Escursionista (e poeta) per Caso

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Il Signore degli anelli (degli scurtoli e delle varianti)

poche parole dedicate al nostro BergfĂźhrer preferito

di Enrico Menestrina Escursionista (e poeta) per caso


Il signore degli anelli

Ei s’en va su l’erte valli fiero cipiglio per ville e calli casuali i passi certa la meta affinché giornata sia ben lieta al sol comanda a pluvio risponde col Garda affianco nello stormir dell’onde Or però abbandono si aulico linguaggio che pure ben descrive il personaggio Caparbio, attento, a volte folle regala sudore dal piano al colle Dal Brennero a Mantova, dalla laguna a Sirmione a panorami e villaggi, sornione anfitrione portamento scaligero in testa vaghi capelli un brindisi “mosso” al nostro Signore degli Anelli


El silenzio

Tasi! 'Cosa? 'Scolta! Ma cosa? Sera i oci e 'scolta. Ma mi no sento gnente! Come no te senti gnente! Ne' canto de grili ne' rumori de machine gnanca en sofi de vent. L'è propi quel che te volevo dir scolta la voze del silenzio el ga tante robe da dirte e nol ziga quando 'l parla.


Bambini in cammino Siamo pensieri persi nell'anima del mondo giovani cuori su antiche strade cercano l'attimo e colgono l'infinito. La forza del nostro sorriso dimostra la nostra innocenza. Il mondo ci cerca per esempi e conferme, per mostrare a sé stesso la sua fragilità. Per dar voce alla disperazione dei popoli e dare un senso al proprio futuro. Gelide mattine ci svegliano e sempre il nostro cuore le riscalda, fari nella nebbia i nostri sogni illuminano la strada del domani. Nessuno può cambiarci senza cambiare. Guardando i nostri visi rivedi il tuo passato e se ti immergi nei nostri occhi ritrovi il tuo futuro. I passi che facciamo sono sempre avanti gli sguardi sinceri e fieri. Guardati allo specchio, uomo e cerca il bambino che sei stato. Solo ciò che saprai vedere risponderà alle tue domande. Solo ciò che vedrai rischiarerà il tuo cammino.


Alba Un raggio, poi un altro nell'oscura immensità di uno sguardo. Gli occhi fissano un punto uguale a milioni. L'eterna lotta tra luce e buio che si rincorrono senza mai prendersi, tra essere e non essere, tra morte e vita poi le foglie e le nuvole e l'orizzonte ed il cielo, tutto si ammanta di colore nuovo benchÊ noto. Riottose ombre danzano sciogliendosi all'incedere lento ed elegante del sole. Il mondo si rioffre ristorato dal suo sonno. E, come sempre, è l'alba.


Alte cime Alte cime. Ove dimorano il vento e le nuvole, dove l'aquila riposa il suo volo ed il gelo mostra bianche visioni d'eterno. Alte cime. Mani ardite vi hanno sfiorato, brandendo lo scettro del coraggio per giustificar dolce violenza. Alte cime. S'ergono i picchi argentati la sera spaventando i pavidi ed i fiacchi, e dove amoreggia lo stambecco mai piede d'uomo si posò. Il sole s'appoggia alla possente spalla per spargere la sua vitale semina per radi campi e verdi valli, grigie pietraie e sfavillanti acque. Condanna le genti a cercar frescura tra i sempreverdi, come le speranze. Ma dopo un dÏ speso in sudore, l'uomo del monte si volge al ponente e guardando il giorno scemare in radi guizzi dorati s'appronta al riposo, ed al domani.


L'alpinista Cosa ti spinge uomo a salire le antiche vette? Forse il fervente bisogno di supremo che ti appartiene fin dai primordi ? Oppure la curiosità che ti abbisogna e spinge i tuoi occhi oltre ogni orizzonte? Solo con l'eterno il tuo sguardo si placa e l'aria rarefatta ti riempie le nari e con gli occhi della mente miri senza vederlo l'Unico che è più grande di te in quei momenti. Alzi le mani al cielo e nessuno, in cima al mondo, può sentirsi appagato più di te. Niente più sudore, cancellata la stanchezza le nuvole vicine all'anima non la velano e la chiarezza del cielo ti fa leggere il mondo con gli occhi del tuo cuore. L'amare è facile e il veloce scendere ti lascia in bocca la voglia di riveder la vetta che pronta si nasconde dietro l'orizzonte. Tacito sarà l'appuntamento altro posto altra ora e pronto il ritrovarsi, con ciò che ti fa vivere. Sempre più in alto uomo, in fondo alla tua anima!


Succede a volte Succede a volte nelle sudate strade che sconosciuti passi vi convergano all'unisono. S'affiancano per brevi attimi destini diversi, vite aliene, occhi che guardano con colori diversi la stessa luce. I pensieri pur brevissimi si soffermano gli uni sugli altri e s'incrociano sguardi e forse timidi "Salve!". A volte cumuli di domande si affacciano alla mente per rallentare l'attimo e legare con catene invisibili la libertà dell'altro, il continuare nel suo cammino. Le case nel pomeriggio assolato osservano i viandanti e li invidiano per la loro capacità di allontanarsi gli uni dagli altri. Ma i viandanti questo ignorano e bramano, seppur inconsciamente, il contatto degli occhi, della voce, di una storia compagna della propria. Le mani vorrebbero posarsi su quelle spalle sconosciute e condividere idee, bicchieri di vita, nuvole e giorni assolati, le orecchie aperte al racconto di giorni diversi anche se uguali, problemi altrui per consolare o esorcizzare i propri. Ma il tempo spinge nella nostra schiena ed i nostri affanni ci fanno voltare la testa per dirigerci verso inesistenti méte e lasciare perdere ciò che potrebbe essere per tenere ciò che è: un nostro piccolo mondo di voluta solitudine e indifferenza. Ho provato un giorno a voltarmi indietro fatti pochi passi. Alzando la mano ho fatto per proferire parole, richiami alla condivisione. Ma guardando la schiena dell'altro ho richiuso il mio piccolo mondo ed ho ripreso i miei solitari passi.


Tempesta

Quando la montagna è un cavallo imbizzarrito che scuote, soffia e grida sotto il tuo corpo impietrito il tuo nudo essere s'inginocchia e prega e scopre d'improvviso l'essenza di Dio. S'accanisce il mondo su sÊ stesso come cane che si morde la coda turbina la polvere intorno a te appesantita dalla sua stessa esistenza. Dopo un tempo che sembra infinito ti ritrovi nel sereno e nel pulito il sentiero si ritrova davanti agli occhi e sembra quasi che la natura dorma. Il discreto rumore di un battito di ciglia smuove ciò che è vita nelle cose immote e volge le tue mani al sorgere del giorno che timido attraversa le sbuffanti spire di acque volanti e tempestose.


Ed è vita ciò che emerge vita quel che rimane speranza nel dolore il mondo ferito si scuote e continua la sua corsa.


Il sentiero Si stacca dalle strade degli uomini come non facesse parte del tutto, un interrogativo mi coglie: sono io che vado o lui che mi porta? Tortuoso tra colline e sassi, diritto nei prati e nei campi, maestoso e fiero tra i dirupi, umile e discreto davanti alle croci. La strada è vergine e bianca come sposa di maggio, fiore di ciliegio che sboccia sotto i miei passi. La meta è sempre oltre quella curva, in cima alla salita, in fondo alla discesa. La vita è un sentiero ed ogni sasso un incontro, ogni bivio una scelta, ogni passo un giorno in piÚ. Sul monte di chi ti ama il tuo sentiero non finisce mai.


Salgo (Il sentiero 2)

Salgo un piede avanti all'altro gocce di sudore lavano pensieri di alienante quotidianità l'ombra dei miei passi da sollievo agli occhi tra cespugli e pietre Salgo la natura mi prende nel cielo vanno i miei pensieri persi tra le nuvole del consueto e colgo a malapena il tempo che passa col rumore dei passi e vola sulle ali degli uccelli Salgo e dolgono le mie gambe incedono gridando la loro rabbia volgo lo sguardo al vuoto e nel vuoto vedo il mondo piccole vite in movimento in riva al fiume dell'esistenza Sono in cima e non c'è piÚ niente da salire niente da gridare ne' tacere nessun passo o gesto da fare solo un cielo di sole terso solo aria che odora di vita solo vita che mi dona quest'aria La felicità è un sentiero di montagna che mani operose hanno creato che passi sudati hanno calcato e spiriti liberi hanno goduto.


Salgo ancora Salgo per l'egoistica mia voglia d'immenso e se non è la cima del mondo è la vetta della mia anima. Passeremo dall'altra parte del ponte infinito troveremo desideri e speranze o solamente un altro uomo. Non è dato sapere se ciò è bene il poggiare sorde orecchie all'armonia del tempo alla sinfonia dello spazio. L'uomo che vuol farsi divino assumendosi prerogative d'olimpica specie senza averne avuto licenze di sorta. Ma il naufragare nell'immenso bagnato del sudore di scoperta ed invenzione e conquista del donato dall'uomo sono bramati ed avocati a proprio dovere giustificativi del suo vagare ramingo sulla terra.


Ode alla montagna Da immote acque odo lo scorrere del tempo su mont e prat e sento meco il disegno di una divina mano che cuore e respiro mi prende leggera. S'alza in volo lo spirito dell'anima mia beata e tra nuvole ardite e su cime innevate porta il tmido mio pensiero. E il cuor mio si bea di tal visione.


Lettera dal Carso Laura sui tuoi fianchi mi perdo come un velocipede in discesa. Vorrei che il mondo non parlasse più di noi ed invece il suo silenzio è il rombo del cannone che risveglia la memoria, presente, del Carso. La guerra mi sconvolge, non l'ho mai voluta e tu lo sai. La sento però nel cuore, ogni volta che ti penso, lontana. A chi giova questo sangue, mi chiedo, questo stillicidio d'età, questo andar per un mare immobile e sassoso, questo restar svegli la notte a discorrer con la paura. Ripenso alle notti con te, vittoria perenne d'una vita vissuta, ormai da troppo tempo andata. Sul calendario ove solevo segnare i giorni del nostro amore ora conto soltanto i morti, che i feriti si contan da soli e che vorrebbero esser di là, per non più soffrire. Nei giorni in cui parlavamo di Dio come un padre buono, amorevole ed onnipresente abbiamo forse scordato di chiederci e chiedergli "perché?". E se ci fosse una risposta, cosa di cui dubito non sarebbe certo la soluzione del problema. Perchè se Dio è amore è certo che qui non c'è. Ma parlami di te e non scordarti niente. Tornerò forse per Natale, quale non sò.

Affezionatoe ancorato alla speranza tuo......................


Ortigara, Terra desolata Terra desolata è il respiro del mondo che qui si posa, affranto in una disputa d'elementi. Un fiore plumbeo, eroe di una generazione inesistente, tenta boccheggiando di erigersi, vestigia d'un mare che non c'è più. Rosseggiante nelle albe e nei tramonti, unico schermidore nell'immortale tenzone col vento, l'altipiano è scavato e sbrindellato da ricordi e storie in bianco e nero, come d'uopo al tempo passato. Giochi di luci ed ombre nelle menti, gli occhi tentano, nei fluttuanti raggi serali, d'immaginar battaglie e frastuoni, grida di vivi e fragor di morti, in questo chiassoso silenzio, in tal fiammeggiante cammino. Raccogli i pezzi, insieme al ferro, della nostra storia, che non è dato sapere se si ripeterà o se è già passato il tempo e vivo il ricordo non resta. E se questo basta ed avanza ad avallarci il presente con vecchie ricordanze e nuove viste, leggiamo tra le righe e fermiamoci, ascoltando il battito dei nostri cuori avidi, che sanno leggere bene, combattono per noi e vincono sempre.


Dialogo con la Terra Ho chiesto alla Terra "Quanti anni hai ?" La Terra mi ha risposto "Tanti che tu non sai Sulle pagine di queste rocce Puoi leggere la mia storia Acqua, fuoco, vento e tempo Hanno plasmato le mie rughe Gli uomini mi hanno adorata Hanno abitato dentro di me Poi hanno alzato gli occhi al cielo Ed hanno visto un nuovo Dio Mi hanno usata per sfamarsi E bagnata d'acqua e sangue Hanno costruito case e templi E distrutto quelli diversi dai loro Hanno ucciso animali e piante Per plasmarmi come antichi Dei E quando si sono illusi d' avermi in pugno M'hanno lasciata per cercare Altre Terre da esplorare


Ma nello spazio le ambizioni Pesano come petali di rosa Piccoli uomini vivete da un attimo Ma i miei attimi per voi sono secoli". Ho chiesto di nuovo "Quanti ancora ce ne dai ?" Silenzio e poi, voce da lontano "Dipende da voi, lo sai".


I passi del nostro vivere

I passi del nostro vivere che ci impegnano e ci stancano sono solo lievi ombre nel tempo immortale. Ma servono ad altri per tracciare nuove rotte e nuovi suoni nella musica del mondo.


Il sentiero dei 7 paesi di Vezzano

Dal rosone della nobile chiesa s'avanza per antiche strade che videro fino a ieri ruote a legno e zoccoli bovini ai campi destinati tra nuove magioni e vetuste murate. Il tempo se non fermo par vacante la domenica non esiste nei campi in collina e un sole che già a primavera sa d'estate riscalda il cuore e arroventa la gola. S'immola la fatica a si superbo panorama ove principeschi ovini brucavano le rade foglie ora umani volatili si posano passeggiando nell'aria. E il bosco ceduo lascia il posto a morbidi prati che prima s'innalzano sull'antica via dell'uomo santo e poi digradano piano verso le case degli uomini. Mani sudate accarezzando la roccia danzano cercando appigli che solo occhio attento può vedere solo al termine del loro verticale viaggio sazieranno l'anima con paesaggi lacustri. L'immoto castello se visto tra le nebbie di un giorno di pioggia o in un' alba d'inverno rimanda ad altre lande che di spettri fan parlare ma in un giorno di sole è memento d'antiche nobiltà . E si cammina tra turbine e vapori di vinacce tra gente sorridente e generosa che condivide volentieri il frutto del lavoro con chi gliene chiede ragione.


E poi un'ultima rampa verso San Valentino per tornare al presente e ai nostri affanni dai nostri affannosi passi cancellati. Il passato è un velo che molto nasconde e poco rivela e l'acqua di un lago non rischiara le ombre. Ma l'anima vede attraverso ciò che gli occhi guardano e quel che vede di ciò che è e ciò che è stato la rende sazia del presente e sorridente al futuro.


Cammino Solitario procede il mio cammino tra mille anime vestite di pioggia. Ho prestato il mio mantello ad un uomo, l'ultima volta che è piovuto, ed ora sono madido di lacrime di cielo. Il soffio di una rondine mi infonde speranza. La primavera si preannuncia in poveri fiori che aggrappano la loro vita a timidi baluginii di sole freddo e manchevole. Cammino lungo avverse sponde, attraverso valli di passati diluvi ed odierne frane. I passi sono sempre gli stessi e su nuove strade raggiungono domani irraggiungibili con le vie del pensiero ed i voli della fantasia. Se avessi le ali ai piedi tutto sarebbe piÚ facile. Ma l'amaro della fatica e del sudore rende dolce il mio vagare.


La musica del vagare

Paragono a musica questo mio vagare strimpellare distratto da uccello migratore. Ad un passo dopo l'altro si aggiungono leggeri il frusciar di foglie al vento ed echi di lontani frastuoni. E' cadenzato, fluente, ritmico ma mai uguale questo incedere di passi, questo mio cammino esistenziale. Par quasi che un canto mi nasca dal di dentro ma non serve voce a palesarlo a Dio. Lui sente anche le parole non dette ed ascolta le canzoni mai scritte. Vede anche ciò che non è stato fatto ci conosce meglio di noi stessi senza averci mai parlato. Questa musica del vivere, questa sinfonia del cammino è forse legata al nostro sentire il divino ch'è insito in noi, e se chi si professa maestro perde le sue note in contrappunti chi non si stanca d'arpeggiare guarda, impara e tira avanti. Quando i miei passi si stancheranno di suonare prendimi le mani ed impariamo a volare.



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