Erodoto108 n°14

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STORIE

DI CIBO

assaggi di street food palermitano, tra orrori gastronomici e viscere innominabili testo di irene russo foto di ornella Mazzola

IRENE RuSSO, 36 anni, siciliana, vive a reggio Emilia. è copywriter specializzata in storytelling e green marketing. ORNELLA MAzzOLA, 32 anni, siciliana di Capaci, vive a roma. Studi alla Sapienza di roma cinema documentario, fotografia e storia dell’arte. Collabora a repubblica Palemo.

IL SENSO DELLA FRATTAGLIA P

alermo è il banco di prova dei gastronauti tracotanti, pronti a sfidare la sorte in un corpo a corpo col cibo di strada. A preparare la scena c’è la stigghiola, riconoscibile a distanza per la nuvola di fumo che si ottiene gettando grasso sulla griglia, come richiamo per i clienti. Se si guardano i mozziconi di case bombardate, le esalazioni dense e la gente allegra, sembra che la seconda guerra mondiale sia finita ieri. Lo stigghiolaro intanto canta ‘Un mondo diverso...’, dimenticatosi del resto della canzone e della terra promessa dove crescere i nostri pensieri. Viene voglia di prendere Palermo a morsi, in ogni brandello di carne, fino all’ultimo quarto che ogni taglio ha scartato illudendosi di ricavare più vita dalle classiche bistecche

che da queste sculture di intestino sotto alla luce di una mattina di mercato.

Tra i venditori di panino con milza e polmone, c’è chi è partito dalla carrettella per arrivare al negozio, come i fratelli Favata di Porta Carbone. Quando la Cala era tutto un viavai di lavoratori del porto, la milza si comprava a un metro dal mare per mangiarla a colazione

alle prime luci dell’alba. Per gli acquisti al volo, una volta dall’auto scendevano soltanto gli uomini mentre le donne rimanevano chiuse ad aspettare. Col tempo le abitudini sono cambiate ma le pentole di rame durano decenni, se si ha l’accortezza di farle stagnare circa una volta al mese.

Rocky Basile ha già trecentomila visualizzazioni su YouTube, ma non per questo nega ai fotografi il ghigno western di chi conosce le regole del rione e del mestiere. Il Re della Vucciria, così lo chiamano, bazzicava da queste parti anche ai tempi in cui Guttuso aveva affittato un tavolo alla trattoria Shangai per studiare gli scorci del mercato: nella foto che tiene nel cassetto, macchiata dalle ditate di strutto, il giovane meusaro sta attaccato al pittore, fianco a fianco. Oggi accetterebbe volentieri un ruolo nel cinema, dopo Tano da morire


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