Design dell'interazione: gli strumenti del mestiere

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design dell’interazione: gli strumenti del mestiere Erika Rossi




dichiarazione di originalità

Ho consegnato questo documento per l’appello d’esame del 09/01/2009 del corso di Interaction Design Theory 1 tenuto da Philip Tabor con Gillian Crampton Smith alla Facoltà di Design e Arti, Università Iuav di Venezia. Per tutte le sequenze di parole che ho copiato da altre fonti, ho: a) riprodotto in corsivo, inoltre b) messo virgolette di citazione al loro inizio e fine, inoltre c) indicato, per ogni sequenza, il numero della pagina o lo URL del sito web della fonte originale. Per tutte le immagini che ho copiato da altre fonti, ho indicato: a) l’autore e/o proprietario, inoltre b) il numero della pagina o lo URL del sito web della fonte originale. Dichiaro che tutte le altre sequenze e immagini di questo documento sono state scritte o create esclusivamente da me. Erika Rossi

09/01/2009


design dell’interazione: gli strumenti del mestiere Erika Rossi

corso di teoria di design dell’interazione aa 2008/2009 Philip Tabor | Gillian Crampton Smith IUAV | clasVEM Facoltà di design e arti



indice

intro affordance|01 partecipatory interview|02 personas|03 coffee dispenser interaction|04 metaphor|05 opportunity|06 conclusioni bibliografia

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intro

L’interazione, è un’azione che ognuno di noi compie, anche inconsapevolmente, molteplici volte nel corso della giornata. Avviene in modo talmente spontaneo ed istintivo che spesso non ci si accorge quanto lavoro e studio possano celarsi dietro ai vari meccanismi e servizi con cui entriamo continuamente in contatto: lavatrici, tostapane, cellulari, notebook, telecomandi, porte,... Lo scopo che questo booklet si prefigge è proprio quello di analizzare questo “contatto”, ovvero di capire quali processi intervengono nelle fasi di progettazione nel mestiere dell’interaction designer. Attraverso la spiegazione e l’esemplificazione di strumenti basilari di cui questa figura professionale si serve per realizzare i propri progetti, verranno proposti e discussi argomenti fondamentali con cui i designers devono costantemente confrontarsi al fine di soddisfare a pieno i bisogni del fruitore in modo costruttivo ed intelligente.


good affordance

Sopra_due esempi di “good affordance” rappresentati dalle forbici, poichè i due fori suggeriscono intuitivamente l’approccio con l’utente, e dal cutter, avente una serie di indizi visivi formali immediatamente riconducibili al suo uso.

bad affordance

Sopra_due esempi di “bad affordance” esemplificati da questo tipo di interruttore, poichè ai vari pulsanti non corrisponde la luce giusta, e dallo stapler, la cui forma non suggerisce in alcun modo al fruitore il modo di utilizzarlo.


affordance | 01

Letteralmente il termine “affordance” indica quella proprietà imprescindibile dal buon design secondo la quale, forma e percezione caratterizzanti un oggetto sono indizi visivi fondamentali che devono suggerire al fruitore il corretto utilizzo dell’oggetto stesso. L’affordance di un oggetto è una proprietà che ne identifica la qualità del design e si manifesta attraverso accorgimenti intelligenti e necessari di cui ogni designer deve tenere conto al fine di condurre intuitivamente il fruitore ad usare il suddetto oggetto nell’unico modo corretto. Secondo il mio personale parere, l’affordance è una caratteristica peculiare di cui il design dovrebbe interessarsi approfonditamente, in quanto un’evidente affordance, determinando il corretto e naturale utilizzo di un oggetto, rende l’usabilità di quell’oggetto maggiormente agevolata con un conseguente positivo riscontro da parte dell’utente in termini di impiego e soddisfazione. Il buon design si può definire tale quando l’utente intuisce immediatamente, tramite la forma e le caratteristiche intrinseche reali e percepite, il giusto funzionamento dell’oggetto progettato. È proprio per questo motivo che nella progettazione di qualsiasi strumento o servizio che si prefigge l’obiettivo di migliorare e/o semplificare la vita delle persone, l’affordance e altre proprietà fondamentali degli oggetti quali, visibilità, mapping e feedback, devono assumere una valenza predominante, semplice e di immediata comprensibilità all’interno del progetto.

“quando una cosa semplice esige figure, scritte o istruzioni, vuol dire che il design è sbagliato.” Donald A. Norman | La caffettiera del masochista, GIUNTI, 1990, pag.21


Adele | 81 years old | living alone

HELP

SOLITUDE

FAMILY

ROUTINE

VOCAL SMS _mms _vocal sms _big screen _big keyboard Sopra_schema esemplificativo dell’intervista effettuata ad Adele, una signora 81enne di cui sono emersi i seguenti aspetti: help_vivendo da sola non ha un aiuto reperibile facilmente; solitude_è il maggior problema poichè non ha nessuna compagnia; family_ama molto la famiglia ma la vede sporadicamente; routine_rende le giornate noiose e ripetitive. Un cellulare con sistema sms vocale può essere una soluzione.


partecipatory interview | 02

La realizzazione di un’intervista analitica e coinvolgente è uno strumento essenziale che consente all’interaction designer di accedere alle reali emozioni e necessità del suo utente finale. Attraverso domande mirate, poste in tono informale, l’interaction designer tenta di analizzare gli aspetti anche meno espliciti che il fruitore cerca di comunicare ed esternare. Molto spesso le persone non riescono a vedere dalla giusta prospettiva come rapportarsi agli oggetti ed ai servizi quotidiani, incontrando non raramente difficoltà di utilizzo con conseguente frustrazione e senso di incapacità. Credo che, nel momento in cui questo accade, il designer ha fallito nel suo intento e quindi può servirsi dell’intervista all’utente come mezzo utile per apprendere i bisogni della persona al fine di tradurli in operazioni ed accorgimenti concreti e migliorare, così, le prestazioni del servizio offerto. Secondo il mio personale parere, l’intervista può essere uno strumento fondamentale per indagare nel “non detto” delle persone, come nella gestualità, nelle affermazioni e nelle espressioni in modo da ricavare ulteriori sfumature e desideri che spesso vengono emanati implicitamente dall’utente. È utile ascoltare pareri, sensazioni e consigli da parte del fruitore proprio perchè è a lui che l’interaction designer consegna il suo prodotto ed è quindi possibile trarre ispirazioni ed input interessanti che potrebbero rivelarsi indispensabili in fase di progetto. Un ottimo esempio di indagine in questo senso è fornito anche dalle cards progettate da IDEO.

“Un buon design richiede riflessione, pianificazione e consapevole attenzione ai bisogni dell’utente.” Donald A. Norman | La caffettiera del masochista, GIUNTI, 1990, pag.41


Sopra_tre schede di “personas�.


personas | 03

Il passo immediatamente successivo all’intervista può essere l’identificazione di un ampio range di utenti per cui progettare il servizio. Nel pensare a bisogni ed alle esigenze, è indubbiamente utile conoscere in modo approfondito il target a cui il designer indirizza il proprio prodotto. È proprio durante questa fase che interviene il concept della “persona”, ovvero un’entità fittizia che incarna un ampio spettro di utenza reale avente determinate caratteristiche ed aspetti personali e sociali esemplificativi (età, hobbies, studi, lavoro, ecc.). Penso che l’attuazione della ricerca di un ben mirato range di fruitori possa essere indispensabile per individuare immediatamente le caratteristiche peculiari ed essenziali che il progetto deve necessariamente presentare in rapporto all’analisi del cliente tipo. Proprio questa analisi è un efficiente mezzo a disposizione del designer per capire come pianificare il proprio lavoro. Nell’esempio qui riportato l’identificazione di una certa categoria di persone avviene attraverso domande dettagliate che mirano ad inquadrare il target ed il conseguente mood del prodotto, in questo modo il designer ha la possibilità di individuare facilmente le esigenze del cliente, enfatizzando gli aspetti che esso richiede maggiormente e rispondendo in maniera mirata alle sue esigenze primarie. Nelle tre schede realizzate, il servizio comune necessario emerso è un social network che consenta ai componenti dei tre target di conoscere nuove persone, scaricare musica e immagini, ecc..

“I progettisti spesso considerano sè stessi come tipici utenti.” Donald A. Norman | La caffettiera del masochista, GIUNTI, 1990, pag.221


sensations

storybord and solution

questions

ceramic cup

drink suggests

zen music

Sopra_sensazioni, storyboard e azioni compiute dal coffee dispenser.


coffee dispenser interaction | 04

L’esercizio prevede la realizzazione dell’interazione tra utente e un coffee dispenser particolare. Dovendo investigare su necessità e bisogni originali senza ricadere nella banalità al fine di ricreare un’interazione anti-convenzionale, si è scelto di rappresentare concetti astratti attraverso disegni esemplificativi di modelli mentali, ovvero stereotipi dell’ambiente circostante che le persone ricreano nel loro immaginario. Sensazioni, emozioni e pensieri diventano icone rappresentative che riescono a trasmettere in modo efficace il mood che il coffee dispenser ideale dovrebbe comunicare. Riassumendo gli aspetti principali di questi disegni ne è poi derivato uno studio complessivo sull’interazione tra macchina e utente, con la conseguente idealizzazione di azioni inusuali che il coffee dispenser dovrebbe compiere per rendere più gradevole l’esperienza del caffè della mattina, come una musica di sottofondo, una scelta personalizzata della bevanda, la tazza in ceramica, ecc.. Ritengo che questo esercizio sia stato molto utile per apprendere a 360° i passaggi progettuali dell’interaction designer, dalla ricerca dei bisogni alla loro rappresentazione astratta per poi giungere alla fase di concretizzazione nel processo di interazione uomo-macchina.

“Date mentalmente premi di design a chi lo pratica secondo le buone regole, mandategli fiori. E fatevi beffa di chi fa cattivo design: mandategli i semi” Donald A. Norman | La caffettiera del masochista, GIUNTI, 1990,


Sopra_4 particolari: parent’s money, altri tipi edi entrate, uscite e legenda.


metaphor | 05

La metafora è un rapporto di somiglianza in cui le parti che la compongono invocano concettualmente altri elementi stereotipati presenti nell’immaginario dell’utente, il quale riesce a ricostruire in modo immediato una determinata situazione. Trasporre all’interno di una metafora le informazioni e gli aspetti sui quali si lavora può essere un’azione molto utile per il designer al fine di semplificare i processi di connessione tra i vari dati a disposizione. Attribuendo ad ogni elemento il suo coerente parallelo nella metafora che si intende utilizzare, ci si rende immediatamente conto di come ogni informazione assuma autonomamente la corretta collocazione, con la conseguenza di riuscire a comunicare in modo semplice, concetti ed argomenti anche molto complessi. Attualmente possiamo trovare di frequente esempi di sistemi metaforizzati come, ad esempio, il desktop del computer che riproduce la scrivania reale, il sistema a cassetti dei telefoni cellulari, lo sfogliare virtuale di pagine come avviene per i libri, ecc.. Questo avviene, a mio avviso, proprio per riuscire a tradurre in modelli mentali conosciuti e diffusi informazioni altrimenti incomprensibili. Nell’esempio qui riportato è stata scelta la lavatrice per trasporre in metafora il sistema economico, con cause ed effetti, di uno studente erasmus: i detersivi rappresentano le entrate in ordine di grandezza; la lavatrice è il sistema in generale; gli indumenti rappresentano le uscite; i simboli del lavaggio identificano le caratteristiche delle uscite.

“I modelli mentali sono modelli che le persone hanno di sè, dell’ambiente e delle cose con le quali interagiscono.” Donald A. Norman | La caffettiera del masochista, GIUNTI, 1990, pag.29


Sopra_illustrazione del chiosco informativo alla fermata del vaporetto. In rosso, la tipologia di utenti a cui il servizio è indirizzato(business men, anziani, studenti stranieri e non, abitanti,...). In verde, il totem informartivo. In arancio, la location, ovvero la fermata del vaporetto della stazione dei treni.


opportunity | 06

Definire un’”opportunità”, significa analizzare il problema e la serie di riflessioni sulle anomalie di comprensibilità ed usabilità che ruotano attorno ad un determinato sistema e per cui viene progettata una soluzione o un miglioramento. Molto spesso la consapevolezza del problema da affrontare è una fase che compare precedentemente all’ideazione di un progetto e, anzi, è proprio questa che offre spunti di approfondimento ed ispirazioni per la realizzazione del servizio che si intende offrire. Definire l’opportunità per i fruitori consente ai designers di individuare gli aspetti peculiari sui quali intervenire ed avere una panoramica generale completa dei problemi e dei punti critici che una situazione può presentare. Penso che l’analisi di questa fase sia molto importante per riuscire a capire dove e come agire dal punto di vista della progettazione, soffermandosi sui bisogni primari dell’utente: quali informazioni, dove reperirle, in che modo, a quale costo, input, output, ecc.. L’esercizio è stato affrontato attraverso una serie di domande che hanno consentito di ottenere un profilo dettagliato del problema ed una conseguente possibile proposta di soluzione: in questo caso è stato scelto un chiosco informativo ACTV in grado di fornire ad un preciso target le informazioni basilari su tratte, orari, costi, percorsi speciali, ecc..

“La varietà delle soluzioni possibili ai problemi più usuali è enorme.” Donald A. Norman | La caffettiera del masochista, GIUNTI, 1990, pag.229



conclusioni

L’interaction design è una disciplina che si sta affermando e divulgando in modo esponenziale all’interno della nostra routine quotidiana ed è quindi fondamentale, per le figure professionali che si accingono a praticarla, conoscere gli aspetti basilari sui quali essa si fonda. L’interazione è una sorta di “conversazione” che avviene in modo dinamico tra utente e sistema, è un contatto che ogni persona instaura continuamente con i servizi che incontra ogni giorno e gli strumenti forniti in questo booklet possono essere un punto di partenza per iniziare a comprendere meglio questa disciplina, ormai onnipresente. Credo che l’analisi di questi mezzi avvenuta durante lo svolgimento di questo corso, mi abbia consentito di apprendere parte delle fasi progettuale che un’interaction designer deve eseguire per realizzare un prodotto di buon design che risponda in modo soddisfacente alle esigenze del fruitore.



bibliografia Libri Appunti personali delle lezioni Botta Massimo | Design dell’informazione, Artimedia, 2006 Krug Steve | Don’t make me Think, Hops, 2005 Norman Donald A. | La caffettiera del masochista, GIUNTI, 1990 Norman Donald A. | Il computer invisibile, Apogeo, 2005 Web www.amaznode.fladdict.net www.asktog.com/papers/magic.html www.cooper.com/insights/journal of design/articles/personas www.ideo.com www.sinnzeug.de www.stcsig.org/usability/topics/personas.html www.visualcomplexity.com www.wikipedia.it




corso di teoria di design dell’interazione aa 2008/2009 Philip Tabor | Gillian Crampton Smith IUAV | clasVEM Facoltà di design e arti


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