continuare a cullarci su ciò che abbiamo prodotto nei secoli passati come se l’attualità fosse un dettaglio accidentale. Noi siamo ciò che realizziamo, e realizziamo solo a partire da ciò che sappiamo, dalla comprensione dei linguaggi del nostro tempo. Invece lasciamo che vengano elaborati coscientemente solo da altre culture e li subiamo passivamente. L’arte contemporanea, se osservata con competenza, è uno strumento per prender coscienza dello stato della società.

A pensarci oggi, rifareste lo stesso percorso? Certamente! La possibilità di confrontarsi, di analizzare insieme ad altre persone la propria passione è di per sé stimolante. Anzi, proprio in un momento in cui le risorse finanziarie sono scarse e tutto di conseguenza sembra più difficoltoso, crediamo sia un messaggio importante – sia verso i nuovi arrivati nel sistema dell’arte che verso quelli che nutrono dei dubbi sui valori che vi circolano - quello di unirsi valorizzando al massimo ciò di cui si dispone per riuscire a produrre comunque uno scambio culturale. Magari facendo anche capire alla fine quali energie sociali l’arte sia in grado di catalizzare.

Peresempio - DISNEY MANDALA - Ferdinando Mazzitelli, Spazio Via dello Scalo 21/3, Bologna, 10 giugno 2009


Crac

Macerie - Rumori – Stanze, azione/omaggio per Andrej Tarkovskij, a cura di Dino Ferruzzi e Gianna Paola Machiavelli. XI Ed.Festival Jazz di Cremona, 2004, Courtesy CRAC Cremona


Crac

Cremona, 2003 www.crac-cremona.org crac.cremona@artisticomunari.it

MISSION Il CRAC Centro Ricerca Arte Contemporanea è attivo dal 2003 all’interno del Liceo Artistico Statale “Bruno Munari” di Cremona, e si configura come un progetto che tenta di coniugare e saldare la pratica didattica con la ricerca delle arti visive. Il progetto, è nato con l’obiettivo di creare uno spazio-scuola sperimentale, uno strumento didattico di “prassi in formazione”, luogo di elaborazione collettiva di valori sociali condivisi, dove ricomporre rapporti di confronto espressi dai vari ambiti disciplinari e dalle attività messe in atto dal fare arte. Il progetto si presenta con una spiccata finalità didattica, la ricerca e la sperimentazione sono i due assi portanti: raccogliere, studiare, analizzare gli aspetti che caratterizzano la contemporaneità per elaborare, immaginare, mettere in atto percorsi per un futuro possibile per l’arte e l’insegnamento dell’arte. Il Centro si pone come punto di riferimento per l’organizzazione di momenti d’incontro-formazione per giovani studenti e docenti che collaborano con artisti, curatori ed operatori culturali esperti d’arte contemporanea, al fine di creare momenti comuni di studio, confronto e dialogo.

Laboratorio con Alberto Casiraghy nell’ambito della mostra per Le Edizioni Pulcinoelefante, a cura di Dino Ferruzzi e Gianna Paola Machiavelli. CRAC Cremona 2004, Courtesy CRAC Cremona

REPORT ATTIVITA’ Aggiornamento e formazione

Il CRAC organizza corsi di aggiornamento e formazione, fornisce supporti didattici, prepara incontri, seminari e conferenze sulle arti visive contemporanee che hanno carattere divulgativo ed informativo. L’aggiornamento permanente rappresenta un sicuro investimento sulla qualità dell’insegnamento-apprendimento nel campo della ricerca didattica ed educativa, un tratto distintivo per una professione in continua evoluzione. Il Centro predispone percorsi di formazione utili a stagisti che vogliono occuparsi della conduzione e l’organizzazione di uno spazio non profit.

Didattica

I progetti didattici, offerti agli studenti in forma di workshop sono percorsi particolari a tema che nascono in collaborazione con specifiche realtà territoriali, scuole, enti ed istituzioni, coinvolgono artisti e curatori, hanno carattere interdisciplinare e sono connotati da forti elementi di innovazione didattica, sia nei contenuti sia nelle metodologie. Il Centro è affiancato da una sezione didattica che offre la possibilità di partecipare ad attività di laboratorio su tematiche specifiche. Spesso i percorsi di molta arte contemporanea sono caratterizzati da linguaggi di non facile comprensione, i giudizi che emergono sono stereotipati e superficiali. Le attività di laboratorio fanno parte di un’educazione permanente all’arte, ai suoi linguaggi e ai significati che la denotano, il percorso è finalizzato a facilitare l’approccio verso i materiali ed i contenuti propri dell’arte contemporanea e a chiarire percorsi di orientamento scolastico e professionale.


Attività espositive

Il CRAC non ha scopi commerciali, è dotato di uno spazio espositivo e una sala video dove sono presentati periodicamente, mostre e progetti per dare visibilità a giovani artisti italiani e stranieri impegnati nella ricerca e nella sperimentazione che operano in vari ambiti disciplinari. L’attività espositiva viene utilizzata come occasione didattica per avvicinare l’utenza a temi, mezzi e modi del fare arte; proprio per questo, collateralmente alle mostre, gli artisti vengono invitati a proporre, laboratori, workshop e schede di lettura. Il CRAC collabora con altre realtà scolastiche, istituzioni culturali, enti locali, musei, privati e sociale non profit, allo scopo di favorire ed attivare iniziative comuni. Gli eventi sono curati da critici ed esperti del settore.

ATA - ARCHIVIO TERRITORIALE DELLE ARTI, LA BIBLIOTECA L’ Archivio, collegato con altri centri di documentazione, raccoglie il materiale informativo del lavoro di artisti italiani e stranieri che lavorano sul territorio nazionale. L’archivio si rivela un contenitore necessario, è consultato per promuovere progetti espositivi, far conoscere gli artisti ad esperti del settore, a scopo didattico. Il Centro sta attivando una biblioteca specializzata, attualmente dispone di circa 3000 cataloghi frutto di donazioni. E’ possibile la consultazione del materiale in loco.

Collaborazioni territoriali ad altro titolo Enti, Istituzioni, Associazioni culturali, privati del Comune e della Provincia di Cremona

Provincia, Comune, Ufficio Scolastico Provinciale, Museo “Ala Ponzone” Comune di Cremona Settore Affari Culturali e Museali, Assessorati alla Cultura, Assessorato alle Politiche Educative, Assessorato alle Politiche Giovanili, Attraversarte, Assessorato alle Pari Opportunità, Centro di Neuropsichiatria Infantile e dell’Adolescenza, Istituti Ospitalieri, Progetto Jazz, Associazione Nuove Presenze, Consorzio Sol.Co, Dipartimento di Salute Mentale degli Istituti Ospitalieri, Associazione “Enea”, ASL Provinciale, FAI sezione di Cremona, Associazione culturale Era di Maggio, A.I.D.A. Onlus Associazione Incontro Donne Antiviolenza, Libreria Ponchielli, Centro sociale Dordoni, Centro sociale Gavarna, Cantiere Sonoro, Centro Itard Lombardia per la Formazione, ANPI (Associazione Nazionale Partigiani Italiani), ANPC (Associazione Nazionale Partigiani Cristiani), Camera di Commercio, Associazione Culturale Mosaik, Centro Sociale Coop Lombardia comitato soci di Cremona, Soc. Coop La Ginestra, Scuola Elementare Statale “A.Manzoni”, Saradini S.p.a, Parma allestimenti, e.mod di Claudio Ventura, Agenzia Informagiovani.

REPORT ECONOMICO Patrocini:

Comune di Cremona Provincia di Cremona Ufficio Scolastico Provinciale di Cremona. Il Giardino di Luca, laboratori e mostra a cura di Dino Ferruzzi, Gianna Paola Machiavelli, Ferdinando Ardigò. Centro Culturale S. Vitale, Cremona 2004, Courtesy CRAC Cremona


Collaborazioni esterne ad altro titolo Enti, Istituzioni, Associazioni culturali, Privati.

Comune e Assessorato alla Cultura del Comune di Caravaggio (BG), Ufficio Scolastico Provinciale (BG), Comitato per la Fondazione Wurmkos (Milano), Associazione culturale Circolo Poetico Correnti (Crema), Casa Editrice Fahrenheit 451 (Milano), Edizioni PulcinoElefante di Alberto Casiraghy, CareOf – archivi associati DOVCA Documentation Center for Visual Arts, Fabbrica del Vapore (Milano), Castello di Rivoli Museo D’Arte Contemporanea (Torino), Fondazione Sandretto Re Rebaudengo (Torino), PAV Parco d’Arte Vivente(Torino), Progetto Casina (Milano), Casa circondariale San Vittore e Soprintendenza per i beni Architettonici e il Paesaggio (Milano), LABA Libera Accademia Belle Arti (Brescia), NABA Nuova Accademia Belle Arti, (Milano), Z.ONE Cultural Crossing Magione (PG), Liceo Artistico Statale “Caravaggio” (Milano), Centre de Tècnique des Arts Appliquès de Bingerville (Costa d’Avorio), Ministero della Cultura e della Francophonie della Costa d’Avorio, Museo Nazionale e delle Civiltà d’Arte d’Abidjan della Costa d’Avorio, il Club de Amis du Musé des Civilisations de Côte d’Ivoire, Galleria Madonna#Fust (Berna/Svizzera), Museo d’Arte Cinese ed Etnografico Missionari Saveriani, (Parma), a. titolo (Torino), Darth (Bologna), neon>campobase (Bologna), Sabot Gallery (Cluj-Napoca), Stanica (Zilina).

Fondi di finanziamento pubblici

Progetti IFTS del Fondo Sociale Europeo, Camera di Commercio di Cremona, Regione Lombardia, Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, Ufficio Scolastico per la Lombardia, Provincia di Cremona, Ministero della Pubblica Istruzione – attraverso i fondi erogati all’istituzione scolastica che rappresentiamo

Fondi di finanziamento privati

Fibrocementi di Donzelli Graziano e Fratelli s.n.c

Autofinanziamento

Tesseramento annuale dei soci dell’associazione

Sponsorizzazioni

e.mod di Claudio Ventura – Cremona

Il Giardino di Luca, laboratori e mostra a cura di Dino Ferruzzi, Gianna Paola Machiavelli, Ferdinando Ardigò. Centro Culturale S. Vitale, Cremona 2004, Courtesy CRAC Cremona


Intervista a Dino Ferruzzi Il Crac rappresenta uno dei rari casi di collaborazione permanente e costante con un’istituzione pubblica, il Liceo Artistico Statale “Bruno Munari” di Cremona, come è nata questa fratellanza e come mai in Italia è difficile che si sviluppano queste forme di cooperazione tra nonprofit e istituzioni? La domanda che mi rivolge mi permette di chiarire questa posizione difficile da far capire anche agli addetti ai lavori. Il CRAC è un progetto anomalo nel panorama italiano, non nasce da una forma di cooperazione tra due istituzioni (non profit e istituzione scolastica), che decidono di incontrarsi e collaborare per un progetto comune, ma è un progetto didattico educativo nato nella scuola, voluto da alcuni insegnanti del Liceo che da alcuni anni, ponendosi il problema dell’aggiornamento e della formazione artistica in Italia hanno deciso di aprire uno spazio di riflessione, ricerca ed azione su delle problematiche assai critiche che investono sia il sistema educativo che il sistema dell’arte. Ancora più anomalo è che il CRAC si è costituito da alcuni anni in non profit, un’associazione che è interna ed è Liceo, una scelta questa di autonomia culturale e finanziaria che ci permette di muoverci ed attuare programmi con una parziale agilità rispetto alla macchina farraginosa e burocratica della scuola. Come può capire la cooperazione tra non profit ed istituzione scuola nel nostro caso, diciamo appare scontata, per questo il progetto si caratterizza per la sua specificità ed unicità. La domanda invece che riguarda il difficile rapporto di cooperazione tra non profit ed istituzioni in genere apre risposte multiple e complesse che hanno a che fare con problemi sociali e culturali più ampi e irrisolti. Si può pensare, come ci suggeriscono in un

saggio scritto alcuni anni fa per la Bollati Boringhieri da Giuseppe De Rita e Aldo Bonomi , Manifesto per lo sviluppo locale. Dall’azione di comunità ai Patti territoriali, ad una deficitaria cultura dello sviluppo locale, una bassa inefficienza delle istituzioni periferiche e Statali incapace di dare risposte a domande che salgono dal basso, alla mancanza da parte della politica, di un vero riconoscimento del ruolo svolto dagli attori locali e della loro domanda di protagonismo. Problemi che nel tempo hanno evidenziato equilibri sempre più instabili tra la società e le istituzioni, tra la dimensione sociale e quella politica. Problemi che non possono essere certamente affrontati in questo contesto che però penso aiutino a riflettere su questioni che interessano il nostro agire quotidiano.

Il Giardino di Luca, la biblioteca elementare, forme per vivere la città, laboratori e mostra a cura di Dino Ferruzzi, Gianna Paola Machiavelli, Ferdinando Ardigò. Centro Culturale S. Maria della Pietà, Cremona 2006, Courtesy CRAC Cremona


A che esigenza politica e al contempo culturale risponde la diffusione e l’aumento nell’ultimo decennio degli spazi nonprofit in Italia? Mi piace pensare e mi auguro che la diffusione del non profit nasca da una forte esigenza culturale e politica, da un sociale che si apre a nuove forme di cooperazione e convivenza, si tratta forse di trovare una posizione, uno spazio di osservazione anche locale, costruire delle comunità con un’autonomia che permetta di praticare spazi di democrazia diretta. La ricerca di spazi e di azioni possibili sopperiscono ad uno spazio lasciato vuoto dalla politica, è affermare un pieno di legami sociali e di relazioni partecipate. Nel sistema dell’arte la diffusione degli spazi non profit di qualità rappresenterebbe un circuito nevralgico in grado di favorire la sperimentazione e la ricerca in ambiti non necessariamente sottomessi alle leggi di mercato, spazi indipendenti che permetterebbero scambi e conoscenze tra artisti e curatori che operano su tutto il territorio nazionale. Purtroppo il fenomeno in Italia è ancora irrisorio e tra le varie associazioni esistenti non si è ancora in grado di fare sistema. La creazione di un polo culturale indipendente come i non profit costituirebbe anche un’importante occasione, una ricchezza che potrebbe avere direzioni di sviluppo non solo nel settore delle arti contemporanee. Per quello che ci riguarda crediamo ad un progetto diffuso, alla costituzione futura di un piccolo Centro di ricerca che possa costituire un’importante occasione per il territorio; pensare cioè per la città ad un progetto di sviluppo locale che possa includere l’arte contemporanea come uno degli strumenti per riqualificare l’ambiente, costituire un luogo di confronto e di approfondimento che individuano l’arte e la cultura come fattori di crescita sociale. Nella realtà regionale italiana fatta di

piccole province, la nascita di tanti contenitori non profit agirebbero come volano di sviluppo delle culture locali, un’azione produttiva per dare forza alla coesione sociale, ravvivare le peculiarità di un territorio, dialogare alla pari con tutti gli attori che in diversa misura concorrono a costruire l’ambiente socio-economico e culturale della città e di un territorio più vasto. Ritorno alla domanda provando a dare delle risposte più approfondite. In un testo del 1997, Politica e passioni Pietro Barcellona pone l’accento sull’assenza della politica nella vita nazionale, provando ad interrogare i “fatti” come li chiama lui, ci dice che le cose non sono così semplici da decifrare ma occorre partire dalla crisi della politica come forma di elaborazione e trasformazione dei bisogni e passioni per evitare di semplificare e mistificare la realtà. Occorre la massima disponibilità a mettersi in discussione, occorre produrre un nuovo livello di analisi, stimolare nuovi pensieri, rileggere e interpretare ciò che sta accadendo. La politica è quindi la grande assente secondo Barcellona, la politica intesa come spazio pubblico, dove si rende possibile la rappresentazione e la trasformazione degli effetti e delle passioni non solo dei bisogni economici, la forma di elaborazione e trasformazione di bisogni e passioni. L’assenza della politica come spazio pubblico, aprirebbe una “crisi nella capacità di produrre simboli”, si assisterebbe così ad un “annichilimento della parola”, una rottura della comunicazione fra istituzioni e corpo sociale. Venendo meno “la mediazione politica, in questa uniformità indifferenziata, non è più possibile pensare e parlare”. “La messa in discussione dell’autorappresentazione e dei meccanismi d’identificazione e di appartenenza ha sospinto i gruppi sociali (istituzioni e società civile) verso la regressione al livello emotivo dell’elaborazione degli interessi


economici e aperto la porta all’esplosione delle passioni che fanno emergere bisogni non economici che hanno bisogno di essere interpretati. Nell’intero corpo sociale rischia di venire meno quella che gli analisti chiamano “la funzione di riconoscimento” e cioè la capacità di rappresentare la relazione fra il sé e l’altro”. (Barcellona) La crisi delle identità determina, infatti, una profonda insicurezza emotiva: non riuscire più a capire ciò di cui si ha bisogno. Se così è lo stato di fatto, la necessità, secondo Barcellona è quella di “mettere in campo una cultura politica” che tenti di ripensare lo spazio pubblico come spazio di elaborazione collettiva di mete e valori sociali, ricostituire una agire politico collettivo, avendo la convinzione che è possibile costruire rapporti umani più ricchi e creativi. Il tema, è quello dei “luoghi della democrazia diffusa, che va dalla città alla scuola, dal territorio alla produzione di beni e servizi”. (Barcellona) Si apre, partendo dal locale e dai territori, uno spazio da percorrere, “la costruzione di democrazie ove le differenze e il senso di sé sappiano parlare e costruire politiche con l’altro da sé”. (Aldo Bonomi, Dieci tesi per lo sviluppo locale, dal testo con Giuseppe De Rita Manifesto per lo sviluppo locale, Bollati Boringhieri, Torino, 1998.) In questa fase di spaesamento, l’agire comunitario quindi, non è altro che il “denominare un’assenza, qualcosa che non c’è” e, questa mancanza, “questo vuoto precipita in un’urgenza: la costruzione artificiale e simbolica di ciò che manca”. Qui l’analisi della realtà politica che ne fa Barcellona investe in maniera determinante lo spazio pubblico, la sua crisi, e ciò non può che essere visto che come fait sociaux, dove il problema è un problema culturale che ci interessa molto da vicino.

Gran parte del lavoro del CRAC oltre ad occuparsi di didattica si concentra sulla sensibilizzazione, l’aggiornamento e la formazione all’arte visiva contemporanea, che tipo di strategie e che formati utilizzate per sviluppare questa attività? Non è stato facile far accettare il progetto alla comunità scolastica. Nonostante siano trascorsi sei anni dalla fondazione del Centro i problemi continuano a sussistere sia all’interno che all’esterno, pensiamo che occorra ancora tanto lavoro, una grande energia e la capacità di aprire la scuola ad esperienze laboratoriali e di ricerca, sempre che la nuova riforma ce lo permetta. Le strategie che abbiamo adottato sono il frutto dell’esperienza maturata sia come artisti che come educatori, nel mio caso ho potuto maturare anche altre esperienze essendo uno dei fondatori di Careof . Crediamo in un’azione pedagogica che utilizza l’interdisciplinarietà e la transidisciplinarietà per costruire una scuola partecipativa e decisionale nella creazione dei soggetti sociali, un’azione che sperimenta la realtà in un autentico contenitore in cui far confluire le conoscenze e le esperienze vissute quotidianamente da studenti ed insegnanti, tanto da poter tradurre la pratica della scuola in un processo collettivamente e mutuamente responsabile. La nostra attenzione è per la pedagogia sperimentale, un’attenzione per il pensiero di Paulo Freire, verso un’etica dell’operare che ci porta a pensare all’educazione come ad uno strumento di liberazione. Sensibilizzare studenti ed insegnanti al mondo dell’arte contemporanea è un’impresa complicata e faticosa, nei Licei artistici è difficile fare esperienza di contemporaneità per tante ragioni, però sono convinto sempre di più che per dare senso al fare arte, occorra saldare


la ricerca visiva, e non solo visiva, alla pratica didattica, perché il problema della didattica dell’arte penso tocchi molto da vicino il problema del destino dell’artista nel mondo contemporaneo. Operiamo quindi attivando sinergie molto strette di lavoro tra didattica e attività che tendono a stimolare passioni e motivazioni negli studenti, proviamo a legare tutto ciò che si produce in classe con le mostre, gli incontri e i workshop con artisti, le esperienze dei laboratori, insomma far emergere l’attività dell’arte attraverso il fare, un’immersione costante e puntuale che renda gli studenti protagonisti attivi di un percorso di conoscenza. Il progetto educativo del CRAC è molto articolato, l’offerta formativa è varia e strutturata rispetto alle esigenze che pensiamo possano essere utili agli obiettivi prefissati e da raggiungere. Per questo disponiamo di uno spazio mostre dove presentiamo a scadenza mensile progetti di artisti, riserviamo due appuntamenti annuali alle scuole italiane per la presentazione di percorsi didattici sul contemporaneo, abbiamo attivato un contenitore dove invitiamo curatori ed esperti del settore a raccontare lo stato dell’arte, curiamo un convegno sull’arte contemporanea come progetto educativo. Stiamo cercando di dotarci di una biblioteca, di un archivio, di una sezione didattica per offrire alla città e al territorio laboratori sull’arte contemporanea, pensiamo attraverso azioni mirate all’aggiornamento e alla formazione permanente. Siamo molto attivi ma anche molto attenti alla qualità di quello che proponiamo, questa scelta si rivela nel tempo una strada vincente.

Chi supporta il CRAC? Oltre al finanziamento pubblico ci sono dei privati che sostengono la vostra attività? Quello dei finanziamenti credo sia il problema critico che tocca da vicino il settore del non profit in maniera determinante. Nel caso del CRAC, essendo un progetto didattico, abbiamo potuto disporre, di una sede operativa all’interno del Liceo, di beni materiali e di servizi che appartengono alla scuola, non abbiamo grandi spese di gestione ordinaria e straordinaria, i progetti e l’aggiornamento vengono finanziati attraverso fondi statali destinati a tale scopo. Naturalmente si tratta di fondi assai modesti che sono diventati invisibili con l’avvento della nuova riforma del comparto scuola. Nell’ultimo anno anche questi fondi sono venuti a mancare, non sono arrivati i finanziamenti dallo Stato, stiamo soffrendo una crisi drammatica che sta investendo tutta la scuola italiana e naturalmente anche il nostro progetto ne sta pagando le conseguenze, pensi che per far fronte ad alcune spese siamo costretti a tagliare molte proposte e addirittura investire del nostro attingendo al già misero stipendio. Se non fossimo un progetto scuola, se non avessimo messo in pratica un’accanita resistenza e gestito in maniera accorta le esigue risorse, probabilmente non esisteremmo più. Le istituzioni locali in questi anni si sono mostrate disattente e distratte ad ogni tentativo di collaborazione, assai esigui sono risultati gli aiuti. Abbiamo attivato dei progetti formativi attraverso finanziamenti del Fondo sociale europeo. Il reperimento delle risorse per noi è molto grave, attualmente non disponiamo di altri sostegni, ci stiamo muovendo in questa direzione per poter affrontare la questione in modo adeguato. Sicuramente la gestione finanziaria e no solo, di uno spazio non profit di qualità, non può essere affidata al caso,


occorre che il team di lavoro si doti della presenza di varie figure professionali che sappiano muoversi in ambiti specifici e di ricerca sia a livello locale, nazionale che internazionale. I problemi finanziari di uno spazio non profit sono da ricercare anche nelle norme vigenti che regolano gli statuti delle associazioni, nella scarsa attenzione attribuita loro dalle amministrazioni e dell’incapacità, come accennavo, nel fare sistema. I problemi sono molto complessi e forse andrebbero affrontati all’interno delle stesse organizzazioni, pensando a forme coerenti e produttive di cooperazione, cioè ad un insieme di associazioni regionali o nazionali che possano dare vita a progetti che siano in grado di produrre cultura ma anche di fare impresa. Per la gestione delle risorse si potrebbe pensare di costituire una sorta di mercato equo e solidale, una banca etica, una banca di mutuo soccorso, una banca degli scambi, dove poter far confluire, con azioni comuni e condivise, fondi e servizi di cui possono usufruire tutti gli associati. Credo di essere andato molto in là, penso da tempo ad altri sistemi, credo che lavorare come si continua a fare possa portare solo ad esasperare una sopravvivenza ed un individualismo che continuano a non dare frutti veramente maturi. In qualità di operatore culturale quali sono i principali ostacoli che quotidianamente incontri nella produzione delle attività? Gli ostacoli che quotidianamente si incontrano sono di solito di ordine finanziario e burocratico. Per quello che ci riguarda, le trasformazioni apportate dalla progettualità del CRAC ci ha posto di fronte anche ad altri diversi problemi. Avendo apportato una situazione di novità in un sistema rigido come il

sistema scolastico, molti soggetti hanno cominciato a manifestare atteggiamenti di resistenza nonostante il progetto fosse stato formalmente approvato come progetto educativo d’istituto. Le risposte per i primi anni non sono state del tutto di collaborazione, forse perché il progetto CRAC per il suo metodo di lavoro si è sempre avvalso di un dinamismo progettuale che esige un confronto e una discussione continua sull’esigenza e sulla produttività di una diversa organizzazione delle risorse, umane e materiali. Alla nostra richiesta di confronto e collaborazione spesso abbiamo sentito le persone reagire con modalità defatiganti e frenanti, negli ultimi due anni però il lavoro prodotto ha cominciato a produrre i suoi frutti, questo ci ha fatto capire che occorre sicuramente lavorare ancora molto affinché il progetto abbracci la scuola nel suo insieme. Se dovessi spiegare ai tuoi giovani studenti perché è giusto promuovere e supportare le attività culturali cosa diresti? In tanti anni di insegnamento non si finisce mai di imparare, avvicinarsi agli studenti adolescenti è una pratica pedagogica molto complessa. La pratica si costruisce insieme attraverso una partecipazione attiva e consapevole, un processo maieutico che fa superare, come diceva Paulo Freire la ricerca e l’apprendimento tematico. Freire era convinto che tutti possono apprendere solo quando hanno un progetto di vita per loro significativo, di questo ne sono convinto anche io. Ho visto studenti ed ex studenti che si sono offerti volontariamente nel voler partecipare all’organizzazione delle attività culturali. Da qui inizia una cura di sé come diceva Michel Foucault.


Progetto Isole

Residenza Elena Bellantoni, Piana degli Albanesi 2009


Progetto Isole Palermo, 2004 www.progettoisole.org info@progettoisole.org

MISSION Progetto Isole, a cura di Barbara D’Ambrosio (Roma) e G. Costanza Meli (Palermo), rappresenta un evento innovativo nel panorama culturale siciliano: costituitosi come un laboratorio artistico permanente, ha già svolto tre anni di attività presso il Comune di Isola delle Femmine, coinvolgendo giovani artisti provenienti da diverse città italiane con l’obiettivo di attivare uno studio del territorio e stimolare l’intervento creativo in un contesto pubblico di estremo interesse naturalistico, storico e sociale. Gli attori coinvolti, attraverso laboratori, workshop, seminari e incontri, hanno attuato una lettura del territorio, inteso non solo in senso fisico, ma anche come storia della popolazione che lo abita e dei segni materiali e immateriali lasciati da coloro che lo hanno abitato in passato (il tessuto culturale e sociale). Da ciò deriva anche l’interrelazione tra competenze e ambiti differenti (archeologia, architettura, storia, letteratura, ecologia, sociologia, etc.) su cui si costruisce il progetto stesso.

nel laboratorio, che assegna all’arte la capacità di attribuire un senso diverso a queste esperienze dislocandole nel tempo e nello spazio. Giovani artisti e curatori hanno scelto una strada di integrazione con il territorio d’intervento: questo è il punto da cui partire per impostare una discussione seria sul tema dello sviluppo e degli investimenti. Progetto Isole ricerca le modalità attraverso cui l’arte contemporanea si relaziona con la società, con il pubblico, con lo spazio umano e le sue relazioni considerando il contesto di azione prima di tutto come un testo da leggere.

Arte e cultura del territorio

Progetto Isole si propone come messa in pratica di un’ipotesi d’intervento dell’arte in territori e contesi periferici ai circuiti e ai luoghi deputati all’arte contemporanea, ma caratterizzati da una forte identità storica e paesaggistica. Le relazioni tra gli spazi e le persone che li vivono sono il nostro contesto d’indagine e di elaborazione artistica, la progettualità il nostro fare: una prassi legata alla sperimentazione delle possibilità di espressione politica dei soggetti coinvolti

Workshop “Isola in rete/una mappa” Piana degli Albanesi - Marzo 2009


La storia

Il progetto nasce dalla volontà di un’amministrazione locale di valorizzare il proprio patrimonio naturale e culturale ed in particolare di rivitalizzare la Biblioteca del proprio comune. Si è svolto in due fasi diverse ma correlate come il laboratorio e la rassegna d’arte contemporanea Il titolo del progetto ne simboleggiava il senso: l’isola rappresenta non soltanto il nome geografico del Comune che ha promosso e ospitato in questi due anni le attività e le mostre svolte, ma anche la condizione culturale di ogni partecipante, il punto di partenza, la città da cui ogni artista muove portando con sé la propria dimensione creativa. Il nome sottolinea, inoltre, la principale caratteristica che accomuna il gruppo di artisti e curatori che hanno dato vita a questo laboratorio permanente: l’insularità e la sua naturale conseguenza, la necessaria ricerca di connessioni. Il gruppo, formato da un nucleo principale di nove giovani artisti e due curatrici provenienti da diverse località, si è avvalso di collaboratori esterni, esperti d’arte, comunicazione, scienze naturali, urbanistica. Roma, Napoli, Palermo, sono isole che si incontrano e confrontano in una cittadina come Isola delle Femmine, sono grandi realtà che confluiscono in un piccolo centro per avviare un percorso comune.

In progress

Progetto Isole non ha una sede stabile ed unica, ma è un laboratorio permanente che esplora di volta in volta luoghi diversi e li mette in relazione, è una ricerca che si rivolge alle “isole culturali” del nostro paesaggio per sperimentare un’apertura attraverso l’incontro con l’arte. Progetto Isole guarda al futuro nell’ottica di una conferma della procedura laboratoriale. Il gruppo che ha dato vita al progetto prosegue questo percorso attraverso iniziative molteplici che prevedono innanzitutto un approfondimento della dimensione teorico/critica da realizzare

attraverso una ricerca costante sulle tematiche relative alla valutazione del concetto di territorio come paesaggio antropico. In tal senso l’interesse delle curatrici e degli artisti è rivolto alle potenzialità paesaggistiche e culturali espresse dal contesto di partenza (Isola delle Femmine) come da tutti gli ambienti che possano esservi assimilati. Possono essere considerate Isole tutte le mete di questo cammino: i luoghi che, di volta in volta, ospiteranno gli interventi artistici; gli scenari dei nostri incontri con altri soggetti culturali; i paesaggi della nostra esperienza. L’attivazione di nuovi progetti in ambito visivo, sonoro, editoriale e scientifico è accompagnata dalla scelta di un’estetica che connoti progetto Isole legando il suo agire on site specific alla riflessione sul genius loci dei piccoli centri abitati, delle periferie, delle zone rurali rappresentativi della cultura del Mediterraneo. Sono i luoghi di un sud che deve divincolarsi dalla gestione mafiosa dell’impresa pubblica e privata, in cui resiste la tradizione orale accanto alla diffusione delle tecnologie della comunicazione e dove la dimensione simbolica gioca un ruolo fortissimo nell’elaborazione dell’identità sociale. Isola delle Femmine rappresenta tutte queste realtà e da qui è iniziato il tragitto che conduce progetto Isole alla scoperta dei paesaggi visivi, sonori, narrativi di cui è in cerca. Obiettivo generale è quello di costituire un network, una rete che metta in connessione le realtà locali italiane ed europee, altrettante simili “isole culturali, linguistiche, religiose” presenti nel mondo, di cui questi piccoli comuni del sud Italia diventino il centro propulsivo.


REPORT ATTIVITA’ 2005 – 2007 : Progetto Isole esplora il Comune di Isola delle Femmine La prima tappa di progetto Isole è stata il Comune di Isola delle Femmine in provincia di Palermo. Il centro di 5.000 abitanti è un paese di pescatori caratterizzato dall’isolotto antistante la costa su cui sorge un’antica torre d’avvistamento, e animato in estate dal turismo e dai palermitani che trascorrono le vacanze ogni anno nelle ville costruite, intorno agli anni 60, nella zona della “torre di terra”. Le suggestioni legate alla presenza dell’isolotto intrecciano l’etimologia del nome con tradizioni e leggende tramandate sino ad oggi, e ancora inscritte nella memoria dei bambini, che narrano di pirati saraceni e di donne ribelli in fuga per amore o alla ricerca della libertà. L’incipit del progetto è stato l’incontro con la Biblioteca Comunale Pino Fortini: una struttura ricavata dal restauro della vecchia sede del mattatoio Comunale con un’ampia terrazza sul mare dove si sono svolte molte delle attività del laboratorio e della rassegna di arti contemporanee di progetto Isole. La Biblioteca conserva un’importante e antichissima collezione di testi sul mare, sulla pirateria, sulle tradizioni navali, donata al Comune dallo storico Pino Fortini. L’intento iniziale del progetto era la valorizzazione di un luogo culturale di estremo interesse ma quasi totalmente disertato dalla popolazione che lo considera estraneo al paese, percepito come distante dai luoghi abituali in cui si svolge la vita della comunità, e tutt’oggi chiamato “il macello”.

Isola delle femmine è stato, dunque, il fulcro di tre anni di elaborazione progettuale da parte del gruppo di artisti e curatori che hanno lavorato alle edizioni del 2005 e del 2006. Laboratori con la scuola media, escursioni, giornate di lettura in biblioteca, documentari, registrazioni audio e video, interviste, performances, video proiezioni hanno animato l’intera cittadina nell’ottica di un continuo scambio di esperienze culturali e sociali tra gli abitanti e gli artisti, attivando uno spostamento del punto di vista nella lettura del proprio contesto di vita. 2008: Progetto Isole esplora nuovi territori 30 gennaio – 2 febbraio: progetto Isole partecipa ai laboratori di N.EST 2.0 The making of the city/ Disegna la Tua città, la mostra curata da Gigiotto Del Vecchio e Stefania Palumbo, ospitata alla project room del Museo MADRE di Napoli, prima mostra museale di N.EST (www.napoliest.it), database online e progetto di mappatura e documentazione delle trasformazioni urbane attraverso l’arte, la creatività ed i nuovi media. Progetto Isole porta la propria esperienza all’interno della parte dedicata ai Work/ progetta, nella sezione Altri Est - un laboratorio per artisti che lavorano su altre “periferie” (http://www.nestube.com/ nest/scheda_contributo.php?lang=0&id=129). 25 maggio- 21 giugno: La forza dei legami deboli, a cura di Gaia Cianfanelli e Caterina Iaquinta (Ass. Start) - PREMIO MAURO MANARA 06-07, Galleria d’arte Contemporanea, Castel San Pietro Terme, Bologna. Partecipano: CAMPANIA: ArtétecaExposito, carlorendano associationlanificio25, Cam di Casoria, chiavi di lettura per l’arte contemporanea-Marco Izzolino, Proposta, The Beds-in Art ABRUZZO: MICROGalleria, Unimovie - MOLISE: Limiti Inchiusi - BASILICATA:


Lab 12:00 & visioni urbane - PUGLIA: Cineclub Canudo, Eclettica, Loop House, Nodo, Res - CALABRIA: Chroma, Eventoarea - SICILIA: Erbematte, progetto Isole, progetto Rassegna del Contemporaneo, SuccoAcido. Domenica 25 maggio: Forum sulle Associazioni non profit d’arte contemporanea in Italia, a cura di Maria Rosa Sossai. Sono intervenuti: 1:1 projects (RM), 26CC spazio per l’arte contemporanea (RM), Base (FI), Expòsito (NA), Lungomare (BZ), Nosadella 2 (BO), Progetto Isole (PA). Dal forum è stato avviato un progetto di “messa in rete” nazionale delle realtà non profit per l’arte contemporanea attraverso la realizzazione di una carta comune. Evento svolto all’interno di NUMERO DUE. inCONTEMPORANEA la rete dell’arte, progetto promosso dalla Provincia di Milano in collaborazione con Triennale di Milano, con il patrocinio di Accademia di Belle Arti di Milano. 23-25 maggio, Triennale di Milano. 2008-09: Progetto Isole esplora il Comune di Piana degli Albanesi. La seconda tappa del nostro percorso si rivolge al territorio di Piana degli Albanesi in provincia di Palermo, tra i più antichi insediamenti nati dalla migrazione del popolo albanese in Italia (XV secolo). Questo luogo costituisce un interessante esempio di “Isola nell’Isola”, come viene spesso definito: un paese in cui una minoranza etnica ha conservato e tramandato attraverso i secoli, e perlopiù oralmente, il proprio patrimonio linguistico, culturale, religioso. Il territorio si differenzia nettamente da Isola delle Femmine, quello precedentemente indagato da progetto Isole, sia da un punto di vista storico che paesaggistico. Situato sulle pendici del monte Pizzuta, si affaccia sul grande invaso della diga che ha modificato il panorama e arricchito il paese di uno spazio nel quale si sono

estese le attività legate al lavoro e al tempo libero. La caratteristica principale di questo territorio è senz’altro la sua forte e consapevole identità culturale e linguistica: dai cartelli con le indicazioni stradali bilingue (italiano e arbëreshë) ai dialoghi cui si assiste fermandosi nelle piazze o dentro i bar, l’identità albanese si manifesta subito come un tratto distintivo dell’intero contesto urbano. Questo luogo diventa per l’arte contemporanea un importante e affascinante “campo di indagine” dal quale far emergere il potenziale immaginativo che scaturisce dalle pratiche di innesto, ibridazione e meticciato che ne caratterizzano l’identità e, in generale, quella dell’attuale società “globalizzata”. Il progetto Isola in rete si propone di attivare strategie di scambio culturale che coinvolgano direttamente e indirettamente la popolazione del paese producendo delle dinamiche di confronto con degli attori esterni. L’incontro con gli artisti, in particolar modo, avviene nell’ottica del riconoscimento della propria trasformazione verso un futuro in armonia e coerente con il proprio passato. Attraverso il concetto di “integrazione/ incrocio culturale”, giovani artisti, filmmakers, archeologi, sociologi, antropologi e architetti “in formazione”, provenienti da diverse città italiane e con differenti metodologie di lavoro, stimoleranno un confronto culturale tra loro e con gli abitanti del Comune. Il progetto si svolge come una “ricerca sul campo” finalizzata ad un’indagine sull’identità, la memoria e l’immaginario legate a Piana degli Albanesi e alla cultura “arbëreshë” in generale.


Intervista a Costanza Meli e Barbara D’Ambrosio Perché avete scelto di essere un’associazione non a scopo di lucro? Ci è sembrato il passaggio più logico da una modalità legata al nostro operare da curatrici indipendenti, ad un fare organizzato tutto attorno al tipo di progetto che abbiamo elaborato negli anni, a partire già dal 2004, e che ha assunto sempre più le fattezze di un laboratorio permanente con delle caratteristiche che lo identificano in ogni luogo. L’associazionismo è del resto una delle realtà più efficaci e vive dello scenario artistico italiano e internazionale e rappresenta un modello di eticità e semplicità nella gestione delle risorse umane ed economiche. In qualità di operatori culturali quali sono i principali ostacoli che incontrate nella progettazione e nella produzione delle vostre iniziative? Sicuramente le difficoltà sono legate al contesto in cui operiamo, visto che i piccoli comuni, soprattutto in Sicilia, si trovano continuamente a dover scegliere tra l’offerta culturale e il ritorno immediato che possono garantire, a livello economico, eventi commerciali e fieristici. I tempi lunghi sono invece difficili da preventivare e richiedono molta saggezza e molto coraggio da parte delle amministrazioni, ed è su quelli che agisce una progettazione di alto profilo culturale.

prima che come una manifestazione artistica, legando ogni nostra azione al contesto in cui nasce, considerando i luoghi in cui agiamo come soggetti attivi che possono indirizzare il nostro approccio. Progetto Isole non opera a partire da un concept definito una volta per tutte, ma elabora strategie e finalità ogni volta diverse perché si radica in un periodo di tempo abbastanza lungo in ogni territorio e ne studia le necessità, ne osserva le caratteristiche, ne stimola l’immaginario attraverso l’incontro e il contributo degli artisti. La filosofia di fondo è sicuramente l’idea che ogni luogo specifico possa raccontarsi ed essere raccontato, e che queste due azioni rappresentino due momenti diversi e complementari. La ricchezza di una narrazione non scaturisce da una sola voce, ma dal discorso che prende il via dal ricordo o dalla testimonianza di ogni singolo abitante e prosegue attraverso il pensiero e l’interpretazione degli artisti e del gruppo di ricerca. Questo è un passaggio molto importante dell’intero progetto, poiché si fonda sulla fiducia, sulla richiesta di fiducia che facciamo ai nostri interlocutori locali, di affidare il proprio racconto alle nostre parole, alle nostre immagini.

Potreste spiegare quale metodologia si trova alla base delle vostre attività? Progetto Isole si costituisce innanzitutto come un laboratorio permanente che da sempre ha lavorato sull’incontro tra curatrici, artisti e territorio d’indagine e d’ intervento. Abbiamo sempre considerato questo percorso come una ricerca,

Laboratorio con la scuola media - Isola delle Femmine a cura di progetto Isole, Aprile 2005


Come sostenete i costi dei progetti? E come vi mantenete voi? Fate anche altri lavori? Per il tipo di progettualità che ci interessa sviluppare, abbiamo sempre la necessità di un contributo di avvio da parte delle amministrazioni che ospitano il progetto e patrocinano le attività, ma non è soltanto quello il nostro obiettivo. Infatti riteniamo che la sponsorizzazione privata costituisca una risorsa importantissima, che non si limita a sostenere economicamente il progetto, ma rappresenta l’anello di congiunzione tra attività culturali e realtà socio economica di un territorio. Il fatto che dei piccoli commercianti o degli imprenditori locali si impegnino, ognuno con piccole cifre, per produrre una manifestazione simile nel proprio ambiente, significa che la cultura e l’arte non restano distanti e accessorie ad una realtà sociale, ma ne individuano al contrario le risorse, ne esaltano le caratteristiche e lo sviluppo.

Oltre questo naturalmente c’è l’enorme sforzo dell’autoproduzione, che è l’unica risorsa che ha consentito, in questi anni, di avviare i progetti nella fase di ideazione, quando ancora non si è attivata la rete dei finanziamenti. Da quest’anno aderiamo alla campagna e alla lista di “addio pizzo”: un messaggio importante e un nuovo progetto di fund raising etico che gradualmente porteremo avanti perché crediamo che esista un’economia onesta e che da quella debba ripartire tutto in Sicilia. Come noi ci manteniamo? Ovviamente facendo altri lavori. Purtroppo, ad oggi, tutte le energie, anche economiche, sono investite intanto per la “sopravvivenza” del progetto, dunque tutto è reinvestito per fare in modo che un nuovo laboratorio possa partire, nuovi artisti possano essere invitati per realizzare i loro lavori, etc. Noi curatrici non prendiamo praticamente nulla, anzi spesso investiamo noi stesse le nostre risorse private, che derivano naturalmente da altri lavori. Costanza ha co-fondato una casa editrice a Palermo, la Edizioni De Dieux, io lavoro alla Fondazione de Chirico a Roma.

Residenza Elena Bellantoni, Piana degli Albanesi, sopralluogo alla diga, 2009


Se venissero regalati 50.000 euro a progetto Isole come li utilizzereste? Bella domanda… abbiamo in mente un bel po’ di cose che potremmo realizzare con questa cifra, che non è affatto cospicua se pensiamo ai budget dei progetti che le amministrazioni normalmente finanziano per pubblicizzare il proprio territorio, anche senza valorizzarlo, ma che in queste realtà costituiscono invece un traguardo difficilmente raggiungibile sulla base del merito, quindi della competenza o della qualità del progetto. Noi abbiamo appena presentato proprio all’amministrazione di Piana degli Albanesi un preventivo simile per un’attività di laboratorio della durata di 9 mesi e per una rassegna di eventi espositivi che seguono il lavoro sul territorio degli artisti chiamati in residenza. Attendiamo pazientemente una risposta e sappiamo bene di aver sottostimato il progetto che andremo a realizzare, non ci sarebbe alcuna possibilità infatti di puntare su un finanziamento comunale che davvero corrisponda alle risorse che servono a gestire un simile lavoro. Questa è la realtà, e ci aspettiamo sempre un decimo di ciò che chiediamo. Per questo pensiamo che l’intervento dei privati sia importante e costituisca un apporto fondamentale per la riuscita di un progetto culturale. Perché è necessario far rientrare la cultura all’interno dei nostri valori civili? È possibile riscontrare dei benefici sociali dalle attività culturali secondi voi? Siamo del parere che sviluppare l’attività creativa all’interno di una comunità sia elemento fondamentale di sviluppo sociale ed economico. Uno degli obiettivi principali del nostro progetto è quello di stimolare un cambiamento del punto di vista da parte degli abitanti nei confronti dei loro abituali contesti di vita. Tutte

le pratiche che abbiamo sperimentato fino ad oggi hanno sempre dato vita ad un’interpretazione del contesto osservato e vissuto - che ha coinvolto il paesaggio, la memoria collettiva, i desideri, le strutture sociali, passando per gli elementi che hanno colpito la sensibilità degli artisti. Attraverso una fase realizzativa laboratoriale, infatti, si è cercato pazientemente di “tessere” in relazione il lavoro e la pratica artistica di artisti e curatori, con la vita, il lavoro, le storie degli abitanti di Isola delle Femmine prima, e Piana degli Albanesi poi, sia per sperimentare nuove modalità creative e di lavoro artistico, sia per consolidare un legame culturale ed affettivo con il luogo e le persone che lo abitano. Solo così siamo riusciti a instaurare un rapporto di fiducia che solo può aprire un dialogo autentico tra tutti gli attori coinvolti. Allora diventa possibile anche attivare una dinamica che faccia leva sulla microeconomia locale, piccoli commercianti ed aziende locali, coinvolgendo dal basso non solo le persone che hanno partecipato alla realizzazione dei lavori insieme agli artisti, ma un’intera comunità che si sente coinvolta e partecipe di un investimento per la valorizzazione del proprio territorio. Si pensi quanto questo è importante in merito al tema della legalità nel territorio siciliano: chiedere ad un imprenditore o ad un negoziante di investire nella cultura invece che pagare il pizzo. Ovviamente non è così semplicistica la situazione, ma intanto si attivano dinamiche nuove e aperte a nuove possibilità.


1:1 Projects

1:1projects, Indipendence! workshop a cura di Cecilia Canziani e Francesco Ventrella, Roma, ottobre 2009


1:1projects Roma, 2006

www.1to1projects.org info@1to1projects.org

MISSION 1:1projects è un’organizzazione no profit fondata a Roma nel 2006 da un gruppo di giovani curatori. La sua attività spazia dalla creazione e lo sviluppo di progetti e mostre di arte contemporanea, alla programmazione di incontri, di laboratori didattici e di seminari in collaborazione con artisti, critici, curatori, teorici e musicisti italiani e internazionali. L’obiettivo di 1:1projects è quello di contribuire alla promozione del panorama artistico offrendo anche a Roma un servizio di informazione e di progettazione, che documenti la ricerca attuale attraverso una rete di scambio con numerose organizzazioni che promuovono la cultura contemporanea in Italia e all’estero. L’archivio di 1:1projects è il primo del centro-sud d’Italia che seleziona portfolio di artisti italiani e stranieri mettendoli a disposizione del pubblico, come utile strumento di documentazione e di approfondimento sulla ricerca artistica emergente.

1:1projects, ottobre 2009

REPORT ATTIVITA’ La programmazione di 1:1 si articola nelle seguenti attività: Mostre: mostre ideate e prodotte nello spazio di Roma, progetti con Istituzioni pubbliche o private o nello spazio pubblico; Screening: presentazione di film e video di artisti e filmmaker proiettati nello spazio di 1:1projects, festival cinematografici, rassegne; Talks: conferenze aperte al pubblico dove sono invitati a presentare il proprio lavoro artisti, curatori e critici italiani e stranieri; Workshops: laboratori e progetti partecipativi realizzati in collaborazione con artisti, spazi non-profit, residenze, università e licei. Committenze: Cercando di occupare un ruolo a metà strada tra mediazione culturale e committenza, 1:1projects si propone di sviluppare e produrre una serie di commissioni fatte direttamente agli artisti che sono parte del suo archivio. Archivio Artisti: una delle attività principali di 1:1projects è l’archivio che raccoglie portfolio, video, materiale audio e cataloghi di artisti italiani e internazionali. L’archivio aperto al pubblico è incentrato sulle ricerche e le metodologie più attuali dell’arte contemporanea. Strumento di ricerca e collaborazione, l’archivio è inteso come un progetto in collaborazione con altri archivi in Europa e ha dato un importante contributo allo sviluppo di un network internazionale di professionisti del settore. L’archivio viene costantemente aggiornato dai membri dell’associazione o da curatori invitati da 1:1projects che sottopongono delle proposte di acquisizione.


Intervista a Maria Alicata e Benedetta di Loreto

Secondo quale criterio avete scelto di invitare gli artisti a far parte dell’archivio?

Perché avete scelto di essere un associazione non a scopo di lucro?

Abbiamo adottato diversi criteri, alla cui base c’è sempre stata la volontà di esplorare i linguaggi e le metodologie dell’arte contemporanea nel lavoro di artisti italiani e stranieri. Il lavoro degli artisti che selezioniamo per l’archivio è legato all’analisi di processi creativi, a dinamiche partecipative, all’impegno sociale e politico, all’approfondimento del valore dei media, allo studio della trasformazione dei supporti utilizzati dagli artisti. Sulla base di queste premesse, i criteri principali di acquisizione di materiale sono: - progettuale: selezione di artisti che lavorano su tematiche affini alla nostra ricerca - territoriale: selezione di artisti presenti in determinate aree geografiche; - curatoriale: periodicamente invitiamo curatori indipendenti o istituzioni partner a proporre una selezione

Indipendenza, libertà di pensiero, agilità, sono le parole chiave che hanno indirizzato fin da subito il nostro lavoro come gruppo curatoriale. Fondare un’associazione no profit ci è sembrata quindi la formula più adatta alla nostra idea progettuale di ripensare le modalità di produzione e distribuzione dell’arte contemporanea attraverso la collaborazione, l’approccio interdisciplinare, la ricerca e la sperimentazione. Inoltre il modello no profit, indipendente per natura, si pone per vocazione in rete, in dialogo con soggetti istituzionali e non, del sistema culturale, politico ed economico cercando di elaborare strategie culturali alternative e innovative. Non ultimo, era lo strumento giuridico più agile per essere autonomi rispetto alle logiche del mercato, delle Istituzioni e della politica, al fine di svolgere attività di formazione, di approfondimento e di ricerca. In qualità di operatori culturali quali sono i principali ostacoli che incontrate nella progettazione e nella produzione delle vostre attività? I bandi pubblici italiani sono poco orientati al contemporaneo e difficilmente accessibili. Di conseguenza sono scritti adottando dei criteri che non tengono presente la realtà artistica attuale. Le linee di finanziamento europee legate alla cultura richiedono la capacità di anticipare grandi somme, ed escludono automaticamente i piccoli concorrenti.

Avete mai chiesto agli artisti in archivio di contribuire economicamente ai progetti in cui sono stati coinvolti? Tra gli elementi fondanti di 1:1 projects c’è la generosità, reciproca tra di noi e gli artisti. Essendo spesso autofinanziati abbiamo risorse limitate nei progetti, anche se cerchiamo sempre di sviluppare e progettare la nostra attivita’ al livello piu’ alto possibile sfidando questi limiti. Cerchiamo di fare il piu’ possibile dando il massimo possiamo in termini di tempo, contributo (anche economico), contatti, etc. Non chiediamo mai agli artisti di contribuire economicamente ma chiediamo invece loro una generosità reciproca, spesso partecipano in progetti in cui non sono pagati ma in cui credono. Nel 2008 abbiamo fatto un’asta per una raccolta fondi a sostegno delle nostre


attività che ha messo all’incanto opere di artisti presenti in archivio e non. Cosa direste ai vostri coetanei che vorrebbero attivare un progetto come il vostro? Di concentrarsi sullo sviluppo progettuale per poi sostenere le attività e le spese di gestione, di lavorare inoltre sullo sviluppo di un piano finanziario long-term per sostenere le attività, senza escludere la possibilità di ideare servizi culturali. Se doveste convincere qualcuno che è doveroso da parte dello Stato promuovere e supportare le attività culturali, cosa direste? Che l’arte è uno strumento fondamentale per l’analisi delle varie identità sociali, che è aggregativa, e che è un bacino attraverso cui creare posti di lavoro. Che è motore di sviluppo sociale, economico e politico, che una società dove l’arte e la cultura contemporanea sono sostenute dalle Istituzioni è una società migliore e proiettata verso l’innovazione.

Cosa credete si possa iniziare a fare per raggiungere un effettivo riconoscimento del settore nonprofit da parte dello Stato e di conseguenza un suo maggior investimento economico-finanziario a sostegno del settore? Attualmente ci stiamo impegnando con Ada, Network per le arti contemporanee, di cui siamo fondatori insieme ad altre associazioni con cui condividiamo la necessità di garantire sostenibilità ai progetti indipendenti e trasparenza per il sistema culturale italiano su scala nazionale. Tra gli obiettivi principali che vorremmo raggiungere ci sono il riconoscimento, sul territorio nazionale, del ruolo e del lavoro svolto dalle associazioni per lo sviluppo, la promozione e la diffusione della ricerca e della cultura artistica contemporanea; l’istituzione, anche in Italia, di una commissione nazionale sul modello degli Arts Council che finanzi progetti su criteri qualitativi; e l’elaborazione congiunta, con gli organismi competenti, di azioni e politiche meritocratiche che garantiscano l’esistenza e la sostenibilità (anche fiscale) del settore culturale artistico non profit. Inoltre dimostrare come il settore nonprofit, permetta il lavoro di molti e sviluppi quindi possibilità di occupazione.

1:1projects, Indipendence! workshop, a cura di Cecilia Canziani e Francesco Ventrella, Roma, 2009


Eventoarea

Alterazioni - processi sintatticamente simili, performance, Reggio Calabria - FacoltĂ di Architettura, maggio 2009


Eventoarea

Reggio Calabria, 2007 www.eventoarea.com associazione@eventoarea.com

MISSION eventoarea è un’organizzazione non lucrativa per la promozione sociale, della cultura e dell’arte, nata nell’Aprile 2007, con sede in Reggio Calabria, che pensa all’arte in chiave strumentale, come mezzo per agire in contesti fortemente connotati, a volte delicatamente problematici. L’impegno prioritario dell’Associazione è, quindi, promuovere e tutelare, a fronte di prodotti artistici sempre meno distinguibili dagli altri prodotti di consumo, un’arte “di qualità”, un’arte come momento esperienziale che dia forma e significato alle reti di nessi di cui il nostro vivere è fatto. Lo sforzo deve essere quello di superare la concezione diffusa che risolve la cultura in puro intrattenimento, per ripensarla come componente strutturale di una nuova organizzazione della conoscenza, come occasione preziosa di esperienza e di riflessione critica. L’Associazione eventoarea esprime, già nella denominazione, la volontà programmatica di costituire in sé un punto di riferimento rispetto ad un’area disciplinare vasta come può essere la cultura contemporanea. L’intento è quello di sviluppare nel tempo progetti di promozione basati sul principio della progettazione integrata e del lavoro in rete, sia da un punto di vista disciplinare sia, ancor di più, in termini di relazione con i Soggetti operanti a livello locale e nel panorama nazionale. Lo spirito di servizio che anima questa nuova esperienza associativa, la spinge a lavorare non solo per promuovere la diffusione dei valori della cultura

e dell’arte, per valorizzare le risorse presenti, per favorire i rapporti di collaborazione, ma soprattutto per contribuire a realizzare una vera crescita della società e del territorio. Troppo spesso, infatti, si dimentica quanto la cultura sia importante nel favorire processi di acquisizione identitaria, per creare individui consapevoli, responsabili, partecipativi. In una società estremamente complessa come quella contemporanea, l’arte è una scorciatoia formidabile per definire l’identità delle persone e la qualità della cultura incide profondamente sulla qualità del nostro vivere. È per questo che, per noi, sostenere la cultura ha prima di tutto un valore sociale, di servizio al cittadino, nel fornire strumenti di conoscenza e di competenza necessari a sviluppare uno spirito critico autonomo, senza dimenticare che i processi educativi sono processi reciproci e aperti.

Indicazioni per una didattica consapevole laboratori di aggiornamento per insegnanti, a cura di Loriana Ambusto, da dicembre 2009 ad oggi.


La situazione del Sud Italia presenta ancora oggi un carattere di forte arretratezza sul piano culturale in genere ed un pressoché totale disinteresse per l’arte contemporanea in particolare. La rara presenza di operatori del settore (galleristi, collezionisti, ecc.), la debolezza delle politiche pubbliche mirate alla promozione culturale, la scarsa preparazione del pubblico si traducono nell’assenza di spazi (non solo in senso fisico) dedicati all’arte contemporanea. Le prime difficoltà con cui ci confrontiamo sono, quindi, la mancanza di un sostrato fertile a supporto delle iniziative, la difficoltà di far comprendere, alle stesse Istituzioni che dovrebbero essere preposte alla promozione culturale, il valore sociale che la cultura riveste oggi nella prospettiva di un pieno e duraturo sviluppo e la scarsa propensione del pubblico locale dovuta al fatto di non aver mai avuto occasioni di confronto con l’arte contemporanea. La finalità, di conseguenza, è quella di creare un contesto culturale maturo, dove per “cultura” non intendiamo il ristretto ambito del pensiero ma l’organizzazione sociale che sta alla base della definizione di una comunità. Non possiamo lasciare che il nostro territorio resti privo degli strumenti di accesso alle più alte elaborazioni del pensiero, perché questo vorrebbe dire essere escluso dalla consapevolezza del presente e, di conseguenza, impossibilitato a progettare il proprio futuro. È ovvio che non a noi spetta questo arduo e lungo compito, tuttavia ci sembra doveroso farci carico della parte che ci compete. Così, per noi, promuovere l’arte e la cultura contemporanea si traduce in due principali linee d’azione: sostenere la creatività artistica, stimolando i giovani artisti del territorio grazie al confronto diretto con artisti già affermati e attraverso progetti sperimentali e di ricerca; fornire strumenti di comprensione al pubblico, attraverso la formazione,

la mediazione, l’accesso ad iniziative espositive di qualità e, soprattutto, mediante la partecipazione attiva alle attività artistiche. In tutta franchezza, la cosa che manca di più nel nostro territorio è una domanda di qualità, che sia pienamente consapevole di quanto viene proposto e, di conseguenza, in grado di scegliere autonomamente a quali prodotti culturali accedere. Se così fosse, molte delle iniziative effimere e di scarso valore scomparirebbero naturalmente, a favore di un contesto culturale stimolato ad un continuo miglioramento. Gli obiettivi sottesi alla nostra attività: • promuovere l’arte contemporanea, ed in particolare la conoscenza e la diffusione dei valori culturali e delle nuove forme di espressione artistica, favorendo le opportunità di “incontro” con gli artisti operanti nel contesto nazionale ed internazionale; • sostenere la creatività artistica, creando occasione di aggiornamento e confronto tra i giovani artisti locali e quanto avviene nella ricerca artistica nazionale ed internazionale; • sviluppare un vero e proprio senso di appartenenza nei confronti delle iniziative, sia da parte delle Istituzioni, in termini di sostegno alla realizzazione, che da parte del pubblico, in termini di partecipazione, attraverso uno stretto e leggibile legame con il territorio; • agevolare la collaborazione tra gli Enti pubblici e privati in riferimento all’arte e alla cultura, coinvolgendo diversi Soggetti istituzionali, per realizzare un significativo esempio di quel lavoro di rete che sta alla base di un reale sviluppo; • stimolare processi di confronto e scambio non solo “dall’alto”


ma anche a livello orizzontale, creando rapporti di collaborazione tra gli operatori di settore (artisti, galleristi, critici, ecc.) ed i Soggetti locali, pubblici e privati; • fare emergere il bisogno inespresso di luoghi per il contemporaneo contribuendo a creare una possibile domanda per eventi futuri.

Giovane Arte: al_margine, a cura di Eventoarea, Facoltà di Architettura , Reggio Calabria, Foyer dell’Aula Magna. maggio 2008/2009

REPORT DELLE ATTIVITA’ Queste le principali iniziative che l’Associazione ha ideato, promosso e curato, anche attraverso significative collaborazioni: 2009, da Gennaio a Dicembre, formazione specifica dei volontari selezionati per il Servizio Civile Nazionale nell’ambito del progetto Arte, Cultura e Turismo in rete per la Città del Comune di Reggio Calabria. 2009, dal 7 al 25 Giugno, collaborazione con l’Associazione Erbematte (Catania) per il progetto Sud KM0 . 2009, dal 13Maggio al 12 Giugno, Alterazioni_processi sintatticamente simili. 2009, da Marzo a Giugno, Novecento. La rivoluzione dell’arte corso sui contenuti e i linguaggi dell’arte contemporanea rivolto agli insegnanti della scuola primaria. 2008, 14 Dicembre, collaborazione con l’Associazione Experimenta teatro dell’arte (Reggio Calabria) per la realizzazione di Colonie. 2008, dal 24 Maggio al 20 Giugno, partecipazione su invito alla mostra La forza dei legami curata dall’Associazione culturale Start (Roma). 2008, Maggio e Giugno, partecipazione su invito a diverse trasmissioni radiofoniche a Reggio Calabria e Catania. 2008, dal 13 al 30Maggio, a_l_margine, rassegna di video arte italiana e collettiva di giovani artisti. 2006, dal 13 al 30 Giugno,Riflessi. Luoghi dalla realtà, luoghi dall’arte, rassegna di video arte italiana. 2006, da Febbraio a Luglio, collaborazione con il prof. Ludovico Pratesi per il Corso di Arte Contemporanea. 2004-2005, alcuni appuntamenti dal carattere didattico-divulgativo per la promozione dell’arte contemporanea in collaborazione con il Prof. Ludovico Pratesi. 2003, dal 26 Luglio al 24 Agosto, Reggio Calabria. Una città per l’arte, collettiva di


otto artisti italiani e giornate-laboratorio con giovani artisti.

REPORT ECONOMICO Partnership o collaborazioni con alcune organizzazioni pubbliche e/o private Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria: la Facoltà ci ha concesso l’uso esclusivo di un’aula e mette gratuitamente a nostra disposizione gli spazi comuni, l’aula magna, la dotazione tecnica (videoproiettori, impianti, ecc.), nonché elargisce saltuariamente dei contributi per sostenere progetti specifici. Comune di Reggio Calabria: nella precedente forma associativa (Onlus) il Comune è stato partner di una delle attività espositive (Nel 2003 ha finanziato la collettiva “Reggio Calabria: una città per l’arte”). Nel 2009 l’Associazione ha svolto attività formativa per i volontari del Servizio Civile Nazionale nell’ambito del progetto “Arte, Cultura e Turismo in rete per la Città” presentato dal Comune di Reggio Calabria. Circolo didattico “Nosside” di Reggio Calabria: dall’anno scolastico 2008/2009 il circolo ha sposato un progetto didattico rivolto alle insegnanti e agli alunni della scuola primaria. Da marzo 2010 il Circolo ha promosso, in collaborazione con l’Associazione, un progetto didattico aperto a tutto il territorio scolastico che ha ottenuto il finanziamento della Regione Calabria. Associazioni culturali, di volontariato, Cooperative sociali operanti nel territorio locale e non. Tipo di finanziamenti L’Associazione ha beneficiato di finanziamenti pubblici (Amministrazioni locali, Università) ma sostiene le proprie iniziative soprattutto grazie ai contributi liberali dei privati e all’autofinanziamento.

Dal 2007 abbiamo partecipato a due bandi ministeriali ma i progetti non sono stati approvati. La Regione Calabria ha approvato il progetto promosso dal Circolo didattico “Nosside” di Reggio Calabria in collaborazione con la nostra Associazione e con la Cooperativa sociale “Camelot” per un bando che prevede la realizzazione di moduli didatticolaboratoriali per il territorio in cui insistono l’Istituzione scolastica. C’è da sottolineare che tutto il lavoro (ideazione, cura, organizzazione, coordinamento artistico, progettazione e realizzazione degli allestimenti, progetti grafici, ufficio stampa e promozione, didattica, ecc.) è svolto dai soci in maniera gratuita.

Giovane Arte: al_margine, a cura di Eventoarea, Facoltà di Architettura , Reggio Calabria, Foyer dell’Aula Magna. maggio 2008/2009


Intervista a Loriana Ambusto Come mai al momento della fondazione di eventoarea avete scelto di adottare come forma giuridica quella di associazione nonprofit? A parte la non lucratività, quello che ci interessava sottolineare era proprio l’utilità sociale che può avere un’associazione che si occupa di promozione della cultura e dell’arte. Questo vale in senso assoluto, perché fare promozione culturale vuol dire diffondere l’abitudine al pensiero critico, in particolare riguardo al proprio presente: purtroppo, guardando ai tempi che viviamo, si tratta di qualcosa che si sta affievolendo piuttosto che rafforzarsi e noi vorremmo contribuire ad invertire questa tendenza che riteniamo pericolosa per il nostro futuro. La promozione culturale, poi, ha un valore sociale ancor più marcato nel contesto in cui operiamo, considerando le complesse dinamiche che riguardano il Mezzogiorno. È per questo che, prima ancora di essere un’associazione culturale, siamo e ci sentiamo un’associazione di promozione sociale. La cultura non è qualcosa che può continuare ad essere considerata d’élite o secondaria rispetto a problemi pratici: la cultura viene prima di qualsiasi intervento perché essa è il modo in cui si struttura e organizza una società civile. Se tutti gli individui avessero accesso ad opportunità culturali potrebbero sviluppare in maniera autonoma e consapevole il proprio essere al mondo e relazionarsi in maniera migliore agli altri e all’ambiente in cui vivono. Probabilmente ci si avvierebbe verso un miglioramento trasversale e generalizzato, in tema di sensibilità ecologica, di integrazione sociale, di cittadinanza attiva, di solidarietà, di legalità, di migliore organizzazione economica e utilizzo delle risorse e così via.

In che modo il contesto in cui risiedete influenza la vostra attività culturale? Il nostro contesto è stato la motivazione che ci ha “obbligato” ad impegnarci in prima persona nella promozione dell’arte e della cultura. Siamo partiti, infatti, dal prendere coscienza del vuoto che nel 2003 (quando abbiamo iniziato la nostra prima esperienza associativa) esisteva in Calabria e nel Sud in generale nel campo dell’arte contemporanea. Da allora qualche piccolo segno di miglioramento c’è stato, tuttavia resta ancora tantissima strada da fare. Quello che cerchiamo di fare è creare occasioni affinché il nostro contesto entri in contatto e dialogo con il dibattito culturale ed artistico perlomeno nazionale. È importante recuperare il forte ritardo che il Sud ha rispetto al Nord non certo in termini di idee e progetti ma in termini di operatività, metodologie e risorse economico-finanziare. Quello che manca è un contesto adeguato e fertile dove le buone idee (che innegabilmente esistono) trovino la possibilità di crescere e strutturarsi, di uscire dall’episodicità e dallo stato di “emergenza permanente” e di trasformarsi in buone prassi. Da un lato, quindi, cerchiamo di diffondere quanto più possibile la conoscenza dell’arte contemporanea con la finalità di creare, nel tempo, un pubblico vasto ed eterogeneo che possa tradursi in una vera, consapevole, domanda culturale: questo consentirebbe di alimentare un circuito più ampio e solido, sia privato che istituzionale, che possa confrontarsi “alla pari” con altri sistemi locali e nazionali. Dall’altro vogliamo sostenere gli artisti e le intelligenze locali fornendo loro opportunità di ricerca, di sperimentazione, di messa in rete delle esperienze: sostenere la creatività vuol dire per noi creare dei progetti specifici in cui gli artisti si confrontino con loro stessi e con gli altri, tenendo sempre alta l’attenzione su quanto avviene nei contesti più “avanzati”. Il contesto in cui operiamo è, quindi, la ragione prima della


nostra esistenza… se non ci trovassimo in questa situazione probabilmente non esisteremmo neppure! Non avete mai pensato a rilocare l’associazione in un contesto culturale più maturo e aperto a recepire lo sforzo del vostro operato? Certamente ci capita di pensare a come sarebbe lavorare in altri contesti, ma non siamo così ingenui da credere che altrove possa essere tutto facile: in Italia esistono dappertutto criticità. Rilocarci in altri contesti vorrebbe dire cambiare la nostra mission, perché non avrebbe senso lavorare con delle finalità che sono specifiche e legate al territorio di riferimento. Se siamo nati è perché ne sentivamo il bisogno. C’è da dire che la nostra associazione è formata da professionalità diverse e non propriamente legate al mondo dell’arte contemporanea: cinque dei soci provengono da architettura, uno da economia, uno da giurisprudenza… quello che ci accomuna è un forte interesse personale per l’arte, soprattutto nelle forme a noi coeve, e un’altrettanto spiccata attenzione per il sociale (dovuta anche ad esperienze associative precedenti e parallele dei singoli). Probabilmente in altri contesti ciascuno avrebbe seguito la propria professione senza porsi troppe domande e senza sentirsi in dovere di rimboccarsi, in qualche modo, le maniche. E poi, forse, altrove non avremmo la stessa motivazione che ci spinge quotidianamente a continuare il nostro operato seppur tra mille difficoltà. Quante altre organizzazioni conoscete nel Meridione attive nel settore di ricerca culturale? I soggetti operanti in ambito culturale disegnano un panorama assai variegato sia per le forme giuridiche adottate che per le finalità perseguite. In questi anni

abbiamo avuto l’occasione di conoscere altre (poche, a dire il vero) realtà che operano con finalità simili alle nostre. Il che è un bene, sia in termini pratici perché consente possibilità di relazioni e di scambi, sia in termini puramente emotivi perché è molto confortante sapere di non essere soli. La maggior parte delle persone che entra per la prima volta in contatto con la nostra associazione ci domanda come mai facciamo tutto questo non essendo né artisti né curatori. È difficile far capire, anche alle persone che operano in ambito culturale, quanto sia importante l’arte nella vita dell’uomo, di ogni uomo. Forse per questo, dall’esterno, risultiamo pressoché folli… Comunque, tornando alla domanda, abbiamo avuto confronti diretti con “Progetto Isole” di Palermo, “Erbematte” di Catania, “Radice Quadrata” di Bari. Siamo a conoscenza di altre realtà ma non abbiamo avuto, per ora, occasione di incontro. Quale tipologia di pubblico segue le vostre attività? Perlopiù giovani, tra i 20 e i 40 anni. Esiste un piccolo circuito di persone interessate e particolarmente “ricettive” che risponde con entusiasmo ai nostri inviti ma si tratta, tuttavia, di un numero assai ristretto. Per questo cerchiamo di impegnarci molto sulla promozione delle iniziative, soprattutto nelle scuole e nelle Università. Nel caso delle attività didattiche, cerchiamo di indirizzare i nostri progetti a destinatari che, a loro volta, possano diffondere ulteriormente i contenuti che trasmettiamo loro, come gli insegnanti, in modo tale da ottenere un “effetto eco” che aumenti l’efficacia delle nostre azioni.


Quali sono le ragioni per cui secondo voi è fondamentale operare per la promozione e l’educazione culturale? Quali sono i benefici sociali dell’attività culturale? Citando Umberto Eco, l’arte è «metafora epistemologica di una persuasione culturale assimilata», nel senso che da sempre le forme dell’arte hanno tradotto nelle loro opere il modo in cui la cultura dell’epoca (comprensiva degli apporti del pensiero filosofico e delle teorie scientifiche) considerava la realtà. Così nella contemporaneità, l’arte assimila la multiforme complessità del nostro vivere e, attraverso l’opera, la traduce in sostrato visibile. Di fronte ad un’opera d’arte il fruitore è chiamato ad interrogarsi, a risalire ad un contenuto che si definisce anche attraverso il suo apporto. Questa partecipazione alla creazione stessa dell’opera rende il fruitore responsabile e, pertanto, richiede la consapevolezza di quanto sta compiendo. Si tratta, in questo senso, di abituare le persone a riflettere sul proprio presente e sul proprio modo di agire il presente, nel presente. Insomma, di rendere le persone consapevoli che il loro vivere non solo condiziona la vita degli altri ma ha anche, inevitabilmente, conseguenze nel futuro. In che maniera secondo voi è possibile raggiungere un effettivo riconoscimento del settore nonprofit da parte dello Stato e di conseguenza un suo maggior investimento economico-finanziario a sostegno dell’attività di ricerca del settore? Si tratta di un argomento delicato. Se è vero che lo Stato dovrebbe impegnare maggiori risorse (non solo economicofinanziarie) nel settore culturale, dall’altro i finanziamenti a pioggia che da decenni arrivano al Sud non hanno portato miglioramenti significativi alla condizione di arretratezza culturale,

sociale ed economica in cui versa anzi, spesso, sono stati fonte di scambi clientelari e di corruzione. Uno dei problemi è la lunga trafila burocratica che questi finanziamenti compiono prima di arrivare (se arrivano!) agli operatori del settore, durante la quale sono soggetti ad un progressivo “assottigliamento”, col risultato che ai destinatari arriva ben poco di quanto stanziato. Un altro problema è la scarsa considerazione che le Istituzioni di questo Paese rivolgono alle organizzazioni di volontariato: salvo elogiare il loro operato quando serve, non si registra uno sforzo concreto di aiuto e sostegno (basti pensare al caso eclatante dell’erogazione del 5 per mille bloccata al 2006). C’è poi da fare autocritica, poiché stentiamo a costituire una rete solida ed efficace, il che vuol dire essere deboli dal punto di vista della trattativa: se ci si presentasse come un fronte unico, con finalità comuni e progetti ampi e condivisi, la nostra sarebbe una voce autorevole nel confronto con le Istituzioni. La difficoltà, in questo caso, è che lavorare in continuo stato di emergenza assorbe tantissime risorse, poiché gli sforzi per realizzare i progetti sono grandi e richiedono molto tempo. Per far fronte alle necessità immediate si tende a sacrificare gli obiettivi di medio e lungo temine, in modo controproducente perché questo vuol dire rallentare il cambiamento.


Chan

Viviana Milan - So far from paradise, so close to paradise, 18 giugno – 20 luglio 2009 Installazione, vista parziale (proiezione video), Foto Gian Domenico Ricaldone, courtesy CHAN


Chan Genova, 2008 www.chanarte.com info@chanarte.com

MISSION

REPORT ATTIVITA’

CHAN è una piattaforma di confronto e collaborazione tra artisti e curatori emergenti. Un piccolo spazio curatoriale collettivo senza scopo di lucro. Essere uno spazio di ricerca e di confronto tra sistemi culturali e linguaggi artistici differenti. Creare una rete di collaborazioni che permetta una diffusione progettuale che si spinga aldilà dei limiti connaturati alla dimensione dello spazio (15 mq) e alla dimensione cittadina. Essere espressione delle ultime tendenze. Non sacrificare mai l’ideazione e la fedeltà ad una linea critica a qualsivoglia istanza economica. Utilizzare un linguaggio chiaro e accessibile.

- 2010 Febbraio/Marzo: Stefano Romano - Stuck in a paradox, I start to shave myself - 2009-10 Dicembre/Gennaio: Sottobosco c/o Chan 5 ARTISTI 5 VIDEO - 2009 Ottobre/Novembre: Danilo Correale - How much art can you take? - 2009 Settembre: Movimentazioni, Anja Puntari – Laulavat Talot - 2009 Giugno/Luglio: Viviana Milan - So far from paradise, so close to paradise - 2009 Maggio/Giugno: Marco Villani – ReadyMadeLife, - 2009 Aprile/Maggio: Mirko Smerdel – -MythMakingLandscapes - 2009 Marzo/Aprile: Anja Puntari - Pippi, Annika e Linda

Al momento l’attività di CHAN è totalmente autofinanziata dai suoi soci. Dal 2010 CHAN parteciperà ai bandi pubblici per il co-finanziamento di alcuni progetti (Regione, Provincia e Comune).

Danilo Correale - How much art can you take?, 1 ottobre – 21 novembre 2009 Installazione, vista parziale, Foto Danilo Correale, courtesy CHAN


Intervista a Carlotta Pezzolo e Hilda Ricaldone Quali sono i motivi per cui avete scelto di essere formalmente una nonprofit? Per avere più libertà d’azione nella realizzazione dei progetti e non essere vincolati a un discorso prettamente commerciale. Una tale decisione lascia grande spazio nella scelta degli artisti/ curatori con cui decidiamo di lavorare, nelle tematiche e nel tipo di opere realizzate. La vostra attività è incentrata principalmente nella cura e promozione della giovane arte italiana, in che maniera secondo voi è possibile costruire una vera e propria cultura dell’investimento sui giovani artisti? Su questo punto siamo abbastanza scettici. In questo anno di vita ci siamo resi conto che lo scoglio più grande da affrontare è soprattutto un problema di pubblico “consapevole”: manca un collezionismo giovane – almeno qui a Genova – che permetta agli artisti la serenità economica necessaria per svolgere il loro lavoro. Manca un progetto culturale forte da parte delle istituzioni che dovrebbero educare anche all’arte contemporanea e che possa creare una base culturale necessaria alla comprensione e all’apprezzamento di ciò che facciamo. Quali sono secondo voi i vantaggi e gli svantaggi del lavorare come operatori culturali in Italia? Sull’arte contemporanea in generale e soprattutto su quella giovane c’è poca sensibilità: è un settore di nicchia, difficile, economicamente di scarsa rilevanza e quindi poco considerato. In Italia in generale non si investe sui giovani e sulla cultura, senza considerare il divario insormontabile e deprimente tra la

professionalità richiesta a chi si occupa di cultura a livello autonomo e cerca di accedere ai finanziamenti e la scarsa competenza nel contemporaneo che spesso mostrano le Istituzioni. Credete nella necessità di “fare rete” collaborando con le altre istituzioni pubbliche e private affinché l’operato del settore venga maggiormente preso in considerazione dal sistema? Assolutamente, collaborare con diverse realtà è uno stimolo a modificare il proprio punto di vista e a realizzare progetti più articolati. Rispetto alla situazione attuale in cui versa il settore nonprofit e alla crisi dei valori culturali che stiamo vivendo quali proposte fareste alle Istituzioni per migliorare lo stato del settore? In parte abbiamo già risposto sopra: è necessario investire di più nella cultura, nei giovani e nella formazione di un pubblico informato e che quindi si possa sentire partecipe dell’arte contemporanea. Cosa consigliereste ai vostri coetanei che vorrebbero attivare un progetto come il vostro? E’ una grande sfida, un percorso pieno di soddisfazioni, ma difficile. Noi ci auguriamo che le associazioni nonprofit in campo artistico aumentino, crescano e facciano rete, per un cambiamento dal basso, radicale, del sostrato artisticoculturale in Italia.



APPENDICE COME COSTITUIRE UNA ASSOCIAZIONE NONPROFIT

PRIMA FASE ATTO GIURIDICO Per costituire un'associazione è indispensabile essere almeno un gruppo di persone (minimo tre persone). Una volta decisa la formazione è necessario convocare un'Assemblea di Costituzione tra i soggetti interessati che discutano e ne approvino l'Atto Costitutivo e lo Statuto. Dentro l’Atto Costitutivo vanno elencati: la denominazione dell'ente, gli scopi istituzionali, la sede, gli organi dell'Associazione (la loro durata e i loro distinti compiti). Lo Statuto dell'Associazione deve rispettare i criteri di democraticità, vale a dire tutti i soci sono uguali, hanno gli stessi diritti e possono essere eletti alle cariche elettive, in esso vanno elencate nella maniera più generale possibile le attività e le iniziative che si vogliono sviluppare, cercando di non limitare le proprie possibilità future. L'Atto di costituzione (sottoscritto dai soci fondatori) e lo Statuto vanno registrati presso un notaio.

SECONDA FASE PROFILO GIURIDICO Si consiglia prima di mettersi al lavoro, di leggere attentamente il libro I del Codice Civile, agli articoli dal 14 al 42. Sotto il profilo giuridico le associazioni e i circoli culturali possono essere riconosciuti o non riconosciuti dallo Stato italiano. Solo tale riconoscimento conferisce loro personalità giuridica, limitando così la responsabilità degli amministratori agli atti compiuti nell'esercizio delle funzioni. Nel caso si opti per il riconoscimento occorre registrarsi presso l'Ufficio del Registro ed inoltrare la relativa richiesta di riconoscimento alla Prefettura, che avvierà il procedimento affinché la pratica, passando per il ministero competente, giunga infine alla Presidenza della Repubblica. Se tutto procede bene il decreto di riconoscimento può arrivare prima di 2 anni. I tempi possono essere più brevi nel caso in cui l'associazione limiti la sua attività all'ambito provinciale o regionale: in questo caso, infatti, il via libera viene dato dal Prefetto o dal Presidente della Giunta regionale. È preferibile registrare l'Atto costitutivo all'Ufficio del Registro della propria provincia che fornirà alla associazione il proprio Codice fiscale, in quanto può essere necessario nel caso si stipulino contratti o si richiedano contributi da Enti Pubblici o privati.


TERZA FASE ORGANI DELL ASSOCIAZIONE È necessario che tra gli organi dell'Associazione siano almeno previsti:

- L'Assemblea dei soci (si riunisce almeno una volta all'anno, elegge il Consiglio Direttivo e il Collegio dei Revisori dei Conti, discute e approva i bilanci presentati dal Consiglio, è il massimo organo deliberante dell'Associazione). - Il Consiglio Direttivo (ne fanno parte il Presidente dell'Associazione, il Vicepresidente, e almeno 1 altro membro, in quanto i componenti devono essere in numero dispari, ha i poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione ad eccezione di quelli riservati al presidente e all'assemblea e tutti gli altri che l'assemblea gli destina). - Il Collegio dei Revisori dei Conti (eletto dall'assemblea, controlla la gestione economico-finanziaria dell'Associazione e verifica che essa corrisponda ai fini sociali indicati nello Statuto). - Il Presidente è il legale rappresentante dell'Associazione, ed ha quindi la responsabilità giuridica, può essere eletto dall'Assemblea o dal Consiglio Direttivo, la sua carica (come del resto tutte le altre cariche nell'associazione) è temporanea.

4 FASE BILANCIO È obbligatorio tenere un registro cassa per il bilancio sociale anche se non va depositato. Le attività dell'Associazione possono essere rivolte ai soci oppure no, devono essere in prevalenza senza scopo di lucro, eventuali attività commerciali possono essere esercitate ma non in natura prevalente rispetto alle altre attività associative, previa apertura di una partita IVA e quindi tenuta di libri contabili e pagamento dei dovuti oneri fiscali. Gli utili vanno reinvestiti nelle attività dell'Associazione. Nell'eventualità che l'Associazione voglia funzionare come circolo o produrre servizi ai propri soci (ad esempio rivendita bevande, alcolici, alimenti, ecc.) è necessario per ottenere le autorizzazioni aderire ad un'associazione del tempo libero a diffusione nazionale con riconoscimento del Ministero dell'Interno (ad esempio ARCI, ACLI, AICS, CAPIT, ANSPI, ENDAS, ecc.).


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Multimedia, audio e video Sacco P. L, I centri d'arte contemporanea in Italia, conferenza tenutasi all’interno delle giornate di incontro sul tema: Perché l’Italia ? Pourquoi l’Italie? Arti visive e architettura: il ruolo dell’Italia nel XX secolo, a cura di Elisabeth Essaïan / Marylène Malbert, Villa Medici, Roma 12-14 marzo 2009 Frisa M. L, Guerzoni G, Paccagnella D, Sacco P. L, Smarrelli M, Seia C, L’arte è e soprattutto può essere una palestra di pre-innovazione, conferenza tenutasi al Festival di Arte Contemporanea di Faenza, 17-19 aprile 2009 Video registrazioni del Workshop: Dal principio del “No Profit” al business etico in cultura, organizzato da Move On 1×100 a Roma, Ara Pacis, 18 Giugno 2009 Sito web: http://www.t-lab.it/T-LAB/Workshop/reportagevideo.html


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Ringraziamenti Devo i miei ringraziamenti pi첫 sinceri alle Associazioni nonprofit che hanno creduto e partecipato

al progetto, a Pier Luigi Sacco, Giorgio

Tavano Blessi, Nicola Nunziata, Sottobosco, Pasquale Nunziata, Fausto Falchi, Alessandra Villa, Paolo Delfini, Ruggero Delfini, Giuditta Ambrosini, Elisa Strinna e a tutti coloro che anche indirettamente mi hanno sostenuto in questa ricerca. Agli artisti, ai poeti e ai matti.


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