Oxygen N. 22 - L'efficienza moltiplica la crescita

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22 02.2014

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L’EFFICIENZA moltiplica la crescita ×


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comitato scientifico Enrico Alleva (presidente) Giulio Ballio Roberto Cingolani Paolo Andrea Colombo Fulvio Conti Derrick De Kerckhove Niles Eldredge Paola Girdinio Helga Nowotny Telmo Pievani Francesco Profumo Carlo Rizzuto Robert Stavins Umberto Veronesi direttore responsabile Gianluca Comin direttore editoriale Vittorio Bo coordinamento editoriale Pino Buongiorno Luca Di Nardo Paolo Iammatteo Stefano Milano Dina Zanieri managing editor Cecilia Toso redazione Cristina Gallotti collaboratori Simone Arcagni Renato Bruni Davide Coero Borga Michele Fossi Roberto Rizzo Luca Salvioli Seltz Donato Speroni Gianluigi Torchiani Alessandra Viola Maria Chiara Voci Lorenzo Voss

traduzioni Laura Culver Sara Prencipe Alessandra Recchiuti Joan Rundo art direction e progetto grafico undesign ricerca iconografica e photoediting white distribuzione esclusiva per l’Italia Messaggerie Libri spa t 800 804 900

rivista trimestrale edita da Codice Edizioni

via Giuseppe Pomba 17 10123 Torino t +39 011 19700579 oxygen@codiceedizioni.it www.codiceedizioni.it/ oxygen www.enel.com/oxygen © Codice Edizioni Tutti i diritti di riproduzione e traduzione degli articoli pubblicati sono riservati

Oxygen nasce da un’idea di Enel, per raccontare la continua evoluzione del mondo


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SOMMARIO

10 ˜ EDITORIALE

L’EFFICIENZA MOLTIPLICA LA CRESCITA

NUOVE FONDAMENTA PER LA POLITICA ENERGETICA DELL’UE di Alejo Vidal-Quadras

12 ˜ SCENARI I FUTURI DEL MONDO: DAGLI INDIZI DI OGGI LE SOLUZIONI PER DOMANI di Virginie Raisson

Siamo e saremo sempre più numerosi, più longevi, più sani e consumeremo quantità enormi di prodotti in un pianeta dalle risorse in progressivo esaurimento. L’unica strada per la sopravvivenza è usare meglio quello che abbiamo e produrre di più a parità di risorse impiegate. È l’efficienza: un’esigenza che diventa anche un’opportunità di sviluppo, che entra in tutti gli ambiti della nostra vita quotidiana – sociale, economica, politica – e che può diventare il motore della crescita globale. A partire dal concetto stesso di energia, tutto deve essere ripensato, ristrutturato. Oxygen racconta questo cambio di paradigma della quotidianità, dal quale sono già nate nuove strade, professioni, industrie: un’economia che inventa soluzioni per un futuro sostenibile, nel quale l’efficienza genera efficienza, in una crescita progressiva e spontanea. Come accade in natura (e descritto dalla sequenza di Fibonacci in copertina) e come anche noi possiamo fare.

Più numerosi, più ricchi, più tecnologici e più mobili: questo saremo in un futuro molto vicino. Ma a che prezzo? Esaurimento delle risorse, sfruttamento della superficie terrestre, sbilanciamenti economici non sono un destino già scritto. Sono tanti gli indizi che anticipano gli scenari che ci aspettano. Il modo per vivere su un pianeta in continuo cambiamento c’è e si chiama efficienza: una strada da seguire con nuovi modelli economici e mentali.

18 ˜ SCENARI UN TRAMPOLINO PER LA CRESCITA di Alessandro Farruggia L’Europa ha deciso di intraprendere una strada ambiziosa alzando gli obiettivi del risparmio energetico: un passo importante, per ridurre la dipendenza dalle importazioni e favorire la produzione, rilanciando l’economia. E gli studi dimostrano come gli investimenti in questo settore, negli ultimi anni, siano stati tra i più fruttuosi.

× La mossa giusta per il futuro ×

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22 ˜ OPINIONI LETTERA SULL’ENERGIA AI PRESIDENTI DEL FUTURO di Richard Muller L’efficienza energetica deve essere vista come una priorità per le agende dei governi di tutto il mondo, a cominciare dai Paesi più sviluppati. Ma spesso i cittadini non riescono a riconoscerne i vantaggi. Cosa significa nella pratica? Quali sono alcuni dei campi in cui la si può applicare? In una sorta di lettera aperta a tutti coloro che un giorno potrebbero diventare i presidenti del futuro, alcune indicazioni chiare e concrete.


28 ˜ INTERVISTA AD

AMYLKAR ACOSTA MEDINA

COLOMBIA: UN PAESE ILLUMINATO di Carlos Fernando Gaitán Come può passare un Paese dall’instabilità energetica e da un periodo di rigido razionamento al riconoscimento internazionale per il suo efficiente sistema energetico? Lo spiega a Oxygen il ministro dell’Energia colombiano, raccontando passo a passo le tappe, le strategie e gli organi che hanno reso questo grande successo possibile, facendolo diventare un modello che anche le altre nazioni del Sud America potrebbero adottare.

32 ˜ DATA VISUALIZATION VERSO IL 2030

34 ˜ SPECIALE ENEL FOUNDATION FARE DI PIÙ CON MENO di Alessandra Viola Quello dell’efficienza energetica è un settore verso cui stanno convergendo in molti e che in Italia ha ottime potenzialità di crescita. A rivelare le ricadute sul sistema produttivo nazionale di questo business da miliardi di euro è il rapporto realizzato dal Politecnico di Milano in collaborazione con Enel Foundation, un documento fondamentale per capire perché l’efficienza è sinonimo di ripresa economica.

38 ˜ SPECIALE ENEL FOUNDATION EFFICIENZA ENERGETICA È…

40 ˜ INTERVISTA A

44 ˜ CONTESTI I VILLAGGI PIÙ ECOLOGICI DEL MONDO di Tonia Mastrobuoni La Germania dovrà affrontare presto la questione degli incentivi. Un aiuto che negli anni ha permesso la realizzazione di modelli verdi come il paesino di Wildpoldsried, vero volano per la produzione di energia pulita e per il turismo, esempio di sostenibilità e bioedilizia.

49 ˜ FOCUS UN SUCCESSO TECNOLOGICO di Lorenzo Voss

50 ˜ INTERVISTA A

JANE HENLEY

HOME GREEN HOME I GREEN BUILDING PER SANARE CRISI ECONOMICA E AMBIENTALE di Michele Fossi Le costruzioni “verdi” rappresentano una delle armi più potenti in nostro possesso per combattere il cambiamento climatico, ma anche per dare una risposta a disoccupazione, caro-casa, salute pubblica e persino alla dispersione scolastica. Attraverso soluzioni high e low tech. L’AD del World Green Building Council (WGBC), la più importante associazione mondiale per la promozione dell’architettura a basso impatto presente in 80 Paesi, ci racconta come.

54 ˜ FUTURE TECH DOMOTICA 3.0: IL DIALOGO TRA GLI OGGETTI E I LORO UTENTI di Simone Arcagni

ROBERT BEAUREGARD

CITTÀ DEL FUTURO? CITTÀ SLOW di Maria Chiara Voci Riflettere sulla pianificazione delle città, oggi, vuol dire non poter prescindere dal pensarle in una veste sostenibile. Città e natura non sono da considerarsi come due mondi separati, e per questo dobbiamo iniziare a ragionare contrastando la crescita incontrollata e cambiando il nostro modo di vivere lo spazio urbano.

56 ˜ APPROFONDIMENTO STORIE DI EFFICIENZA di Gianluigi Torchiani

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62 ˜ APPROFONDIMENTO

78 ˜ APPROFONDIMENTO

PAROLE PREZIOSE di Andrea De Benedetti

A SCUOLA DI EFFICIENZA di Roberto Rizzo

Applicare il concetto di efficienza a una lingua può condurre a diversi equivoci; si può infatti rischiare di confonderlo con la semplicità, o dimenticare che la lingua è solo lo strumento della comunicazione e che pertanto è efficiente nella misura in cui chi la usa lo fa in maniera efficiente. Dal latino classico all’era di Twitter, una riflessione su cosa chiediamo oggi alla lingua.

Che siano le abitudini quotidiane a fare la differenza spesso sono i più piccoli a insegnarcelo. I giovani imparano l’efficienza per poi raccontarla.

68 ˜ FOCUS METTERE ORDINE AL CAOS CREATIVO di Riccardo Duranti

70 ˜ CONTESTI TUTTI PER UNO: LA FORZA NELL’INTELLIGENZA COLLETTIVA di Luca De Biase Diffusa, coordinata, attiva: è l’intelligenza collettiva, emergente dalle persone e dalle macchine, resa più presente e potente dalla rete. Ma il pensiero collettivo può essere orientato in modo da risultare più efficace di quello del singolo? Una riflessione sull’opportunità di affrontare problemi globali con una mente globale.

74 ˜ CONTESTI BARATTARE LA VECCHIA ECONOMIA PER UNA NUOVA di Lauren Anderson Condividere mezzi, oggetti, conoscenze, tempo ed esperienze. È la collaborative consumption, un’idea di economia a misura d’uomo che si avvale del supporto della tecnologia per raggiungere i suoi protagonisti. Il ritorno di pratiche come lo scambio, il baratto, la condivisione, che prendono vita nuova attraverso nuove vie, diventando un’opportunità utile, redditizia, pratica, sociale.

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82 ˜ APPROFONDIMENTO L’EQUILIBRIO DEL CAMBIAMENTO di Donato Speroni

84 ˜ INTERVISTA A

SARA ROMANO

NUOVE STRATEGIE NAZIONALI di Barbara Corrao L’efficienza energetica come motore di sviluppo e occupazione, come fattore irrinunciabile per contenere i costi della bolletta elettrica e ridurre le emissioni di CO2. Con questa sfida, su cui stanno puntando i riflettori imprese e famiglie, si è aperto il 2014 in Italia.

88 ˜ CONTESTI LA RIVOLUZIONE DENTRO CASA di Gianfilippo Mancini Il mercato libero dell’energia si confronta oggi con nuove sfide e opportunità, con clienti più informati, prodotti differenziati e più forti necessità di efficienza, sostenibilità e sicurezza. Trasformare i servizi offerti, affiancandosi al cliente in tutte le fasi che rendono case, uffici, edifici energeticamente innovativi è l’obiettivo di Enel, la strada per una svolta efficiente.

92 ˜ CONTESTI LE MOLTE MAGLIE DELLA RETE INTELLIGENTE di Livio Gallo Enel è leader nello sviluppo e implementazione di tecnologie smart grid, con più di 34 milioni di contatori elettronici installati, a cui aggiunge un’esperienza internazionale nello sviluppo di progetti smart city. E sul territorio nazionale sono molti i progetti di efficienza energetica che promuove negli usi finali dell’energia.


96 ˜ DATA VISUALIZATION

114 ˜ SCENARI

CONTATORE ELETTRONICO: LA TECNOLOGIA SI CONSOLIDA

LA MERAVIGLIOSA INEFFICIENZA DELL’HOMO SAPIENS di Ian Tattersall

98 ˜ APPROFONDIMENTO START-UP, SMART LAB di Caris Vanghetti La sfida a un impiego migliore dell’energia può essere condotta attraverso diversi ambiti. Questa l’ambizione del programma Enel Lab: dare una mano a quelle start-up che con le loro ricerche possono cambiare significativamente il nostro rapporto con l’energia.

102 ˜ PASSEPARTOUT PIÙ RICCHI PIÙ EFFICIENTI?

104 ˜ APPROFONDIMENTO COSE FUTURE di Stefano Milano

106 ˜ INTERVISTA A

VITTORIO CHIESA

DAL FORDISMO AL CROWDSOURCING: NUOVI SISTEMI PER PRODURRE di Luca Salvioli

Se siamo convinti che l’evoluzione sia sinonimo di un miglioramento per tendere alla perfezione, dovremo ricrederci. Perché la Natura segue regole diverse, le sue, in cui conta di più sopravvivere che non essere perfetti e in cui l’inefficienza di una specie, come la nostra, può produrre menti fantasiose e brillanti. In altre parole, efficaci.

118 ˜ INTERVISTA AD

ALAIN BERTHOZ

SE A DECIDERE NON È SOLO IL CERVELLO di Pierangelo Garzia Esiste una decisione puramente razionale? Siamo in grado di decidere nel modo più efficiente possibile? Che il no arrivi dalla scienza potrebbe sembrare un controsenso, ma gli scienziati sanno che l’uomo è condizionato, nei suoi processi decisionali, dalle esperienze passate, dalla sua età, dal sesso, da ciò che crede di volere ma in realtà non desidera. Il cervello, insomma, non è ciò che molti credono sia: riserva sorprese e, talvolta, decisioni sbagliate.

Tecnologie e avvento del digitale hanno portato numerose innovazioni nei processi industriali. La ricerca di efficienza si cela anche nella condivisione delle informazioni tra produttore, rivenditore e consumatore. Tra i diversi aspetti che coinvolge, c’è l’efficienza energetica, oggi non più un’utopia, perché le tecnologie sono pronte e i benefici consolidati.

122 ˜ OXYGEN VS CO2

110 ˜ SCENARI

FARE. GIOCARE. RIFARE di Davide Coero Borga

I BIG DATA: RIVOLUZIONE TRA SCIENZA E CONOSCENZA di Mario Rasetti

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L’OTTIMIZZAZIONE ARRIVA DALLE PIANTE di Renato Bruni

124 ˜ LA SCIENZA DAL GIOCATTOLAIO

ENGLISH VERSION Chi si occupa di fisica si trova ad affrontare cambiamenti immensi, come la rivoluzione dell’informazione contemporanea, quella che crea ogni giorno più dati di quanto non si possa immaginare. Dati che vanno gestiti: una nuova sfida per la fisica e l’energia.

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Continuiamo a credere nel nostro Paese, nei guerrieri che combattono per farne un posto migliore, nelle loro piccole e grandi battaglie quotidiane. Battaglie che si possono vincere, se le affrontiamo

#INSIEME Investire nella ricerca, finanziare nuove imprese, sostenere la cultura e il volontariato: questo è il nostro modo di combattere. Al fianco di milioni di italiani che diventano ogni giorno milioni di guerrieri.

QUALUNQUE SIA LA TUA BATTAGLIA, HAI TUTTA L’ENERGIA PER VINCERLA. ANCHE LA NOSTRA.

insieme con

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@enelsharing

enel.com 007


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CONTRIBUTORS

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Corrao

Economista e politico tra le fila del Partito liberale colombiano, dal 2013 è Ministro delle miniere e dell’energia. Ha ricoperto diversi ruoli politici, come quello di Presidente del Congresso della Repubblica, e dirigenziali all’interno di Ecopetrol.

Chief Knowledge Officer di Collaborative Lab, si occupa di consulenza e analisi strategiche di mercato e della costruzione del movimento del consumo collaborativo globale, una delle “dieci idee che cambieranno il mondo” secondo Time.

Professore di Urbanistica alla Columbia, studia l’urbanizzazione degli Stati Uniti e il declino della città industriale dopo il secondo conflitto mondiale. Autore di numerose pubblicazioni, è anche docente all’Università di Helsinki.

Membro dell’Accademia delle Scienze parigina, è professore di Fisiologia della percezione e dell’azione al Collège de France, e dal 1989 ne dirige il laboratorio. Autore di numerosi articoli e libri, in Italia è stato recentemente pubblicato La semplessità.

Giornalista, ha lavorato per il Messaggero, occupandosi di economia e approfondendo le sue competenze in materia di energia. Autrice con Corrado Calabrò di Rete Italia, attualmente collabora alle edizioni cartacea e online del quotidiano.

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06˜ Andrea

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09˜ Alessandro

De Benedetti

De Biase

Duranti

Farruggia

Giornalista, linguista e traduttore, scrive per GQ, il Manifesto, Guerin Sportivo. Autore di Val più la pratica. Piccola grammatica immorale della lingua italiana, ha anche pubblicato il reportage Binario Morto sul corridoio 5 Lisbona-Kiev.

Laureato in Discipline economiche e sociali, si occupa di innovazione al Sole 24 Ore e Nova24, e insegna giornalismo e nuovi media. Co-fondatore di ItaliaStartup, è membro dell’unità di missione per il Presidente del Consiglio sull’agenda digitale.

Premio nazionale per la traduzione, ha tradotto l’opera omnia di Raymond Carver e autori come Philip K. Dick, Cormac McCarthy, Henry David Thoreau. Docente di Letteratura inglese e traduzione letteraria, ha scritto numerosi libri di poesia.

Giornalista, si occupa di esteri, ambiente, economia, e politica. Tra i vincitori del premio Energia Ambiente dell’Enea, dal 1992 segue i vertici internazionali sull’ambiente e insieme al fisico Vincenzo Ferrara è autore di Clima istruzioni per l’uso.

10˜ Carlos Fernando

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Gaitán

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Mancini

Giornalista colombiano, si occupa di economia su El Tiempo, Dinero e Portafolio, di cui gestisce il blog di affari. Membro dell’associazione dei giornalisti economici, nel 2006 ha ricevuto il premio nazionale per il giornalismo economico dell’ANIF.

Direttore della Divisione Infrastrutture e Reti di Enel dal 2005, dal 2010 al 2013 è stato Presidente e fondatore dell’Associazione EDSO for Smart Grids e in precedenza è stato Responsabile commerciale clienti vincolati di Enel.

Amministratore delegato del World Green Building Council, lavora affinché i 90 comitati nazionali sull’architettura sostenibile collaborino per promuovere questa pratica. Speaker molto attiva, partecipa a diversi incontri sulla sostenibilità.

Direttore della Divisione Generazione, Energy Management e Mercato Italia di Enel, è responsabile di gestire e sviluppare il mercato finale dell’energia elettrica e del gas in Italia.

14˜ Tonia

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Mastrobuoni

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Raisson

Rasetti

Inviata della Stampa a Berlino, ha lavorato per la radio tedesca Wdr, per Reuters, TMNews e Il Riformista, collabora con Radio Radicale e il Centro Einaudi ed è autrice del libro Gioventù sprecata. Perché in Italia si fa fatica a diventare grandi.

Professore universitario e consulente del Dipartimento della Difesa del governo americano, le sue lezioni “Physics for Future Presidents” hanno ricevuto numerosi premi e sono state raccolte nel libro Fisica per i presidenti del futuro.

Direttrice del laboratorio di geopolitica e studi previsionali Lépac (www.lepac.org), è responsabile di analisi e negoziati per organismi pubblici internazionali. Autrice di vari articoli, ha pubblicato 2033, Atlas des Futurs du Monde.

Professore di Fisica teorica al Politecnico di Torino, di cui ha fondato e diretto la scuola di dottorato, è presidente della ISI Foundation. Consigliere della Commissione Europea, ha vinto il premio Majorana e la medaglia Volta.

18˜ Sara

19˜ Ian

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Romano

Tattersall

Vanghetti

Vidal-Quadras

A capo della Direzione generale per l’energia nucleare, le energie rinnovabili e l’efficienza energetica del Mise, è stata ricercatrice e ha ricoperto diversi ruoli nel settore energetico presso il Ministero dello Sviluppo Economico.

Curatore del dipartimento di antropologia dell’American Museum of Natural History di New York, è un’autorità nel campo della documentazione fossile umana. In Italia ha pubblicato diversi volumi tra cui I signori del pianeta.

Giornalista economico, si è occupato di energia e finanza per Finanza & Mercati e ha collaborato con Panorama e L’Espresso. Recentemente si è occupato della comunicazione istituzionale dei gruppi parlamentari del Movimento 5 Stelle.

Vice-presidente del Parlamento Europeo, è membro della Commissione per l’industria, la ricerca e l’energia e della Delegazione per le relazioni con l’Iraq. Dal 1988 è titolare della cattedra di Fisica atomica e nucleare all’Università Autonoma di Barcellona.

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EDITORIALE

NUOVE FONDAMENTA PER LA POLITICA ENERGETICA DELL’UE di Alejo Vidal-Quadras Vice-Presidente del Parlamento Europeo

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ome si afferma nel rapporto UE Strategy for Competitive, Sustainable and Secure Energy for 2020, 2020, l’energia è la linfa vitale della nostra società. Il benessere della popolazione, dell’industria e dell’economia dipende dalla disponibilità di energia sicura, sostenibile e alla portata di tutti. Perciò elaborare una giusta politica energetica è di importanza cruciale per l’UE, che si è posta tre obiettivi principali: sicurezza dell’approvvigionamento, competitività e sostenibilità. Per raggiungere questi obiettivi, l’efficienza energetica riveste un ruolo fondamentale. In breve essa significa fare di più con meno, grazie a un migliore utilizzo delle risorse energetiche: una strategia che porta indiscutibilmente dei benefici. In primo luogo, l’efficienza aiuta a garantire la sicurezza dell’approvvigionamento energetico, riducendo le importazioni che nell’Unione rappresentano ben il 50% del consumo attuale – un dato che potrebbe raggiungere il 70% nel 2030. In secondo luogo, energia efficiente significa meno CO2 e meno

emissioni nocive, un impatto ridotto sugli ecosistemi e una migliore qualità della vita per la popolazione. Infine, ma non meno importante, le misure per l’efficienza energetica tagliano i costi, accrescendo di conseguenza la competitività dell’industria europea, riducendo la spesa familiare e il tasso di precarietà energetica. Allo stesso tempo, l’efficienza apre la strada a nuove possibilità di lavoro e business, per esempio nella ristrutturazione e nel rinnovamento degli edifici, compensando il calo di attività del settore delle costruzioni, fortemente colpito dalla crisi economica. Secondo i dati della Commissione Europea, si stima che l’efficienza energetica potrebbe creare o preservare fino a 2 milioni di posti di lavoro. Inoltre i progressi tecnologici che potrebbero raggiungere le aziende energetiche europee nel settore costituirebbero un vantaggio sulle imprese concorrenti all’estero. Questi aspetti positivi sono diventati sempre più preziosi nell’attuale scenario energetico caratterizzato da un alto livello di dipendenza


esterna dell’UE, un aumento della domanda energetica mondiale, dalla previsione pessimistica sulla disponibilità a medio termine di petrolio e gas e dalla minaccia del cambiamento climatico. Pertanto, è facile comprendere la ragione per cui il miglioramento dell’efficienza energetica sia uno degli assi prioritari di una politica energetica europea oculata che ha trovato ampio sostegno nel Parlamento Europeo. Infatti, secondo l’Agenzia Internazionale per l’Energia, dobbiamo iniziare a considerare l’efficienza energetica come un vero e proprio combustibile, accanto a petrolio, gas, carbone o energie rinnovabili, sebbene non si possa né vedere, né trasportare come accade per le altre commodity energetiche. Le prime misure dell’UE nel campo dell’efficienza energetica sono state adottate negli anni Settanta, quando la crisi petrolifera diede origine a una politica energetica mirata ad aumentare l’allora basso livello di autoapprovvigionamento energetico. Da quel momento, abbiamo fatto importanti passi avanti e approvato molteplici direttive e regolamenti per la promozione dell’efficienza energetica. In questa sede non verranno esaminate tutte le misure approvate dall’UE, ma vale la pena sottolineare che l’ultimo decennio è stato determinante nel rendere l’efficienza energetica una delle maggiori priorità della politica energetica europea. Perciò, dal 2000, abbiamo regolamentato settori quali il rendimento energetico degli edifici, l’efficienza degli usi finali dell’energia e i servizi energetici, la progettazione ecocompatibile dei prodotti connessi all’energia, l’etichettatura dei prodotti legati all’energia e la cogenerazione. Inoltre, il Trattato di Lisbona ha introdotto un articolo che riconosce espressamente la promozione dell’efficienza e del risparmio energetico quale obiettivo della politica energetica dell’Unione, e il Consiglio Europeo ha stabilito un obiettivo specifico, sebbene non vincolante, per il 2020: migliorare l’efficienza energetica del 20% rispetto alle previsioni per quell’anno. Tuttavia, l’UE non è sulla buona strada per il raggiungimento completo di quest’obiettivo. Le misure più recenti adottate al riguardo sono state il Piano di efficienza energetica 2011 e la Direttiva sull’efficienza energetica del 2012 che abroga o modifica diverse direttive precedenti e mira a comporre una legge che copra tutti i settori di uso finale dell’energia ad eccezione dei trasporti.

Oltre alla legislazione, vari programmi e strumenti europei rendono disponibile un sostegno finanziario per incoraggiare l’applicazione di misure per l’efficienza energetica: il Fondo Europeo per l’Efficienza Energetica – lanciato nel 2011, per un volume globale di 265 milioni di euro –, il secondo Programma Energia Intelligente per l’Europa, che punta a rimuovere le barriere non tecnologiche che ostacolano lo sviluppo del mercato dell’efficienza energetica e delle energie rinnovabili, e la facility ELENA, creata per fornire sovvenzioni per l’assistenza tecnica alle autorità locali e regionali per lo sviluppo e il lancio di investimenti nel campo dell’energia sostenibile nei loro territori. Attualmente, le istituzioni europee coinvolte nel processo legislativo stanno discutendo il quadro strategico della nostra politica in materia di energia e clima per il 2030. Argomento di dibattito è quali obiettivi l’UE voglia fissare. Nel quadro attuale, a parte l’efficienza energetica già menzionata, erano stati approvati altri due obiettivi vincolanti per il 2020: ridurre le emissioni di gas serra del 20% e innalzare al 20% la quota delle energie rinnovabili nel mix energetico totale. Per il nuovo quadro strategico, la questione più controversa è il numero degli obiettivi da fissare, e se debbano essere vincolanti o meno. Spero che imparando dall’esperienza non ripeteremo gli errori del passato. Dal mio punto di vista, sarebbe opportuno fissare un obiettivo di efficienza energetica definito in termini di consumo energetico diviso per il PIL, e non puramente di risparmio energetico. In questo modo, verrebbe presa in considerazione anche la crescita economica. Questo obiettivo, infatti, non dovrebbe fissare un tetto assoluto in termini di consumo energetico ma piuttosto stimolare la competitività e la crescita sostenibile. In altre parole, abbiamo bisogno di ridurre il tasso di crescita del consumo interno di energia attraverso un uso razionale ed economicamente sensato che non metta a rischio la crescita sociale ed economica. È vero che stiamo attraversando un periodo di crisi in cui gli investimenti pubblici e privati sono soggetti a grandi limitazioni, ma i benefici offerti da un miglioramento dell’efficienza energetica giustificano uno sforzo eccezionale per raggiungere gli obiettivi concordati per il 2020 e per fissarne uno nuovo e vincolante per il 2030.

L’efficienza energetica potrebbe creare o preservare fino a 2 milioni di posti di lavoro. E i progressi tecnologici che potrebbero raggiungere le aziende energetiche europee costituirebbero un vantaggio sulle imprese concorrenti all’estero

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SCENARI

I FUTURI DEL MONDO: DAGLI INDIZI DI OGGI LE SOLUZIONI PER DOMANI articolo di Virginie Raisson Direttore del centro di ricerca Lépac

Più numerosi, più ricchi, più tecnologici e più mobili: questo saremo in un futuro molto vicino. Ma a che prezzo? Esaurimento delle risorse, sfruttamento della superficie terrestre, sbilanciamenti economici non sono un destino già scritto. Sono tanti gli indizi che anticipano gli scenari che ci aspettano. Il modo per vivere su un pianeta in continuo cambiamento c’è e si chiama efficienza: una strada da seguire con nuovi modelli economici e mentali. Quando pensiamo al futuro, l’unica cosa di cui possiamo essere sicuri è che nascerà dal presente. Dobbiamo quindi individuare le tendenze di oggi non per delineare come sarà esattamente il domani, ma come potrebbe essere. Innanzitutto osserviamo che la speranza di vita continua ad allungarsi: con il calo della mortalità infantile e materna e con la diminuzione dei decessi legati alle malattie infettive negli ultimi due decenni è già passata da una media di 65 a 70 anni. Da qui al 2050 la popolazione dei Paesi ricchi potrebbe arrivare a vivere fino a 120 anni, grazie soprattutto ai progressi della medicina. Constatiamo inoltre che negli ultimi vent’anni le guerre hanno continuato a diminuire. Al posto dei 12 conflitti cosiddetti maggiori (quelli che causano oltre 1000 morti l’anno) che si contavano nel 1991, oggi se ne contano solo sette. Se questo processo è legato al fatto che il costo della guerra aumenta via via che si sviluppano interdipendenze economiche, lo è anche all’aumento del potere d’acquisto medio. E, fungendo da 012

contratto sociale nella maggior parte dei Paesi emergenti, la promessa di prosperità individuale tiene le popolazioni lontane dalla violenza, per poter beneficiare di stabilità politica e diritti umani. Pensiamo per esempio a com’erano i regimi in posti come l’America Latina, l’URSS, la Yugoslavia, il Sudafrica e la Cambogia tra gli anni Ottanta e Novanta! Ricordiamo anche la povertà in cui vivevano allora le popolazioni di Cina, India e Brasile fino agli anni Novanta. Creatasi poco a poco una classe media grazie alla crescita economica mondiale, quei Paesi oggi riorganizzano lo Stato assistenziale, il benessere, gli investimenti e la produzione. E se di fatto in tutto il mondo si moltiplicano le ineguaglianze, sono sempre più numerose le persone che consumano sempre di più, che si curano, si spostano o frequentano le università più di prima. Il numero dei nuovi diplomati per esempio potrebbe passare dai 128 milioni del 2010 a 206 nel 2020, con un aumento cinque volte più alto di quello della popolazione mondiale, una tendenza che certamente cambierà la geogra-

COME EVOLVE LA RIPARTIZIONE PER REGIONE DELLA CLASSE MEDIA

Cina India Asia (Altri) Medio Oriente E Nord Africa Africa Subsahariana America (Altri) Brasile Messico USA e Canada Russia Europa (Altri) UK, Spagna, Italia, Francia e Germania Giappone

Le sezioni colorate, corrispondenti alle aree geografiche, mostrano l’evoluzione della classe media dal 1970 con previsioni fino al 2030. Fonte dati ©LEPAC


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I FUTURI DEL MONDO: DAGLI INDIZI DI OGGI LE SOLUZIONI PER DOMANI |

EVOLUZIONE MONDIALE DELLA POPOLAZIONE, DEL PIL E DEL CONSUMO

Popolazione mondiale PIL mondiale Consumo mondiale

ATLANTE DEI FUTURI DEL MONDO

Virginie Raisson è autrice del libro 2033, Atlas des Futurs du Monde, pubblicato in Italia da Slow Food Editore (2033. Atlante dei futuri del mondo). Grazie agli studi del Lépac (www.lepac.org), con carte geografiche e grafici di grande immediatezza il libro descrive il presente, decifra i futuri in gestazione e racconta come potremmo diventarne i protagonisti.

Se il cellulare rilancia l’economia locale in Africa, permettendo soprattutto di rendere più sicuri i trasferimenti di denaro o di migliorare le attività agricole, la sua accessibilità a basso costo impone di ridurne i costi di produzione, e con essi il salario e i diritti sociali degli operai che assemblano i dispositivi in Cina o in Vietnam Fonte dati ©LEPAC

fia mondiale della conoscenza, del talento e delle scoperte. E non solo. Nello stesso momento, in posti come la Cina, la Birmania e l’Iran, la società civile, la democrazia e i diritti delle donne progrediscono all’ombra di internet, del cellulare e dei social network. Dando un’eco globale a sfide locali e invitando l’opinione pubblica a partecipare alle decisioni politiche, Twitter, Weibo o Facebook facilitano scambi e dibattiti in Paesi come la Cina, il Bhutan, l’Iran. Di fronte a questo breve resoconto di tendenze globali, il futuro sembrerebbe ricco di buoni auspici, almeno per gli abitanti del Brasile, dell’Indonesia e dell’Angola, per i quali ancora non sono arrivati i “Trenta gloriosi”. Ma a quale prezzo? Potrebbero chiedere nella città cinese di Harbin, soffocata dalla crescita demografica. Per quanto tempo? Potrebbero chiedere nell’arcipelago delle Kiribati, minacciate di essere cancellate dalle mappe a causa dell’innalzamento degli oceani. E in che modo? Potrebbero chiedere i giovani europei, disillusi dalla crisi, dalla disoccupazione e dalla stampa pessimista. Stiamo quindi assistendo all’ultimo sussulto di una civiltà industriale sfinita o a una distensione durevole? E i capricci del clima e dell’economia sono le premesse di un’apocalisse imminente o la genesi di una nuova era? Ovviamente per avere una risposta dovremo aspettare, perché il futuro non è ancora scritto. Tuttavia possiamo mettere insieme gli indizi a nostra disposizione e individuare le scelte che ci impone fin d’ora un futuro auspicabile. La diffusione della classe media e la sua crescita nei grandi centri urbani ci forniscono indizi sulla standardizzazione dei modi di vivere e dei regimi alimentari. Siamo consapevoli che da qui al 2030 in Asia il consumo della classe media dovrebbe aumentare fino al 570%, e che per quella data rappresenterà 3,5 volte quello dell’Europa e del Nord America messi insieme? Si calcoli inoltre che ospitare un miliardo e mezzo di persone in più da qui a vent’anni richiederebbe la costruzione di almeno 100.000 abitazioni al giorno! Senza contare l’aumento del 25% del numero di calorie consumate da qui al 2050 che richiederebbe di raddoppiare la produzione agricola. Più in generale, in base alle proie-

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zioni demografiche ed economiche mondiali, la generalizzazione del modo di vivere occidentale solleva l’importante questione delle risorse disponibili, della loro efficienza e condivisione, e del loro uso ottimale. In altre parole, e in termini più generali, la politica, la tecnologia o il calo della fertilità saranno inutili se l’intera umanità deciderà di allineare le proprie abitudini e desideri a quelli dei Paesi ricchi. Sapendo che la necessità di preservare lo stile di vita delle generazioni future è l’unico argomento valido per opporsi al legittimo desiderio dei Paesi emergenti di raggiungere l’agio delle nostre società, gli europei saranno costretti a unire le forze per progredire nella doppia via dell’efficienza e della sobrietà. Se si considera infatti la magra eredità naturale dell’Europa quanto a risorse minerarie o combustibili fossili, appare sempre più evidente che il costo economico, sociale e politico di un impegno solidale sarà sensibilmente meno elevato di quello cui l’impoverimento e la frustrazione delle classi medie potrebbero esporre il Vecchio continente nei prossimi decenni, come già dimostrano l’aumento, in questi Paesi, di fenomeni come xenofobia e populismo. A sua volta, la riorganizzazione mondiale della produzione e del consumo rimanda al nostro modello di crescita e di competitività, al suo contenuto energetico e al suo impatto ecologico. Si stima per esempio che entro il 2030 il numero globale di passeggeri aerei dovrebbe raddoppiare, e così il numero di veicoli entro il 2035. È quindi necessario interrogarsi subito sulla motorizzazione di questi flussi, dal momento che il trasporto rappresenta già un terzo della domanda mondiale di energia, e circa il 20% delle emissioni di gas serra. E se con lo sfruttamento di nuovi giacimenti in zona artica l’estrazione di gas di scisto elude provvisoriamente la questione del prezzo dell’energia, non riesce tuttavia a mascherare il crescente costo economico dell’inquinamento e dei cambiamenti climatici minacciati dalle nuove prospettive. Un costo tanto elevato da condannare la crescita a generare scarsità, costringendo il nostro modello economico a esaurirsi. Eppure, nella misura in cui sembra sempre più inutile voler limitare la mobilità degli uomini e circoscrive015


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re la fluidità del commercio, è al progresso tecnologico che si rivolgono i sostenitori della crescita, facendo appello al risparmio energetico che consentirebbe di ottenere e alla sua capacità di rilanciare lo sviluppo. Di fatto, da quando sono mobili, globalizzate e dotate di connessione a banda larga, le tecnologie riformulano i futuri possibili, dalla sfera agroforestale a quella della vita privata... Grazie a internet invitano l’umanità ad adottare nuove pratiche, creano nuovi modelli economici (P2P, C2C, eccetera), riconfigurano lo spazio e modificano le distanze; riorganizzano anche la solidarietà, il commercio, i sistemi sanitari. Nel Nord del mondo producono nuove forme di collaborazione, mentre nel Sud stimolano l’innovazione e l’inventiva. A livello globale, infine, si condivide la speranza di uno sviluppo più pulito, equo, solidale, sobrio, ragionato, trasparente. Ma guardando più da vicino ci accorgiamo che le tecnologie mobili e la loro diffusione accelerata inviano segnali piuttosto confusi sulle trasformazioni del mondo. Promettendo l’accesso all’educazione per un enorme quantitativo di persone grazie all’e-learning o ai Mooc, sottomettono l’umanità al monopolio quasi totale della Cina, da cui provengono il 95% delle terre rare, i minerali indispensabili alle nuove tecnologie. Allo stesso modo, se il cellulare rilancia l’economia locale in Africa, permettendo soprattutto di rendere più sicuri i trasferimenti di denaro o di migliorare le attività agricole, la sua accessibilità a basso costo impone di ridurne i costi di produzione, e con essi il salario e i diritti sociali degli operai che assemblano i dispositivi in Cina o in Vietnam. Infine, se da un lato le tecnologie mobili consentono di evitare un numero considerevole di spostamenti (e dunque di tempo ed energia) trasportando le informazioni in tempo reale, dall’altro i centri di elaborazione dati in cui le informazioni sono immagazzinate

assorbono già il 2% circa del consumo mondiale di elettricità, il 7% nel caso dell’Europa. Oggi i centri di elaborazione dati aumentano di circa il 20% ogni anno, e dal 2020 potrebbero persino emettere più CO2 del traffico aereo mondiale! In altre parole, pur sapendo che le nuove tecnologie riscriveranno il futuro, trasformando il nostro quotidiano e cambiando le nostre dipendenze, è probabile che importino nuovi vincoli proprio come in passato hanno fatto la macchina a vapore, il motore a scoppio o l’elettricità. Non sottrarranno insomma l’umanità alle sfide legate all’esauribilità delle risorse, né alla resilienza che imporranno. Al contrario: dovranno convincerci ad attuare i cambiamenti che si renderanno necessari. Il primo cambiamento è al contempo economico ed energetico, e dovrebbe spingerci a modificare le nostre logiche finanziarie e di crescita industriale in favore di dinamiche meno predatorie, come propongono già i modelli economici di tipo circolare, funzionale, collaborativo, sociale o solidale al fine di ottimizzare l’uso delle nostre risorse. Per essere efficaci a livello globale le nuove forme di produzione e di condivisione imporrebbero tuttavia un profondo cambiamento delle nostre politiche fiscali, al fine di valorizzare la rarità delle risorse, la stabilità dei beni industriali, la qualità dei servizi offerti, l’impatto ecologico (clima, inquinamento, esaurimento), il valore aggiunto al benessere o l’efficienza energetica del prodotto. Finché il prezzo dei nostri cellulari o dei nostri hamburger non includerà anche l’esaurimento delle risorse necessarie alla loro produzione, è improbabile che riusciremo a formulare una proposta positiva e innovativa, in cui prosperità e benessere non siano legati soltanto allo sfruttamento delle risorse e al loro consumo. A questa ambizione quasi utopistica si oppone la realtà dei programmi democratici, che sottomettono l’in-

Finché il prezzo di cellulari o hamburger non includerà l’esaurimento delle risorse per produrli, è improbabile una proposta in cui la prosperità non sia legata allo sfruttamento delle risorse

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teresse comune (e le politiche a lungo termine che esso richiede) alle logiche elettorali, le quali esigono tuttavia che il candidato eletto produca risultati in pochi anni. Ma né in Europa né altrove si vince uno scrutinio promettendo una carbon tax, l’introduzione dei contingenti di pesca, l’interruzione delle sovvenzioni all’allevamento bovino o l’aumento del prezzo dell’elettricità. A Roma, a Parigi o a Berlino, le possibilità di una candidatura si misurano ancora in base alle promesse di crescita e di progresso che continuano a occultare la limitatezza delle risorse e le relative poste in gioco. Sarà dunque necessario adottare altre forme di governance, che non sacrifichino più l’ambiente e le risorse sull’altare della democrazia parlamentare. Qualcuno suggerisce di garantire alle generazioni future una forma di rappresentazione politica. Altri di estendere i principi di precauzione e di responsabilità civile a nuovi settori, come le risorse naturali o idriche; o di adeguare il piano della decisione alla portata delle poste in gioco, soprattutto nei grandi agglomerati urbani; di introdurre meccanismi di gestione collettiva o collaborativa dei beni comuni a prescindere dallo Stato; di sviluppare nuove forme di cittadinanza, e così via. In sintesi, le possibilità esistono, e ci permetteranno di applicare la democrazia alla riorganizzazione della popolazione, dell’economia e delle risorse naturali nelle prossime decadi, ma la realizzazione di queste misure e soluzioni esige innanzitutto un cambiamento mentale. Come primo ed essenziale passo per un futuro desiderabile, dobbiamo superare la paura del cambiamento per non cedere a interessi più stringenti e più manifesti, che si tratti di lobby potenti… o delle nostre abitudini! DIFFUSIONE DELLA TELEFONIA FISSA E MOBILE E DELL’ACCESSO A INTERNET

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SCENARI

UN TRAMPOLINO PER LA CRESCITA articolo di Alessandro Farruggia Giornalista

L’Europa ha deciso di intraprendere una strada ambiziosa alzando gli obiettivi del risparmio energetico: un passo importante, per ridurre la dipendenza dalle importazioni e favorire la produzione, rilanciando l’economia. E gli studi dimostrano come gli investimenti in questo settore, negli ultimi anni, siano stati tra i più fruttuosi. Più che un vincolo, un’opportunità. E per uscire da crisi profonde come quella nella quale viviamo, le opportunità non possono non essere sfruttate. Le indagini economiche ci mostrano come l’efficienza energetica sia una delle risposte migliori per rimettere in moto un Paese maturo e indicano che può essere un driver strategico dello sviluppo, un propulsore del PIL, del tasso di occupazione e di tutta la filiera. Semaforo verde, dunque, dallo Smart energy project di Confindustria che, attraverso un pacchetto realistico di misure da prendere tra il 2014 e il 2020 per avere un risparmio di 16.8 Mtep in energia primaria (quindi meno dei 20 previsti dalla strategia energetica nazionale), prevede che a fronte di costi sul bilancio pubblico di 10.485 euro in sette anni (cioè meno di quanto si spende in un anno per le rinnovabili elettriche) si avrebbe un impatto economico di 42,2 miliardi di euro con un beneficio complessivo netto di oltre 31 miliardi di euro.

Efficienza energetica non significa stringere la cinghia ma usare meglio l’energia: meno, per fare più cose

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L’efficienza ha senso non solo per l’ambiente ma anche per l’economia, e il suo impatto è maggiore di quanto possiamo immaginare E la consapevolezza è diffusa. L’efficienza energetica ha un significato non solo ambientale ma anche economico e il suo impatto eccede la comune percezione. Considerando gli investimenti fatti dal 1973 a oggi in 11 grandi Paesi sviluppati, l’IEA stima che nel 2010 l’efficienza energetica sia stata la prima risorsa energetica, con un impatto cumulativo sull’uso annuale di 63 exajoule contro i 43 del petrolio e i 22 del gas naturale. Paga quindi, e pagherà ancor più in futuro. «Si sta imponendo» scrive il World Energy Outlook 2013 «una rinnovata attenzione all’efficienza energetica, che estende i suoi benefici ben oltre il miglioramento della competitività. Oltre ad abbassare i costi per l’industria, le misure di efficienza energetica mitigano i costi energetici dei proprietari di immobili e riducono le importazioni di energia. Il problema è che i 2/3 del potenziale economico per efficienza rischiano di non essere sfruttati se non saranno superate le barriere economiche, in primis i sussidi alle fonti fossili che ammontano a 544 miliardi di dollari all’anno». Servirà molta volontà politica e Bruxelles – anche a rischio di una spaccatura, visto che Londra e Varsavia remano contro – pare intenzionata ad alzare l’asticella passando dall’obiettivo 20-20-20 del pacchetto energia clima del 2007 a un più ambizioso 40-30-40 presentato dalla commissione a fine gennaio e discusso e valutato positivamente al Parlamento Europeo. È un passo coraggioso visto che del 20% previsto sinora se n’è ottenuta solo la metà: ma invece di trincerarsi dietro l’impossibilità a fare di più, la Commissione sceglie la strada dell’ambizione. «È essenziale, per la nostra competitività e la stabilità del quadro regolamentare europeo, dare un segnale chiaro alle nostre imprese» sottolinea Anne Delvaux, eurodeputata del Ppe, relatrice in commissione ambiente «40% di riduzione dei gas serra, 30% di rinnovabili e 40% di efficienza energetica permettono agli investitori di avere una visione a medio termine, indispensabile per ogni attività economica. I tre obiettivi obbligatori sono anche essenziali per ridurre la nostra dipendenza di fronte agli Stati terzi». Prosegue Delvaux «l’UE è il più grosso importatore mondiale di energie fossili. Le nostre risorse sono essenzialmente rinno020

vabili. Per ridurre le nostre importazioni e il deficit della nostra bilancia commerciale energetica possiamo agire in due maniere: sulla produzione di energie rinnovabili e sulla riduzione del nostro consumo. È per questo che spero che l’efficienza energetica diventi la vera pietra angolare della nostra strategia in materia. Inoltre, una recente comunicazione della Commissione Europea conferma il grosso potenziale di questi settori in termini di creazione di posti di lavoro non delocalizzabili. In un periodo di difficoltà economica, questa è un’opportunità che non possiamo perdere». L’efficienza energetica è anche un potente vettore di innovazione. Basti guardare il lavoro svolto da Enel Lab, che tra i finalisti dell’edizione 2012 mostra un progetto come Calbatt, una tecnologia che permette di ottimizzare il ciclo di ricarica delle batterie, nato da una spin-off dell’università della Calabria. O Athonet, una soluzione tecnologica che consente la creazione di una rete di traffico dati dedicata per le smart grid. O ancora, Smart-L, un sistema per la gestione dell’illuminazione pubblica che migliora l’efficienza energetica e al tempo stesso il controllo del territorio perché oltre all’illuminazione pubblica intelligente consente anche la videosorveglianza e il monitoraggio del traffico. Efficienza energetica non significa quindi stringere la cinghia ma usare meglio l’energia: meno energia, per fare più cose. In Italia, secondo il Politecnico di Milano, il potenziale di risparmio va dai 195 ai 288 Twh, il 95% nel settore edilizio residenziale, terziario e industriale; ma per arrivarci serve una riduzione dello scollamento tra l’indirizzo strategico e la sua traduzione operativa. Basti ricordare che la legge n.10 del 1991 ci pose all’avanguardia nelle normative sul risparmio energetico nel comparto edilizio, ma da allora sono mancati fino al 2005/2006 i decreti attuativi e la norma è rimasta per lungo tempo un esercizio di stile senza una reale capacità di produrre effetti. Il potenziale quindi c’è, l’industria è pronta, ma serve un cambio di passo da parte della politica per trasformare il sogno in realtà.

L’IEA stima che nel 2010 l’efficienza energetica è stata la prima risorsa energetica, con un impatto cumulativo sull’uso annuale di 63 exajoule contro i 43 del petrolio e i 22 del gas naturale


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OPINIONI

LETTERA SULL’ENERGIA AI PRESIDENTI DEL FUTURO articolo di Richard Muller Professore di Fisica all’Università di Berkeley

L’efficienza energetica deve essere vista come una priorità per le agende dei governi di tutto il mondo, a cominciare dai Paesi più sviluppati. Ma spesso i cittadini non riescono a riconoscerne i vantaggi. Cosa significa nella pratica? Quali sono alcuni dei campi in cui la si può applicare? In una sorta di lettera aperta a tutti coloro che un giorno potrebbero diventare i presidenti del futuro, alcune indicazioni chiare e concrete. 022


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Il piatto più appetitoso sulla grande tavola delle fonti energetiche alternative non è rappresentato dall’energia nucleare, dal solare, dal gas naturale, né tanto meno dal carbone, dai carburanti sintetici o da nessun altro tipo di risorsa energetica. È qualcosa con un potenziale ancora maggiore e di gran lunga più economico. Questa nuova e magica fonte energetica in realtà non è neanche una vera e propria fonte: parliamo semplicemente di migliorare la nostra efficienza energetica, ovvero la capacità di ottenere gli stessi risultati, ma con molto meno sforzo. Non c’è nulla di più urgente della creazione e attuazione di un insieme di politiche sull’efficienza energetica. La cosa più interessante sarà il costo dietro a un’operazione del genere: nullo. Zero assoluto. A dirla tutta, sarebbe redditizia. Nel 1979 il presidente Jimmy Carter chiese ai cittadini di abbassare i loro termostati domestici e di indossare una maglia in più. A molte persone questo invito non piacque affatto, così poco dopo, quando le riserve petrolifere aumentarono e il prezzo del petrolio crollò, si tolsero i maglioni e rialzarono i propri termostati. Rimase diffusa, purtroppo, l’impressione che il risparmio energetico comportasse un peggioramento della qualità della vita; tale conseguenza è da considerarsi pessima dal momento che in realtà un miglioramento dell’efficienza energetica non comporta affatto dei sacrifici. Molte persone (soprattutto studenti e professori di Berkeley) pensarono che mettersi un maglione in più non rappresentasse poi un così grosso sacrificio. Quindi azzardo un’altra affermazione: se realizzata nel modo giusto, un’ottimizzazione dell’efficienza energetica non condiziona neppure la qualità di vita percepita da chi la adotta. So che non è semplice convincersi del fatto che tutto questo sia vero, soprattutto se pensiamo che debba esserci sempre un qualche altro lato della medaglia: come potrebbe esistere qualcosa del genere senza che ci siano anche dei lati negativi? Se è un’idea così buona, perché nessuno l’ha realizzata prima? Ci sono spiegazioni per entrambe le obiezioni; ma il motivo di fondo va rintracciato in alcuni meccanismi psicologici, risultato di politiche spiegate male e messe in pratica peggio. 024

È a causa della sua parvenza un po’ noiosa che le persone non investono molto in questa opportunità; ma abbiamo capito che è proprio dal noioso e banale risparmio energetico che abbiamo i ricavi maggiori rispetto a una qualsivoglia risorsa energetica, e che soprattutto non comporta alcun rischio. Il sito www.energy.gov/public-services/homes/home-weatherization fornisce una formula per calcolare il tempo di ammortamento dell’investimento, ossia il numero di anni necessari prima che i soldi risparmiati per l’energia comincino a ripagare il costo dei lavori al sistema di isolamento termico, ovvero il costo dell’impianto. Senza scende-

re nei dettagli, secondo l’esempio riportato, il periodo di ammortamento arriva a 5,62 anni. Secondo un’indagine condotta da alcune aziende fornitrici di elettricità, molte persone reputano che un periodo di 5,62 anni prima di iniziare a rientrare delle spese iniziali sia inaccettabile; come se faceste un mutuo sulla casa a zero interessi e foste in pari dopo 5,62 anni... proprio un pessimo investimento! La loro opinione finale è che non possano permettersi i lavori di coibentazione. Perché i cittadini non mettono più spesso in atto tali miglioramenti? Una parte della spiegazione risiede nella confusione generale che circonda l’argomento. Dovremmo par-

TERMOCAMERA Sensibile alla radiazione infrarossa, rileva il calore emesso da un oggetto e lo converte in un segnale elettronico che viene poi tradotto in un’immagine termica. Sviluppata a fini militari, oggi è usata per valutare l’efficienza energetica in ambiti come industria, edilizia, elettronica e architettura.


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Il tasso di rendita dell’ investimento sulle CFL è del 209% e il loro valore aumenta ulteriormente se aggiungiamo alla nostra analisi la loro maggiore durata

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lare delle misure per il risparmio in termini di guadagno annuale sull’investimento, invece che usare l’espressione periodo di ammortamento, che suona nuova a molte persone e che, per ogni periodo maggiore di tre anni, sembra inaccettabile. Sostituite tutte le lampadine a incandescenza con quelle a fluorescenza compatte (dette CFL, Compact Fluorescent Lights). Il tasso di rendita di questo tipo di investimento è del 209% e il valore delle CFL aumenta ulteriormente se aggiungiamo alla nostra analisi la loro maggiore durata. Siete passati alle CFL? Non ancora? Perché no? Se aveste solo CFL risparmiereste poco meno di un dollaro al mese. A chi importa di una cifra così irrisoria? Importa, per esempio, agli abitanti dei Paesi in via di sviluppo, molto più attenti di noi a non sprecare soldi. Nei miei viaggi in Marocco, Paraguay, Kenya, Costa Rica e Ruanda sono rimasto piacevolmente sorpreso vedendo quanto comuni fossero le CFL. Quando un dollaro al mese fa la differenza, le persone se ne accorgono eccome. A un proprietario di casa, 10 lampadine CFL possono far guadagnare 10 dollari al mese, 120 in un anno. Per le grandi aziende che investono milioni nell’illuminazione, un guadagno del 209% è straordinario. Quando sarete presidenti, oltre a invitare i cittadini a investire in schemi sicuri ed esentasse che possono fruttare ricavi del 209%, e a spiegare loro come funziona il periodo di ammortamento, potreste intraprendere anche altre iniziative. Abbiamo parlato in maniera approfondita di isolamento termico e lampade a fluorescenza compatte. Ora citeremo qualche altro esempio. Tetti freddi: le tegole sono simili a quelle della terracotta, tra l’arancio e il marrone. Non potreste mai immaginare che questo tetto riflette più della metà della luce solare, e metà del calore, da cui è investito. Questa differenza è dovuta al fatto che più della metà della luce solare è formata da radiazione termica infrarossa, invisibile ai nostri occhi, ma percepita dalla nostra pelle così come dai tetti delle case. Se la superficie viene trattata secondo le tecniche adatte, potete anche riflettere il calore senza dover cambiare il colore delle vostre tegole. State pensando di installare dei pannelli solari sul tetto? Se rinfre026

scate la vostra casa con l’aria condizionata, guadagnerete di più in termini di investimento utilizzando il cosiddetto sistema a tetti freddi: in questo modo potrete ridurre il calore assorbito dal vostro tetto di un fattore 2, e risparmiare una somma rilevante sull’energia consumata per l’aria condizionata. Un altro grande investimento è rappresentato dal miglioramento dell’efficienza delle autovetture. Quando ero giovane il consumo medio era di un litro di benzina per circa sette chilometri. Attualmente negli Stati Uniti con un litro possiamo percorrere circa 15 chilometri. Per un totale di circa 16.000 chilometri, la differenza è di 1105 litri all’anno; e considerando circa 90 centesimi al litro arriviamo a 1020 dollari all’anno. Se anche pagaste 10.000 dollari per ottenere una tale efficienza il tempo di ammortamento sarebbe di 10 anni, e il tasso di rendita sarebbe ad ogni modo 100% ÷ 10 = 10% all’anno. L’argomento frigoriferi potrebbe sembrare un po’ noioso, ma costituisce un esempio perfetto per


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Nella pianificazione delle politiche energetiche bisogna fare parecchia attenzione. È importante riconoscere le misure popolari ma che non portano a nessun miglioramento

illustrare tutti i vantaggi apportati da un sistema efficiente. Nel 1974, negli Stati Uniti un frigorifero standard offriva un volume di quasi 400 litri; nel 2012 il volume si aggirava sui 650 litri. Dunque è lecito aspettarsi che questi frigoriferi ad alta capacità consumino molta più energia dei loro predecessori. E invece no! I nuovi frigoriferi consumano ben il 72% in meno. Garantiscono un maggiore isolamento termico, e permettono allo stesso tempo una riduzione degli sprechi grazie all’utilizzo di motori più efficienti. Nella pianificazione delle politiche energetiche bisogna fare parecchia attenzione. Spesso si incoraggiano alcuni costosi comportamenti volti alla tutela ambientale perché “mettono a tacere” la coscienza delle persone; è dunque importante riconoscere le misure che sono sì popolari, ma che in realtà non portano a nessun reale miglioramento. Molti pensano che un incremento dell’utilizzo del trasporto pubblico rappresenti l’ovvia soluzione alla nostra eccessiva dipendenza dalle automobili. Gli autobus trasportano molte più persone di un’autovettura, quindi si potrebbe pensare che con un solo litro di carburante realizzi-

no un chilometraggio maggiore per persona. Questo sarebbe vero solo se i bus viaggiassero sempre pieni; il trasporto pubblico può infatti far risparmiare enormi quantità di energia quando è impiegato in ambienti urbani densamente popolati, ma rappresenta uno spreco se usato nelle periferie e nelle campagne. Uno studio dettagliato sull’argomento, condotto dall’istituto degli studi sui trasporti dell’università di Berkeley, ha rilevato che il punto di equilibrio è determinato dalla densità di popolazione: il sistema di trasporto pubblico è vantaggioso in termini energetici solo laddove esistano più di 15 abitazioni ogni 4000 metri quadri circa; se invece la densità di popolazione è minore, l’utilizzo del trasporto pubblico non conviene. Spesso ci sono delle sottigliezze e delle conseguenze indesiderate da prendere in considerazione. Dovete capire che le persone male informate sui loro comportamenti virtuosi, una volta scoperto di essere state ingannate, reagiranno in modo negativo. Estratto da Energia per i presidenti del futuro, Richard Muller, Codice Edizioni. Per gentile concessione di Brockman Inc.

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INTERVISTA

COLOMBIA: UN PAESE ILLUMINATO Intervista ad Amylkar Acosta Medina

Ministro delle Miniere e dell’Energia della Colombia di Carlos Fernando Gaitán Giornalista

Come può passare un Paese dall’instabilità energetica e da un periodo di rigido razionamento al riconoscimento internazionale per il suo efficiente sistema energetico? Lo spiega a Oxygen il ministro dell’Energia colombiano, raccontando passo a passo le tappe, le strategie e gli organi che hanno reso questo grande successo possibile, facendolo diventare un modello che anche le altre nazioni del Sud America potrebbero adottare.


La Colombia in pochi anni è passata dai blackout a una gestione efficiente della sua energia; il ministro delle Miniere e dell’Energia racconta come nel mezzo di un rigido razionamento il Paese abbia dato luce a un nuovo modello di generazione di energia oggi riconosciuto mondialmente per la sua importanza. «È un obiettivo che non abbiamo raggiunto dalla mattina alla sera. La Colombia è dovuta prima passare attraverso l’amara esperienza di un razionamento elettrico che si è prolungato per 14 mesi, tra il 1992 e il 1993». Questo periodo, conosciuto come “el apagón”, il blackout, fu quello durante il quale lo Stato diede alla luce un nuovo modello di generazione dell’energia che oggi permette che il Paese occupi il quarto posto a livello mondiale per sostenibilità e il quinto per efficienza, secondo la classifica del Congresso Mondiale dell’Energia che raggruppa 180 Paesi del mondo. Lo riconosce il ministro colombiano delle Miniere e dell’Energia, Amylkar Acosta, una delle persone più competenti del settore e che, come membro del Congresso, fece parte allora della commissione che tracciò le nuove linee della politica energetica di questo

Paese del Sud America. «Principalmente questo riconoscimento internazionale è dovuto al peso dell’energia rinnovabile di origine idrica, che rappresenta più del 74% della capacità di generazione del Paese» sostiene. Il Ministro spiega che il blackout ha impartito lezioni che si sono concretizzate nella Legge 143 del ’94, nella quale è stato configurato il futuro del settore e sono state fissate nuove regole del gioco. «Una di quelle più importanti è stata quella di dare una maggiore partecipazione agli investitori privati. In America Latina il settore oscillava tra la regulation e la deregulation. La regione aveva alle sue spalle una lunga storia di investimenti statali. Storia che lì si è interrotta, imponendo attraverso quella legge una via di mezzo. Abbiamo condiviso la premessa che “ci deve essere più mercato possibile e tanto Stato quanto necessario”. Con un modo di dire colombiano “non troppo da bruciare il santo, non così poco da non illuminarlo”» segnala Acosta. E il modello ha dato i suoi frutti. Si è partiti dal fatto che lo Stato deve intervenire solo affinché il 029


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mercato funzioni in maniera appropriata. Questo criterio è rimasto invariato da allora e a esso si è sommata una legislazione molto chiara e la creazione di un organo regolatore: la Commissione di Regolazione dell’Energia e Gas (CREG), integrata da esperti per periodi fissi, che, nonostante dipenda dal ministero, ha sufficiente autonomia per poter fissare le regole del gioco. «Poter fare affidamento su regole chiare e stabili ha contribuito significativamente a rendere il settore elettrico colombiano uno dei più attraenti per gli investimenti privati. Questo fa sì che le tariffe rispondano a criteri tecnici e non a decisioni politiche» sottolinea il ministro. Un altro fattore che secondo Acosta ha contribuito molto all’efficienza è che con i segnali che la CREG ha dato al mercato, la Colombia è passata da avere un parco di generazione troppo dipendente da quella idrica ad aumentare il componente di generazione termica, guadagnando in questo modo affidabilità e stabilità. Acosta ricorda che una delle cause del razionamento fu il costo sottostimato dell’acqua. Si partiva dal pensiero che il combustibile dell’energia idrica, essendo acqua, non costasse e che il consumo degli impianti termici avesse un costo maggiore per il suo input. Per questo, al momento di definire una strategia di espansione le centrali termiche venivano scartate. «Siamo riusciti allora a introdurre nel modello una nuova variabile oltre al criterio del costo minimo, tenendo in considerazione anche il rischio minimo. È stato così che è nata la “tassa di affi-

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dabilità” che ha reso possibile l’esecuzione dei più grandi progetti sui quali può contare oggi il sistema elettrico della Colombia. È, in un certo senso, un sovracosto che viene caricato sulle tariffe dell’utilizzatore finale» spiega. Per il Ministro si tratta di una specie di assicurazione o di blindaggio per garantire l’affidabilità e la stabilità del settore. «Faccio il confronto con altri Paesi in cui non esiste questa tassa di affidabilità ma che negli ultimi anni hanno avuto non uno, ma molti blackout mentre in Colombia non si è più ripetuto nessun blackout. E la spiegazione è che noi abbiamo questo scudo protettivo» sottolinea Acosta. E nonostante tutte queste misure abbiano permesso al Paese di arrivare al punto in cui si trova in materia di efficienza energetica, gli industriali si sono lamentati del prezzo dell’energia in Colombia. Per questo il nostro ministero ha contrattato uno studio che ha fissato una serie di raccomandazioni per ridurre il costo di generazione, che dovrebbe avere delle ricadute sulle bollette tanto delle fabbriche quanto delle abitazioni private. Per questo da oggi in poi si lavorerà di più sull’efficienza delle variabili di commercio e trasmissione approfittando del fatto che stanno per compiersi i cinque anni previsti per la revisione del modello attuale, per cercare di ridurre le tariffe. E a questo si sommano altre decisioni prese dalla CREG, come il cambio di metodologia per l’appalto del gas naturale, cosa che ha permesso che a fine 2013 si negoziasse l’80% del gas che la Colombia consumerà quest’anno a un prezzo mino-


COLOMBIA: UN PAESE ILLUMINATO |

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re del 30%. E visto che il gas è il combustibile delle centrali termiche si prevede che questa riduzione avrà ricadute sull’utilizzatore finale. Un’altra misura attraverso la quale il governo cercherà di raggiungere più efficienza ha a che fare con l’applicazione di una tariffa differenziata, che consiste nello stabilire una tariffa più bassa per il consumo durante le ore non di punta. Più recentemente, attraverso il Programma di uso razionale ed efficiente dell’energia (Pruore) e la strategia di emissioni limitate di carbonio, è stata promossa l’istituzione di misure di efficienza energetica che aiutino a organizzare e gestire in modo efficace i sistemi di trasporto di passeggeri e merci. Tanto il primo quanto il secondo programma non solo cercano di ridurre il consumo e il costo dell’energia, ma anche di diminuire la congestione causata dai veicoli, l’inquinamento sonoro e quello dell’aria, il rischio di incidenti, e di minimizzare l’impatto delle emissioni di gas a effetto serra, cosa che assicurerà una crescita economica sostenibile. Nel settore dei trasporti il potenziale di efficienza energetica stimato si ottiene con i modelli di trasporto su terra (78%) e aereo (9,5%). In caso di utilizzo del combustibile, si stima un potenziale teorico di efficienza energetica del 21%, principalmente per la sostituzione dei combustibili fossili (diesel e benzina). In questo senso il ministro Acosta assicura che il trasporto energicamente efficiente offre un enorme potenziale per ridurre la domanda tanto di petrolio quanto dell’energia in generale. Sostiene, inoltre, che l’utilizzo di tecnologie avanzate e di combustibili alternativi (tra le altre cose veicoli elettrici e ibridi), il cambiamento nei trasporti (sistemi integrati di trasporto di massa), una giusta manutenzione ai veicoli, buone pratiche di gestione e rinnovamento del parco autoveicoli facciano parte delle raccomandazioni che contribuiranno a migliorare la sostenibilità del trasporto urbano nel quadro di una strategia di mobilità sostenibile. Allo stesso modo in Colombia si stanno promuovendo buone abitudini di consumo dell’energia, l’uso di elettrodomestici efficienti e la sostituzione delle lampadine a incandescenza con quelle in grado di ridurre i consumi e, di conseguenza, le bollette. «Tutte queste misure e azioni che il governo ha intrapreso e che includono anche la creazione di un’Agenzia nazionale per l’efficienza energetica, hanno ricevuto riconoscimenti a livello internazionale. E tutto è stato possibile grazie all’alleanza tra pubblico e privato attraverso la quale il Paese è riuscito a migliorare la sua competitività e le sue infrastrutture energetiche» ha puntualizzato il ministro Acosta.

Nel modello colombiano lo Stato deve intervenire solo perché il mercato funzioni in maniera appropriata e la Commissione di Regolazione dell’Energia e Gas ha autonomia per fissare le regole del gioco

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– 80%

– 40%

OBIETTIVO AL 2050 La riduzione rispetto al 1990 delle emissioni dei Paesi dell’UE

OBIETTIVO AL 2030 La riduzione rispetto al 1990 delle emissioni dei Paesi dell’UE

+ 27% ENERGIE RINNOVABILI La quota di energie rinnovabili entro il 2030 deve essere aumentata del 27% rispetto al consumo energetico dell’UE


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RUBRICA

| DATA VISUALIZATION

VERSO IL 2030 – 43%

a cura di Oxygen Il 22 gennaio 2014 la Commissione Europea ha reso pubblici gli obiettivi per il 2030 in materia di clima ed energia. Riduzione dei gas serra e aumento dell’utilizzo delle energie rinnovabili saranno i punti fondamentali per le agende di tutti i Paesi dell’UE. E il miglioramento dell’efficienza energetica contribuirà a raggiungere questi nuovi e ambiziosi obiettivi, perché, come emerso durante la loro ufficializzazione, nessuna transizione verso un sistema energetico competitivo, sicuro e sostenibile sarà possibile senza efficienza.

– 30% FUORI DALL’EU ETS La riduzione rispetto al 2005 delle emissioni cui devono ambire entro il 2030 i settori che non rientrano nel sistema europeo di scambio di quote di emissione (EU ETS)

NELL’EU ETS I settori compresi nel sistema europeo di scambio di quote di emissione (EU ETS) devono ridurre del 43% rispetto al 2005 le emissioni


SPECIALE

FARE DI PIÙ CON MENO

Soluzioni possibili dalla ricerca di Enel Foundation e Politecnico di Milano articolo di Alessandra Viola Giornalista

Quello dell’efficienza energetica è un settore verso cui stanno convergendo in molti e che in Italia ha ottime potenzialità di crescita. A rivelare le ricadute sul sistema produttivo nazionale di questo business da miliardi di euro è il rapporto realizzato dal Politecnico di Milano in collaborazione con Enel Foundation, un documento fondamentale per capire perché l’efficienza è sinonimo di ripresa economica.

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2% DEL PIL l'impatto sull'economia nazionale che l’efficienza energetica può avere in Italia entro il 2020

È possibile conciliare sicurezza energetica, accesso all’energia a prezzi competitivi e sostenibilità ambientale? Già ribattezzato il “trilemma energetico”, è la sfida che ci lancia il futuro. Per quanto il problema sembri complicato (e lo è), la soluzione è però incredibilmente semplice: per venire a capo di tutto basterà puntare su un unico settore, quello dell’efficienza energetica. Ne sono convinti all’Enel, dove hanno deciso di investire ricerche e risorse proprio in questo ambito, non senza aver fatto per bene i conti. Complessivamente, il business vale circa 500 miliardi di euro, e tra le altre cose, come del resto gli analisti ripetono da tempo, potrebbe anche traghettarci fuori dalla crisi sostenendo la ripresa economica. Attenzione però a non confondersi: non stiamo parlando di risparmio energetico, quindi di una contrazione del ricorso all’energia (come, per fare un esempio, riscaldare meno la casa per ricevere una bolletta meno salata), ma di rendere più efficienti case, mezzi di trasporto e industrie con l’obiettivo di consumare meno facendo le stesse cose di prima, quindi senza dover ridimensionare i nostri obiettivi. I dati contenuti nel rapporto Stato e prospettive dell’efficienza energetica in

Italia, realizzato dal Politecnico di Milano in collaborazione con Enel Foundation, e presentato al convegno “Efficienza energetica per una nuova crescita. Le sfide per un’energia accessibile, sicura e sostenibile” parlano chiaro: la ripresa potrebbe davvero passare da qui, non solo in termini di economie, ma anche di nuove assunzioni e di sostegno alla filiera produttiva italiana. Il maggiore risparmio potrebbe venire dall’edilizia, che da sola vale il 95% della possibile crescita italiana nell’efficienza energetica da qui al 2020: in totale, si parla di una cifra compresa tra i 195 e i 288 TWh (a seconda che ci si riferisca a uno scenario moderato o ottimale). Secondo lo studio, l’applicazione di strumenti e sistemi per l’efficienza energetica potrebbe generare un impatto sull’economia nazionale pari al 2% del PIL e un risparmio compreso tra 50 e 72 milioni di tonnellate di CO2, sempre da oggi al 2020. A questo si aggiungerebbe un aumento degli occupati fino al 2%, a fronte di una riduzione dei consumi totali di energia compresa tra il 12 e il 18%: numeri che in tempo di crisi fanno girare la testa. «L’energia è il maggiore fattore abilitante di un sistema produttivo e del Welfare» spie-

Non stiamo parlando di risparmio energetico, ma di rendere più efficienti case, mezzi di trasporto e industrie con l’obiettivo di consumare meno facendo le stesse cose di prima, senza ridimensionare i nostri obiettivi

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oxygen | 22 — 02.2014

ga Fulvio Conti, amministratore delegato e direttore generale di Enel «diminuirne il costo e livellarlo a quello degli altri Paesi può essere la base, una specie di piattaforma per lo sviluppo. Oggi l’85% della nostra energia è importato da vari Paesi e in varie forme, e questo pesa sulla bilancia economica nazionale. D’altra parte, anche gli incentivi per le rinnovabili sono stati gestiti in modo poco funzionale e in passato sono accadute cose assurde: con i soldi del Conto energia, per esempio, gli italiani non hanno sostenuto le rinnovabili costruite in Italia, ma hanno comprato pannelli solari cinesi e tedeschi, e di conseguenza le utilities che, come Enel, avevano puntato sulla produzione hanno dovuto installare i loro pannelli in Africa, perché in Italia tutti i tetti erano stati già coperti. L’Italia comunque è più efficiente di altri, per vari motivi. Il primo dei quali è che, dato che l’energia da noi costa di più, abbiamo sempre cercato di risparmiarla. Inoltre, abbiamo un parco di generazione energetica tra i più efficienti e avanzati che esistono, con reti di distribuzione all’avanguardia. Siamo anche l’unico Paese al mondo in cui ogni utente è dotato di un proprio contatore digitale. Ci sono però settori in cui dobbiamo fare ancora molta strada: i prossimi passi devono riguardare una delegificazione che snellisca il settore, l’eliminazione della progressività della bolletta elettrica – basata su assunti ormai inattuali –, la stabilità e la creazione di una filiera nazionale dell’efficienza energetica». Quest’ultimo punto non è di poco conto. Secondo lo studio del Politecnico, se la filiera dell’efficienza energetica fosse tutta italiana, l’incidenza del volume di affari annuo sul PIL sarebbe compresa tra il 2 e il 4%, con un aumento di 460.000 posti di lavoro l’anno. A questo scenario fanno da barriera però la difficoltà di accesso agli strumenti incentivanti (come la deducibilità fiscale), la scarsa efficacia nell’indirizzamento degli incentivi, la complessità, e a volte l’inadeguatezza delle leggi che regolano il settore. Barriere che andrebbero rimosse in fretta, per dare il via a una serie di interventi rivolti innanzitutto a rendere più efficienti energeticamente le nostre case e i mezzi di trasporto. «Fino a vent’anni fa il maggior consumatore di energia era l’industria, ma oggi in testa alla classifica ci sono i trasporti e il settore residenziale» ricorda Jorge Vasconcelos, presidente Newes. «È vero che in Europa nei prossimi anni diminuirà l’uso del petrolio, ma aumenterà quello del metano: dovremo quindi convertirci alla mobilità elettrica e riqualificare il nostro patrimonio edilizio, o non riusciremo mai a centrare gli obiettivi che ci 036

L’Unione Europea programma di abbassare la propria richiesta di energia del 20% entro il 2020. Tra il 2010 e il 2035, in definitiva, ci sarà una riduzione media annua dell’intensità energetica pari all’1,8%

460.000 ALL'ANNO i posti di lavoro in più che l’efficienza energetica potrebbe generare in Italia


FARE DI PIÙ CON MENO |

siamo prefissati. Oltretutto nel mondo l’inefficienza globale è al 50%, che vuol dire che per ogni unità di energia ce n’è un’altra che non viene sfruttata e si perde». In Europa andiamo appena un po’ meglio (siamo al 40%) ma si tratta comunque di uno spreco enorme, a fronte di una generazione energetica ancora costosa e inquinante. Per questo, tutte le grandi potenze hanno già iniziato a muoversi. «La Cina ridurrà la sua intensità energetica del 16% entro il 2016, il Giappone abbasserà i suoi consumi del 10% entro il 2030 e gli Stati Uniti stanno già adottando nuovi standard per ottimizzare e ridurre l’uso di carburanti» ricorda Paolo Andrea Colombo, presidente Enel «mentre l’Unione Europea, per parte sua, programma di abbassare la propria richiesta di energia del 20% entro il 2020. Tra il 2010 e il 2035, in definitiva, ci sarà una riduzione media annua dell’intensità energetica pari all’1,8%. Ci attende dunque un periodo importante e ricco di opportunità, del quale tuttavia, secondo le prime stime, l’Italia non riuscirà a cogliere più di un terzo dei potenziali benefici economici. Avremo bisogno di nuovi prodotti e servizi, che introdurranno una riduzione dei consumi attraverso il loro controllo. Sarà essenziale in quest’ottica rimuovere le barriere legali e burocratiche che ostacolano l’adozione di buone pratiche: si tratta di un punto fondamentale, perché nel settore dell’efficienza energetica il nostro Paese ha accumulato più conoscenze e competenze di qualsiasi altro, un patrimonio che potrebbe essere una delle leve per uscire dalla crisi e assicurare una crescita sostenibile, e che non può e non deve rimanere bloccato».

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SCENARI Nel rapporto del Politecnico di Milano e di Enel Foundation sono prospettati, in riferimento alla ricaduta dell’efficienza energetica, due tipi di scenari di sviluppo: ottimale e moderato. La loro manifestazione è vincolata al recepimento delle evoluzioni normative, tecnologiche e di contesto, e definiscono differenti range di crescita.

DA 50 A 72 MILIONI di tonnellate in meno la CO2 che sarà emessa da oggi al 2020

12-18% DI ENERGIA la riduzione dei consumi che si può ottenere entro il 2020

Ci sono settori in cui dobbiamo fare ancora molta strada: i prossimi passi devono essere una delegificazione che snellisca il settore, l’eliminazione della progressività della bolletta elettrica, la stabilità e la creazione di una filiera nazionale dell’efficienza energetica 037


SPECIALE

EFFICIENZA ENERGETICA È… Tecnologie e benefici globali infografica di Undesign Investire, risparmiare, ridistribuire, ottimizzare: l’efficienza non è privazione ma è la diversa gestione delle risorse e la creazione, in questo modo, di nuove opportunità di crescita per le economie nazionali. E si può fare attraverso nuove tecnologie. Ma quali? E dove applicarle? Nell’edilizia e nell’industria, i settori che potrebbero portare la gran parte del risparmio energetico (in Italia, entro il 2020, addirittura del 95%), ma anche nei trasporti. Un sistema strutturato che avrà ricadute molto importanti non solo in termini di risparmio economico e meno emissioni, ma sarà soprattutto origine di nuovi investimenti, di nuove industrie, di posti di lavoro. Dal rapporto Stato e prospettive dell’efficienza energetica in Italia redatto dal Politecnico di Milano ed Enel Foundation le previsioni che includono scenari più ottimisti e altri più moderati e che insieme offrono un quadro e una forbice di dati estremamente significativi.

SUPERFICI OPACHE TWh: tra 39,6 e 63,4 CO2: tra 7,92 e 12,68 Mt Unità di lavoro: ~ 651.500

FOTOVOLTAICO TWh: tra 11,3 e 17 CO2: tra 4,86 e 7,31 Mt Unità di lavoro: ~ 161.000

CALDAIE A CONDENSAZIONE TWh: tra 22,1 e 34,7 CO2: tra 4,42 e 6,94 Mt Unità di lavoro: ~ 115.000

AUTO ELETTRICHE tra 3 e 4 volte più efficienti dei motori termici tra 1 e 2 milioni di veicoli nel 2020 POMPE DI CALORE TWh: tra 33,3 e 53,3 CO2: tra 6,66 e 10,66 Mt Unità di lavoro: ~ 428.000

COGENERAZIONE TWh: tra 5,6 e 7,5 CO2: tra 2,41 e 3,23 Mt Unità di lavoro: ~ 5.800

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TWh il terawattora è un multiplo del chilowattora. È utilizzato per indicare consumi e produzione energetica a livelli nazionali e mondiali. In Italia, per esempio, il consumo elettrico nel 2012 è stato pari a circa 325 TWh. L’intervallo di risparmio indicato nel grafico è annuo.

CO2 Mt le emissioni di CO2 sono qui calcolate in milioni di tonnellate. In Italia nel 2013 la CO2 emessa è stata pari a circa 435 Mt. L’intervallo di risparmio indicato nel grafico è annuo.

UNITÀ DI LAVORO unità di misura convenzionale che converte le ore lavorative in addetti a tempo pieno. Indica il numero di lavoratori che ogni settore richiede, sia nuovi sia già impiegati. La crescita indicata nel grafico è quella prevista entro il 2020.

Ricadute ambientali ed economiche in Italia entro il 2020 TWh: tra 288,41 e 194,96 CO2: tra 71,65 e 49,52 Mt €: tra 511,75 e 352,02 miliardi in affari entro il 2020 Unità di lavoro: tra 2.474.102 e 3.726.637

ILLUMINAZIONE EFFICIENTE TWh: tra 14,2 e 17 CO2: tra 6,11 e 7,31 Mt Unità di lavoro: ~ 13.925 CALDAIE A BIOMASSA TWh: tra 32,2 e 38,6 CO2: tra 6,44 e 7,72 Mt Unità di lavoro: ~ 190.500

CUCINE A INDUZIONE TWh: tra 0,75 e 1 CO2: tra 0,32 e 0,43 Mt Unità di lavoro: ~ 51.036

Fonti Stato e prospettive dell’efficienza energetica in Italia. Rapporto 1/2013, Politecnico di Milano ed Enel Foundation

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INTERVISTA

CITTÀ DEL FUTURO? CITTÀ SLOW Intervista a Robert Beauregard

Professore di Pianificazione urbana alla Graduate School della Columbia University di Maria Chiara Voci Giornalista

Riflettere sulla pianificazione delle città, oggi, vuol dire non poter prescindere dal pensarle in una veste sostenibile. Città e natura non sono da considerarsi come due mondi separati, e per questo dobbiamo iniziare a ragionare contrastando la crescita incontrollata e cambiando il nostro modo di vivere lo spazio urbano.


Il concetto di sostenibilità urbana è retto, spesso, dall’idea che la tecnologia possa e debba essere utilizzata per proteggere la natura. Questo perché si parte dall’errato presupposto che la città e la natura siano mondi separati: non è così

«Il concetto di sostenibilità urbana è retto, spesso, dall’idea che la tecnologia possa e debba essere utilizzata per proteggere la natura. Questo perché si parte dall’errato presupposto che la città e la natura siano mondi separati. Non è così. Come non sono disgiunti tecnologia e natura: sarebbe come dividere l’acqua di una cisterna dal sistema di distribuzione dell’acquedotto. Per sviluppare davvero una crescita sostenibile è necessario iniziare a pensare al mondo come a un composto ibrido fra esseri umani, natura e tecnologia». Robert Beauregard è professore di Pianificazione urbana alla Graduate School della Columbia University. È direttore del programma di Pianificazione urbana ed è autore di numerosi saggi, fra cui The Postwar Fate of Us Cities e When America Became Suburban. Ha partecipato di recente, a Milano, a un colloquio internazionale sul futuro della Terra, primo Laboratorio fra quelli promossi dalla Fondazione Feltrinelli e da Expo 2015 in vista dell’appuntamento con l’esposizione universale. Il concetto su cui si fonda il suo pensiero è semplice quanto rivoluzionario: l’avanzare della tecnologia non basta, da solo,

a garantire l’equilibrio della città del futuro. È necessario rallentare l’uso indiscriminato del territorio, se lo si vuole preservare. Anche perché il progresso tecnologico, che spesso aiuta e viene in soccorso nella risoluzione di problemi, “può però anche ferire la natura”. Professor Beauregard, la sostenibilità ambientale è oggi il traguardo a cui puntano molte amministrazioni. Sta realmente cambiando il modo di concepire la strutturazione del territorio? Il concetto di “città sostenibile” non mi ha mai convinto. Mi è sempre parso più uno slogan, che un progetto concreto. Molte amministrazioni locali, pur proseguendo nei propri piani di sviluppo, hanno intrapreso azioni di facciata, cercando magari di porre maggiore attenzione alla cura e conservazione del territorio o all’utilizzo dell’energia. Questo tipo di atteggiamento pecca, a mio avviso, di tracotanza. È sbagliato credere che gli esseri umani possano controllare la natura, attraverso la tecnologia. Ancora più errato è ritenere che possano farlo in modo tale da permettere agli agglomerati urbani di continuare, all’infinito e di fronte a ogni situazione, ad ampliarsi e crescere. 041


oxygen | 22 — 02.2014

Dobbiamo iniziare a ragionare anche in termini “slow”, secondo una logica di vita capace di contrastare il fenomeno della crescita incontrollata, lo “scaling up”

Quali sono i parametri sulla base dei quali è possibile valutare se una città è davvero sostenibile? Per comprendere quanto sia sostenibile una città è necessario misurarne l’ecological footprint, cioè l’impronta ecologica. Le aree urbane, oggi, si reggono grazie al fondamentale apporto di risorse che vengono sottratte a territori molto più estesi della conurbazione stessa e ubicati ben al di là e al di fuori del relativo confine geografico. Questo è il metro con cui valutare la sostenibilità e questo, soprattutto, è un serio problema che deve essere esaminato e affrontato. Nei suoi libri, lei lancia l’allarme della suburbanizzazione del tessuto urbano. A quale fenomeno si riferisce? Una preoccupazione di cui tenere conto è quella che riguarda la forma fisica e la struttura delle città. È sempre necessario valutare bene come le diverse funzioni – scuole, case o night club – sono geograficamente giustapposte all’interno del territorio. Negli Stati Uniti, al termine della seconda guerra mondiale, la

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suburbanizzazione, intesa come decentralizzazione e deconcentrazione delle città, ha spinto le grandi imprese a dare vita a notevoli complessi fuori dall’area già edificata. Una scelta che ha rispecchiato, anche e per certi versi, la posizione con cui gli Stati Uniti sono usciti dal secondo conflitto mondiale e che ne ha caratterizzato le aree urbane, rendendole eccezionali rispetto a ogni altra metropoli europea. L’espansione incontrollata delle periferie ha però creato non pochi problemi. Grandi distanze e bassa densità abitativa, come dimostra la scuola del “neourbanesimo”, finiscono con il provocare gravi problemi ecologici. Anche in Europa si può isolare la stessa tendenza? Sì, anche nel Vecchio continente si è assistito a fenomeni di suburbanizzazione. Tuttavia, in ragione della storia che sta alle spalle del territorio europeo, il fenomeno è stato meno marcato e non è mai stato messo in discussione il ruolo dell’originaria centralità urbana.


CITTÀ DEL FUTURO? CITTÀ SLOW |

SOSTENIBILITÀ A SEATTLE Con il Bullitt Center, Seattle ha guadagnato un primato nell’efficienza: l’edificio ha infatti impiegato in un anno il 20% dell’energia richiesta per strutture simili, raggiungendo tutti gli obiettivi del Living Building Challeng, il programma di certificazione internazionale di sostenibilità.

Quale può essere, a suo avviso, una corretta inversione di tendenza? Iniziare a ragionare anche in termini “slow”, secondo una logica di vita capace di contrastare il fenomeno della crescita incontrollata, lo scaling up. Cambiare il nostro modo di vivere e consumare la città può portare con sé numerose conseguenze e incidere sensibilmente anche su un riequilibrio del clima e dei fenomeni naturali che, con sempre maggiore frequenza, hanno dimostrato la vulnerabilità anche in Europa dei nostri centri abitati. Lei crede che il concetto di sviluppo “slow” si possa applicare anche a territori già fortemente infrastrutturati? Senza dubbio. Anche nelle città già costruite si può fare molto di più per abbattere gli sprechi di acqua e di energia, per limitare l’inquinamento, sviluppare fonti alternative e lasciare spazio alla natura. La sostenibilità non è una sfida che riguarda solo i nuovi insediamenti: al contrario, la vera posta in gioco è proprio quella di riuscire a mantenere in vita le grandi città esistenti attraverso una maggiore consape-

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volezza e responsabilità dell’ambiente nel quale viviamo. Ci fa qualche esempio concreto di città che ha spinto e sta spingendo nella giusta direzione? Una delle amministrazioni che, negli Stati Uniti, ha spinto maggiormente l’acceleratore, mettendo in campo politiche e programmi di sostenibilità, è senza dubbio New York City. Ma ci sono poi anche altri esempi. Come Seattle. Quale consiglio darebbe a chi deve amministrare una grande città su come migliorare la vita degli abitanti? La sostenibilità ambientale è solo uno dei fattori che caratterizza e contribuisce alla qualità della vita degli abitanti di una città. Tuttavia, penso sia importante tenere bene a mente che le città del mondo sono caratterizzate anche da altri gravi problemi, quali la diseguaglianza del reddito, la povertà, la disoccupazione, la mancanza di abitazione e l’intolleranza. Situazioni a cui non si riesce a dare una risposta spingendo solo sull’aspetto della sostenibilità. Per questo occorre allargare il focus. 043


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CONTESTI

I VILLAGGI PIÙ ECOLOGICI DEL MONDO

Nel 2014 il governo tedesco caricherà sulle bollette 24 miliardi di aiuti per le rinnovabili. Ma la Germania ha anche l’ambizione di arrivare al 2050 con l’80% di energie pulite

articolo di Tonia Mastrobuoni Giornalista

La Germania del terzo governo Merkel dovrà affrontare presto una questione molto delicata, quella degli incentivi. Un aiuto che negli anni ha permesso la realizzazione di modelli verdi come il paesino di Wildpoldsried, vero volano per la produzione di energia pulita e per il turismo, esempio di sostenibilità e bioedilizia. Sono stati i pionieri della Energiewende, della “svolta energetica” che sarà una delle principali sfide del governo Merkel-ter. Ma ora gli abitanti di un paesino tedesco di 2500 anime, talmente all’avanguardia sulle energie pulite e sulla bioedilizia da essere diventato in pochi anni “il villaggio più ecologico del mondo”, guardano terrorizzati ai piani del nuovo ministro dell’Energia, Sigmar Gabriel. Il “miracolo Wildpoldsried”, paesino immerso nella stupenda regione bavarese dell’Allgäu che produce già il 500% del proprio fabbisogno di elettricità e che entro il 2020 conta di garantirsi il totale dell’energia unicamente da fonti rinnovabili, rischia di spegnersi. Il sindaco, Ango Zengerle, tra i principali autori della rivoluzio044


ne di Wildpoldsried, è esplicito: «quello che il governo ha in mente è, molto semplicemente, la fine della svolta energetica». Dopo l’incidente di Fukushima, la Germania ha deciso l’uscita dal nucleare, ma deve trovare il modo di sostituire la quota energetica prodotta dall’atomo. E non è un compito semplice, neanche per un Paese a forte vocazione ambientalista come quello guidato da Angela Merkel. La svolta è già esosa adesso: nel 2014 caricherà sulle bollette dei tedeschi 24 miliardi di aiuti per le rinnovabili. Ma la Germania ha anche l’ambizione di arrivare al 2050 con l’80% di energie pulite. Il governo sostiene di voler aumentare costantemente nei prossimi anni l’attuale quota “verde”, ma anche che gli incentivi dovranno essere tagliati e l’eolico concentrato in aree molto ventose. Anche per le pressioni della Commissione europea, secondo la quale i generosi incentivi all’industria verde tedesca somigliano un po’ troppo ad aiuti di stato. Dunque, né i Verdi, né Zengerle credono che Gabriel possa – o voglia – trovare la quadratura del cerchio: «Il suo piano energetico avviene sotto le pressioni dei colossi del settore: alla fine vincerà il carbone», argomenta il sindaco di Wildpoldsried.

Una rivoluzione che ha favorito le casse del Comune, ma che fa guadagnare anche i privati e le aziende

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DENA L’agenzia energetica tedesca (Deutsche Energie-Agentur GmbH – dena) è un centro di competenza in materia di efficienza, rinnovabili e sistemi energetici intelligenti, i cui progetti, di portata internazionale, hanno come obiettivo la produzione di energia con il minor impatto ambientale possibile.

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Da circa quindici anni gli abitanti di Wildpoldsried hanno cominciato a installare pannelli solari, costruire di pi첫 con il legno ed edificare case passive, oltre a risparmiare sul consumo energetico

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oxygen | 22 — 02.2014

Da circa quindici anni gli abitanti del paesino della Baviera, incoraggiati proprio dai generosi contributi statali ma anche dall’ambiziosa promessa federale di soddisfare una fetta crescente di fabbisogno energetico attraverso fonti non inquinanti, hanno cominciato a mettere pannelli solari sui tetti, a costruire di più con il legno e a edificare case passive, infine a risparmiare sul consumo energetico. E grazie a una felice convergenza con gli obiettivi di un sindaco visionario come Zengerle, che ha favorito la costruzione di impianti fotovoltaici, idroelettrici, eolici e di biomasse, il paesino vende generosamente energia elettrica all’esterno. Il sindaco si schernisce, «non è una rivoluzione mia, sono stati i miei concittadini a farla, a prendere l’iniziativa», sostiene; ma è chiaro che il suo contributo è stato essenziale. Oggi Wildpoldsried beneficia anche di una sorta di “effetto Bilbao”, il turismo si è moltiplicato, molti vengono a vedere il villaggio bio della Baviera come vanno a vedere il Guggenheim nella città basca. Una rivoluzione che ha favorito le casse del comune, ma che fa gua048

dagnare anche i privati o le aziende che hanno installato pannelli fotovoltaici o impianti di biomasse nei loro terreni e che rivendono l’energia prodotta in eccesso. «Il segreto, qui in Germania, è che se si vuole costruire un pannello fotovoltaico, si stipula un contratto con l’azienda elettrica, e dura decenni. Da voi in Italia il rapporto è con lo stato, e a ogni cambio di governo – come effettivamente è accaduto – cambiano le regole. Conosco imprese fallite, nel vostro Paese, perché i governi hanno cambiato le carte in tavola», spiega Zengerle. Nel 2010 Wildpoldsried si è data l’obiettivo, entro il 2020, di continuare a mantenere la produzione di energia in surplus rispetto al fabbisogno, di ridurre le emissioni di CO2 drasticamente e ha lanciato, tra le altre cose, un piano per la bioedilizia che rimborsa 15 euro per ogni metro quadro costruito con i principi delle case passive. Gli edifici comunali, per fare un esempio, sono riscaldati al 100% con energia proveniente da impianti a biomassa. Ma molti, ora, guardano con ansia a Berlino. E temono che il loro sogno sia già finito.


I VILLAGGI PIÙ ECOLOGICI DEL MONDO |

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Siemens - Partner strategico di Enel per la tecnologia Smart Grid di Expo Milano 2015

FOCUS

UN SUCCESSO TECNOLOGICO di Lorenzo Voss Giornalista «Comunque andrà a finire, l’esperienza di Wildpoldsried è già un successo: ci ha permesso di aprire uno squarcio sulla società del futuro». A parlare è il dr. Michael Metzger, uno dei responsabili per conto di Siemens del progetto IRENE, l’iniziativa coordinata dal colosso tecnologico tedesco e dal gruppo energetico della regione dell’Allgäu, AÜW, per lo sviluppo della smart grid di Wildspoldsried. Dal 2012, anno di lancio dell’iniziativa, il piccolo comune dell’Allgäu è divenuto un modello: grazie a fotovoltaico, biomasse ed eolico, i suoi abitanti producono già il triplo dell’energia che consumano. «Ma moltiplicare i punti di produzione di energia rinnovabile non basta», sentenzia Metzger. «La vera sfida, ancora aperta, è riuscire ad amministrare in maniera intelligente una miriade di micro-flussi di corrente pulita, per definizione irregolari e capricciosi come lo possono essere le condizioni meteorologiche di un paesino di montagna». Gli abitanti di Wildpoldsried, infatti, sperimentano da tempo nella loro comunità un problema insolito, che altri chiamerebbero un lusso: la produzione di energia rinnovabile è qui talmente in eccesso, che non di rado la rete elettrica è soggetta a fluttuazioni fino a 8 Megawatt nell’arco di mezz’ora, impensabili altrove. «Per studiare una soluzione al problema AÜW ha installato 200 misuratori intelligenti di corrente, in grado di reagire a input meteorologici comunicati in tempo reale da una centrale, quale la forza del vento e il movimento delle nubi, da cui ogni giorno i ricercatori ricavano 3 Gigabyte di preziosissimi dati». Grazie ad essi, Siemens ha messo a punto Trafo, un sistema automatico di compensazione della tensione, pensato per una rete elettrica dove l’immissione di energia rinnovabile è la norma e non l’eccezione. «Tali mec-

canismi di controllo sono largamente diffusi nelle reti elettriche ad alta tensione», spiega Metzger. «Per reti come quella di Wildpoldsried, invece, dove abbondano le fonti a bassa tensione, Trafo rappresenta una novità assoluta, rivoluzionaria». Il cervello della rete intelligente di Wildpoldsried è un software, anch’esso messo a punto da Siemens: «Lo abbiamo battezzato SOEASY (così semplice), ed è il fiore all’occhiello dell’intero progetto», spiega. «SOEASY è in grado di coordinare in tempo reale produzione e consumo di energia. Per fare un esempio, se nel corso di una giornata particolarmente luminosa si verifica un eccesso di produzione di energia solare, SOEASY è in grado di dirigerne il flusso verso le batterie delle auto elettriche parcheggiate nel paese, che, in caso di bisogno, restituiranno l’energia alla rete, per esempio di notte, quando il solare non funziona». Al centro del progetto IRENE vi è una grande istanza: quella della scalabilità del progetto. «Tutti gli strumenti che produciamo – dai contatori alle interfacce per pannelli solari – sono pensati per funzionare anche come componenti di una rete del futuro infinitamente più grande, e per far spazio a nuove tecnologie, nuovi software e in generale nuove idee. L’intelligenza di questa rete sta anche nel fatto che è pronta ad assorbire innovazione, senza diventare obsoleta in poco tempo». Anche se i finanziamenti pubblici del governo tedesco dovessero venire meno, e il progetto IRENE dovesse subire una battuta d’arresto, gli abitanti di Wildpoldsried hanno già dichiarato di non voler interrompere la collaborazione con Siemens e AÜW. «Le idee su come portare avanti il progetto nei prossimi anni non mancano di certo», conclude Metzger. «Pensiamo ad esempio di produrre metano a partire da CO2 e acqua grazie all’energia eolica». Chapeau. 049


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INTERVISTA

HOME GREEN HOME I green building per sanare crisi economica e ambientale Intervista a Jane Henley

Amministratore Delegato del World Green Building Council di Michele Fossi Giornalista illustrazioni di Seltz

Le costruzioni “verdi” rappresentano una delle armi più potenti in nostro possesso per combattere il cambiamento climatico, ma anche per dare una risposta a disoccupazione, caro-casa, salute pubblica e persino alla dispersione scolastica. Attraverso soluzioni high e low tech. L’AD del World Green Building Council (WGBC), la più importante associazione mondiale per la promozione dell’architettura a basso impatto presente in 80 Paesi, ci racconta come.


Cosa si intende oggi per green building? La definizione di green building è mutata nel corso degli anni. Inizialmente con questa espressione ci si riferiva a edifici a basso consumo di energia e risorse. Col passare degli anni è apparso sempre più evidente che i green building consentono di ottenere molto più della semplice efficienza energetica e che i loro effetti benefici si fanno sentire non solo sull’ambiente ma anche sulla società. In che modo? Per quali altri motivi oltre al risparmio energetico un’amministrazione cittadina dovrebbe decidere di investire nei green building? Un edificio sostenibile ben progettato consente di ridurre i costi energetici fino un terzo in meno rispetto a edifici convenzionali. Ma vi è molto di più: una loro diffusione su larga scala fornirebbe ai governanti la chiave per dare simultaneamente una risposta a molte delle più pressanti esigenze della società contemporanea, come la lotta alla disoccupazione e la difesa della salute pubblica. Lasciando intravedere una strada per coniugare due concetti considerati finora antitetici nelle nostre città in continua espansione: crescita economica e aumento della qualità di vita. Ci può fare un esempio? Nella Cato Manor Green Street a Durban, in Sud Africa è stato portato a termine un interessante programma di riqualificazione energetica di abitazioni povere. Lo scopo del progetto – coordinato dalla divisione locale del WGBC e finanziato principalmente dalla British High Commission – era dimostrare la

molteplicità di obiettivi – socioeconomici, ambientali, e di impatto sulla salute pubblica – che possono essere raggiunti con semplici interventi architettonici applicati alle abitazioni povere. Si è visto così che interventi relativamente economici e low tech – come il solare termodinamico, un migliore isolamento di tetti e soffitti, la distribuzione di stufe pulite e di impianti d’illuminazione per interni a basso impatto ambientale – producono complessivamente più benefici sulla società, a minor costo, di quanto non si avrebbe finanziando ex novo nuove fonti di energia pulita. In particolare, questo progetto pilota ha dimostrato che è possibile migliorare la qualità di vita dei più poveri senza aumentare le emissioni di gas serra, ma al contrario abbassandole.

Il progetto nella Cato Manor Green Street a Durban, in Sud Africa ha dimostrato che è possibile migliorare la qualità di vita dei più poveri senza aumentare le emissioni di gas serra, ma al contrario abbassandole

Contrariamente a quanto si crede comunemente, per progettare un green building non è necessario disporre di tecnologie e materiali costosi e sofisticati. Cosa succederebbe se riqualificazioni energetiche come quelle della Cato Manor Street fossero estese a un numero più consistente di abitazioni povere? Il WGBC calcola che se tali interventi low tech fossero estesi a tutte le abitazioni povere del Sud Africa – tre milioni

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in tutto – il minor consumo di energia e acqua che ne deriverebbe permetterebbe di risparmiare 200 milioni di euro, gran parte dei quali confluirebbe automaticamente nelle tasche di coloro che più ne hanno bisogno, e cioè gli abitanti di quelle abitazioni. Come se non bastasse, si verrebbero a creare 36,5 milioni di giornate di lavoro e si risparmierebbero milioni di tonnellate di CO2. Queste cifre parlano da sole: l’architettura sostenibile consente di conciliare sviluppo e attenzione per l’ambiente, e come tale dovrebbe figurare in cima alle agende della politica in tutto il mondo. Quali sono i suoi architetti “verdi” preferiti? Amo molto il lavoro del malesiano Ken Yeang, pioniere del vertical green urbanism. Tra i suoi edifici più famosi abbiamo ad esempio il grattacielo Solaris di Singapore, noto per il suo “parco lineare”: una striscia di verde lunga un chilometro e mezzo che si avvolge come un serpente per tutta l’altezza dell’edificio, con ovvi benefici in termini di aria pulita e biodiversità. Un altro bel progetto di Yeang è la Spire Edge Tower attualmente in costruzione a Haryana, in India. Ancora una volta, le pareti dell’edificio sono invase dal verde; a completare il quadro, una serie di rampe, anch’esse rigorosamente verdi, e una serie di giardini pensili ai piani alti. Sarebbe riduttivo tuttavia considerare il verde negli edifici di Yeang alla stregua di un intervento cosmetico, ornamentale: i suoi edifici sono concepiti, fin dall’inizio, per essere dei veri e propri “ecosistemi” in equilibrio con l’ambiente circostante. Lo si vede dalla cura con cui seleziona le specie vegetali per i suoi edifici, rigorosamente locali e studiate per raggiungere precisi obiettivi in termini di protezione della biodiversità.

Una diffusione su larga scala dei green building fornirebbe ai governanti la chiave per dare una risposta a molte delle più pressanti esigenze della società contemporanea, come la lotta alla disoccupazione e la difesa della salute pubblica

Restringiamo il campo a una categoria di edifici particolarmente strategica per plasmare un futuro migliore: le scuole. Si fa un gran parlare di green school. Cosa s’intende esattamente? Una green school è un edificio scolastico concepito intelligentemente per non dissipare energia, acqua e altre risorse, e conseguentemente per avere spese di gestione particolarmente basse. Ma 052

soprattutto, una green school punta a offrire un ambiente di apprendimento più sano e gradevole di una scuola comune, e a fornire agli studenti tutti gli strumenti necessari a maturare una buona coscienza ecologica. Davvero una green school può aumentare la resa scolastica degli studenti? Oggi sappiamo che la qualità dell’ambiente scolastico – disponibilità di luce naturale, aria pulita e bassa contaminazione degli ambienti da smog e da altre sostanze chimiche nocive – può incrementare la resa accademica degli studenti di oltre il 25%. Siamo convinti che investire nella qualità architettonica degli edifici scolastici sia ugualmente importante che investire nella qualità dell’insegnamento e nella qualità delle risorse. La Global Coalition for Green School è una piattaforma internazionale che si prefigge l’obiettivo di coordinare la diffusione di tali edifici scolastici nel mondo, fornendo alle comunità locali know-how e risorse per trasformare le proprie scuole. Può una green school ispirare i bambini a diventare migliori cittadini del mondo? Certamente. La divisione di Singapore del WGBC, per esempio, ha lanciato il geniale “Project Green Insights”: nelle scuole sono stati installati dei misuratori di energia, grazie ai quali i bambini hanno potuto rendersi conto dell’impatto delle proprie attività e adottare spontaneamente condotte più virtuose. Grazie allo straordinario successo di questo progetto pilota, il governo di Singapore ha deciso di stanziare più fondi a favore dello sviluppo dell’architettura sostenibile, e in particolare delle green school, nel Paese. Un altro esempio viene dalla Uaso Nyiro Primary School a Laikipia, in Kenya, una scuola situata in una regione poverissima, dove il 25% della popolazione vive con meno di 1,25 dollari al giorno. Grazie a un intelligente sistema di raccolta e purificazione dell’acqua piovana, questo edificio scolastico è in grado di rifornire la comunità di 350.000 litri di acqua potabile l’anno. Ancora una volta, dietro questo bel risultato non vi è niente di fantascientifico: gli autori del progetto, i designers dello studio d’architettura PITCHAfrica, hanno costruito l’edificio nel rispetto delle tecniche di costruzione tradizionali, ed è importante sottolinearlo, allo stesso costo di un edificio scolastico convenzionale. Da quando la scuola ha aperto, la frequenza scolastica è aumentata dal 70 al 90%, e l’incidenza di malattie legate alla scarsa qualità dell’acqua nelle sue vicinanze è crollata prati-


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camente a zero. Molte bambine non dovranno più rinunciare a un’educazione per andare a cercare l’acqua, com’è all’ordine del giorno in gran parte dell’Africa Subsahariana. Tale è il potere di un edificio progettato con intelligenza per essere in equilibrio con il proprio ecosistema. Cosa prevede per il settore dell’architettura sostenibile nel prossimo futuro? Sono fermamente convinta che l’urgenza, sempre più pressante, di “fare di più con meno” darà inevitabilmente ulteriore linfa allo sviluppo e alla diffusione dell’architettura sostenibile. Penso soprattutto ai Paesi in via di sviluppo, dove, a conti fatti, alle amministrazioni cittadine apparirà sempre più evidente come i costi aggiuntivi che si hanno in fase di costruzione per gli edifici verdi siano più che ampiamente compensati dagli immensi benefici a lungo termine, economici ma non solo, come abbiamo visto. L’architettura verde ha tutto il potenziale per far uscire milioni di persone dalla povertà, creare posti di lavoro e rendere gli spazi urbani più vivibili e sani. Uno degli obiettivi principali del WGBC è far sì che i Paesi in via di sviluppo imparino dagli errori compiuti da quelli industrializzati, e adottino fin dall’inizio modelli architettonici adatti ad affrontare le sfide del XXI secolo – ovvero modelli integrati, salutari, efficienti, in grado di fare un uso intelligente delle nostre risorse, sempre più limitate.

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Siamo convinti che investire nella qualità architettonica degli edifici scolastici sia ugualmente importante che investire nella qualità dell’insegnamento e nella qualità delle risorse

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FUTURE TECH

Domotica 3.0: il dialogo tra gli oggetti e i loro utenti articolo di Simone Arcagni Giornalista

Quando si parla di tecnologie del futuro si pensa a sistemi costosi destinati a soddisfare i bisogni di un’élite. E se invece si trattasse di un’evoluzione tecnologica che guarda ai bisogni di tutti e, anzi, che favorisce lo sviluppo di sistemi efficienti che possano aiutarci nella vita quotidiana? La domotica nell’era dell’internet of things sta andando in questa direzione, dove smart diventa sinonimo di efficienza.

Smart, e cioè intelligente, ma anche furbo, efficace... smart è la parola d’ordine della tecnologia 2.0. Ed ecco allora gli smartphone, poi le smart grid e le smart city. Smart significa una tecnologia che, in qualche modo, dialoga con noi, che ci sostituisce, che funziona a distanza. Smart ha a che fare con i sensori, il wi-fi, i microchip: si tratta di un sistema di computerizzazione e connessione degli oggetti che sta trascinando la tecnologia verso una fase 3.0, il cosiddetto internet delle cose. Un universo fatto di oggetti computerizzati e connessi che dialogano tra loro e con gli utenti. Per futurologi, visionari, ma con i piedi ben piantati nel presente come Parag Khanna o Ray Kurzweil, si tratta di un ulteriore passo verso l’integrazione tra intelligenza umana e intelligenza artificiale, per arrivare alla cosiddetta singolarità, il momento in cui le macchine supereranno in intelligenza gli esseri umani. Per ora ciò che impressiona è osservare i processi

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con cui gli spazi e le tecnologie vanno sempre più a dialogare con gli esseri umani e sempre più in maniera complessa ed efficace. E la domotica è precisamente uno di questi ambiti; si presenta, al momento, come la frontiera più d’avanguardia dell’Information Technology nella direzione dell’internet of things: abitazioni dotate di sensori e sistemi di connessione che permettono la gestione a distanza della casa. Si tratta della possibilità di controllare luci e riscaldamento in remoto, ma anche di impostare l’ambiente domestico per la gestione delle risorse energetiche, il controllo degli elettrodomestici e delle diverse funzioni di regolazione, e di garantire inoltre sistemi di sicurezza più raffinati ed efficaci. Al momento è una tecnologia appannaggio di un’utenza dalle ampie possibilità economiche, eppure gli sviluppi in corso non si limitano alle sole case di lusso. Ne è un esempio Living for All Kitchen, un progetto di ricerca industriale e svilup-


Domotica sociale × È quel ramo della domotica che sviluppa sistemi o impianti di tipo elettrico che consentono automatismi specializzati nel rispondere alle esigenze di persone non autosufficienti o con disabilità.

po sperimentale cofinanziato dalla Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia e promosso da un gruppo di aziende e centri di ricerca regionali guidati da Snaidero Rino Spa. Leggendo le finalità del progetto si capisce come l’intenzione sia quella di sperimentare e integrare nuove tecnologie domotiche all’interno di un ambiente, la cucina, per renderlo più vivibile, in particolare per le persone anziane o con disabilità cognitiva. Una “smart cucina”, quindi, in grado di aiutare e facilitare la vivibilità anche per soggetti “deboli”, come nel caso di Domotica Sociale (http://www.domoticasociale.it/it/home/), che va proprio nella direzione di utilizzare la tecnologia per dare risposte alle persone non autosufficienti o con disabilità. Si possono infatti controllare da un’unica interfaccia i consumi energetici, l’illuminazione e la sicurezza rispetto agli incidenti domestici. Il progetto prevede anche la possibilità di connettersi con un centro operativo esterno per accedere da remoto a servizi di diversi, assistenza sanitaria e socializzazione. E non si può citare internet delle cose senza parlare di Arduino... esiste infatti un progetto Arduhome che prevede l’uso della piattaforma Arduino per ricevere comandi da un’interfaccia creata sul web e attivare degli “attuatori” o dare letture di sensori. In piena sintonia con le prassi della cultura digitale c’è addirittura chi tenta la via del crowdfunding per realizzare il proprio progetto di domotica, come nel caso di Almaware di Bergamo che ha appena lanciato su Indiegogo AlmaDom.us, un piccolo computer che, grazie alle moderne tecnologie utilizzate anche nei cellulari, è installabile al posto dei normali interruttori della luce, può essere controllato direttamente dal touch screen integrato, da smartphone o tablet oppure anche con la voce, grazie al sistema di comandi vocali. Insomma: la domotica da gadget tecnologico costoso si può trasformare in sistemi di efficienza che riguardano ognuno di noi.

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APPROFONDIMENTO

STORIE DI EFFICIENZA articolo di Gianluigi Torchiani Giornalista illustrazioni di UNDESIGN

Guardare oltre la propria azienda, oltre al proprio settore, dare vita a collaborazioni inaspettate, ottimizzare i beni e i servizi a nostra disposizione. Soluzioni strategiche e innovazioni che tendono all’efficienza: un vantaggio economico per le imprese e per gli utenti.

Dainese-Nasa

Tecnologie da corsa nello spazio Lo spazio da sempre affascina e incuriosisce l’uomo. Ma senza le necessarie protezioni sarebbe del tutto impossibile effettuare qualsiasi tipo di esplorazione. Le tute spaziali sono perciò progettate per garantire la sopravvivenza dell’astronauta in un ambiente estremamente ostile come lo spazio aperto e sono, a tutti gli effetti, una vera e propria astronave in miniatura. Questo risultato ha un prezzo, rappresentato da una serie di compromessi sull’ergonomia della tuta la cui struttura, molto rigida, ha provocato in alcuni casi traumi al corpo degli astronauti. Proprio per risolvere questo inconveniente la nota azienda italiana produttrice di abbigliamento aerodinamico sportivo, Dainese, ha avviato una collaborazione con il celebre Massachusets Institute of Technology (MIT) per rendere 056

più sicure le attività operative e di addestramento. A questo proposito il progetto prevede la realizzazione di speciali protezioni che l’astronauta indosserà all’interno della tuta spaziale, integrate nel sottotuta attualmente impiegato per il controllo della temperatura corporea. Il progetto, che ha già superato la selezione della NASA, comprende anche uno studio accurato delle pressioni esercitate dalla tuta spaziale sul corpo dell’astronauta durante le operazioni. A tale scopo è stata realizzata una speciale tuta, dotata di una serie di sensori che indicheranno zone ed entità dei fenomeni che potrebbero causare traumi da impatto o da abrasione. Sarà così possibile analizzare in modo scientifico gli effetti lesivi, da cui raccogliere fondamentali informazioni per riprogettare le attrezzature spaziali.


Smartglass Interattività per la vista

Yoox

Lo shopping di lusso è digital L’Italia non è generalmente all’avanguardia nel web e nell’e-commerce, ma in un settore “storico” come quello della moda può vantare un calibro on line da novanta, ossia Yoox, un gruppo fondato nel 2000 che è rapidamente diventato il partner del web per i principali brand della moda e del design, tanto che oggi ha centri tecno-logistici e uffici in Europa, Stati Uniti, Giappone, Cina e Hong Kong, con una distribuzione capillare (più di 100 Paesi serviti nel mondo). Il punto di forza di Yoox è la selezione di prodotti, che spazia da un’ampia scelta di capi d’abbigliamento agli accessori introvabili dei più importanti designer al mondo, senza dimenticare proposte di moda eco-friendly, rari capi vintage, libri originali e una ricercata collezione di opere d’arte. Accanto al portale generalista, Yoox ha lanciato nel tempo altre iniziative: thecorner.com è la luxury online boutique del gruppo, caratterizzata da un assortimento eclettico e selezionato che spazia dai brand più prestigiosi agli stilisti d’avanguardia provenienti da tutto il mondo, per uomo e donna, attraverso mini-store dedicati. Shoescribe.com, lanciato nel 2012, è invece la destinazione online completamente riservata alle scarpe da donna e al loro mondo. Ma oltre ai portali, un altro caposaldo della strategia del gruppo è la progettazione e realizzazione, a partire dal 2006, di numerosi web store monomarca dei grandi nomi della moda. Tra i siti gestiti da Yoox ci sono, ad oggi, nomi del calibro di Diesel, Valentino, Armani, Missoni, Roberto Cavalli, ecc.

Sono stati la vera novità hi-tech del 2013 e nel 2014 dovrebbero finalmente entrare in commercio: stiamo parlando degli smartglass, gli occhiali a realtà aumentata che ci permetteranno di interagire con un semplice movimento delle pupille, come dei veri e propri mini pc a portata di occhi. Oltre a essere un grande affare per i produttori (ai Google Glass presto si affiancheranno gli Smartglass di Microsoft, Samsung e Apple), secondo una recente ricerca Gartner gli smartglass sono destinati ad avere un grande effetto benefico sull’economia mondiale, perché capaci di migliorare l’efficienza dei lavoratori nei mercati verticali, dalla manifattura ai servizi, dal retail alla sanità. Il maggiore impatto è atteso nell’industria pesante – in particolare petrolio e gas – perché gli occhiali con la realtà aumentata aiuteranno la formazione e il training dei lavoratori per sistemare apparecchiature e migliorare la produzione. L’impatto sarà medio nell’industria come retail, vendita al dettaglio e sanità, dove i benefici dipenderanno soprattutto dalle informazioni via ricerca visuale. Minori, anche se non trascurabili, saranno le conseguenze che il mondo delle assicurazioni e delle banche avranno dall’introduzione degli smartglass. Mentre professionisti che necessitano informazioni sempre aggiornate in tempo reale in settori come finanza e media potranno trarre grande giovamento dal loro utilizzo. Avranno conseguenze anche per il mondo militare (dove ridurranno le morti “da fuoco amico”), nel sostegno alla disabilità, nell’artigianato e avranno un ruolo nelle smart city. Gli “occhiali intelligenti” sono dunque destinati ad aumentare la produttività e l’efficienza del lavoro, tanto che Gartner stima che nel 2017 permetteranno di risparmiare un miliardo di dollari nel solo settore dei servizi. 057


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Roadsharing L’autostop online

Sino a un decennio fa, poteva ancora capitare di notare abbastanza di frequente persone ai margini delle strade con un cartello e un pollice sollevato: il famoso autostop, immortalato anche in tanti libri e celebri film. A poco a poco la popolarità di questa modalità alternativa di trasporto è scemata, anche per via dell’aumentata diffusione delle auto di proprietà. I vantaggi dell’autostop restano però inalterati: quanti sono coloro che, per motivi di lavoro, di studio o altro, si spostano in continuazione da soli in auto, spesso anche più di una volta la settimana, spendendo un patrimonio in carburante? Condividere un percorso su strada con altre persone consente invece di abbattere i costi, inquinare meno e, perché no, fare nuove amicizie e conoscenze. Nel tempo di internet, però, anche il vecchio autostop ha subito una mutazione in chiave social, tanto che sono nati molti siti di roadsharing con l’obiettivo di far incontrare la domanda

e l’offerta di “passaggi”. In pratica, questi servizi funzionano così: chi offre un passaggio si registra con i propri dati su uno di questi portali, inserendo poi luogo di partenza e di arrivo, nonché date e orari. A loro volta, i cercatori di passaggio indicano il percorso desiderato e prenotano il proprio posto a sedere nell’auto condivisa, il tutto rigorosamente on line. A differenza dell’autostop tradizionale, dove niente era dovuto al proprietario del mezzo, i compagni di viaggio occasionali condividono le spese per il carburante. Servizi di feedback e commenti aiutano poi gli utenti dei siti di roadsharing a comprendere se si ha o meno a che fare con delle persone affidabili.

Docebo

E-learning italiano In un mondo che si evolve giorno dopo giorno, è sempre più importante investire nella formazione professionale dei propri lavoratori, per non lasciarsi sorpassare dalla concorrenza. Una modalità che si va sempre più espandendo, permettendo di superare lo storico problema della frequenza fisica, è quella dell’elearning, che consente di gestire processi di formazione a distanza erogando corsi online tramite una piattaforma fad (o LMS), ottimizzando tempi e costi rispetto alle classiche lezioni frontali. Una realtà italiana attivissima nell’e-learning 058

è Docebo, sul mercato dal 2005, i cui prodotti principali (Docebo SaaS e Docebo Premium) sono progettati per le esigenze formative di piccole e medie imprese e grandi aziende, ma anche per università online, pubblica amministrazione e organizzazioni non profit. Nel 2011 Docebo ha fatturato 1,5 milioni di dollari, salendo del 33% nel 2012. Oggi è presente in 49 Paesi nel mondo, con 12.000 organizzazioni che hanno attivato la piattaforma, erogando per suo tramite circa 1.500.000 ore di corso, per circa 300.000 utenti serviti. La società ha recentemente lanciato la nuova Docebo Cloud, piattaforma di e-learning “As a Service”: da attivare online, senza alcuna competenza tecnica, permette a piccole e grandi realtà di erogare formazione in maniera intuitiva, flessibile e immediata.


STORIE DI EFFICIENZA |

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Smart grid L’informatica sposa l’energia

Il futuro dell’energia risiede nelle smart grid: con questo termine si intende una rete elettrica in grado di integrare intelligentemente le azioni di tutti gli utenti connessi (consumatori e produttori, prosumers) così da distribuire energia in modo efficiente, sostenibile, economicamente vantaggioso e sicuro. In questo modo viene superata la visione classica di rete elettrica, che prevedeva poche grandi centrali di generazione impegnate a garantire il fabbisogno di milioni di utenti finali. La rivoluzione delle smart grid, che si sta ancora compiendo, è imposta dal successo delle energie rinnovabili, il cui modello si basa su centinaia di migliaia di impianti disseminati sul territorio nazionale. Ecco perché sul piano del controllo la rete elettrica del futuro dovrà per forza di cose assomigliare a una “internet of energy”, in cui ogni sistema di micro generazione è in grado di comunicare e ricevere dati, utilizzando la capacità di interconnessione per orientare e dosare i flussi di energia a seconda dei momenti e dei luoghi di maggiore o minor consumo. L’impiego di tecnologie informatiche e di comunicazione (ICT) è quindi il cuore del funzionamento delle reti intelligenti, perché assicura la comunicazione fra utilities e utenti finali, così come le tecnologie, le piattaforme informatiche e gli algoritmi di controllo distribuito necessari a ottimizzare l’efficienza di tutti i sistemi coinvolti. Inoltre, le tecnologie ICT possono garantire i nuovi servizi basati sull’energia: smart metering, soluzioni prepagate per l’energia, portali domestici per la gestione di consumi e generazione, sistemi automatici di acquisto, accumulo e vendita dell’energia elettrica, sistemi di bilanciamento della domanda e offerta di energia. 059


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Red Bull Media House Energia multimediale

Più o meno tutti conosciamo la Red Bull, la celebre bevanda energetica che piace soprattutto ai più giovani. Gli appassionati di sport avranno sentito questo nome un’infinità di volte negli ultimi anni, grazie alla scuderia omonima, che ha vinto gli ultimi quattro campionati del mondo di F1 con il tedesco Sebastian Vettel. Meno noto al grande pubblico è che dal 2007 la società ha lanciato una vera e propria media company multi-piattaforma, ribattezzata Red Bull Media House, che offre una vasta gamma di prodotti multimediali di alta qualità (premium) e di contenuti attraverso canali mediatici diversi come tv, mobile, digitale, audio e stampa. Il focus è sullo sport, ma anche su musica, cultura e stili di vita. In realtà, fin dal suo ingresso sul mercato nel 1987, Red Bull ha costruito una vasta collezione di contenuti attraverso filmati e fotografie, fornendo spesso storie di alta qualità per i media partner. Il lancio della Media House ha formalizzato questa attività, che poi si è notevolmente espansa, tanto che oggi il gruppo può contare su una rete globale di corrispondenti in oltre 160 Paesi. Red Bull Media House comprende anche due unità specializzate: Servus Media e Terra Mater Factual Studios. Con una stazione televisiva e una rivista stampata, Servus è disponibile nelle regioni di lingua tedesca, e si concentra su temi come la tradizione, l’amore della vita e l’autenticità. Terra Mater Factual Studios, invece, produce lungometraggi cinematografici e documentari tv premium di generi come natura, scienza e storia. 060


STORIE DI EFFICIENZA |

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Cloud computing Il risparmio tra le nuvole Un’autentica parola magica che caratterizza l’informatica di questi tempi è quella del cloud computing: in estrema sintesi, diversamente dal software tradizionale che deve essere installato su un pc locale, nel cloud (“nuvola” in inglese) le applicazioni lavorano tramite internet. La ragione del successo di questa formula è prevalentemente economica: soprattutto per aziende di piccole dimensioni, può rivelarsi difficile mantenere un completo e aggiornato apparato informatico. Generalmente, infatti, le applicazioni per il cloud computing si pagano su base mensile per utente attivo, dunque non c’è necessità di sostenere in anticipo i costi per l’acquisto di hardware e software,

che poi spesso sono impiegati in maniera soltanto parziale. Senza contare che, dal momento che i dati aziendali vengono archiviati in data center di grandi dimensioni, non c’è più il rischio che il furto o lo smarrimento di un portatile possa comportare rischi per la sicurezza aziendale. Inoltre, in tempi di mobilità, il cloud assicura agli utenti di poter accedere a buona parte delle applicazioni attraverso smartphone o tablet. Il rovescio della medaglia è che la “nuvola” è strettamente collegata alla disponibilità di internet, ossia senza connessione, i programmi non funzionano oppure lavorano male quando quest’ultima è molto lenta o non affidabile, come purtroppo capita in parecchie aree d’Italia, specie quelle più rurali. Quel che non manca è sicuramente l’offerta: dai giganti dell’informatica alle società di telecomunicazione, tutti ormai propongono soluzioni fondate sul cloud.

Microsoft-Nokia

Insieme in uno smartphone All’inizio del decennio scorso, qualsiasi persona cui fosse stato chiesto quali fossero le due aziende principali dell’informatica e della telefonia, avrebbe dato una risposta praticamente univoca: Microsoft, allora regina assoluta dei sistemi operativi, e Nokia, padrona incontrastata della nascente telefonia mobile. Oggi, nel 2014, le cose non stanno più così: Apple ha rubato quote di mercato e business nell’informatica a Microsoft, mentre Google per ora sembra vincere nettamente la partita dei servizi internet. La stessa Nokia, dopo anni di egemonia, è ormai stata superata da un bel pezzo dall’avanzata degli iPhone e degli smartphone marchiati Android. Dopo un corteggiamento durato un biennio, lo scorso settembre le due aziende in difficoltà sono convolate a nozze, cercando di unire i rispettivi punti di forza e superare le debolezze: Microsoft ha infatti acquistato

i cellulari Nokia e il marchio Lumia per 5,44 miliardi di euro. Il gigante dell’informatica ha rilevato anche la licenza per i brevetti Nokia e l’uso dei servizi mappe della società finlandese. I vantaggi di questa operazione miliardaria sono stati spiegati da vari analisti: Microsoft ottiene così uno spazio importante in un settore ormai cruciale per la società digitale, quello della telefonia, come dimostrato proprio dai casi di successo di iPhone e Android. La diffusione degli smartphone Nokia, d’altra parte, potrebbe essere aiutata dalla forza della rete commerciale di Microsoft e dal sistema operativo Windows mobile. Basterà per tornare numeri uno? Ai posteri l’ardua sentenza. 061


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APPROFONDIMENTO

PAROLE PREZIOSE articolo di Andrea De Benedetti Saggista e linguista progetto fotografico di White

Applicare il concetto di efficienza a una lingua può condurre a diversi equivoci; si può infatti rischiare di confondere l’efficienza con la semplicità, o dimenticare che la lingua è solo lo strumento della comunicazione e che pertanto è efficiente nella misura in cui chi la usa lo fa in maniera efficiente. Dal latino classico all’era di Twitter, una riflessione su cosa chiediamo oggi alla lingua.


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Sosteneva Carl Gustav Jung che i sogni hanno la bizzarra virtù di farci parlare una lingua più efficiente di quella che usiamo nella vita reale, una lingua capace di illuminare fugacemente il nostro subconscio e di restituirgli quel senso che a occhi aperti e cervello acceso quasi sempre ci sfugge. Abituato com’era a torrenziali e impegnative sessioni di psicanalisi coi pazienti, con l’espressione lingua efficiente Jung non si riferiva certo a quel codice telegrafico e ultrasemplificato che abbiamo in mente noi contemporanei e che tendiamo sbrigativamente a identificare con il Twitter-style, ma a una lingua capace di aderire perfettamente al pensiero e di proiettarlo nella maniera più esatta e trasparente possibile sullo schermo della nostra coscienza. In questo senso, pur partendo da una prospettiva lontanissima dalla linguistica, l’illustre psichiatra e antropologo svizzero aveva centrato perfettamente il cuore della questione, subordinando il concetto di “efficienza” a quello di “senso” e individuando nel nitore essenziale del linguaggio poetico la forma più compiuta di tale virtù.

La nostra maggiore preoccupazione sembra essere quella di risparmiare la fatica di spiegare e capire le cose, perché richiedono tempo, e quello che chiediamo al tempo, oggi, è appagamento istantaneo Quello che voleva dire Jung (o forse non voleva dirlo, ma ne discende come inevitabile corollario) è che una lingua priva di senso – inteso come “significato” ma anche come “direzione” – non potrà mai essere efficiente, così come non potrà mai essere efficiente un’automobile ultratecnologica in un mondo privo di strade su cui farla circolare. Questo per sgomberare subito il campo da un possibile equivoco, che è quello di confondere 064


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l’efficienza con la semplicità. Una formula matematica, nella sua mirabile sintesi, è certamente efficiente, ma può essere tutt’altro che semplice. Al contrario un commento in 140 caratteri su Twitter dev’essere semplice per forza, ma se nessuno lo capisce o sente il bisogno di “ritwittarlo” significa che la lingua usata non era poi così efficiente oppure che il messaggio – il “senso” – non rivestiva alcun interesse. L’altro equivoco da evitare è quello di puntare lo sguardo sugli strumenti – la lingua, appunto – anziché sui fini. Ebbene, quale dovrebbe essere il fine di una lingua efficiente? Risparmiare tempo? Risparmiare spazio? Risparmiare energie? Risparmiare denaro? Per dire cosa? Per ottenere cosa? Viene in mente la vecchia barzelletta del genovese rimasto vedovo che chiama il giornale per pubblicare un succinto necrologio della moglie («Morta Vincenzina») e quando scopre che fino a cinque parole la tariffa rimane invariata, chiede di aggiungere in coda: «Vendo Panda usata». Ecco, l’impressione che si ha quando i guru della comunicazione e del marketing lanciano le loro crociate per una lingua “efficiente” e citano l’inglese come sommo esempio in materia è che non abbiano la più pallida idea di come funziona una lingua e che anche loro, sotto sotto, vogliano venderci una Panda usata. Le lingue, di per sé, sono tutte efficienti, nella misura in cui rispondono ai bisogni comunicativi delle società e delle epoche storiche che le hanno prodotte. Se per “efficiente” si intende “sintetica”, dovremmo dedurre che il latino classico, con il suo articolato sistema di casi e declinazioni che rendeva in parte o del tutto superflui preposizioni e articoli, fosse più efficiente del volgare, al quale occorrevano molte più parole per esprimere lo stesso concetto. Non parliamo poi dell’inglese, che tra phrasal verbs e forme verbali perifrastiche (“I had been loving” = quattro parole; “amaveram” = una parola) può essere considerata una delle lingue più prolisse del mondo. Ma se il latino ha finito per soccombere al volgare (a proposito: se fosse esistito il participio passato di soccombere in questa frase avremmo risparmiato due parole) e l’italiano sta cedendo sovranità 065


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all’inglese su aree lessicali sempre più ampie, significa che l’evoluzione linguistica non va nella direzione di una maggiore efficienza oppure, più probabilmente, che anche la correlazione tra efficienza e sinteticità è piuttosto debole. Ma l’equivoco più grosso sta nel considerare sinteticità ed efficienza come attributi intrinseci a una lingua anziché come virtù performative di parlanti e scriventi. Da qualche anno, sulla prima rete della tivù pubblica spagnola, va in onda un talk show intitolato 59 segundos, in cui gli invitati – per lo più politici e giornalisti – hanno 59 secondi di tempo per completare il proprio intervento, al termine dei quali il microfono che hanno davanti si spegne finendo inghiottito dal tavolo. L’esperimento è certamente interessante e ha l’indubbio pregio di costringere i professionisti della chiacchiera ad andare subito al sodo ma anche il difetto di liquidare in partenza qualunque ipotesi di approfondimento. Qualcosa di simile accade nel reality letterario Masterpiece (in questo caso il format è italiano), dove i concorrenti hanno anch’essi 59 secondi di tempo per riassumere il loro romanzo all’ospite di turno mentre salgono in cima alla Mole Antonelliana con l’ascensore. In entrambi i casi, i protagonisti sono chiamati a esibire tutte le doti di concisione e incisività di cui sono capaci, che non necessariamente fanno di loro dei buoni politici o dei buoni scrittori, ma che nella civiltà della comunicazione molecolare, della narrazione emotiva della realtà, del marketing insinuante e delle soglie d’attenzione sempre più fragili sono considerate armi vincenti. La nostra non è solo l’era degli sms, delle chat e di Twitter, ma anche quella della politica-guerriglia combattuta a colpi di slogan, delle mail sempre più brevi perché oltre le cinque righe nessuno le legge, dei tempi “stretti”, “impiccati” o comunque “da rispettare”, dei direttori di giornale che per le edizioni web raccomandano di scrivere pezzi non più lunghi di 3000 battute, del linguaggio modulare fatto di elementi prefabbricati come quelli delle cucine componibili (brutta tegola, iniezione 066


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di fiducia, banco di prova, punta dell’iceberg, e via banalizzando), dei titoli e delle quarte di copertina che “creano” il bestseller quasi più del contenuto, della battuta fulminante e della citazione d’autore “profonda” (ovviamente di seconda mano) come forme testuali più praticate e consumate. Un’era, in generale, in cui la nostra maggiore preoccupazione sembra essere quella di risparmiare a noi stessi e al prossimo la fatica di spiegare e capire le cose, perché spiegare e capire sono cose che richiedono tempo, e quello che chiediamo al tempo, oggi, non è prospettiva e neppure stratificazione, bensì appagamento istantaneo. Ed è curioso come questo appagamento possa prendere le forme, sui social network, dello sbrodolamento autocompiaciuto, del commento postato per inerzia, del trionfo solitario dell’io, che sono l’assoluta negazione tanto dell’efficienza quanto del buon uso del tempo. Scrive Stefano Bartezzaghi, nel suo ultimo libro Anche meno, che oggi «il barocco è lo stile dominante, nell’interminabile galleria in cui ogni giorno si rinnova l’esposizione della lingua, il Louvre della chiacchiera». Predicare efficienza e praticare futilità: la comunicazione, oggi, sta tutta in questo slogan. Che non sarà un granché, ma è certamente il modo più efficiente per dirlo.

L’equivoco da evitare è quello di puntare lo sguardo sugli strumenti anziché sui fini. Quale dovrebbe essere il fine di una lingua efficiente? Risparmiare tempo? Risparmiare spazio? Risparmiare energie? Risparmiare denaro? Per dire cosa? 067


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FOCUS

METTERE ORDINE AL CAOS CREATIVO articolo di Riccardo Duranti Scrittore e traduttore

«Presto dentro, presto fuori. Niente indugi. Avanti», affermava Raymond Carver, ne “Il mestiere di scrivere”. Famoso anche per i suoi consigli sulla scrittura onesta, senza trucchi, Carver si applicava con rigore al caos che l’ispirazione creativa sapeva creare, e vi rimetteva ordine.

Sin dall’inizio della sua carriera di scrittore, Raymond Carver ha dovuto fare i conti con la massiccia entropia che avrebbe potuto mandare sprecati il suo talento e la sua caparbia vocazione di narratore. La stessa scelta del racconto, del saggio breve e della poesia come misure di espressione è dovuta all’esigenza di conciliare l’energia creativa che gli premeva dentro con il complicato contesto esistenziale che lo circondava e a sua volta esercitava una schiacciante pressione su di lui. Gli “inesorabili influssi” di cui parla nel suo saggio Fuochi. Ben presto, le circostanze gli imposero di fondere le pressioni da cui era schiacciato fino a incorporale nella materia stessa della sua scrittura, raggiungendo nella sua produzione un portentoso equilibrio omeostatico tra forma e sostanza. L’unico antidoto al disagio della vita era elevarlo a tema dell’opera e indagarlo sin nelle sue pieghe più riposte. Carver scopre il paradosso che per uscire dal caos bisogna entrarci, farci i conti, descriverlo e incanalarlo, imponendogli l’ordine del racconto condiviso. L’efficienza di questa soluzione è davanti gli occhi di tutti, anche perché il giovane scrittore capì ben presto che l’operazione sarebbe riuscita meglio se vi avesse applicato il rigore e la precisione richiesti, senza sbrodolamenti e sfocature:

«Il compito dello scrittore di racconti è di investire quel qualcosa appena intravisto con tutto ciò che è in suo potere, egli deve metterci tutta l’intelligenza e tutta l’abilità letteraria che possiede (il suo talento, insomma), tutto il suo senso delle proporzioni e della forma: dell’essenza reale delle cose esterne e del modo in cui lui – e nessun altro – le vede. E tutto questo si ottiene attraverso l’uso di un linguaggio chiaro e preciso, un linguaggio usato in modo da infondere vita e dettagli che illuminino il racconto al lettore. Perché i dettagli siano concreti e carichi di significato, è essenziale che il linguaggio sia dato in maniera quanto mai accurata e precisa, le parole possono essere precise anche al punto da apparire piatte, l’importante è che siano cariche di significato; se usate bene, possono toccare tutte le note». Su queste basi Carver fonda il suo inconfondibile stile. Storie ordite in una o due frenetiche sessioni, sul tavolo di cucina o in macchina, nelle pause strappate agli impegni famigliari e di lavoro, e poi innumerevoli stesure e rielaborazioni: apportando sempre nuove modifiche, pentimenti e tagli alla ricerca del modo più efficace e “aerodinamico” di trasmettere le emozioni dei suoi personaggi ai lettori. Uno stile consolidato e consapevole, come dimostra la sua reazione ai tagli apportati

dal suo editor Gordon Lish al suo secondo libro, Di cosa parliamo quando parliamo d’amore. A prima vista, questi interventi sembrano spingere fino alle estreme conseguenze l’efficienza dello stile carveriano. A un esame più attento, e alla luce dell’edizione di Principianti, la versione originale degli stessi racconti, si scopre che in realtà essi appaiono dettati dall’applicazione di un’agenda minimalista di Lish che ne intaccava appunto la sostanza, sbilanciando l’equazione fino al tentativo di “purificarli” da qualsiasi sentimento umano, visto come nocivo del programma di alienazione totale cui Lish ambiva (e che perseguiva nella sua insopportabile scrittura personale). Il fatto che alcuni degli interventi di Lish siano talmente abili e introducano migliorie tanto evidenti da lasciar trasparire una sua indiscutibile abilità di massimizzare l’efficienza della scrittura carveriana fa tanto più rabbia a fronte di altre più goffe e arbitrarie amputazioni del tessuto emotivo dei personaggi e delle situazioni, come potrà verificare chiunque si prenda la briga di confrontare le due versioni dei racconti). Per fortuna, Carver riuscì in seguito a ripristinare i suoi racconti e a riproporli ai suoi lettori, anche se la morte prematura gli ha impedito di sviluppare fino in fondo la sua ricerca di massima efficienza della scrittura.

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TUTTI PER UNO: LA FORZA NELL’INTELLIGENZA COLLETTIVA articolo di Luca De Biase Giornalista e co-fondatore di ItaliaStartup progetto fotografico di White

Diffusa, coordinata, attiva: è l’intelligenza collettiva, emergente dalle persone e dalle macchine, resa più presente e potente dalla rete. Ma il pensiero collettivo può essere orientato in modo da risultare più efficace di quello del singolo? Una riflessione sull’opportunità di affrontare problemi globali con una mente globale. Pierre Lévy cura una raccolta di articoli che gli interessano con Scoop.it. Le sue segnalazioni finiscono anche su Twitter, i suoi follower le vedono e, se vogliono, le rilanciano ai loro lettori. Proprio mentre viene preparato questo articolo, Lévy segnala il pezzo di Frédéric Filloux intitolato Surviving 2014 che spiega come l’industria editoriale conoscerà ancora difficoltà quest’anno e dovrà continuare sulla strada dell’efficienza per sopravvivere. Leggendo questo genere di articoli, alcuni o molti operatori dell’editoria trovano ispirazione, feedback, incoraggiamento o sfida intellettuale; poi si confrontano con la loro realtà, propongono i loro punti di vista, prendono decisioni; nell’insieme emerge un comportamento in qualche modo coordinato, anche senza che esista un vero e proprio centro gerarchico che ordina a tutti ciò che devono fare. L’incontro continuo di cervelli individuali genera una sorta di pensiero collettivo. È solo uno dei momenti di un intenso lavorio cerebrale, culturale, vitale condotto dall’intelligenza degli esseri umani. E Pierre Lévy è 070

proprio il filosofo che ha introdotto il concetto di intelligenza collettiva nel dibattito sull’interpretazione dei media digitali con il suo libro visionario del 1994: L’intelligence collective: Pour une anthropologie du cyberspace. Dice Lévy: «È un’intelligenza distribuita ovunque, valorizzata incessantemente, coordinata in tempo reale, che arriva a una mobilitazione efficace delle competenze». Henry Jenkins, grande studioso dei media, ha ripreso l’idea quando se n’è vista, dodici anni dopo, la possibile corrispondenza con il mondo delle conoscenze emergenti dal cosiddetto web 2.0. E Thomas Malone, fondatore del Center for Collective Intelligence al MIT, osserva che la scala dell’intelligenza collettiva resa possibile dalla rete supera ogni dubbio sulla rilevanza di questa dimensione del pensiero e impone all’attenzione una questione decisiva: «Come si possono connettere persone e computer in modo che – collettivamente – agiscano in modo più intelligente di quanto sia mai riuscito in precedenza a qualunque persona, gruppo o computer?». In effetti, come immaginava Steve Jobs fin dal 1980, i computer, divenuti


smartphone, sembrano essere una sorta di protesi del cervello che ne aumenta l’efficienza in termini di memorizzazione, elaborazione e connessione. Anche se resta in discussione l’efficacia, della quale parlava Lévy. E di fronte all’esplosione delle possibili collaborazioni tra gli individui, collegati in ogni istante della giornata tra loro e con i server che si trovano in rete, la dimensione collettiva dell’intelligenza sfida i ricercatori ad approfondire l’indagine. Le metafore si moltiplicano: alcune sono neonate, come “cervello globale”, altre sono tradizionali, come “anima del mondo”. Ma la domanda di fondo è sempre più stringente: se il pensiero collettivo emergente dall’insieme di persone e macchine è una dimensione dell’intelligenza, si può disegnare in modo da migliorare l’efficienza delle scelte umane più di quanto possano le gerarchie o le azioni individuali e può essere reso a sua volta più efficace? In realtà, la domanda citata, troppo importante per trovare risposta in un breve articolo, serve essenzialmente a indicare la direzione presa dalla ricerca in materia. Esiste una vastissima letteratura sulle forme di

coordinamento dei singoli attraverso strutture collettive nell’ambito di alcune specializzazioni come la ricerca scientifica, il diritto, o la finanza. Ma la frontiera della ricerca sull’intelligenza collettiva sembra essere là dove si indaga sulle forme, il design, le strutture dei mezzi attraverso i quali le persone pensano insieme in relazione ai risultati della loro collaborazione. Certo, a leggere le cronache sulle dinamiche di branco che portano alle violenze più assurde, sia offline sia online, c’è da dubitare del termine “intelligenza” per alcuni fenomeni “collettivi”. Inutile fare un elenco qui, le cronache nere e quelle politiche sono piene di sfide alla vergogna. Del resto, non si può negare che alcune realizzazioni dell’“intelligenza collettiva” in rete siano straordinariamente costruttive: il caso di Wikipedia, a questo proposito, è il più citato e, pur conservando un approccio critico, difficilmente se ne può sottovalutare l’importanza. Nella maggior parte dei casi, in fondo, la questione è ambigua. La finanza internazionale, per esempio, è un caso di intelligenza collettiva nel quale 071


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La finanza internazionale è un caso di intelligenza collettiva nel quale una vasta quantità di scelte individuali produce a livello globale conseguenze che si possono interpretare come estremamente positive o profondamente negative 072

una vasta quantità di scelte individuali supportate da sofisticatissimi strumenti digitali che nell’insieme generano l’emergere di un coordinamento apparentemente coordinato, produce a livello globale conseguenze che si possono interpretare come estremamente positive o profondamente negative a seconda delle circostanze. Lo stesso mercato dei beni reali, visto da Matt Ridley, autore dell’Ottimista razionale, come una piattaforma abilitante per la divisione del lavoro e dunque per il progresso e la prosperità, in piena sintonia con la tradizione di Bernard de Mandeville e Adam Smith, è a sua volta considerato un problema quando diventa un meccanismo per la mercificazione di tutto, come osserva il filosofo Michael Sandel. E, in ogni caso, non sembra la piattaforma giusta per favorire un comportamento più rispettoso dei beni comuni e per salvaguardare l’equilibrio ambientale. Alcuni dei più grandi problemi dell’umanità, come l’efficienza nello sfruttamento delle risorse limitate del pianeta o l’aumento delle distanze tra ricchi e poveri sul pianeta o l’equo accesso alla conoscenza da parte di tutti, non sembrano risolvibili solo sulla base di logiche specializzate come quella della finanza o del mercato o, per altri versi, del diritto e delle politiche statali. La sfida è proprio quella di vedere se gli esseri umani dotati di strumenti per migliorare la qualità della loro capacità di “pensare insieme” possono affrontare questi problemi in modo più efficiente ed efficace. Il tentativo di uscire dall’impasse che gli studiosi stanno conducendo riflettendo sull’intelligenza collettiva non parte in effetti dal punto di vista delle singole piattaforme specializzate ma dalle conseguenze del design delle piattaforme in generale. La pervasività della logica internettiana in effetti si dimostra un tema interdisciplinare che arricchisce l’architettura della relazione tra gli umani e con l’ambiente in ogni loro tipo di attività. Robert Kraut, che studia l’interazione tra uomini e macchine alla Carnegie Mellon, cerca di trovare la relazione tra la forma progettuale delle piattaforme e il comportamento delle comunità che le usano. Osserva che molte precondizioni di una comunità che pensa bene insieme sono simili, online e offline: design, reclutamento, socializzazione, impegno, condivisione, regolamentazione del comportamento, coordinamento del lavoro. E aggiunge che, casomai, su internet occorre tenere conto del fatto che si possono mettere insieme più facilmente delle comunità di grandi dimensioni ma sapendo che l’anonimato, i legami deboli, il veloce ricambio dei partecipanti e la mancanza di contesti istituzionali formali rendono più difficile ma potenzialmente più efficiente la costruzione di gruppi di persone che “pensano insieme”. Non c’è dubbio, peraltro, che


TUTTI PER UNO: LA FORZA NELL’INTELLIGENZA COLLETTIVA |

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in un esperimento famoso, a Garden Grove, in California, l’installazione dei segnalatori di velocità è servita ad abbattere del 14% la velocità media delle automobili vicino alle scuole. In generale, nei tratti di strada dove questi apparecchi sono stati installati, gli automobilisti riducono la velocità del 10%. Il feedback loop funziona offline e online. E del resto l’architettura dell’ambiente e quella della rete si stanno fondendo. Con la diffusione di sensori di ogni genere nell’ecosistema, con la loro connessione ai centri di calcolo e la facile interazione con i singoli individui, il rapporto tra le persone e l’ambiente si arricchisce di nuove possibilità di coordinamento. Così, l’intelligenza collettiva tende a esplicarsi nella quotidianità in modo sempre più preciso. E il design delle piattaforme che facilitano e influenzano le interazioni tra le persone diventa parte integrante di ogni progetto di efficienza e intelligente rapporto con l’ambiente. Siamo all’inizio di una nuova consapevolezza. Un po’ com’è avvenuto per la sensibilità ambientale, le società sono destinate a maturare una sensibilità per l’ecologia dei media: l’attenzione alla dimensione dell’intelligenza collettiva ha conseguenze sui comportamenti nei confronti dell’ambiente e della società. Un pianeta presto abitato da nove miliardi di persone, del resto, non potrà permettersi nulla di meno. la qualità dell’intelligenza collettiva emergente dalle diverse piattaforme è diversa a seconda del loro design: lo dimostra, ovviamente, l’enorme differenza di comportamento emergente su piattaforme progettate in modo tanto differente come Facebook o come Wikipedia. Basta osservare le differenze nei segnali che generano i feedback con i quali i singoli si confrontano ogni minuto sulle due piattaforme: il “like” di Facebook, tanto immediato e personalistico, si confronta con il più sottile sistema degli “edit” e delle correzioni collettive su Wikipedia, nel quadro di due condizioni identitarie quasi opposte come quella delle “tribù” di amici di Facebook contro il progetto culturale del nuovo enciclopedismo di Wikipedia. La differenza tra offline e online, peraltro, si va assottigliando, come dimostrano gli studiosi del cosiddetto “feedback loop”, uno dei meccanismi più importanti per il design delle piattaforme. Un esempio molto studiato è quello dei segnali stradali che, intercettando la velocità delle automobili con i radar, avvertono i guidatori che stanno superando i limiti: non aggiungono alcuna informazione che gli automobilisti non sappiano già, ma in qualche modo socializzano l’informazione sulla velocità tenuta dai conducenti e danno feedback estremamente efficaci per indurli a coordinarsi sul comportamento previsto: 073


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BARATTARE LA VECCHIA ECONOMIA PER UNA NUOVA articolo di Lauren Anderson Chief Knowledge Officer di Collaborative Lab progetto fotografico di White

Condividere mezzi, oggetti, conoscenze, tempo ed esperienze. È la collaborative consumption, un’idea di economia a misura d’uomo che si avvale del supporto della tecnologia per raggiungere i suoi protagonisti. Il ritorno di pratiche come lo scambio, il baratto, la condivisione, che prendono vita nuova attraverso nuove vie, diventando un’opportunità utile, redditizia, pratica, sociale. Viviamo in un’era smart, un’era in cui i dispositivi possono rintracciare e misurare ogni nostro movimento, monitorare la propria efficienza energetica, ordinare cibo da un frigorifero vuoto e tenerci connessi 24 ore su 24, sette giorni la settimana. Ma pur avendo a disposizione dati che indicano quanto e quando utilizziamo determinati oggetti, le nostre vite continuano a essere tutt’altro che efficienti. E non c’è bisogno di citare gli innumerevoli beni in nostro possesso che non sono dotati di alcun tipo di intelligenza – dagli attrezzi nella nostra rimessa ai vestiti che abbiamo addosso – che restano fermi per gran parte della loro vita, o di cui ci si sbarazza ben prima che si siano consumati. E allora come possiamo sfruttare le po074


tenti tecnologie che abbiamo a portata di mano per ottimizzare i nostri stili di vita, aiutandoci allo stesso tempo a fare delle scelte più economiche e rispettose dell’ambiente, e magari a trovare anche qualche nuovo amico lungo la strada? Una potenziale soluzione la propone un movimento socioeconomico in crescita in tutto il mondo, che ci aiuta a definire non soltanto cosa, ma anche come consumiamo. Questo cambiamento si chiama collaborative consumption (consumo collaborativo), definito nel libro della mia collega Rachel Botsman What’s Mine Is Yours, come la reinvenzione di antichi comportamenti di mercato come il baratto, lo scambio, il noleggio o la condivisione, attraverso le nuove tecnologie sociali, mobili e localizzate, che ci permettono di scambiare oggetti gli uni con gli altri in proporzioni e modi che prima non erano mai stati possibili. Mentre gli esseri umani hanno utilizzato lo scambio di beni in modo informale per migliaia di anni, questa azione ha assunto un nuovo significato tecnologico fin dai primi giorni di eBay e Freecycle, dal momento che abbiamo imparato a fidarci gli uni degli altri nelle transazioni online, avanzando velocemente fino all’era Facebook. E ci sono migliaia di nuove start-up che si stanno lanciando in tutto il mondo per aiutarci a prestare, scambiare, passare ad altri o noleggiare qualunque cosa, e a portare un nuovo tipo di efficienza nelle nostre vite. Ma cosa significa tutto questo nella vita quotidiana? Dall’automobile efficiente a un modello efficiente di proprietà Le automobili hanno sempre fatto parte della società moderna in cui, per molti giovani adulti, l’acquisto di un’auto rappresenta un vero e proprio rito di passaggio. Eppure nonostante possederla e mantenerla costi più di 5000 euro l’anno, un’auto mediamente resta ferma fino a 23 ore al giorno in un parcheggio, un vialetto d’accesso o addirittura per la strada: non è un uso molto efficiente di uno dei beni più costosi che ci siano! Senza considerare il fatto che le strade sono congestionate, l’aria è inquinata e i nostri stili di vita malsani. I servizi di carsharing come Zipcar o Initiativa Car Sharing (ICS), il sistema nazionale di carsharing italiano, puntano ad affrontare queste sfide fornendo un parco di automobili in condivisione, parcheggiate in vari punti dell’area cittadina; i membri del servizio possono prenotare le auto a ore e riconsegnarle quando non ne hanno più bisogno. 075


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Le stime dicono che ogni veicolo in carsharing toglie dalla strada 10-15 veicoli privati. Anche se è ancora più interessante il fatto che i membri del carsharing guidino curiosamente meno, dato che riflettono bene sull’effettiva necessità di spostarsi in auto prima di prenotarla. Tutto questo porta ad avere meno auto sulla strada, automobilisti più “sani” e, punto più importante, attraverso la condivisione le auto vengono utilizzate al massimo. Aggiungere valore al tuo guardaroba Nonostante la possibilità di avere accesso a un’automobile piuttosto che possederne una massimizzi l’utilizzo di quel veicolo, di certo non è l’unico modo di ottimizzare la nostra vita quotidiana. Sono molti gli ambiti in cui le nostre risorse non vengono sfruttate al massimo, per esempio i nostri guardaroba. Spesso si dice che la donna media indossa il 20% dei propri vestiti per circa l’80% delle volte, il che significa che la gran parte dei vestiti nel suo guardaroba resta non indossata e indesiderata. Eppure, allo stesso tempo, l’esigenza di mantenersi al passo con la moda rende rapidamente obsoleti accessori, borsette e gli abiti per le occasioni speciali, anche se li abbiamo indossati soltanto due o tre volte in tutto. Il mondo del consumo collaborativo offre una serie di spunti interessanti per aggiungere valore al guardaroba, a favore di tutta la famiglia. Per fare un esempio, gli eventi dedicati allo scambio di vestiti stanno diventando molto popolari in tutto il mondo, offrendo la possibilità alle persone di ripulire i propri armadi dai capi poco consumati ma non più desiderati in cambio di qualcosa che potrebbe piacere di più. In questo modo, il ciclo di vita degli abiti in buone condizioni è stato allungato, mentre i guardaroba ricevono un’eccitante iniezione di (quasi) nuova vita, che fa sentire bene come fare un buon affare durante i saldi. Per gli accessori che hanno vita limitata o abiti per eventi unici e straordinari ci sono diverse piattaforme di noleggio come Rent The Runway e Bag Borrow o Steal che permettono alle donne di noleggiare oggetti desiderati e griffati per un breve periodo di tempo, prima di scambiarli per qualcos’altro, aiutandole a tenere sotto controllo il budget per la moda. All’altro capo dello spettro dei vestiti troviamo i bambini: loro crescono velocemente ma non tanto quanto i loro vestiti, che spesso restano quasi nuovi. Per ovviare a questo e aiutare i genitori che si sforzano di tenere il passo, si stanno dif076


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fondendo servizi di ridistribuzione che permettono un upcycling dei vestiti per bambini. Da thredUP, un grande magazzino online di articoli per bambini, a Bertie & Bean nel Regno Unito, dove i genitori possono scambiarsi borse di vestiti per bambini divisi per taglia e genere, le opzioni per allungare il ciclo di vita degli indumenti per bambini poco utilizzati stanno aumentando rapidamente in tutto il mondo. Quanto sono efficienti il tuo tempo libero, lo spazio o le tue capacità? Al di là della mera massimizzazione dell’utilità degli oggetti materiali nelle nostre vite, le aziende per il consumo collaborativo stanno facendo riemergere la possibilità di sfruttare i beni meno tangibili. Da Skilio, che permette a persone con capacità particolari di tenere lezioni in modalità webcast a studenti di tutto il mondo, a Airbnb, un portale globale che mette in comunicazione viaggiatori in cerca di alloggio con persone che offrono in affitto i propri spazi liberi, a Sooqini o Taskrabbit, che agevolano le persone ad affidare lavori occasionali a una task force esterna pronta a sbrigare le relative faccende. Queste piattaforme ci stanno aiutando a rendere le nostre vite più efficienti e a utilizzare abilmente il nostro tempo libero e le capacità di tante altre persone. In tempi di difficoltà economiche, questi servizi costituiscono un’importante ancora di salvezza per le persone che si sono trovate senza lavoro, o con un reddito settimanale inferiore al necessario. Oltre a offrire la possibilità di sfruttare al massimo i beni che già si hanno, servizi come Airbnb, Skilio e Taskrabbit stanno anche creando forti legami comunitari, mettendo in relazione persone che hanno interessi o esperienze da condividere: un valore che difficilmente si può esprimere in denaro.

Mentre gli esseri umani hanno utilizzato lo scambio di beni in modo informale per migliaia di anni, questa azione ha assunto un nuovo significato tecnologico fin dai primi giorni di eBay e Freecycle

Un futuro efficiente è un futuro condiviso Che si tratti di dare agli oggetti indesiderati una nuova destinazione, condividere l’accesso a beni costosi o raramente utilizzati per massimizzarne l’utilità, o riscoprire capacità o spazi sottovalutati per metterli a disposizione degli altri, il consumo collaborativo sta entrando in tutti gli aspetti della nostra vita migliorando gradualmente l’efficienza dei nostri beni e averi. Possiamo osservare esempi di opportunità concrete che stanno prendendo piede in tutto il mondo, ma possiamo credere che più avanti saranno ancora maggiori. A questo punto, cosa sei disposto a condividere? 077


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APPROFONDIMENTO

A SCUOLA DI EFFICIENZA articolo di Roberto Rizzo Giornalista scientifico e saggista

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Che siano le abitudini quotidiane a fare la differenza spesso sono i più piccoli a insegnarcelo. Questo grazie alle molte scuole che organizzano iniziative per ricordare agli studenti che il riutilizzo, il risparmio, il riciclo e il diverso uso sono solo alcune delle pratiche che possono rendere la nostra esistenza sul pianeta più lieve. I più giovani imparano l’efficienza per poi raccontarla. Sappiamo quante difficoltà insegnanti, studenti e dirigenti scolastici debbano affrontare nelle loro attività quotidiane; tuttavia, sono tante le iniziative che vengono promosse nelle scuole italiane e che vedono i ragazzi impegnati attivamente nella difesa dell’ambiente. Di seguito, alcune particolarmente significative ed emblematiche in settori ambientali diversi. EFFICIENZA Misurare i consumi energetici della scuola, analizzare i dati per vedere dove si annidano gli sprechi e mettere in atto interventi di efficienza energetica. Sono gli obiettivi di “Applus-énergie” (www.applus-energie.org), un sistema di monitoraggio dei consumi elettrici in tempo reale finanziato grazie a un bando europeo transfrontaliero che ha coinvolto la Regione Valle d’Aosta, il Piemonte e la Regione francese di RhôneAlpes. Il progetto, che vede coinvolti anche il Politecnico di Torino, l’Università di Annecy (Francia), Bosch Energy and Building Solutions e la PMI torinese Proxima-centauri, è operativo dallo scorso agosto all’Istituto Tecnico di Verrès (Aosta) e ha già permesso di evidenziare alcune anomalie. Tanto per fare un esempio,

nelle aule di informatica il consumo è elevato anche di notte o quando la scuola è chiusa, perché spesso i computer vengono lasciati accesi o in stand-by. Gli studenti hanno così elaborato un sistema elettronico e informatico automatico di spegnimento dei computer. Un altro dato è che l’edificio consuma indipendentemente dalla presenza degli allievi: la domenica, il consumo è molto maggiore di quanto ci si potrebbe aspettare, circa la metà rispetto agli altri giorni. Tutti gli studenti sono stati coinvolti secondo livelli diversi e alcune classi hanno partecipato più direttamente, portando proposte di modifica, controllando che il sistema rilevasse in modo corretto i consumi introducendo modifiche e miglioramenti. MOBILITÀ In base ai dati di Legambiente, l’86% delle famiglie italiane abita a meno di un quarto d’ora a piedi da asili e scuole elementari, medie e superiori. Ma questo non vuol dire che il breve tragitto non incida sul traffico cittadino e sulla qualità dell’aria. Sarebbero, infatti, almeno dieci milioni gli italiani che scelgono ogni giorno di effettuare in auto il tragitto casa-scuola. Legambiente, 079


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Euromobility, Fiab e il movimento #salvaiciclisti hanno così deciso di promuovere la campagna “Mobilità di classe”, con l’obiettivo di trasformare alcuni studenti in mobility manager, per far crescere tra i giovani una nuova cultura del modo di muoversi nelle aree urbane. Il progetto ha coinvolto otto istituti superiori di altrettante città italiane, scelti per rappresentare tutte le tipologie di percorso nelle diverse aree geografiche del Paese. In tutto sono stati analizzati gli spostamenti casa-scuola di 5516 studenti: il tempo medio impiegato per andare da casa a scuola è risultato essere 25 minuti. Gli studenti di Roma sono in assoluto i più veloci (11 minuti, grazie alla scelta della scuola di quartiere), mentre sono i torinesi a impiegare più tempo (33 minuti). Gli studenti hanno analizzato i dati raccolti per progettare degli itinerari casa-scuola il più possibile sostenibili e sicuri, e che quindi contemplino il trasporto pubblico, gli itinerari pedonali e ciclabili integrati con veicoli sostenibili, l’attivazione di servizi di car pooling o di bike sharing. RIFIUTI Diverse migliaia di studenti ogni anno partecipano alla campagna di Legambiente “Puliamo il Mondo”: nel 2013 sono stati ben 300.000 gli studenti che muniti di guanti e rastrelli sono scesi nelle vie e nelle piazze in cui vivono e studiano per ripulirli. Per diverse scuole, “Puliamo il Mondo” è un punto di partenza per poi promuovere attività e iniziative sul tema dei rifiuti lungo tutto l’anno scolastico. Ne è un esempio la scuola media Monteggia di Laveno (Varese) i cui studenti per prima cosa hanno redatto dei documenti sui rifiuti che avevano trovato nel corso dell’iniziativa di Legambiente. Hanno poi progettato e realizzato i cestini “personalizzati” per ogni classe per la raccolta differenziata dei rifiuti, con i relativi cartelli/memoria per evitare gli errori e, in collaborazione con il personale della scuola, sono state organizzate le pesate dei rifiuti e i grafici sui risultati. I materiali riciclati sono stati quindi riutilizzati: la carta da macero è servita per esempio per il presepe e gli addobbi natalizi, mentre vecchie scatole di medicinali sono diventate dei plastici di città, e durante i laboratori creativi di riuso organizzati dalla scuola sono stati costruiti giocattoli, modellini e strumenti musicali. In ogni classe sono stati nominati dei guardiani della luce e dei guardiani del cestino (a rotazione due alunni a settimana) per monitorare e sollecitare azioni corrette da parte dei compagni. La scuola inoltre aderisce da tre anni al progetto Green Schools di Agenda 21 Laghi. 080

L’86% delle famiglie italiane abita a meno di un quarto d’ora a piedi da asili e scuole. Ma questo non vuol dire che il breve tragitto non incida sul traffico cittadino


A SCUOLA DI EFFICIENZA |

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SOSTENIBILITÀ E CULTURA Dopo più di quarant’anni di chiusura, il Museo di Scienze naturali dell’istituto Galilei-Costa di Lecce lo scorso dicembre è stato di nuovo riaperto al pubblico grazie all’impegno di 22 studenti della classe seconda B. Il museo raccoglie una ricca collezione di minerali, flora e fauna del Salento e rari esemplari provenienti da ogni continente creata oltre un secolo fa dallo scienziato salentino Cosimo De Giorgi (1842-1922), che fu docente della scuola. I ragazzi della seconda B hanno deciso di organizzare le visite all’insegna del risparmio energetico; esse si svolgono infatti a luci spente e unicamente con candele e piccole torce elettriche: ciò consente di focalizzare l’attenzione sui più piccoli dettagli dei pezzi della collezione. L’istituto è a indirizzo economico ed è interessante il “progetto finanziario” scelto dai ragazzi: metà degli incassi serviranno per ripagare le spese per l’allestimento e l’altra metà per pubblicizzare le visite. La riapertura del museo rientra in un progetto più ampio della classe per il risparmio energetico e l’uso delle fonti rinnovabili. Nei prossimi mesi gli studenti hanno in programma di realizzare un’area espositiva/laboratorio sulle fonti pulite e nel febbraio 2013 hanno partecipato alla campagna nazionale “M’illumino di meno” realizzando la grande scritta “Lecce” con migliaia di fiaccole in Piazza Sant’Oronzo, nel pieno centro della città pugliese.

PLAYENERGY Dal 2003 Enel, con il progetto ludico-educativo gratuito PlayEnergy, diffonde una cultura energetica responsabile nelle scuole di molti Paesi del mondo. Approfondendo gli aspetti relativi a consumi, distribuzione e trasmissione, e produzione di energia elettrica, si compone un quadro globale con l’obiettivo di stimolare gli studenti a diventarne consumatori responsabili. I docenti possono richiedere il kit gratuito con i materiali didattici strutturati in lezioni sull’energia, approfondimenti sulle nuove tecnologie e su consumo e mercato dell’energia. Inoltre, il sito multilingua playenergy.enel.com permette di avere accesso a tutti i contenuti, ai giochi e agli esperimenti interattivi. A conclusione del percorso didattico, che prevede anche attività a diretto contatto col mondo Enel, gli studenti partecipano a un concorso internazionale proponendo applicazioni originali e usi efficienti dell’energia elettrica nella vita di tutti i giorni. Sul sito playenergy.enel.com l’elenco dei vincitori regionali e nazionali dell’ultima edizione del 2013.

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Ap

APPROFONDIMENTO

L’EQUILIBRIO DEL CAMBIAMENTO articolo di Donato Speroni Giornalista economico e scrittore

Le mutazioni continue cui è soggetta la nostra epoca, in cui nessun sistema è durevole, rendono difficile trovare l’equilibrio di maggiore efficienza, soprattutto in campo economico. Cos’è ottimo per tutti? Il progresso tecnologico? Non sempre ciò che apre spazi positivi in un Paese costituisce un’opportunità per altri, perché l’equilibrio non segue regole universali.

Forse nel Bhutan nessuno ha sentito parlare di Vilfredo Pareto, l’economista e sociologo italiano vissuto tra il 1843 e il 1923. Eppure, la procedura impiegata per valutare l’impatto dei nuovi progetti pubblici s’ispira al principio dell’efficienza paretiana. Il sistema, messo a punto dal Centre for Bhutan Studies, lo stesso che elabora gli indici di felicità che hanno reso famoso il piccolo Paese himalayano, funziona così: per ogni nuova iniziativa (un disegno di legge, un’opera pubblica o altro) un gruppo di saggi deve determinare se ci sarà un impatto positivo o negativo su tutti gli aspetti considerati importanti per la qualità della vita dei cittadini, dalla salute all’economia, dall’ambiente alla cultura popolare. Se il progresso in uno di questi campi avviene a danno di qualche altro aspetto del benessere, il progetto deve essere accantonato. È utile, quando si parla di efficienza nel mondo, partire da Pareto. L’“ottimo paretiano”, ovvero l’equilibrio di maggiore efficienza, si raggiunge quando qualsiasi cambiamento andrebbe a scapito di qualche altro aspetto significativo del sistema in esame. Ma che cos’è l’“ottimo” in un sistema globale in continuo cambiamento? In realtà i criteri di efficienza possono essere profondamente diversi secondo i contesti in cui si opera; difficilmente possono soddisfare tutti. È soprattutto in campo economico che il concetto di efficienza si fa più sfumato e apre un vaso di Pandora di discussioni. In un sistema socioeconomico è necessario tener conto di almeno tre fattori: la competitività, perché bisogna produrre al minor prezzo; la sostenibilità, perché quello che produciamo oggi non deve danneggiare il futuro del Paese; l’equità, perché le diseguaglianze oltre un certo limite

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L’innovazione tecnologica spinge a cercare continuamente equilibri più avanzati, talvolta a beneficio di tutti, talvolta a danno di una parte

creano situazioni socialmente insostenibili. Tutte le ricerche sulla “misura del progresso al di là del PIL”, tendono a conciliare questi tre aspetti. Applicata al mondo di oggi, l’efficienza paretiana dovrebbe significare per esempio che le nuove tecnologie possono essere applicate soltanto se non creano ulteriori diseguaglianze e non danneggiano l’ambiente. Per esempio, una tecnologia che riduce l’impiego di manodopera è efficiente laddove i posti di lavoro distrutti vengono rimpiazzati da altri impieghi: lo è molto meno, o non lo è per niente, dove i disoccupati finiscono ai margini della società. D’altra parte, interventi tendenti a far lavorare tutti aggravando i costi di produzione, cozzano con il principio di competitività. Trovare “l’ottimo paretiano” tra le diverse esigenze è sempre più difficile, anche perché il mondo non sta fermo: l’innovazione tecnologica spinge a cercare continuamente equilibri più avanzati, talvolta a beneficio di tutti (come è stato per esempio con la diffusione dei telefoni cellulari anche negli sperduti villaggi africani), talvolta a danno di una parte, come avviene in quegli stessi villaggi quando le grandi coltivazioni industrializzate mettono fuori mercato la produzione agricola locale,

costringendo le popolazioni a emigrare. L’efficienza nell’applicazione della tecnologia è dunque un nodo politico fondamentale e irrisolto. Tra i fautori dell’innovazione a oltranza, pronto persino a diventare un cyborg per rendere più efficiente il proprio corpo e prolungarne la durata, c’è Raymond Kurzweil, futurologo di fama mondiale, che ha fondato in California la Singularity University per studiare l’effetto combinato delle nuove tecnologie sul futuro dell’umanità. Gli studenti sono invitati a concentrarsi su progetti che abbiano un impatto positivo per almeno un miliardo di persone. La tendenza a pensare in grande ha portato ora il sessantacinquenne Kurzweil ad accettare l’incarico di capo della ricerca di Google, nella convinzione che solo grandissime società con enormi mezzi possono gestire il cambiamento in modo efficiente. Attenzione, però: lo stesso Kurzweil ammonisce che «lo sfruttamento delle nuove tecnologie si tradurrà in una gara tra chi vuole offrire una libertà quasi illimitata a un numero di persone senza precedenti e chi invece vuole recintare le innovazioni a vantaggio di imprese o di élite che hanno tutto da guadagnare dall’aumento del divario tecnologico».

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In

INTERVISTA

NUOVE STRATEGIE NAZIONALI Intervista a Sara Romano

Direttore generale del Ministero dello Sviluppo economico per il mercato elettrico, rinnovabili, efficienza energetica e nucleare di Barbara Corrao Giornalista progetto fotografico di White tramite Mappe Bing

L’efficienza energetica come motore di sviluppo e occupazione, come fattore irrinunciabile per contenere i costi della bolletta elettrica e ridurre le emissioni di CO2. Con questa sfida, su cui stanno puntando i riflettori imprese e famiglie, si è aperto il 2014 in Italia. Oxygen ne parla con il Direttore del Mise. «Molto è stato fatto per sostenere la competitività, ridurre la dipendenza dall’estero e abbattere l’inquinamento. Molto altro si può fare in settori importanti come le costruzioni, nell’industria e nei trasporti». Chi parla è Sara Romano, Direttore del Ministero dello Sviluppo economico per il mercato elettrico, le rinnovabili, l’efficienza energetica e il nucleare, che in questa intervista per Oxygen traccia un bilancio delle cose già fatte e dei passi ancora da compiere per sostenere al meglio la spinta che viene dal mercato. Senza dimenticare la mobilità elettrica, in vista dei nuovi obiettivi europei al 2030: «La promozione della mobilità sostenibile e la diffusione di veicoli elettrici e a basso livello di emissione – afferma – sarà certamente uno strumento rilevante nelle aree urbane». Partiamo dall’efficienza energetica: il 2014, anche grazie alla proroga degli incentivi decisa con la legge di stabilità, sarà l’anno di svolta? In Italia l’attenzione all’efficienza energetica è notevole. La strategia energetica nazionale la 084

mette al primo posto tra gli obiettivi da perseguire. La legge di stabilità 2014, poi, ha potenziato le detrazioni fiscali per gli interventi di efficienza energetica negli edifici, integrando questo strumento di successo con il conto termico (che copre interventi e soggetti ai quali è precluso l’accesso alle detrazioni) e con il meccanismo dei certificati bianchi, rivolto a progetti di più ampia dimensione. Agli incentivi si accompagna lo strumento, altrettanto efficace, della regolazione con cui vengono stabiliti i requisiti di prestazione energetica minima di sistemi e prodotti, definiti a livello nazionale ed europeo, per l’edilizia e per i prodotti commerciali. Nel corso del 2014 provvederemo a dare attuazione alla direttiva europea 27/2012 sull’efficienza energetica. Contiamo di delineare una strategia compiuta e articolata, con l’obiettivo di rendere finanziabili gli interventi di efficienza energetica non solo grazie agli incentivi, ma anche alla capacità di valutare ex ante i risultati, favorendo la crescita dimensionale e operativa delle imprese che fanno efficienza energetica.


Quanto stimate costerà il pacchetto di detrazioni fiscali al 65% quest’anno e al 50% nel 2015 e quali ritorni aspettate in termini di crescita economica, occupazione e di riduzione delle emissioni di CO2? Nel 2012, sull’intero pacchetto detrazioni fiscali, sono state presentate oltre 570.000 domande, delle quali circa 265.000 relative alla riqualificazione energetica degli edifici. Gli investimenti attivati dalle detrazioni sono stimati, per lo stesso 2012, in 14 miliardi, dei quali circa tre dovuti agli interventi di riqualificazione energetica, con un risparmio di energia stimato in oltre 1,2 miliardi di kWh: in termini di spesa, significa poco più di 150 milioni all’anno per dieci anni imputabili agli investimenti per l’efficienza, ovviamente da cumulare con le quote degli interventi oggetto di detrazione realizzati negli anni precedenti. A questo volume di investimenti corrispondono oltre 300.000 occupati, di cui circa 70.000 riconducibili alla riqualificazione energetica. Si tratta di numeri importanti, considerando che, nello stesso anno, il settore dell’edilizia tradizionale ha perso circa 200.000 occupati. Tuttavia, nel 2012 gli in-

Nel corso del 2014 provvederemo a delineare una strategia compiuta e articolata, con l’obiettivo di rendere finanziabili gli interventi di efficienza energetica non solo grazie agli incentivi, ma anche alla capacità di valutare ex ante i risultati 085


L’Italia vanta una radicata tradizione nel settore dell’efficienza energetica cui si aggiungono i comparti dell’illuminotecnica, dei motori elettrici, della domotica e delle tecnologie per le smart grid

vestimenti per gli interventi di riqualificazione energetica sono calati del 10% rispetto al 2011. Pensiamo che l’innalzamento della detrazione al 65% possa invertire la rotta e i primi dati sul numero degli interventi vanno in questo senso. Nel settore dell’efficienza energetica l’Italia ha una forte e qualificata presenza industriale, con posizioni anche di leadership. L’efficienza può dunque fare da volano per la ripresa interna e per la crescita dell’export? L’Italia vanta una radicata tradizione in questo settore cui aggiungo i comparti dell’illuminotecnica, dei motori elettrici, della domotica e delle tecnologie per le smart grid. L’elevato potenziale di risparmio ancora non sfruttato può dare alle imprese notevoli opportunità, con vantaggi per l’economia e per i consumatori. Le tecnologie per l’efficienza energetica sono in continua evoluzione, è necessario quindi sostenere l’innovazione di prodotto, per competere sul mercato internazionale. Con il decreto-legge “Destinazione Italia” abbiamo rafforzato gli strumenti disponibili, introducendone un credito di imposta a favore delle imprese che investono in attività di ricerca e sviluppo, nel limite massimo complessivo di 600 milioni di euro per il triennio 20142016. Il credito d’imposta è riconosciuto, fino a un importo massimo annuale di 2,5 milioni per beneficiario, a tutte le imprese aventi un fatturato annuo inferiore a 500 milioni. 086


La competitività delle nostre imprese passa anche per il prezzo dell’energia. L’efficienza energetica può essere la prima risorsa da attivare per ridurre i costi della bolletta elettrica? L’elevato prezzo finale dell’energia è un ostacolo per l’economia del Paese e dell’Europa nel confronto con gli Stati Uniti. Il prezzo del gas in Italia tende ormai ad allinearsi a quello europeo, ma per le imprese è almeno quattro volte superiore a quello statunitense. Le aziende italiane pagano l’energia elettrica mediamente il 30% in più rispetto a quelle europee, e lo svantaggio cresce sensibilmente nel confronto con le imprese americane. Ridurre questo svantaggio competitivo è essenziale e per questo sono state introdotte, nei recenti provvedimenti, una serie di misure che agiscono sul caro energia, per le famiglie e soprattutto per il sistema produttivo. Indubbiamente l’efficienza energetica può dare un contributo importante, in quanto contiene il consumo di energia per unità di prodotto, e quindi riduce l’incidenza del costo dell’energia sui costi di produzione. L’Autorità per l’Energia ha annunciato una modifica tariffaria che renderà più conveniente l’utilizzo delle pompe di calore. È un primo passo verso una riforma delle bollette ma altri colli di bottiglia rimangono in piedi. Potrebbe essere proprio l’efficienza energetica la spinta per intervenire sulla materia? Quali le possibili tappe? La struttura tariffaria rimane una materia affidata all’Autorità per l’energia. Certamente, i comportamenti e i modelli di consumo domestico sono cambiati per cui una riflessione sull’attuale struttura è opportuna, tenendo al centro l’interesse del consumatore. Il Governo ha promosso una revisione anche delle tariffe biorarie, introdotta con il decretolegge “Destinazione Italia”, resa necessaria dai mutamenti dei profili giornalieri dei prezzi dell’energia, imputabili alla larga penetrazione del fotovoltaico. Dall’efficienza alla mobilità elettrica. Si stanno moltiplicando, anche in Italia, le iniziative in questa direzione. Anche questo potrebbe diventare un volano di sviluppo e di riduzione dei gas serra almeno nelle città? C’è una forte spinta verso la mobilità elettrica e i cosiddetti carburanti alternativi, dal metano al GPL. Occorre una riflessione su quale sia l’approccio più adeguato per ciascun Paese, ma sembra chiaro che il processo di decarbonizzazione intrapreso a livello europeo porterà a un incremento sostanziale del grado di elettrificazione dei consumi, che dovrà quasi raddoppiare al 2050, raggiungendo almeno il 38%, in particolare nei settori termico e dei trasporti. In questo, la promozione della mobilità sostenibile in ambito urbano e la diffusione di veicoli elettrici e a basso livello di emissione sarà certamente uno strumento di intervento rilevante nelle aree urbane. Nel 2013 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva per lo sviluppo delle infrastrutture necessarie alla diffusione di carburanti alternativi (tra i quali l’elettricità per le auto elettriche), proposta sulla quale è in corso l’usuale confronto tra la stessa Commissione, il Parlamento e il Consiglio. 087


Prima i clienti erano considerati “utenti” di un servizio, inconsapevoli e pressoché uguali l’uno all’altro; oggi ci si confronta con attori informati e dinamici, in grado di cogliere le nuove opportunità rese possibili dal mercato libero e dallo sviluppo delle tecnologie


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CONTESTI

LA RIVOLUZIONE DENTRO CASA articolo di Gianfilippo Mancini Direttore Divisione Generazione, Energy Management e Mercato Italia di Enel

Il mercato libero dell’energia si confronta oggi con nuove sfide e opportunità, con clienti più informati, prodotti differenziati e più forti necessità di efficienza, sostenibilità e sicurezza. Trasformare i servizi offerti, affiancandosi al cliente in tutte le fasi che rendono case, uffici, edifici energeticamente innovativi è l’obiettivo di Enel, la strada per una svolta efficiente. Sono pochi i Paesi europei che possono vantare un mercato elettrico liberalizzato quanto quello italiano. A fine 2013 sono passate al mercato libero più di un quarto delle famiglie e quasi la metà delle imprese italiane (in realtà praticamente tutte le aziende, se non consideriamo tra queste le piccole partite Iva). Ciò è merito principalmente di Enel, che per prima ha creduto in questo cambiamento e si è rivelata la migliore azienda quanto a numero di clienti acquisiti e a qualità di servizio reso. Su queste basi, oggi Enel sta avviando un’altra rivoluzione, in grado di andare incontro a nuove esigenze dei clienti e di trasformare ancora una volta il mercato dell’energia in Italia. Con il calo dei consumi e la caduta dei volumi di produzione, sempre più aziende si sono proposte sul mercato della vendita di elettricità e gas con l’idea di recuperare almeno una parte dei margini perduti. Ma quello della vendita al cliente finale, soprattutto se si tratta di famiglie o piccole imprese, non è un mestiere per tutti: servono processi efficienti, un servizio commerciale d’eccellenza, sistemi informatici evoluti e, soprattutto, persone fortemente orientate all’innovazione e ai bisogni dei clienti. Sono proprio que-

sti gli ingredienti che spiegano il grande successo di Enel Energia, e a questi stessi fattori bisogna guardare per comprendere le crescenti difficoltà di molti operatori sul mercato retail. Anche il cliente non è più quello di un tempo; prima i clienti erano di fatto considerati “utenti” di un servizio, inconsapevoli e pressoché uguali l’uno all’altro; oggi ci confrontiamo invece con attori informati e dinamici, in grado di cogliere le nuove opportunità rese possibili dal mercato libero e dallo sviluppo delle tecnologie. Anche i prodotti offerti si sono quindi evoluti: all’inizio si concentravano solo sul prezzo dell’energia, poi hanno iniziato a presentare anche altre opportunità di risparmio (Enel mia, l’assicurazione, ecc…). Adesso Enel è pronta a realizzare una nuova rivoluzione, che la trasformerà da commodity provider a full service provider, fornendo cioè ai propri clienti soluzioni “chiavi in mano”, che porteranno a un uso più responsabile ed efficiente dell’energia, dal punto di vista sia economico sia ambientale. L’efficienza energetica sarà il motore di questa rivoluzione. L’efficienza offre oggi un’opportunità straordinaria di sviluppo al nostro Paese, che pure è fin qui cresciu089


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to ricorrendo sempre più all’utilizzo di energia primaria. È infatti evidente, tanto a livello comunitario quanto a livello nazionale, che è necessario sviluppare delle politiche di efficienza energetica che migliorino sia l’economicità sia la sostenibilità ambientale e la sicurezza dell’energia che utilizziamo. E questo obiettivo è oggi concretamente perseguibile grazie a nuove tecnologie: misura e controllo digitale dei consumi, micro-generazione, apparati sempre più efficienti nell’uso dell’energia. Inoltre gran parte di questi apparati comporta lo spostamento dei consumi dall’energia primaria (come il gas o il petrolio) all’energia elettrica, che si affermerà sempre di più come il vettore energetico più efficiente, pulito e sicuro tra tutti quelli a nostra disposizione. Basta ad esempio pensare al potenziale che hanno oggi le pompe di calore, le cucine a induzione o l’auto elettrica. Questo è un trend ormai inarrestabile e che rappresenta un’opportunità vincente per tutti gli attori in campo: per i clienti, che risparmiano e incrementano il loro comfort e qualità della vita, per il Paese, in termini di

PIL e occupazione, e per Enel stessa. È proprio nei momenti di crisi che le grandi aziende possono svolgere un ruolo fondamentale di rilancio dell’economia di un Paese, ad esempio avviando iniziative di lotta agli sprechi. Le capacità tecniche e operative e la profonda conoscenza delle esigenze dei clienti rendono Enel un leader nel mondo dell’efficienza energetica e un partner privilegiato dei clienti nel perseguimento di soluzioni efficienti e affidabili. L’obiettivo che si pone è inoltre quello di favorire la crescita della cultura dell’efficienza energetica e la ricerca delle migliori nuove soluzioni tecnologiche. Enel Energia si sta muovendo concretamente in questa direzione: è stato infatti recentemente avviato un nuovo modello di business che punta a offrire – sotto il nuovo marchio Enel Green Solution – un pacchetto di servizi e prodotti nel quale la qualità a 360° rappresenta l’elemento distintivo. Si propone quindi come unico interlocutore per il cliente finale, assistito in tutte le fasi del processo: dalla scelta del prodotto più adeguato per le

Spesso il principale ostacolo al decollo dell’efficienza energetica è legato a mancanza di consapevolezza sulle opportunità di risparmio e alla difficoltà di individuare partner affidabili capaci di assicurare al cliente finale la realizzazione degli interventi senza sorprese

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LA RIVOLUZIONE DENTRO CASA |

proprie esigenze alle pratiche autorizzative, dall’accesso agli incentivi fino alla manutenzione post installazione. Nel mondo del mass market la nuova offerta è già disponibile in alcune province pilota e consente ai nostri clienti di rendere più efficienti le proprie abitazioni con soluzioni all’avanguardia come il solare fotovoltaico, il solare termico, le pompe di calore, le caldaie a condensazione o lo scaldabagno a pompa di calore. Spesso il principale ostacolo al decollo dell’efficienza energetica è legato alla mancanza di consapevolezza sulle opportunità di risparmio e alla difficoltà di individuare partner affidabili capaci di assicurare al cliente finale la realizzazione degli interventi senza sorprese. Per questo crediamo che Enel Green Solution consentirà di ridurre il gap tra i benefici potenzialmente ottenibili e l’effettivo aumento dell’efficienza energetica delle abitazioni e degli uffici degli italiani. Un altro forte ostacolo alla diffusione è l’investimento iniziale che scoraggia molti clienti, così Enel Energia ha deciso di offrire la possibilità di rateizzare in bolletta il costo degli interventi, a condizioni privilegiate. Le offerte di Enel Green Solution non sono limitate al mondo mass market, perché sarà a fianco anche delle aziende sue clienti lungo tutte le fasi del progetto, dalle analisi numeriche, fino allo scouting e all’installazione delle tecnologie, passando attraverso il processo di individuazione di capitali e incentivi. Per farlo, metterà in campo le proprie strutture di ingegneria, le

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proprie esperienze e capacità, che negli anni hanno guidato la crescita industriale di Enel e di questo Paese, e che sapranno trovare soluzioni efficienti per rilanciare l’industria nazionale. Questa è una sfida di grandissima portata, ma siamo sicuri di poterla vincere. Anzitutto perché faremo leva su un patrimonio straordinario: la forza del brand Enel, che rappresenta la nostra credibilità sul mercato. Poi perché possiamo contare su 30 milioni di clienti e su un’imponente e capillare rete di canali commerciali, integrata a sistemi ICT e a processi di customer service molto evoluti. Ma soprattutto, ancora una volta, perché l’orientamento all’innovazione e la passione per la qualità del servizio al cliente sono oramai nel nostro DNA, e contagiano ogni nostra nuova iniziativa.

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CONTESTI

LE MOLTE MAGLIE DELLA RETE INTELLIGENTE articolo di Livio Gallo Direttore della Divisione Infrastrutture e Reti Italia di Enel

Enel è leader nello sviluppo e implementazione di tecnologie smart grid, con più di 34 milioni di contatori elettronici installati, a cui aggiunge un’esperienza internazionale nella creazione e nello sviluppo di progetti smart city. E sul territorio nazionale sono molti i progetti di efficienza che promuove negli usi finali dell’energia.

La qualità nella fornitura di energia elettrica è un requisito fondamentale di ogni società moderna. Enel gestisce un sistema elettrico complesso, monitorando in tempo reale la continuità del servizio e apportando continue migliorie alla rete per offrire ai propri clienti elevati standard di qualità. La visione classica di rete elettrica è oramai superata: non solo più linee, interruttori, trasformatori, ma anche elettronica, informatica e comunicazione. Una rete elettrica in grado di integrare intelligentemente le azioni di tutti i clienti connessi (consumatori e produttori, prosumers) per distribuire energia in modo efficiente e sicuro, e abilitare servizi inno092

vativi e misure per l’efficienza energetica, insieme a tecnologie evolute di monitoraggio, controllo e comunicazione. Le smart grid consentiranno infatti di garantire una maggiore capacità di integrazione degli impianti di produzione da fonte rinnovabile, abilitare nuovi servizi a valore aggiunto per i cittadini, diffondere un’infrastruttura di ricarica per la mobilità elettrica, ridurre significativamente l’impatto ambientale e aumentare il grado di affidabilità delle reti elettriche. Dallo Smart Meter all’Active Demand, i nuovi servizi per il cittadino Lo sviluppo della tecnologia di Enel permetterà di avere a dispo-


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sizione strumenti in grado di interagire sia con la rete elettrica, sia con gli apparati presenti nelle nostre case. I principali strumenti realizzati da Enel in questo innovativo settore sono Enel Smart Info – un dispositivo che permette di accedere comodamente da casa alle informazioni registrate dal contatore e ottimizzare i propri consumi di energia elettrica, orientandosi verso comportamenti più efficienti e sostenibili – ed Energy@home, un sistema che, grazie a un controllo ancora più attento sull’uso e sull’efficienza degli elettrodomestici “intelligenti”, permette di regolare, ottimizzare e razionalizzare i consumi di casa. Smart grid e mobilità elettrica Enel Distribuzione è anche in prima linea nella realizzazione di una rete di infrastrutture intelligenti per la ricarica dei veicoli elettrici, con stazioni personalizzabili sulle esigenze di mobilità dei clienti, per rendere questa operazione facile, accessibile e sicura. Permetterà inoltre di abilitare servizi e funzionalità tipiche delle smart grid: per esempio l’accumulo dell’energia da fonti rinnovabili nella batteria del veicolo che riservi, grazie alla funzionalità vehicle-to-grid, la possibilità di reintrodurla in rete per altri consumi. Illuminazione efficiente Grazie all’introduzione delle smart grid, anche l’illuminazione pubblica delle città può essere gestita in maniera più efficace ed efficiente, regolando diversi livelli di luminosità in funzione dell’effettivo volume di traffico stradale e delle esigenze delle Amministrazioni e dei cittadini. Il Gruppo Enel sta utilizzando le più moderne tecnologie per favorire lo sviluppo e la diffusione di un’illuminazione pubblica ad altissima efficienza nei Paesi dove opera. Smart grid, piattaforma abilitante delle smart city del futuro Le smart grid rappresentano inoltre l’infrastruttura di base delle cosiddette smart city: città intelligenti con sistemi di trasporto sostenibili, illumina094

zione pubblica efficiente, edifici equipaggiati con sensori e dispositivi finalizzati a razionalizzare i consumi energetici e a creare maggiore consapevolezza da parte dei cittadini. Le smart city coniugano in un unico modello urbano tutela dell’ambiente, efficienza energetica e sostenibilità economica, con l’obiettivo di migliorare la qualità di vita delle persone che vi abitano e creare nuovi servizi per i cittadini e per le Pubbliche Amministrazioni. Le competenze e le tecnologie innovative sviluppate dal Gruppo Enel hanno permesso di tradurre in realtà in varie parti del mondo il concetto di smart city. In Italia le prime città pilota coinvolte nel progetto sono Genova e Bari, dove sono state identificate aree d’intervento riguardanti smart grid, diffusione della mobilità elettrica, illuminazione pubblica efficiente e coinvolgimento attivo dei consumatori tramite l’abilitazione delle funzionalità di active demand. Questi interventi contribuiranno per circa il


LE MOLTE MAGLIE DELLA RETE INTELLIGENTE |

Le smart grid rappresentano l’infrastruttura di base delle smart city: città intelligenti con sistemi di trasporto sostenibili, illuminazione pubblica efficiente, edifici equipaggiati per razionalizzare i consumi energetici

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30% al target di riduzione delle emissioni di CO2 che le due Municipalità hanno fissato al 2020. A Bari, grazie al progetto RES-NOVAE, verrà realizzato un centro di monitoraggio e controllo urbano che permetterà di raccogliere informazioni relative ai flussi energetici, parametri ambientali e altre informazioni, al fine di fornire servizi ai cittadini e supportare le Pubbliche Amministrazioni nella pianificazione urbana. Enel ha anche siglato protocolli d’intesa con altre città italiane e fondazioni (Bologna, Pisa e Fondazione Torino Smart City) per fornire supporto nello sviluppo della progettualità smart city. Il Gruppo Enel, inoltre, sta realizzando progetti innovativi di smart city anche in Spagna (Malaga e Barcellona), in Brasile (Búzios) e in Cile (Santiago). Il sostegno agli investimenti in efficienza energetica Enel Distribuzione, ai sensi del decreto Bersani del 1999, persegue da anni circa la metà di tutto l’obiettivo nazionale di efficienza energetica negli usi finali dell’energia, all’interno del cosiddetto sistema incentivante dei certificati bianchi. Lo schema, il cui scopo è quello di promuovere e incentivare azioni per migliorare l’efficienza energetica tra gli utenti finali, sta oggi attraversando la sua terza fase a seguito della pubblicazione di un Decreto ministeriale che conferma obiettivi e meccanismo incentivante almeno fino al 2016. In veste di principale operatore del meccanismo, Enel Distribuzione sta ricoprendo un ruolo sempre più attivo, offrendo supporto e consulenze per la certificazione dei risparmi ad aziende e privati che realizzano progetti di efficienza energetica, e promuovendo la diffusione di nuovi interventi, in particolare per importanti progetti nel settore industriale, terziario e agricolo, grazie all’anticipo della valorizzazione degli incentivi in un’unica soluzione iniziale per contribuire a quello che tuttora rappresenta una delle principali barriere per l’efficienza: l’investimento inziale. 095


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RUBRICA

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CONTATORE ELETTRONICO: LA TECNOLOGIA SI CONSOLIDA a cura di Oxygen illustrazione di Michele De Lucchi È intelligente, permette di ricevere bollette calibrate sui consumi reali, senza più stime, diminuisce le emissioni di CO2 generate dalle letture a domicilio: è lo smart meter, il contatore elettronico che Enel ha installato nelle case italiane. A oltre dieci anni di distanza dall’avvio del progetto, una visione sullo stato dell’arte della tecnologia che è fondamento delle smart grid.

CONNESSIONI A BASSO VOLTAGGIO

34,3 MILIONI i contatori elettronici installati da Enel sul territorio italiano a fine 2013

374.000 i concentratori presenti nelle cabine secondarie per la raccolta dei dati dai contatori collegati Gli elementi costituenti il telegestore sono: ∙ il contatore elettronico; ∙ il concentratore installato nelle cabine di trasformazione da media a bassa tensione, per la raccolta dei dati registrati dai contatori ad esso collegati; ∙ il sistema centrale per la gestione da remoto dei contatori, l’elaborazione delle informazioni, l’amministrazione, la diagnostica e la conservazione dei dati di misura.

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LETTURE AUTOMATIZZATE

30.000 TONNELLATE la CO2 risparmiata ogni anno riducendo gli spostamenti dei letturisti (stima del 2010)

55 MILIONI le letture del profilo di carico (campionate sui 15 minuti) effettuate nel 2013 per le imprese con potenza superiore a 55 kW

422 MILIONI il totale delle letture effettuate nel 2013 con frequenza mensile (prima della nascita del contatore, nel 2000, le letture erano effettuate annualmente)

OPERAZIONI COMMERCIALI

9,1 MILIONI gestioni da remoto richieste in un anno dalla varie società di vendita

300.000 il numero di programmazioni di contatori che il telegestore sa fare in un giorno

∙ 1,7 MILIONI cambi di fornitore ∙ 3,4 MILIONI operazioni contrattuali ∙ 4 MILIONI gestione crediti

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Ap

APPROFONDIMENTO

START-UP SMART LAB articolo di Caris Vanghetti Giornalista

La sfida a un impiego migliore dell’energia può essere condotta attraverso diversi ambiti, da quello dell’illuminazione pubblica alla trasmissione dati, dalla gestione dei dispositivi di ricarica alla mappatura dei consumi domestici. Questa l’ambizione del programma Enel Lab: dare una mano a quelle start-up che con le loro ricerche possono cambiare significativamente il nostro rapporto con l’energia.

L’illuminazione stradale che aumenta d’intensità al passaggio di una macchina o di un pedone e che invece quando non c’è nessuno diventa meno forte; consentendo un risparmio di energia del 49%. Lo sviluppo di una rete elettrica intelligente che si adatta alle esigenze degli utenti, in grado di prevedere e risolvere l’insorgere di problemi. Sono alcuni dei progetti presentati dalle sette start-up che nel 2013 sono entrate a far parte del programma Enel Lab, il laboratorio d’impresa creato da Enel per celebrare i suoi 50 anni di vita. I progetti selezionati saranno accompagnati verso lo sviluppo e la commercializzazione dell’idea potendo contare, oltre che su un contributo economico che può arrivare fino a 650.000 euro, sul know-how tecnico e professionale del Gruppo Enel. A beneficiare di quest’iniziativa sono cinque aziende italiane e due spagnole che si stanno avvalendo dei servizi messi a disposizione dal 098

laboratorio d’impresa di Enel che vanno dalle competenze ingegneristiche a quelle tecnologiche passando per l’assistenza legale. Di queste, sei operano nell’ambito dell’efficienza energetica. La Smart-I di Roma, attiva nel ramo delle reti intelligenti, ha messo a punto Smart Eye, un sistema per la gestione proattiva delle reti di illuminazione pubblica attraverso l’installazione di sensori ottici che consentono di modificarne la luminosità in base alle necessità. Questi sensori, non solo fanno spegnere o riaccendere la luce, ma permettono anche di regolarne l’intensità in funzione delle concrete esigenze di traffico. A ciò possono essere aggiunte funzionalità per il controllo del territorio grazie alla video sorveglianza. Per quanto riguarda le potenzialità del mercato, Smart Eye si rivolge, oltre che alle aziende che si occupano di sistemi di illuminazione urbana, alle pubbliche amministrazioni, considerando che il 30% del bilancio dei comu-


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oxygen | 22 — 02.2014

ni italiani serve a coprire le spese relative all’illuminazione delle strade. Il progetto presentato dalla triestina Athonet, che si occupa di digitalizzazione e di sistemi di comunicazione, punta alla creazione di una rete di traffico dati dedicata alle smart grid utilizzando standard di trasmissione di quarta generazione Lte 4g ad altissima velocità. Questa rete consente l’invio bidirezionale di dati anche per la video sorveglianza e la copertura di zone non servite dagli operatori tradizionali di telecomunicazioni. Il sistema è costituito da gateway mobili posizionati sul territorio, che fungono da “ponti” per veicolare i dati verso una rete fissa a banda larga tramite protocollo Ip. Il sistema elaborato da Athonet si rivela particolarmente adatto alla gestione delle reti elettriche che, garantendo una comunicazione più efficiente tra le cabine secondarie, evita l’insorgere di cortocircuiti. Il progetto è stato già testato durante i lavori di ricostruzione dopo il terremoto in Emilia Romagna, dimostrando le buone potenzialità per gli operatori di telecomunicazioni e i distributori di energia elettrica. In Calabria, a Rende in provincia di Cosenza, la CalBatt con i suoi progetti mira a ottimizzare i cicli di ricarica e massimizzare la vita delle batterie. La tecnologia sviluppata dall’azienda calabrese è in grado di effettuare un’analisi dinamica delle caratteristiche di tutti i dispositivi presenti nella catena di ricarica: dal caricabatterie alle connessioni, fino alle batterie, tenendo conto della loro reale interazione. Ciò permette di individuare il metodo di ricarica più efficiente e di soddisfare le esigenze degli utenti in termini di tempo, costo e quantità di carica richiesta. CalBatt ha realizzato due linee di prodotto: la prima consiste in una gamma di misuratori dell’efficienza di carica del sistema, capaci di fornire precise informazioni sulla variazione dell’efficienza al variare del metodo di carica; la seconda comprende degli ottimizzatori automatici che hanno la capacità di interagire direttamente con i sistemi di carica e con i sistemi di gestione delle batterie, impostandone direttamente i parametri per massimizzarne l’efficienza. La tecnologia sviluppata da CalBatt si rivolge principalmente alle imprese che si occupano di sistemi di stoccaggio dell’energia elettrica e di ricarica dei veicoli elettrici. L’italiana Green Lab Engineering opera nel settore delle reti intelligenti e con il suo Distributed Energy Control System sviluppa un metodo che consente la gestione proattiva delle reti a bassa tensione incrementandone l’affidabilità e l’efficienza. Il progetto permette di rilevare dinamicamente la configurazione di funzionamento della rete e di correggere il fattore di potenza in 100

modo distribuito fino al singolo edificio. Altra società italiana che opera nel settore delle reti intelligenti è la i-EM che sta sviluppando un sistema che consente di prevedere la quantità di energia messa in rete dagli impianti eolici e fotovoltaici. Grazie alla possibilità di incrociare i dati satellitari con quelli di esercizio degli impianti e le previsioni meteorologiche, il progetto consente di conoscere la produzione dei campi alimentati da fonti rinnovabili con un anticipo fino a 72 ore e con aggiornamenti ogni ora. Inoltre permette di monitorare costantemente gli impianti da remoto in modo da provvedere subito alla manutenzione appena si dovessero presentare dei problemi. La spagnola Mirubee ha invece elaborato un progetto che, grazie al riconoscimento dell’impronta elettrica di ogni elettrodomestico (lavatrice, lampade, ecc.), ne mappa il consumo. I dati così rilevati sono inviati a un sistema centrale che gestisce le informazioni e, attraverso una piattaforma web, consente di monitorare e ottimizzare la gestione dei propri consumi.


START-UP, SMART LAB |

oxygen

Sono cinque aziende italiane e due spagnole (di cui sei nell’ambito dell’efficienza energetica) le startup che si stanno avvalendo dei servizi messi a disposizione dal laboratorio d’impresa di Enel 101


Pa

PASSEPARTOUT

PIÙ RICCHI PIÙ EFFICIENTI? infografica di Undesign Potrebbe sembrare che per le solide economie del mondo sia più facile mantenere un livello di efficienza energetica elevato. Ma è davvero così? Per scoprirlo Oxygen ha messo a confronto l’indice di efficienza energetica delle maggiori economie mondiali, creato dall’ACEEE

(International Energy Efficiency Scorecard), con i dati sul loro PIL pro capite. E così gli Stati Uniti, al terzo posto per la ricchezza pro capite, dimostrano di non cavarsela troppo bene sul piano energetico, mentre l’Italia, nonostante i problemi economici, si trova al terzo posto nel

podio dell’efficienza energetica. Industria, edilizia, trasporti e impegno nazionale (strategie e investimenti che ogni Paese si è prefissato) raccontano un livello di efficienza che cresce non di pari passo con la ricchezza nazionale, bensì con il desiderio e l’esigenza di cambiare rotta.

× Nello studio dell’ACEEE tra le maggiori economie mondiali, il podio di quelle più efficienti è tutto europeo. Regno Unito, Germania e Italia sono i Paesi più efficienti della classifica, nonostante il loro PIL pro capite non sia tra i più alti.

×

GERMANIA

Impegno nazionale: 1° Industria: 5° Edilizia: 4° Trasporti: 1° PIL pro capite $ 41.865,51

efficienza

REGNO UNITO Impegno nazionale: 2° Industria: 1° Edilizia: 4° Trasporti: 1° PIL pro capite $ 39.160,57

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pil

2 102

1

ITALIA

Impegno nazionale: 5° Industria: 2° Edilizia: 7° Trasporti: 1° PIL pro capite $ 33.115,01

efficienza pil

3


5

4

GIAPPONE

6

FRANCIA

7

CINA

AUSTRALIA

Impegno nazionale: 2° Industria: 2° Edilizia: 9° Trasporti: 8° PIL pro capite $ 46.706,72

Impegno nazionale: 6° Industria: 2° Edilizia: 7° Trasporti: 8° PIL pro capite $ 41.223,30

Impegno nazionale: 10° Industria: 10° Edilizia: 1° Trasporti: 1° PIL pro capite $ 6.071,47

Impegno nazionale: 4° Industria: 7° Edilizia: 2° Trasporti: 10° PIL pro capite $ 67.722,59

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pil

pil

pil

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8

9

STATI UNITI

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BRASILE

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CANADA

RUSSIA

Impegno nazionale: 9° Industria: 6° Edilizia: 4° Trasporti: 11° PIL pro capite $ 51.703,94

Impegno nazionale: 11° Industria: 9° Edilizia: 10° Trasporti: 5° PIL pro capite $ 11.358,53

Impegno nazionale: 8° Industria:10° Edilizia: 11° Trasporti:11° PIL pro capite $ 52.299,76

Impegno nazionale: 11° Industria: 10° Edilizia: 11° Trasporti: 5° PIL pro capite $ 14.302,09

efficienza

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pil

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Fonti: ACEEE, International Monetary Fund (2012)

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Ap

APPROFONDIMENTO

Cose future articolo di Stefano Milano Giornalista

Dall’acquisizione di Nest da parte di Google ai nuovi prodotti presentati al CES di Las Vegas, tutto sembra raccontare quali e come gli aspetti della nostra vita saranno presto rivoluzionati dalla tecnologia. E che l’efficienza nasce anche dalla collaborazione tra queste innovazioni e dalla presenza della rete nella nostra vita quotidiana.

Quando poche settimane fa Google ha annunciato l’acquisizione di Nest per 3,2 miliardi di dollari c’è stata una reazione di stupore, preoccupazione ed entusiasmo che in genere non fa parte di questo tipo di operazioni finanziarie. La ragione forse è che nessuno davvero si aspettava che un’azienda che ricava circa 60 miliardi di dollari all’anno dalla pubblicità online potesse essere interessata a una start-up che produce un termostato e un rilevatore di fumo, e per quella cifra poi. L’operazione però è indicativa. Nest è stata fondata da Tony Fadell, cui si è poi aggiunto Matt Rogers, entrambi nel team che ha sviluppato l’iPod della Apple. Il loro termostato è quindi innanzitutto un oggetto di design che con l’idea di semplicità d’uso di Apple vuole rendere intuitiva la gestione intelligente della temperatura di casa, razionalizzando i consumi, imparando autonomamente come regolarsi sulla base delle abitudini dell’utente, riconoscendo se in casa c’è qualcuno e così via. Resta difficile comprendere quei tre miliardi di dollari. Qualche spunto è arrivato durante il Consumer Electronic Show (CES), che come ogni anno si è

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tenuto a Las Vegas a gennaio, e che è la più grande fiera dell’elettronica al mondo, dove nel corso degli anni sono stati lanciati alcuni prodotti che hanno rivoluzionato la nostra vita digitale. Quest’anno però le vere novità non sono arrivate dalle tv con schermo curvo e definizione 4k (4 volte meglio del full HD), dai tablet e dagli smartphone. A essere protagonisti sono stati i prodotti di industrie un tempo lontane da internet e dalla tecnologia: automobili, lavatrici, frigoriferi, occhiali, cappellini. È l’arrivo del tanto celebrato internet of things, ovvero internet su ogni cosa, industria che secondo McKinsey avrà un impatto economico tra i 14 e i 33 trilioni all’anno entro il 2025. Il CES dà la possibilità di toccare con mano come sarà il nostro futuro; e allora possiamo aspettarci automobili con sistemi operativi a bordo (diversi produttori hanno siglato un rilevante accordo con Google proprio su questo), app e sistemi di infotainment che da musica in streaming e mappe online arrivano fino all’assistenza alla guida. Nell’ultimo anno si è parlato molto dell’auto che si guida da sola: il momento in cui con un comando vocale la


CES × L’International Consumer Electronics Show è nel campo una delle più importanti fiere. Allestita dalla Consumer Electronics Association, si tiene a gennaio al Las Vegas Convention Center e presenta in anteprima mondiale i nuovi prodotti dell’elettronica di consumo.

macchina verrà a prenderci sotto casa è ancora decisamente lontano, ma grazie a sensoristica e tecnologia laser Audi è in grado di permettere all’autista, in situazioni di traffico, di leggersi un libro mentre la vettura fa tutto da sola. Il produttore tedesco ha detto di essere pronto a entrare nel mercato entro un paio d’anni: il problema è regolatorio. Quanto alla casa, sulla domotica al Ces si è visto di tutto. Samsung e Lg in particolare offrono piattaforme integrate per gestire tutta la casa via smartphone, dialogando con il frigorifero via chat. In Italia, invece, pochi giorni fa il consorzio HomeLab ha presentato Open Web Net, il primo protocollo che consente a oggetti ed elettrodomestici di dialogare tra loro. Infine, i gadget. La frontiera è la tecnologia che si indossa: occhiali connessi, braccialetti, orologi. In gran parte si tratta di oggetti non proprio utili, al massimo divertenti; interessante è invece quando i sensori sono in grado di rilevare i dati biometrici: come la cuffia Instabeat che mentre nuotiamo ci dà informazioni su battito cardiaco e altro sugli occhialini. Oppure il progetto di lenti a contatto di Google: saranno in grado di rilevare il livello di glucosio nell’organismo, con applicazioni importanti per chi soffre di diabete. Questo scenario comporta però diversi rischi; il primo riguarda Google: secondo diversi analisti, infatti, dietro ai 3,2 miliardi di dollari di Nest c’è l’interesse ad acquisire nuovi dati personali. In prospettiva la casa digitalizzata dirà molto di noi, preparando il terreno a nuovi servizi e pubblicità mirata. C’è poi la sicurezza: i sistemi operativi nelle case e nelle auto saranno sicuri? A cavallo tra dicembre e gennaio la società di sicurezza Proofpoint ha rilevato il primo attacco globale all’internet of things: 750.000 mail infette hanno attaccato router domestici, televisioni, mediacenter connessi e almeno un frigorifero di ultima generazione. La tecnologia corre: la consapevolezza di governi, regolatori e cittadini dovrà tenerne il passo.

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In un momento storico in cui le imprese occidentali si vedono costrette a intervenire sui costi per salvare i bilanci è facile che l’efficienza diventi una necessitĂ difensiva


In

INTERVISTA

DAL FORDISMO AL CROWDSOURCING:

nuovi sistemi per produrre Intervista a Vittorio Chiesa

Direttore di Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano articolo di Luca Salvioli Giornalista

Tecnologie e avvento del digitale hanno portato numerose innovazioni nei processi industriali. La ricerca di efficienza si cela anche nella condivisione delle informazioni tra produttore, rivenditore e consumatore. Tra i diversi aspetti che coinvolge, c’è l’efficienza energetica, oggi non più un’utopia, perché le tecnologie sono pronte e i benefici consolidati.

La ricerca dell’efficienza nei processi industriali è antica come il fordismo: il sistema organizzativo messo in opera da Henry Ford nelle sue fabbriche secondo la definizione che ne dà l’enciclopedia Treccani «mirava ad accrescere l’efficienza produttiva attraverso una rigorosa pianificazione delle singole operazioni e fasi di produzione, l’uso generalizzato della catena di montaggio, un complesso di incentivi alla manodopera (paghe più alte, orari di lavoro ridotti, eccetera)». È una buona definizione dell’efficienza nella sua dimensione virtuosa. Significa saper separare l’essenziale dai fronzoli con un vantaggio economico e produt-

tivo senza però incidere sui volumi e sulla valorizzazione del lavoro umano, tutt’altro. Significa investire, innovare, avere una visione del futuro che si possa tradurre in un vantaggio competitivo. In un momento storico in cui le imprese occidentali si vedono costrette a intervenire sui costi per salvare i bilanci, magari a fronte di un calo della domanda e conseguente taglio della produzione, è facile che l’efficienza diventi invece una necessità difensiva. Dagli anni di Henry Ford a oggi molto è cambiato e il digitale ha avuto un ruolo chiave. Un esempio arriva dagli Stati Uniti. Il motto di Walmart è “Save money, live better”. La più grande catena di distribu107


oxygen | 22 — 02.2014

zione al mondo è costretta a innovare su più fronti, soprattutto dall’avvento dell’ecommerce guidato dal colosso Amazon. «È un caso scuola di efficienza: Walmart investe di più dei concorrenti in tecnologia ottenendo un taglio dei costi di circa il 2-3%» spiega Vittorio Chiesa, direttore Energy and Strategy Group del Politecnico di Milano. Ad esempio da tempo con la tecnologia Rfid, quando uno scaffale è vuoto, o comunque ha raggiunto un certo livello, l’informazione arriva direttamente al fornitore che può organizzare una nuova spedizione nei tempi e nei volumi ottimali. La sfida dell’e-commerce è la più delicata. Da quando Amazon ha iniziato a vendere prodotti di ogni genere, Walmart ha adottato velocemente una strategia fatta di acquisizioni, ricerca e analisi dei big data. Il primo punto è stato creare un laboratorio nella Silicon Valley chiamato Walmart Labs, fucina di idee per non soccombere nel nuovo mondo ma trovare una nuova strada. Ne è nato un nuovo motore di ricerca per il portale, un’analisi dei big data che ha preso in considerazione soprattutto Facebook per anticipare le intenzioni dei consumatori, progetti di crowdsourcing che hanno coinvolto gli utenti e altro. Un altro esempio è quello di Zara, che usa le informazioni dei punti vendita in tempo reale per informare i produttori. In questo modo i magazzini si adattano più in fretta alla domanda: arriveranno più cappotti alla moda per l’inverno, più felpe sportive, più stivali nella misura in cui incontrano il favore dei consumatori. La grande distribuzione è solo uno dei filoni: in generale si fa efficienza quando si interviene nella gestione dei materiali, magari con una riduzione degli scarti. La tec-

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DAL FORDISMO AL CROWDSOURCING: NUOVI SISTEMI PER PRODURRE |

nologia è spesso una risposta: la strategia può passare da un cambiamento dei macchinari e dalla riduzione degli stoccaggi. L’efficienza energetica ne è parte integrante. «Per definizione si parla di efficienza energetica quando si ottengono le stesse prestazioni con un consumo inferiore» sottolinea Chiesa. L’Energy Efficiency Report realizzato annualmente dal Politecnico di Milano dà diverse indicazioni sulle potenzialità e lo stato dell’arte della tecnologia e della normativa nell’adozione di soluzioni per il risparmio energetico nel pubblico, residenziale e industriale. Soffermandoci sull’ultimo punto, dalla più recente edizione del report redatto in collaborazione con Enel Foundation (vedi p. 34), pubblicata lo scorso dicembre, emerge che «le tecnologie sono ormai mature, non si parla di un futuro ipotetico» afferma Chiesa. «I benefici sono significativi e l’investimento si ripaga con la riduzione dei consumi. Il punto è in quanto tempo questo investimento torna nelle casse delle aziende. In alcuni casi le esigenze si incontrano, in altri no. Il pay-back considerato oggi dall’industria è di circa 1-2 anni». Considerando questa tempistica, il rapporto evidenzia come le tecnologie più favorevoli per raggiungere l’obiettivo della riduzione dei consumi con lo stesso output senza bisogno di incentivi sono innanzitutto i sistemi di gestione dell’energia degli impianti da un punto centrale. È una sorta di estensione della building automation. Ci sono poi i gruppi di continuità (Ups), i sistemi ad aria compressa e gli inverter. Volendo invece guardare alle tecnologie che raggiungono il pay-back nei tempi utili alle imprese ma grazie agli incentivi, bisogna includere nella categoria la cogenerazione, ovvero la produzione contemporanea di

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elettricità e calore. I motori elettrici invece hanno bisogno di un tempo più lungo per il ritorno dell’investimento: tra i due e i quattro anni. Il Politecnico ha provato a ipotizzare quanto si ridurrebbe la bolletta energetica se venissero adottate solamente le tecnologie che abbiamo incluso nel primo caso. Nell’automotive la riduzione sarebbe del 25%, nell’alimentare dell’11%, nella carta il 18%, nella componentistica per automotive il 10%. Guardando invece alle marginalità (Ebida media): il 27% di guadagno per la carta, il 19% per l’edilizia, il 17% la siderurgia, il 14% il cemento. Le imprese stanno progressivamente implementando queste soluzioni, anche se con qualche remora «perché in molti casi la loro introduzione comporta un’interruzione di processo, e questa è un’eventualità che spaventa. Si privilegia l’efficienza che fa vedere chiaramente un ritorno immediato» conclude Chiesa. Per spingere una sorta di rivoluzione industriale silenziosa – dove per silenziosa si intende la minor attrattività immaginifica dell’efficienza rispetto a scenari futuristici fatti da tecnologie che al momento sono una priorità da sostenere nella ricerca ma non una reale opzione industriale – l’intervento pubblico, in termini di incentivi di diversa natura, resta decisivo. Confindustria da diversi anni insiste sul valore strategico dell’efficienza per la nostra economia. Secondo recenti stime dell’associazione degli industriali, se opportunamente sostenuta potrebbe generare un mezzo punto di PIL all’anno. D’altronde, l’Energy Efficiency Report del Politecnico e di Enel Foundation calcola che l’efficienza energetica abbia un mercato potenziale da sette miliardi di euro, ma è frenato da una sistema di norme talvolta confuso e certamente instabile.


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SCENARI

I Big Data: rivoluzione tra scienza e conoscenza articolo di Mario Rasetti Fisico e presidente della ISI Foundation progetto fotografico di White

L’efficienza energetica è un concetto concreto, che anima i dibattiti fra gli scienziati. Perché chi si occupa di fisica ogni giorno si trova ad affrontare cambiamenti immensi, come la rivoluzione dell’informazione contemporanea, quella che crea ogni giorno più dati di quanto non si possa immaginare. Dati che vanno gestiti, in maniera efficiente: una nuova sfida per la fisica e l’energia.

Efficienza ed energia sono concetti che appartengono al bagaglio della scienza, in particolare della fisica, sin dai suoi primordi. La nozione di energia è stata uno dei fattori portanti dello sviluppo della fisica classica di Galileo, Newton, Lagrange, così come di quella relativistica di Einstein e quantistica di Schrödinger e Heisenberg. Con il concetto di efficienza essa è stata il pilastro portante nella costruzione della termodinamica di Carnot e Boltzmann e della meccanica statistica di Maxwell e Gibbs. L’acceso dibattito politico, tecnologico, scientifico che da anni si dipana su energia ed efficienza tocca uno fra i problemi più delicati della società industriale contemporanea: dover coniugare un bisogno energetico esponenzialmente crescente con la sempre maggiore scarsità delle riserve e delle risorse e con la necessità di garantire la sostenibilità ambientale. È tuttavia ancora poco considerato un altro aspetto del ruolo che questi due concetti hanno oggi, che di nuovo coinvolge la fisica nei suoi aspetti più avanzati. Nella scienza contemporanea è incontrovertibile l’affermarsi dell’“informazione” come grandezza fisica caratterizzante gli stati della 110

materia, al pari e accanto a grandezze come massa o energia; della materia in tutte le sue forme, microscopica come macroscopica, inerte come vivente. In quest’ultimo caso il concetto d’informazione è basilare: distinguere fra materia vivente e inerte significa comprendere come una molecola possa operare come un messaggio, che è il bivio al quale la materia si differenzia in due percorsi così diversi pur entro un unico insieme di leggi dinamiche. La risposta a questa domanda inquietante sta in quello che è ormai un paradigma: la “complessità”. La scienza dei sistemi complessi fa riferimento all’esistenza di una sottile quanto profonda consapevolezza di una metrica imprevista nella struttura concettuale dei modelli interpretativi e predittivi dei fenomeni che osserviamo. In sistemi costituiti di tantissime parti mutuamente correlate, le leggi che regolano la dinamica delle parti possono non essere sufficienti a descrivere il modo in cui il sistema complessivo evolve, perché emerge un insieme collettivo globale di comportamenti che non è contenuto in maniera semplice in quello dei singoli costituenti, e anzi non esiste in assenza delle loro interazioni. Inoltre, spesso i sistemi


Globalizzazione significa una societĂ sempre piĂš interconnessa, dove ogni giorno si scambiano 294 miliardi di e-mail e 20 miliardi di SMS, e su Facebook si postano 250 milioni di fotografie. Un vero e proprio mondo di dati

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complessi hanno una caratteristica che li differenzia da quelli cui la scienza riduzionista tipicamente si riferisce: la loro fenomenologia può non risultare da esperimenti ripetibili, ma essere rappresentata dai “dati” delle osservazioni che su di essi compiamo. Globalizzazione d’altra parte significa una società sempre più interconnessa, dove ogni giorno si scambiano 294 miliardi di e-mail e 20 miliardi di SMS, e su Facebook si postano 250 milioni di fotografie. Un vero e proprio immenso mondo di dati. Questa crescente complessità del tessuto tecno-sociale nasconde non solo inaspettate opportunità, ma anche rischi potenziali. Disastri recenti, ad esempio nell’economia e nella finanza, hanno mostrato come la vulnerabilità più pericolosa si nasconda proprio nelle interdipendenze che connettono trasversalmente sistemi differenti. Perciò la società richiede una capacità predittiva sempre maggiore, che permetta di anticipare, valutare e correlare i rischi e al contempo di raggiungere una comprensione profonda della complessità sistemica di quel mondo cui le nuove tecnologie stanno dando vita. In questo contesto si colloca lo tsunami dei dati, i “Big Data”, la rivoluzione che dalla fine del secolo scorso dobbiamo fronteggiare: scienza e conoscenza non sono più spinte soltanto da nuove scoperte o teorie, ma soprattutto dalla disponibilità senza precedenti di dati, in gran parte ancora da esplorare. Dati che sono spesso il risultato di attività che non sono esperimenti scientifici pianificati e ripetibili. In questi si annidano le leggi e le regolarità alla base del comportamento e, dunque, della nostra capacità di comprendere sistemi naturali, sociali, tecnologici, economici. Oggi disponiamo di un “catalogo” di cinquemila miliardi di miliardi di oggetti stellari, ma anche ogni due giorni vengono prodotti più dati socioeconomici che in tutta la storia precedente dell’umanità. E da anni il numero dei dati generati supera la capacità di immagazzinarli e conservarli. Alle tecnologie dell’informazione si chiede di fronteggiare la quinta rivoluzione da quando sono così prepotentemente entrate nella nostra vita: dopo quella dei mainframe, dei PC, di internet e del web 1.0 e della telefonia mobile e del web 2.0, oggi è l’era dei Big Data. Alla scienza e alla tecnologia si chiede di manipolare informazione nella misura di Exabyte (ciascuno una quantità d’informazione circa uguale a 4000 volte tutta l’informazione nella Library of Congress di Washington!), perché ormai ogni minuto la società genera 1,7 milioni di miliardi di byte di dati, l’equivalente di 360.000 DVD, e la natura ne fornisce un miliardo di volte tanto. Tutto questo ha a che fare con l’energia e con l’efficienza, in forme e in prospettive nuove e inattese. Un laptop o un personal computer operano alla scala dei gigabyte e quando lavoriamo sentiamo che si scaldano rapidamente; 112

La prossima frontiera sarà combinare tecnologie capaci di creare nano-circuiti integrati “attenti all’energia” con l’implementazione di modalità innovative di conversione energetica, ispirate dalla biologia e dall’evoluzione naturale


I BIG DATA: RIVOLUZIONE TRA SCIENZA E CONOSCENZA |

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pensiamo all’energia necessaria per estrarne una potenza di calcolo di exabyte, un miliardo di volte più grande! Le applicazioni coperte dalle più avanzate tecnologie al silicio – rese straordinarie dall’aggressiva scalabilità dei nuovi transistor, testimoniata anche dall’incredibile riduzione del loro costo unitario, sceso dai circa 45 dollari degli anni Cinquanta al milionesimo di centesimo di euro dei giorni nostri, performance mai ottenuta da alcuna tecnologia moderna – devono anch’esse affrontare un enorme problema di energia ed efficienza. La prossima frontiera sarà combinare tecnologie capaci di creare nano-circuiti integrati “attenti all’energia” con l’implementazione di modalità innovative di conversione energetica, ispirate dalla biologia e dall’evoluzione naturale. Dispositivi in grado di imitare, in forma nanotecnologica, i princìpi di conversione dell’energia in natura, dove i sistemi viventi trovano le loro fonti nell’ambiente senza violarne gli equilibri. Si potrà così pensare ad esempio a nuovi data center a basso consumo. Già oggi i data center nel mondo – spina dorsale di internet – utilizzano dall’ 1 al 2% dell’elettricità disponibile e, per l’inefficienza delle loro infrastrutture, sono responsabili dello 0,5% circa delle emissioni complessive di carbonio. Occorrono data center globali “verdi”, per manipolare senza rischi energetici la grande onda dei Big Data. Internet ha certo ridotto l’emissione di carbonio, sostituendo medium fisici carbon-intensive (libri, CD, giornali e riviste e, soprattutto, la posta) con i loro equivalenti digitali; ma estrarre in modo efficiente informazione da grandi insiemi di dati avrà costi energetici drammatici. La natura tuttavia ci mette a disposizione esempi che la scienza della complessità, la fisica quantistica e la nanotecnologia sono in grado di imitare. Molti organismi fotosintetici hanno sviluppato strutture semplici ed efficienti per “mietere la luce” del sole e usarne l’energia per pilotare le loro reazioni metaboliche; ad esempio le unità fotosintetiche dei batteri: due complessi proteici, uno che funge da antenna cattura la luce, ne raccoglie l’energia e la trasferisce all’altro, un centro di reazione dove tale energia viene convertita in energia chimica. Alcuni batteri (il cyanobacterium sulphureum) che vivono in condizioni estreme, acque profonde e scure dove devono catturare un fotone alla volta, sono maestri nel mietere luce: in essi praticamente tutta l’energia raccolta nell’assorbimento di un fotone viene trasferita al centro di reazione, senza violare il secondo principio della termodinamica, ma sfruttando la velocità del processo per mettere all’opera i più sofisticati meccanismi della fisica quantistica e ottenere quell’incredibile efficienza. Imitandoli, la nostra società della conoscenza potrà vincere la sfida di energia ed efficienza, ma solo se saprà vedere e apprendere quello che la natura le insegna. 113



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SCENARI

LA MERAVIGLIOSA INEFFICIENZA DELL’HOMO SAPIENS articolo di Ian Tattersall Antropologo presso il Museo di Storia naturale di New York progetto fotografico di White

Se siamo convinti che l’evoluzione sia sinonimo di un miglioramento per tendere alla perfezione, dovremo ricrederci. Perché la Natura segue regole diverse, le sue, in cui conta di più sopravvivere che non essere perfetti e in cui l’inefficienza di una specie, come la nostra, può produrre menti fantasiose e brillanti. In altre parole, efficaci.

La comparsa della vita sulla Terra risale a circa quattro miliardi di anni fa, solo mezzo miliardo di anni dopo la formazione del pianeta. Per un lungo periodo di tempo gli unici esseri viventi sono stati i batteri e gli archei: minuscole forme di vita unicellulari privi di una struttura interna ben definita. Poi, a un certo punto, più di un miliardo e mezzo di anni fa (e nessuno sa definire con certezza quando), sono comparsi gli eucarioti. Queste creature continuavano a essere microscopiche e unicellulari, ma ognuna di esse aveva il proprio DNA in un nucleo delimitato da membrana e conteneva vari organuli ben differenziati. In seguito, circa un miliardo di anni fa, sono comparsi gli eucarioti pluricellulari, aprendo la strada alla differenziazione dei tessuti corporei e alle creature dotate di sistemi di organi complessi. I primi “cervelli” identificabili si ritrovano in creature vissute circa mezzo miliardo di anni fa, mentre i primi “veri” piccolissimi mammiferi a sangue caldo compaiono nei reperti fossili di circa duecento milioni di anni fa. I primati primitivi si sono evoluti circa sessanta milioni di anni fa e la nostra specie, Homo sapiens, dotata di cervello voluminoso è arrivata tardi, solo duecentomila anni fa, sebbene i mammiferi intorno a essa si fossero evoluti in modi del tutto diversi diventando pipistrelli, balene e talpe. Questo riassunto incredibilmente semplificato della storia della vita sul nostro pianeta rende evidente che il processo evolutivo sulla Terra è progredito dal semplice verso il complesso, per quanto si possa sorprendentemente notare quanto gli organismi più semplici abbiano continuato a prosperare insieme a quelli più complessi. E dal momento che, da un certo punto di vista, la vita è essenzialmente un trasferimento di energia, si è tentati di concludere che molta della complessità aggiunta nell’età evolutiva doveva essere finalizzata a migliorare l’efficienza dell’organismo, se non nell’effettivo trasferimento dell’energia (che ancora oggi utilizza meccanismi davvero antichi), perlomeno nei modi in cui gli organismi coinvolti utilizzano e sfruttano i propri ambienti. C’è un pizzico di verità in questa conclusione. Per esempio, i predatori mammiferi di oggi sono di gran lunga più efficienti dal punto di vista energetico rispetto ai loro predecessori di duecentocinquanta milioni di anni fa, quantomeno se si calcolano i loro stili di vita più attivi. Pensare, come si è portati a fare, all’evoluzione come a un processo di fini aggiustamenti e perfezionamento che produce creature sempre più efficienti, così come la selezione naturale elimina gli individui meno efficienti e meno efficaci di ogni generazione, rappresenta in effetti un punto di vista distorto. Perché è così? Ebbene, l’evoluzione in realtà è molto più disordinata di quel semplice processo di fini aggiustamenti e costante perfezionamento che molti di noi hanno imparato a scuola. Gli organismi non vivono costantemente in ambienti nei quali i loro adattamenti possono perfezionarsi minuziosamente durante lunghi periodi di tempo. 115


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Vivono in circostanze instabili e in continuo cambiamento, verso le quali è in effetti saggio non adattarsi in modo troppo preciso, perché, in un mondo che cambia, quello che funziona oggi potrebbe rappresentare un grave ostacolo domani. Un’antilope che si adatti a un particolare tipo di erba, per esempio, sarà molto più vulnerabile ai possibili cambiamenti di disponibilità di quella risorsa ambientale, e quindi a più alto rischio d’estinzione. Se una specie vuole evitare l’estinzione spesso la strategia migliore è proteggersi dai rischi evolutivi e restare generalisti: è ben noto che le specie generaliste hanno tassi di estinzione molto più bassi rispetto a quelle specialiste. Questa tendenza, tra le altre, produce il modello storico che ritroviamo largamente nei reperti fossili della storia della vita: molte specie appaiono all’improvviso, resistono per periodi di tempo variabili e poi scompaiono con la stessa velocità con cui sono apparse. Questo succede perché la selezione naturale, che descritta in modo classico prevede che gli individui economicamente più efficaci abbiano maggior successo riproduttivo, si comporta in realtà (non considerando i casi limite ai due estremi dello spettro della mutazione) come un agente di cambiamento, esattamente quanto un agente di immutabilità della specie. Inoltre, la selezione naturale opera necessariamente sull’intero organismo piuttosto che sui suoi componenti individuali (che è quello a cui pensiamo più o meno consapevolmente quando parliamo, come facciamo spesso, dell’evoluzione del cervello o dell’“evoluzione del piede”). Infatti, in termini evoluti-

vi probabilmente serve a poco essere il membro più forte o più veloce della tua specie se ti capita di essere anche il più stupido, o di avere la visione più misera. Un importante corollario a considerazioni come queste è che nell’evoluzione non è necessariamente importante essere i migliori: quello che è veramente fondamentale è essere abbastanza bravi da cavarsela. Tutto questo significa che l’evoluzione non è, e non può essere, una mera questione di efficienza. Non siamo stati plasmati dall’evoluzione nello stesso modo in cui un ingegnere progetta un ponte o una macchina; un ingegnere vuole ottimizzare il proprio progetto per uno scopo preciso, ma in Natura non c’è un’intenzione di questo tipo: non c’è nulla al di là della risposta a delle circostanze immediate e fluttuanti. Questo significa che l’evoluzione potrebbe avere risultati molto imprevedibili, che potrebbero essere efficienti o non esserlo, e occasionalmente potrebbero essere entrambe le cose. Un argomento da affrontare è il fatto che il modo di operare della mente umana è inefficiente. Sappiamo bene per esempio che un testimone oculare è estremamente inaffidabile e che alteriamo i nostri ricordi nel semplice atto di consultarli; siamo semplicemente negati nel ricordare le cose accuratamente e i computer sono di gran lunga migliori di noi nell’accumulare e recuperare informazioni, per non parlare dell’eseguire calcoli quantitativamente complessi. Se si considera una funzione alla volta, allora non si può negare che i nostri cervelli sono dei dispositivi

L’evoluzione non è, e non può essere, una mera questione di efficienza. Non siamo stati plasmati nello stesso modo in cui un ingegnere progetta un ponte

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terribilmente inefficienti, macchinari che sicuramente nessun ingegnere si sarebbe mai sognato di progettare, proprio perché l’ingegnerizzazione si occupa di ottimizzazione, mentre le nostre menti sono completamente un’altra cosa. Ma mentre l’efficienza e l’efficacia a volte possono essere equivalenti, in questo caso particolare sono chiaramente due cose diverse. Perché è del tutto probabile che siano proprio l’assoluto disordine e l’inefficienza delle nostre menti a renderle così meravigliosamente creative. Se fossero state ottimizzate per un qualsiasi scopo preciso, opererebbero verso un singolo obiettivo per volta, invece di divagare

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lateralmente creando tutte le associazioni nuove e creative come fanno. In altre parole, è proprio l’inefficienza delle nostre menti che le rende le entità straordinariamente fantasiose e brillanti che sono. Tutto ciò non vuole insinuare che i processi evolutivi non portino a volte, o anche abitualmente, a nuovi organismi che utilizzano il mondo intorno a loro in modo più efficiente rispetto ai propri predecessori, o che partecipino a comunità o a reti ecologiche che hanno migliorato i flussi energetici. Ma implica che l’evoluzione e l’efficienza non siano necessariamente sinonimi. E la nostra specie innovativa e senza precedenti ha buone ragioni per esserne grata. 117


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INTERVISTA

SE A DECIDERE NON È SOLO IL CERVELLO Intervista ad Alain Berthoz

Professore in Fisiologia della percezione al Collège de France di Pierangelo Garzia Giornalista scientifico

Esiste una decisione puramente razionale? Siamo in grado di decidere nel modo più efficiente possibile? Che il no arrivi dalla scienza potrebbe sembrare un controsenso, ma gli scienziati sanno che l’uomo è condizionato, nei suoi processi decisionali, dalle esperienze passate, dalla sua età, dal sesso, da ciò che crede di volere ma in realtà non desidera. Il cervello, insomma, non è ciò che molti credono sia: riserva sorprese e, talvolta, decisioni sbagliate. Prendere decisioni. Il tema a prima vista pare frutto di elaborati processi mentali. Di problemi analizzati a fondo, soprattutto dal punto di vista razionale. Pensiamo a grosse decisioni in campo aziendale. Affrontiamo quell’investimento sulla nuova linea di produzione? Oppure a livello politico, o sociale. Ma anche nella nostra vita di tutti i giorni, già da quando dobbiamo decidere se alzarci al mattino o dormicchiare ancora, se proseguire una relazione affettiva, affidarci alle cure di uno specialista, oppure di un altro, come educare i nostri figli. Se ci pensiamo, prendiamo continuamente decisioni. Tanto che, dimostrano le ricerche sul cervello, siamo biologicamente “costruiti” per prendere decisioni. Alain Berthoz, professore di fisiologia della percezione e dell’azione al Collège de France di Parigi e direttore dell’omonimo laboratorio del Centre national de la recherche scientifique (Cnrs), ne è assolutamente convinto. Nel suo 118

libro dedicato alle ricerche in questo campo, La scienza della decisione (Codice Edizioni), scrive: «La decisione è una proprietà fondamentale del sistema nervoso fondata su meccanismi di simulazione interna del corpo e del mondo che si sono fatti più complessi di pari passo con l’evoluzione». Nasciamo e ci evolviamo per prendere decisioni, in rapporto al mondo. Berthoz studia da anni i processi decisionali, non soltanto dal punto di vista delle neuroscienze, ma anche in rapporto alle scienze umanistiche, sociali ed economiche. Gli abbiamo rivolto alcune domande su come il nostro cervello giunge a prendere decisioni e quali novità ci sono in questo campo di studi. Professor Berthoz, come decidiamo? Quali sono i processi mentali attraverso cui riusciamo a prendere decisioni efficaci? La nostra mente decide attraverso la combinazione, la cooperazione

e a volte la competizione tra le aree razionali e quelle emozionali del cervello. Per molto tempo sono state elaborate teorie in campo economico e industriale, attraverso lo studio delle patologie neurologiche, secondo cui si era portati a ritenere che l’uomo decida solo razionalmente. Viceversa è stato dimostrato, in particolare dallo psicologo Daniel Kahneman, premio Nobel per l’economia, che l’uomo non decide solo razionalmente, ma anche con un contributo molto importante del cervello emotivo. È una delle sfide principali delle neuroscienze moderne, e delle loro relazioni con le scienze umanistiche e sociali, capire se il cervello emotivo collabori o sia in competizione con quello razionale. Negli ultimi quindici anni stiamo assistendo a un momento molto importante in questi studi, oggetto di ricerche al confine di varie discipline, e in particolare nel settore della neuroeconomia.



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ve. In un ospedale, per eseguire un intervento chirurgico, prima si tiene una riunione con tutto lo staff, e nel diritto la condanna di una persona è una decisione collettiva, non unicamente del giudice. Abbiamo fatto molti progressi nello studio delle decisioni individuali, ma rimane un immenso campo di studi per quelle collettive, che rappresentano una nuova frontiera per le ricerche in questo settore.

Sono trascorsi dieci anni dalla pubblicazione del suo libro La scienza della decisione: cosa abbiamo scoperto in più su questo tema? Dalla pubblicazione di questo libro c’è stato un formidabile sviluppo di ricerche sulla decisione, sia in neurobiologia, vale a dire sui meccanismi fondamentali di tipo neuronale della presa di decisione, sia in settori più sociali, in particolare con la comparsa e l’esplosione delle neuroscienze sociali. La decisione, così come esposta nel mio libro, è stata oggetto di ricerche sia teoriche, attraverso modelli matematici, sia sperimentali, in neurofisiologia degli animali, che dimostrano che non soltanto il cervello, ma gli stessi neuroni prendono continuamente decisioni. Dalla pubblicazione del mio libro, la decisione è oggetto di numerose ricerche e dibattiti, ma le ricerche non sono semplici, perché come ho appunto scritto, la decisione è «una proprietà fondamentale del sistema nervoso». Inoltre, dobbiamo prendere in considerazione il settore della decisione collettiva, uno degli aspetti che ancora non è stato studiato a fondo. In un’azienda, non sono unicamente i dirigenti a prendere decisioni, così come in un’industria che crea un nuovo prodotto, per progettarlo e realizzarlo, occorrono decisioni colletti120

Quali aree cerebrali sono coinvolte nei processi decisionali? Ne è interessato il cervello cognitivo, che implica i centri della percezione, quindi corteccia parietale, frontale e prefrontale, oltre alle strutture della memoria con l’ippocampo. Il cervello delle emozioni implica a sua volta una struttura molto importante che si chiama amigdala, che riceve tutte le informazioni dal mondo esterno in maniera molto veloce ed è fondamentale per l’attribuzione dei valori, così come la corteccia orbitofrontale, studiata dal neuroscienziato Antonio Damasio, di cui tratta nel suo libro L’errore di Cartesio. La corteccia orbitofrontale è l’interfaccia tra l’amigdala e la corteccia prefrontale, dove vengono prese le decisioni; corteccia orbitofrontale e corteccia cingolata anteriore sono strutture che possono modificare le valutazioni fatte dall’amigdala. L’immagine caricaturale di queste strutture è un grande sistema cognitivo che va dalla parte posteriore del cervello fino a quella anteriore coinvolgendo la corteccia prefrontale, il sistema limbico con l’amigdala che attribuisce dei valori, e infine la corteccia orbitofrontale. Tra le due aree interviene un neuromediatore, la dopamina, quindi una parte dell’influenza del sistema limbico, il cervello emotivo, sul sistema cognitivo è attuato da un mediatore chimico, e questo è ancora un mistero. La capacità di prendere decisioni cambia con l’età e le situazioni? La questione va suddivisa in due parti: la prima riguarda le differenze individuali, vale a dire il sesso e l’età. La decisione presuppone che il cervello riceva prima di tutto delle informazioni. Noi sappiamo che in funzione dell’e-


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È stato dimostrato che l’uomo non decide solo razionalmente, ma anche con un contributo molto importante del cervello emotivo

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tà, dell’esperienza e del sesso, non abbiamo per nulla lo stesso modo di rapportarci al mondo esterno. Il mio ultimo libro, che s’intitola La Vicariance, in uscita in italiano da Codice Edizioni, tratta di questo argomento: la differenza notevole tra gli individui nel modo in cui ricevono le informazioni dal mondo in funzione del sesso, dell’età, dell’educazione e della cultura. Il secondo aspetto è che il cervello non si accontenta, come avevo spiegato nel mio libro precedente, di acquisire informazioni per prendere delle decisioni, ma impone al mondo le sue regole di interpretazione: prendiamo dal mondo solo le informazioni che ci interessano e inoltre le trasformiamo a priori facendo intervenire esperienza personale e memoria. A questa fonte di varietà si lega il fatto che per decidere andiamo a cogliere solo alcune informazioni legate alla nostra esperienza e, soprattutto, al nostro obbiettivo. E il cervello è una macchina che funziona per obbiettivi. Come decide uno scienziato? Nello specifico: lei si ritiene una persona che prende buone decisioni? Naturalmente no! Chi ha l’arroganza per sostenere di prendere sempre buone decisioni? Il neuroscienziato cognitivo francese Etienne Koechlin ha proposto, ed è uno degli ultimi progressi in questo settore, una teoria secondo la quale nel processo decisionale vi sono tre componenti: motivazione, presa in considerazione dalle strutture mediali del cervello, l’emozione e cognizione. Detta in un altro modo: ho voglia di una mela, preferisco la banana, ma decido per qualcos’altro. Ebbene, mi trovo nella stessa situazione: prendo delle decisioni in funzione dei miei ricordi, dei bisogni del momento, della motivazione, dell’emozione, e alla fine spesso sono più che altro spettatore della decisione, presa dal mio “doppio”. Ho scritto alcuni capitoli sul doppio, in La semplessità e La Vicariance; le decisioni vengono prese da questo nostro doppio che abbiamo nel cervello: assisto spesso con meraviglia e a volte con stupore alle decisioni che prende il mio doppio. 121


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RUBRICA

| OXYGEN VS CO2

L’ottimizzazione arriva dalle piante articolo di Renato Bruni Professore di Biologia all’Università di Parma

La mancanza di un apparato per eliminare gli scarti ha reso le piante pioniere di riciclo e riuso: i rifiuti vegetali vengono infatti trasformati in sostanze in grado di rendere più efficiente la fotosintesi, e migliorare funzioni come quelle di difesa e comunicazione. Ed è proprio da questa incessante attività di riciclo che derivano molti dei prodotti che utilizziamo tutti i giorni.

Reduce, reuse e recycle è il mantra della gerarchia dei rifiuti, secondo cui l’efficienza sostenibile deve tendere all’assoluto contenimento dello scarto finale, recuperando per altri fini ogni risorsa. Noi esseri umani ci siamo purtroppo posti il problema solo di recente e fino a pochi decenni or sono abbiamo dedicato misera cura all’impatto delle nostre attività e al reimpiego dei nostri rifiuti. Questa attitudine è in parte figlia della biologia, che ci ha dotato di un apparato escretore capace di eliminare con continuità ogni forma di scarto metabolico. Un’ispirazione per i nostri dilemmi di efficienza sostenibile può invece arrivare da organismi come le piante, prive di tale apparato e dunque obbligate a trovare risposte evolutive per gestire l’accumulo di rifiuti metabolici. Ad esempio, tra gli scarti fisiologici dei vegetali il più abbondante è l’ossalato di calcio, sale di un composto organico identico a quello che forma i calcoli renali. Per renderlo inno-

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cuo e smaltirlo, le piante lo compattano sino a ottenere cristalli di varia forma e dimensione, accumulati in apposite strutture cellulari diffuse in foglie e fusti. In alcune piante la loro presenza è massiccia: si pensi ad esempio che gli ossalati costituiscono circa il 70% del peso secco di certi cactus. Oltre a ridurre volume e presenza di questi cristalli, l’evoluzione ha provveduto a garantire loro nuove funzioni: dato che la loro presenza è inevitabile, perché non utilizzarli per scopi utili e riciclarne il senso, trasformandoli da zavorra e discarica a elemento funzionale? Ecco quindi che per massimizzare l’efficienza essi non ostacolano la normale fisiologia, ma operano come fattori antinutrizionali riducendo l’appetibilità verso gli erbivori, assumono forme tali da ostacolare la masticazione di insetti e parassiti (talvolta causando lesioni letali alle loro mucose), oppure divengono simili a piccoli specchi riflettenti, capaci di diffondere meglio e in ogni direzio-


Biomimetica × È il trasferimento dei processi biologici del mondo naturale a quello artificiale. L’uomo si ispira alla natura e, mimandola, trova soluzione ai più svariati problemi.

ne la luce nei tessuti clorofilliani. In questo modo, grazie al riuso di un rifiuto, le piante incrementano l’efficienza di due funzioni come fotosintesi e difesa. Ma il vertice del mantra delle 3R recitato dai vegetali è raggiunto dall’enorme varietà di metaboliti secondari che le piante sintetizzano a partire da scarti delle loro attività biochimiche. Le piante, infatti, non solo devono riciclare molecole di scarto, ma devono sopperire ad altre differenze rispetto agli animali, come il fatto che non possono muoversi, difendersi attivamente, segnalare con suoni o gesti le loro necessità, e non si possono riparare dall’eccesso di freddo e calore. La soluzione che l’evoluzione ha affinato per esse prevede un’elegante e poliedrica combinazione di riciclo, riuso ed efficienza. Appartengono a questa categoria composti noti all’uomo per vari scopi, come i polifenoli del tè e del cacao, i flavonoidi di arance e cipolle, gli antociani di vino e mirtilli, i caroteni di pomodori e zafferano. Prodotte dal bisogno di riciclare materia organica di scarto che non può essere escreta all’esterno, nei vegetali queste molecole finiscono per divenire parti importanti dei sistemi di comunicazione (cromatico, olfattivo, gustativo), e di difesa (contro nemici vegetali e animali, contro i radicali liberi), spesso essenziali per avvantaggiarsi sulla concorrenza o per adattarsi al meglio in condizioni di vita altrimenti ostiche. L’efficienza di questo sistema non è data solo dall’efficacia intrinseca, ma dalla capacità di sopperire contemporaneamente a più esigenze in funzione delle necessità: gli antociani dell’uva rossa al tempo stesso segnalano la maturazione del frutto agli uccelli che devono diffondere i semi, contribuiscono alla difesa contro funghi e muffe, proteggono il DNA dalle mutazioni genetiche e le membrane cellulari dai radicali liberi. È grazie alla grande differenza che intercorre tra noi e le piante, unita all’efficienza del loro sistema di gestione dei rifiuti, che i vegetali ci offrono alcuni farmaci, molti cosmetici e pigmenti, e ci garantiscono aromi e sapori.

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LA SCIENZA DAL GIOCATTOLAIO

Fare. Giocare. Rifare articolo di Davide Coero Borga

Makedo è forse uno dei giochi più semplici e creativi che ci sia: un kit di fascette, morsetti e seghetto per dar sfogo alla fantasia dei bambini e farli armeggiare con scatole e scatoloni alla ricerca della costruzione più amata. Nato dall’idea del designer Paul Justin di permettere ai bambini di oggi di sviluppare la propria creatività, spesso soffocata da giocattoli già “completi”, si inserisce tra i nuovi giochi eco che piacciono sempre di più ai bambini, e all’ambiente.

Le bambole e i pupazzi che da piccoli abbiamo scelto come protagonisti delle nostre avventure sentivano l’entusiasmo, la paura, la felicità di cui caricavamo le loro anime di plastica e gommapiuma? I giocattoli sono capaci di provare, ad esempio, imbarazzo? Domande filosofiche. Certo è che, coi tempi che corrono, a noi capita di assistere a situazioni imbarazzanti e assurde un giorno sì e un giorno no. Protagonista, magari, un balocco. In scena, dopo lunga e sofferta meditazione sul dono con cui presentarsi alla festa di compleanno dei figli degli amici, ecco l’irreparabile: aperto il pacchetto regalo di fiocchi e lustrini, il marmocchio si mette a giocare con la scatola gettandone via il contenuto. A saperlo prima si sarebbe investito di più in cartonato. I bambini sanno stupirci. E tutt’a un tratto quello che pensavamo essere una sciocchezza può trasformarsi in un concentrato di appeal giocattolaio. Ma che sta succedendo? È un nuovo trend? Ritornano i giocattoli di una volta, semplici, fatti a mano (o che perlomeno ci somigliano), poveri e sbiaditi? Dalle costruzioni con mattoncini in legno, ai personaggi di

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carta che profumano di origami – è vero – si sta imponendo una nuova categoria di giocattoli: eco chic, eco design. Con tanti saluti ai plasticoni. E la vera novità è il giocattolo fai da te. Si chiama Makedo: piccole confezioni piene di fermacampioni, cerniere, tasselli e arnesi con cui dare vita a giochi pantagruelici. Con cartoni da imballaggio e il naso nella raccolta differenziata il divertimento è assicurato. Un kit giocattolo che permette ai bambini di costruirsi da soli nuovi balocchi utilizzando scatole vecchie, ritagli di plastica, pile di giornali da buttare. CO2 neutral. Efficienza giocattolaia. Il giocattolo del fare, che è stato lanciato sul mercato australiano qualche anno fa, sta ritagliandosi un’importante fetta di mercato in America come in Europa. Il centro giochi educativo e gli shop dei musei della scienza se lo sono subito accaparrato. È un giocattolo smart. Si limita a rifornire le giovani mani di clip e connettori in plastica grazie ai quali mettere insieme costruzioni di scatole da scarpe, vaschette di yogurt, cartoni del latte e altro ancora. Non c’è più motivo per sentirsi a disagio se vi dimenticate di mettere fuori la raccolta differenziata per il porta a


porta! Può tornare buona a vostro figlio o al nipotame riunito. Paul Justin, il designer industriale che ha inventato Makedo, ha avuto l’idea quando ha avuto il suo terzo figlio. È lì che ha realizzato che i giocattoli con cui aveva giocato da bambino lo avevano aiutato a crescere con un cervello creativo. Ma se le scatole del Lego gli avevano innescato i primi pensieri da costruttore e progettista, è pur vero che si era dovuto accontentare del “cantiere” in miniatura del garage di casa, senza riuscire a fabbricare oggetti e macchinari più “ambiziosi”. È partendo da questi limiti che è diventato un toy designer. Il suo kit da piccolo costruttore è composto da tre semplici oggetti: una fascetta snodabile a doppio clip, un morsetto a cerniera e un seghetto dalle punte stondate. Un trittico di strumenti che ha però dimostrato di essere incredibilmente versatile. Uno sguardo veloce alle immagini condivise dagli utenti in rete mostra come da semplici scatole e ritagli possano nascere autoveicoli, mezzi da lavoro, mostri spaventosi ed edifici colorati. Accanto a complessi e intricati labirinti, cupole geodetiche, e persino abiti da indossare. In un momento in cui la maggior parte dei giocattoli sembrano coloratissimi, brillanti e indistruttibili, e richiedono che l’utente si legga manuali d’istruzioni lunghi come un romanzo, Makedo si presenta come l’antigiocattolo. E sicuramente c’è qualcosa di sovversivo nel dire che tutta quella roba che fino a ieri abbiamo chiamato spazzatura, forse oggi nasconde il migliore dei giochi. Chi fa più fatica a capire l’antifona sono anzitutto i genitori. «Quello che cerchiamo di fare» afferma Paul Justin «è aiutare i bambini a sviluppare il pensiero creativo». Parole che possono suonare stonate a chi ha appena trovato conforto nel caldo bagliore di un tablet, il migliore dei baby sitter. Lasciare che i bambini costruiscano qualcosa sul serio, con le loro mani, incoraggia la fantasia e dimostra che si può riutilizzare qualcosa di vecchio per dar vita a un gioco sempre nuovo.

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22 02.2014

Co COVER

EFFICIENCY INCREASES GROWTH We are and will be increasingly more numerous, long-lived, healthier, and will consume huge quantities of products in a planet with resources in progressive depletion. The only way to survive is to use what we have better and produce more with the same amount of resources. Efficiency: a need which also becomes an opportunity for development that enters into all areas of our daily life – social, economic, political – and that can become the engine of global growth. Starting with the concept of energy, everything has to be rethought and restructured. Oxygen recounts this paradigm shift of everyday life, in which new paths, professions, and industries have already come into being: an economy that invents solutions for a sustainable future in which efficiency creates more efficiency, a progressive and spontaneous growth. Just as in nature (and as described by the Fibonacci sequence on the cover) we can too.

Ed EDITORIAL

NEW FOUNDATIONS FOR THE EU ENERGY POLICY by Alejo Vidal-Quadras Vice-President of the European Parliament

As stated in the Strategy for Competitive, Sustainable and Secure Energy for 2020, energy is the life blood of our society. The well-being of people, industry and economy depends on safe, secure, sustainable, and affordable energy. Therefore, formulating the right energy policy is an essential task for the EU, which has identified three central goals: security of supply, competitiveness, and sustainability. To achieve these objectives,

energy efficiency plays a vital role. In brief, energy efficiency means doing more with less through a better use of energy resources. This strategy has obvious benefits. Firstly, energy efficiency helps to guarantee security of energy supply, by reducing energy imports, which in the EU represent as much as 50% of its current consumption, a figure that could reach 70% by 2030. Secondly, efficient energy means less CO2 and fewer harmful emissions, a reduced impact on eco-systems, and a better quality of life for people. Last but not least, energy efficiency measures cut costs, thus enhancing the competitiveness of European industry, and reducing household expenditure and therefore the rate of fuel poverty. At the same time, it paves the

way for new jobs and businesses such as in building renovation and refurbishment, compensating for the reduction of activity in the construction sector, which has been badly hit by the economic crisis. According to the European Commission’s data, it is estimated that up to 2 million jobs can be created or retained because of energy efficiency endeavors. Furthermore, the technological advances that European energy enterprises could achieve in this field would give them an advantage over our competitors abroad. These positive features have become even more valuable in the current energy scenario, which is characterized by the EU’s high level of external dependency, the increase in the energy demand worldwide, the

pessimistic prediction about the medium-term longevity of oil and gas, and the threat presented by climate change. Therefore, it is easy to understand why improving energy efficiency is one of the main axes of a sound EU energy policy and has found broad support in the European Parliament. In fact, according to the International Energy Agency, we need to start considering it as one more type of fuel, alongside oil, gas, coal, or renewable energy, even though you cannot see or transport it as you can these other energy commodities. If we focus on EU action in the field of energy efficiency, the first measures were adopted in the 1970s, when the first oil crisis gave rise to an energy policy intended to increase the low level of energy self-supply.

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Since then, we have taken important steps forward and approved several Directives and Regulations in order to promote energy efficiency. This is not the place for a thorough examination of all the measures approved by the EU, but it is worth underlining that the last decade has been crucial in putting energy efficiency among the main priorities of European energy policy. Hence, since 2000, we have regulated fields such as the energy performance of buildings, energy end-use efficiency, and energy services, eco-design of energy-using products, labelling of energy-related products, and cogeneration. Furthermore, the Lisbon Treaty has provided the Treaty on the Functioning of the EU with an article which expressly recognises the promotion of energy efficiency and energy saving as a goal of the Union’s energy policy, and the European Council has established a specific, albeit non-binding, target for 2020: to reach a 20% improvement in energy efficiency. This target is measured by Energy efficiency aiming to save 20% of the EU’s energy conendeavors could create or sumption compared preserve up to 2 million to projections for 2020. jobs. Furthermore, the However, the EU is technological advances not on track to fully achieve these energy that European energy savings by 2020. enterprises could achieve The most recent steps in this field would give taken in this regard were them an advantage over our the 2011 Energy Efficiency Plan and the 2012 Encompetitors abroad ergy Efficiency Directive. The latter repeals or amends several previous directives and aims to constitute a comprehensive piece of legislation covering all end-use sectors except transport. In addition to legislation, financial support to encourage the application of energy efficiency measures is available through various EU programs and instruments such as the European Energy Efficiency Fund, launched in 2011 with a global volume

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of 265 million euros, the Intelligent Energy-Europe Program II, which focuses on removal of non-technological barriers to energy efficiency and renewable energy market uptake, and the ELENA Facility, created to provide technical assistance grants to local and regional authorities for the development and launch of sustainable energy investments across their territories. At this moment, the European institutions involved in the legislative process are discussing the framework for our energy and climate policy for 2030. The debate focuses on the question of which targets the EU wants to establish. In the current framework, apart from the energy efficiency target already mentioned, two other targets, which unlike the energy efficiency one are binding, were approved for 2020: to reduce greenhouse gas emissions by 20% and to increase the share of renewable energy in the total mix to 20%. For the new framework, the most controversial issue is the number of targets and whether or not they are binding. I hope we can learn from experience and not repeat the mistakes of the past. In my opinion, it would be advisable to establish an energy efficiency target which could be defined in terms of energy consumption divided by the GDP and not purely as energy savings. This way, economic growth would be taken into account. The reason is that this target should not lead to an absolute cap on energy consumption but stimulate competitiveness and sustainable growth. In other words, we need to reduce the growth rate of internal energy consumption through a rational and economically sound usage which does not jeopardize social and economic growth. It is true that we are going through a period of economic crisis where public and private investment is subject to great restrictions, but the benefits afforded by increasing energy efficiency justify a special effort in order to meet the target agreed upon for 2020 and establish a new and binding one for 2030.


ENGLISH VERSION

THE WORLD’S FUTURES: TODAY’S INDICATIONS FOR TOMORROW’S SOLUTIONS More numerous, more affluent, more technological, and always on the go: that is how we will become in the very near future. But at what price? The depletion of resources, exploitation of the earth’s surface, and economic imbalances are not written in our destiny. There are many clues that anticipate the possible scenarios that lie ahead. There is a way to live on a planet that is changing and it’s called efficiency: a way forward to be pursued with new models of economy and mentality. by Virginie Raisson Director of Lépac

young Europeans disillusioned by the crisis, unemployment, and the pessimistic media. So are we witnessing the last breath of an industrial civilization that is being exhausted or is it a durable detente? And are the vagaries of the climate and the economy the premises of the impending apocalypse or the genesis of a new era? Obviously, we have to wait for an answer, because the future has not been written yet. However, we can already put together the clues at our disposal and identify the choices for a desirable future that must be made right now. To start with, the expansion of the middle class and its growth in large urban centers provide us with clues to the standardization of lifestyles and diets. But are we aware that by 2030 Asia’s share of middle-class consumption should increase by 570%, and that by that date it will represent 3,5 times that of Europe and North America combined? In addition, it is also estimated that accommo-

dating one and a half billion more people twenty years from now would require the construction of at least 100,000 homes a day! Not to mention the 25% increase in the number of calories consumed between now and 2050 would require a doubling of agricultural production. More generally, based on demographic and economic projections worldwide, the generalization of the Western way of life raises the important question of the resources availability, distribution and optimal use. In other words, and in more general terms, politics, technology, or GLOBAL POPULATION, WEALTH AND CONSUMPTION

World consumption World GDP World population

+162% +157% +55% %

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When considering the future, the only thing we can be sure of is that it will be born from the present. Therefore, one should begin by examining today’s trends, not so much to outline how tomorrow will be, but how it could be. First, we observe that life expectancy continues to grow: with the decline in infant and maternal mortality and the decrease in deaths related to infectious diseases, life expectancy in the last two decades has passed from an average of 65 to 70 years at a global scale. By 2050, the population of the rich countries might even manage to live for 120 years, thanks to advances in medicine. We also note that in the over twenty past years, wars have continued to diminish. Instead of the twelve so-called major conflicts (those causing more than 1,000 deaths per year) that existed in 1991, today there are only seven. If this process is due to the fact that the cost of war has gradually increased as the economic interdependence has developed, it also relates to the increase in average purchasing power. Now acting as a social contract in most emerging

countries, promise of individual prosperity steers populations away from violence for both, the benefit of political stability and human rights. For example, just think what the political regimes were in places like Latin America, the USSR, Yugoslavia, South Africa, and Cambodia in the Eighties and the Nineties! Also, remember the poverty in which people had lived in China, India and Brazil until the Nineties. Gradually having created a middle class thanks to global economic growth, today these countries are reorganizing world welfare state, well-being, investments, and production. And although inequalities are actually increasing all over the world, there is an increasing number of people who consume more and more, take better care of themselves, move from place to place, or attend college more than ever before. The number of new graduates for instance, could go from 128 million in 2010 to 206 million in 2020, an increase of five times higher than the growth of the world’s population, that might very likely change the geography of the world’s knowledge, talent, and discoveries. And not only that… Because at the same time, civil society, democracy, and women’s rights also progress via the Internet, mobile phones, and social networks. By giving a global echo to local challenges and inviting public opinion to participate in political decisions indeed, Twitter, Weibo or Facebook now facilitate exchanges and debates in places like China, Burma, and Iran. In summary and as faced with this brief report, the future seems to be full of good omens… at least for Brazilians, Indonesians and Angolans who consider their “Glorious Thirty” still to come. But at what price?, may ask the people of Harbin, a Chinese city suffocated by population growth. For how long?, may also wonder the people of Kiribati archipelago, which is likely to disappear from the map because of rising oceans. And how?, may finally answer

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the decline in fertility will be useless if the whole humanity decides to align their habits and desires to those of the rich countries. Knowing that the need to preserve the way of life of future generations is the only valid argument for opposing the legitimate desire of emerging countries to achieve the comfort of our societies, Europeans will have to join forces for progress in following the dual path of efficiency and sobriety. Given the meager natural endowment of Europe in terms of mineral resources or fossil fuels indeed, it is becoming increasingly clear that the economic, social, and political cost of commitment to european solidarity will be significantly less than that which the impoverishment and frustration of the middle classes would expose Europe to in the coming decades. As for weak messages, xenophobia and populism are now increasing in most EU countries. In turn, the global reorganization of production and consumption refers to our model of growth and competitiveness as well as to its energy and its environmental impacts. For example, it is estimated that the total number of air passengers will double by 2030, so as the number of vehicles by 2035. Now, knowing that transport already makes up one-third of the global energy demand and about 20% of greenhouse gas emissions, it immediately raises a motorization issue... And if exploiting shale gas deposits and new natural gas wells in the Arctic region will temporarily marginalize the problem of energy prices, it should hardly conceal the increasing cost of pollution and climate changes. Furthermore, this cost may be so high that the economic growth could eventually and paradoxically produce scarcity, and make our economic model exert itself. Yet, to the extent that it seems increasingly useless to try to restrict the mobility of peo-

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ple and restrict the free flow of commerce, supporters of growth are turning to technological progress, making an appeal for the energy savings that would result and that ability to boost development. In fact, because they are mobile, globalized, and equipped with free broadband connections, technologies could reformulate all the possible futures, from the sphere of agro-forestry to that of health or privacy. Thanks to the Internet indeed, humanity is being invited to adopt new practices, create new economic models (P2P, C2C, etc.), reconfigure spaces, and change the distances; also to reorganize solidarity, trade, and health care systems. And while the northern hemisphere is producing new forms of collaboration, innovation and inventiveness are being stimulated in the southern hemisphere. Finally, new technologies carry the hope of cleaner, more equitable, supportive, sober, reasoned, and transparent development. However, looking closer, it appears that mobile technologies and their rapid spread are sending rather confused signals about the transformation of the world. For instance, as promising access to education for a huge number of people through e-learning or the MOOCs, they subject humanity to the almost complete monopoly by China, where 95% of the rare earth elements and minerals essential to new technologies are found. Similarly, although cell phones are raising the local economy in Africa, especially by allowing safer transfers of money or improving agricultural activities, its low-cost accessibility demands to cut production costs, and consequently, to reduce the wages and social rights of the workers who assemble the devices in China or Vietnam. Finally, if on the one hand mobile technologies permit avoiding a considerable amount of movement (and therefore

time and energy) by delivering information in real time, on the other hand, the data centers where the information is stored already account for about 2% of the consumption of electricity worldwide, and 7% in the case of Europe. Today data centers are increasing by approximately 20% each year, and by 2020, these may emit even more CO2 than air traffic worldwide! In other words, knowing that new technologies are going to rewrite our future, new constraints may appear with them, just like they appeared in the past with the steam engine, the reciprocating engine, and electricity. In short, new technologies will not shield humanity from the challenges related to the depletion of resources, nor supply the resilience that will be called for. On the contrary: these should convince us to implement the necessary changes, without further delay. The first change is both an economic and energy matter, and it should motivate us to change our financial logic and industrial growth in favor of the less predatory dynamics that are already proposed by the circular types of functional, collaborative, and socially and jointly responsible economic models in order to optimize the use of our resources. However, to be globally effective, the new forms of production and sharing would require a profound change in our fiscal policies in order to enhance the scarcity of resources, the stability of industrial goods, the quality of services offered, the ecological impact (climate, pollution, exhaustion), the value added to our welfare or the energy efficiency of the product. Until the time comes when the price of our cell phones or our burgers also includes that of the depletion of resources necessary for their production, it is unlikely that we will be able to go for an innovative model in which prosperity and well-being are not only related to the

exploitation of resources and their consumption. Opposing this almost utopian ambition is the reality of the democratic agenda that subjects the public interest (and the long-term policies that they require) to the logic of elections, which, however, require that the elected candidate will produce results in a few years. But an election is not won in Europe or anywhere else by promising a carbon tax, the introduction of fishing quotas, the discontinuation of subsidies for cattle breeding, or raising the price of electricity. In Rome, Paris or Berlin, the chances of a candidacy are still measured according to promises of growth and progress that continue to conceal the limitedness of resources and the real stakes. Therefore, it will be necessary to adopt other forms of governance, most of which do not sacrifice the environment and resources on the altar of parliamentary democracy. Some may suggest that future generations should be granted some kind of political representation. Others suggest to extend the principles of precaution and liability to new areas, such as natural resources or water; or to adjust the level of decision to the extent of what is at stake, especially in large urban areas; to introduce mechanisms of the collective or collaborative management of common goods regardless of the State; to develop new forms of citizenship, and so on. In short, the possibilities exist to adapt democracy to the reorganization of the population, economy, and natural resources in next decades. However, the achievement of these measures and solutions first requires a true change in mentality. As a first and essential step for a desirable future indeed, we need to overcome our fear of change so as not to yield to more stringent and more manifest interests, whether they be powerful lobbies‌ or our own habits!


ENGLISH VERSION

Sc SCENARIOS

A SPRINGBOARD FOR GROWTH Europe has decided to undertake an ambitious path to raise the targets of saving: this is an important step for reducing dependence on imports and encouraging production in order to relaunch the economy. And studies already point out that the investments made in this area in recent years have been the most fruitful. by Alessandro Farruggia Journalist Rather than it being a constraint, there is now an opportunity. And to get out of a deep crisis like the one we are currently in, this opportunity cannot not be exploited. Economic surveys show us that energy efficiency is one of the best solutions for relaunching a mature country, and they indicate that it might be a strategic driver of development, an engine of the GDP, the level of employment, and of the entire production chain. Therefore, a green light has been given to the Confindustria’s Smart Energy Project, which through a realistic set of measures to be taken between 2014 and 2020 resulting in savings of 16.8 Mtoe of primary energy (thus less than the 20 foreseen by the National Energy Strategy), expects that, concerning costs on the public budget of €10,485 in 7 years (i.e. less than what is spent in a year for renewable electricity), there would be an economic impact of €42.2 billion with a total net benefit of over €31 billion. This awareness is widespread. Energy efficiency makes sense not only environmentally but also economically, and its impact goes beyond common perception. Considering the investments made since 1973 in 11 major developed countries, the IEA estimates that in 2010, energy efficiency was the first source of energy, with a cumulative impact on the annual use of 63 exajoules compared

to the 43 of oil and 22 of natural gas. So it pays off, and it will yield even more in the future. The 2013 World Energy Outlook wrote “a renewed focus on energy efficiency is being asserted, which extends benefits far beyond improving competitiveness. In addition to lowering industrial costs, energy efficiency measures mitigate energy costs for property owners and reduce energy imports. The problem is that two-thirds of the potential for economic efficiency is likely to not be exploited unless some economic barriers are overcome, primarily the fossil fuel subsidies, which amount to 544 billion dollars a year.” A great deal of political will would help and Brussels – even at the risk of a split, seeing as London and Warsaw are against it – seems determined to raise the bar from the 20-20-20 targets of the EU climate and energy package of 2007 to the more ambitious 40-30-40, presented by the committee in late January, and which has been discussed and evaluated positively in the European Parliament. This is a bold step, seeing as only half of the expected 20% has been achieved so far: but instead of hiding behind the inability to do more, the Commission has chosen the path of ambition. “It is essential for our competitiveness and the stability of the European regulatory framework to give a clear signal to our businesses,” emphasizes Anne Delvaux, member of the European Parliament representing the European People’s Party and speaker of the Environment Committee. “A 40% reduction in greenhouse gas emissions, 30% in renewables, and 40% in energy efficiency would allow investors to have a mediumterm vision, which is essential for any economic activity. The three mandatory targets are also essential for reducing our dependence on non-EU countries. The EU is the largest importer of fossil fuels in the world. Our resources are essentially renewable. To reduce our imports and the trade balance deficit of our energy, we can act in two ways:

on the production of renewable energy and on reducing our consumption. That is why I hope that energy efficiency becomes the true cornerstone of our strategy. In addition, a recent communication by the European Commission has confirmed the great potential of these sectors in terms of creating jobs without the necessity of relocation. In a period of economic difficulty, this is an opportunity that we cannot afford to miss out on.” Energy efficiency is also a powerful vector of innovation. Just look at the work carried out by Enel Lab which, as one of the finalists of the 2012 edition, demonstrated a project such as Calbatt, a technology that allows optimizing the charging cycle of batteries, created from a spin-off of the University of Calabria. Or Athonet, a technological solution that enables the creation of a network of traffic data for smart grids. Or even Smart-L, a system for the management of public lighting that improves energy efficiency and at the same time, controls the territory, because in addition to intelligent public lighting, it also allows for video surveillance and traffic monitoring. So energy efficiency does not mean tightening our belts, but rather, using energy better: less energy to do more things. According to the Polytechnic University of Milan, in Italy the potential savings range from 195 to 288 TWh, 95% in the residential construction, tertiary, and industrial sectors; but to achieve this, there needs to be a reduction in the gap between the strategy and its operational implementation. Suffice it to recall that Law 10

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of 1991 placed us at the forefront of regulations on energy saving in the building sector, but then up until 2005/2006 implementation decrees were lacking, and for a long time now, the norm has been an exercise in style without any real ability to produce effects. The potential therefore exists, and the industry sector is ready, but a political change of pace is needed in order to turn this dream into reality.

Energy efficiency makes sense not only environmentally but also economically, and its impact goes beyond common perception

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Op OPINIONS

strong impression that energy conservation meant a change LETTER ON ENERGY TO in lifestyle, to one that they FUTURE PRESIDENTS considered less comfortable. That was a very unfortunate Energy efficiency should be seen outcome, because increasing as a priority on the agendas of our energy productivity does governments around the world, not necessarily require any starting with the more develsacrifice at all. Many people oped countries. But citizens of(particularly in Berkeley) say ten fail to recognize its benefits. that putting on a sweater is not What does this mean in praca decrease in quality of life. So tice? What are some of the fields let me make a stronger statein which it can be applied? In a ment: properly implemented, sort of open letter, energy effian increase in energy producciency is made clear and tangitivity does not reduce even the ble to all those who may become perceived lifestyle of those who presidents one day. participate. All this sounds incredible for sevby Richard Muller eral reasons. The first is the old Professor of Physics at the dictum that there’s no such thing University of Berkeley as a free lunch. How can there be an action with no downside? The second is that people aren’t The biggest item on the alternastupid. If this is such a great idea, tive-energy menu is not nuclear why isn’t it being done already? power, not solar, not natural There are explanations for both of gas, not coal or oil or synfuel or these, but they lie primarily in the any other supply. It is something realm of psychology – the result with much greater potential, of poorly explained and poorly cheaper than cheap, and it could implemented policies in the past. be ready and in place in time for It’s the very boring nature of this your reelection campaign. This investment that may explain magical energy source is not why people don’t take advantage actually a new energy source at of it. It turns out that ordinary all; it is an increase in our enboring but comfortable energy ergy productivity. That means acconservation yields a far better complishing the same tasks we return on investment than virnow do, but using less energy. tually anything else, and it is esThere is no more urgent ensentially risk-free. The web page ergy-related action for you www.energy.gov/public-services/ to take when elected than to homes/home-weatherization create and gives a formula implement a for calculating The effective sensible enerthe payback interest rate is gy productivperiod – that is, 209% and their ity policy. The the number of long lifetime most amazing years it takes aspect of your makes their value before the savpolicy will be ings in energy greater its cost: zero. pay for the cost Zilch. In fact, it should be profof installing insulation. Withitable. That’s what I meant out going into the details, let me by ‘cheaper than cheap.’ simply say that the formula takes In 1979 President Jimmy into account plausible costs, Carter asked the public to plausible efficiencies, plausible turn down their thermostats everything, and shows in its exand “put on a sweater.” Most ample a payback period of 5.62 people didn’t like it. Soon, years. Surveys taken by public as the oil supplies increased utilities have shown that many and the price crashed many people think a period of 5.62 people took off their sweatyears is awful; it takes way too ers and turned up the heat. long to get your money back. It Worse, they were left with a sounds like you’re making a loan

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ENGLISH VERSION

(to your home) and receiving no interest. After 5.62 years, you’re just even. Terrible investment! They conclude they can’t afford to install insulation. But let’s look at the investment more carefully. Why don’t more people do this? Part of the reason is undoubtedly confusion. Instead of “payback period,” which is a new concept for many people, and has the prejudice that any payback period greater than 3 years is a hardship on the consumer, we should refer to conservation measures in terms of the annual return on investment. Replace incandescent lightbulbs with compact fluorescent lights (CFLs). The effective interest rate is 209% and if you add in the short lifetime of a tungsten filament bulb, the value of the CFL is substantially greater. Have you switched to CFLs? If not, why not? Is it that the savings are too small? The cost of operating an inefficient tungsten bulb is only a little more than 3¢ per day. With each CFL, you save less than $1 per month. So who cares? People in the developing world care, maybe because they are more sensitive to the savings. In my travels in Morocco, Paraguay, Kenya, Costa Rica, and Rwanda, I was amazed to see how common CFLs were.

When $1 per month makes a difference, people notice. For the home owner, 10 CFLs add up to $10 per month, $120 per year. For big companies that invest in millions of bulbs, the 209% return is spectacular. When you are president, in addition to cajoling your public into making 209% safe, tax-free investments, and educating them about the payback formula, there are some other things you can do. Cool roofs. The tiles are somewhere between orange and brown, similar to terra-cotta. You might never guess that this roof reflects more than half of the sunlight – half of the incoming heat – that hits it. That’s because more than half of sunlight is infrared heat radiation, invisible to the eye but not to your skin, and not to the roofs of houses. If you make the surface just right, you can reflect the heat without affecting the visible color. Are you thinking of installing solar cells on your roof? If you use air-conditioning in your home, you are likely to get a higher return on your investment if you put up a cool roof instead. You will reduce the heat absorbed on your roof by a factor of 2, and you can save considerable money on

the energy you didn’t need for the air conditioner. Improvements in automobile efficiency can also be a great investment. When I was young, typical auto mileage was 16 miles per gallon. Now the US average for autos is 30 miles per gallon. What’s the difference? At 10,000 miles per year, the difference in the amount of gas you’ll need is 292 gallons per year, and at $3.50 per gallon, that’s $1,020 per year. If you paid $10,000 extra for that efficiency, then your payback period would be 10 years, giving an effective interest rate of 100% ÷ 10 = 10% per year. Refrigerators sound like a dull topic, but they give a wonderful example of energy efficiency leading to win-win solutions. In 1974 the average refrigerator in the United States had a volume of 14 cubic feet; in 2012 the average is 23 cubic feet. Do these highercapacity refrigerators use more energy? No! The newer refrigerators use 72% less energy. The new refrigerators have better insulation and use more efficient motors, reducing electricity waste. In implementing energy policy, beware – some measures you can take sound good but, upon more careful consideration, don’t accomplish much. Many expensive conservation schemes are pushed because they make people feel good. It is important to identify the popular measures that really don’t accomplish any good.

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Many people take it for granted that increased public transportation is the obvious solution to our over-reliance on autos. Buses carry more people per pound than does a car, so you might think they would get more miles per gallon per person. And they would – if buses were always full. Public transportation can save enormous energy when used in crowded urban environments, but ironically, it can waste energy when used in suburbs and countryside. A detailed study of bus transportation in suburbs around the country done by the Institute of Transportation Studies at Berkeley found that the average break-even point is determined by population density. If there are more than 15 households per acre, then public transportation works. If the population density is lower, then using buses increases energy use. This means that if you live in a suburb with quarter-acre or even one-tenth-acre lots, your community will not save energy by establishing bus routes. There are often hidden subtleties and unintended consequences. Recognize that people who are misinformed about its virtues are likely to be upset when they find out that they’ve been misled. Extract from Energy for Future Presidents by Richard Muller. Published by arrangement with Brockman Inc.

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In INTERVIEW

COLOMBIA: AN ILLUMINATED COUNTRY How can a country go from having energy instability and a period of strict rationing to receiving international recognition for its efficient energy system? The Colombian Minister of Energy explains this to Oxygen, telling us step by step about the stages, strategies, and organs that have made this success possible, thus becoming a model that other countries in South America could adopt.

interview with Amylkar Acosta Medina Minister of Mines and Energy of Colombia by Carlos Fernando Gaitán Journalist

In a just few years, Colombia has gone from having blackouts to an efficient management of its energy, and the Minister of Mines and Energy explains how, in the midst of strict rationing rules, the country gave birth to a new model of power generation that is now recognized worldwide for its importance. “We did not achieve this goal overnight. First Colombia had to go through the bitter experience of power rationing which lasted for 14 months, in 1992 and 1993.” This period of blackouts, known as ‘el apagón’, was when the government gave birth to a new model of energy generation, which today enables the country to rank fourth in the world for sustainability and fifth for efficiency, according to the classification of the World Energy Congress which brings together 180 countries from around the world. It recognizes the Colombian Minister of Mines and Energy, Amylkar Acosta as one of the most competent people in the sector, and who, as a member of Congress, was part of the committee that drafted the

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new lines of energy policy in this South American country. “This international recognition primarily has to do with the proportion of the renewable energy mix that derives from water, which represents more than 74% of the country’s generation capacity.” The Minister explained that the blackout taught some lessons that were incorporated into Law 143 of 1994, in which the future of the sector took shape and the new rules of the game were established. “One of the most important matters was to give greater participation to private investors. In Latin America, the sector vacillated between regulation and deregulation. The region has had a long history of state investment: this was interrupted when a middle ground was enforced through this law. We shared the premise that ‘there must be more market possible and as much state as necessary’. More colloquially, not too much to burn the saint, enough to light him up”, Acosta noted. And that model has paid off. The starting point was the fact that the state should intervene only to ensure that the market functioned properly. And this policy has remained unchanged since then. Very clear legislation and the creation of a regulatory body were added: the Commission for Energy and Gas Regulation (CREG), supplemented by experts for fixed periods, and even through it depends on the Ministry, it has sufficient autonomy to establish the rules of the game. “Being able to rely on clear and stable rules has significantly contributed to making the Colombian electricity sector one of the most attractive for private investment. This means that the rates really do meet the technical criteria and are not a political decision.” According to Acosta, another factor that has contributed greatly to the efficiency is that, with the sig-


ENGLISH VERSION

nals that the CREG has given to the market, Colombia has gone from having a generation portfolio that was too dependent on water generation to having increased its component of thermal generation, thus gaining in reliability and stability. Acosta pointed out that one of the reasons for rationing was having underestimated the cost of water. It had started with the thought that fuel from water energy would not be expensive, its being simply water, and instead the consumption of thermal plants had a higher cost for their input. For this reason, the thermal power plants were discarded when the time came to define a strategy to expand. “We were then able to introduce a new variable in the model, in addition to the criterion of minimum cost, and taking even the slightest risk into consideration. That was why the ‘reliability fee’ came into being, which has made the execution of the largest projects that the electrical system of Colombia can count on possible. In a sense, it is a surcharge that is added onto the end users’ rates.” For the Minister, it is a kind of insurance or shoring to ensure the reliability and stability of the sector. “I have made comparisons with other countries where there is no such fee for reliability, but where there have been not one but many blackouts in recent years. Whereas in Colombia, there have been no more blackouts. And the explanation is that we have this protective shield,” Acosta says. And although the fact that all these measures have allowed the country to get to the point where it is in the field of energy efficiency, industrialists have complained about the price of energy in Colombia. That is why our ministry has commissioned a study that sets out a series of recommendations to reduce the cost of generation, which

should have consequences on the utility bills for both factories and private homes. For this reason, from now on we will be working more on the efficiency of trade and transmission variables, taking advantage of the fact that the five-year period of the revision of the current model is almost over, and try to reduce the rates. And this is compounded by other decisions of the CREG, such as the change in methodology for the procurement of natural gas that until 2013, allowed it to negotiate for 80% of the gas that Colombia will consume this year at a price of 30% less. And since gas is the fuel of thermal power stations, it is expected that this reduction will have an impact on the end users. Another measure by which the government will seek to achieve greater efficiency has to do with the application of a rate differential which consists of establishing a lower rate for consumption during off-peak hours. More recently, through the Program of rational and efficient use of energy (Pruore) and the strategy of limited emissions of carbon, energy efficiency measures have been established that can help to effectively organize and manage transport systems for both passengers and freight. The first and the second program will both seek not only to reduce power consumption and energy costs, but also to reduce congestion caused by vehicles, noise and air pollution, the risk of accidents, and to minimize the impact of greenhouse gas emissions, which will ensure sustainable economic growth. In the transport sector, the estimated potential for energy efficiency is obtained with the models of ground (78%) and air (9.5%) transportation. In the case of use of fuel, there is an estimated 21% theoretical potential, mainly

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due to the replacement of fossil fuels (diesel and gasoline). In this sense, Minister Acosta ensures us that energy efficient transport offers enormous potential to reduce the demand for oil, as well as for energy in general. He also maintains that the use of advanced technologies and alternative fuels (among other things, electric and hybrid vehicles), the change in transportation systems (integrated mass transit), proper maintenance of vehicles, good management practices, and renewing the vehicle fleet are some of the recommendations that will help improve the sustainability of urban transport as part of a strategy of sustainable mobility. Similarly, good habits of energy consumption, the use of efficient appliances, and the replacement of incandescent bulbs with those that reduce fuel consumption and, consequently, utility bills, are being promoted in Colombia. “All these measures and actions that the government has undertaken and which also include the creation of a National Agency for Energy Efficiency, have received international acclaim. It has all been made possible thanks to the alliance between the public and private sectors through which the country has managed to improve its competitiveness and its energy infrastructures.”

Colombia has gone from having a generation portfolio that was too dependent on idroelectric to having increased its component of thermal generation, thus gaining in reliability and stability 135


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Ef ENEL FOUNDATION SPECIAL

DOING MORE WITH LESS. POSSIBLE SOLUTIONS FROM RESEARCH BY THE ENEL FOUNDATION AND THE POLYTECHNIC UNIVERSITY OF MILAN Energy efficiency is an area in which many are converging and one that has great growth potential in Italy. The report by the Polytechnic University of Milan in collaboration with the Enel Foundation, a fundamental document for understanding why efficiency is synonymous with economic recovery reveals the impact on the national production system of this billion euro business. by Alessandra Viola Journalist

Is it possible to reconcile energy security, access to energy at competitive prices, and environmental sustainability? Already dubbed the “energy trilemma”, this is

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the challenge that the future holds. But as complicated as the problem may seem (and actually is), the solution for resolving everything is incredibly simple: to focus on just one area, that of energy efficiency. Enel is convinced of this, and has decided to invest its own resources and research in this area, but not without having carefully done the math. Overall, the business is worth about €500 billion between now and 2020, and among other things, as the analysts have been saying for some time, it could also lead us out of the crisis by supporting our economic recovery. But do not be confused: we are not talking about saving energy, and thereby a contraction in energy use (such as heating the house less in order to pay a lower heating bill), but rather about making homes, transport, and industries more efficient, with the aim of consuming less while doing the same things as before, so there is no need to scale down our goals. The

data contained in the report State and prospects of energy efficiency in Italy, compiled by the Polytechnic University of Milan in collaboration with the Enel Foundation and presented at the conference “Energy efficiency for new growth. The challenges for accessible, safe, and sustainable energy” is clear: the recovery really could go this route, not only in economic terms, but also with regard to new jobs and supporting the Italian supply chain. The biggest savings would come from the housing sector, which alone is worth 95% of the possible Italian growth in energy efficiency from now until 2020: in total, it comes to a figure between 195 and 288 TWh (depending on whether it refers to a scenario of moderate or optimal growth). According to the study, the application of tools and systems for energy efficiency could generate an impact on the national economy equal to 2% of its GDP and a saving of between 50 and 72 mil-

We are not talking about saving energy, but rather about making homes, transport, and industries more efficient, with the aim of consuming less while doing the same things as before, without the need to scale down our goals


ENGLISH VERSION

lion tons of CO2 between now and 2020. Added to this would be an increase in employment of up to 2% against a reduction of between 12 and 18% of the total energy consumption: numbers that in times of crisis make your head spin. “Energy is the major enabling factor of a production system and of the country’s welfare,” says Fulvio Conti, CEO and General Manager of Enel. “Decreasing the cost of energy and making it level with that of other countries can be the basis, a kind of platform for development. Today 85% of our energy is imported from various countries and in various forms, and this weighs on the national economy. On the other hand, the incentives for renewables have been managed poorly and absurd things have happened in the past: for exam-

ple, using money from the energy account, Italians did not support its renewable energy made in Italy, but bought solar panels from China and Germany, and accordingly the utilities, such as Enel, which had focused on the production, had to install their panels in Africa because the market was already saturated. However, Italy is more efficient than other countries for various reasons, the first of which is that, because energy costs us more, we have always tried to save it. In addition, we have power generation plants that are among the most efficient and advanced in existence, with state of the art distribution networks. We are also the only country in the world in which each user is equipped with their own digital meter. Nevertheless, there are areas where we still

have a long way to go: the next steps should involve a deregulation that streamlines the sector, the elimination of the progressive nature of the electricity bill – based on assumptions that have become out of date –, stability, and the creation of a national chain of energy efficiency. “This latter point is not a trivial one. According to the Polytechnic’s study, if the energy efficiency supply chain were completely Italian, the incidence of annual turnover on the GDP would be between 2 and 4%, with an increase of up to 460,000 annual labor units. In this scenario though, the difficulty of access to incentives (such as tax deductibility), the lack of effectiveness in the addressing of the incentives, the complexity, and at times, the inadequacy of the laws governing the sector act as barriers. Barriers that should be removed quickly, to kick off a series of interventions especially aimed at making our homes and means of transportation more energy efficient. “Until twenty years ago, the industrial sector was the largest consumer of energy, but today the transport and housing sectors are at the top,” Jorge Vasconcelos, President of Newes recalls. “It is true that in the coming years, the use of oil in Europe will decrease, but the use of methane will increase: so we should convert to electric mobility and upgrade our housing sector, or we will never achieve the goals that we have set for ourselves. Besides, the overall inefficiency in the world is 50%, which means that for every unit of energy, there is another one that is not used and is lost.” In Europe, we rank just a little better (at 40%), but this is still a huge waste, in view of energy generation that is still expensive and polluting. This is why all the great powers have already started to move. “Chi-

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na will reduce its energy intensity by 16% by 2016, Japan will lower its fuel consumption by 10% by 2030, and the United States is already adopting new standards to optimize and reduce the use of fuel,” states Paolo Andrea Colombo, President of Enel, “while for its part, the European Union program calls for lowering its energy demand by 20% by 2020. Ultimately, starting from 2010 until 2035, there will be an average annual reduction in energy intensity of 1.8%. Therefore, we are facing an important period full of opportunities, the benefits of which, however, we will be able to reap only in part unless Italy adopts the necessary tools. We will need new products and services that introduce a reduction in consumption through their control. With this in mind, it will also be essential to remove legal and bureaucratic barriers that impede the adoption of good practices: this is a key point, because in the field of energy efficiency, Italy has accumulated more knowledge and skills than any other country, a heritage that could be one of the levers to pull to get us out of the crisis and ensure sustainable growth, and one that cannot and should not be blocked.”

There are areas where we still have a long way to go: the next steps should involve a deregulation that streamlines the sector, the elimination of the progressive nature of the electricity bill, stability, and the creation of a national chain of energy efficiency 137


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Co CONTEXTS

THE WORLD’S MOST ECOLOGICAL VILLAGES

About fifteen years ago, the inhabitants of this Bavarian village began placing solar panels on their roofs, using more wood in construction and building passive houses, and saving on energy consumption

The third government headed by Merkel will have to deal with the delicate matter of incentives. Aid that over the years has allowed the creation of green models such as the Bavarian village of Wildpoldsried, a real driving force for the production of clean energy and tourism, and an example of sustainability and green building. by Tonia Mastrobuoni Journalist They were the pioneers of ‘Energiewende’, the ‘energy revolution’ that will be one of the main challenges for Merkel’s third term in government. But now the 2,500 inhabitants of a German village, which is so far ahead with regard to clean energy and green building that in just a few years it has become “the most eco-friendly village in the world”, are terrified by the plans of the new Energy Minister, Sigmar Gabriel. The miracle of Wildpoldsried, a village nestled in the beautiful Allgäu region of Bavaria which already produces 500% of its electricity needs and expects to secure its total energy solely from renewable sources by 2020, is likely to be extinguished. Ango Zengerle, the Mayor and one of the main authors of the Wildpoldsried revolution, is explicit: “What the government has in mind is, quite simply, the end of the energy turnaround.” After the accident in Fukushima, Germany decided to phase-out nuclear power, but it must find a way to replace the proportion of energy obtained from the atom. This task is not simple, especially for such a strongly environmentalist country as the one led by Angela Merkel. The turnaround is already exorbitant today: in 2014, there will be charges on the Germans’ utility bills for 24 billion euros of aid for renewable energies. But Germany also has the am-

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bition of reaching the proportion of 80% clean energy by 2050. The government says it wants to steadily increase the current ‘green’ share in the coming years, but also that the incentives will have to be cut and wind power concentrated only in very windy areas. It has also been under pressure from the European Commission, according to which the generous incentives to the German Green industry look a bit too much like state aid. Therefore, neither the Greens nor Zengerle believe that Gabriel can – or wants to – square the circle: “His energy plan is being carried out under the pressures of the industry giants: in the end, coal will win,” the mayor of Wildpoldsried concedes. About fifteen years ago, encouraged by generous contributions from the government as well as the ambitious federal promise to satisfy an important part of growing energy needs through renewable non-polluting sources, the inhabitants of this Bavarian village began putting solar panels on their roofs, using more wood in construction and building passive houses, and finally, saving on energy consumption. And thanks to a serendipitous convergence with the objectives of such a visionary mayor as Zengerle, favoring the construction of photovoltaic, hydroelectric, wind and biomass systems, the village generously sells its electricity to outside markets. The mayor states, “it is not my revolution, it has been enacted by my fellow citizens who have taken the initiative”, but it is clear that his contribution has been essential. Today Wildpoldsried also benefits from a kind of “Bilbao effect”: tourism has increased, because many people come to see the bio-village in Bavaria just as they would go to see the Guggenheim Museum in that Basque city. This is a revolution that has filled the town coffers, but which has also led to earnings


ENGLISH VERSION

for the individuals or companies that have installed solar panels or biomass plants on their land and sell the energy produced in excess. “Here in Germany, the secret is that if you want to build a solar panel, you enter into a contract with the electric company, and it lasts for decades. On the other hand, in Italy, the relationship is with the state, and with each change of government – as has actually happened – the rules change. I know of companies in your country that have gone bankrupt because the governments have changed the cards on the table,” says Zengerle. In 2010, Wildpoldsried set itself the goal of continuing to maintain the production of energy surplus to requirements and to reduce CO2 emissions dramatically by 2020, and among other things, it has launched a plan for green building that reimburses 15 euros per square meter built with the principles of passive housing. For example, the municipal buildings are fully heated by energy from biomass. But many people are now anxiously looking to Berlin. And they fear that their dream may already be over.

Fo FOCUS

A TECHNOLOGICAL SUCCESS by Lorenzo Voss

However the experience of Wildpoldsried may turn out, it has already been a success, in any case: it has enabled us to glimpse the society of the future.” These are the words of Dr. Michael Metzger, one of the Siemens managers of the IRENE project, an initiative coordinated by the German technology giant and the energy group of the Allgäu region, AÜW, for the development of the smart grid in Wildpoldsried. Since 2012, the year the initiative was launched, this small town in the Allgäu region has become a model: through photovoltaic, biomass, and wind power, its inhabitants are already producing three times the energy they consume. “But multiplying the points of renewable energy production is not enough,” Metzger declares. “The real ongoing challenge is to be able to intelligently manage a myriad of micro-flows of clean current, by definition irregular and capricious just as the weather conditions of a mountain village can be.” In fact, for a long time the inhabitants of Wildpoldsried have been expe-

riencing an unusual problem in their community, one that others would call a luxury: the production of renewable energy here is so excessive, that not infrequently, the power grid is subject to fluctuations of up to 8 megawatts within half an hour, which is unthinkable elsewhere. “In order to study a solution to the problem, AÜW has installed 200 smart meters that are able to react to meteorological input communicated in real time to a power station, such as the force of the wind and the movement of the clouds, from which the researchers obtain 3 gigabytes of valuable data every day. “Thanks to them, Siemens has developed TRAFO, an automatic voltage compensation system designed for an electrical network where the input of renewable energy is the norm and not the exception. “These control mechanisms are widely used in high-voltage electricity networks,” Metzger explains. “However, for networks such as the one in Wildpoldsried, where there is an abundance of low-voltage sources, TRAFO is something completely new and revolutionary.” The brain of Wildpoldsried’s intelligent network is a software, also developed by Siemens: “We have named it SOEASY, and it is the flagship of the entire project,” he explains. “SOEASY is able to coordinate the production and

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consumption of energy in realtime. For example, if there is an excess of solar energy production on a particularly bright day, SOEASY is able to direct its flow to the batteries of electric cars parked in the town, which, in case of need, will return the power to the grid, for example, at night when there is no sun.” At the heart of the IRENE project is its vast application: the scalability of the project. “All the tools that we produce – from the meters to the interfaces for solar panels – have also been designed to function as components of an infinitely greater network of the future, and to make space for new technologies, new software, and new ideas in general. The intelligence of this network lies in the fact that it is ready to absorb innovation, without becoming obsolete in a short time.” Even though the public funding by the German government may be cut, and the IRENE project could suffer a setback, the inhabitants of Wildpoldsried have already stated that they do not want to stop their cooperation with Siemens and AÜW. “Ideas on how to move the project forward in the coming years are certainly not lacking,” concludes Metzger. “For example, we are thinking about producing methane from CO2 and water thanks to wind energy.” Hats off!.

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The Green Street project in Cato Manor in Durban, South Africa has shown that it is possible to improve the quality of life of the very poor without increasing greenhouse gas emissions, but on the contrary, reducing them

In INTERVIEW

HOME GREEN HOME. GREEN BUILDING AS AN ANSWER TO THE ECONOMIC AND ENVIRONMENTAL CRISIS Green building is one of the most powerful weapons in our possession to combat climate change, but also to give an answer to unemployment, the high cost of housing, public health, and even school dropouts, through high and low tech solutions. The CEO of the World Green Building Council (WGBC), the leading global association for the promotion of eco-architecture present in 80 countries, tells us how.

interview with Jane Henley CEO of the World Green Building Council by Michele Fossi Journalist

What does green building mean today? The definition of green building has changed over the years. Initially, this expression referred to buildings with a low consumption of energy and resources. Over the years, it has become increasingly clear that green buildings allow for much more than just energy efficiency and that their beneficial effects are felt not only on the environment but also on society. In what way? In addition to saving energy, what are the other reasons why a city administration should decide to invest in green buildings? A well-designed, sustainable building can reduce energy costs by as much as one-third less than conventional buildings. But there is much more: their large-scale diffusion would give governing leaders the key to providing simultaneous answers to many of the most pressing needs of contemporary society, such as the fight against unemployment

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and the protection of public health, while revealing a way to combine two concepts previously considered antithetical in our continually expanding cities: economic growth and an improved quality of life. Can you cite an example? In Cato Manor Green Street in Durban, South Africa, an interesting program of upgrading the energy efficiency of housing for the poor has been carried out. The purpose of the project, coordinated by the local division of the WGBC and funded mainly by the British High Commission, was to demonstrate the multiplicity of objectives – socio-economic, environmental, and the impact on public health – that can be achieved with simple architectural adjustments made to housing for the poor. We have seen that such relatively cheap and low tech modifications – such as solar thermal power, better insulation of roofs and ceilings, and the distribution of clean stoves and indoor lighting systems with a low environmental impact – produce more overall benefits for society at a lower cost than financing brand new sources of clean energy. In particular, this pilot project has shown that it is possible to improve the quality of life of the poorest people without increasing greenhouse gas emissions, but on the contrary, actually lowering them. Contrary to what is commonly believed, it is not necessary to make use of expensive and sophisticated technologies and materials to design a green building. What would happen if energy redevelopment projects such as the one on Cato Manor Street were extended to a larger number of poor households? The WGBC has estimated that if these low-tech modifications were extended to all poor households in South Africa – around three million – the

lower consumption of energy and water that would ensue would allow for a savings of 200 million Euros, most of which would automatically go into the pockets of those who need it most, namely the inhabitants of those homes. As if that were not enough, 36.5 million days of work would be created, and millions of tons of CO2 would not be produced. These figures speak for themselves: sustainable architecture reconciles development and care for the environment, and as such, should appear at the top of political agendas around the world. Who are your favorite green architects? I really love the work of Malaysian Ken Yeang, the pioneer of vertical green urbanism. For example, one of his most famous buildings is the Solaris skyscraper in Singapore, known for its “linear park”: a strip of vegetation one and a half miles in length that wraps itself like a snake around the entire height of the building, with obvious benefits in terms of clean air and biodiversity. Another lovely project of Yeang’s is the Spire Edge Tower, currently under construction in Haryana, India. Once again, the walls of the building are covered by vegetation; to complete the picture, there are a series of ramps, which are also made strictly of greenery, and a series of roof gardens on the top floors. However, it would be simplistic to consider the vegetation on Yeang’s buildings as a cosmetic or ornamental device: his buildings are designed from the outset to be real “eco-systems” in balance with the surrounding environment. This can be seen from the care with which the plant species for his buildings are selected – rigorously local and designed to achieve specific goals in terms of protecting biodiversity. Let’s narrow the field to a category of buildings that are es-


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pecially strategic for shaping a better future: schools. There has been a lot of talk about green schools. What exactly does that mean? A green school is a school building that is cleverly designed to not dissipate energy, water, and other resources; consequently, one with very low operating costs. But most importantly, a green school aims to provide a more healthy and pleasant learning environment than an ordinary school, and to provide students with all the tools necessary for developing a strong environmental awareness. Can green schools truly improve the students’ academic performance? Today we know that the quality of the school environment – the availability of natural light, clean air, and low environmental contamination from smog and other harmful chemicals – can increase the students’ academic performance by more than 25%. We believe that investing in the architectural quality of school buildings is just as important as investing in the quality of teaching and the quality of resources. The Global Coalition for Green Schools is an international platform that aims to

coordinate the spread of such school buildings throughout the world, providing local communities with the knowhow and resources to transform their schools. Can green schools inspire children to become better world citizens? Certainly. For example, the Singapore division of the WGBC has launched the brilliant Project Green Insights: energy meters were installed in schools, thanks to which children were able to see the impact of their activities and then voluntarily behave more responsibly. Thanks to the extraordinary success of this pilot project, the Singapore government has decided to allocate more funds for the development of sustainable architecture, and in particular, green schools for the entire country. Another example comes from the Uaso Nyiro Primary School in Laikipia, Kenya, a school located in a poor region where 25% of the population lives on less than $1.25 a day. Thanks to a clever system of rainwater collection and purification, this school building is able to supply the community with 350,000 liters of drinking water a year. Once again, there is nothing sci-fi behind this fine result:

the authors of the project, the designers of the architectural firm PITCHAfrica, built it in accordance with traditional building techniques and – it is important to emphasize this – for the same cost as building a conventional school. Since the school opened, school attendance has increased from 70 to 90%, and the incidence of diseases linked to poor water quality in its vicinity has fallen to almost zero. Many children no longer have to abandon their education in order to fetch water, something which is the order of the day in much of sub-Saharan Africa. Such is the power of an intelligently designed building to be in balance with the ecosystem.

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outweighed by the immense long-term benefits – which are not only economic ones, as we have seen. Green architecture has the potential to lift millions of people out of poverty, create jobs, and make urban spaces more livable and healthy. One of the main objectives of the WGBC is to ensure that countries in the developing world learn from the mistakes made by industrialized countries, and adopt from the outset suitable architectural models to meet the challenges of the 21st century – in other words, integrated, healthy, and efficient models that are able to make intelligent use of our increasingly limited resources.

What is expected of the field of sustainable architecture in the near future? I firmly believe that the increasingly pressing urgency to ‘do more with less’ will inevitably give new lifeblood to the further development and spread of sustainable architecture. I am thinking especially of countries in the developing world, where, on balance, it will be increasingly evident to city governments that the additional costs they may incur for the construction phase of green buildings are more than

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Id IN-DEPTH

PRECIOUS WORDS Applying the concept of efficiency to a language can lead to various misunderstandings; in fact, there is the risk of confusing efficiency with simplicity, or forgetting that language is merely a tool for communication and therefore, that it is efficient to the extent that it meets needs. From the era of classical Latin to the era of Twitter, here is a reflection on what we ask of language today. by Andrea De Benedetti Writer and linguist

Carl Gustav Jung said that dreams have the bizarre virtue of making us speak a more efficient language than the one we use in real life, a language that can briefly illuminate our subconscious and restore that sense that almost always eludes us when our eyes are open and our brain is awake. Accustomed as he was to torrential and challenging sessions of psychoanalysis with patients, by the expression ‘efficient language’, Jung was certainly not referring to the telegraphic and oversimplified code that we contemporaries have in mind and tend to identify hastily with the Twitter-style, but to a language capable of adhering perfectly to our thought and to projecting it in the most accurate and transparent way possible onto the screen of our consciousness. In this sense, albeit starting from a perspective that is far removed from linguistics, the eminent Swiss psychiatrist and anthropologist had perfectly intuited the heart of the matter, by subordinating the concept of ‘efficiency’ to that of ‘meaning’ and identifying the essential clarity of poetic language as the most complete form of this virtue. What Jung meant to say (or perhaps not say, but which follows on as an inevitable corollary) is that a language without sense – understood as ‘meaning’ but also as ‘direction’ – will never be efficient, just as a high-tech car can

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never be efficient in a world devoid of roads on which to drive it. This is just to immediately clear the field of a possible misunderstanding, which would be to confuse efficiency with simplicity. A mathematical formula, with its admirable synthesis, is certainly efficient but it may be anything but simple. On the contrary, a comment consisting of 140 characters on Twitter has to be simple, but if no one understands it or feels the need to ‘retweet’ it, this means that the language used was not that efficient or that the message – the ‘sense’ – was not of any interest. The other mistake to avoid is that of paying attention to the tools – the language, in this case – rather than to the end purposes. So, what should the aim of efficient language be? To save time? To save space? To save energy? To save money? To say what? To achieve what? An old joke comes to mind about the Genoese widower calling the newspaper to publish a brief obituary of his wife (“Vincenzina died”) and when he finds out that the rate remains unchanged up to five words, he requests adding to it: “Selling 2nd-hand Panda”. Well, the impression you get when the communications and marketing gurus launch their crusades for an ‘efficient’ language and cite English as a supreme example in this respect is that they haven’t got the faintest idea of how a language works and that deep down, they too want to sell a 2ndhand Panda. Languages, in and of themselves, are all efficient to the extent that they meet the communication needs of the societies and historical eras that produced them. If by ‘efficient’ we mean ‘synthetic’, we should deduce that classical Latin, with its system of declensions and cases that made prepositions and articles partly or entirely superfluous, was more efficient than the vernacular, which

But the biggest mistake is considering conciseness and efficiency as attributes that are intrinsic to a language rather than as a performative virtue of speakers and writers


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needed a lot more words to express the same concept. Not to speak of English, which with its phrasal verbs and periphrastic verb forms (“I had been loving” = four words; “amaveram” = one word) can be considered one of the most verbose languages in the world. But if classical Latin ended up succumbing to the vernacular (by the way, if the past participle of succumbing existed, we would have saved two words in this sentence) and the sovereignty of Italian is giving way to English in an increasingly broader range of lexical areas, it means that linguistic evolution does not go in the direction of greater efficiency or, more likely, that the correlation between efficiency and brevity is rather weak. But the biggest mistake is considering conciseness and efficiency as attributes that are intrinsic to a language rather than as a performative virtue of speakers and writers. For some years, the first network of the Spanish public TV has been broadcasting a talk show entitled 59 segundos, in which the guests – mostly politicians and journalists – have 59 seconds to make their speech, after which the microphones in front of them are turned off and disappear sliding down into the table. The experiment is certainly interesting and has the undoubted merit of forcing gab masters to get straight to the point, but also the defect of liquidating any possibility of deepening any subject right from the start. Something similar happens in the literary reality show Masterpiece (in this case, the format is Italian) where competitors have 59 seconds of time to summarize their novel to the guest author as they rise in the elevator to the top of the Mole Antonelliana in Turin. In both cases, the protagonists are called on to exhibit all the qualities of brevity and incisiveness of which they are capable, which does not necessarily make them

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good politicians or good writers, but which, in the civilization of molecular communication, of emotional reality of the narrative, of persuasive marketing, and of increasingly low thresholds of attention, are considered winning weapons. Ours is not only the era of texting, chats, and Twitter, but also that of the guerrilla-politics fought by firing off slogans, of shorter and shorter e-mails because no-one ever reads more than five lines, of time that is ‘short’, ‘hung-up’ or in any case, ‘to be respected’, of newspaper directors who advise collaborators to write pieces for the on-line editions that are no longer than 3,000 characters of modular language made up of prefabricated elements like those of modular kitchens (bad tile, confidence booster, bench test, tip of the iceberg, and other such oversimplifications), of book titles and back covers that ‘create’ bestsellers almost more than the contents, with the quick quip and quotation of a ‘profound’ author (obviously second-hand) as the most practiced and consumed textual forms. In general, an era in which our main concern seems to be to save ourselves and others from the fatigue of explaining and understanding things, because explaining and understanding things is time consuming, and what we ask of time today is not perspective or even stratification, but instant gratification. And it is peculiar that on the social networks this fulfillment may take shape as syrupy self-satisfaction, a comment posted by inertia, or the solitary triumph of the ego that are the absolute negation of efficiency as well as a good use of time. In his latest book Anche meno (Even less), Stefano Bartezzaghi wrote that today “Baroque is the dominant style in the endless gallery in which the exhibition of language is renewed every day, the Louvre of chatting.” Preach efficiency and practice futility: this slogan is today’s communication in a nutshell. It may not be much, but it is certainly the most efficient way to say it.

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Co CONTEXTS

ALL FOR ONE: THE STRENGTH OF COLLECTIVE INTELLIGENCE Widespread, coordinated, and active: this is the collective intelligence emerging from people and machines, which has been made even more present and powerful by the Internet. But can collective thought be oriented in order to be more effective and efficient than that of the individual? This is a reflection on the appropriateness of addressing global issues with a global mind. by Luca De Biase Journalist and co-founder of ItaliaStartup

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Pierre Lévy publishes a collection of articles that interest him with Scoop.it. His reports end up on Twitter, his followers see them, and if they want, they can share them with their own readers. Just as this article is being written, Lévy is indicating the piece by Frédéric Filloux entitled Surviving 2014, which explains how the publishing industry will meet with more difficulties this year and will have to continue on the path of efficiency in order to survive. Reading articles of this kind, some or many editorial operators find inspiration, feedback, encouragement, or an intellectual challenge; then they are confronted with reality, offering their points of

view, and making decisions. On the whole, a somewhat coordinated behavior emerges, even where there is no real hierarchical center ordering everyone to what they have to do. The continuous meeting of individual brains generates a kind of collective thinking. This is just one of the moments of an intense cerebral, cultural, and vital function carried out by the intelligence of human beings. And Pierre Lévy is the philosopher who introduced the concept of collective intelligence into the public debate on the interpretation of digital media with his visionary book in 1994: L’intelligence collective: Pour une anthropologie du cyberspace. Lévy says: “It is intelligence that is universally distributed, constantly enhanced, and coordinated in real time, which can result in the effective mobilization of skills.” Henry Jenkins, the great media scholar, took up the idea when, twelve years later, he saw the possible correspondence with the world of knowledge emerging from the so-called Internet 2.0. And Thomas Malone, the founder of the Center for Collective Intelligence at MIT, says that the scale of collective intelligence made possible by the Internet exceeds any doubt about the relevance of this dimension of thought and raises a decisive question: “How can people and computers be connected so that – collectively – they can act more intelligently than any person, group, or computer has ever managed to do previously?” In fact, as Steve Jobs had imagined ever since 1980, computers and Smartphones have seemingly become some sort of prostheses of the brain that increase its efficiency in terms of storage, processing, and connection. However, the effectiveness remains debatable, a subject Lévy has spoken about. And with the explosion of possible collaborations between individuals connected with each other and with servers on the Internet at every moment of the day, the collec-

tive dimension of intelligence is challenging researchers to broaden their investigation. The metaphors abound: some are newborn, such as the ‘global brain’, others are traditional, such as the “soul of the world”. But the basic question is even more compelling: if the collective thinking emerging from the togetherness of people and machines is a dimension of intelligence, can it be designed so as to improve the efficiency of human choices more than hierarchies or individual actions can, and can it in turn be made more effective? Actually, the question cited above, which is too important to be answered in a short article, serves mainly to indicate the direction taken by research. There is a great amount of literature on the forms of the co-ordination of individuals through collective structures in the context of some specializations such as scientific research, the law, or finance. But the frontier of research on collective intelligence seems to be where it investigates the forms, the design, and the structures of the means through which people think together in relation to the results of their collaboration. Of course, reading the news, both offline and online, on the dynamics of the herd that lead to the most absurd violence, doubt is raised about the term ‘intelligence’ for some ‘collective’ phenomena. It is pointless to make a list here, seeing as the crime reports and political news are full of shameful provocations. Moreover, there is no denying that some achievements of ‘collective intelligence’ on the Internet are extraordinarily constructive: in this regard, the case of Wikipedia is the most cited and, while retaining a critical approach, its importance can hardly be underestimated. In the end, in most cases the question is ambiguous. For example, international finance is a case of collective intelligence in which a vast number of individual choices


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is supported by sophisticated digital tools, which together generate the emergence of an apparently coordinated coordination, producing global consequences that can be interpreted as extremely positive or profoundly negative, depending on the circumstances. The real estate market itself, viewed by Matt Ridley, author of Rational Optimist, as an enabling platform for the division of labor and thus for progress and prosperity, in full harmony with the tradition of Bernard de Mandeville and Adam Smith, is in turn considered a problem when it becomes a mechanism for the commodification of everything, as noted by the philosopher Michael Sandel. And in any case, it does not seem to be the right platform to foster more respectful behavior of common assets and to safeguard the environmental balance. Some of the biggest problems facing humanity, such as efficiency in exploiting the planet’s limited resources or the increased gap between the rich and the poor on the planet, or equitable access to knowledge by all, do not seem to be resolvable only on the basis of specialized logic such as that of finance or the market or, in other respects, the law and governmental policies. The challenge is precisely to see if humans equipped with tools to improve the quality of their ability to ‘think together’ can address these problems more efficiently and effectively. The attempt to break the deadlock that scholars are conducting concerning collective intelligence does not in fact stem from the point of view of the individual specialized platforms but from the consequences of the design of the platforms in general. In fact, the pervasiveness of the Internet logic proves to be an interdisciplinary subject that enriches the architecture of the relationship between humans and the environment in every type of activity. Robert

Kraut, who studies the interacthat the quality of collective tion between humans and maintelligence emerging from chines at Carnegie Mellon, is the different platforms can trying to find the relationship vary, depending on their debetween the design form of sign: this is clearly shown by the platforms and the behavthe huge difference in the beior of the communities that havior of emerging platforms use them. He notes that many that have been designed as preconditions of a community differently as Facebook or that thinks well together are Wikipedia. Just look at the similar, both differences online and ofin the signals International fline: design, that generate finance is a case recruitment, feedback by inof collective socialization, dividuals every commitment, minute on the intelligence in sharing, regutwo platforms: which a vast lation of bethe ‘like’ on number of havior, and Facebook, so individual choices immediate and the coordination of work. personal, is produces global He adds that, compared with consequences if anything, the more subtle that can be with regard system of ‘edit’ interpreted as to the Interand the collecnet, it should extremely positive tive corrections be taken into on Wikipedia, or profoundly account that under two negative large commuconditions of nities can be identity that brought together more easily, are almost opposites, such as but also to know that anonymthat of the ‘tribe’ of Facebook ity, weak ties, the fast turnover friends as opposed to the culof participants, and the lack tural project of the new encyof formal institutional conclopaedism of Wikipedia. texts make the construction of However, the difference begroups of people who “think tween offline and online is together” more difficult but diminishing, as shown by potentially more efficient. scholars of the so-called However, there is no doubt ‘feedback loop’, one of the

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most important mechanisms for platform design. A wellstudied example is that of road signs which, by intercepting the speed of cars with radar, warn drivers who are exceeding the limits: they do not add any information that motorists do not already know, but they somehow socialize the information on the drivers’ speed and provide feedback that is extremely effective in inducing them to act according to the behavior expected of them. In a famous experiment in Garden Grove, California, the installation of speed detectors helped bring about a 14% reduction in the average speed of cars near schools. In general, motorists reduce their speed by 10% when driving on the stretches of road where these devices have been installed. The feedback loop works offline and online. In addition, the architecture of the environment and that of the Internet are merging. With the spread of all kinds of sensors in the eco-system, with their connection to computer centers and easy interaction with individuals, the relationship between people and the environment is enriched with new opportunities for coordination. Thus, collective intelligence tends to be carried out more and more precisely in everyday life. And the design of the platforms that facilitate and influence interactions among people has become an integral part of every project of efficiency and an intelligent rapport with the environment. We are at the dawning of a new awareness. Somewhat similar to what happened concerning environmental awareness, societies are likely to develop a sensitivity for the ecology of the media: paying attention to the dimension of collective intelligence has an effect on attitudes towards the environment and society. Moreover, a planet inhabited by nine billion people cannot afford anything less.

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Co CONTEXTS

TRADING THE OLD ECONOMY FOR A NEW ONE Sharing means, objects, knowledge, time, and experience: this is collaborative consumption, an idea of a human economy that relies on the support of technology to reach its protagonists. It is the return of practices such as trading, bartering, and sharing that are taking on new life through new ways, becoming a useful, profitable, and practical, social opportunity. by Lauren Anderson Chief Knowledge Officer of Collaborative Lab

We live in a smart age – one where devices can track and measure our every move, monitor their own energy efficiency, order food from an empty fridge, and keep us connected 24/7. But despite the accessibility of data telling us how much and when we use certain things, our lives are still less than efficient. That is without even making any mention of the countless things in our possession that have no built-in intelligence at all – from the tools in our shed to the clothes on our back – that lie idle for a large percentage of their lives, or are disposed of well before they are worn out. So how can we harness the powerful technologies at our fingertips to ramp up the effectiveness of our lifestyles, while also helping us to make more economical or environmentally friendly choices, and perhaps even a few new friends along the way? One potential solution lies in a growing socio-economic movement that is sweeping the world, which helps us to define not just what, but how, we consume. We call this shift collaborative consumption, defined in my colleague Rachel Botsman’s book, What’s Mine Is Yours, as the reinvention of old market behaviors – such as bartering, swapping, exchanging, renting, or sharing – through new social, mobile and location-based technologies, which enable us to trade with each other on a scale and in

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ways that were never possible before. While humans have been informally trading with each other for thousands of years, the act has taken on a new technological meaning since the early days of eBay and Freecycle, as we learned to trust each other in online transactions. Fast-forward to the Facebook age and there are thousands of new startups being launched around the world for helping us to borrow, trade, pass on, or rent anything and everything, and bringing a new kind of efficiency to our lives. But what does this look like on a day-to-day basis? From efficient cars to efficient car ownership Cars have always been a part of modern society, with the purchase of a car considered to be a rite of passage for many young adults. Yet despite the fact that it costs more than €5,000 per year to own and maintain, the average car sits idle up to 23 hours per day in a parking space, a driveway, or even on the street – not a very efficient use of one of our most expensive possessions! This doesn’t even take into account the fact that our roads are congested, our air is polluted, and our lifestyles are unhealthy. Carsharing services such as Zipcar and Initiativa Car Sharing (ICS), Italy’s national car-sharing system, aim to address these challenges by providing a shared fleet of vehicles parked around city areas, which members of these services can book by the hour and return it when they are done. It is estimated that for every car-sharing vehicle on the road, between 10-15 privately owned vehicles are taken off the road. Even more interesting though is that car-sharing members actually drive less, given that they think twice about whether they need to use the car before booking one. All this leads to fewer cars on the road, healthier drivers, and more importantly, cars that are being used to their maximum capacity by being shared. Making wardrobe go further While getting access to a car rather than owning one out-

While humans have been informally trading with each other for thousands of years, the act has taken on a new technological meaning since the early days of eBay and Freecycle


ENGLISH VERSION

right maximizes the use of that shared vehicle, it is not the only way to increase the efficiency of our every day lives. There are plenty of other places where we are also not making the most of the assets we have, such as our wardrobes. It is often said that the average woman wears 20% of her clothes around 80% of the time, meaning a large proportion of her wardrobe lays unworn or unwanted. Yet at the same time, the demand to keep up with fashion means that things like accessories and handbags fall out of favour quickly, and dresses for special functions often only get worn 2-3 times before they are old news. In the world of collaborative consumption, there are a number of efficiency solutions for the wardrobe that can help out the whole family. One example that is sweeping the world is the popularity of clothing swap events, encouraging people to clean out their closets of slightlyworn but no-longer-loved items, offering them up to swap in exchange for something else they might like. This way, the lifecycle of perfectly good clothing is being extended, while wardrobes are getting an exciting injection of (almost) new life, which can feel as good as getting a bargain at a sale. For accessories with a limited life, or special one-off event outfits, a number of rental platforms such as Rent The Runway and Bag Borrow or Steal are enabling women to rent coveted items and designer labels for a short period of time, before they trade them in for something else, helping them keep their fashion budgets under control. At the other end of the clothing spectrum, kids simply outgrow their clothing, often faster than the clothes wear out. To cope with this, and to help out parents struggling to keep up, redistribution services enabling the upcycling of kids’ clothes are becoming increasingly popular. From thredUP, which offers an online consignment store for children’s goods, to the UK’s Bertie & Bean, where parents enter into a peer-to-peer exchange for a bag of children’s clothing

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of a particular size and gender, the options for how to extend the lifecycle of slightly-worn kids’ garments are rapidly increasing around the world. How efficient is your spare time, space, or skills? Beyond just maximizing the utility of the physical stuff in our lives, collaborative consumption companies are also tapping into the idling capacity of our less tangible goods. From Skilio, which enable people with special skills to run live webcast lessons to students from all around the world; from the global peer-to-peer accommodation marketplace Airbnb that makes your spare space available for rent to Sooqini or Taskrabbit, which help people outsource odd jobs to an errand-running task-force; these platforms are helping to make our own lives more efficient, as well as leveraging the spare time and abilities of many others. In difficult economic times, these services are also providing an important lifeline to people who have found themselves out of a job, or with less weekly income than needed. Giving them the ability to make the most of the assets they already have, services like Airbnb, Skilio and Taskrabbit are also forging stronger community connections by bringing people together over a shared interest or experience – something on which it is hard to put a monetary value. An efficient future is a shared one Whether redistributing unwanted items to a better home, sharing access to expensive or infrequently used goods to maximise their usefulness, or tapping into under-utilized skills or space and making them available for the benefit of others, collaborative consumption is emerging in all aspects of our lives and gradually ramping up the efficiency of our possessions and assets. We can see examples of what possibilities are taking off all around the world, but we believe there is even greater opportunity up ahead. So what are you willing to share?

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oxygen | 22 — 02.2014

In INTERVIEW

NEW NATIONAL STRATEGIES Energy efficiency as a motor of development and employment, and as an essential factor to contain electricity bill costs and reduce CO2 emissions. This is the challenge on which businesses and families in Italy are focusing the spotlight in 2014. Oxygen has talked with the Director of the Ministry of Economic Development.

interview with Sara Romano Director General of the Ministry of Economic Development for the electricity market, renewable energy, energy efficiency, and nuclear power by Barbara Corrao Journalist

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“Much has been done to support competitiveness, reduce our dependence on foreign countries, and reduce pollution. Much more can be done in important sectors such as construction, industry and transport.” The speaker is Sara Romano, Director of the Ministry of Economic Development for the electricity market, renewable energy, energy efficiency, and nuclear power, who in this interview for Oxygen makes an assessment of what has already been done and the steps still to be taken to best support the drive coming from the market. Not to mention electric mobility, in view of the new European objectives for 2030: “The promotion of sustainable mobility and the diffusion of electric vehicles with a low emission level will certainly be an important tool in urban areas,” she declares.

Let’s start with energy efficiency: will 2014 be the year of the breakthrough, thanks to the extension of the incentives decided by the law of stability? In Italy, the focus on energy efficiency is remarkable. The national energy strategy has put it in the top position of the objectives to be pursued. The 2014 Financial Stability Act has enhanced tax deductions for energy efficiency measures in buildings, successfully integrating this tool with the thermal account (which covers interventions and individuals who are denied access to deductions) and the white certificates mechanism, aimed at larger-sized projects. Accompanying the incentives is another equally effective tool of the regulation establishing the minimum energy performance requirements of systems and products, as defined at the national and European level, for construction and for commercial products. In the course of 2014, we will implement the 27/2012 European Directive on energy efficiency. We hope to outline a thorough and detailed strategy, with the goal of making the energy efficiency measures fundable not only thanks to incentives, but also to the ability to assess the expected results, favoring the growth in size and operation of companies that create energy efficiency. How much do you estimate that the package of tax deductions of 65% this year and 50% in 2015 will cost, and what returns are expected in terms of economic growth, employment, and the reduction of CO2 emissions? Concerning the whole package of tax deductions, in 2012 there were over 570,000 applications, about 265,000 of which related to the renovation of buildings. In 2012, the investments triggered by deductions were estimated to be €14 billion, of which approximately €3 billion were due to the upgrading of energy efficiency, with energy savings estimated at over 1.2 billion kWh: in terms of expenditure, that means

little more than 150 million per year for ten years was spent on investments in efficiency, obviously to be combined with the shares of deductible interventions made in previous years. This level of investment corresponds to more than 300,000 employees, including approximately 70,000 attributable to the energy upgrading. These numbers are important, considering that in the same year, the traditional building sector lost about 200,000 employees. However, in 2012 investments in energy upgrading fell by 10% compared to 2011. We think that increasing the deduction to 65% can turn the tide, and the first data on the number of interventions has confirmed this direction. Italy has a strong and qualified industrial presence, including with leadership positions, in the field of energy efficiency. Can efficiency therefore act as a driving force for domestic recovery and a growth in exports? Italy has a strong tradition in the industrial sector, as well as in the areas of lighting, electric motors, and home automation


ENGLISH VERSION

technologies for smart grids. The still untapped potential for high savings could provide companies with significant opportunities, with benefits for the economy and for consumers. The technologies for energy efficiency are constantly changing, so it is necessary to support product innovation in order to compete on the international market. With the “Destination Italy” law-decree, we have strengthened the available tools, introducing a tax credit for companies investing in research and development, up to a maximum of €600 million for the 2014-2016 period. Tax credit is recognized, up to a maximum annual amount of €2.5 million per beneficiary, to all businesses with an annual turnover of less than €500 million. The competitiveness of our businesses also depends on the price of energy. Can energy efficiency be the first resource to be activated to reduce our utility bill costs? The high price of energy is an obstacle for the economy of Italy and Europe in comparison with the United States.

The price of gas in Italy is now tending to be aligned with the European price, but for businesses, it is at least four times higher than in the U.S. Italian companies pay an average of 30% more for electricity than other companies in Europe, and this disadvantage grows considerably in comparison with U.S. businesses. Reducing this competitive disadvantage is essential and that is why in recent rulings the Government introduced a number of measures that act on expensive energy for families and especially, for the production system. Energy efficiency can undoubtedly make an important contribution, because it contains the energy consumption per unit of product, and thereby reduces the incidence of the cost of energy on production costs. The Regulatory Authority for Energy has announced a change in charges that will make the use of heat pumps more convenient. This is a first step towards a reform bill but there are still other bottlenecks. Could it be that energy efficiency might just be the push for action on the matter? What are the possible steps to be taken? The structure of charges is still a matter that is entrusted to the Authority for Energy. Of course, behavior and patterns of domestic consumption have changed, so I consider that reflecting on the current structure would be appropriate, bearing in mind the consumers’ interests. The Government has also promoted a revision of the twotier rate system introduced with the “Destination Italy” decree, made necessary by the changes in the daily profiles of energy prices, due to the large penetration of PV.

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greenhouse gas emissions at least in the cities? There is a strong drive towards electric mobility and so-called alternative fuels, from natural gas to LPG. Reflection should be given to what is the most appropriate approach for each country, but it seems clear that the process of decarbonization undertaken at the European level will lead to a substantial increase in the degree of electrification of consumption, which will almost double by 2050, reaching at least 38%, particularly in the thermal and transport sectors. With regard to this, the promotion of sustainable mobility in urban areas and the spread of electric vehicles with low emission levels will certainly be an instrument of relevant intervention in urban areas. In 2013, the Commission presented a proposal for a directive for the development of the infrastructures necessary for the deployment of alternative fuels (including electricity for electric cars), a proposal that is undergoing the usual evaluation by the Commission itself, Parliament, and the Council of Ministers.

In the course of 2014, we will outline a thorough and detailed strategy, with the goal of making the energy efficiency measures fundable not only thanks to incentives, but also to the ability to assess the expected results

From efficiency to electric mobility. Initiatives in this direction are multiplying, in Italy as well. Could this also become a driving force for development and reducing

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Co CONTEXTS

sumption and the decrease in production volumes, REVOLUTION AT HOME more and more companies are coming onto the market Today the free market of energy to sell electricity and gas, is facing new challenges and opwith the idea of recovering portunities, with more informed at least a portion of the marclients, differentiated products, gins lost. But selling to the and a greater need for efficiency, end customer is not a job for sustainability, and safety. Enel’s everyone, especially when it goal is to transform the services comes to families and small offered by assisting clients at businesses: we need effiall stages required in order to cient processes, an excellent make homes, offices, and buildsales service, advanced IT ings sustainable with regard to systems, and above all, peoenergy, which is the path to a ple who are strongly oriented breakthrough in efficiency. toward innovation and customer needs. These are preby Gianfilippo Mancini cisely the ingredients that Managing Director of Generaexplain the success of Enel tion, Energy Management and Energia, and we need to look Market Italy Division of Enel at these same factors to understand the increasing difThere are few countries in ficulties of many of the opEurope that can boast of an erators on the retail market. electricity market as liberAlso, customers are no lonalized as the Italian one. At ger what they used to be; the end of 2013, more than before, customers were sima quarter of Italian houseply considered “users” of a holds and nearly half of the service, unaware and practicompanies in Italy switched cally all alike; today, on the to the free other hand, market (in Before, customers we are confact, virtually fronted with were simply all compainformed considered ‘users’ and dynamic nies, if we do not take into actors who of a service, consideration able to take unaware and the small or the new oppractically all freelance VAT portunities alike; today, on users). This made posis mainly due sible by the the other hand, to Enel, who we are confronted free market was the first and the dewith informed to believe in velopment of and dynamic this change, technologies. and which Therefore, actors who able has proven itthe products to take the new self to be the offered have opportunities best company also evolved: made possible in terms of initially peothe number ple focused by the free of customonly on the market and the ers acquired price of endevelopment of and the qualergy, then technologies ity of service other opporoffered. On tunities for this basis, Enel is now startsavings began to come into ing another revolution, one being (my Enel, insurance, that will be able to meet new etc.). Enel is now ready to customer requirements and implement a new revolution transform the energy market that will transform it from in Italy. being a commodity provider With the decline in conto a full service provider,

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namely one that provides our customers with “keys in hand” solutions, that will lead to a more responsible and efficient use of energy, in both economic and environmental terms. Energy efficiency will be the engine of this revolution. Today, efficiency offers an extraordinary opportunity for development in our country, which until now has grown by increasingly resorting to the use of primary energy. It is clearly necessary to develop energy efficiency policies, at both the European Community and national levels, that can improve both the economy and environmental sustainability, as well as the safety of the energy that

we use. And this objective can really be achieved today, thanks to new technologies: digital measurement and control of consumption, micro-generation, and devices with a more efficient use of energy. In addition, most of these devices involve shifting consumption from the primary energy (such as gas or oil), to electricity, which will emerge more and more as the most efficient, cleanest, and safest energy carrier of all those available to us. For example, just think of the potential of today’s heat pumps, induction cookers, or electric cars. This is a trend that is unstoppable, and which is a winning opportunity for


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all actors involved: for the customers, who save and increase their comfort and quality of life, for the country in terms of its GDP and employment, and for Enel itself. It is precisely in times of crisis that the big companies can play a vital role in reviving the economy of a country: for example, by launching initiatives to fight against wastage. Enel’s technical and operational capabilities and profound knowledge of its customers’ needs have made it a world leader in energy efficiency, and a choice partner for clients in pursuit of efficient and reliable solutions. The goal Enel has set for itself is to also promote the growth of the culture of energy efficiency and the search for the best new technological solutions. Enel Energia is moving concretely in this direction, and in fact, it has recently started a new business model – under the new brand Enel Green Solution – that aims to provide a package of services and products in which allround quality is a distinctive feature. Therefore it aims to be a single point of contact for the customers, assisting them in all phases of the process: from choosing the product that best suits their needs to the authorization procedures, from access to incentives to maintenance after installation. In the mass-market world, this new offer is already available in some pilot provinces, enabling our customers to make their homes more efficient with innovative solutions such as solar photovoltaic and solar thermal energy, heat pumps, condensing boilers, or heat pump water heaters. Often the main obstacle for energy efficiency to take hold is related to the lack of awareness of the opportunities for savings and the difficulty in finding reliable partners who are able to provide the customer with

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the final implementation of the modifications without any unwanted surprises. For this reason, we believe that Enel Green Solution will reduce the gap between the benefits that are potentially available and the actual increase in the energy efficiency of Italian homes and offices. Another major obstacle to its diffusion is the initial investment that may deter many customers: this is why Enel Energia has decided to offer an option for paying the bill of the cost of the interventions in installments, with favorable terms. The Enel Green Solution offers are not limited to the world of the mass market, because it will also assist the companies that are its clients throughout all phases of the project, from the numerical analyses to the “scouting” and installation of technologies, up to going through the process of locating capital and incentives. In order to do so, it will deploy its engineering structures, experience, and ability, which over the years have led to the industrial growth of Enel and of Italy, and which will lead to finding efficient solutions to revive the country’s industry. This is a challenge of great scope, but we are confident of being victorious. First of all, because we have the leverage of an outstanding heritage: the strength of the Enel brand, which is our credibility in the market. Secondly, because we can count on 30 million customers, and we have an impressive and extensive network of sales channels, integrated with ICT systems, and the processes of a highly-evolved customer service. But once again, and above all, because the focus on innovation and a passion for the quality of customer service are now in our DNA, and infuse all of our new initiatives.

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oxygen | 21 — 10.2013

Co CONTEXTS

MANY LINKS IN THE SMART GRIDS Enel is a leader in the development and implementation of smart grid technologies, with more than 34 million smart meters installed, added to an international experience of creation in the development of Smart City projects. And there are many projects throughout Italy that promote energy efficiency in the end-use of energy. by Livio Gallo

Managing Director of Infrastructures and Networks Italy Division of Enel The quality of the provision of electricity is a basic requirement of any modern society. Enel operates a complex electrical system, monitoring in real time the continuity of the service, and making continuous improvements to the network in order to offer its customers high quality standards. The classic view of the electricity grid is now obsolete: not only are there more lines, circuit breakers, and transformers, but also electronics, information technology, and communications. This means an electricity network that can intelligently integrate the actions of all its relative clients (consumers and producers, ‘prosumers’) to distribute energy efficiently and safely, and activate innovative services and measures for energy efficiency, along with advanced technologies for monitoring, control, and communication. The smart grid will actually help to ensure greater integration capacity of the production facilities from renewable sources, thus facilitating new value-added services for citizens, spreading charging infrastructures for electric mobility, significantly reducing their environmental impact, and increasing the reliability of the electricity networks.

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New services for citizens: from the Smart Meter to Active Demand Enel’s development of technology will allow us to have tools that can interact with both the power grid and the devices in our homes. The main tools made by Enel in this innovative sector are Enel Smart Info, a device that allows you to conveniently access the information recorded by the meter from your home and to optimize your electricity consumption, orienting towards more efficient and sustainable behavior; and Energy@home, a system which, thanks to a finer control on the use and efficiency of ‘smart’ appliances, allows you to adjust, optimize, and rationalize your household consumption. Smart grids and electric mobility Enel Distribution is also at the forefront in the creation of a network of intelligent infrastructures for charging electric vehicles, with customizable stations for the mobility needs of customers to make this task easy, accessible, and safe. It will also enable typical smart grid services and features: for example, the accumulation of energy from renewable sources in the vehicle battery which reserves the ability to reintroduce it into the network for other consumption, due to the vehicle-to-grid feature. Efficient lighting With the introduction of the smart grid, a city’s lighting can also be managed more effectively and efficiently by adjusting the brightness levels according to the actual volume of traffic and needs of the city councils and citizens. The Enel Group is using the latest technology to promote the development and dissemination of high-efficiency public lighting in the countries where it operates.


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Smart grid, the enabling platform of Smart Cities of the Future The smart grid also provides the basic infrastructure of the so-called smart city: smart cities with sustainable transport systems, efficient lighting, buildings equipped with sensors and devices aimed at rationalizing energy consumption and creating greater awareness by citizens. Smart cities combine environmental protection, energy efficiency, and economic sustainability in a single urban model, with the aim of improving the quality of life of the people who live there and creating new services for citizens and public administrations. The expertise and innovative technologies developed by the Enel Group have allowed us to put the smart city concept into practice in various parts of the world. In Italy, the first pilot cities that have been involved in the project are Genoa and Bari, where areas of action on smart grids were identified for the diffusion of electric mobility, efficient public lighting, and the active involvement of consumers by implementing the Active Demand functionality. These actions will contribute about 30% to the target that these two cities have set for themselves to

reduce CO2 emissions by 2020. Thanks to the RES-NOVAE project, Bari will implement a monitoring and urban control center that will collect information related to the energy flows, environmental parameters, and other information, in order to provide services to citizens and support public administrations in urban planning. Enel has also signed an agreement with other Italian cities and foundations (Bologna, Pisa, and the Torino Smart City Foundation), to provide support in the development of Smart City projects. The Enel Group also is developing innovative smart city projects in Spain (Malaga and Barcelona), Brazil (Buzios), and Chile (Santiago).

lication of a Ministerial Decree confirming the objectives and incentive mechanism until at least 2016. As the main operator of this mechanism, Enel Distribution is playing an increasingly active role, offering support and advice for the certification of savings to companies and individuals who carry out energy efficiency projects, and promoting the dissemination of new interventions, particularly for major projects in the industrial, commercial, and agricultural sectors, thanks to the advance of the development of incentives in a single initial solution, to help what is still one of the biggest barriers to efficiency: the initial investment.

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The smart grid provides the basic infrastructure of the so-called smart city: with sustainable transport systems, efficient lighting, and buildings equipped with sensors and devices aimed at rationalizing energy consumption

Support for investment in energy efficiency For years Enel Distribution, in accordance with the Bersani Decree of 1999, has been pursuing about half of the entire national goal of energy efficiency in the end-use of energy with the so-called incentive system of white certificates. The scheme, the purpose of which is to promote and encourage actions to improve energy efficiency among end users, is now undergoing its third phase, following the pub-

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oxygen | 22 — 02.2014

In INTERVIEW

FROM FORDISM TO CROWD-SOURCING: NEW SYSTEMS FOR PRODUCTION The advent of digital technologies and innovations has resulted in the search for efficiency in industrial processes, a practice that has its roots in Fordism. The goal of this research also lies in the sharing of information between producers, retailers, and consumers. Among the different aspects that are involved, there is energy efficiency, no longer a utopia because the technologies are ready and the benefits are consolidated.

interview with Vittorio Chiesa Director of Energy & Strategy Group, Milan Polytechnic University by Luca Salvioli Journalist The quest for efficiency in industrial processes is as old as Fordism, the organizational system implemented by Henry Ford in his factories, which according to the definition given by the Treccani encyclopedia, “aimed to increase production efficiency through a rigorous schedule of individual tasks and stages of production, widespread use of the assembly line, and a set of incentives for labor (higher wages, shorter working hours, etc.).” This is a good definition of efficiency at its best. It means knowing how to separate the essential from the frills with an economic and productive advantage, but without affecting the volume or exploiting human labor. It means investing, innovating, and having a vision of the future that can be translated into a competitive advantage. At a time in history when Western companies are being forced to cut costs to save their budgets, even in the face of the declining demand and

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consequent cut in production, it is likely that efficiency becomes a defensive necessity. Things have changed a lot since Henry Ford’s time, and the digital age has played a key role. One example comes from the United States. Walmart’s motto is “Save money, live better”. The largest chain of stores in the world has been forced to innovate on all fronts, especially due to the advent of e-commerce led by the giant Amazon. “It is a case study of efficiency: Walmart invests more than its competitors in technology by cutting the costs by about 2-3%,” explains Vittorio Chiesa, the director of the Energy and Strategy Group of the Polytechnic University of Milan. For example, when a shelf is empty, or in any case, has reached a certain level, with RFID technology, the information goes directly to the supplier who can arrange for a new shipment that will be timely and in optimal volumes. The challenge of e-commerce is the trickiest one. Ever since Amazon began selling products of all kinds, Walmart has quickly adopted a strategy made of acquisitions, research, and the analysis of big data. The first step was to create a laboratory in Silicon Valley called Walmart Labs, a source of ideas for not having to succumb to the new world but to find a new way of dealing with it. The result is a new search engine for the Internet portal, an analysis of big data that in particular has taken Facebook into consideration in order to anticipate the intentions of consumers and crowd-sourcing projects involving its users, and more. Another example is that of Zara, which uses the information received from its outlet stores to inform its producers in real time. This way, the stores can meet the demand more quickly: more fashionable coats for the winter, more sweatshirts, or more boots arrive according to how popular they are with customers. Mass


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distribution is only one of the aspects: in general, efficiency is achieved when action is taken in the management of materials, including with a reduction of waste. Technology is often the answer: a certain strategy may be accomplished by a change in machinery and the reduction of inventory in storage. Energy efficiency is an integral part of that. “By definition, it is a matter of energy efficiency when you get the same performance with less consumption,” Chiesa explains. The Energy Efficiency Report compiled annually by the Polytechnic University of Milan offers several indications of the potential and the state of the art of the technology and legislation in the adoption of solutions for energy saving in the public, residential, and industrial sectors. Dwelling on the last point, in the most recent edition, edited with the Enel Foundation, of the report published last December, it is clear that “the technologies are mature, we are not talking about a hypothetical future,” Chiesa states. “The benefits are significant and the investment will pay for itself with a reduced fuel consumption. The point is, how long will it take for this investment to come back into the coffers of companies. In some cases, the needs are satisfied, and in others, they are not. The pay-back time considered by industry today is about 1-2 years.” Given this timing, the report highlights that the best technologies for achieving the goal of reducing fuel consumption with the same output, without the need for incentives, are primarily the energy management systems of the plants from a central point. It is a kind of extension of building automation. Then there are the uninterruptible power supply (UPS) groups, compressed air systems, and inverters. On the other hand, if we take a look at the technologies that reach the payback in a period of time useful

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At a time in history when Western companies are being forced to cut costs to save their budgets, even in the face of the declining demand and consequent cut in production, it is likely that efficiency becomes a defensive necessity

to businesses, but thanks to incentives, the category would have to include co-generation, or that is, CHP – combined heat and power production, whereas electric motors need a longer time for a return on investments: between 2 and 4 years. The Polytechnic University has tried to estimate by how much the energy bill would be reduced if the technologies that we included in the first case were adopted. In the automotive sector, the reduction would be 25%, 11% in the food sector, 18% for paper, and 10% in the automotive components sector. On the other hand, looking at the margins (average Ebida): a gain of 27% for paper, 19% for buildings, 17% for steel, and 14% for cement. Businesses are gradually implementing these solutions, though with some hesitation, Chiesa states, “because in many cases, their introduction leads to an interruption of the process, and this is an eventuality that scares people. Priority is given to the kind of

efficiency that clearly shows an immediate return.” To foster a sort of silent industrial revolution – where what is meant by silent is the least imaginative attractiveness of efficiency with respect to future scenarios made up of technologies that are currently a priority for supporting research but not a real industrial option – public intervention in terms of incentives of various kinds is still crucial. For several years now, the Confindustria has been insisting on the strategic value of the efficiency of our economy. According to recent estimates, if appropriately supported, the association of industrialists could generate half a point of the GDP per year. On the other hand, the Energy Efficiency Report of the Polytechnic University and Enel Foundation calculates that energy efficiency has a potential market of €7 billion, but is being held back by a system of rules that is sometimes confusing, and definitely unstable.

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Sc SCENARIOS

BIG DATA: THE REVOLUTION OF SCIENCE AND KNOWLEDGE Energy efficiency is a concrete concept animating debate among scientists. Because those who are involved in physics every day are facing huge changes, such as the contemporary information revolution, which is creating more data than can ever be imagined. This data has to be managed in an efficient way: this is a new challenge for physics and energy. by Mario Rasetti Physicist and President of the ISI Foundation

Efficiency and energy are concepts that have appertained to the field of science, especially physics, from the very beginning. The notion of energy has been one of the factors driving the development of the classical physics of Galileo, Newton, and Lagrange, as well as the relativistic physics of Einstein and the quantum physics of Schrödinger and Heisenberg. The concept of efficiency has been the cornerstone in the construction of the thermodynamics of Carnot and Boltzmann, and the statistical mechanics of Maxwell and Gibbs. The heated political, technological, and scientific debate on energy and efficiency that has been going on for years touches upon one of the most delicate problems of contemporary industrial society: the necessity to combine the exponentially increasing energy needs with the increasing scarcity of the reserves and resources, and the need to ensure environmental sustainability. However, another aspect of the role that these two concepts have today has still not been taken into consideration, one which again involves physics in its most advanced aspects. In contemporary science, there is the incontrovertible

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affirmation of ‘information’ that physical size characterizes all states of matter, equal to and alongside quantities such as mass or energy, of matter in all its forms, microscopic or macroscopic, inert or living. In the latter case, the concept of information is fundamental: distinguishing between living and inert matter means understanding that a molecule can act as a message, which is the junction at which the matter differentiates into two paths that are very different, even within a single set of dynamical laws. The answer to this troubling question lies in what is now a paradigm: complexity. The science of complex systems refers to the existence of a subtle yet profound awareness of an unexpected metric in the conceptual framework of the interpretive and predictive models of the phenomena we observe. In systems consisting of many mutually related parts, the laws that govern the dynamics of the parts may not be sufficient to describe the way in which the overall system evolves, because an overall collective behavior emerges that is not contained simply in that of the individual constituents, and indeed, does not exist in the absence of their interactions. In addition, complex systems often have a characteristic that differentiates them from those to which reductionist science typically refers: their phenomenology does not result from repeatable experiments, but is represented by the ‘data’ of the observations that we have made about them. Globalization, on the other hand, means a society that is increasingly interconnected, where 94 billion e-mails and 20 billion text messages are exchanged every day, and 250 million photographs are posted on Facebook – truly an immense world of data. This growing complexity of the techno-social fabric conceals not only unexpected opportunities, but also potential risks. Recent disasters, such as in the economy and finance, have shown that

the most dangerous vulnerability is hidden in the interdependencies that connect across different systems. Therefore, society requires a greater predictive ability, which would allow us to anticipate, assess, and correlate risks, and at the same time, to reach a deep understanding of the systemic complexity of that world where new technologies are being created. This is the context in which the tsunami of data can be found: ‘Big Data’, which is the revolution that we have been dealing with since the end of the last century. Science and knowledge are no longer driven only by new discoveries or theories, but above all, by the unprecedented availability of data, much of which is yet to be explored. Data that is often the result of activities that are not planned and repeatable scientific experiments. Herein lurk the laws and regularity of behavior and, therefore, our ability to understand natural, social, technological, and economic systems. Today we have a ‘catalog’ of five thousand billion of the billions of stellar objects, but also every two days, more socio-economic data is produced than in the entire previous history of humanity. And for years the amount of generated data has exceeded the capacity to store and preserve it. Information technology is being asked to face the fifth revolution since it so powerfully entered into our lives, after that of mainframes, PCs, the Internet and the Internet 1.0, mobile phones, and the Internet 2.0, today is the era of Big Data. Science and technology are being asked to manipulate information in the measure of Exabytes (each one is an amount of information equal to about 4,000 times all the information in the Library of Congress in Washington!), because now every minute generates 1.7 million billion bytes of data, the equivalent of 360,000 DVDs, and nature provides it with a billion times as many. All of this has to do with energy and efficiency, in forms, and in


new and unexpected perspectives. A laptop or a personal computer operates on the scale of Gigabytes, and when we work, we feel that they become warm quickly; just think of the energy required to extract a computing power of an Exabyte, a billion times bigger! Applications covered by the most advanced silicon technologies – made extraordinary by the aggressive scaling down of the new transistors, also testified to by the incredible reduction of their unit costs which fell from about $45 in the Fifties to one millionth of a euro cent these days, a performance never achieved by any modern technology – must also deal with a huge problem of energy and efficiency. The next frontier will be that of combining the technologies capable of creating ‘energy-conscious’ nano-chips with the implementation of innovative energy conversion, inspired by biology and natural evolution. Devices capable of imitating, in the form of nanotechnology, the principles of energy conversion in nature, where living systems find their energy sources in the environment without violating the balance. So we could think of new data centers with low consumption, for example. Already, data centers in the world today – the backbone of the Internet – use 1 to 2% of available electricity, and for the energy inefficiency of their infrastructures, they are responsible for approximately 0.5% of the total emissions of carbon. What we need are ‘green’ data centers globally to safely manipulate the great wave of Big Data without any energy risks. The Internet has certainly reduced carbon emissions by replacing carbon-intensive physical mediums (books, CDs, newspapers and magazines, and more importantly, mail) by their digital equivalents; but to efficiently extract information from large data sets will have dramatic energy costs.

However, nature provides us with examples that the science of complexities, quantum physics, and nanotechnology are able to imitate. Many photosynthetic organisms have developed simple and efficient structures to ‘harvest the light’ of the sun and to use that energy to drive their metabolic reactions; for example, the photosynthetic units of bacteria: two protein complexes, one of which acting as an antenna, catches the light, collects energy, and transfers it to the other, a reaction center where the energy is converted into chemical energy. Some bacteria (cyanobacterium sulphureum) that live in extreme conditions, in deep and dark water where they need to capture one photon at a time, are masters of light harvesting: in them, almost all the energy collected in the absorption of a photon is transferred to the reaction center without violating the second law of thermodynamics, but by exploiting the speed of the process to put into effect the most sophisticated mechanisms of quantum physics and obtain incredible efficiency. By imitating them, our knowledge-based society can meet the challenge of energy and efficiency, but only if we can see and learn what nature teaches.

Globalization means a society that is increasingly interconnected, where 94 billion e-mails and 20 billion text messages are exchanged every day, and 250 million photographs are placed on Facebook – truly an immense world of data 157


oxygen | 22 — 02.2014

Sc SCENARIOS

THE MARVELOUS INEFFICIENCY OF HOMO SAPIENS If we are convinced that evolution is synonymous with an improvement in striving for perfection, we will have to think again. Because Nature follows different rules, its own, in which surviving matters more than being perfect and in which the inefficiency of a species, such as ours, can produce brilliant and imaginative minds. In other words, effective. by Ian Tattersall Anthropologist at the American Museum of Natural History in New York

Life appeared on Earth about four billion years ago, only half a billion years after the formation of the planet itself. For a long time, the only living things were bacteria and archaeans: tiny, singlecelled forms that lacked welldefined internal structures. Then, at some point over one and a half billion years ago – nobody is sure exactly when – eukaryotes appeared. These creatures were still microscopic and unicellular, but each of them carried its DNA in a membrane-bound nucleus, and contained various other differentiated organelles. Multicellular eukaryotes then showed up at about a billion years ago, opening the way to the differentiation of bodily tissues, and ultimately to creatures possessing complex organ systems. The first identifiable ‘brains’ were found in creatures that lived around half a billion years ago, and the earliest tiny ‘truly’ warmblooded mammals appeared in the fossil record at about 200 million years ago. Primitive primates evolved by about 60 million years ago, and our own large-brained species Homo sapiens was a late arrival at only around

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200 millennia ago, even as mammals that had evolved around them are as diverse as bats, whales, and moles. This incredibly oversimplified account of the history of life on our planet makes it evident that evolution on Earth has proceeded from the simple to the complex – although it is actually remarkable to what extent simpler organisms have continued to flourish alongside more complex ones. And since from one perspective life is all about the transfer of energy, it is very tempting to conclude that much of the complexity added over evolutionary time must have been about the improvement of organismal efficiency – if not in the actual transfer of energy, which today still uses some very ancient mechanisms indeed – then at least in the ways in which the organisms concerned use and exploit their environments. There is a grain of truth in this conclusion. For example, today’s mammalian predators are vastly more energyefficient than their predecessors of 250 million years ago, at least when their more active lifestyles are factored in. But although it is tempting to think of evolution as

a process of refinement and improvement that produces evermore efficient creatures, just as natural selection weeds out the least efficient and least effective individuals in every generation, this is actually a distorted perspective. Why is this? Well, evolution is in fact a lot less tidy than the simple process of fine-tuning and constant improvement which most of us were taught about in school. Organisms do not live in constant environments to which their adaptations can be closely honed over vast periods of time. They live in fickle and constantlychanging circumstances in which it is actually wise not to become too closely attuned. For, in a changing world, whatever works today may be a huge handicap tomorrow. For example, an antelope that has a special preference for a particular kind of grass is hugely vulnerable to changes in the environmental abundance of that resource, and thus to extinction. As a result, if a species is to avoid extinction it is often a much better strategy for it to hedge its evolutionary bets and stay generalized: it is well known that generalist species have much lower extinction rates than specialist ones do.

Evolution is not – and cannot be – about efficiency per se. We have not been shaped by evolution in the same way that an engineer designs a bridge

This tendency, among others, produces the historical pattern that we see widely in the fossil record of the history of life: most species show up fairly abruptly in that record, persist for varying periods of time, and then disappear as abruptly as they arrived. This comes about because natural selection, classically described as involving the greater reproductive success of the most economically effective individuals, is in fact at least as much an agent of keeping species as they are (by trimming off the extremes at both ends of the spectrum of variation) as it is of change. What is more, natural selection necessarily works on the entire organism rather than on its individual components (which is what we are consciously or otherwise thinking of when we talk, as we so often do, of the ‘evolution of the brain’, or the ‘evolution of the foot’). In fact, in evolutionary terms it is probably of little use to be the strongest or fastest member of your species if you also happen to be the dumbest, or have the poorest vision. One important corollary of considerations like these is that, in evolution, it is not necessar-


ENGLISH VERSION

ily important to be the best. What is really imperative is being good enough to get by. All this means that evolution is not – and cannot be – about efficiency per se. We have not been shaped by evolution in the same way that an engineer designs a bridge or a machine. An engineer wants to optimize his or her project for a particular task. But in nature there is no intentionality of this kind. There is nothing beyond response to the immediate and fluctuating circumstances. This means that evolution may have extremely unpredictable results. These may sometimes be efficient, sometimes they may not be, and occasionally they may even be both. For example, an argument can be made that the way the human mind operates is supremely inefficient. Thus we now know that eyewitness testimony is supremely unreliable, and that we alter our memories by the mere act of consulting them. We are just plain bad at recalling things accurately, and computers are vastly better at storing and retrieving information than we are – not to mention at making complex quantitative calculations. So when looked at task-by-task, our brains are horribly inefficient devices. There can be no question that they are dreadfully inefficient, and they are certainly contraptions that no engineer would ever dream of designing – precisely because engineering is about optimization, whereas our minds are about something else entirely. But while efficiency and effectiveness may sometimes be equivalent, they are clearly not the same thing in this particular case. For it is entirely probable that it is the sheer untidiness and inefficiency of our minds that makes them the wonderfully creative things they are. If they had been optimized for any particular purpose, they would operate toward that single objective in each instance, rather than

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wandering laterally and making all of the new and creative associations that they do. In other words, it is precisely the inefficiency of our minds that make them the extraordinarily imaginative and sometimes inspired entities that they are. None of this is to suggest that evolutionary processes may not sometimes, or even usually, result in new organisms that use the world around them more efficiently than their predecessors, or that participate in communities or ecological webs that have improved energy flows. But it is to suggest that evolution and efficiency are not necessarily synonymous. And our innovative and unprecedented species has good reason to be grateful for that.

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Oxygen 2007/2014 Andrio Abero Giuseppe Accorinti Emiliano Alessandri Nerio Alessandri Zhores Alferov Enrico Alleva Colin Anderson Martin Angioni Ignacio A. Antoñanzas Paola Antonelli Marco Arcelli Antonio Badini Roberto Bagnoli Andrea Bajani Pablo Balbontin Philip Ball Alessandro Barbano Ugo Bardi Paolo Barelli Vincenzo Balzani Roberto Battiston Enrico Bellone Mikhail Belyaev Massimo Bergami Carlo Bernardini Tobias Bernhard Michael Bevan Piero Bevilacqua Ettore Bernabei Nick Bilton Andrew Blum Gilda Bojardi Aldo Bonomi Carlo Borgomeo Albino Claudio Bosio Stewart Brand Franco Bruni Luigino Bruni Giuseppe Bruzzaniti Massimiano Bucchi Pino Buongiorno Tania Cagnotto Michele Calcaterra Gian Paolo Calchi Novati Davide Canavesio Paola Capatano Maurizio Caprara Carlo Carraro Bernardino Casadei Federico Casalegno Stefano Caserini Valerio Castronovo Ilaria Catastini Marco Cattaneo Pier Luigi Celli Silvia Ceriani Marco Ciurcina Corrado Clini Co+Life/Stine Norden & Søren Rud Emanuela Colombo Elena Comelli

Ashley Cooper Paolo Costa Manlio F. Coviello George Coyne Paul Crutzen Brunello Cucinelli Vittorio Da Rold Partha Dasgupta Marta Dassù Andrea De Benedetti Mario De Caro Giulio De Leo Gabriele Del Grande Michele De Lucchi Ron Dembo Gennaro De Michele Andrea Di Benedetto Gianluca Diegoli Dario Di Vico Fabrizio Dragosei Peter Droege Freeman Dyson Magdalena Echeverría Daniel Egnéus John Elkington Richard Ernst Daniel Esty Monica Fabris Carlo Falciola Alessandro Farruggia Antonio Ferrari Francesco Ferrari Paolo Ferrari Paolo Ferri Tim Flach Danielle Fong Stephen Frink Antonio Galdo Attilio Geroni Enrico Giovannini Marcos Gonzàlez Julia Goumen Aldo Grasso Silvio Greco David Gross Sergei Guriev Julia Guther Giuseppe Guzzetti Søren Hermansen Thomas P. Hughes Jeffrey Inaba Christian Kaiser Sergei A. Karaganov George Kell Parag Khanna Sir David King Mervyn E. King Tom Kington Houda Ben Jannet Allal Hans Jurgen Köch Charles Landry David Lane

Karel Lannoo Manuela Lehnus Johan Lehrer Giovanni Lelli François Lenoir Jean Marc Lévy-Leblond Ignazio Licata Armin Linke Giuseppe Longo Arturo Lorenzoni L. Hunter Lovins Mindy Lubber Remo Lucchi Riccardo Luna Eric J. Lyman Tommaso Maccararo Paolo Magri Kishore Mahbubani Giovanni Malagò Renato Mannheimer Vittorio Marchis Carlo Marroni Peter Marsh Jeremy M. Martin Paolo Martinello Gregg Maryniak Massimiliano Mascolo Mark Maslin Ian McEwan John McNeill Daniela Mecenate Lorena Medel Joel Meyerowitz Stefano Micelli Paddy Mills Giovanni Minoli Marcella Miriello Antonio Moccaldi Renata Molho Maurizio Molinari Carmen Monforte Patrick Moore Luca Morena Javier Moreno Luis Alberto Moreno Leonardo Morlino Dambisa Moyo Geoff Mulgan Richard A. Muller Teresina Muñoz-Nájar Giorgio Napolitano Edoardo Nesi Ugo Nespolo Vanni Nisticò Nicola Nosengo Helga Nowotny Alexander Ochs Robert Oerter Alberto Oliverio Sheila Olmstead Vanessa Orco James Osborne

Rajendra K. Pachauri Mario Pagliaro Francesco Paresce Vittorio Emanuele Parsi Claudio Pasqualetto Corrado Passera Alberto Pastore Federica Pellegrini Gerardo Pelosi Shimon Peres Ignacio J. Pérez-Arriaga Matteo Pericoli Francesco Perrini Emanuele Perugini Carlo Petrini Telmo Pievani Tommaso Pincio Giuliano Pisapia Michelangelo Pistoletto Viviana Poletti Giovanni Porzio Borja Prado Eulate Ludovico Pratesi Stefania Prestigiacomo Giovanni Previdi Antonio Preziosi Filippo Preziosi Vladimir Putin Alberto Quadrio Curzio Marco Rainò Federico Rampini Jorgen Randers Carlo Ratti Henri Revol Gabriele Riccardi Marco Ricotti Gianni Riotta Sergio Risaliti Roberto Rizzo Kevin Roberts Lew Robertson Kim Stanley Robinson Alexis Rosenfeld John Ross Marina Rossi Bunker Roy Jeffrey D. Sachs Paul Saffo Gerge Saliba Juan Manuel Santos Giulio Sapelli Tomàs Saraceno Saskia Sassen Antonella Scott Lucia Sgueglia Steven Shapin Clay Shirky Konstantin Simonov Cameron Sinclair Uberto Siola Francesco Sisci Craig N. Smith

Giuseppe Soda Antonio Sofi Donato Speroni Giorgio Squinzi Leena Srivastava Francesco Starace Robert Stavins Bruce Sterling Antonio Tajani Nassim Taleb Paola Tavella Stephen Tindale Viktor Terentiev Chicco Testa Wim Thomas Nathalie Tocci Jacopo Tondelli Chiara Tonelli Agostino Toscana Flavio Tosi Mario Tozzi Dmitri Trenin Licia Troisi Ilaria Turba Luis Alberto Urrea Andrea Vaccari Paolo Valentino Marco Valsania Nick Veasey Matteo Vegetti Viktor Vekselberg Jules Verne Umberto Veronesi Marta Vincenzi Alessandra Viola Mathis Wackernagel Gabrielle Walker Elin Williams Changhua Wu Kandeh K. Yumkella Anna Zafesova Stefano Zamagni Antonio Zanardi Landi Edoardo Zanchini Carl Zimmer

Testata registrata presso il tribunale di Torino Autorizzazione n. 76 del 16 luglio 2007 Iscrizione al Roc n. 16116


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L’EFFICIENZA MOLTIPLICA LA CRESCITA

Siamo e saremo sempre più numerosi, più longevi, più sani e consumeremo quantità enormi di prodotti in un pianeta dalle risorse in progressivo esaurimento. L’unica strada per la sopravvivenza è usare meglio quello che abbiamo e produrre di più a parità di risorse impiegate. È l’efficienza: un’esigenza che diventa anche un’opportunità di sviluppo, che entra in tutti gli ambiti della nostra vita quotidiana – sociale, economica, politica – e che può diventare il motore della crescita globale. A partire dal concetto stesso di energia, tutto deve essere ripensato, ristrutturato. Oxygen racconta questo cambio di paradigma della quotidianità, dal quale sono già nate nuove strade, professioni, industrie: un’economia che inventa soluzioni per un futuro sostenibile, nel quale l’efficienza genera efficienza, in una crescita progressiva e spontanea. Come accade in natura (e descritto dalla sequenza di Fibonacci in copertina) e come anche noi possiamo fare.

Oxygen nasce da un’idea di Enel, per raccontare la continua evoluzione del mondo


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