Rivista Insight n.5

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ricani, c’è un motivo, ed è legato alla divisione del lavoro: i registi in questo modo hanno più energia ed è tutto più produttivo. Il regista, in Italia, dopo trentadue settimane è stremato. Quindi, per questo motivo, io in America non potrei mai dire: “Cambia questo, fai così”, perché il controllo ce l’ha il creatore del prodotto. Il tredicesimo apostolo è l’ultimo film che ho girato in pellicola, ma ha degli effetti che con la pellicola sono molto complicati da ottenere. La prima stagione de Il tredicesimo apostolo ha fatto una media di 24% di share, la seconda stagione il 15%, ma il mercato è stretto, questo prodotto è fatto per i giovani dai quindici ai trent’anni, e loro hanno ampie scelte, le reti non lo capiscono, cercano di mettere d’accordo i dodicenni e i settantenni. Le serie de Il tredicesimo apostolo dovevano essere tre, invece ne abbiamo fatte solo due, ed è un peccato che non si sia deciso di realizzare l’ultima stagione, perché si trattava di un investimento molto costoso. Invece per Squadra mobile abbiamo avuto un sacco di proteste da parte dei sindacati, perché erano contrari al fatto che ci fosse un poliziotto corrotto, un alcolista. Avevamo creato una squadra di polizia un po’ più vera. Ma voi sapete che in Italia le istituzioni non si possono toccare. Tornando a quanto dicevo all’inizio di questo nostro incontro, secondo me adesso c’è una grande opportunità per chi vuole fare il regista, e lo dico anche ai giovani, che si lamentano sempre del fatto di non trovare lavoro, che il mercato è difficile, ma la verità è che è sempre stato difficile, è una questione di tanta fortuna e di talento, ieri come oggi, ma adesso c’è un aiuto in più. Una persona può autopromuoversi, riprendendosi con una videocamera di fronte allo specchio e fare un monologo, parlare di qualcosa che gli piace, e metterlo su YouTube. Ed io sarò il primo a vederlo

dicendo: “Guarda che roba, è interessante questo”. Si può partire anche con il montaggio, grandi registi iniziarono come montatori. Rispetto gli inizi degli anni ’80, ci sono molte più opportunità adesso. Poche sono le domande per chi vuole entrare in questo mondo: hai una videocamera? Hai una storia? È sempre questa la questione. Per diventare regista c’è chi ritiene sia necessario seguire una scuola, ma io non ho mai frequentato una scuola di regia, sono andato sul set, ho avuto la fortuna di girare in giro per il mondo. Non è poi così complicato. Quando parlo di esperienza, intendo dire che più fai una cosa, più ti riesce bene. Mi rivolgo a tutti i tecnici: se potete, imparate sul set, iniziando portando il caffè, come ho fatto io. Quando giro, faccio venire gli studenti sul set, anche se adesso la burocrazia permette di averne di meno perché c’è la regola che lo studente deve essere supportato dalla scuola e non può essere pagato dalla produzione, quindi prendo solo un paio di studenti per film. Però bisogna fare! Anche se i vostri primi lavori fanno pena, dovete continuare a montare e a rimontare, se non seguite il processo molto viscerale di vomitare letteralmente le idee, non concluderete niente. Si diventa esperti solo in un secondo momento, ma inizialmente dovete fare, ed anche con una certa frequenza, magari un cortometraggio ogni tre mesi, un anno. E per fare questo non dovete andare per forza chissà dove, basta che andiate in un parco. Che il vostro lavoro sia pensato per il cinema o per un festival, l’importante è che partiate da una storia che convinca voi per primi, che sia avvincente, è inutile fare quello che non sapete, non dovete essere molto ambiziosi. E se con i mezzi che avete a disposizione riuscite a fare paura, a fare piangere, a fare urlare, a fare emozionare, beh... andrà bene.

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