Storia dell’Energia Verde - A History of Green Power

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L’età dell’energia The Age of Energy

ARCHIVIO STORICO ENEL

Storia dell’Energia Verde. A History of Green Power.


Archivio Storico Enel L’Archivio Storico custodisce la documentazione relativa alla storia dell’industria elettrica italiana dalla fine dell’800 e di quasi mezzo secolo di vita di Enel, da quando, con la nazionalizzazione del 1962, oltre 1.270 aziende elettriche confluirono nell’allora ente nazionale per l’energia elettrica. In principio la struttura del nuovo ente risentì dell’influenza delle più grandi e importanti imprese elettriche esistenti all’epoca e, pur ispirandosi a criteri di gestione aderenti alla sua natura di ente pubblico economico, di fatto riprese e proseguì l’attività delle precedenti imprese elettriche private di cui, naturalmente, prese in carico i relativi archivi nonché il personale altamente qualificato: ingegneri, tecnici e maestranze di prim’ordine. Nel 1992, la Soprintendenza Archivistica per il Lazio dichiarò “di notevole interesse storico” tutta la documentazione Enel, riconoscendo altresì “il complesso documentario come fonte di valore unico e di incommensurabile interesse per la storia dell’energia elettrica e per la storia economica nazionale e internazionale dagli inizi del secolo scorso in poi”. Inaugurato a settembre 2008 in una sede unica, a Napoli, l'Archivio Storico Enel promuove iniziative culturali e di studio e garantisce un'agevole consultazione sia con sistemi tradizionali che con l'ausilio dell'inventariazione digitale, valorizzando la conoscenza del patrimonio storico documentale in una visione dell'energia orientata al futuro. The Historical Archives house documents regarding the history of the Italian electricity industry since the end of the nineteenth century, including the almost half a century of Enel’s existence, which began in 1962, when more than 1,270 electricity companies were nationalized and became part of what at that time was the Ente Nazionale per l’Energia Elettrica. The structure of the new entity was influenced by the largest and most important electricity companies of the time, and even though it was based on managerial criteria appropriate to its status as a governmentowned company, it actually continued the activity of the preceding private electricity firms, whose related archives it naturally took charge of, as well as their highly skilled personnel: engineers, technicians, and first-rate workers in general. In 1992, the Soprintendenza Archivistica per il Lazio – the government agency that oversees archives in the Lazio region – declared all of Enel’s documentation to be “of remarkable historical interest”, acknowledging the “collection of documents as a source of unique value and incomparable interest for the history of the electricity industry and Italian and international economic history from the beginning of the twentieth on.” Inaugurated in September 2008 in a single location, in Naples, the Enel Historical Archives promote cultural and scholarly initiatives and facilitate consultation with digital cataloguing as well as traditional systems, enhancing knowledge of our heritage of historical documents in a forward-looking vision of energy.

“È il fare quotidiano che caratterizza l’impegno e l’identità di ogni azienda e costituisce il tratto distintivo della sua cultura. È per questa ragione che occorre dare voce alla ricchezza di conoscenze, alla professionalità, all’innovazione, alla capacità di trasformazione continua attraverso il racconto della propria storia industriale che è cultura d’impresa. Senza di questa, l’azienda stessa rischierebbe di non essere percepita nel suo reale valore di generare sviluppo per il Paese e per le generazioni future”. Fulvio Conti Amministratore Delegato e Direttore Generale Enel

“It is its everyday activity that characterizes the commitment and identity of every company and distinguishes its culture. And it is for this reason that we must enable our wealth of knowledge, professional competence, innovation, and the ability to transform ourselves to express themselves through the recounting of our industrial history which is corporate culture. Without which, the Company itself would risk not being perceived in its real value of generating development for Italy and for future generations.” Fulvio Conti Chief Executive Officer and General Manager of Enel

ARCHIVIO STORICO ENEL via Ponte dei Granili, 24 - 80146 Napoli • tel. 081.3674213


Storia dell’Energia Verde. A History of Green Power. MONOGRAFIA DELL’ARCHIVIO STORICO ENEL MONOGRAPH BY THE ENEL HISTORICAL ARCHIVES


Prefazione Piero Gnudi Presidente Enel

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La crescente convergenza in tutto il mondo sulla necessità di produrre e consumare energia in maniera da assicurare lo sviluppo sostenibile del pianeta, rende oggi più che mai interessante rivisitare la storia delle fonti rinnovabili in Italia attraverso le testimonianze conservate nell’Archivio Storico di Enel. Ripercorrere le vicende dell’industria elettrica nel nostro Paese ci fa ricordare che le fonti rinnovabili sono state la principale fonte di produzione di energia elettrica sino agli inizi degli anni Sessanta, quando circa il 70% dell’energia era di fonte idroelettrica e il 4% dai soffioni boraciferi. Gli industriali e gli economisti del tempo capirono che l’acqua era il nostro oro bianco e riuscirono a sopperire alla deficienza strutturale del nostro Paese carente di carbone e di petrolio. Con lungimiranza e risolutezza si avviò la costruzione delle grandi derivazioni idroelettriche, ancora oggi

parte del paesaggio alpino italiano, e ci si adoperò per utilizzare al meglio i fluidi geotermici nella produzione di energia. Anche nel campo dell’energia solare il nostro Paese è stato all’avanguardia, e all’inizio degli anni Novanta eravamo il Paese europeo con maggiore potenza installata. Ripercorrere queste storie di successo nel campo dell’energia verde ci conforta nella nostra scelta di investire in misura sempre crescente in questo settore. La costituzione di Enel Green Power, l’accorpamento di tutte le attività nel settore delle fonti rinnovabili di Enel e di Endesa in Spagna e Portogallo sotto questa società, la filiera di progetti in sviluppo nei prossimi anni fanno sì che Enel Green Power sia oggi uno dei principali operatori mondiali, in grado di dare un contributo nel risolvere la difficile equazione sviluppo economico e compatibilità ambientale.

Enel è la più grande azienda elettrica d’Italia e la seconda utility quotata d’Europa per capacità installata: a seguito dell’acquisizione della compagnia elettrica spagnola Endesa, è ora presente in 23 Paesi, con una capacità installata netta di oltre 95.000 MW e vende elettricità e gas a circa 61 milioni di clienti. Enel gestisce un parco centrali molto diversificato tra idroelettrico, termoelettrico, nucleare, geotermico, eolico, fotovoltaico e altre fonti rinnovabili. Circa il 44% dell’energia elettrica prodotta dall’Azienda è priva di qualunque tipo di emissioni, compresa l’anidride carbonica. Con più di 34.000 MW di impianti che utilizzano solo le fonti rinnovabili (idrico, geotermico, eolico, solare, biomasse e cogenerazione) in Europa e nelle Americhe, Enel è uno dei leader mondiali del settore. Inoltre, è fortemente impegnata nella crescita nelle energie rinnovabili e nella ricerca e lo sviluppo di nuove tecnologie amiche dell’ambiente con molti progetti in Italia e all’estero. Il primo dicembre 2008, Enel ha costituito Enel Green Power, la società del Gruppo dedicata allo sviluppo e alla gestione della produzione elettrica da fonti rinnovabili nel mondo.


Foreword Piero Gnudi Chairman, Enel

The growing consensus throughout the world on the necessity of producing and consuming energy in such a way as to ensure the sustainable development of our planet makes it more interesting than ever to look back over the history of renewable sources in Italy through the evidence housed in Enel’s Historical Archives. Reflecting on the vicissitudes of the electricity industry in Italy reminds us that renewable sources were the main source of electric power until the beginning of the 1960s, when about 70% of the country’s energy was hydroelectric and 4% came from boric-acid fumaroles. The industrialists and economists of the time understood that water was our white gold and succeeded in making up for the structural deficiency of the country’s lack of coal and oil. With far-sightedness and determination, construction was begun on the great

hydroelectric diversions, which are still part of the Italian Alpine landscape, and no efforts were spared to make the best use of geothermal fluids to produce energy. Italy has also been in the forefront in the field of solar energy, in which it was the European country with the most installed power at the beginning of the 1990s. These histories of success with green energy reassure us in our choice to invest increasingly in this field. The establishment of Enel Green Power, the unification of all of Enel’s and Endesa’s renewable-source activities in Spain and Portugal under this company, and the series of projects that will be developed in the next few years make Enel Green Power one of the world’s leading companies: one that can contribute to solving the difficult equation of economic growth and environmental compatibility.

Enel is the largest electricity company in Italy and the second-largest listed utility in Europe in terms of installed capacity. Following the acquisition of the Spanish electricity company Endesa, the Company is now present in 23 countries, has a net installed capacity of 95,000 MW, and sells electricity and gas to about 61 million customers. Enel manages power stations that use a highly diversified mix of energy sources: hydro, thermal, nuclear, geothermal, wind, photovoltaic, and other renewable ones. About 44% of the electricity produced by the Company does not cause any kind of emission, including carbon dioxide. With more than 34,000 MW of plants that use only renewable sources (hydro, geothermal, wind, solar, biomass, and co-generation) in Europe and the Americas, Enel is one of the world leaders in the field. Furthermore, it is deeply engaged in the growth of renewable energy and in research and development regarding environment-friendly new technologies, with many projects in progress in Italy and abroad. On December 1, 2008, Enel founded Enel Green Power, a Group company dedicated to the development and management of the production of electricity from renewable sources throughout the world.

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Indice

Table of Contents

2 Prefazione di Piero Gnudi

2 Foreword by Piero Gnudi

6 Lo scenario di Francesco Starace

6 The Background by Francesco Starace

STORIA DELL’ENERGIA VERDE

A HISTORY OF GREEN POWER

di Giovanni Paoloni e Margherita Martelli

by Giovanni Paoloni and Margherita Martelli

La conquista della forza

The Conquest of Force

12 Alle origini del sistema elettrico italiano

12 The Origins of the Italian Electrical System

21 L’oro elettrico: prime idee sull’energia solare 27 Un nuovo contesto normativo e finanziario

20 Electric Gold: the First Ideas on Solar Energy 27 A New Regulatory and Financial Context

32 Il carbone bianco 38 Elettricità e Mezzogiorno

31 White Coal 38 Electricity and the South

Guerre parallele

Parallel Wars

45 Verso i sistemi regionali: acqua, politica e sviluppo tra guerra e dopoguerra

45 Toward Regional Systems: Water, Politics, and Development Between the two World Wars

54 I bacini alpini e il triangolo industriale 64 Forze idrauliche e forze endogene

54 The Alpine Basins and the Industrial Triangle 65 Hydraulic Forces and Endogenous Forces

70 Dagli Appennini alle isole

71 From the Apennines to the Islands

Dall’acqua al petrolio

From Water to Oil

78 Le centrali idroelettriche nella tradizione italiana

78 Hydroelectric Power Plants in the Italian Tradition

86 Idroelettrico? Sì, ma ...

86 Hydroelectric? Yes, but ... 93 Looking for New Sources

93 Alla ricerca di nuove fonti 100 Energia per il “miracolo” L’Enel e lo sviluppo delle fonti rinnovabili 109 L’eredità idroelettrica 118 Dal trauma del Vajont alle crisi petrolifere 127 Il ritorno dell’energia solare ed eolica 136 Dalla storia alla cronaca 141 Note

100 Energy for the “Miracle” Enel and the Development of Renewable Energy Sources 109 The Hydroelectric Inheritance 118 From the Vajont Disaster to the Oil Crises 127 The Return of Wind and Solar Energy 135 From History to News 141 Notes

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Lo scenario Francesco Starace Amministratore Delegato Enel Green Power

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Le energie rinnovabili sono sempre esistite. Il sole, l’acqua, il vento, il vulcanismo sono presenti sulla Terra sin dalla sua creazione, in qualunque modo essa sia avvenuta. E l’uomo ne è sempre stato consapevole, tanto che ne abbiamo notizie storiche e artistiche sin dall’inizio della sua storia documentata di homo sapiens. Gli Egizi, che adoravano il Sole come Ra/Osiride, quando lo raffiguravano con le mani al termine dei suoi raggi. Nella Bibbia, le manifestazioni divine sono annunciate sempre da un intenso soffio di vento. I Greci avevano delegato a Poseidone e a un intero popolo di ninfe la protezione di tutte le acque e a Eolo il dominio su tutti i venti. A Roma, il Colosseo prese il nome da una colossale statua che gli sorgeva accanto, raffigurante Nerone come il dio Sole invitto. Perfino le ben più misteriose manifestazioni del sottosuolo venivano percepite dagli antichi come di origine divina. La consapevolezza dell’uomo antico era anche uso intelligente di queste risorse: la vela (2500 a.C.) e il mulino (1700 a.C.) sono state tra le prime conquiste dell’homo tecnologicus per sfruttare in modo positivo le fonti di energia rinnovabile. Questo percorso di sfruttamento rispettoso delle risorse della natura è proseguito nel corso dei secoli fino all’inizio della Rivoluzione Industriale. Solo tra il Settecento e l’Ottocento – la pila di Volta è del 1799 – la pressione demografica, la ricerca di migliori condizioni di vita e soprattutto il rincorrersi di scoperte scientifiche e tecnologiche importanti portarono l’umanità a cercare e ad affiancare alle fonti rinnovabili

anche altre fonti di energia. L’energia fossile, o energia solare fossile come viene chiamata da alcuni vista l’originale provenienza del suo contenuto energetico dal sole, e successivamente quella nucleare, diedero l’impressione di poter soddisfare la crescente domanda di energia imposta dai nuovi modelli produttivi e di sviluppo. Da quel momento storico in poi e in maniera sempre crescente, i sistemi politici ed economici hanno iniziato a interrogarsi sul percorso migliore per assicurarsi energia sicura, a costi competitivi e sostenibile da un punto di vista ambientale. Nell’ultimo decennio, a seguito della sempre maggiore domanda di energia a livello mondiale, la forte volatilità dei prezzi del petrolio, l’attenzione verso l’ambiente e il riscaldamento globale, la spinta verso forme di energia autoctone, ecologicamente sostenibili e svincolate quanto più possibile dai combustibili fossili si è fatta sempre più forte a livello globale, europeo e nazionale. In questo contesto, le fonti rinnovabili sono ritenute un fattore chiave che ha vissuto, negli ultimi anni, una crescita senza precedenti grazie all’avanzamento tecnologico e al forte sostegno politico in tanti Paesi. L’Italia, da questo punto di vista, è un Paese ricco di risorsa e di storia industriale, con dimostrate doti di innovazione e creatività: sole in abbondanza, montagne e corsi d’acqua, pioggia, vento, risorse geotermiche nel sottosuolo e conoscenze e inventiva di scienziati, ingegneri e imprenditori. Per via di questa ricchezza di risorsa rinnovabile,


The Background Francesco Starace Chief Executive Officer of Enel Green Power

The sun, water, wind and volcanic activity have been present on the Earth ever since it was created, however it happened. And humans have always been aware of such energy, to the extent that we have historical and artistic information about it from the beginning of our documented history as homo sapiens. The Egyptians worshipped the sun as Ra/Osiris, portraying it with hands at the end of its rays. In the Bible, divine manifestations are always announced by an intense blast of wind. The Greeks entrusted Poseidon and a whole population of nymphs with the protection of all waters and Aeolus with control over all winds. In Rome, the Colosseum took its name from a colossal statue placed next to it portraying Nero as the indomitable Sun god. Even the much more mysterious manifestations of the underground were thought by the ancients to have a divine origin. The awareness of ancient man also meant an intelligent use of these resources. The sail (2500 B.C.) and the mill (1700 B.C.) were among the first conquests of homo tecnologicus for exploiting renewable energy sources in a positive way. This respectful exploitation of nature’s resources continued over the centuries until the beginning of the Industrial Revolution. Only in the eighteenth and nineteenth century – Volta’s battery is from 1799 – did demographic pressure, the quest for better conditions of life, and especially a string of important scientific and technological discoveries lead humanity to seek and use other sources of energy in addition to

renewable ones. Fossil energy – or fossil solar energy, as some call it, given its original provenance – and subsequently nuclear gave the impression that they could satisfy the growing demand for energy created by the new models of production and economic growth. From that historic time on, political and economic systems were increasingly subjected to thinking about the best way to ensure a cost-efficient, environmentally sustainable supply of energy. Because of the world’s increasing demand for energy, great fluctuations in the price of oil, and concern about the environment and global warming, during the past decade there has been an increasing trend at all levels – global, European, and national – towards energy that is produced domestically, ecologically sustainable, and as free as possible from fossil fuels. In this situation, renewable sources are considered a key factor and in the last few years have experienced unprecedented growth, thanks to technological progress and strong political support in many countries. From this point of view, Italy is a country with abundant resources, an impressive industrial history, and a proven endowment of innovation and creativity: plentiful sun, mountains and waterways, rain, wind and geothermal resources, as well as the knowledge and inventiveness of its scientists, engineers, and entrepreneurs. Because of this wealth of renewable resources, thought, and economic growth, on the one hand, and the scarce presence of fossil fuels on the other, we have long since developed the habit of thinking about the ways of transforming

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di pensiero, dello sviluppo economico e della scarsa presenza di combustibili fossili, abbiamo da molto tempo sviluppato un’abitudine a ragionare sui modi di trasformare l’energia, prima idrica e geotermica, poi eolica e solare, in energia elettrica e del come farlo con il migliore rendimento e riducendo gli sprechi. L’Italia detiene un singolare primato storico nel campo dell’energia geotermica. Fu proprio in Italia, a Larderello, che, nel 1904, si ottenne per la prima volta la produzione di energia elettrica da fluidi geotermici. La prima vera e propria centrale geotermoelettrica venne costruita nel 1913 e l’esperienza italiana rimase unica al mondo fino al 1958. Ancora oggi, la tecnologia e il know how, restano pregiati e richiestissimi in ogni angolo del pianeta. E tra i primati italiani, anche nell’ambito dell’energia idroelettrica, la costruzione, tra il 1895 e il 1898, del primo grande impianto idroelettrico in Europa, la centrale Bertini, situata a Paderno d’Adda, che produceva e trasmetteva 9.600 kW a 38 km di distanza, costituendo così il primo esempio di tale potenza e di trasmissione a distanza. Si ricorda inoltre l’entusiasmo che circondava la partecipazione italiana alla costruzione delle dighe africane di Assuan e di Kariba, segno di alta capacità tecnologica e industriale. Anche in campo solare il nostro Paese ha detenuto alcune eccellenze, con il probabile stimolo derivante dal fatto che l’Italia è tra i primi Paesi europei per intensità di irraggiamento: a Genova, nel 1963, si costruì il primo tipo di centrale solare in grado di produrre vapore a 450 ºC. Nel dicembre 1980, Enel mise in esercizio ad Adrano, in Sicilia, la prima e più grande centrale solare “a torre e specchi” al mondo, con una potenza di 1 MW. E nel 1994, l’impianto fotovoltaico di Serre Persano, in Campania, con

i suoi 3,3 MW era il più grande in Europa. Agli inizi degli anni Novanta, l’Italia era il più avanzato Paese europeo nell’applicazione delle tecnologie fotovoltaiche e già alla metà di quegli stessi anni aveva la maggiore potenza installata pari a 14 MW di cui 5,5 MW collegati alla rete elettrica. Probabilmente, il settore delle energie rinnovabili dove l’Italia non è partita particolarmente in anticipo è quello dell’energia eolica: situata al centro di un bacino chiuso come quello del Mediterraneo, non è interessata da venti di forte intensità e di andamento regolare che spirano in altre parti della Terra. Il regime dei venti, nel nostro Paese, presenta una certa complessità a causa di diversi fattori: la posizione geografica e la rilevante presenza sia di catene montuose che di masse d’acqua, determinano infatti una diversa distribuzione stagionale delle pressioni atmosferiche e, di conseguenza, un diverso andamento dei venti nel corso dell’anno. Le zone più favorite sono quelle del centro-sud e delle isole, dove il maestrale, lo scirocco e il libeccio sono presenti con buone intensità. Nonostante questo, anche per la tecnologia eolica, ci sono state interessanti iniziative in Italia, come il progetto VELE (VEnto per L’Elettricità) lanciato da Enel nel 1979 con l’obiettivo di individuare possibili aree di produzione eolica, definire le caratteristiche tecniche degli aerogeneratori e acquisire esperienze di progettazione ed esercizio di centrali anemoelettriche. In quel periodo nacquero anche alcune iniziative industriali che hanno coinvolto altre importanti aziende della nostra economia, come la FIAT. L’Italia è stato dunque un Paese tenutario di primati in campo rinnovabile. Oggi alcuni di questi primati, in particolare per il fotovoltaico e l’eolico, sono passati di mano, andando a nazioni che, capitalizzando alcune


first hydraulic and geothermal, and then wind and solar, energy into electric energy and how to do it most efficiently and with the least waste. Italy holds a singular historical position of leadership in the field of geothermal energy. It was in Italy, at Larderello, that, in 1904, the first electric energy was produced from geothermal fluid. The first real geothermal power station was constructed in 1913 and the Italian experience remained unique in the world until 1958. Today, the country’s technology and know-how are still valued and demanded in every corner of the planet. That Italy has also been a leader in the field of hydroelectric energy is shown by the construction, between 1895 and 1898, of the first large hydro plant in Europe, the Bertini power plant at Paderno d’Adda, which produced and transmitted 9,600 kW at a distance of 38 km: the first example of such power and transmission from a distance. Another thing worth mentioning is the enthusiasm that accompanied Italy’s participation in the construction of the Assuan and Kariba dams, in Africa, another sign of the country’s technological and industrial capabilities. With one of the most intense degrees of radiation, Italy also has an excellent record in the solar field. The first solar power plant capable of producing steam at 450º C was constructed in Genoa in 1963. In December 1980, at Adrano, in Sicily, Enel put into operation the first and largest “tower-andmirror” solar power plant in the world, with 1 MW of power. And in 1994, the Serre Persano photovoltaic plant, in Campania, with its 3.3 MW, was the largest in Europe. At the beginning of the 1990s, Italy was the most advanced country in Europe in the application of photovoltaic technologies and in the middle of

that decade had the largest installed capacity, amounting to 14 MW, including 5.5 MW connected to the power network. Wind energy is the field of renewable energy in which Italy probably did not get a particularly early start. Located in the middle of a closed area like the Mediterranean, it does not have the strong, regular winds that blow in other parts of the world. Italy’s wind regime is quite complex because of a number of factors. In effect, the country’s geographical position and the significant presence of both mountain ranges and bodies of water influence the seasonal distribution of atmospheric pressures and, consequently, the wind regime during the year. The most favored areas are the islands and the southern part of the center, where winds from the northwest (maestrale), southeast (scirocco), and southwest (libeccio) are present with good intensity. Nevertheless, there have been interesting projects in Italy with regard to wind technology, too, such as the VELE (“Wind for Electricity”) project, launched by Enel in 1979 with the objectives of identifying potential areas of wind production, defining the technical characteristics of wind turbines, and acquiring experience in the design and operation of anemoelectric power plants. That period also saw the birth of several industrial projects that involved other important Italian companies, such as FIAT. Thus Italy has been a preeminent country in the field of renewable energy. Today, it has lost some of this preeminence, especially with regard to photovoltaic and wind energy, to other countries that, capitalizing on our experience, saw before others the development of renewable energy as an opportunity to seize. Spurred by the EU, Europe has witnessed, and is witnessing, a trend towards a more autonomous,

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delle nostre esperienze, hanno prima di altre visto nello sviluppo dell’industria delle rinnovabili un’opportunità da cogliere. In Europa, sulla spinta della Comunità, è avvenuto e sta avvenendo un orientamento verso un sistema energetico più autonomo, più competitivo e ambientalmente più sostenibile, già accolto a livello globale. Ma gli investimenti industriali, pensati in particolare per soddisfare i clienti domestici, guardano a tutti i principali mercati elettrici mondiali con fatica nel soddisfare l’odierna domanda e le prospettive di sviluppo a consuntivo, si dimostrano sempre più forti delle stime a preventivo più ambiziose. In questo contesto, l’Italia ha davanti a sé due principali obiettivi: uno, più semplice, di raggiungere i target di produzione di energia rinnovabile al 2020, che vedono circa un

raddoppio dell’attuale produzione da queste fonti; l’altro, più complesso, di fare del primo uno spunto di opportunità industriale che, attraverso la creazione di una consapevolezza sociale, politica ed economica crei le condizioni per unire le conoscenze e l’inventiva, che hanno portato ai primati del passato, a una robusta e corale iniziativa che possa garantire lo sviluppo di una filiera industriale nuova, prospera e duratura rivolta all’enorme mercato globale delle più nuove e promettenti energie rinnovabili, quali il sole e il vento. Credo che questi obiettivi siano un’opportunità industriale e sociale per il nostro Paese e sono certo che sapremo cogliere con forza le opportunità di sviluppo dell’energia “verde”, che ha origini storiche e radici profonde, come raccontato in questa pubblicazione.

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Enel Green Power è la Società del Gruppo Enel dedicata allo sviluppo e alla gestione delle attività di generazione di energia da fonti rinnovabili a livello internazionale, presente in Europa e nel continente americano. È leader europeo di settore grazie a 20,7 miliardi di chilowattora prodotti da acqua, sole, vento e calore della terra, in grado di soddisfare i consumi di oltre 7 milioni di famiglie ed evitare ogni anno oltre 14 milioni di tonnellate di emissioni di anidride carbonica. Con una capacità installata di circa 5.700 MW è tra le prime realtà nel mondo con un business integrato nel settore delle fonti rinnovabili di energia. Per il periodo 2010-2014 Enel Green Power prevede di effettuare investimenti complessivi pari a 5,1 miliardi di euro, finalizzati principalmente a rafforzare e diversificare ulteriormente il mix di tecnologie disponibili nelle varie aree geografiche in cui opera.In particolare, il piano di investimenti intende generare una crescita della capacità netta installata a circa 9.200 MW al 2014, distribuita principalmente fra Italia, Spagna e Nord America.


competitive, and environmentally sustainable energy system, which has already been accepted at the global level. But industrial investment, which is calculated in particular to satisfy domestic customers, looks to the all the main electricity markets of the world as it struggles to satisfy current demand and the prospects of growth always turn out to be greater in the final balance than the most ambitious estimates. Given this background, Italy has two main objectives. The simpler one is to achieve the targets set for the production of renewable energy in 2020, which entails about doubling the current production from these sources. The more complex one is to turn the first one into the starting point of an industrial opportunity which,

by creating social, political, and economic awareness, creates the conditions for combining knowledge and inventiveness – which have led to pre-eminence in the past – with a solid and concerted project capable of ensuring the development of a new, prosperous, and enduring industrial system addressed to the enormous world market of the most recent and promising kinds of renewable energy, such as solar and wind. I believe that these objectives constitute a business and social opportunity for Italy and I am certain that we will be able to seize firmly the opportunities for growth provided by "green" energy, which has deep roots in our history, as narrated in this book.

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Enel Green Power is a company of the Enel Group that is dedicated to the development and management of energy generation from renewable sources at the international level. It is present in Europe and in the Americas. It is a European leader in the field, thanks to 20.7 billion kWh produced from water, sun, wind, and the heat of the earth, enough to satisfy the consumption of more than 7 million families and avoid over 14 million tons of carbon dioxide emissions a year. With an installed capacity of about 5,700 MW, it is one of the leading companies in the world with an integrated business in the field of renewable energy. During the period 2010-2014, Enel Green Power plans to invest a total of 5.1 billion euro, aimed mainly at further diversifying the mix technologies available in the different geographical areas in which it operates. In particular, the investment plan aims to increase the net installed capacity to about 9,200 MW by 2014, mainly in Italy, Spain, and North America.


La conquista della forza.

Alle origini del sistema elettrico italiano Lo sviluppo degli studi sull’elettricità e delle applicazioni industriali dell’energia elettrica percorre tutto l’Ottocento, a partire dalla pila di Volta (1799): fu infatti la pila a trasformare un fenomeno osservato fin dai tempi dei Greci, ma che era considerato una curiosità o al massimo un gioco, in una tecnologia manipolabile dall’uomo. La prima forma di utilizzazione su vasta scala dell’elettricità fu nel campo delle telecomunicazioni, con lo sviluppo del telegrafo elettrico a partire dagli anni Trenta e Quaranta del

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The Conquest of Force.

The Origins of the Italian Electrical System Beginning with Volta’s battery in 1799, the study of electricity and the industrial applications of electrical energy developed throughout the entire nineteenth century. In effect, it was the battery that transformed a phenomenon that had been observed since the times of the ancient Greeks, but was considered a curiosity, or at most a game, into a technology that could be manipulated. Electricity was first used on a large scale in the field of telecommunications, with the


Alessandro Volta dimostra il funzionamento della pila elettrica. Incisione da Les Merveilles de la Science, Parigi 1870 circa. Alessandro Volta demonstrating how the electric battery works: engraving from Les Merveilles de la Science, Paris, c. 1870.


La conquista della forza The Conquest of Force

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XIX secolo. Altri settori dove la nuova forma di energia trovò presto utilizzazione, fino a rendersi indispensabile, furono l’illuminazione (pubblica e in seguito privata, prima con le lampade ad arco, poi con le lampadine a filamento di carbone inventate da Thomas A. Edison nel 1879), l’industria chimica e metallurgica, i trasporti pubblici locali. I primi impianti erano costruiti per utenze definite, industriali o civili; a ciascuna utenza corrispondeva in genere un impianto, anche se l’idea di vendere a utenze differenti l’energia prodotta da una “stazione centrale” (così venivano chiamate all’inizio le centrali elettriche) si fece strada presto. La possibilità di applicazioni economicamente remunerative stimolò le ricerche sui vari aspetti della produzione e della trasmissione dell’elettricità: fu ancora Edison a brevettare il primo sistema di distribuzione della corrente. Combinato con la diffusione della lampada a incandescenza esso aprì la strada alla costruzione di reti per la produzione centralizzata e la vendita dell’energia elettrica, dapprima per l’illuminazione, e poi anche per l’uso come forza motrice. La prima centrale per l’illuminazione elettrica basata sui suoi brevetti fu realizzata da

development of the electric telegraph beginning in the 1830s and 40s. Other fields in which the new form of energy was soon used to the point of becoming indispensable were the chemical and metallurgic industries, local public transportation, and public (and subsequently private) lighting, first with arc lamps and later with the carbon-filament light bulbs invented by Thomas A. Edison in 1879. The first systems were built for specific industrial and other users. In general, for each user there was a corresponding system, although the idea of selling the energy produced by a “central station” (as power plants were called at first) to different users soon gained ground. The possibility of economically profitable applications spurred research on the various aspects of the production and transmission of electricity. It was Edison again who patented the first system for distributing current. Combined with the increasing use of incandescent lamps, it cleared the way for the construction of networks for the centralized production and sale of electricity, at first for lighting and then also for use as driving force. The first power plant for electric lighting based on his patents was built by Edison in New York, on Pearl Street, in 1882. The construction of networks presupposed the existence and improvement of a large number of components for the generation, distribution, control, and use of Thomas A. Edison nel suo laboratorio a Menlo Park, New Jersey, 1882. Thomas A. Edison in his laboratory in Menlo Park, New Jersey, 1882.


Chiosco di distribuzione della rete di Milano alimentata dalla centrale di Santa Radegonda e, sotto, l’officina a vapore della centrale, la prima in Europa.

Edison a New York, in Pearl Street, nel 1882. La realizzazione delle reti presupponeva l’esistenza e il perfezionamento di un gran numero di componenti per la generazione, la distribuzione, il controllo e l’uso dell’elettricità: al loro sviluppo concorsero molte personalità, fra le quali si devono ricordare, fra gli italiani, almeno Antonio Pacinotti, inventore della dinamo, e Galileo Ferraris, inventore del motore elettrico a campo rotante. Edison brevettò il suo sistema di distribuzione nel 1881, e lo presentò insieme alla lampada a incandescenza all’Esposizione parigina di quello stesso anno, colpendo l’immaginario collettivo europeo. La prima centrale elettrica del Vecchio Continente fu costruita a Milano nel 1883, sotto l’egida di un Comitato promosso da Giuseppe Colombo (il grande ingegnere lombardo fondatore del Politecnico), cui fece seguito nel gennaio 1884 la costituzione di una società, in cui intervennero soprattutto capitali italiani, che aveva come finalità l’utilizzazione industriale del “sistema Edison”. Di qui il nome assunto dall’azienda, Società generale italiana di elettricità Sistema Edison, subito nota semplicemente come “Edison”, e destinata a divenire la principale industria elettrica italiana, fino alla nazionalizzazione del 1962-1963. All’inizio, come dice la ragione sociale, la società operò come licenziataria italiana dei brevetti Edison, ma presto raggiunse l’obiettivo di svincolarsi da obblighi nella scelta dei fornitori e delle tecnologie. L’iniziativa milanese si inquadrava in un contesto che vedeva i primi, entusiasti pionieri dell’elettricità prendere contatto con la Compagnie Continentale Edison di Parigi, rappresentante per l’Europa dell’inventore americano: tra loro si trovavano imprenditori grandi e piccoli, banchieri, commercianti, aristocratici, possidenti, tecnici e ingegneri freschi

Distribution kiosk of the Milan network, supplied by the Santa Radegonda power station and, below, the power station’s steam workshop, the first in Europe.

electricity, to which many people, of whom, among the Italians, at least Antonio Pacinotti, the inventor of the dynamo, and Galileo Ferraris, the inventor of the rotating electric motor, should be mentioned. Edison patented his distribution system in 1881 and, together with the incandescent light bulb, presented it at the Paris Electricity Exposition of the same year, capturing the European collective imagination. The first power plant in the Old World was constructed in Milan in 1883 under the aegis of a committee promoted by Giuseppe Colombo (the great engineer from Lombardy who founded the Milan Politecnico, a science and technology university), which was followed in January 1884 by the incorporation of a company, financed mainly by Italian capital, whose purpose was the industrial utilization of the “Edison system”. Officially named “Società generale italiana di elettricità”, the company was known right away simply as “Edison”, and was to become Italy’s largest electricity company before the industry was nationalized in 1962-1963. As its name implies, the company operated as an

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di diploma o di laurea. In Italia le prime aziende elettriche ebbero le forme giuridiche più varie, e si svilupparono numerose in un quadro molto frammentario che vedeva in genere sorgere un’azienda per ciascun impianto. Queste aziende facevano riferimento soprattutto a industrie e tecnologie tedesche, che presto assunsero la leadership continentale del settore. Nel decennio 1884-1894, comunque, furono costituite anche una ventina di società per azioni, alcune delle quali erano destinate a sopravvivere ai processi di concentrazione e fusione che sono fisiologici nella fase di avvio di un nuovo settore industriale.

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La centrale Edison di Milano si trovava in via Santa Radegonda, e riutilizzava uno stabile precedentemente usato come teatro: essa alimentava l’illuminazione elettrica all’interno della cerchia dei Navigli, coprendo distanze non superiori ai 1.000 metri; in particolare, partiva da qui l’energia che illuminava i portici di piazza del Duomo. La produzione avveniva utilizzando motori a vapore che impiegavano come combustibile il carbone, e la distribuzione era effettuata con il sistema Edison, in corrente continua a tre fili. La domanda si sviluppò rapidamente e in modo assai vivace, spingendo la società a impiantare nel 1889 un’altra centrale in via Giambattista Vico. Un altro impianto, anch’esso basato su motori a vapore ma con distribuzione a corrente alternata, fu realizzato dalla Edison a Venezia nel 1890, per l’illuminazione del Teatro Malibran e di alcuni esercizi privati vicini, e fu ampliato nel 1893 per l’illuminazione del Teatro La Fenice.

Italian licensee of Edison’s patents, but it soon achieved its objective of freeing itself from obligations in the choice of its suppliers and its technologies. The Milanese enterprise was born in a context that saw the first, enthusiastic pioneers of electricity contact the Compagnie Continentale Edison of Paris, the American inventor’s European agent. Among them were large and small entrepreneurs, bankers, merchants, aristocrats, landowners, and recently graduated technicians and engineers. The numerous early Italian electricity companies had the most varied legal forms and developed in a very fragmented way, with a company generally being established for each power plant. These companies relied mainly on German suppliers and technologies, which soon became the continental leaders of the industry. Between 1884 and 1894, however, about twenty joint stock companies were incorporated, several of which were to survive the process of concentration through mergers that is normal in the early stages of a new industry. The Edison power station in Milan was located on via Santa Radegonda, and was housed in a building previously used as a theater. It provided electrical lighting within the circle of the Navigli, covering distances up to 1,000 meters and supplying the energy that illuminated the porticos of Piazza del Duomo. The electricity was generated using steam engines fired by coal, and was distributed by the Edison system in three-wire direct current. Demand grew

Prima pagina dell’atto costitutivo della Edison, 6 gennaio 1884. First page of Edison’s deed of incorporation, January 6, 1884.


I costi del carbone, peraltro, spingevano le aziende elettriche della penisola alla ricerca di fonti di alimentazione alternative. La manifattura italiana aveva una tradizione plurisecolare nell’uso dell’acqua come forza motrice, che aveva condizionato, prima dell’avvento dell’elettricità, anche la localizzazione delle attività produttive. Ciò favorì certamente le prime concrete applicazioni di generazione idroelettrica, che trovarono non solo nell’illuminazione ma anche nell’elettrificazione degli stabilimenti industriali vicini un possibile mercato per l’energia prodotta, e quindi uno stimolo alla realizzazione degli investimenti necessari. Fu proprio un contesto del genere a spingere la Società dell’Acquedotto De Ferrari Galliera di Genova alla realizzazione del primo importante impianto idroelettrico italiano, quello del Gorzente, progettato da Alberto Preve e iniziato nel 1889, per alimentare lo Jutificio di Isoverde e gli stabilimenti di Valle Polcevera e di Genova. Il completamento dell’impianto, che presentava numerose criticità tecniche sia per quanto riguarda l’utilizzazione della caduta d’acqua, troppo elevata per le turbine disponibili a quell’epoca, che per quanto riguarda la distribuzione, fu poi affidato dalla Società dell’Acquedotto di Genova alla Compagnia dell’industria elettrica di Ginevra. La caduta d’acqua fu frazionata su tre serbatoi a diverse altezze, in corrispondenza dei quali furono collocate tre stazioni di produzione intitolate a tre grandi scienziati elettrici italiani: la più alta a Pacinotti, l’intermedia a Volta, e a Luigi Galvani quella più a valle. La prima a entrare in esercizio fu la

very rapidly, inducing the company to construct another power station in 1889, on via Giambattista Vico. Another power plant – also based on steam engines, but with alternating current – was built by Edison in Venice in 1890 to light the Teatro Malibran and several nearby private businesses. In 1893, it was enlarged to light the Teatro La Fenice. The cost of coal, however, led Italy’s electricity companies to look for alternative sources of energy. Italian manufacturers had a centuries-long tradition of using water as a driving force, which, before the advent of electricity, had even influenced the location of factories. This certainly favored the first concrete applications of hydroelectric generation, which found a potential market for the energy produced not only in lighting, but also in the electrification of nearby factories, and thus provided an incentive to make the necessary investments. It was precisely this kind of situation that led the De Ferrari Galliera Waterworks of Genoa to construct the first large Italian hydroelectric power plant, designed by Alberto Preve and begun at Gorzente in 1889, to provide electric power for the Isoverde Jute Factory and the plants in the Valle Polcevera and Genoa. The power plant presented numerous technical problems, regarding both the use of the water fall, which was too high for the turbines that were available at the time, and distribution. The De Ferrari Galliera Company later entrusted its completion to the Geneva Electricity Company. The water fall was split up among three tanks at different heights, which were connected with three Scrittura privata tra la Società Acquedotto De Ferrari Galliera e la Società Genovese di Elettricità per la locazione di acqua potabile, gennaio 1898. Private contract between Società Acquedotto De Ferrari Galliera and Società Genovese di Elettricità for the lease of drinking water, January 1898.

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“La villa di Mecenate” dipinto di John Warwich Smith, 1776-1781 circa (Victoria and Albert Museum, Londra). “Maecenas’s Villa”, painted by John Warwich Smith, c. 1776-1781 (Victoria and Albert Museum, London).


Centrale idroelettrica di Acquoria sotto i ruderi della villa di Mecenate, Tivoli 1895. Accanto, la sala macchine della centrale. The Acquoria hydroelectric power station under the ruins of Maecenas’s villa, Tivoli (1895) and, on the right, the engine room of the power station.

Galvani, nel marzo 1890, e i suoi buoni risultati permisero di proseguire con le altre due, messe in esercizio rispettivamente nel novembre 1891 (Volta) e nel novembre 1892 (Pacinotti). La distribuzione comportò la necessità di molte ingegnose ma complicate soluzioni, per superare i limiti imposti dalla corrente continua nella trasmissione a distanza dell’elettricità. Furono invece progettate per la corrente alternata le due realizzazioni successive di maggior significato: Torino e Tivoli. Quella di Tivoli fu nel mondo la prima linea in corrente alternata con caratteristiche industriali; la sua messa in opera, nel luglio 1892, ebbe risonanza internazionale, anche perché stabiliva un record nella distanza di trasmissione, di oltre 27 km, e nella tensione adottata, di 5.000 Volt. La centrale idroelettrica di Tivoli sfruttava il salto d’acqua delle cascate dell’Aniene, sulle quali era stato installato già nel 1886 un alternatore monofase Siemens. La centrale fu poi ampliata e nel 1892 era alimentata con nove turbine; la linea di trasmissione, che portava la corrente generata a Tivoli fino alla stazione di distribuzione di Porta Pia a Roma, fu progettata da Guglielmo Mengarini, docente di fisica tecnica nell’Università di Roma. Il materiale elettrico delle stazioni di Tivoli e di Porta Pia era fornito da una delle grandi società elettromeccaniche dell’epoca, l’ungherese Ganz.

power plants named after as many great Italian scientists in the field of electricity: the highest one after Pacinotti, the middle one after Volta, and the lowest one after Luigi Galvani. The first one to go into operation was the Galvani plant (March 1890), and its good results allowed the company to go ahead with the other two, which went into operation in November 1891 (Volta) and November 1892 (Pacinotti). Distribution entailed many ingenious, but complicated solutions to overcome the constraints imposed by direct current in the long-distance transmission of electric power. The two most important subsequent power plants, in Turin and Tivoli, instead, were designed for alternating current. The Tivoli one was in the world forefront of alternating current for industrial use. It received international attention when it went into operation in July 1892, among other things because it established records for transmission distance (over 27 kilometers) and the voltage adopted (5,000 volts). The Tivoli hydroelectric plant exploited the waterfalls on the Aniene River, on which a Siemens single-phase alternator had been installed as early as in 1886. The power station was later enlarged, and in 1892 was powered by nine turbines. Designed by Guglielmo Mengarini, a professor of applied physics at the University of Rome, the transmission line carried the current generated in

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Lavori per la costruzione della centrale della Società piemontese di elettricità a Torino e, sotto, una veduta della sala macchine, 1892. Construction work on the power station of the Società piemontese di elettricità in Turin and, below, a view of the engine room, 1892.

L’impianto di Torino fu iniziato nello stesso 1892, quando la Società piemontese di elettricità rilevò una concessione d’acqua al Regio Parco, a circa 3 km da Torino. Il canale del Regio Parco riceveva acqua dalla Dora e dal canale detto dei Molassi (Pellerina), e offriva per l’utilizzazione un modesto salto, di circa 8 metri. La società elettrica si avvalse di diversi fornitori per la realizzazione delle varie parti dell’impianto, tra cui le ditte italiane Tosi e Tedeschi, le ginevrine Compagnia dell’industria elettrica e Faesch & Piccard, la Ganz, la Westinghouse, le tedesche Steinmüller e

Tivoli all the way to the distribution station at Porta Pia, in Rome. The electrical equipment of the Tivoli and Porta Pia stations was supplied by one of the large electro-mechanical companies of the time, the Hungarian Ganz. The Turin plant was also begun in 1892, when the Società piemontese di elettricità took over a water concession at the Regio Parco, about 3 kilometers from Turin. The canal of the Regio Parco received water from the Dora Riparia River, as well as from the so-called Molassi (Pellerina) canal, and provided a modest drop of about 8 meters. The electricity company used a number of suppliers to build the various parts of the plant, including the Italian companies Tosi and Tedeschi, the Swiss Compagnie de l’Industrie Electrique and Faesch & Piccard, Ganz, Westinghouse, and the German Steinmüller and Schuckert. The power station went into operation in 1896, with a transmission line that was partly overhead (from the Parco Regio to Turin) and partly underground (to the distribution station in Piazza Castello). The plant was built so that, if need be, it could be used together with another one owned by the same Società piemontese di elettricità, in the San Donato district.

Electric Gold: the First Ideas on Solar Energy Actually, power stations were only the latest productive activity that needed coal. The steam that already drove the looms of the Industrial Revolution, the locomotives of trains, and the engines of ships was produced by burning coal, and in the second half of the nineteenth century, some people began to wonder. A professor of mathematics in Tours, France, Augustin Mouchot,


Schuckert. La centrale entrò in esercizio nel 1896, e alimentava una linea di trasmissione in parte aerea (dal Parco Regio fino a Torino) e in parte sotterranea fino al quadro di distribuzione in piazza Castello. L’impianto era stato costruito in modo da poter essere all’occorrenza utilizzato insieme a un altro della stessa Società piemontese, in zona San Donato, già esistente.

L’oro elettrico: prime idee sull’energia solare Le centrali elettriche, in realtà, non erano che le ultime arrivate ad avere bisogno del carbone: già il vapore che muoveva i telai della rivoluzione industriale, le locomotive dei treni e i motori delle navi era prodotto bruciando carbone, e nella seconda metà dell’Ottocento qualcuno aveva cominciato a porsi delle domande. In Francia un professore di matematica di Tours, Augustin Mouchot, scriveva nel 1879: “Verrà il giorno in cui l’industria non troverà più in Europa le risorse necessarie per tenere il passo con la sua prodigiosa espansione. Senza alcun dubbio, il carbone finirà per essere tutto consumato. Cosa farà allora l’industria?”1. Gli faceva eco qualche anno dopo un ingegnere di Montpellier, M. Crova, il quale ammoniva: “Oggi stiamo consumando le riserve di energia accumulate in milioni di secoli. L’industria sta prosciugando questo conto di risparmio, e c’è da domandarsi per quanto tempo ancora potremo effettuare dei prelievi”. Mouchot pensava che il calore del sole avrebbe forse potuto sostituire col tempo la combustione del carbone, e decise di avviare delle ricerche in tale direzione, cominciando dallo studio di quanto era stato fatto nei secoli precedenti per utilizzare l’energia solare. Dopo varie riflessioni e molti

wrote in 1879: “A day will come when industry will no longer find in Europe the resources necessary to keep up with its prodigious expansion. There is no doubt that all the coal will eventually be consumed. What will industry do then?1”. A few years later, his thoughts were echoed by an engineer in Montpellier, M. Crova, who warned: “Today we are consuming the reserves of energy accumulated in millions of years. Industry is drying up this savings account, and one wonders how much longer we will be able to make withdrawals from it.” Mouchot thought that, in time, the heat of the sun might be able to take the place of the burning of coal, and decided to undertake research on that question, beginning with the study of what had been done in previous centuries to utilize solar energy. After much reflection and many calculations with regard to the experiments carried out in the past to capture solar heat using the properties of glass, the attention of the professor from Tours was attracted by concave-mirror concentrators of solar rays, which the ancients had called “burning glasses”. Two centuries earlier, another Frenchman, Villette, had built a very powerful one, which could produce a flame so intense that a witness of his demonstration – an English traveler – had thought that he could use it in his own country as a source of heat for the iron and steel industry, whose growth was constrained by the lack of firewood. Working with the mirror technology, Mouchot managed to develop the first solar motor, which generated enough steam to drive machines, and demonstrated it at the Paris Exposition of 1878. According to the surviving descriptions, it was “a gigantic lampshade with its concavity turned towards the sky”. Mouchot’s work gave rise to public discussion in France in the 1870s and

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calcoli sulle esperienze fatte in passato per catturare il calore solare utilizzando le proprietà del vetro, l’attenzione del professore di Tours fu attirata dai concentratori di raggi solari a specchi concavi, che gli antichi chiamavano “specchi ustori”. Due secoli prima un altro francese, di nome Villette, ne aveva costruito uno molto potente, capace di produrre una fiamma così intensa che un testimone della sua dimostrazione, un viaggiatore inglese, aveva pensato di poterlo riutilizzare in patria come fonte di calore per l’industria siderurgica, il cui sviluppo era limitato dalla carenza di legna da ardere. Lavorando con la tecnologia degli specchi Mouchot arrivò a sviluppare il primo motore solare, che generava abbastanza vapore da far girare dei macchinari, e ne diede dimostrazione all’Esposizione di Parigi del 1878. Secondo le descrizioni che ne rimangono si trattava di “un gigantesco abat-jour con la concavità rivolta al cielo”. Le attività di Mouchot suscitarono un certo dibattito pubblico nella Francia degli anni Settanta e Ottanta dell’Ottocento; il governo istituì una commissione per valutare le prospettive industriali delle sue ricerche. Alla fine il risultato non fu incoraggiante: pur non chiudendo del tutto alle possibilità dell’energia solare, la commissione non riteneva che offrisse grandi opportunità, almeno per la Francia di allora; diverso era il discorso per le “regioni calde e aride, dove la difficoltà di procurarsi combustibile di altro genere accrescerebbe il valore delle tecnologie solari”. Un altro fautore dell’energia solare in quel periodo fu John Ericsson, ingegnere svedeseamericano che aveva dato un contributo fondamentale allo sviluppo delle tecnologie basate sul vapore. Come altri suoi colleghi, anche Ericsson era preoccupato dalle prospettive, per quanto lontane, di esaurimento del carbone, ed

1880s. The government appointed a committee to assess the industrial prospects of his research, but in the end, the conclusion was not encouraging. Even though it did not completely deny the potential of solar energy, the committee did not believe that it offered significant opportunities, at least for France at that time. It was a different matter, however, for “hot and dry regions, where the difficulty of procuring other kinds of fuel would increase the value of solar technologies”. Another advocate of solar energy in that period was John Ericsson, a Swedish-American engineer, who had made a fundamental contribution to the development of technologies based on steam. Like some of his colleagues, Ericsson was concerned by the prospect, however distant, of running out of coal, and was thus so convinced of the potential of solar energy that he dedicated a number of years of work to the development of solar engines. After an initial period tinged with enthusiasm, however, his optimism faded. In effect, his pragmatism as an engineer and an entrepreneur had made him observe that the cost of the equipment he had devised would not be competitive with respect to coal and, therefore, that it had no real chance of being developed, at least for a long time. “Although the heat does not cost anything”, he wrote, “the concentration equipment is too large, expensive, and complex.” In the second half of the nineteenth century, however, attempts were made to develop other ways of utilizing solar energy, based not on the exploitation of solar heat through steam, but on the direct transformation of light into electricity through photo-chemical processes. This other technological approach developed in the field of telecommunications from observations made during the laying of the


“Système de générateur solaire” di Augustin Bernard Mouchot. Attestato di privativa industriale del Regio Museo Industriale Italiano. Torino, 16 ottobre 1878. Augustin Bernard Mouchot’s Système de générateur solaire, patent certificate, Regio Museo Industriale Italiano. Turin, October 16, 1878.

era quindi convinto delle possibilità dell’energia solare, tanto da dedicare allo sviluppo di motori solari diversi anni di attività. Dopo un avvio venato di entusiasmo, però, il suo ottimismo si affievolì: la concretezza di ingegnere e imprenditore gli aveva fatto constatare infatti che i costi degli apparati da lui messi a punto non sarebbero stati concorrenziali rispetto al carbone, e dunque non avevano alcuna reale possibilità di sviluppo, almeno per lungo tempo. “Sebbene il calore non costi nulla – scriveva – l’apparato di concentrazione è troppo grande, costoso e complesso”. Nella seconda metà dell’Ottocento, peraltro, qualcuno aveva tentato di sviluppare altre forme di utilizzazione dell’energia solare, basate non sullo sfruttamento del calore solare attraverso il vapore ma sulla trasformazione diretta della luce in elettricità, mediante processi di carattere fotochimico. Quest’altra linea tecnologica era nata nell’ambito delle telecomunicazioni, da osservazioni fatte durante la posa del cavo telegrafico transatlantico, che avevano portato alcuni dei tecnici addetti alla verifica del cavo a constatare la proprietà di un elemento chimico, il selenio, di emettere corrente elettrica se esposto alla luce. La dimostrazione di questo fenomeno e i tentativi di sfruttarlo precedettero di molto la sua spiegazione, che fu data da Einstein all’inizio del Novecento. Dopo la scoperta fatta dai tecnici in mare aperto, furono due scienziati inglesi, William G. Adams e Richard E. Day, a studiare meglio l’effetto che chiamarono “fotoelettrico”. Fu invece un inventore americano, Charles Fritts, di New York, a realizzare il primo pannello fotoelettrico al mondo, nel 1885, appena tre anni

transatlantic telegraph cable, which had led several of the engineers responsible for checking the cable to notice that a chemical element, selenium, emitted electric current if exposed to light. The demonstration of this phenomenon and attempts to exploit it took place a long time before it was explained by Einstein at the beginning of the twentieth century. After the discovery made by the engineers on the open sea, two British scientists, William G. Adams and Richard E. Day, further studied the effect they called “photoelectric”. It was an American inventor, Charles Fritts, from New York, instead, who – in 1885, barely three years after the construction of Edison’s Pearl Street power station – built the first photoelectric panel in the world. Fritts sent his results and panels to Werner von Siemens, the founder of one of the largest electricity companies in Europe and the author of studies on the electrical properties of selenium. Fritts’s devices impressed Siemens, who presented them to the Royal Prussian Academy of Science, emphasizing the scientific importance of the first direct conversion of light into electricity. From the industrial point of view, however, Fritts’s devices did not offer any better prospects of development in the medium term, partly

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dopo la costruzione della centrale di Edison in Pearl Street. Fritts inviò i suoi risultati e i suoi pannelli a Werner von Siemens, fondatore di una delle maggiori industrie elettriche europee e autore egli stesso di ricerche sulle proprietà elettriche del selenio. I congegni di Fritts impressionarono Siemens, che li presentò all’Accademia Reale di Prussia, sottolineando l’importanza scientifica della conversione diretta della luce in elettricità che veniva realizzata per la prima volta. Dal punto di vista industriale, tuttavia, neppure i congegni di Fritts offrivano prospettive di sviluppo sul medio periodo, ancora una volta per una questione di costi, e anche perché il processo di conversione realizzato era estremamente inefficiente, riuscendo a convertire in elettricità solo una minuscola frazione della luce che colpiva il pannello. 24

Gli insuccessi di Mouchot, Ericsson e Fritts non misero fine ai tentativi di utilizzazione dell’energia solare, che furono ripresi all’inizio del Novecento da un altro ingegnere americano, Frank Shuman, uomo “di grande esperienza pratica”, secondo le descrizioni dei suoi contemporanei. Shuman, il cui lavoro fu elogiato anche dagli scettici del “Scientific American” e di “Engineering News”, analizzò le cause dell’insuccesso dei suoi predecessori, e si orientò decisamente verso lo sfruttamento del calore solare. Per sviluppare la sua attività, però, non solo indirizzò il lavoro sulla riduzione del costo degli apparati, ma localizzò la sua impresa in Egitto, regione che presentava un contesto economico e climatico favorevole: molta insolazione e poca disponibilità di carbone a basso costo. Shuman ottenne buoni risultati e avviò un’attività economicamente sostenibile, che però si interruppe con la prima guerra mondiale, non solo per la sua morte, ma anche perché l’avvento del petrolio fece mancare ai suoi

L’Elettricità”, cartolina del 1905. “Electricity”, postcard, 1905.

because of their costs, but also because the conversion process itself was extremely inefficient, with only a tiny fraction of the light striking the panel being converted into electricity. The failures of Mouchot, Ericsson, and Fritts did not put an end to attempts to utilize solar energy. They were resumed at the beginning of the twentieth century by an American engineer, Frank Shuman, a man “with great practical experience”, according to the descriptions of his contemporaries, whose work was also praised by the skeptics of “Scientific American” and “Engineering News”. He analyzed the causes of the failure of his predecessors, and resolutely opted for the exploitation of solar heat. To develop his business, however, he not only worked to reduce the cost of his equipment, but located his company in Egypt, a country that was favorable in terms of both economics and the climate, with abundant insolation and scarce availability of low-cost coal. Shuman obtained good results and started an economically sustainable business, which, however, was interrupted by the First World War, not only because of his death, but also because the advent of petroleum meant that his plants were no longer economically advantageous. In Italy, too, there was a certain interest in solar energy. In 1878 and in 1883, the transcriptions of the patents of Mouchot and his partner Abel Pifre were filed, and in 1880 Robert Schulz’s. There were also applications for patents by Italian inventors. The first was Alessandro Battaglia’s regarding a “multiple solar collector” – the



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impianti il presupposto della convenienza economica. Anche in Italia si sviluppò un certo interesse per l’energia solare: nel 1878 e nel 1883 furono depositate le trascrizioni dei brevetti di Mouchot e del suo socio Abel Pifre, nel 1880 quello di Roberto Schulz; vi furono poi richieste di brevetti anche da parte di inventori italiani. Il primo fu quello di Alessandro Battaglia relativo al “Collettore multiplo solare”, che “ha come scopo di raccogliere i raggi solari e rifletterli uniti, in un fascio di forma speciale, in un sito determinato, di superficie limitata, al fine di ottenere una temperatura alta capace di un determinato effetto”, presentato il 13 ottobre 1886. Il brevetto di Battaglia anticipava, in realtà, alcune idee che sarebbero state sviluppate da Giovanni Francia circa un secolo dopo. Seguiva poco dopo il brevetto di Rodolfo Mathis per l’“Elio-pulsatore”, “una pompa che lavora per azione diretta dell’energia termica solare, mediante pulsazioni prementi ed aspiranti, mantenendosi automaticamente orientata al corso diurno del sole”. G. Gibelli brevettò invece l’uso di specchi parabolici per la cattura dei raggi solari.

Collettore multiplo solare di Alessandro Battaglia. Particolari del disegno costruttivo e descrizione. Genova, 4 ottobre 1886. Alessandro Battaglia’s multiple solar collector, details of the construction drawing and description. Genoa, October 4, 1886.

purpose of which was “to collect the rays of the sun and reflect them together, in a special kind of bundle, on a given site with a limited surface, in order to obtain a high temperature capable of a determined effect” – which was presented on October 13, 1886. Battaglia’s patent actually anticipated several ideas that were to be developed by Giovanni Francia about a century later. Shortly thereafter followed the patent of Rodolfo Mathis for his “Elio-pulsator”: “a pump that works through the direct action of solar thermal energy by means of pressing and sucking pulsations, keeping itself automatically oriented to the diurnal course of the sun”. G. Gibelli, on the other hand, patented the use of parabolic mirrors to capture solar rays. These early experiments in the field of solar energy tell us several important things. The first is that the fears of those who supported orienting research in this direction regarded the possible exhaustion of fossil fuels, not the consequences of atmospheric emissions, which instead are the main environmental concern, while the second is that cost plays a crucial role in the development


Queste prime esperienze nel campo dell’energia solare ci dicono alcune cose importanti: la prima di esse è che i timori di chi sosteneva questa linea di ricerca riguardavano il possibile esaurimento dei combustibili fossili e non le conseguenze delle emissioni atmosferiche, che sono invece oggi la principale preoccupazione ambientale; la seconda è che i costi hanno un ruolo cruciale nello sviluppo di qualunque tecnologia energetica, e dunque nessuna fonte rinnovabile ha serie prospettive industriali finché il suo livello di efficienza e il contesto economico circostante non la rendono economicamente competitiva. È anche interessante osservare come le due linee tecnologiche per il possibile sfruttamento dell’energia solare, e cioè l’uso del calore come sostituto del combustibile ovvero la trasformazione diretta della luce in elettricità, siano presenti fin da subito in modo parallelo nella storia di questa forma di energia.

Un nuovo contesto normativo e finanziario Il sistema Edison a corrente continua, come si è visto, fu in breve tempo affiancato, e poi in meno di un ventennio soppiantato, dai sistemi a corrente alternata, fra i quali prevalse a fine secolo la corrente alternata trifase. Fu l’impianto dell’Esposizione di Francoforte a dimostrare la fattibilità e la superiorità tecnica di questo sistema, segnando in un certo senso l’atto di nascita delle reti elettriche moderne. Gli ultimi anni del secolo, dunque, grazie agli sviluppi tecnici che rendevano possibile la trasmissione a grande distanza, segnarono un momento di svolta per tutta l’industria elettrica: iniziò allora, infatti, la costruzione dei grandi impianti idraulici di produzione. Il primo di essi fu costruito nel 1894 in Canada, ed era alimentato dalle cascate del

of any technology, and therefore no renewable source has serious industrial prospects until its level of efficiency and the economic situation make it economically competitive. It is also interesting to note how the two technologies for exploiting solar energy – the use of heat as a substitute for fuel and the direct transformation of light into electricity – are present in parallel fashion from the beginning in the history of this kind of energy.

A New Regulatory and Financial Context As we have seen, the direct-current Edison system was soon joined, and in less than twenty years supplanted, by alternating-current systems, of which at the end of the century three-phase alternating current prevailed. It was the plant at the Frankfurt Exposition that demonstrated the feasibility and technical superiority of this system, in a certain sense marking the birth of modern electric power networks. Thanks to the technical developments that made long-distance transmission possible, therefore, the last years of the century were a turning point for the entire electricity industry. In effect, it was then that construction of large hydroelectric generating plants began. The first one was built in 1894, in Canada, and was driven by the Niagara Falls. Unlike solar energy, this kind of independence from coal had prospects of immediate development, and was very promising for a country like Italy. In the light of the hydroelectric experiences of 1889-1892, the political response to these developments was quite fast and, overall, satisfactory, even though, obviously, the

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Niagara. A differenza dell’energia solare, questa forma di affrancamento dal carbone aveva prospettive di sviluppo immediate, e per un paese come l’Italia era assai promettente. La risposta politica su questo tema, alla luce delle esperienze idroelettriche del 1889-1892, fu abbastanza rapida, e in complesso soddisfacente, anche se ovviamente le lamentele degli imprenditori e le richieste rivolte al mondo politico non andavano certo in direzione di un riconoscimento esplicito di questa realtà. La normativa italiana, tra il 1892 e il 1895, innovò in maniera abbastanza decisa e in tempi abbastanza rapidi il regime concessorio per le derivazioni d’acqua a scopo idroelettrico, e affrontò in modo deciso (e sostanzialmente favorevole alle imprese elettriche) la questione delle linee di trasmissione. Si trattava di decisioni quanto mai tempestive e opportune, dal momento che la crisi economica di quegli anni, la peggiore dal completamento della fase risorgimentale, aveva avuto il suo impatto sulle aziende elettriche, e in qualche momento aveva posto in seria difficoltà anche le prospettive di sviluppo della Edison. Un ulteriore elemento che favorì la crescita del settore elettrico fu l’intervento di capitali esteri, in particolare (ma non esclusivamente) tedeschi: tra il 1894 e il 1896 furono fondate alcune società specializzate nella raccolta di capitali e crediti per la costituzione e il finanziamento di imprese elettriche. Tra i promotori di queste società c’era sempre un grande costruttore elettromeccanico, e tra quest’ultimo e la holding finanziaria che nasceva era in vigore un accordo in base al quale le imprese elettriche

Turbina Francis dell’impianto di St. Catharines Ontario alle cascate del Niagara, 1899. Francis turbine at the St. Catharines power plant, Niagra Falls, Ontario, 1899.

complaints of entrepreneurs and the requests they addressed to the government did not go in the direction of an explicit acknowledgement of this fact. Between 1892 and 1895, Italian legislation quite resolutely and rapidly introduced innovations in the regulations concerning the diversion of water for hydroelectric purposes, and tackled the question of transmission lines with determination and in a way that was essentially favorable to the electricity companies. These decisions were extremely timely and appropriate, because the economic crisis at that time – the worst since the unification of the country – had had its impact on the electricity companies, and at times had even seriously damaged Edison’s growth prospects. An additional factor that facilitated the growth of the electricity industry was foreign investment, especially, but not exclusively, German. Between 1894 and 1896, several companies specializing in raising capital and credit to incorporate and finance electricity enterprises were founded. Among the promoters of these companies there was always a large electromechanical constructor, and between the latter and the nascent financial holding company an agreement was in force according to which the electricity enterprise controlled had to procure its supplies exclusively from the controlling company. While this was a


controllate avrebbero dovuto rifornirsi di materiali unicamente presso la casa madre. Si trattò di un fenomeno di dimensioni europee, di cui l’Italia fu però un terreno privilegiato di sperimentazione. L’economia della penisola ne trasse beneficio: a differenza di quanto si è verificato in altri settori e in altre fasi, infatti, questi investimenti comportavano un allargamento della base produttiva, e mettevano capo alla realizzazione di impianti che una volta costruiti sarebbero rimasti patrimonio del sistema produttivo italiano. Chi erano i protagonisti di questo mercato? Nel settembre 1894 sorse la Gesellschaft für Elektrische Unternehmungen (nota come Gesfürel) per iniziativa della Loewe, della Thyssen e della bostoniana Thomson-Houston International Electric, che di lì a poco si fuse con la Edison Electric di New York dando vita alla General Electric, e diventando il principale costruttore elettromeccanico statunitense. Nel marzo 1895 fu invece costituita a Norimberga la Continentale Gesellschaft für Elektrische Unternehmungen (nota come Continentale), promossa dalla Schuckert, il più antico dei costruttori elettrici tedeschi, con partner bancari tedeschi, austriaci e belgi. Quattro mesi dopo fu fondata a Zurigo la Bank für Elektrische Unternehmungen (nota come Elektrobank), promossa dall’AEG, la principale industria elettrica tedesca, col concorso di importanti soci bancari: Deutsche Bank, Credito Svizzero e altri istituti, fra cui le neonate Banca Commerciale Italiana e Credito Italiano, sorte nel contesto della ristrutturazione seguita alla crisi bancaria italiana del 1893-1895. Nel novembre 1895 sorse la Motor Aktiengesellschaft für Angewandte Elektrizität, promossa dalla svizzera Brown Boveri, una delle imprese più innovative e dinamiche dell’elettromeccanica europea, con partner bancari

European-wide phenomenon, Italy was one of the places preferred for experimentation, and the country’s economy benefitted from it. Unlike what happened in other industries and periods, in effect, these investments led to an expansion of the productive base and the construction of plants which, once built, would remain a patrimony of the Italian industrial system. Who were the leading players in this market? In September 1894, Loewe, Thyssen, and the Thomson-Houston International Electric Company of Boston founded the Gesellschaft für Elektrische Unternehmungen (known as Gesfürel), which shortly afterwards merged with Edison Electric of New York, creating General Electric and becoming the largest American electromechanical constructor. March 1895, instead, saw the incorporation in Nuremberg of the Continentale Gesellschaft für Elektrische Unternehmungen (known as Continentale), which was promoted by Schuckert, the oldest German electric constructor, with its German, Austrian, and Belgian bank partners. Four months later, there was the foundation in Zürich of the Bank für Elektrische Unternehmungen (known as Elektrobank), promoted by AEG, the largest German electric company, with the participation of important bank partners: Deutsche Bank, Credito Svizzero, and others, including the newly founded Banca Commerciale Italiana and Credito Italiano, which came into being as part of the restructuring that followed the Italian banking crisis of 1893-1895. In November 1895, Motor – Aktiengesellschaft für Angewandte Elektrizität was founded by the Swiss company Brown Boveri, one of the most innovative and dynamic enterprises in the European electromechanical industry, with Swiss and German bank partners and the contribution

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svizzeri e tedeschi, e con il concorso dei capitali personali del direttore finanziario della Brown Boveri, Fritz Funk, e della famiglia Mumm (quelli dello champagne omonimo). Nel marzo 1896 nacque invece a Basilea uno dei colossi di questo settore finanziario, la Schweizerische Gesellschaft für Elektrische Industrie (nota come Indelec), promossa dalla Siemens con un consorzio di banche svizzere e tedesche, fra cui anche la Rheinische Kreditanstalt di Mannheim, finanziatrice della BASF. Nel 1897, infine, venne fondata a Ginevra la Société Franco-Suisse pour l’Industrie Électrique, che aveva come azionista industriale di riferimento la francese Schneider-Creusot, la più importante impresa metallurgica transalpina.

of personal capital from the financial director of Brown Boveri, Fritz Funk, and the Mumm family (producers of the champagne of the same name). In March 1896, instead, one of the giants in this financial industry was founded in Basel: the Schweizerische Gesellschaft für Elektrische Industrie (known as Indelec), which was promoted by Siemens, together with a consortium of Swiss and German banks, including the Rheinische Kreditanstalt of Mannheim, the financer of BASF. Finally, in 1897, there was the foundation, in Geneva, of the Société Franco-Suisse pour l’Industrie Électrique, whose main industrial stockholder was Schneider-Creusot, the largest iron and steel company in France.

Queste holding finanziarie investirono nella creazione di imprese elettriche in varie parti d’Europa, e in particolare in Italia, dove si deve alla loro attività lo sviluppo di aziende e impianti in gran parte idroelettrici nelle varie macroaree della penisola. Nella fase di crisi che caratterizza la parte centrale degli anni Novanta la Edison tentò più volte di stipulare accordi finanziari con alcune di esse, sollecitata in particolare dalla Siemens e dalla AEG, ma nessuna delle combinazioni proposte andò mai a buon fine perché la società milanese non accettò mai di stipulare accordi condizionanti nella scelta dei fornitori e delle tecnologie. In questa scelta essa fu sostenuta dal forte legame con la Banca Commerciale Italiana, che ne assecondò le rilevanti esigenze di finanziamento negli anni cruciali della trasformazione idroelettrica con la costruzione della diga di Paderno, senza farsi tramite delle pressioni dei due grandi gruppi tedeschi, cui pure era legata2. Un provvedimento che ebbe conseguenze importanti per il settore elettrico fu poi la nazionalizzazione delle ferrovie nel 1906, con la quale lo Stato riscattò dalle società private le

These financial holding companies invested in the creation of electric companies in various parts of Europe, and especially in Italy, which owes to them the development of mainly hydroelectric enterprises and plants in the different regions of the country. In the period of crisis which characterized the middle years of the 1890s, Edison – spurred especially by Siemens and AEG – tried a number of times to enter into financial agreements with several of them, but none of the combinations proposed ever succeeded, because the Milanese company would not accept agreements that constrained the choice of its suppliers and technologies. It was supported in this policy by its close relationship with the Banca Commerciale Italiana, which satisfied its considerable financial requirements in the crucial years of the hydroelectric transformation, with the construction of the Paderno dam, without becoming an intermediary of the pressure exerted by the two large German groups, even though it was connected with them2. A provision that had important consequences for the electricity industry was the 1906


Lettera inviata dalla Société Franco-Suisse pour l’Industrie Électrique a Maurizio Capuano, amministratore delegato della Società Generale per l’Illuminazione, settembre 1898. A destra, operai durante il montaggio di un alternatore nella centrale di Paderno, 1898. Letter sent by the Société Franco-Suisse pour l’Industrie Électrique to Maurizio Capuano, chief executive officer of the Società Generale per l’Illuminazione, September, 1898. On the right: workers during the installation of an alternator in the Paderno power station, 1898.

concessioni attraverso cui era stata costruita e gestita, nei primi decenni dopo l’unità, la rete ferroviaria italiana. Le risorse finanziarie rese gradualmente disponibili dalle annualità degli indennizzi statali furono in gran parte reinvestite proprio nel settore elettrico. Tra le ex società ferroviarie che si trasformarono in holding elettriche assunse presto un ruolo di primo piano la Bastogi, già controllante della Società per le Strade Ferrate Meridionali. Si ottenne in tal modo, al di là di alcune operazioni finanziarie e speculative, l’allargamento effettivo della base produttiva in un settore che era determinante per il decollo industriale dell’Italia. La prima guerra mondiale diede poi ulteriore impulso alla crescita del sistema elettrico italiano.

nationalization of the railroads, when the government redeemed from private companies the concessions through which, in the decades subsequent to unification, the Italian railway network had been constructed and managed. The financial resources that were made available by the annual payments of the government compensation were to a great extent reinvested precisely in the electricity industry. Among the former railroad companies that transformed themselves into electric holding companies a leading role was soon assumed by Bastogi, which had controlled the Società per le Strade Ferrate Meridionali. Aside from several purely financial and speculative transactions, this process led to the actual expansion of the productive base in an industry that was decisive for Italy’s industrial takeoff. The First World War subsequently gave a further boost to the development of the Italian electricity system.

White Coal The first significant achievements of the period 1890-1896 were followed, in 1898-1900, by the first two large Italian hydroelectric plants, which at the time were the largest in Europe: Paderno

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Il carbone bianco Alle prime realizzazioni significative del periodo 1890-1896 seguirono, nel biennio 1898-1900, i primi due grandi impianti idroelettrici italiani (all’epoca i maggiori d’Europa): Paderno sull’Adda e Vizzola sul Ticino, costruiti il primo dalla Edison e il secondo dalla sua diretta concorrente, la Società Lombarda per la Distribuzione di Energia Elettrica, la cui costituzione era stata promossa dalla Continentale. La costruzione dei due impianti aveva

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on the Adda River and Vizzola on the Ticino, the former constructed by Edison and the latter by its direct competitor, the Società Lombarda per la Distribuzione di Energia Elettrica, whose incorporation had been promoted by Continentale. The roots of the construction of the two plants went back all the way to 1886, when Giuseppe Colombo – who had many complementary roles in Milanese academic and industrial life – had proposed the formulation of a “Project for furnishing Milan with a driving force proportional to its industrial development” as a subject for the “Kramer Competition” of the Istituto Lombardo di Scienze e Lettere. The prize went to the engineer C. Cipolletti of the Società Planimetria generale, pianta d’insieme e sezione della centrale di Vizzola, 1900. Sotto, corografia generale del Ticino in corrispondenza delle opere idrauliche per gli impianti di Vizzola e Turbigo pubblicata su “Il Politecnico. Giornale dell’ingegnere architetto civile industriale”, 1904. Location plan, layout, and section of the Vizzola power plant, 1900. Below, general chorography of the Ticino in correspondence with the hydraulic works for the Vizzola and Turbigo plants, published in “Il Politecnico. Giornale dell’ingegnere architetto civile industriale”, 1904.


radici lontane, risalenti addirittura al 1886, quando Giuseppe Colombo, che nella vita accademica e industriale milanese aveva molti ruoli complementari, aveva proposto come tema per il “Concorso Kramer” dell’Istituto Lombardo di Scienze e Lettere l’elaborazione di un “Progetto per fornire Milano di una forza motrice proporzionale al suo sviluppo industriale”. Il premio andò all’ingegnere C. Cipolletti della Società Italiana Condotte d’Acqua, che aveva studiato le possibilità di sfruttamento delle derivazioni d’acqua di Paderno, appunto, e di Vizzola. Lo stato dell’arte tecnologico nel campo della trasmissione lasciava allora insoluto il problema del trasporto a Milano dell’energia ottenuta, ma questo non aveva scoraggiato la preparazione di un progetto esecutivo su Paderno e la richiesta nel 1889 di una concessione di derivazione da parte degli ingegneri Carli e Milani. La Edison si affrettò a rilevare la concessione, probabilmente per limitare la prevedibile concorrenza delle Condotte d’Acqua. Era poi intervenuta la crisi bancaria, e le difficoltà che la stessa Edison aveva dovuto fronteggiare avevano frenato l’enorme investimento necessario; nel 1894-1895, però, non solo i problemi tecnici della trasmissione non erano più tali, ma anche il contesto economico e la situazione della società erano molto più favorevoli. Ebbero allora inizio i lavori per la realizzazione della centrale di Paderno, entrata in funzione nel 1898, alla quale contribuirono i migliori tecnici dell’epoca: fra loro Cesare Saldini e Galileo Ferraris. La Società Italiana per le Condotte d’Acqua, a sua volta, era già presente sul Ticino, dove tra il 1880 e il 1884 aveva costruito il canale Villoresi, il cui scopo originario era stato di tipo prevalentemente irriguo. Le finalità originarie dell’opera, però, risultavano ormai superate a metà degli anni Novanta, quando il grande distretto industriale Il Re Vittorio Emanuele III e la Regina Elena all’inaugurazione della centrale di Vizzola, 1901. King Vittorio Emanuele III and Queen Elena at the inauguration of the Vizzola power station, 1901.

Italiana Condotte d’Acqua, who had investigated the possibility of exploiting the diversions of water at, precisely, Paderno and Vizzola. The state of technology in the field of transmission at that time had not solved the problem of transporting the energy obtained to Milan, but that had not discouraged the preparation of an executive project for Paderno and the request, in 1889, of a diversion concession by the engineers Carli and Milani. Edison quickly acquired the concession, probably to limit the foreseeable competition of the Condotte d’Acqua. Then the bank crisis occurred, and the difficulties that Edison itself had to deal with held up the enormous investment necessary. In 1894-1895, however, not only had the technical problems of transmission become overcome, but the economic situation and the position of the company were also much more favorable. Work then began on the construction of the Paderno power plant, which went into operation in 1898, and to which the best engineers of the time,

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che nel frattempo si era sviluppato fra Legnano, Busto Arsizio e Castellanza richiedeva soprattutto la fornitura di energia. Nel 1897 le Condotte d’Acqua parteciparono alla costituzione della Società Lombarda, con il concorso determinante della Continentale, per sfruttare quella “forza motrice”, fino ad allora “trascurata”. La centrale di Vizzola veniva inaugurata nel 1900, due anni dopo quella di Paderno, e costituiva anch’essa un risultato tecnologico di tutto rispetto, che sollecitava l’attenzione ed era oggetto di visite di studio dei tecnici di tutta l’Europa.

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E così, mentre la Edison e la Lombarda progettavano nuovi interventi sull’Adda e sul Ticino, e sui corsi d’acqua della Valtellina e della Val d’Ossola, nel Nord-Est si avviava la costruzione dell’impianto del Cellina e si studiava il sistema Piave-Santa Croce, nel Nord-Ovest si lavorava sulla concessione di Pont Saint Martin e sui sistemi idrografici della Valle d’Aosta, nell’Italia centrale e nel Mezzogiorno continentale si verificavano le caratteristiche e le possibilità dei sistemi appenninici. Anche in Sicilia e in Sardegna si pensava a impianti idroelettrici, benché in Sardegna nessun intervento imprenditoriale concreto si delineasse fino al 1911; l’isola era probabilmente, in quel momento, l’area economica meno dinamica del Paese, anche se sarebbe stata teatro negli anni dopo la prima guerra mondiale di alcuni interventi idroelettrici di notevole rilievo. Fin dai primi anni del Novecento, insomma, sotto la spinta del clima concorrenziale in cui agivano le varie società produttrici, iniziò una sistematica rincorsa energetica che portò a delineare anche una nuova geografia delle risorse. L’idrografia della penisola fu percorsa accuratamente, prendendo in considerazione anche bacini che in una prima fase erano stati tralasciati, o per difficoltà tecniche che i progressi successivi avevano reso possibile

including Cesare Saldini and Galileo Ferraris, contributed. The Società Italiana per le Condotte d’Acqua was already present on the Ticino River, where, between 1880 and 1884, it had built the Villoresi canal, whose purpose was at first mainly irrigation. However, the original purpose of the canal was out-dated by the middle of the 1890s, when the large industrial district that in the meanwhile had developed around Legnano, Busto Arsizio, and Castellanza required above all energy to be supplied. In 1897, the Condotte d’Acqua participated in the incorporation of the Società Lombarda, with the decisive contribution of Continentale, to exploit that “driving force”, which until then had been neglected. The Vizzola power station was inaugurated in 1900, two years after the one at Paderno, and constituted a considerable technological achievement, which attracted widespread attention and was visited by engineers from all over Europe. And so, while Edison and Lombarda were planning new plants on the Adda and the Ticino, as well as on the waterways of the Valtellina and the Val d’Ossola, in the Northeast work was begun on the construction of the Cellina power station and the Piave-Santa Croce system was being planned, in the Northwest work was being done on the Pont Saint Martin concession and the hydrographic systems of the Valle d’Aosta, and in central Italy the characteristics and potential of the Apennine systems were being examined. There were plans for hydroelectric plants in Sicily and Sardinia, too, although on the latter island no concrete entrepreneurial initiative took shape before 1911. At that time, Sardinia was probably the least economically dynamic region of the country, even though in the years after the First World War it was to be the site of several


Dragaggio su canale. Società Elettrica Sarda, 1910. Canal dredging. Società Elettrica Sarda, 1910.

Lettera della Città di Monreale all’esattore delle imposte per il pagamento della prima rata per il nuovo tracciato elettrico della linea Monreale della Società Sicula Tramways Omnibus di Palermo, 1910. A letter from the Municipality of Monreale to the tax collector regarding payment of the first installment for the Società Sicula Tramways Omnibus di Palermo’s Monreale power line, 1910.

superare, o perché l’ampliamento impetuoso della domanda rendeva appetibile l’investimento anche in luoghi precedentemente trascurati dai grandi capitali. Tra gli elementi che concorrevano ad ampliare le opportunità di sfruttamento delle risorse idroelettriche vi sono anche alcuni provvedimenti normativi: tra questi vanno ricordati la legge del 1903 sulla municipalizzazione dei servizi, che spinse vari comuni ad avventurarsi in campo elettrico, e la legge speciale per Napoli del 1904, che conteneva incentivi specifici per lo sfruttamento delle forze idrauliche riferibili al capoluogo campano. Fu Francesco Saverio Nitti, grande statista di origine lucana, a fornire il quadro teorico-politico

hydroelectric projects of considerable importance. In short, from the beginning of the twentieth century, with the boost provided by the competitive atmosphere in which the various production companies operated, a systematic race for energy began, which also created a new geography of resources. The hydrography of the peninsula was carefully investigated, including basins that had been neglected earlier, either because of technical difficulties that subsequent progress had made it possible to overcome or because rapidly increasing demand made it profitable to invest even in places that had previously not attracted any major investment. Among the factors that contributed to the creation of new opportunities for exploiting hydroelectric resources were also several legislative initiatives, including the 1903 law on the municipalization of services, which led a number of municipalities to venture into the field of electricity, and the special law for Naples of 1904, which contained specific incentives for exploiting the hydraulic resources of the capital of Campania. It was a great statesman from Lucania, Francesco Saverio Nitti, who provided the most influential theoretical and political support for the rapid

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di riferimento alla rapida crescita delle iniziative idroelettriche: nel 1905, con il suo volume “La conquista della forza”, Nitti indicava con decisione nello sfruttamento delle risorse idriche il modo per superare i limiti strutturali che la carenza di carbone poneva all’economia italiana e al processo di industrializzazione; a questo si collegava inoltre, nella visione nittiana, anche una operazione di sistemazione agraria e boschiva, particolarmente urgente nel Sud, attraverso la regolazione dei corsi d’acqua, con interventi capaci di correggerne le caratteristiche avverse, ottimizzandone le possibilità di utilizzazione. In quello che è stato definito il programma “elettroirriguo” di Nitti l’acqua diventava il “carbone bianco”, che avrebbe permesso alla penisola di disporre di tutta l’energia occorrente per il decollo industriale e per il riscatto del Mezzogiorno. La proposta originaria di Nitti prevedeva anche la nazionalizzazione del settore idroelettrico, un’idea che incontrò forte opposizione perfino all’interno

Maurizio Capuano, amministratore delegato della Società Meridionale di Elettricità. A destra, lettera inviata da Maurizio Capuano a Francesco Saverio Nitti, 1922. Maurizio Capuano, chief executive officer of the Società Meridionale di Elettricità. On the right: a letter sent by Maurizio Capuano to Francesco Saverio Nitti, 1922.

growth of hydroelectric projects that was taking place. In his book “The Conquest of Force”, published in 1905, Nitti resolutely pointed to the exploitation of water as the way to overcome the structural constraint on the Italian economy and its industrialization constituted by the scarcity of coal. Nitti also saw the connection between this and the resolution of problems regarding agriculture and forestry, which were particularly urgent in the South, through the regulation of waterways with projects that could correct their adverse features and optimize their potential for utilization. In what has been called Nitti’s “electricity and irrigation” project, water became “white coal”, which would ensure Italy all the energy it needed for its industrial takeoff and the progress of the South. Nitti’s original proposal also provided for the nationalization of the hydroelectric industry, an idea that met with strong opposition even within the socialist movement and that Nitti himself


del movimento socialista, e che lo stesso Nitti, divenuto ministro, lasciò poi cadere. Il suo progetto non era d’altronde limitato al discorso meridionalista: i fatti si sarebbero incaricati di dimostrare che il programma politico di Nitti era un programma di modernizzazione economica per l’intero Paese. Nel dicembre 1908, dieci anni dopo l’inaugurazione di Paderno, Ettore Conti, dirigente della Edison e poi imprenditore in proprio, scriveva nel suo “Taccuino”, con assonanze nittiane forse involontarie: “Serbatoi montani capaci di regolarizzare i corsi inferiori dei fiumi [...]; canali di irrigazione e bonifica che diano fertilità alle nostre terre; canali navigabili destinati ad aumentare le vie dei traffici [...]; potenti derivazioni di forza motrice che irradieranno per tutto il Paese energia a buon mercato [...]; questa la vera ricchezza naturale e inesauribile su cui deve appoggiare sicuramente e vantaggiosamente l’edificio della nostra produzione”. Fra le centrali idroelettriche tuttora attive e produttive nell’ambito dell’Enel, una settantina sono state realizzate proprio nel ventennio 1898-1918. Gli studi effettuati sulle fonti statistiche dell’epoca permettono di dire che una percentuale compresa tra il 40% e il 50% di esse furono costruite non dalle società elettriche, ma da piccoli autoproduttori. Solo in seguito si aggiunsero i grandi, con impianti di maggiore taglia e maggior potenza, soprattutto elettrochimici ed elettrosiderurgici. Questi ultimi preferivano infatti disporre di impianti propri per sfuggire ai condizionamenti spesso imposti dalle imprese elettrocommerciali, molte delle quali consideravano questo tipo di utenze come consumatori residuali ai quali vendere l’energia di supero degli impianti o quella residua dei consumatori normali, impedendo così il

abandoned after he became a minister. On the other hand, his project was not limited to the question of the South. Subsequent events were to demonstrate that Nitti’s political project was a project for the economic modernization of the entire economy. In December 1908, ten years after the inauguration of the Paderno power plant, Ettore Conti, an Edison executive and subsequently an entrepreneur in his own right, perhaps inadvertently sounded like Nitti when he wrote in his “Notebook”: “Mountain reservoirs capable of regulating the downstream flow of rivers ...; irrigation and reclamation canals that make our land fertile; navigable canals that will increase trade ...; powerful diversions of driving force that will supply lost-cost energy to the entire country ...: this is the real and inexhaustible natural wealth on which our production should be securely and advantageously based.” 37 Among Enel’s hydroelectric power plants that are still active and productive, about seventy were constructed precisely in the twenty-year period 1898-1918. Studies carried out on the statistical sources of the period show that between 40% and 50% of them were not constructed by electricity companies, but by small enterprises producing for their own use, which were only later followed by big ones with plants that were larger and with more power, mainly chemical and iron-and-steel companies. In effect, the latter preferred to have their own plants in order to avoid the constraints often imposed by the electricity companies, many of which considered these customers as second-tier consumers, to which they sold the excess production of their plants or the energy that was left over from normal consumers, thus preventing the improvement of industrial organization and of products. During the First World War, this


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miglioramento dell’organizzazione industriale e dei prodotti. Questa situazione avrebbe causato, nel corso della guerra 1915-1918, i primi contrasti fra autoproduttori e società elettriche, e sarebbe stata in seguito una componente non secondaria dei conflitti che caratterizzarono il settore elettrico tra la fine della guerra e la metà degli anni Venti.

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Al progetto per lo sviluppo elettro-irriguo del Sud è in gran parte collegata la storia della Società Meridionale di Elettricità (SME)3. Le sue radici finanziarie affondano in epoca pre-elettrica, nella Società Generale per l’Illuminazione (SGI), sorta a Perugia nel 1875. Nel 1888 la società fu rafforzata dall’intervento di finanziatori svizzeri, e nel 1890 ottenne il primo contratto con il Comune di Napoli per l’illuminazione elettrica della Galleria Umberto e del Teatro San Carlo. Nel corso degli anni Novanta la SGI assorbì le altre iniziative elettriche avviate a Napoli, fino a diventare l’unica società distributrice: nel frattempo aveva trasferito nel capoluogo campano la sede sociale, e alla sua guida era stato designato dai soci svizzeri Maurizio Capuano. Nel 1899 gli stessi interessi svizzeri, rappresentati nella Société Franco-Suisse pour l’Industrie Électrique (e in seguito nella sua filiazione Société Italo-Suisse) diedero vita, assieme alla Banca Commerciale, alla Società Meridionale di Elettricità di cui Capuano divenne amministratore delegato. Le prime iniziative elettriche della Campania erano state basate su impianti termoelettrici; un piccolo impianto idroelettrico (ancor oggi operante) era stato realizzato a Cava dei Tirreni nel 1894. Nel 1895 erano stati presentati i primi progetti per lo sfruttamento del fiume Volturno. La SME aveva come scopo sociale l’utilizzazione

situation was to cause the first conflicts between self-producers and electricity companies, and would subsequently be a major cause of the conflicts that characterized the electricity industry between the end of the war and the middle of the 1920s.

Electricity and the South The project for the hydroelectric development of the South is closely connected with the history of the Società Meridionale di Elettricità (SME)3. Its financial roots go back to the pre-electric era and the Società Generale per l’Illuminazione (SGI), which was founded in 1875. In 1888, the company was strengthened by the involvement of Swiss financiers, and in 1890 obtained its first contract with the municipality of Naples for the electric lighting of the Galleria Umberto and the Teatro San Carlo. During the 1890s, the SGI absorbed other electricity companies that had been started up in Naples, thus becoming the only distribution company. In the meanwhile, it had transferred its headquarters to Naples and the Swiss shareholders had appointed Maurizio Capuano as the chief executive. In 1899, the same Swiss interests, represented in the Société Franco-Suisse pour l’Industrie Électrique – and subsequently in its offspring, the Société ItaloSuisse – founded, together with the Banca Commerciale, the Società Meridionale di Elettricità, of which Capuano became the chief executive officer. The first electricity undertakings in Campania had been based on thermoelectric plants. A small hydroelectric plant, which is still in operation, had been constructed at Cava dei Tirreni in 1894. In 1895 the first projects for the


delle forze idrauliche del Mezzogiorno, e come obiettivo immediato lo sfruttamento del bacino del fiume Tusciano per alimentare i pastifici di Torre Annunziata e gli stabilimenti industriali di Salerno. Nel 1904 la legge per la rinascita industriale di Napoli voluta da Nitti istituì l’Ente Autonomo Volturno (anch’esso tuttora attivo) per fornire alla città elettricità a basso costo e favorire gli insediamenti industriali. Nel 1906 fu invece costituita la Società Elettrica della Campania (SEDAC), collegata alla SGI. La realizzazione degli impianti del Volturno, peraltro, fu ostacolata da

Manifesto per l’espropriazione dei terreni per la costruzione della centrale di Olevano sul Tusciano, 1901. A destra, lettera del direttore generale del Credito Italiano a Maurizio Capuano, amministratore delegato della Società Meridionale di Elettricità, 1898. Notice regarding the expropriation of land for the construction of the Olevano sul Tusciano power plant (1901). On the right: a letter from the general manager of Credito Italiano to Maurizio Capuano, chief executive officer of the Società Meridionale di Elettricità, 1898.

exploitation of the Volturno River had been presented. The SME’s corporate purpose was the utilization of the hydraulic forces of the South, and its immediate objective was the exploitation of the basin of the Tusciano River to provide energy for the pasta factories of Torre Annunziata and the industries of Salerno. In 1904, the law for the industrial revival of Naples, which was pushed by Nitti, instituted the Ente Autonomo Volturno, which is also still in operation, to supply low-cost electricity to the city and attract new industries. Two years later, the Società Elettrica della Campania (SEDAC), an affiliate of the SGI, was incorporated. However, the construction of the plants on the Volturno was hampered by litigation with the private companies that claimed to have priority in the concessions, so that the first power plant was inaugurated in 1911. Meanwhile, in 1900 the Società Napoletana per Imprese Elettriche had been incorporated, which had constructed a thermoelectric power station and an underground distribution network, and was a competitor of the SGI. In 1907, the two companies reached an agreement to divide up the users. Thanks to the help of the Banca Commerciale, two years later the SGI acquired the control of its former competitor. Meanwhile,

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in 1907 the SME, whose Tusciano plant had vari contenziosi con le società private che begun to operate in 1905, had inaugurated the rivendicavano la priorità nelle concessioni: sicché work site for the diversion of the Lete River. In la prima centrale fu inaugurata nel 1911. 1907-08, the Credito Ticinese – partner of ItaloNel 1900 era stata intanto costituita la Società Suisse in the SEDAC – sold the SME its concession Napoletana per Imprese Elettriche, che aveva rights and projects for the exploitation of the realizzato una centrale termoelettrica e una rete di Sangro and the Matese, while in 1909 an distribuzione sotterranea, e che faceva agreement was reached between the SME and concorrenza alla SGI. Nel 1907 le due società the Società Elettrochimica to supply energy to raggiunsero un accordo per la suddivisione delle Naples by exploiting the Pescara River. With the utenze. Due anni dopo, grazie all’aiuto della construction of the Pescara-Naples power line, Banca Commerciale, la SGI acquisì il controllo hydroelectric production became prevalent in the della ex concorrente. Intanto la SME, entrato in South as well, in spite of the skepticism that the funzione nel 1905 l’impianto del Tusciano, nel idea had provoked at first. 1907 aveva inaugurato i cantieri per la derivazione Meanwhile, in 1906 the SME had entrusted idroelettrica dal fiume Lete. Tra il 1907 e il 1908 il Angelo Omodeo with the preparation of a Credito Ticinese (socio della Italo-Suisse nella “rational and complete study of the hydraulic SEDAC) cedette alla SME i diritti di concessione e i forces in the South and on the islands of Italy”. progetti per lo sfruttamento del Sangro e del The son of a well-to-do land owner from Matese, mentre nel 1909 fu raggiunto un accordo Mortara, in Lomellina, and the nephew of Luigi tra la SME e la Società Elettrochimica per fornire Mangiagalli, a well-known doctor and political energia a Napoli utilizzando il fiume Pescara. Con figure, Omodeo had graduated from the Milan la realizzazione dell’elettrodotto dal Pescara a Polytechnic Institute and had held a number of Napoli la produzione idroelettrica divenne political positions – working prevalente anche nel Sud, with, among others, Filippo nonostante lo scetticismo che Turati and Anna Kuliscioff – l’idea aveva inizialmente suscitato. before devoting himself entirely Frattanto nel 1906 la SME aveva to his career as an engineer 4. The incaricato Angelo Omodeo della preparazione di uno studio idea of a basin regulatory plan “razionale e completo delle forze originated with him. idrauliche in Italia meridionale e Furthermore, as a consultant of insulare”. Figlio di un agiato the large Italian electricity possidente di Mortara, in groups, he carried out the Lomellina, e nipote di Luigi studies on which the main Mangiagalli, noto medico ed hydroelectric projects, from the esponente radicale, Omodeo si era North to the South and on the laureato al Politecnico di Milano e largest islands, are based. He Fattura per la fornitura all’ingegner aveva avuto vari incarichi politici, was a specialist of international Angelo Omodeo di due idrometri per la progettazione collaborando anche con Filippo standing, who studied the di una derivazione idroelettrica sul fiume Sangro, 1914. Turati e Anna Kuliscioff, prima di regulation of water resources in Invoice to Angelo Omodeo for the supply of two hydrometers for the planning of a hydroelectric diversion on the Sangro River, 1914.


Eritrea, was called to investigate the great dedicarsi totalmente all’attività professionale4. hydroelectric systems and fluvial inversion in the Risale a lui l’idea di piano regolatore di bacino; Soviet Union, and was sent by the League of inoltre, come consulente dei grandi gruppi elettrici Nations to China, where he worked for a long italiani, elaborò gli studi che sono alla base dei time on the basin of the Yellow River. principali progetti idroelettrici della penisola, dal As early as 1902, however, the SME was Nord al Sud e alle isole maggiori. Era uno preparing to extend its operations to Sicily. In specialista di levatura internazionale: studiò la effect, in that year a young assistant of regolazione delle acque in Eritrea, fu chiamato a Omodeo’s, Emerico Vismara, was called to head occuparsi dei grandi sistemi idroelettrici e di the Società Tirrena di Elettricità. In 1907, as a inversione fluviale in Unione Sovietica, e fu inviato result of the work he did, the SME promoted dalla Società delle Nazioni in Cina, per un lungo the incorporation in Catania of the Società lavoro sul bacino del Fiume Giallo. Elettrica per la Sicilia Orientale (SESO), of which Già dal 1902, peraltro, la SME si preparava ad Capuano became the chairman and Vismara the estendere l’attività in Sicilia: in quell’anno infatti un chief executive officer. Between 1908 and 1910, giovane collaboratore di Omodeo, Emerico Vismara, the SESO constructed the first hydroelectric fu chiamato a dirigere la Società Tirrena di Elettricità. plants in Sicily, on the Cassibile and on the Nel 1907, come esito del lavoro da lui svolto, la SME Alcantara. Western Sicily, on the other hand, promosse la costituzione a Catania della Società attracted the investment of German capital Elettrica per la Sicilia Orientale (SESO), presieduta da connected with Schuckert and the AEG, which, Capuano, di cui Vismara divenne amministratore however, did not lead to any hydroelectric delegato. Tra il 1908 e il 1910 la SESO realizzò i development and was hit heavily by the war, primi impianti idroelettrici siciliani, sul Cassibile e because of both the increase in the price of coal sull’Alcantara. Nella Sicilia occidentale si ebbe invece and the forced sale of their l’intervento di capitali tedeschi legati shareholdings to a consortium alla Schuckert e all’AEG, che però led by the Banca Commerciale non avviarono alcuno sviluppo and the Banca Italiana di idroelettrico, e furono colpiti in Sconto. Thus the conditions maniera pesante dalla guerra, sia per materialized for the l’aumento del prezzo del carbone, transformation of the SESO into sia per la cessione forzata delle loro the Società Generale Elettrica quote a un consorzio guidato dalla della Sicilia (SGES), which took Banca Commerciale e dalla Banca place in 1918. Italiana di Sconto. Maturarono così le In 1908 the SME incorporated, condizioni per la trasformazione with Franco-Suisse and Bastogi, della SESO in Società Generale the Società per le Forze Elettrica della Sicilia (SGES), avvenuta Idrauliche della Sila, in which the nel 1918. Fattura per riparazioni eseguite Banca Commerciale also invested Nel 1908 la SME costituì, con la dall’Impresa per la Illuminazione Elettrica, Castel di Sangro 1909. in the following year. The new Franco-Suisse e la Bastogi, la Società Invoice for repairs made by the company was to carry out the per le Forze Idrauliche della Sila, Impresa per la Illuminazione Elettrica, Castel di Sangro, 1909.

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nella quale intervenne l’anno dopo anche la Banca Commerciale: la nuova società doveva realizzare i programmi idroelettrici che Omodeo stava studiando per la Calabria, e che nel 1911 si sarebbero tradotti in un progetto esecutivo. Nello stesso 1911 fu costituita a Livorno la Società Elettrica Sarda (SES), per iniziativa della famiglia Orlando e del Credito Italiano. Lo scopo era la realizzazione di impianti idroelettrici, la cui costruzione nell’isola era stata ipotizzata già nel 1897, ma senza conseguenze pratiche. Nel 1913, in concorrenza con la SES, fu costituita dalla Bastogi e dalla Banca Commerciale la Società Imprese Idrauliche ed Elettriche del Tirso, di cui fu nominato direttore generale Giulio Dolcetta. Anche in questo caso vi era un progetto studiato da Omodeo, che prevedeva la costruzione di una grande diga sul Tirso, per regolarne il regime delle acque e consentirne lo sfruttamento a fini energetici e agricoli. Il programma elettro-irriguo esposto da Nitti nel 1905, a questo punto, non era più un’ipotesi teorica, ma una prospettiva concreta la cui realizzazione poteva camminare sulle gambe di tecnici e imprenditori. Restava però un’idea troppo ambiziosa senza un intervento legislativo e senza concreti incentivi finanziari. Fu così varata dal governo Giolitti, nel quale lo stesso Nitti era ministro di Agricoltura Industria e Commercio, la legge del luglio 1913 per la costruzione di serbatoi e laghi artificiali sul Tirso e sulla Sila, appunto i due progetti di bacino messi a punto da Omodeo. La guerra provocò poi un rallentamento nella realizzazione dei programmi idroelettrici in Sardegna e in Calabria, che furono però ripresi dopo la fine del conflitto, e portati a compimento nel corso degli anni Venti: la centrale del primo salto del Tirso entrò in funzione nel 1923, mentre il complesso intervento di regolazione delle acque della Sila, i cui cantieri furono avviati nel 1921, fu completato nel 1931.

hydroelectric projects that Omodeo was designing for Calabria, which in 1911 would be translated into an executive project. The latter year also saw the incorporation, in Livorno, of the Società Elettrica Sarda (SES) at the initiative of the Orlando family and Credito Italiano. The objective was the construction of hydroelectric plants, an idea that had been proposed in 1897, but had not had any practical consequences. In 1913, in competition with the SES, Bastogi and the Banca Commerciale incorporated the Società Imprese Idrauliche ed Elettriche del Tirso, of which Giulio Dolcetta was appointed general manager. In this case, too, there was a project devised by Omodeo, which provided for the construction of a large dam on the Tirso to regulate the flow of water and enable it to be exploited for energy and agricultural uses. At this point, the hydroelectric project expounded by Nitti was no longer a theoretical possibility, but a concrete prospect whose realization could walk on the legs of experts and entrepreneurs. However, it was still an idea that was too ambitious without legislative measures and concrete financial incentives. Thus, with Giolitti the prime minister and Nitti himself the Minister of Agriculture, Industry, and Commerce, the government passed a law in July 1913 regarding the construction of reservoirs and artificial lakes on the Tirso and the Sila, precisely the two basin projects developed by Omodeo. The war then caused a slow-down in the carrying out of the hydroelectric projects in Sardinia and Calabria, which, however, were started up again when the fighting ended and completed during the 1920s. The power plant at the first drop on the Tirso went into operation in 1923, while the complex work on the Sila, where the construction sites were opened in 1921, was completed in 1931.




Guerre parallele.

Verso i sistemi regionali: acqua, politica e sviluppo tra guerra e dopoguerra Quello tra le due guerre mondiali è il periodo in cui il sistema elettrico italiano raggiunse la maturità e assunse una fisionomia che avrebbe poi mantenuto nei decenni centrali del Novecento. “Difficilmente – scriveva nel 1916 Angelo Omodeo – piccoli produttori, limitati allo sfruttamento di un solo centro e forniti di ristretti mezzi tecnici e finanziari possono con successo esercitare l’industria elettrica, assicurare 45

Parallel Wars.

Toward Regional Systems: Water, Politics, and Development Between the two World Wars During the period between the two world wars, the Italian electrical system attained maturity and assumed the features that it was to maintain in the middle decades of the twentieth century. “It is unlikely,” wrote Angelo Omodeo in 1916, “that small producers, with only one power plant to exploit, can operate successfully in the electricity industry, have the appropriate reserves to ensure a continuous and regular

Scavo del taglione di fondazione al lago Truzzo, 1925. Excavation for the cutoff wall at Lake Truzzo, 1925.


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con opportune riserve servigi continui e regolari, soddisfare rapidamente le richieste nuove del mercato, produrre economicamente. E ben presto i centri di produzione tecnicamente ed economicamente più importanti, meglio diretti od organizzati, prendono il sopravvento sui vicini, li assorbono o li distruggono, o trasformano facendone dei dipendenti. Le grandi società così formatesi allargano rapidamente i loro confini, la loro zona fino ad avere il dominio più completo e assoluto su intere regioni”.

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Il fenomeno era stato accelerato dalla spinta all’elettrificazione dei processi industriali: “Le macchine a vapore, a gas povero, gli stessi più recenti motori a olio pesante, vanno ovunque cedendo il posto alla elettricità. [...] La guerra – proseguiva ancora Omodeo – con l’aumentato prezzo del carbone e colla difficoltà dei trasporti, ha vinto molte riluttanze di industriali e ha fermato definitivamente molti impianti autonomi, favorendo ed accelerando il fenomeno. L’Italia, come ho detto, si è quindi venuta quasi dividendo in novelle province elettriche, coi confini ben delineati”. La classe dirigente italiana aveva così acquisito non solo la consapevolezza che “acqua” significa anche generazione elettrica, ma che con le tecnologie di trasporto dell’energia a grande distanza si poteva utilizzare la forza motrice lontano dal luogo di produzione, e usare l’acqua per soddisfare le necessità locali. Per poter realizzare questi programmi era però necessaria una riforma della legislazione di settore: è su questa base che si realizzò durante la guerra una singolare convergenza tra le industrie interessate alla produzione elettrica e un vasto movimento scientifico ed economico connotato in senso sia riformatore che

service, quickly satisfy the new demands of the market, and produce in a cost-effectively way. Very soon, the technically and economically most important power plants, the ones that are managed and organized best, get the upper hand over their neighbors, and absorb, destroy or transform them, turning them into employees. The companies that have become large in this way quickly extend their boundaries of their territory until they dominate entire regions completely and absolutely.” The phenomenon had been accelerated by the pressure to electrify industrial processes. “Steam engines, those running on lean gas, and even the most recent heavy-oil ones are being replaced everywhere by electricity …,” Omodeo continued. “With the higher price of coal and the difficulties of transportation, the war has overcome the reluctance of many industrialists and has definitively closed down many independent plants, favoring and speeding up the phenomenon. As I said, Italy has thus been dividing itself up into new electrical provinces with well-defined borders.” Thus the ruling class had acquired not only the awareness that “water” also meant electrical generation, but also that – with the technologies for transporting energy over long distances – power could be used far from where it was produced and water could be used to satisfy local needs. In order to carry out these plans, however, it was necessary to reform the legislation regarding the industry. It was on this basis that,

Progetto dell’ingegner Angelo Omodeo per la Società Meridionale di Elettricità. Piano generale delle opere di presa per la derivazione del fiume Tusciano, 1901. A drawing by Angelo Omodeo for the Società Meridionale di Elettricità. General plan of the intake works for the diversion of the Tusciano River, 1901.


nazionalista, a cui contribuirono tanto la comunità scientifica quanto l’imprenditoria più dinamica e l’interventismo di sinistra. Lo sfondo di questo movimento era il riconoscimento, facilitato dalle contingenze della guerra, dello stretto rapporto tra scienza e mondo produttivo, che spingeva alla collaborazione ricercatori, tecnici e manager soprattutto nei settori più dinamici, come quelli elettrico e chimico. Fu il 1916 l’anno di dibattito e di svolta sul tema delle acque: la Società Italiana per il Progresso delle Scienze (SIPS) dedicò in gran parte a questioni idrauliche l’ottavo congresso, che si svolse a Roma nel marzo di quell’anno5. Sempre nell’ambito dell’incontro della SIPS il Gruppo Nazionale di Azione Economica pubblicò Il problema idraulico e la legislazione sulle acque, con interventi dell’economista agrario Ghino Valenti (Le ragioni economiche di un nuovo regime delle acque), del giurista Vittorio Scialoja (La legislazione sulle acque), e di Angelo Omodeo (Nuovi orizzonti dell’idraulica italiana). “La trasformazione e sistemazione di un bacino idraulico – scriveva Ghino Valenti – rappresenta

during the war, a striking convergence materialized between the industries interested in the production of electricity and a broad scientific and economic movement that included both reformers and nationalists, to which the scientific community, the most dynamic entrepreneurs, and left-wing interventionists contributed greatly. This movement was based on the recognition – facilitated by the circumstance of the war – of the close relationship between science and the world of production, which drove researchers, engineers, and managers to collaborate, especially in the most dynamic industries, such as the electrical and chemical ones. In 1916, there was discussion and a turning point on the subject of water resources. The Società Italiana per il Progresso delle Scienze (SIPS, the Italian Society for the Advancement of Science) dedicated much of its eighth conference, which took place in March of that year, to hydraulic questions5. As part of the SIPS event, the Gruppo Nazionale di Azione Economica published “The Hydraulic Problem and the Legislation on Water Resources”, with papers by the agrarian economist Ghino Valenti (The Economic Reasons for a New Legislative Framework for Water Resources), the jurist Vittorio Scialoja (The Legislation on Water), and Angelo Omodeo (New Horizons of Italian Hydraulics). “The transformation of a catchment basin,” wrote Ghino Valenti, “is an exceptionally democratic and progressive undertaking, and it is such not only in the

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una impresa eccezionalmente democratica e progressiva, e tale è non soltanto nella parte principale dell’opera, ma ancora nei suoi accessori e nelle sue conseguenze igieniche ed economiche, quali sono i rimboschimenti, la diminuzione delle piene, dei franamenti e delle corrosioni, e la bonifica dei terreni paludosi. In brevi parole, la sistemazione idraulica integrale della regione compresa in un bacino imbrifero permetterebbe di raggiungere un complesso di vantaggi, una somma di utilità, che con opere o trasformazioni singolari e indipendenti l’una dall’altra non sarebbe possibile conseguire. E basta questo perché ciascuno debba convincersi della necessità di una riforma della legislazione sulle acque, che è condizione sine qua non della soddisfazione di un così alto interesse”. Le ragioni esposte da Valenti costituivano il contesto teorico del decreto luogotenenziale del novembre 1916 con cui Ivanoe Bonomi, ministro dei Lavori Pubblici nel governo Boselli, riformava la legislazione sulle acque. La riforma riconosceva tra l’altro che l’utilizzo delle acque pubbliche doveva essere guidato dall’interesse collettivo, e di conseguenza aboliva il criterio della priorità cronologica per l’assegnazione delle concessioni, sostituendolo con la valutazione dei progetti presentati dagli aspiranti concessionari sotto il profilo della razionale utilizzazione del bacino. Altri punti del decreto ponevano le premesse normative per un possibile futuro passaggio degli impianti idroelettrici allo Stato, con indennizzo ai concessionari; come è noto, peraltro, l’evoluzione del quadro politico postbellico andò in tutt’altra direzione, e anche la

main part of the work, but also in its accessories and its hygienic and economic consequences, such as reforestation, the reduction of floods, landslides, and corrosion, and the reclamation of marshlands. In short, the total hydraulic reorganization of the region contained in a catchment basin would enable a number of advantages to be achieved – a sum of utilities – which it would not be possible to attain with single transformations or works independent of one another. And that should be sufficient to convince anyone of the necessity of reforming the legislation on water resources, which is an essential condition for satisfying such an important interest.” The reasons expounded by Valenti constituted the theoretical context of the decree of November 1916 with which Ivanoe Bonomi, the Minister of Public Works in Boselli’s cabinet, reformed the legislation on water resources. Among other things, the reform recognized that the use of public waters had to be guided by the collective interest, and consequently abolished the criterion of chronological priority in the assignment of concessions and replaced it with an evaluation of the projects presented by aspiring concessionaires from the point of view of the rational use of the basin. Other points of the decree created the regulatory conditions for the possible future transfer of the hydroelectric


nazionalizzazione idroelettrica di Bonomi, come già quella di Nitti, non ebbe alcun seguito. Presidente del Consiglio Superiore delle Acque, che aveva un ruolo cruciale nell’assegnazione delle concessioni di bacino, fu nominato il fisico Orso Mario Corbino: dopo essere stato chiamato dall’Università di Roma per le sue doti non comuni di ricercatore nel campo della nuova fisica, Corbino era stato designato, per intervento del collega Giovanni Giorgi (uno dei padri del sistema delle misure elettriche), consigliere di amministrazione dell’ACEA, l’azienda elettrica municipale del Comune di Roma. Era così divenuto un esperto di questioni tecnico-scientifiche dell’industria elettrica, e aveva stabilito un solido legame personale anche con l’amministratore delegato della Edison, Giacinto Motta. Fu lui, dunque, a guidare la prima attuazione del decreto Bonomi del 1916: un ruolo che richiedeva non solo competenza tecnica ma anche grandi capacità politiche, come si vide bene nel 1921, quando lasciò l’incarico per diventare ministro dell’Istruzione Pubblica in un governo presieduto dallo stesso Bonomi. Nominato senatore per i suoi meriti scientifici, Corbino veniva da una famiglia di liberali (era fratello dell’economista Epicarmo) e non aveva appoggiato il movimento fascista. Destò quindi stupore che accettasse l’incarico di ministro

plants to the government, with the concessionary companies being compensated. As everyone knows, however, the post-war political situation developed in a completely different direction, and, like Nitti’s earlier, Bonomi’s hydroelectric nationalization came to nothing. The physicist Orso Mario Corbino was appointed President of the Consiglio Superiore delle Acque, which had a crucial role in the assignment of basin concessions. After being called to the University of Rome because of his uncommon gifts as a resercher in the field of the new physics, Corbino – thanks to the influence of his colleague Giovanni Giorgi, one of the fathers of electric measurement – had been appointed a director of the ACEA, the public electric utility of the Municipality of Rome. He had thus become an expert on the technical and scientific questions of the electricity industry, and had also established a solid personal relationship with the chief executive officer of Edison, Giacinto Motta. He was therefore the one who guided the first implementation of Bonomi’s 1916 decree, a role that required not only technical competence, but also great political ability, as was clearly seen in 1921, when he left the position to become the Minister of Education in a cabinet headed by Bonomi himself. Corbino, who was made a senator for his scientific merits, came from a family of liberals – he was the brother of the economist Epicarmo – and had not supported the Fascist movement. Therefore, it

Impianto idroelettrico del Maira. Prospetti della centrale di Ponte Marmora-San Damiano, 1919. Hydroelectric plant on the Maira River. Façades of the Ponte MarmoraSan Damiano power plant, 1919.

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Disegni dell’ingegner Angelo Omodeo. Accanto, particolari costruttivi del progetto di derivazione dal lago Matese, 1921. Sotto, sezione trasversale del progetto di derivazione del fiume Coghinas a Castel Doria, 1920. Drawings by Angelo Omodeo. On the right: construction details of the project for a diversion from Lake Matese (1921) Below: transversal section of the project for a diversion from the Coghinas River at Castel Doria, 1920.

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dell’Economia Nazionale nel luglio 1923. Dopo le dimissioni da ministro, nel luglio 1924, continuò ad avere la fiducia di Mussolini sui temi dell’elettricità e delle telecomunicazioni. Il suo ruolo politico gli permise di promuovere, all’interno dell’Istituto di Fisica dell’Università di Roma, la nascita e le attività del gruppo di Fermi. Fu Corbino ad accreditare presso gli ambienti governativi e nell’opinione pubblica italiana, già negli anni Venti, le possibili applicazioni delle ricerche sul nucleo atomico. Egli vedeva con chiarezza le future implicazioni delle tecnologie nucleari in campo medico e nel settore dell’energia, e spinse Fermi e i suoi collaboratori a brevettare i propri risultati. La prima guerra mondiale aveva accelerato i processi di concentrazione delle imprese elettriche. Ancora una volta ne ha lasciata lucida

caused amazement when he accepted the office of Minister of the Economy in July 1923. After his resignation in July 1924, he continued to have Mussolini’s confidence on the topics of electricity and telecommunications. His political role enabled him to promote the creation and activity of Fermi’s group at the University of Rome’s Physics Institute. It was Corbino who, as early as the 1920s, convinced government circles and public opinion of the possible applications of research on the atomic nucleus. He clearly saw the future implications of nuclear technologies in the field of medicine, as well as in the energy industry, and urged Fermi and his assistants to patent their results. The First World War had accelerated the concentration of electricity companies. Once again, Omodeo left a lucid testimony of this. “The transportation and distribution of energy at a distance,” he wrote in 1922, “established the principle of centralized, collective production of power. This gave rise to numerous technical and economic organizations which at first had their sphere of action in a municipality, with a limited number of users, but later – after the necessary agreements, the mergers, the absorption of the weaker ones by the stronger ones, and most of all, because of the creation of larger and larger hydraulic plants, which were


testimonianza Omodeo: “Il trasporto e la distribuzione della energia a distanza – scriveva nel 1922 – ha affermato il principio della produzione accentrata, collettiva della forza. Di qui il sorgere di una serie numerosa di organismi tecnici od economici che avevano da prima la loro sfera di azione in un comune, fra un gruppo limitato di utenti, che dopo gli accordi indispensabili, le fusioni, l’assorbimento dei più deboli da parte dei più forti, e più che tutto per la creazione degli impianti idraulici sempre più grandi perché più economici, e quindi colla produzione di energia sempre più accentrata, diventarono man mano a un dipresso circondariali, provinciali, fino a costituire l’attuale sistema complesso della regione elettrica, non ancora completamente organico, rassodato: ma che già preconizza quello della nazione”. Il sistema non era perfetto: “Risente – proseguiva Omodeo – di questa laboriosa e pur rapida crescita, risente sopratutto dei criteri iniziali individualisti e particolaristi con cui le aziende, oggi diventate organi di un tutto che dovrebbe essere armonico e razionale, nacquero armate a difesa contro il vicino concorrente, col quale dalla ferrea necessità della tecnica accentratrice dovettero ben presto essere fuse”. È in tale contesto che i sistemi regionali italiani raggiunsero quella configurazione tecnica e societaria che avrebbero conservato fino alla nazionalizzazione. Gli interessi in gioco erano enormi e di difficile composizione, anche per l’intreccio, dal 1924-1925, tra interessi elettrici e concessioni telefoniche. I conflitti “elettrici” si protrassero fino alla seconda metà degli anni Venti. Giorgio Mori, che li ha ricostruiti in dettaglio, li ha chiamati “guerre parallele”, tanto fu aspro il livello dei contrasti.

more cost-effective, and thus with the production of energy more and more concentrated – gradually became based roughly in a district and then a province until they constituted the current complex system of the electric region, which is not yet organic and consolidated, but already foretells a national one.” The system was not perfect. “It shows the effects of this laborious, but rapid growth,” Omodeo continued. “Above all, it reflects the individualistic and particularistic initial criteria with which the companies – which have now become elements of a single system that should be harmonious and rational – were born. They were armed to defend themselves from the competition of their neighbors, with which, given the iron necessity of the centralizing technology, they were soon to be merged.” I was in this situation that the Italian regional systems achieved the technical and corporate structure that they were to maintain until nationalization. The interests at stake were enormous and difficult to compose, because of, among other things, the web of relationships between the electricity interests and those of telephone concessions beginning in 1924-25. The “electric” conflicts lasted until the second half of the 1920s, and were so fierce that Giorgio Mori, who reconstructed them in detail, called them “parallel wars”. A major role in these vicissitudes was played by the two “mixed banks”, the Banca Commerciale and the Credito Italiano. The situation was made more complex by, among other things, the bankruptcy of the Banca Italiana di Sconto, the difficulties of the Banco di Roma, and the crisis of the Ansaldo group, which between 1918 and 1922 had had a close relationship with Edison. Furthermore, the German contribution of capital,

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In quelle vicende ebbero un ruolo centrale le due “banche miste”, cioè la Banca Commerciale e il Credito Italiano. A rendere il quadro più complesso concorsero inoltre il fallimento della Banca Italiana di Sconto, le difficoltà del Banco di Roma e la crisi del gruppo Ansaldo, che tra il 1918 e il 1922 avevano avuto uno stretto rapporto con la Edison. Risale inoltre a questo periodo, cessato l’apporto tedesco, che aveva avuto un ruolo di primo piano fino alla guerra, l’ingresso sulla scena elettrica italiana dei capitali di rischio statunitensi. Gli immobilizzi richiesti dalla realizzazione di impianti idroelettrici erano enormi: ed è qui che svolse un ruolo essenziale Alberto Beneduce, un altro tecnico di ascendenza nittiana. Formatosi come matematico in campo statistico-attuariale, Beneduce aveva lavorato presso la Direzione Generale di Statistica del Ministero di Agricoltura Industria e Commercio, dove aveva curato gli studi sulla mortalità della popolazione dopo il censimento del 19016. Nitti aveva chiamato il giovane studioso, segnalatogli da Giorgio Mortara e Vittorio Stringher, a dirigere il primo censimento industriale, nel 1911. Apprezzate le doti tecniche e l’intelligenza politica di Beneduce, Nitti gli aveva poi affidato l’organizzazione dell’Istituto Nazionale delle Assicurazioni, sorto nel 1912-1913 per sottrarre al dominio delle compagnie di assicurazione estere il mercato italiano delle polizze vita, e ampliarne le dimensioni promuovendo questa forma di risparmio presso le classi popolari. Forte dei successi ottenuti e delle relazioni

Relazione dell’ingegner De Nitto sugli impianti del Matese trasmessa dall’ingegner Angelo Omodeo ad Alberto Beneduce, 1920. De Nitto’s report on the Matese plants, sent by Angelo Omodeo to Alberto Beneduce, 1920.

which had played a leading role until the war, ceased, and this period saw the appearance on the Italian electricity scene of venture capital from the United States. The investment required to build hydroelectric plants was enormous, and it was here that a leading role was played by Alberto Beneduce, another expert who had been associated with Nitti. A mathematician who was trained as a statistican and actuary, Beneduce had worked in the General Statistics Department of the Ministry of Agriculture, Industry, and Commerce, where he had supervised studies of the mortality of the population after the census of 1901. Giorgio Mortara and Vittorio Stringher had recommended Beneduce to Nitti, who appointed the young scholar to direct the first industrial census, in 19116. Highly esteeming his technical expertise and his political intelligence, Nitti entrusted Beneduce with the organization of the Istituto Nazionale delle Assicurazioni, which had been created in 19121913 to free the Italian life-insurance market from the domination of foreign companies and increase its size by promoting this form of saving among the population at large. On the strength of the successes he had obtained and the personal relations he had formed with


Schema dei titoli da cedere per la sistemazione finanziaria del gruppo SIP, 1933. Scheme of the securities to be sold to redress the SIP group’s financial situation, 1933.

personali allacciate con altri componenti dell’establishment giolittiano, Beneduce aveva poi intrapreso la carriera politica, ed era stato ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale nel governo Bonomi del 1921-1922, lo stesso in cui Corbino era ministro dell’Istruzione. Benché avesse avversato il governo fascista fin dopo la crisi Matteotti, Beneduce fu chiamato a collaborare con il CREDIOP, per le sue particolari capacità nel settore del finanziamento industriale. Divenuto presidente della Bastogi nel 1926, Beneduce svolse un ruolo centrale nella sistemazione dei rapporti tra le società elettriche. Dopo aver guidato la formazione dell’Istituto per il Credito alle Imprese di Pubblica Utilità (ICIPU) che ebbe una funzione essenziale nel finanziamento degli impianti idroelettrici, Beneduce divenne il più accreditato consigliere economico di Mussolini, che si affidò a lui per risolvere le conseguenze provocate sul mercato finanziario italiano dalla grande crisi del 1929. Fu lui il regista dei salvataggi bancari del 1931-1933, resi necessari proprio dalla commistione tra istituti di credito e attività elettriche, e dall’eccessiva esposizione delle banche verso i grandi gruppi; fu poi uno dei padri della riforma bancaria che nel 1936 abolì le banche miste, e successivamente

other members of the establishment under Giolitti, Beneduce had then gone into politics and had been Minister of Labor and Social Security in Bonomi’s cabinet in 1921-22, the same one in which Corbino was Minister of Education. Although he had opposed the Fascist government even after the Matteotti crisis, because of his particular ability in the field of industrial financing, Beneduce was called to work with the CREDIOP. After becoming the chairman of Bastogi in 1926, Beneduce played a leading role in organizing the relations among electricity companies. He guided the creation of the Istituto per il Credito alle Imprese di Pubblica Utilità (ICIPU), which had an essential role in financing hydroelectric plants, and became the most trusted economic advisor of Mussolini, who relied on him to remedy the consequences of the great crisis of 1929 on the Italian financial market. He guided the bank bailouts of 1931-33, which were made necessary precisely by the mingling of banking interests with those of the electricity industry, as well as by their excessive exposure to the large groups. Subsequently, he was one of the fathers of the 1936 banking reform, which abolished mixed banks in 1936, and then of the Istituto per la Ricostruzione Industriale (IRI), through which the government achieved direct control of a very large part of the Italian industrial system.

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dell’Istituto per la Ricostruzione Industriale (IRI), attraverso cui lo Stato giunse a controllare direttamente una parte assai rilevante del sistema industriale italiano.

I bacini alpini e il triangolo industriale

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Prima a nascere, la Edison fu capofila anche nel consolidamento e nella tutela della propria zona commerciale. Nel trentennio 1884-1914 le strategie della società consistettero da un lato nella prevenzione di ogni possibile concorrenza sul mercato milanese, dall’altro in una decisa opzione idroelettrica, sancita dalla costruzione della centrale di Paderno, che lasciava al termoelettrico una funzione puramente integrativa. Sotto la guida di Carlo Esterle dal 1896, la Edison si caratterizzò soprattutto come una società di distribuzione, che in parte produceva direttamente energia e in parte ne acquistava da altri produttori, i quali erano spesso società partecipate dalla Edison stessa, che in tal modo riusciva a procurarsi con investimenti limitati l’elettricità da commercializzare. Anche dopo la nascita dell’Azienda Elettrica Municipale di Milano, nel 1910, la Edison continuò a controllare il mercato locale, dando vita a un duopolio. Negli anni immediatamente precedenti alla guerra la società aveva modificato parzialmente queste strategie, cominciando a trasformare le proprie partecipazioni in quote di controllo. Negli anni della guerra, caratterizzati da un forte incremento della domanda per consumi industriali e da una ripresa degli utili, la società tornò anche a investire negli impianti di produzione idroelettrica. Nei primi anni del

The Alpine Basins and the Industrial Triangle The first company to be born, Edison was also the leader in the consolidation and protection of its commercial area. In the thirty-year period between 1884 and 1914, the company’s strategies consisted, on the one hand, in the prevention of any competition in the Milan market, and on the other in a resolute hydroelectric option, sanctioned by the construction of the Paderno power plant, where thermoelectric power was relegated to a merely supplementary role. Under the leadership of Carlo Esterle from 1896, Edison was characterized mainly as a distribution company, which produced part of its energy directly and purchased the remainder from other producers. The latter were often companies in which Edison had an equity stake, thus procuring the electricity it sold with limited investments. Even after the birth of Milan’s municipal utility, the Azienda Elettrica Municipale, in 1910, Edison continued to control the local market, thus giving rise to a duopoly. In the years immediately preceding the war, the company had partially modified this strategy, beginning to transform its equity stakes into controlling shareholdings. During the war years, which were characterized by a large increase in the demand for industrial consumption and an upswing in profits, the company also started to invest again in hydroelectric production plants. In the first few post-war years, finally, under the guidance of Giacinto Motta, Edison engaged in a process of concentration which made it not only a financial holding company, but also –

Conche del vecchio naviglio della centrale Angelo Bertini a Paderno d’Adda, 1901. Basins of the old canal of the “Angelo Bertini” power station at Paderno d’Adda, 1901.



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dopoguerra, infine, passata sotto la guida di Giacinto Motta, la Edison divenne protagonista di un processo di concentrazione che ne fece non solo una holding finanziaria ma anche, attraverso le sue controllate, il capofila industriale di un insieme di centrali e di reti di distribuzione che coprivano tutta la Lombardia e buona parte della Liguria. Facevano capo ad essa non solo gli impianti sorti sull’Adda, ma anche quelli sul Brembo, sul Toce e sull’Adamello, per non menzionare che i più importanti. Tra essi vanno ricordate, per il loro interesse tecnico e storico, almeno le centrali di Turbigo, Zogno, Trezzo, Boffalora e Cedegolo. Dopo una serie di investimenti nel Veneto, in Liguria e in Piemonte, la Edison dovette però limitare i propri programmi di espansione territoriale, che puntavano soprattutto verso ovest. Questa revisione strategica va inquadrata negli accordi tra le principali società elettriche per la definizione di zone commerciali, anche per impulso delle istituzioni finanziarie coinvolte nel settore (Banca Commerciale, Credito Italiano e Bastogi). Così, nella seconda metà degli anni Venti, l’azienda milanese, pur realizzando un saldo controllo sulla Lombardia e sulla Liguria, dovette accettare una delimitazione delle

Pianta e facciata della centrale di Trezzo d’Adda, 1904-1905. Plan and façade of theTrezzo d’Adda power station, 1904-1905.

through its subsidiaries – the industrial leader of a set of power plants and distribution networks that covered all of Lombardy and much of Liguria. It controlled not only the plants constructed on the Adda River, but also those on the Brembo, the Toce, and the Adamello, to mention only the most important ones. Among these, at least the Turbigo, Zogno, Trezzo, Boffalora, and Cedegolo power plants should be noted because of their technical and historical interest. After a series of investments in the Veneto, Liguria, and Piedmont, however, Edison had to limit its plans for territorial expansion, which was directed mainly to the west. This strategic revision was part of the agreements among the largest electricity companies regarding the definition of commercial spheres, partly at the urging of the financial institutions involved in the industry (Banca Commerciale, Credito Italiano, and Bastogi). Thus, in the second half of the 1920s, even though Lombardy and


rispettive aree di produzione e commercializzazione con la Società Adriatica di Elettricità (SADE) a est, con la Società Idroelettrica Piemonte (SIP) a ovest, con la Società Elettrica Ligure-Toscana (SELT) sul versante tirrenico centrale e con l’Unione Esercizi Elettrici (UNES) su quello adriatico7. Queste società erano le capofila dei processi di consolidamento nelle rispettive aree. La SADE traeva la sua origine dalla Società italiana per l’utilizzazione delle forze idrauliche del Veneto, meglio nota come “Cellina”, dal nome del torrente e della valle friulana in cui aveva insediato i propri impianti di produzione. La Cellina aveva stipulato nel 1902 una convenzione con il Comune di Venezia per l’esercizio di un impianto di distribuzione elettrica per l’illuminazione e la forza motrice. Nel 1904 l’esercizio era stato esteso al Lido e alla Giudecca, e la Cellina aveva rilevato dalla Edison

Liguria were solidly under its control, the Milanese company had to accept a delimitation of the respective areas of production and sales with the Società Adriatica di Elettricità (SADE) to the east, the Società Idroelettrica Piemonte (SIP) to the west, the Società Elettrica Ligure-Toscana (SELT) in the central Tyrrhenian area, and the Unione Esercizi Elettrici (UNES) in the Adriatic one7. These companies were the leaders of the process of consolidation in their respective areas. SADE originated from the Società italiana per l’utilizzazione delle forze idrauliche del Veneto, better known as “Cellina”, from the name of the river and the valley in Friuli where it had built its production plants. Cellina had entered into an agreement with the municipality of Venice in 1902 for the distribution of electricity for lighting and motive power. In 1904 the area concerned had been extended to include the Lido and the Giudecca, and Cellina had taken over from Edison the thermoelectric power station constructed in Venice in 1889. Around the initial nucleus, in 1905 the SADE was born, with the contribution of the entrepreneurs connected with Cellina – large landowners from a noble background with a bent for industry, such as Niccolò Papadopoli, Piero Foscari, and Ruggero Revedin, and experts such as Roberto Paganini and Aristide Zenari – the financier Giuseppe Volpi, and the Banca Commerciale Italiana. In 1908, the SADE began to construct several plants in the Cismon-Brenta basin, with the initial participation of Edison. In the same period, Cellina also continued to transform itself gradually into a holding company, carrying out a series of financial transactions aimed at integrating production and distribution Prima pagina del Libro soci dell’Impresa Elettrica di Moena. First page of the Impresa Elettrica di Moena’s shareholder register.

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la centrale termoelettrica costruita a Venezia nel 1889. Attorno a questo nucleo iniziale sorse nel 1905 la SADE, con il concorso dell’imprenditoria raccolta attorno alla Cellina (grandi proprietari di nobili origini con vocazione industriale, come Niccolò Papadopoli, Piero Foscari e Ruggero Revedin, e tecnici come Roberto Paganini e Aristide Zenari), del finanziere Giuseppe Volpi e della Banca Commerciale Italiana. Nel 1908 la SADE mise mano ad alcuni impianti nel bacino Cismon-Brenta, con la partecipazione iniziale della Edison.

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Nello stesso periodo la società veneta cominciò anch’essa a trasformarsi gradualmente in holding, con una serie di operazioni di carattere finanziario miranti a integrare produzione e distribuzione in tutto il Triveneto: nel primo dopoguerra, accanto alla Cellina, acquisiva la Società Idroelettrica Veneta e la Società Elettrica Milani. Con queste operazioni passavano sotto il controllo della SADE il bacino dell’Alto Adige e quello del Piave, con il lago di Santa Croce. A partire dal 1917, intanto, erano stati avviati il polo industriale e l’infrastruttura marittima di Porto Marghera, che vedevano coinvolti interessi imprenditoriali presenti anche nella SADE: questa iniziativa, ovviamente, fu un volano importante per lo sviluppo del gruppo elettrico. Al termine di questa fase, il cuore della crescita SADE si localizzò nel bacino del Piave, con i sistemi idroelettrici del Piave-Santa Croce, Piave-Ansiei e Piave-Boite-Maè-Vajont. Fra le centrali di maggior rilievo storico realizzate dalla SADE in questo periodo vanno senz’altro ricordate quelle di Malnisio, Fadalto, Nove e Càneva. In questo contesto territoriale va ricordata la vicenda dell’Ente Adige-Garda, sorto nel 1921 come azienda di diritto pubblico per iniziativa delle province di Bologna, Mantova, Modena e Verona,

throughout the Triveneto region. In the period immediately after the First World War, it took over the Società Idroelettrica Veneta and the Società Elettrica Milani. Through these acquisitions, the SADE took control of the basin of the upper Adige River, as well as that of the Piave, with Lake Santa Croce. Meanwhile, in 1917, work began on the Porto Marghera industrial center and maritime infrastructure, which involved entrepreneurial interests that were also present in the SADE. Naturally, this undertaking gave a major boost to the growth of the electricity group. At the end of this phase, the core of the SADE’s growth was located in the basin of the Piave, with the PiaveSanta Croce, Piave-Ansiei, and Piave-Boite-MaèVajont hydroelectric systems. Among the historically most important power plants constructed in this period by the SADE, those at Malnisio, Fadalto, Nove, and Càneva should certainly be mentioned. In this territorial context, mention should be made of the vicissitude of the Ente Adige-Garda, which was founded in 1921 as a public-law company by the provinces of Bologna, Mantova, Modena, and Verona, with the participation of the municipalities of Bologna, Modena, Verona, Cerea, and Cologna Veneta, as well as the Camera di Commercio of Verona. The Ente was to exploit the basins of the Adige River and Lake Garda, and in particular the Ponale Torrent and Lake Ledro. This interprovincial company built, among other things, the Riva del Garda power plant (1929), which was important in terms of both production and construction. The growth of the Ente ran into many legal and, especially, political difficulties, which were partly connected with the repeated press campaigns promoted by Edison and the SADE, sometimes with the support of some minor municipally-owned utility that feared competition from it. Defended for a long time by Mussolini,


Società Adriatica di Elettricità. Costruzione della diga Alba sull’Isonzo, 1918. Sotto, un’alternatore all’interno della centrale Brentella di Pederobba, 1929. Società Adriatica di Elettricità: construction of the Alba dam on the Isonzo River (1918). Below: an alternator in the Brentella di Pederobba power station, 1929.

con il concorso dei Comuni di Bologna, Modena, Verona, Cerea e Cologna Veneta e della Camera di Commercio di Verona. L’ente doveva sfruttare i bacini dell’Adige e del Garda, e in particolare il torrente Ponale e il lago di Ledro. Fu questa azienda interprovinciale a realizzare, tra l’altro, la centrale di Riva del Garda (1929), importante sia sotto il profilo produttivo che sotto quello costruttivo. Lo sviluppo dell’ente incontrò molte difficoltà, giuridiche ma soprattutto politiche, legate anche alle ricorrenti campagne di stampa promosse dalla Edison e dalla SADE, talvolta con l’appoggio di qualche municipalizzata minore che ne temeva la concorrenza. Difeso a lungo da Mussolini, l’Ente Adige-Garda fu infine sciolto nel 1932, parallelamente alla sistemazione delle partecipazioni elettriche dell’IRI, e i suoi impianti furono ceduti ai due gruppi elettrici privati. Assai più difficile fu la definizione dei confini della zona Edison verso ovest, dove operava la SIP, guidata da un gruppo di imprenditori con un progetto di sviluppo che dopo la guerra avrebbe rivelato una forte vocazione all’espansione e alla diversificazione sia in senso industriale che in senso territoriale. Alle origini della SIP vi era la Società Industriale ed Elettrochimica di Pont Saint Martin, sorta per iniziativa della Continentale, la finanziaria collegata alla Schuckert, e con l’appoggio del Credito Italiano. L’originario programma elettrochimico dell’azienda,

59 the Ente Adige-Garda was finally dissolved in 1932, in parallel with the definition of the equity investments of the IRI, and its plants were sold to two private electricity groups. Much more difficult was the definition of the western boundaries of Edison’s zone, where the SIP was operating. The latter was headed by a group of entrepreneurs with a project for growth, who after the war would reveal a bent for expansion and diversification, both industrially and territorially. The SIP had grown out of the Società Industriale ed Elettrochimica di Pont Saint Martin, which in turn had been founded by Continentale, the finance company connected with Schuckert, with the support of Credito Italiano. Thwarted by difficulties connected with both the economic situation and with legislation, the original electro-chemical project was soon set aside, and even before the


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ostacolato da difficoltà congiunturali e legislative, fu presto accantonato, e già prima della guerra la società aveva orientato il proprio sviluppo verso il settore idroelettrico. La guerra aveva poi determinato l’allontanamento dall’azienda dei consiglieri e dei capitali tedeschi, aprendo lo spazio per il rafforzamento dei gruppi finanziari italiani, che non solo assunsero il controllo della società, ma entrarono in conflitto tra loro. Nel contesto dei processi di concentrazione che interessavano il settore idroelettrico, infatti, la Banca Commerciale e la Società Nazionale per lo Sviluppo delle Imprese Elettriche (in cui era interessata anche la Edison) tentarono di acquisire il controllo della Pont Saint Martin, provocando la reazione dei soci piemontesi. Un gruppo di industriali biellesi, guidato da Eugenio Rivetti e Giuseppe Besozzi, con un manager tecnico di grande esperienza, Gian Giacomo Ponti, riuscì a conquistare la maggioranza azionaria: nell’agosto

war the company had steered its growth toward the hydroelectric industry. Then the war had caused the German directors and capital to leave the company, opening the way for the reinforcement of the Italian financial groups, which not only took over the control of the company, but came into conflict with each other. In effect, as part of the process of concentration in the hydroelectric industry, the Banca Commerciale and the Società Nazionale per lo Sviluppo delle Imprese Elettriche (in which Edison also had an interest) tried to take over Pont Saint Martin, thus provoking the reaction of the Piedmontese shareholders. A group of industrialists in Biella, led by Eugenio Rivetti and Giuseppe Besozzi, together with a highly experienced technical manager, Gian Giacomo Ponti, succeeded in acquiring a majority of the shares, and in August 1917 Ponti became the


1917 Ponti divenne amministratore delegato della società, e nell’aprile 1918 questa cambiò la ragione sociale in Società Idroelettrica Piemonte; la sede legale fu trasferita da Milano a Torino, e la presidenza fu assunta da Dante Ferraris, già vicepresidente della FIAT. La società rifiutò poi un accordo proposto da Ettore Conti, già presidente della Pont Saint Martin, che avrebbe risolto i problemi di approvvigionamento della SIP evitandole onerose immobilizzazioni di capitale, ma ne avrebbe limitato i progetti di espansione.

chief executive officer of the company. In April 1918, the latter changed its name to Società Idroelettrica Piemonte, the registered office was moved to Milan, and the chairmanship was assumed by Dante Ferraris, a former deputy chairman of FIAT. The company then rejected an agreement proposed by Ettore Conti, a former chairman of Pont Saint Martin, which would have resolved the SIP’s supply problems by sparing it onerous investments, but would have limited its plans for expansion.

Nella strategia di Ponti la SIP, come holding idroelettrica, doveva avere il coordinamento tecnico e finanziario delle aziende produttrici e distributrici del gruppo, che avrebbero dovuto mantenere funzioni distinte. A tale scopo, la società torinese realizzò una serie di acquisizioni strategiche (Società Elettrica Alta Italia, Società per le Forze Idrauliche del Moncenisio, Società Idroelettrica del Monviso e Società Idroelettrica Piemontese-Lombarda Ernesto Breda), che tra il 1919 e il 1922 la portarono a controllare tutti i bacini del Piemonte. Restavano fuori gli impianti di produzione valdostani della Cogne, di proprietà dell’Ansaldo. La Edison, che era stata pioniera nello sviluppo “indiretto” della capacità produttiva, intensificò le azioni per difendere la propria posizione dagli assalti del nuovo gruppo, stipulò un accordo con l’Ansaldo per l’energia prodotta dagli impianti della Cogne, e nel 1923 costrinse la SIP a firmare una convenzione per il rispetto delle zone di influenza nel Piemonte orientale. A differenza della Edison e della SADE, che facevano ricorso a quote rilevanti di risorse proprie, l’espansione della SIP era basata su un massiccio utilizzo del credito, assecondato dagli

In Ponti’s strategy, the SIP, as a hydroelectric holding company, was to be in charge of the technical and financial coordination of the group’s production and distribution companies, which were supposed to maintain distinct functions. To this end, the company carried out a series of strategic acquisitions (Società Elettrica Alta Italia, Società per le Forze Idrauliche del Moncenisio, Società Idroelettrica del Monviso, and Società Idroelettrica Piemontese-Lombarda Ernesto Breda), which, between 1919 and 1922, led it to control all the basins in Piedmont. The generating plants in the Valle d’Aosta operated by Cogne, which was owned by Ansaldo, remained outside its control. Edison, which had been a pioneer in the “indirect” growth of production capacity, intensified its actions to defend its position from the assaults of the new group, entered into an agreement with Ansaldo for the energy produced by Cogne’s plants, and in 1923 forced the SIP to sign an agreement to respect the spheres of influence in eastern Piedmont. Unlike Edison and the SADE, which used large amounts of their own resources, the SIP’s expansion was based on a massive use of credit, backed by the banks involved: Banca Commerciale, Credito Italiano, and Cassa di Risparmio di Torino.

Statistica dell’esercizio 1920-1921 della S. A. Piemonte Centrale di Elettricità. Statistics for 1920-1921 of the S. A. Piemonte Centrale di Elettricità.

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Verbale e statuto della Cassa di Previdenza per gli impiegati del gruppo SIP, 1925. Bylaws and minutes of a general meeting of the insurance fund for the employees of the SIP group, 1925.

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istituti bancari di riferimento: Banca Commerciale, Credito Italiano e Cassa di Risparmio di Torino. La necessità di ridurre l’esposizione debitoria e di controbilanciare la tutela bancaria portò tra il 1922 e il 1924 a due aumenti del capitale sociale, passato da 40 a 200 milioni, e a nuovi assetti azionari. Ponti rimase alla testa della SIP, ma i soci di riferimento divennero la Commerciale e l’Italgas, di cui era presidente Rinaldo Panzarasa, un avvocato di Novara. Nel 1924 Panzarasa assunse anche la presidenza della SIP, e avviò insieme a Ponti un ambizioso programma industriale che dall’elettricità andava al gas, alla chimica, ai telefoni e alla radiofonia. Inoltre Ponti e Panzarasa modificarono lo statuto della società per garantirsi un potere decisionale totale. Nel 1924 la SIP acquisì in Lombardia la Vizzola, sia per poter reagire a eventuali azioni della Edison, sia in previsione di un collegamento tra la rete piemontese e i nuovi impianti altoatesini della SIP, realizzati dalla Società Idroelettrica dell’Isarco. Nel 1925, poi, Ponti stipulò un accordo con la Terni,

The need to reduce its debt exposure and to counterbalance its bank tutelage led, between 1922 and 1924, to two increases of its share capital (from 40 to 200 million), as well as a restructuring. Ponti remained the CEO of the SIP, but the principal shareholders became the Banca Commerciale and Italgas, whose chairman was Rinaldo Panzarasa, a lawyer from Novara. In 1924, Panzarasa also became chairman of the SIP, and, together with Ponti, began an ambitious industrial project, which ranged from electricity to gas, chemicals, telephones, and radio broadcasting. In addition, Ponti and Panzarasa amended the company’s bylaws to ensure them total decision-making power. In 1924, the SIP took over Vizzola, in Lombardy, both in order to react to possible actions of Edison and in anticipation of a connection between the Piedmontese network and the SIP’s new plants on the upper Adige, constructed by the Società Idroelettrica dell’Isarco. Then, in 1925, Ponti entered into an agreement with Terni for the construction of an inter-regional power line. In addition, the SIP tried to take over the Società Elettrica Negri, an Edison subsidiary, which, together with Cogne, had been part of the Ansaldo group, and among whose associated companies was Alto Po, through which the


per la costruzione di un elettrodotto interregionale. Inoltre la SIP tentò di raggiungere il controllo della Società Elettrica Negri, collegata ligure della Edison, che insieme alla Cogne aveva fatto parte del gruppo Ansaldo, e che aveva tra le sue consociate la società Alto Po, attraverso la quale l’energia valdostana avrebbe potuto essere distribuita direttamente nella città di Torino. Nel 1927 fu infine raggiunto un accordo con cui la SIP cedeva alla Edison il proprio pacchetto di azioni Negri, in cambio del controllo sulla Alto Po. Nel 1928, poi, la SIP acquisì il controllo dell’EIAR e delle telefoniche STIPEL (Piemonte e Lombardia), TELVE e TIMO (alto e medio versante Adriatico), nonché una consistente partecipazione nella concessionaria telefonica meridionale SET.8 Il livello di indebitamento della SIP e la complessità dei suoi equilibri interni erano sostenibili finché le attività elettriche e telefoniche crescevano producendo un flusso costante di liquidità; il gruppo era però esposto a pericolosi contraccolpi nel caso di crisi recessive di qualche ampiezza. La crisi si verificò come è noto alla fine degli anni Venti, e nel 1930 investì in pieno la holding torinese. La crisi della SIP fu l’evento centrale nella vicenda che fra il 1931 e il 1933 portò lo Stato a farsi carico del salvataggio della Banca Commerciale e del Credito Italiano, e in ultima analisi condusse alla nascita dell’Istituto per la Ricostruzione Industriale (IRI) e alla sua successiva trasformazione in ente permanente. La SIP e la Vizzola (che era divenuta la cassaforte degli incroci azionari SIP) furono liberate dal peso delle architetture finanziarie di Ponti e Panzarasa, e le partecipazioni furono razionalizzate scorporando le diverse attività: la SIP mantenne solo quelle elettriche e passò sotto il controllo dell’IRI, per rimanervi fino alla nazionalizzazione. La Edison, invece, con tutto il suo sistema di società collegate, venne a trovarsi proprio al centro

energy from the Valle d’Aosta could be distributed directly in the city of Turin. Finally, in 1927 an agreement was reached, according to which the SIP sold Edison its equity stake in Negri in exchange for the control of Alto Po. Then, in 1928, the SIP took over the EIAR and the STIPEL (Piedmont and Lombardy), TELVE and TIMO telephone companies (upper and central Adriatic coast), as well as a substantial equity stake in the southern telephone concessionaire SET.8 SIP’s level of indebtedness and the complexity of its internal equilibrium were sustainable as long as its electricity and telephone businesses were growing and producing a continual cash flow. However, the group was exposed to dangerous repercussions during recessions of a certain severity. As everyone knows, the crisis materialized at the end of the 1920s, and in 1930 hit the holding company squarely. The crisis of the SIP was the crucial event in the vicissitude which, between 1931 and 1933, led the government to bail out the Banca Commerciale and Credito Italiano, and ultimately led to the birth of the Istituto per la Ricostruzione Industriale (IRI) and its subsequent transformation into a permanent organization. The SIP and Vizzola – which had become the

Inaugurazione della centrale di Prestone alla presenza del Principe Umberto di Savoia, 8 giugno 1927. Inauguration of the Prestone power station in the presence of Prince Umberto di Savoia, June 5, 1927.

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Fattura degli ingegneri Cavacini e Masini alla SELT per i lavori di costruzione della centrale Gallicano, 1918. Invoice of Cavacini and Masini, engineers, to the SELT for construction work on the Gallicano power station, 1918.

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dell’area che aveva dato vita al decollo industriale del Paese. Nel 1937, secondo i dati dell’Unione Fascista delle Imprese Elettriche (UNFIEL), poco più del 5% del consumo elettrico era per uso domestico, mentre il 10,4% era per trazione, il 2,2% per illuminazione pubblica, il resto per consumi industriali, dei quali il 32,2% per usi elettrochimici ed elettrometallurgici; i due terzi di quella produzione e di quel consumo avvenivano nell’Italia del Nord.9 La più antica società elettrica italiana operava dunque in uno spazio economico in cui erano presenti una domanda energetica industriale rilevante e molto diversificata, e una richiesta di energia per uso domestico superiore, per il maggior reddito pro capite, a quella di altre aree regionali. Negli anni tra le due guerre l’accorto sfruttamento di quella domanda e l’attenta valutazione delle situazioni finanziarie avrebbero permesso alla Edison di assumere la leadership delle imprese elettriche private italiane.

Forze idrauliche e forze endogene Sul versante tirrenico centrale, nella Toscana e nel Lazio, fu la Società Ligure Toscana di Elettricità (SELT) il catalizzatore del processo di concentrazione10: sorta nel 1905 a Livorno dalla confluenza degli interessi di due importanti famiglie di imprenditori della siderurgia e della cantieristica, gli Odero e gli Orlando, e con l’appoggio della Banca Commerciale, alla vigilia della guerra la SELT aveva visto intervenire pesantemente nella

safe containing the SIP’s criss-crossing shareholdings – were delivered from the financial constructions of Ponti and Panzarasa, and the shareholdings were rationalized by splitting up the different business activities. The SIP kept only the electricity ones, went under the control of the IRI, and remained there until the nationalization. With its entire system of associated companies, Edison, instead, found itself in the middle of the area that had given rise to the country’s industrial takeoff. According to the data of the Unione Fascista delle Imprese Elettriche (UNFIEL), in 1937 barely more than 5% of the consumption of electricity was for household use, while 10.4% was for traction, 2.2% for public lighting, and the rest for industrial purposes, including 32.2% for electro-chemical and electro-metallurgical uses. Two-thirds of that production and that consumption took place in northern Italy.9 Thus the oldest Italian electricity


Centrale Gallicano, 1939. Gallicano power station, 1939.

company operated in an economic space with a significant and highly diversified demand for industrial energy, as well as – because of the higher per capita income – a demand for energy for household use that was greater than in other parts of the country. In the years between the two wars, a sagacious exploitation of that demand and a careful assessment of financial situations would have allowed Edison to assume the leadership of of Italy’s private electricity companies. compagine azionaria la Bastogi, la Indelec attraverso una controllata belga, e la società che gestiva le linee tranviarie livornesi, anch’essa belga. L’altra impresa toscana, che contendeva alla SELT l’egemonia regionale, era la Società Mineraria ed Elettrica del Valdarno, la cui produzione era termoelettrica e si basava sul carbone che la stessa società estraeva dalle proprie miniere. Durante e dopo la guerra dall’azionariato della SELT erano uscite gradualmente le società estere, mentre si era rafforzata la partecipazione della Banca Commerciale e soprattutto quella del Credito Italiano; rimaneva importante la presenza degli Odero e degli Orlando, cui si affiancava nel novembre 1921 la nuova Ilva, che deteneva anche una quota importante della Valdarno. Nel 1919 quest’ultima era divenuta obiettivo di una scalata da parte della SELT, andata a buon fine anche grazie alla crisi della vecchia Ilva, che della Valdarno era l’azionista principale. Nel 1920, inoltre, la SELT aveva acquisito il controllo delle maggiori aziende idroelettriche della regione (Forze Idrauliche dell’Appennino Centrale, Bacini Montani, Alta Merse). Anche la Valdarno, già prima della scalata, aveva cominciato a muoversi in tale direzione. Acquisita la Valdarno, poi, la SELT aveva anche avviato una scalata alla Società Elettrica dell’Italia Centrale, per il controllo della grande centrale idroelettrica di Nera Montoro.

Hydraulic Forces and Endogenous Forces In the central Tyrrhenian area, in Tuscany and Latium, the catalyst of the process of concentration was the Società Ligure Toscana di Elettricità (SELT).10 Founded in 1905 in Livorno by the merger of interests of two important families of entrepreneurs in steel and ship-building, the Oderos and the Orlandos, and with the support of the Banca Commerciale, on the eve of the war a large amount of the SELT’s share capital had been acquired by Bastogi, Indelec (through a Belgian subsidiary), and the company that operated the streetcar lines in Livorno, which was also Belgian. Another Tuscan firm, which contended with the SELT for regional supremacy, was the Società Mineraria ed Elettrica del Valdarno, whose production was thermoelectric and was based on coal that the company itself extracted from its own mines. During and after the war, the foreign companies had gradually withdrawn from the SELT’s share capital, while the participation of the Banca Commerciale and, especially, of Credito Italiano had increased. The presence of the Oderos and

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the Orlandos remained significant, and in Nel 1922 tutte le società elettriche con sede in November 1921 they were joined by the new Ilva, Toscana erano sotto il controllo della SELT, con which also held a large shareholding in Valdarno. la sola eccezione della Larderello, le cui In 1919, the latter had become the objective of a centrali, di cui si dirà in seguito, sfruttavano takeover bid by the SELT, which was successful in l’energia geotermica dei soffioni boraciferi. Nel part because of the crisis of the old Ilva, which 1923, inoltre, nell’operazione che portò alla was Valdarno’s main shareholder. Furthermore, in definitiva acquisizione del controllo sulla 1920 the SELT had acquired the control of the Società Elettrica dell’Italia Centrale, la SELT largest hydroelectric companies in the region: avviò una collaborazione con la Società AngloForze Idrauliche dell’Appennino Centrale, Bacini Romana (la maggiore società elettrica del Montani, and Alta Merse. Even before the Lazio); l’anno dopo le imprese elettriche del takeover bid, Valdarno had begun to move in that Lazio e della Toscana, insieme alla Pirelli, direction. After acquiring Valdarno, the SELT had diedero vita alla Società Telefonica Tirrena also initiated a takeover bid for the Società (TETI), che si sarebbe aggiudicata la Elettrica dell’Italia Centrale, in order to gain concessione telefonica per la Liguria, la control of the large Nera Montoro power plant. Toscana, il Lazio e la Sardegna. Questo insieme In 1922, all the electricity companies in Tuscany di collegamenti sfociò nel 1925 in un vero e were controlled by the SELT, with the exception of proprio accordo strategico sancito da uno Larderello, whose power plants – which will be scambio di partecipazioni tra la SELT e la discussed later – exploited the geothermal energy società Elettricità e Gas di Roma (EGR). of the boric-acid fumaroles. Furthermore, in 1923, Quest’ultima aveva consistenti partecipazioni in in the transaction that led to the definitive varie società elettriche del Lazio: la Società acquisition of the control of the Società Elettrica Romana di Elettricità (SRE), la Laziale, la Volsinia, dell’Italia Centrale, the SELT began to cooperate la Società Imprese Elettriche in Roma, la Società Idroelettrica del Liri. Nasceva così una rete industriale e finanziaria di notevoli dimensioni, controllata dall’alleanza tra alcune grandi famiglie imprenditoriali, in cui svolgeva un ruolo importante Alberto Pirelli, e che aveva rilevanti interessi e partecipazioni innanzitutto nei settori elettrico e telefonico, e inoltre nell’immobiliare e in altri comparti. Per controllare questo vasto conglomerato fu costituita una società finanziaria, la Centrale, che gestiva i concatenamenti azionari e si occupava dei problemi di approvvigionamento creditizio, particolarmente critici in un momento in cui si dovevano costruire nuovi impianti e nuove reti, e bisognava essere pronti a cogliere le Immagine tratta dall’album delle diverse località che opportunità offerte dai finanziamenti americani. formavano lo stabilimento industriale d’acido boracifero Sotto l’egida della Centrale si consolidò un sistema fondato dal conte De Larderel, 1818. A destra, particolare di un soffione nella zona di Sasso, 1924.

Picture from the album of the different places constituting the boric-acid industry founded by Count De Larderel (1818). On the right: detail of a fumarole in the vicinity of Sasso, 1924.



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che comprendeva il Lazio e la Toscana, ed era suddiviso in tre zone sub-regionali, facenti capo alla SRE (Roma e alto Lazio), alla SELT (fascia costiera tirrenica) e alla Valdarno (fascia appenninica toscana). La generazione idroelettrica rappresentava una parte significativa della produzione, ma in misura inferiore rispetto ai sistemi collegati ai bacini alpini. Proprio qui, inoltre, furono sviluppate le competenze necessarie allo sfruttamento di un’altra fonte di energia: quella geotermica, alle cui manifestazioni fu dato il nome suggestivo di “forze endogene”, che ne sottolineava lo sgorgare dalle viscere stesse della Terra. Il punto di partenza era rappresentato dai “soffioni” (getti di vapore che fuoriescono dal terreno) e dai “lagoni” (pozze d’acqua gorgogliante a causa del vapore e del gas) localizzati tra le province di Pisa, Siena e Grosseto. Il fenomeno era noto già nell’antichità, ma solo alla fine del Settecento, scoperta la presenza di borace e acido borico, si era pensato al suo sfruttamento industriale. Fu la famiglia De Larderel, di origine francese, la protagonista di questa impresa di successo: il capostipite Francesco prese in concessione il lagone di Montecerboli (ribattezzata Larderello nel 1846), poi altre zone vicine, e fece della Toscana l’area europea di produzione dell’acido borico (utilizzato per le saldature, l’invetriatura delle ceramiche e la farmacia), che in precedenza doveva essere importato dall’Oriente. Suo figlio Federigo e suo nipote Florestano portarono avanti l’attività, accumulando una delle maggiori fortune familiari della Toscana ottocentesca, finché negli anni Ottanta la scoperta dei giacimenti di borace in California non fece crollare i prezzi. Fu Piero Ginori Conti, marito di Adriana De Larderel, a rilanciare l’azienda, di cui nel 1904 aveva assunto la direzione.11 Con la collaborazione di Raffaello Nasini realizzò un radicale rinnovamento delle produzioni chimiche; Operai al lavoro a Larderello, 1937. Workers at Larderello, 1937.

with the Società Anglo-Romana, the largest electricity company in Latium. The following year, together with Pirelli, the electricity companies of Latium and Tuscany founded the Società Telefonica Tirrena (TETI), which was to be awarded the telephone concession for Liguria, Tuscany, Latium, and Sardinia. In 1925, these connections led to an authentic strategic agreement sanctioned by an exchange of shareholdings between the SELT and Elettricità e Gas di Roma (EGR). EGR had substantial equity investments in a number of electricity companies in Latium: the Società Romana di Elettricità (SRE), Laziale, Volsinia, the Società Imprese Elettriche in Roma, and the Società Idroelettrica del Liri. Thus was born an industrial and financial network of considerable size, which was controlled by the alliance among several great entrepreneurial families, in which Alberto Pirelli had an important role, and which had significant interests and shareholdings especially in the electricity and telephone industries, as well as in real estate and elsewhere. To control this vast conglomerate, a


inoltre riuscì a impiegare il vapore dei soffioni per produrre energia elettrica, dapprima per uso dei propri stabilimenti, poi anche per alcune utenze vicine. Nel 1912 fu costituita la Società Boracifera di Larderello, che assorbì anche le piccole aziende che avevano condiviso con i De Larderel lo sfruttamento dell’area dei soffioni: nel 1916 questa era ormai tutta sotto il controllo della nuova società. La Boracifera iniziò la ricerca sistematica di nuovi soffioni utilizzabili per la produzione geotermoelettrica, e perfezionò gli apparati per lo sfruttamento diretto del loro vapore. Alla fine degli anni Venti essa poteva disporre di quattro centrali elettriche a Larderello, Castelnuovo Val di Cecina, Serrazzano, Lago Boracifero. A partire dal 1932 la Boracifera ebbe dalle Ferrovie dello Stato vari contratti per la fornitura di energia, e qualche anno dopo il governo decise di riservare l’uso dell’energia geotermica toscana alle Ferrovie. L’ultimo passo fu la trasformazione della Boracifera, nel 1939, in Società Larderello per lo

holding company, Centrale, was incorporated, which managed the concatenations of stock and handled the problems of credit provision, which were particularly critical at a time when new plants and new networks had to be constructed and it was necessary to be prepared to seize the opportunities offered by American finance. Under Centrale’s wing, a system was consolidated which included Latium and Tuscany, and was divided into three sub-regional zones assigned to the SRE (Rome and upper Latium), the SELT (Tyrrhenian coastal area), and Valdarno (Tuscan Apennine area). Hydroelectric generation constituted a significant part of the production, but to a lesser extent with respect to the systems connected to the Alpine basins. Furthermore, it was here that the know-how necessary for the exploitation of another energy source, geothermal, was developed. Geothermal manifestations were given the evocative name of “endogenous forces”, which emphasized the gushing up from the bowels of the earth. The point of departure was represented by the “soffioni”, or fumaroles (streams of steam coming out of the ground) and the “lagoni” (wells of water that gurgles because of the steam and gas) located in the provinces of Pisa, Siena, and Grosseto. The phenomenon was already known in antiquity, but its industrial exploitation began to be considered only at the end of the eighteenth century, after the discovery of the presence of borax and boric acid. The De Larderel family, of French ancestry, was the protagonist of this successful undertaking. The initiator, Francesco, took the “lagone” of Montecerboli (renamed Larderello in 1846) in concession, then other nearby zones, and made Tuscany the European area of production of boric acid – used in welding, the glazing of ceramics, and pharmaceutics – which previously had to be imported from the East. His son Federigo and his

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Sfruttamento delle Forze Endogene, di cui le Ferrovie sottoscrissero il 90% del capitale, mentre la famiglia conservava la piccola partecipazione di minoranza. Benché Ginori Conti avesse mantenuto un saldo controllo sull’azienda, un certo collegamento con la SELT vi era sempre stato, come mostra la presenza nei consigli di amministrazione di entrambe le società dello stesso Ginori Conti e di Pirro Liguori, consigliere e direttore generale della SELT. Da questo nasce probabilmente la decisione di costituire, nel 1936, la Società Anonima Ricerche e Utilizzazioni Forze Endogene Nazionali (SARUFEN), la cui attività fu però compromessa dalla riserva governativa in favore delle Ferrovie dello Stato e dalla nascita della Larderello. Dopo quei provvedimenti la Centrale avviò altre iniziative geotermoelettriche, ma al di fuori della Toscana: nel 1938 nacque la SAFEN, per studiare lo sfruttamento elettrico delle forze endogene ai Campi Flegrei, a Ischia e a Procida; nel 1939, poi, fu costituita la SAFEV, per lo sfruttamento delle risorse geotermiche dei Colli Euganei.

Dagli Appennini alle isole Assai più complessi furono gli sviluppi sul versante adriatico, nell’Appennino umbro-marchigiano e in Abruzzo. Qui operavano l’Unione Esercizi Elettrici (UNES) e la Terni.12 Quest’ultima aveva sviluppato la produzione idroelettrica, inizialmente, in un’ottica di servizio ai propri impianti siderurgici e chimici, e aveva poi stipulato accordi con le società elettriche delle regioni confinanti per la fornitura dell’energia sovraprodotta rispetto al fabbisogno. Quest’ottica era però mutata con il tempo, e l’interesse della società verso il settore elettrico si era ampliato, fino al formarsi di un

grandson Florestano carried on the business, ammassing one of the largest family fortunes in nineteenth-century Tuscany, until the discovery of the deposits of borax in California in the 1880s caused prices to plummet. It was Piero Ginori Conti, the husband of Adriana De Larderel, who revived the company, of which he had become the head in 1904.11 With the assistance of Raffaello Nasini, he radically changed its chemical production, and succeeded in using the steam from the fumaroles to produce electricity, at first for in-house use and later also for some other firms in the vicinity. In 1912, the Società Boracifera di Larderello was incorporated. It also absorbed the small companies that had shared the exploitation of the area of the fumaroles with the De Larderels. By 1916, the area was entirely under the control of the new company. Boracifera began to search systematically for more fumaroles that could be used for the direct exploitation of their steam. At the end of the 1920s it owned four power plants, at Larderello, Castelnuovo Val di Cecina, Serrazzano, and Lago Boracifero. Beginning in 1932, Boracifera entered into various contracts with the Ferrovie dello Stato (the National Railways) for the supply of energy, and a few years later the government decided to reserve the use of Tuscan geothermal energy to the Ferrovie. The last step was the transformation, in 1939, of Boracifera into Società Larderello per lo Sfruttamento delle Forze Endogene, of which the Ferrovie subscribed 90% of the capital, while the family kept a small minority interest. Although Ginori Conti had maintained firm control over the firm, there had always been a certain connection with the SELT, as shown by the presence on the boards of directors of both companies of Ginori Conti himself and Pirro Liguori, a director and the general manager of the


Impianto idroelettrico del Farfa, 1922. Sotto, interno della cabina di manovra della centrale del Pescara, 1927. Farfa hydroelectric plant (1922). Below: interior of the control room of the Pescara power station, 1927.

contesto in cui l’attività elettrica tendeva ad assumere un’importanza crescente rispetto all’elettrochimica e all’elettrosiderurgia. In questo contesto la Terni aveva avuto parecchi contrasti sia con gli enti locali, sia con altre aziende, con cui era entrata in competizione per lo sfruttamento dei bacini del Nera e del Velino. Altri tentativi avevano riguardato il bacino del Vomano e, sempre in direzione dell’Abruzzo, la Valle del Salto e il Turano. Tra gli accordi industriali stipulati dalla Terni vi erano quello, già ricordato, con la SIP per la realizzazione di un elettrodotto interregionale, e uno con il Consorzio ligure-piacentino Trebbia e Aveto (formato dai comuni e dalle province di Genova e Piacenza) per la costruzione di un impianto idroelettrico nel bacino omonimo. Vi erano poi accordi commerciali con la SME, l’Anglo-Romana e l’EGR, la SELT, la SADE e la UNES. Ciononostante la società non solo non portò a termine le due realizzazioni che avrebbero interessato la Liguria e quindi erano fuori dal suo ambito territoriale, ma solo con difficoltà e lentezza riuscì a completare il proprio programma idroelettrico umbro e abruzzese, sia per ragioni economiche, sia per ragioni politiche. Quando infine questo programma fu compiuto, nel corso degli anni Trenta, la Terni era passata sotto il controllo dell’IRI.

SELT. This situation probably led to the decision, in 1936, to set up the Società Anonima Ricerche e Utilizzazioni Forze Endogene Nazionali (SARUFEN), whose activity was compromised, however, by the government’s reservations in favor of the Ferrovie dello Stato and by the foundation of Larderello. After that, Centrale initiated other geo-thermoelectric undertakings, but outside Tuscany. In 1938, the SAFAN was founded to exploit the electrical exploitation of the endogenous forces in the Campi Flegrei, on Ischia, and on Procida, while in 1939 the SAFEV was set up to exploit the geothermal resources of the Colli Euganei.

From the Apennines to the Islands The developments along the Adriatic, in the Apennine area of Umbria and the Marches, and in Abruzzo, where the Unione Esercizi Elettrici (UNES) and Terni operated, were much more complex.12 The latter had initially developed its hydroelectric production to supply its own steel and chemical plants, and had then entered into agreements with the electricity companies of the bordering regions to supply them with the energy that was in excess of its own requirements.

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Prospettiva della centrale di Galleto nella prima soluzione progettuale di Cesare Bazzani. View of the Galleto power station as first proposed by Cesare Bazzani.

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Quanto alla UNES, costituita a Torino nel febbraio 1905, poi trasferita a Milano e in seguito a Roma, si trattava di una società completamente differente dalle altre: piuttosto che all’ampliamento territoriale e all’intensificazione dei consumi in una zona territoriale consolidata, infatti, questa azienda aveva puntato sull’acquisizione di aree e impianti non necessariamente contigui, organizzati in “gruppi” autonomi dal punto di vista produttivo. A metà degli anni Venti questi gruppi erano dodici: uno di essi era in Piemonte, tre in Liguria, uno nella zona del Lago Maggiore e della Val d’Ossola, due in Abruzzo, uno in Umbria e quattro nelle Marche. I sette gruppi situati sul versante adriatico dell’Appennino erano il cuore del sistema elettrico della UNES, che distribuiva qui più di 100 milioni di kWh. La UNES ha ricevuto scarsa attenzione da parte degli storici, ma ai suoi tempi godeva di grande popolarità. Con modesti investimenti in impianti, infatti, la società vendeva prevalentemente energia per illuminazione e per utenze domestiche, impieghi

However, in time this perspective had changed, and the company’s interest in the electricity industry had grown, to the point that electricity tended to assume increasing importance with respect to electrochemistry and electrometallurgy. In this situation, Terni had many conflicts with both local governments and other companies, with which it had entered into competition for the exploitation of the basins of the Nera and the Velino. Other attempts had regarded the basin of the Vomano and, still in the direction of Abruzzo, the Salto Valley and the Turano. Among the industrial agreements that Terni entered into were the previously mentioned one with the SIP to construct an inter-regional power line, as well as one with the Consorzio ligurepiacentino Trebbia e Aveto – founded by the municipalities and provinces of Genoa and Piacenza – to build a hydroelectric plant in the basin of the same name. There were also commercial agreements with the SME, AngloRomana and the EGR, the SELT, the SADE, and the UNES. Nevertheless, the company did not complete the two undertakings that would have concerned Liguria, and thus were outside its territorial sphere, and it was only with difficulty and slowly that it managed to carry out its own hydroelectric projects in Umbria and Abruzzo, for both economic and political reasons. When these projects were finally completed, during the 1930s, Terni was already under the IRI’s control. As far as the UNES is concerned, it had been incorporated in Turin in February 1905, and then moved to Milan and subsequently to Rome. The company was completely different from the


caratterizzati da consumi unitari più bassi, ma da prezzi sensibilmente più alti. Su queste basi e con pratiche di bilancio piuttosto disinvolte il management, guidato da Oreste Simonotti, era riuscito a distribuire dividendi elevati e a sviluppare un azionariato diffuso che gli aveva permesso spazi di significativa autonomia rispetto agli azionisti maggiori, tra i quali figurava la Banca Commerciale. Buona parte dell’elettricità distribuita dalla UNES proveniva da altri produttori; in proprio la società gestiva alcuni impianti idroelettrici di medie dimensioni nella Valle del Tanaro e nelle Marche (Furlo e Bolognola sul Fiastrone), una centrale termica ad Ancona, e una miriade di piccoli e piccolissimi impianti, in gran parte di vecchia concezione e costruzione. Nel corso degli anni Venti, però, gli immobilizzi aumentarono in modo notevole (da 70 milioni nel 1923 a 740 milioni nel 1931), e con essi crebbe l’esposizione debitoria, soprattutto verso la Banca Commerciale. Nel corso del 1929, già prima della grande crisi, si manifestarono le avvisaglie della tempesta che stava per investire la società, travolgendone in pochi anni il gruppo dirigente e le strategie. All’inizio degli anni Trenta, dunque, anche la UNES, come la SIP e la Terni, si trovò coinvolta nello smobilizzo delle partecipazioni bancarie, passando sotto il controllo dell’IRI. Come si è visto, l’attività della UNES era intrecciata, sia in termini commerciali che territoriali, con quella della Terni e verso sud con quella della SME. Fino al 1929 la UNES controllava infatti anche la Società Lucana per le Imprese Elettriche, costituita nel 1914 su iniziativa di Nitti per portare l’energia idroelettrica a Muro Lucano, il suo paese d’origine. Anche la SME, cui la UNES aveva poi ceduto la Lucana, era poi passata sotto il controllo del nuovo ente economico statale.

others. In effect, rather than territorial expansion and the intensification of consumption in a consolidated territorial zone, it had aimed at the acquisition of areas and plants that were not necessarily contiguous, but rather organized in autonomous “groups” from the point of view of production. By the middle of the 1920s, there were twelve of these groups: one in Piedmont, three in Liguria, one in the Lago Maggiore-Val d’Ossola area, two in Abruzzo, one in Umbria, and four in the Marches. The seven groups located on the Adriatic side of the Apennines constituted the heart of of the electricity system of the UNES, which distributed more than 100 million kWh there. The UNES has received little attention from historians, but in its time it was extremely popular. In effect, with modest investments in plants the company sold mainly energy for lighting and for household users, uses that were characterized by lower per capita consumption, but considerably higher prices. In this situation, and with rather free and easy accounting practices, the management headed by Oreste Simonotti had managed to distribute high dividends and to develop a large number of shareholders, which ensured it significant independence with respect to the largest shareholders, which included the Banca Commerciale. Much of the electricity distributed by the UNES came from other producers. The company operated a few medium-sized hydroelectric plants of its own in the Tanaro Valley and in the Marches (Furlo and Bolognola, on the Fiastrone River), a thermal power plant in Ancona, and a large number of small and very small plants, mainly old ones in terms of both design and construction. During the 1920s, however, investment increased markedly – from 70 million in 1923 to 740 million in 1931 – and consequently the company’s debt exposure also grew, especially with regard to the

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Pure il Mezzogiorno continentale e le isole, infatti, erano stati pienamente investiti dagli smobilizzi: anche in queste zone, dai primi anni del dopoguerra, la Banca Commerciale e il Credito Italiano erano attivamente intervenuti nei processi di concentrazione societaria e negli immobilizzi per la costruzione dei nuovi impianti. Per quanto riguarda la SME, della quale la siciliana SGES era una controllata, era rimasta rilevante, sebbene ormai di minoranza, la presenza degli antichi soci svizzeri della ItaloSuisse. In Sardegna, invece, nel 1918 gli Orlando erano completamente usciti dal capitale della SES, che si era fusa con la Tirso, di cui la Commerciale era azionista di riferimento.13 L’IRI aveva perciò trovato nei portafogli delle due banche anche le quote di controllo della SME, della SGES e della SES. Accantonata per ragioni politico-finanziarie l’ipotesi di una fusione Terni-UNES, l’Istituto aveva deciso di passare il controllo di quest’ultima alla SME, però con un forte

Banca Commerciale. During 1929, even before the great crisis, there were the first signs of the storm that was about to hit the company, sweeping away the management and its strategies. Thus, like the SIP and Terni, at the beginning of the 1930s the UNES found itself caught up in the banks’ process of disinvestment and went under the control of the IRI. As we have seen, the business of the UNES was interwoven, in both commercial and territorial terms, with that of Terni and, to the south, with that of the SME. In effect, until 1929, the UNES also controlled the Società Lucana per le Imprese Elettriche, which had been set up in 1914 on Nitti’s initiative to bring hydroelectric energy to Muro Lucano, where he was born. Even the SME, to which the UNES had later sold Lucana, was taken over by the government’s new economic institute. In effect, the continental South and the islands had also been squarely hit by the disinvestments. Since the first years after the war, the Banca Commerciale and Credito Italiano had been actively involved in the processes of corporate concentration and in the investments for the construction of new plants in these areas. With regard to the SME, of which the Sicilian SGES was a subsidiary, the presence of the old Swiss shareholders of Italo-Suisse had remained significant, albeit by then they constituted a minority interest. In Sardinia, instead, in 1918 the Orlandos had entirely withdrawn from the capital of the SES, which had merged with Tirso, of which the Banca Commerciale was the main shareholder.13 Thus the IRI had found in the portfolios of the two banks also the controlling shareholdings of the SME, the SGES, and the SES. After setting aside, for political and financial reasons, the idea of a Terni-UNES merger, the Institute had decided to assign the control of the

Circolare di approvazione del nuovo Statuto dell’IRI, 1934. Circular approving the new Bylaws of the IRI, 1934.


Dirigenti in visita ai cantieri di Timpagrande in Sila. In primo piano a destra, Giuseppe Cenzato e, a sinistra, Giacomo Merizzi, 1927. Sotto, frase elogiativa di Benito Mussolini sugli ingegneri e l’elettricità, 1926. Executives visiting the construction site at Timpagrande in Sila: in the foreground on the right, Giuseppe Cenzato, and on the left, Giacomo Merizzi, 1927. Below: quote from Benito Mussolini praising engineers and electricity, 1926.

collegamento industriale fra le tre aziende. Non è questa la sede per discutere i motivi che portarono l’IRI, che pure aveva trovato nei portafogli bancari del Credito Italiano e della Banca Commerciale le azioni di tutti i gruppi elettrici, a rivendere ai soci privati di riferimento le partecipazioni in Centrale, Edison e SADE, conservando invece in mano pubblica le quote di controllo delle altre società. Quelle decisioni, che portarono al consolidamento dell’intervento diretto dello Stato in campo industriale e finanziario, sono tuttora oggetto di dibattito storiografico. È probabile che tra le considerazioni fatte da Beneduce e Mussolini ve ne fossero alcune legate al miglior criterio finanziario con cui i tre gruppi erano stati gestiti, e altre di tipo più politico, come il desiderio di evitare la concentrazione di quote troppo rilevanti di potere economico nelle mani di alcuni grandi industriali. Quel che è certo è che alla fine degli anni Trenta lo Stato, attraverso l’IRI, controllava l’elettricità e i telefoni in buona parte della penisola.

latter to the SME, with, however, a strong industrial link among the three companies. This is not the place to discuss the reasons that led the IRI, which had found the shares of all the electricity groups in the portfolios of Credito Italiano and the Banca Commerciale, to sell to the main private shareholders the shareholdings in Centrale, Edison, and the SADE, but keep the government’s hands on the controlling interests in the other companies. Those decisions, which led to the consolidation of the government’s direct involvement in the industrial and financial sectors, are still being debated by historians. It is likely that, among the factors taken into account by Beneduce and Mussolini, there were several connected with the criteria with which the three groups had been managed and others of a more political nature, such as the wish to avoid concentrating too much economic power in the hands of a few large industrialists. What is certain is that at the end of the 1930s, through the IRI, the government controlled the electricity and the telephones in much of the country. The “IRI electricity system” was based on the SIP in the northwestern part of the industrial

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Il “sistema elettrico IRI” era centrato sulla SIP nella parte nordoccidentale del triangolo industriale, sulla SME, che gestiva come una holding tutta la produzione e distribuzione di elettricità nell’Italia centromeridionale (ad eccezione del Lazio e della Toscana), e sulle due società isolane. La SME gestiva, in questo quadro, una enorme rete di impianti idroelettrici, che si estendeva dalle Marche e dall’Umbria all’Abruzzo, alla Campania e alla Calabria. Anche se la parte più propriamente agricola dei progetti di Nitti e Omodeo non aveva avuto un seguito concreto per le resistenze degli agrari (benché la storia agraria del Ventennio fascista sia, ad avviso di chi scrive, ancora tutta da interpretare), la realizzazione energetica era imponente e poneva le premesse necessarie allo sviluppo futuro del Meridione. Il sistema meridionale centrato sulla SME era del resto destinato a essere, dopo la seconda guerra mondiale, il cuore industriale della Finelettrica, la finanziaria di settore costituita dall’IRI nel 1952 per assicurare una gestione unitaria delle proprie attività, e forse anche per prefigurare, come avvenne con la STET nel settore delle telecomunicazioni, un possibile percorso per portare sotto la mano pubblica anche il settore elettrico. Se infatti alla vigilia della guerra molte erano le realizzazioni, anche i problemi aperti erano numerosi, a cominciare dalla mancanza di interconnessione fra i vari sistemi territoriali, che erano ormai divenuti dei veri e propri monopoli macroregionali. Negli anni Trenta si colloca anche l’orizzonte temporale in cui emersero, proprio nella zona controllata dalla SME, le figure manageriali di maggior spicco per il futuro dell’industria elettrica italiana: Giuseppe Cenzato, succeduto a Capuano alla testa della SME, e Arnaldo Maria Angelini, giunto giovanissimo alla guida della Terni elettrica.

triangle, on the SME – which it managed like a holding company – for all of the production and distribution of electricity in central Italy and in the continental South, except for Latium and Tuscany, and on the two companies in Sardinia and Sicily. In this system, the SME managed an enormous network of hydroelectric plants, which extended from the Marches and Umbria to Abruzzo, Campania, and Calabria. Even though the more strictly agricultural part of the projects of Nitti and Omodeo had not led to anything concrete, because of the resistance opposed by the landowners – although, in this writer’s opinion, the agricultural history of the Fascist period has yet to be properly interpreted – what had been accomplished in the energy industry was impressive, and created the conditions for the future development of the South. Moreover, after the Second World War the southern system, based on the SME, would become the industrial heart of Finelettrica, the industry holding company set up by the IRI in 1952 to ensure the unified management of its companies, and perhaps also – as happened with the STET in the telecommunications industry – to bring the electricity industry under the public wing. In effect, although on the eve of the war much had been accomplished, there were also many unresolved problems, beginning with the lack of interconnection among the different territorial systems, which by then had become authentic macro-regional monopolies. The 1930s also saw the emergence, precisely in the zone controlled by the SME, of the leading managers of the future in the Italian electricity industry: Giuseppe Cenzato, who succeeded Capuano at the head of the SME, and Arnaldo Maria Angelini, who became the head of the electricity Terni when he was still very young.



Dall’acqua al petrolio.

Le centrali idroelettriche nella tradizione italiana Le prime vere centrali idroelettriche d’Europa furono realizzate in Italia, con gli impianti di Acquoria (1891), che alimentava la linea TivoliRoma, e Paderno sull’Adda (1898), progettata da Guido Semenza. Dalla parcellizzazione degli impianti precedenti, che avevano dimensioni contenute, ed erano spesso realizzati per l’autoproduzione o per utenze vicine al luogo di produzione, si passò a realizzazioni di dimensioni crescenti, che distribuivano energia a utilizzatori

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From Water to Oil.

Hydroelectric Power Plants in the Italian Tradition The first real hydroelectric power stations in Europe were constructed in Italy: the plants at Acquoria (1891), which supplied power to the Tivoli-Roma line, and at Paderno sull’Adda (1898), which was designed by Guido Semenza. The industry had moved beyond the fragmentation of the previous plants, which were small and were often built for in-house supply or for users near the place of production, to ones of increasing size, which distributed energy to users

Planimetria dell’impianto idroelettrico della centrale Acquoria. Tivoli, 1924. Plan of the hydroelectric plant of the Acquoria power station, Tivoli, 1924.



Dall’acqua al petrolio From Water to Oil

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ubicati in luoghi diversi. All’inizio l’Italia era dipendente, almeno per quanto riguarda le componenti più strettamente elettriche degli impianti, dalle tecnologie tedesche, svizzere e francesi. Le industrie italiane cominciarono però subito a fornire sia le componenti elettromeccaniche (in particolare Ansaldo, Riva e Franco Tosi), sia i cavi e gli isolatori (in particolare Pirelli e SICE). Ma gli italiani svilupparono soprattutto una grande competenza nella progettazione e costruzione degli impianti idroelettrici: centrali, dighe e condotte. Un impianto idroelettrico è infatti composto da una serie di opere idrauliche, progettate e realizzate in funzione della situazione territoriale specifica, che convogliano l’acqua in turbine accoppiate ad alternatori, i quali trasformano il movimento di rotazione in energia elettrica. Il movimento delle turbine dipende dalla portata e dal “salto” o “caduta”, cioè dal dislivello tra la presa d’acqua a monte e la restituzione a valle. La realizzazione degli impianti idroelettrici, e in particolare di quelli che danno luogo alla costruzione di serbatoi e invasi, ha un forte impatto sul territorio, sia in senso ambientale che in senso socio-economico. Alcuni dati numerici aiutano a capire le dimensioni di quanto è stato fatto in Italia: fino al 1995 sono state realizzate 546 dighe, 328 delle quali per impianti idroelettrici.14 Mentre 6 dighe furono costruite prima del 1900, e una sola tra queste per scopi elettrici, nel periodo che va dal 1900 al 1945, quello cioè di cui si è parlato finora, furono costruite 181 dighe, 160 delle quali per centrali idroelettriche. In questo campo le aziende e i

located in different places. In the beginning, at least as far as the more strictly electrical components of its plants were concerned, Italy was dependent on German, Swiss, and French technologies. However, Italian companies immediately began to supply both electromechanical components (especially Ansaldo, Riva and, Franco Tosi) and cables and insulators (in particular Pirelli and the SICE). But the Italians mainly developed great expertise in designing and constructing hydroelectric power stations, dams, and ducts. In effect, a hydroelectric plant consists of a series of hydraulic works, designed and constructed in function of the specific situation of the terrain, which convey the water to turbines coupled with alternators, which in turn transform the rotating movement into electric energy. The movement of the turbines depends on the flow and the drop, i.e., the difference in level between the water intake upstream and the restitution downstream. The construction of hydroelectric plants, and in particular those that entail building reservoirs and storage capacity, has a heavy impact on the area, socially and economically, as well as environmentally. Some numerical data will help us to understand the scale of what was done in Italy. As of 1995, 546 dams had been constructed, including 328 for hydroelectric plants.14 While 6 dams were built before 1900, and only one of them for the purposes of electricity, in the period from 1900 to 1945 – the one with which we have been concerned so far – 181 dams were constructed, 160 of

Veduta della diga di Campliccioli. Novara, 1928. View of the Campliccioli dam, Novara, 1928.


tecnici italiani non solo hanno dimostrato di saper fare a casa propria, realizzando impianti in tutta la penisola, ma hanno esportato in molti Paesi la loro capacità di progettare e realizzare, sia da soli, sia partecipando a consorzi internazionali. Società come Condotte d’Acqua e Torno, nomi oggi noti in tutto il mondo, erano già presenti nella realizzazione dei primi impianti idroelettrici italiani. Gli impianti idroelettrici si distinguono in centrali “a bacino”, nelle quali una diga crea a monte un serbatoio o un lago artificiale, e centrali “ad acqua fluente”. Per ottimizzare il rendimento degli impianti sono state poi sviluppate le centrali di pompaggio, dette anche “ad accumulazione”: lo scopo è quello di realizzare una riserva di energia da utilizzare nei momenti di maggior richiesta da parte dell’utenza, sollevando l’acqua al serbatoio attraverso il pompaggio nelle ore notturne, quando la richiesta è minima, per produrre energia nelle ore di punta, che tipicamente si verificano a metà mattina e metà pomeriggio. In Italia la prima applicazione di questo tipo fu realizzata nel 1912, con l’impianto di Viverone. Il macchinario delle centrali è collocato in edifici appositi: le prime installazioni riutilizzavano spesso stabilimenti già esistenti e dismessi da

Planimetria della centrale sul fiume Pescara. Sotto, profilo longitudinale. Pescara, 1912. Plan of the power station on the Pescara River Below: longitudinal profile, Pescara, 1912.

which were for hydroelectric power stations. In this field, Italian companies and engineers not only demonstrated that they were capable at home by building plants throughout their own country, but also exported to many others their ability to design and construct, both by themselves and through participation in international consortiums. Companies such as Condotte d’Acqua and Torno, which are names now known all over the world, were already involved in the construction of the first Italian hydroelectric plants. Hydroelectric plants are classified as “reservoir” power stations, in which a dam creates a reservoir or an artificial lake upstream, and “runof-the-river” power stations. To optimize the yield of the plants, “pumped-storage” plants were then developed. The aim is to create a reserve of energy to use at the times of the greatest demand by users, pumping the water

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una precedente attività industriale, mentre le nuove realizzazioni adottarono uno schema funzionale articolato su due parti fondamentali, la sala macchine e la stazione di trasformazione; le centrali erano inoltre provviste di una sala di comando, spesso situata o tra le due aree o all’interno della sala macchine, e di un’officina per manutenzione e riparazioni. A partire dagli anni Venti furono realizzate anche centrali “in caverna”, nelle quali cioè il macchinario e le sale sono situati in ambienti sotterranei: le prime centrali del genere realizzate in Italia furono quelle di Coghinas, in Sardegna (1927), e Pian Sulé, in Piemonte (1931). La scelta di realizzare “in caverna” dipendeva da motivazioni di ordine economico e tecnico: in genere difficoltà determinate dall’insufficienza di spazio per fabbricati, terreno inadatto a sopportare il carico di edifici e macchinari, difficoltà di accesso, pericolo di frane e valanghe. Dagli anni Trenta si affermò la tendenza a trasferire all’esterno la stazione di trasformazione: vi concorrevano ragioni economiche (minor costo derivante dall’eliminazione delle opere murarie) e funzionali (minor pericolo di incendi, completa visibilità di tutte le parti dell’impianto, maggior rapidità di ispezione e manovra). Le dimensioni della centrale dipendevano ovviamente dal tipo di turbine e dal numero di gruppi generatori da installare: nelle prime centrali erano sempre presenti dei gruppi “di riserva” che entravano in funzione in caso di avaria dei gruppi principali. Fino alla seconda guerra mondiale, la presenza dei gruppi di riserva e la modesta taglia unitaria dei singoli gruppi spingevano all’installazione di un numero elevato di gruppi generatori. Questo comportava però un maggior costo di impianto: l’interconnessione della rete e l’aumento della

to the reservoir during the night, when the demand is very low, in order to produce energy in the peak hours, which usually occur in the middle of the morning and the middle of the afternoon. In Italy, the first application of this kind was the Viverone plant, constructed in 1912. The machinery of the power stations is housed in special buildings. The first installations often used buildings that already existed and had been used by a preceding industrial business, while new constructions adopted a functional layout based on two essential parts, the engine room and the transformation station. The power stations also had a command room, which was often located either between the two areas or inside the machine room, and a workshop for maintenance and repairs. Beginning in the 1920s, power stations were only constructed in caverns, with the machinery and rooms located underground. The first power plants of this kind to be built in Italy were those at Coghinas, in Sardinia (1927), and Pian Sulé, in Piedmont (1931). The decision to build underground depended on economic and technical considerations, in general difficulties caused by a lack of space for constructions, land unsuitable for supporting the weight of buildings and machinery, difficulty of access, and the danger of landslides and avalanches. Beginning in the 1930s, the trend to locate the transformation station outside was established, for both economic reasons (the lower cost deriving from the elimination of the masonry), as well as functional ones (less danger of fires, total visibility of all the parts of the plant, faster inspection and operation). The size of the power plant obviously depends on the kind of turbine and the number of generating units to be


Veduta di una turbina nell’impianto di Sorio. A destra, depliant delle Costruzioni Meccaniche Riva. View of a turbine at the Sorio plant. On the right: brochure of Costruzioni Meccaniche Riva.

potenza unitaria dei generatori hanno determinato, per gli impianti realizzati dopo la seconda guerra mondiale, la limitazione del numero dei gruppi installati. Il tipo di turbine utilizzate nelle centrali idroelettriche dipende dalla caduta d’acqua utilizzata: gli impianti ad acqua fluente o a bassa caduta, che costituivano gran parte delle prime installazioni, utilizzavano le turbine a elica, soppiantate dopo la prima guerra mondiale dalle turbine Kaplan, così chiamate dal nome dell’ingegnere austriaco Victor Kaplan che le ideò nel 1913. Dato il maggior costo delle turbine Kaplan, per un certo periodo le turbine a elica e le Kaplan furono spesso utilizzate insieme negli impianti che avevano caratteristiche adatte. La complessità e la potenza degli impianti crebbe rapidamente, anche perché le risorse sfruttabili con maggior facilità ed economicità erano limitate, e questo portò all’utilizzazione di cadute d’acqua medie (da 50 a 400 metri circa) o alte (da 400 a oltre 1.000 metri). Sulle cadute medie si utilizzavano le turbine Francis, sviluppate nel 1848 da James B. Francis, un ingegnere inglese trasferitosi negli Stati Uniti.

installed. In the first plants there were always “reserve” units, which went into operation if one or more of the main groups failed. Until the Second World War, the presence of the reserve units and the modest size of the individual units led to the installation of a large number of generating units, which, however, entailed the higher cost of the plant. The interconnection of the network and the increase in the power of the generating units caused fewer units to be installed in the plants constructed after the war. The kind of turbine used in hydroelectric power plants depends on the water drop utilized. Runof-the-river power plants, those with a low drop – which constituted most of the early installations – used propeller turbines. After the First World War, the latter were replaced by Kaplan turbines, which were named after the Austrian engineer Victor Kaplan, who invented them in 1913. Given the higher cost of Kaplan turbines, for a certain period of time propeller turbines and Kaplan ones were often used together in plants with suitable characteristics. The complexity and power of plants increased rapidly, partly because exploitable resources were limited, and this led to the utilization of water drops that were either medium (from about 50 to 400 meters) or high (from 400 to more than 1,000 meters). For

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Sulle cadute d’acqua più elevate, e in particolare nei bacini idroelettrici alpini si installavano invece turbine Pelton, particolarmente adatte per grandi salti e piccole portate. Questo tipo di turbina fu inventato da Lester Allan Pelton nel 1879, in California, e risulta essere ancora oggi la turbina con rendimento più elevato. La potenza unitaria dei gruppi di turbine Pelton nelle centrali italiane è salita dai 10 MW del 1910 ai 70 MW del 1938 (centrale di San Giacomo sul Vomano), fino ai 140 MW degli anni Settanta (centrale di San Fiorano, vicino a Brescia) e ai 270 MW installati nel rinnovamento della centrale di San Giacomo sul Vomano. Oggi però sono le turbine Francis il tipo più utilizzato; esse si adattano bene alla

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medium drops, Francis turbines – developed in 1848 by James B. Francis, an English engineer who lived in the United States – were used. On higher drops, and in particular in Alpine hydroelectric basins, producers installed Pelton turbines, which were particularly suitable for large jumps and small flows. This kind of turbine was invented in 1879 by Lester Allan Pelton, in California, and is still the turbine with the highest yield. The per-unit power of the units of Pelton turbines in Italian power stations increased from 10 MW in 1910 to 70 MW in 1938 (San Giacomo sul Vomano power station), 140 MW in the 1970s (San Fiorano, near Brescia), and 270 MW installed in the refurbishment of the San Giacomo sul Vomano plant. Today, however, Francis turbines are the most widely used. They are suitable for the orohydrographic structure of Italy and since the 1960s have prevailed over Pelton turbines also because particular devices for their installation and regulation have been developed. Finally, for electricity companies power stations were too much of a symbol to be entrusted only to the engineers in charge of the plant engineering part, and the design of the buildings that served as a “shell” was often entrusted to leading architects, among whom Gaetano Moretti, Piero Portaluppi, Ugo Disegno acquerellato della centrale di Verampio progetto dell’architetto Piero Portaluppi, 1913. Sopra, centrale di Trezzo d’Adda progetto dell’architetto Gaetano Moretti, 1906. Watercolor drawing of the Verampio power station, designed by the architect Piero Portaluppi, 1913 Above: Trezzo d’Adda power station, designed by the architect Gaetano Moretti, 1906.


struttura oro-idrografica del territorio italiano, e a partire dagli anni Sessanta hanno prevalso sulle turbine Pelton, anche grazie alla messa a punto di particolari accorgimenti nell’installazione e nella regolazione. Per le società elettriche, infine, le centrali erano troppo rappresentative per essere affidate ai soli ingegneri che ne curavano la parte impiantistica, e la progettazione degli edifici che fungevano da “involucro” fu spesso affidata ad architetti di notevoli capacità: fra loro spiccano Gaetano Moretti, Piero Portaluppi, Ugo Monneret de Villard, Cesare Bazzani, Giancarlo Maroni, Giovanni Muzio, Luciano Baldessari, Vincenzo Ferniani. Un caso particolare è quello di Omodeo, che talvolta operò in entrambi i ruoli progettuali: ne è un esempio la piccola centrale di Lima, nei pressi di Lucca. A partire dalla metà degli anni Venti si affermarono un nuovo linguaggio architettonico e una nuova estetica per gli edifici industriali, che basandosi sui principi funzionali superavano il dualismo progettuale fra architetti e ingegneri. Protagonisti di questa evoluzione furono fra gli altri Gaetano Minnucci (che ne fu anche il teorico e al quale si devono fra l’altro le centrali di Castel Giubileo e di Nazzano, vicino a Roma), Gio Ponti, Ignazio Gardella e Giuseppe Mignozzi. Anche l’attenzione ai problemi della sicurezza risale agli anni Venti, per l’esattezza al dicembre 1923, quando si verificò il crollo della diga del Gleno (bacino dell’Oglio, Lombardia orientale). In seguito al disastro fu nominata dal ministro dei Lavori Pubblici una “Commissione per il controllo delle dighe di sbarramento per la formazione di serbatoi e laghi artificiali”. La Commissione lavorò intensamente per due anni, sottoponendo a un esame sistematico tutte le dighe esistenti sul territorio nazionale e definendo, per ciascuna, gli

Monneret de Villard, Cesare Bazzani, Giancarlo Maroni, Giovanni Muzio, Luciano Baldessari, and Vincenzo Ferniani stand out. A particular case is that of Omodeo, who sometimes covered both design roles, as in, for example, the small power plant at Lima, near Lucca. The 1920s saw the success of a new architectural language and a new aesthetic for industrial buildings, which was based on functional principles that went beyond the design dualism between architects and engineers. The most important figures in this evolution were Gaetano Minnucci – who was also its theoretician and, among other things, designed the power stations at Castel Giubileo and Nazzano, near Rome – Gio Ponti, Ignazio Gardella, and Giuseppe Mignozzi. Concern for safety problems also dates from the 1920s: from December 1923, to be exact, when the Gleno dam in the basin of the Oglio, in Lombardy, collapsed. Following the disaster, the Minister of Public Works appointed a “Committee for the inspection of barrages for the formation of reservoirs and artificial lakes”. The Committee worked intensely for two years, submitting all the dams in Italy to a systematic examination and establishing for each one the work to be carried out to ensure that it could be operated safely. This also led to additional regulations, which until then had been limited to a few technical provisions, neglecting the aspects regarding the examination and approval of projects, as well as oversight of the construction and operation of the dams. The disaster at Gleno also led to the abandonment of several kinds of construction, which were considered too risky. Several years later, in August 1935, the small dam at Sella Zerbino – in the basin of the Orba, in southern Piedmont – also collapsed. In this

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interventi da effettuare per garantire la sicurezza dell’esercizio. Si provvide anche a integrare la normativa, che si limitava fino ad allora ad alcune prescrizioni tecniche, ma trascurava gli aspetti relativi all’esame e all’approvazione dei progetti, nonché al controllo della costruzione e dell’esercizio delle dighe. Il disastro del Gleno portò anche all’abbandono di alcune tipologie costruttive, considerate troppo rischiose. Qualche anno dopo, nell’agosto 1935, si verificò anche il crollo della piccola diga di Sella Zerbino (bacino dell’Orba, Piemonte meridionale). In questo caso il disastro era dovuto a una piena eccezionale, e superiore a ogni possibile previsione. Anche in questo caso si tirarono alcune conclusioni di carattere tecnico, con effetti sulla scelta del tipo e sulle dimensioni degli scarichi di superficie. Dopo di allora si è verificato in Italia un solo disastro idroelettrico, ma di enorme gravità: quello che nel 1963 ha riguardato la diga del Vajont, di cui si dirà in seguito, e che provocò circa duemila vittime.15 Ciononostante nel nostro paese il coefficiente di rischio connesso alle dighe (definito dal rapporto fra il numero di eventi disastrosi e l’età cumulata del complesso delle dighe esistenti sul territorio, vale a dire in Italia 3/22.350) è particolarmente basso (0,13% per diga per anno), inferiore al valore medio dei paesi più avanzati.

Idroelettrico? Sì, ma ... La stagione idroelettrica 1921-1922 fu caratterizzata da una eccezionale siccità, che i tecnici definirono “una vera disgrazia nazionale”. L’evento, che provocò il razionamento dell’energia e la riduzione della produzione industriale, con sospensioni del lavoro di due-tre giorni a settimana nella Lombardia e nell’Emilia, innescò un dibattito sull’opzione idroelettrica

case, the disaster was caused by an exceptional flood, which could not possibly have been foreseen. Several technical conclusions were drawn also in this case, with effects on the choice of the type and size of the surface drains. Since then, only one hydroelectric disaster has occurred in Italy, but it was an extremely grievous one, which, in 1963, occurred at the Vajont dam – to be discussed later – causing about 2,000 deaths.15 In spite of that, in Italy the risk coefficient connected with dams – defined as the ratio between the number of disastrous events and the cumulative age of the dams existing in a given territory – that is, in Italy 3/22,350 – is particularly low: 0.13% per dam, per year, which is lower than the average value of the most advanced countries.

Hydroelectric? Yes, but ... The 1921-1922 hydroelectric season was characterized by an exceptional drought, which experts called “a true national calamity”. The event led to the rationing of energy and a reduction of industrial production, with work being suspended for two or three days a week in Lombardy and Emilia, and sparked a discussion of Italy’s hydroelectric choice. Giuseppe Neri wrote about it in 1928 in the periodical “L’Elettrotecnica”: “The event was so exceptional that, on the basis of meteorological data, it was concluded that you had to go back 170 years to find a drought of this severity and duration. This period was bristling with difficulties for companies, but once it was over, normal conditions immediately made people forget such difficulties and many were of the opinion that the probability of another such disaster occurring was so remote that the country could still do


dell’Italia. Giuseppe Neri ne parlava nel 1928 sulla rivista “L’Elettrotecnica”: “Il fatto fu talmente eccezionale che si credette poter concludere, colla scorta di dati meteorologici, che per ritrovare una siccità di questa entità e durata era necessario rimontare 170 anni indietro. Passato questo periodo, che per le aziende fu irto di difficoltà, l’andamento normale fece subito dimenticare il guaio trascorso e molti si riconfermarono nella opinione che l’eventualità del ripetersi di un tale disastro si presentava talmente remota, che si sarebbe ancora potuto fare a meno di efficienti e adeguate centrali termiche di riserva le quali, industrialmente parlando, costano e non rendono”. Nel 1924, però, la siccità si ripeté, quasi altrettanto grave. “Le maggiori società che sono a capo di forti nuclei di aziende distributrici – racconta ancora Neri – corsero ai ripari e dovettero riconoscere la necessità di equipaggiare ogni singola zona con una centrale termica di riserva, ideata con criteri ampi e prudenziali”. L’ingegner Neri, che a Livorno dirigeva una centrale termoelettrica, si domandava se la scelta idroelettrica era davvero così conveniente per l’Italia, dal punto di vista economico. E sosteneva (1928!) che nel raffrontare la convenienza tra i due tipi di centrali andava considerato non solo il minor costo di esercizio dell’idroelettrico ma anche l’immobilizzo assai maggiore di capitali che esso comportava, ivi compresi i costi valutari e le conseguenze politiche derivanti dalla necessità di ricorrere al mercato finanziario internazionale. La sua conclusione era che la convenienza delle centrali idroelettriche, calcolata in questo modo, era poco maggiore di quella delle termoelettriche,

Regio Decreto del 7 luglio 1925 per la nuova legislazione sulle acque e l’elettricità in Italia e all’estero. A sinistra, il re Vittorio Emanuele III in occasione dell’inaugurazione della centrale di Timpagrande. Sila, 31 luglio 1927. Royal Decree of July 7, 1925 concerning the new legislation on waterways and electricity in Italy and abroad. On the left: King Vittorio Emanuele III at the inauguration of the Timpagrande power station, Sila, July 31, 1927.

without efficient and adequate back-up thermal power plants, which, industrially speaking, cost and are not profitable.” In 1924, however, drought struck again almost as severely. “The largest enterprises, which own many distribution companies”, wrote Neri, “took remedial action and were forced to recognize the need to equip every single zone with a back-up thermal power plant conceived with broad and precautionary criteria.” Neri was an engineer who was in charge of a thermoelectric power station in Livorno. He

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e che il momento di riconsiderare il termoelettrico era più vicino di quanto si ritenesse di solito. Una conclusione che appare profetica alla luce degli eventi finanziari e industriali degli anni Trenta. Secondo uno studio del Servizio Idrografico del Ministero dei Lavori Pubblici, pubblicato in quello stesso 1928, la rete elettrica italiana era alimentata da 24 bacini idroelettrici situati nella penisola, ciascuno con il proprio gruppo di centrali, più altri quattro, due per ciascuna, nelle isole maggiori. In gran parte di essi erano in corso lavori per aumentarne la capacità produttiva; il fabbisogno era infatti in continua crescita: secondo i dati del Ministero delle Corporazioni, la produzione era passata da poco più di 3 miliardi e mezzo di kWh nel 1918 a poco meno di 9 miliardi di kWh nel 1928, dei quali solo 235 milioni di kWh da impianti termoelettrici. Gli impianti entrati in funzione nel decennio successivo (in particolare sulla Sila, in Umbria e Abruzzo), portarono la potenza idroelettrica installata dai 2.910.340 kW del 1928 ai 4.557.529 kW del 1938, e la produzione idroelettrica a 14 miliardi 298 milioni

Suddivisione delle risorse idrauliche per forza motrice, nei bacini con foce al litorale delle regioni Basilicata e Calabria, 1931. Classification of the hydraulic resources for motive power in the basins with an outlet on the coasts of Basilicata and Calabria, 1931.

wondered if the hydroelectric choice was really so advantageous for Italy from the economic point of view, and maintained – in 1928! – that, in comparing the cost-effectiveness of the two kinds of power plants, one had to consider not only the lower operating costs of hydroelectric ones, but also the considerably larger capital investment they entailed, including currency-exchange costs and the political consequences deriving from the necessity of turning to the international financial market. He concluded that, calculated in this way, the cost-effectiveness of hydroelectric power plants was not much greater than that of thermoelectric ones and that the time to reconsider thermoelectricity was nearer than one usually thought: a conclusion that seems prophetic in light of the financial and industrial events of the 1930s. According to a study of the Hydrographic Service of the Ministry of Public Works also published in 1928, the Italian electricity network was supplied by 24 hydroelectric basins located on the peninsula, each with its own group of power plants, plus four others: two for each of the largest islands. There was work going on in most of them to increase their productive capacity. In effect, energy requirements were increasing constantly. According to the data of the Ministry of


di kWh, su un totale di 15 miliardi 352 milioni; la differenza era prodotta da impianti termoelettrici (810 milioni) o importata (244 milioni). Nel 1938 vi erano in Italia 998 centrali idroelettriche e 199 centrali termoelettriche, la cui distribuzione rifletteva il dualismo economico Nord-Sud: 687 centrali idroelettriche e 127 termiche erano infatti installate nell’Italia settentrionale, contro le 135 idroelettriche e 43 termiche nel Mezzogiorno e nelle isole; 176 idroelettriche e 29 termiche erano invece quelle installate nell’Italia centrale. La generazione idroelettrica era ovunque largamente prevalente, salvo che nelle isole, dove il termoelettrico rappresentava circa il 50% della potenza installata. Come dato nazionale la potenza termoelettrica installata era comunque aumentata da 644.850 kW nel 1928 a 956.768 kW nel 1938, passando dal 18,14% al 21% della potenza installata totale. Nel biennio dal 1936 al 1938, infine, la produzione termoelettrica era più che raddoppiata, passando da 387 a 810 milioni di kWh (dal 2,85% al 5,36% del totale dell’anno di riferimento). Se si raffrontano la percentuale di potenza termoelettrica installata e quella di energia termoelettrica prodotta, peraltro, si comprende quanto, nel 1936 come nel 1938, il termoelettrico costasse senza rendere in termini industriali, per usare le parole dell’ingegner Neri: a fronte dei costi di impianto, infatti, la produzione e la vendita erano piuttosto modeste. Tanto più se si riflette sul fatto che la generazione termoelettrica quantificata nelle statistiche includeva anche l’energia geotermica, poiché la concettualizzazione dell’epoca non prevedeva fonti “rinnovabili” ma distingueva solamente fra tecnologie basate sulla “forza idraulica” e sul “vapore”. Se si considera che il combustibile per

Corporations, production had grown from little more than 3 and a half billion kWh in 1918 to little less than 9 billion in 1928, of which only 235 million kWh was produced by thermoelectric plants. The plants that were put into operation in the following decade increased installed hydroelectric power from 2,910,340 kW in 1928 to 4,557,529 kW in 1938 and hydroelectric production to 14,298,000,000 kWh, out of a total of 15,352,000,000, the difference being produced by thermoelectric plants (810 million kWh) or imported (244 million kWh). In 1938, there were 998 hydroelectric and 199 thermoelectric power stations in Italy. Their distribution reflected the economic difference between the North and the South: 687 hydroelectric and 127 thermal power plants were installed in the North versus the 135 hydroelectric and 43 thermal ones in the South and on the islands, while in central Italy the respective figures were 176 hydroelectric and 29 thermal. Hydroelectric generation was prevalent everywhere, except on the islands, where it constituted about 50% of the installed power. Nation-wise, however, the installed thermoelectric power had increased from 644,850 kW in 1928 to 956,768 kW in 1938, rising from 18.14% of the total installed power to 21%. From 1936 to 1938, finally, thermoelectric production more than doubled, increasing from 387 to 810 million kWh, that is, from 2.85% to 5.36% of the total in the years concerned. However, if one compares the percentage of installed thermal power with that of thermal energy produced, it is clear that in both 1936 and 1938 thermoelectricity had a cost, but was not profitable in industrial terms, to use Neri’s words. In effect, production and sales were

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le centrali termoelettriche doveva essere in gran parte importato, con le relative conseguenze di costo, si comprendono le difficoltà che limitavano lo sviluppo della produzione termoelettrica in Italia, senza contare i problemi politici che potevano essere collegati all’approvvigionamento dei combustibili in caso di complicazioni internazionali. Le due siccità degli anni Venti, quindi, pur avendo indotto maggiore attenzione per l’efficienza e l’economicità delle centrali termoelettriche, non avevano cambiato la politica del governo e le strategie delle società elettriche, per le quali la produzione termoelettrica manteneva una valenza solamente integrativa. Le due crisi ebbero però l’effetto di richiamare l’attenzione sul fatto che l’energia idroelettrica, per quanto abbondante, non era infinita. Se nel 1922 Omodeo parlava di “risorse praticamente illimitate”, nel 1939 una pubblicazione del Ministero delle Corporazioni affermava: “L’energia elettrica indubbiamente rappresenta la nostra massima fonte di energia e quella per cui le possibilità di potenziamento appaiono particolarmente ampie. Il problema di tale potenziamento ha sollevato discussioni e giudizi discordi, specialmente intorno all’entità effettiva delle risorse idriche esistenti nel Paese e trasformabili economicamente in energia. Tali nostre risorse sono in realtà molto notevoli, ma non sono enormi o addirittura illimitate”. Nel mondo industriale si discuteva di idroelettrico e termoelettrico: quanto potesse davvero essere ancora sviluppato il primo, quale fosse l’effettiva struttura dei costi del secondo, e come si potessero ottimizzarne il rendimento e l’economicità. “Centrali termiche o centrali idrauliche?” era il titolo dell’editoriale di un fascicolo de “L’Elettrotecnica”, che esordiva:

rather modest with respect to the cost of constructing a plant, and even more so if one takes into account the fact that the thermal production quantified in the statistics included geothermal energy, because at that time the classification did not provide for “renewable” sources, but only distinguished between technologies based on “hydraulic force” and those based on “steam”. Considering that most of the fuel for thermoelectric power stations had to be imported, with the related cost consequences, one understands the difficulties that restricted the development of thermoelectric production in Italy, without counting the political problems that could be connected with the supply if there were international complications. Thus, although the two droughts of the 1920s led to greater consideration of the efficiency and cost-effectiveness of thermoelectric power plants, they did not change the policy of the government and the strategies of the electricity companies, for which thermoelectric production still had solely back-up value. However, the two crises did have the effect of calling attention to the fact that, although hydroelectric energy was abundant, it was not infinite. In 1922, Omodeo had talked about “practically unlimited resources”, but in 1939 a publication of the Ministry of Corporations stated: “Electric energy undoubtedly represents our most important source of energy and the one whose potential for growth seems particularly large. The question of such growth has led to discussion and conflicting opinions, especially concerning the actual amount of the water resources existing in Italy that can be cost-effectively transformed into energy. Such resources are really very

Geologia della valle del fiume Serio. Geology of the Serio River valley.



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“Nell’attesa che la fisica giunga, forse, con la disintegrazione dell’atomo [era, si badi bene, il 1928] a fornire all’umanità nuove disponibilità di energia, dobbiamo ancora ricorrere, per far fronte alle richieste ognora crescenti dell’odierna vita civile, a quelle classiche sorgenti che, come abbiamo imparato negli anni della scuola, usano tutte, diversamente trasformata, l’energia solare”. Queste sorgenti erano i combustibili fossili, il legname, le forze idrauliche e il vento. Negli anni successivi si lavorò molto sui combustibili, nel quadro complessivo della questione energetica e non solo per la necessità di incrementare la generazione termoelettrica. Siccome la produzione nazionale di carbone era quella che era, e non sarebbe stata mai sufficiente a coprire il fabbisogno in modo autarchico, da un lato si studiavano i metodi per ottimizzare la combustione dei prodotti nazionali e migliorarne la caratteristiche chimiche (l’IRI costituì a questo scopo insieme alla Montecatini l’Azienda Nazionale Idrogenazione Combustibili, ANIC), dall’altro si cercavano giacimenti di metano nella penisola e di petrolio nelle colonie (l’AGIP era stata costituita a questo scopo), oltre che nuove zone geotermiche economicamente sfruttabili. Sono noti gli errori commessi dall’AGIP nel Ventennio, con la sottovalutazione dei giacimenti petroliferi libici, l’eccessiva fiducia in quelli albanesi, e la scarsa considerazione verso le possibilità del metano nazionale: errori che sarebbero stati corretti da Mattei dopo il 1945. Ma questa è un’altra storia ...

Lettera del direttore generale dell’ANIC all’ingegner Giuseppe Cenzato, 1937. Letter of the general manager of the ANIC to the engineer Giuseppe Cenzato, 1937.

considerable, but are not enormous or downright unlimited.” In the industrial world, hydroelectric and thermoelectric were topics of discussion: how much the former could actually still be developed, what the actual cost structure of the latter was, and how its yield and costeffectiveness could be optimized. “Thermal power plants or hydraulic power plants?” was the headline of the editorial of an issue of “L’Elettrotecnica”, which began: “While waiting for physics to succeed, perhaps, with the disintegration of the atom [note that this was 1928] in providing humanity with new energy resources, in order to meet the continually increasing requirements of today’s life, we must still utilize the classic sources, which, as we learned in our school years, all use solar energy, but transform it differently.” These sources were fossil fuels, wood, hydraulic forces, and wind. In the following years, much work was done on fuels, as part the overall energy question and not only because of the necessity of increasing thermoelectric generation. Because the domestic production of coal was limited and would never be sufficient to cover requirements, on the one hand methods for optimizing the combustion of such coal and improving its chemical characteristics were studied (for this purpose, the IRI and Montecatini incorporated the ANIC,


Alla ricerca di nuove fonti A partire dalla metà degli anni Venti, quindi ben prima delle sanzioni e della proclamazione ufficiale dell’autarchia, la questione delle fonti di energia appassionò dunque gli ingegneri elettrici, e non solo loro. In questo campo, infatti, l’opinione pubblica qualificata e i tecnici erano tendenzialmente autarchici da sempre, e le vicende del 1935-1936 non fecero altro che rendere più pressanti e più esplicite le posizioni dell’autorità politica su questi temi, verso i quali gli addetti ai lavori erano già ricettivi; soprattutto, le esigenze dell’autarchia spinsero il governo e l’industria a destinare maggiori risorse a questo tipo di ricerche. Gli ambienti e gli studiosi che si occuparono di questi temi costituivano un insieme articolato, del quale non è facile tentare una descrizione. In termini molto sommari si può dire che vi concorressero tre gruppi: ingegneri e tecnici appartenenti al mondo industriale, ricercatori appartenenti al mondo universitario e inventori; la distinzione non va presa, ovviamente, in modo troppo rigido. Il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), costituito nel 1923, fu un punto di raccordo tra inventori, ricercatori e industriali sulla questione delle fonti di energia. Su “La Ricerca Scientifica”, organo ufficiale del Consiglio, comparvero vari Trasformatore di energia termosolare in energia elettrica e meccanica di Amedeo Mazzarini. Roma, 26 settembre 1939. A destra, apparecchio per utilizzare il calore solare come forza motrice di Virginio Fiorio. Torino, 9 luglio 1907. Amedeo Mazzarini’s transformer of thermo-solar energy into electric and mechanical energy, Rome, September 26, 1939. On the right: Virginio Fiorio’s device for using solar heat as motive power, Turin, July 9, 1907.

Azienda Nazionale Idrogenazione Combustibili), and deposits of methane were sought in Italy and ones of oil in the colonies (the AGIP had been created for this purpose), as well as new costeffectively exploitable new geothermal zones. Everyone knows about the mistakes committed by the AGIP during the Fascist period, with its underestimation of the oil fields in Libya, its excessive confidence in the Albanian ones, and its scarce consideration of the potential of domestic methane: errors that Mattei was to correct after 1945. But that is another story...

Looking for New Sources As we have seen, beginning in the middle of the 1920s, and thus well before the sanctions and the official proclamation of autarky, the question of

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studi su possibili fonti alternative di energia. Nel 1924, inoltre, il Comitato di Ingegneria dello stesso CNR aderì, con altre 40 nazioni (comprese Russia e Germania), alla World Power Conference che tenne la sua prima riunione a Londra per iniziativa di Daniel Dunlop, un industriale elettrico scozzese. Scopo della World Power Conference era la cooperazione scientifica mondiale in materia di energia, attraverso la creazione di comitati nazionali che funzionassero come canali per lo scambio di conoscenze fra i paesi membri. Notevoli intuizioni vi furono nella ricerca di combustibili “surrogati”: in particolare le sanse esauste di oliva, le vinacce esauste essiccate, i residui di lavorazione del legno, l’etanolo e il metanolo prodotti per distillazione dalle barbabietole e dal sorgo zuccherino. A questi prodotti della “chimica autarchica”, che diedero luogo a effettive lavorazioni industriali, si devono aggiungere le proposte sull’utilizzazione dei rifiuti previo trattamento, provenienti soprattutto dal mondo degli inventori attraverso le riviste “Le attualità scientifiche” (organo dell’Associazione Fascista degli Inventori) e “Ingegni e congegni”. Come si vede, nell’uno e nell’altro caso si trattava di idee che anticipavano linee di ricerca oggi nuovamente e seriamente perseguite. Negli anni Quaranta invece queste ricerche furono interrotte, dapprima per la guerra (quelle che sembravano più interessanti furono di fatto prese in mano dai tedeschi), e successivamente perché la disponibilità di petrolio a basso prezzo ne vanificò l’impatto pratico annullandone l’attrattività economica.

Relazione di Marco Semenza, membro italiano della World Power Conference, sui lavori del comitato esecutivo della WPC. Berlino, 22 agosto 1930. Report by Marco Semenza, an Italian member of the World Power Conference, on the proceedings of the executive committee of the WPC in Berlin, August 22, 1930.

energy sources stirred the interest of two electrical engineers, and not only them. In effect, in this field, both qualified public opinion and the experts had always been by and large autarkic, and the vicissitudes of 1935-36 only made the positions of the government more pressing and explicit on this subject, towards which insiders were already receptive. Above all, the requirement of autarky pushed the government and industry to allocate more resources to this kind of research. The circles and scholars who were concerned with these kinds of questions constituted a varied world, which is not easy to describe. In very simplified terms, we can say that it was made up of three groups: engineers and other experts belonging to the industrial world, researchers belonging to the academic world, and inventors, but, obviously, these distinctions should not been interpreted as absolute. The Consiglio Nazionale delle Ricerche (National Research Council, CNR), which was instituted in 1923, was a link among researchers, inventors, and the industrial sector on the question of energy sources. A number of studies on potential alternative energy sources appeared in “La Ricerca Scientifica”, the official organ of the Consiglio. Furthermore, in 1924, together with 40 other nations, including the Soviet Union and Germany, the CNR’s Engineering Committee joined the World


I ricercatori italiani, proprio a partire dalla questione dei combustibili, ripresero anche il lavoro sullo sfruttamento del calore solare. Le personalità che diedero il contributo più significativo furono Giovanni Andri e Alessandro Amerio. Il primo individuò nell’ambiente coloniale il contesto più favorevole all’utilizzazione del suo motore solare Eliodinamic, presentato alla Fiera di Tripoli del 1936 e brevettato nello stesso anno insieme a Daniele Gasperini; secondo i tecnici del Ministero delle Colonie, che ne caldeggiarono l’adozione in campo agricolo nell’Africa Orientale e in Libia, esso poteva “funzionare a basse temperature pur conservando le caratteristiche delle macchine a vapore e il suo utilizzo non necessita di personale particolarmente addestrato”. Amerio, docente di fisica al Politecnico di Milano, si dedicò negli anni Trenta allo studio della radiazione solare e delle sue possibili applicazioni: i suoi lavori scientifici ebbero molta eco sulle riviste degli inventori, ma non giunsero a risultati pratici. A risultati pratici del resto non approdarono neppure le ricerche sulla generazione fotovoltaica, che furono riprese dal tedesco Bruno Lange e nel 1931 portarono allo sviluppo di nuovi pannelli solari, che tentavano di migliorare i risultati

Power Conference, which held its first meeting in London at the initiative of Daniel Dunlop, a Scottish industrial engineer. The objective of the World Power Conference was global scientific cooperation, through the creation of national committees acting as channels for the exchange of knowledge among the member countries. There were remarkable ideas for “surrogate” fuels, in particular olive residue from oil production, grape residue from wine production, residue from wood working, and ethanol and methanol produced by distilling beets and sorghum. To these products of “autarkic chemistry”, which led to actual industrial production, must be added the proposals on the utilization of processed waste that came mainly from the world of the inventors through publications such as “Le attualità scientifiche” (the organ of the Fascist Association of Inventors) and “Ingegni e congegni”. As can be seen, in both cases there were ideas that are once again today the basis of seriously pursued research. In the 1940s, instead, this kind of research was interrupted, first because of the war, with those that seemed most promising being taken up by the Germans, and subsequently because the availability of low-cost oil thwarted their practical impact by undercutting their economic attraction. It was precisely because of the fuel question that Italian researchers started to work again on the exploitation of solar heat. The ones who made the most significant

Motore funzionante per energia termica solare di Giovanni Andri e Daniele Gasperini. Milano, 23 ottobre 1936. Motor for solar thermal energy by Giovanni Andri and Daniele Gasperini, Milan, October 23, 1936.

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ottenuti da Fritts. Anche i congegni di Lange, però, convertivano in elettricità meno dell’1% della luce solare che ricevevano. Proprio a partire dagli insuccessi di Lange, nel 1935 E.D. Wilson, della divisione fotoelettricità della Westinghouse, sosteneva che le celle fotovoltaiche al selenio non sembravano molto promettenti come convertitori di energia solare in elettricità. L’utilizzazione dell’energia solare, su entrambi i filoni indagati dai ricercatori, rimase quindi un tema futuribile per la ricerca industriale, destinato a essere messo da parte negli anni Quaranta, sia per le contingenze belliche, sia perché anche in questo caso la disponibilità di combustibili fossili a basso costo rese veramente alta l’asticella della competitività economica per i sistemi da sviluppare. Vi fu invece un significativo interesse industriale per l’utilizzazione dell’energia eolica. La tradizione dello sfruttamento del vento, soprattutto per azionare impianti agricoli di pompaggio, era molto antica nell’Europa centrosettentrionale e orientale: basti pensare ai mulini a vento olandesi. Nella seconda metà dell’Ottocento non erano

Dispositivo per utilizzare il calore solare per riscaldare liquidi in genere, in particolare acqua per uso domestico e industriale di Giovanni Andri. Roma, 13 maggio 1932. A destra, nuovo motore a vento di Giuseppe Bella. Verona, 2 maggio 1889. Giovanni Andri’s device for using solar heat to heat liquids in general, in particular water for both household and industrial use, Rome, May 13, 1932. On the right: Giuseppe Bella’s wind-powered motor, Verona, May 2, 1889.

contributions were Giovanni Andri and Alessandro Amerio. The former identified the colonial environment as the most favorable one for the utilization of his Heliodynamic solar engine, which was presented at the Tripoli Exhibition in 1936 and patented in the same year together with Daniele Gasperini. According to the engineers of the Ministry of Colonies, who backed its adoption for agriculture in East Africa and Libya, it could “work at low temperatures and still maintain the characteristics of steam machines, and its use does not require specially trained personnel”. A physics professor at the Milan Polytechinic Institute, Amerio devoted himself in the 1930s to the study of solar radiation and and its potential applications. His scientific papers caused a great deal of comment in the publications of the inventors, but did not lead to any practical results. What’s more, no practical results were achieved even by the research on photovoltaic generation, which was resumed by the German Bruno Lange and in 1931 led to the development of new solar panels in an attempt to improve the results


mancati i tentativi di applicare anche questa forma di energia a vari scopi produttivi, e pure in Italia si erano registrate richieste di brevetto, fra cui nel 1889 quella di Giuseppe Bella per un “Nuovo motore a vento attraverso lo sfruttamento delle correnti d’aria”. Nei primi decenni del Novecento non mancarono ovviamente i tentativi di usare anche questa forma di energia per produrre elettricità: nel 1947 Arnaldo Maria Angelini, futuro direttore generale e presidente di Enel, ne forniva un’ampia rassegna al congresso dell’Associazione Elettrotecnica Italiana (AEI), sottolineando come le prime applicazioni di questo tipo avessero avuto luogo “in zone lontane da centri di produzione d’energia e da reti di distribuzione”. Secondo la descrizione di Angelini l’energia del vento era usata “per azionare generatori elettrici di dimensioni relativamente modeste e il più delle volte collegati con batterie di accumulatori destinate a trasformare il diagramma di disponibilità dell’energia fortemente discontinua nel diagramma di erogazione relativo agli impieghi”. I generatori eolici furono utilizzati come fonte di energia per l’alimentazione, sempre in connessione con batterie di accumulatori, di stazioni radio destinate al collegamento tra rifugi alpini e fondovalle, o anche di stazioni amplificatrici situate lungo collegamenti in cavo che attraversavano vaste zone sfornite di elettricità. Furono i sovietici a costruire per primi in Crimea, negli anni Trenta, una vera centrale eolica da circa 100 kW, che funzionò fino alla seconda guerra mondiale; la guerra bloccò inoltre la realizzazione di una centrale da 750 kW. I tedeschi progettarono invece centrali da 10.000 e 20.000 kW, ma senza realizzarle. Anche in Italia vi era un forte interesse per l’energia eolica: su “La Ricerca Scientifica”

obtained by Fritts. However, Lange’s devices also converted less than 1% of the sunlight they received into electricity. Precisely on the basis of Lange’s failures, in 1935 E.D. Wilson, of Westinghouse’s photo-electricity division, maintained that selenium photovoltaic cells did not seem very promising as converters of solar energy into electricity. Thus, in both of the areas investigated by the researchers, the utilization of solar energy remained a future subject for industrial research and was to be set aside in the 1940s, because of both the war and the fact that, in this case, too, the availability of low-cost fossil fuels raised the bar of economic competitiveness really high for the systems to be developed. However, there was significant industrial interest in the utilization of wind energy. The tradition of the exploitation of wind, especially to run agricultural pumping systems, was a very old one in Northcentral and Eastern Europe, as seen in the Dutch windmills. In the second half of the nineteenth century there had been attempts to apply this kind of energy to various productive ends, and even in Italy requests for patents were filed, among which was Giuseppe Bella’s in 1889 for a “New wind motor based on the exploitation of currents of air”. In the first few decades of the twentieth century, there were obvious attempts to use this kind of energy to produce electricity. In 1947, Arnaldo Maria Angelini, the future general manager and chairman of Enel, provided an extensive review of them at the conference of the Italian Electrotechnical Association (AEI), emphasizing how the first applications of this kind had occurred “in areas far from power stations and distribution networks”. According to Angelini’s description, wind energy was used “to run relatively small electric generators and usually connected to batteries of accumulators used to transform the diagram of

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Aurelio Macchioni e Luigi Moreno proponevano l’aeroturbina a distributore rotante. Una ditta produttrice di impianti eolici per uso agricolo, la Vivarelli di Grosseto, mise in produzione un modello di generatore elettrico azionato dal vento, usato soprattutto in Libia, al quale diede il nome di Aeroluce. Nel 1936 Mario Dornig riassumeva su “Attualità Scientifiche” i dati dell’esperienza italiana in questo campo, derivanti dal Comitato per le invenzioni del CNR, e giungeva alla conclusione che il costo del kWh eolico era conveniente solo laddove erano presenti venti di forte entità ed era assente l’energia idraulica. Secondo la rassegna di Angelini, una produzione industriale di piccoli generatori eolici avveniva in URSS, in Germania, in Francia, nel Regno Unito, negli USA e in Svizzera. Anche in questi paesi, tuttavia, le conclusioni raggiunte erano analoghe: la costruzione di centrali eoliche di grande potenza non era economicamente conveniente. Sempre secondo Angelini, però, nel caso italiano le conclusioni dovevano essere differenti: “il costo di produzione del kWh idraulico è destinato ad aumentare con ritmo tanto più rapido quanto maggiore sarà l’incremento degli impianti idroelettrici”, mentre “è da ritenere che i continui progressi dell’aerodinamica consentano di aumentare il rendimento e di migliorare i motori eolici, riducendo così il costo del kWh ottenuto dal vento”. Secondo Angelini, che era non solo un dirigente industriale autorevole, ma anche un ingegnere esperto di impianti elettrici, l’Italia si trovava in condizioni particolarmente favorevoli in relazione alla durata e intensità dei venti, di cui proponeva “rilievi accurati”. Inoltre, a suo avviso la prevalenza della generazione idroelettrica dava alle reti distributive italiane la possibilità di utilizzare integralmente l’energia

the availability of the highly discontinuous energy into the diagram of supply relative to its uses”. Wind generators were utilized as a source of energy for running – again in connection with batteries of accumulators – radio stations used to link Alpine shelters with the valley floor or even amplifier stations located along cable links crossing vast areas without electricity. The Soviets were the first to construct – in Crimea in the 1930s – a real wind power plant, with about 100 kW of installed power, which was in operation until the Second World War. The war also stopped the construction of a 750 kW plant. On the other hand, the Germans designed 10,000 kW and 20,000 kW plants, but never constructed them. There was also considerable interest in wind energy in Italy. In “La Ricerca Scientifica”, Aurelio Macchioni and Luigi Moreno proposed an aeroturbine with a rotating distributor. A company that produced wind plants for agricultural use, Vivarelli in Grosseto, started to produce an electric generator driven by wind that they called Aeroluce. In 1936, Mario Dornig summed up in “Attualità Scientifiche” the data of the Italian experience in this field provided by the CNR’s Inventions Committee, and came to the conclusion that the cost of a wind kWh was advantageous only where there were strong winds and there was no hydraulic energy. According to Angelini’s review, there was an industrial production of small wind generators in the USSR, Germany, France, the United Kingdom, the United States, and Switzerland. However, even in these countries, the conclusions reached were similar: the construction of wind farms with a large amount of power was not economically advantageous. According to Angelini, however, in the case of Italy, a different conclusion should be drawn. “The cost of production per hydraulic kWh is


Apparecchiatura per la produzione di acqua distillata o simile utilizzante il calore solare di Mario Dornig e Angelo Belloni. La Spezia, 8 novembre 1948. Equipment using solar heat for the production of distilled water by Mario Dornig and Angelo Belloni, La Spezia, November 8, 1948.

eolica collegando i generatori in parallelo alle reti stesse, senza necessità delle batterie di accumulatori che costituivano il maggior fattore di costo del kWh eolico. Vi erano poi altri fattori favorevoli nella combinazione eolico-idroelettrico: “Non è improbabile – scriveva ancora Angelini – che, qualora utilizzate, le disponibilità di energia eolica presentino in certa misura un carattere integrativo rispetto alle disponibilità idriche. Ciò deriva dalla elementare constatazione che il vento è generalmente meno intenso nei periodi piovosi cui corrisponde la morbida dei fiumi e quindi disponibilità di energia fluente. Nell’Italia settentrionale, in particolare, l’intensità e la persistenza del vento si manifesta soprattutto in autunno (ma non in coincidenza con le piogge autunnali) e in inverno, e cioè nel periodo di maggior carenza di energia”. Questa previsione era però destinata a rimanere lettera morta, perché nel

bound to increase, and the more hydroelectric plants there are, the faster it will do so,” he wrote, while “the continual progress of aerodynamics enables us to increase the yield and improve wind motors, thus reducing the cost of a kWh obtained from wind.” According to Angelini, who was not only an authoritative industrial executive, but also an engineer expert in electric plants, Italy had particularly favorable conditions with regard to the duration and intensity of its winds, of which he proposed “through surveys”. Furthermore, in his opinion the prevalence of hydroelectric generation made it possible for the Italian distribution networks to totally utilize wind energy by linking the generators in parallel to the networks, with no need for batteries of accumulators, which constituted the largest cost factor of a wind kWh. There were also other favorable factors in the wind-hydroelectric combination. “It is not unlikely,” wrote Angelini, “that whenever it is used, wind energy will have, to a certain extent, a supplementary character with respect to the availability of hydroelectric energy. This stems from the elementary observation that wind is generally less intense in rainy periods, to which moderate river flow, and therefore the availability of flowing energy, corresponds. In northern Italy, in particular, the wind is intense and persistent especially in the fall – but not in concomitance with autumn rain – and winter, that is, in the period when energy is most scarce.” However, this prediction was to remain a dead letter, because in one decade the ratio between hydroelectric production and thermoelectric production in the Italian system was to change radically.

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giro di un decennio il rapporto tra produzione idroelettrica e termoelettrica nel sistema italiano sarebbe mutato radicalmente.

Energia per il “miracolo”

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La guerra causò distruzioni anche agli impianti di produzione elettrica, che furono però riparati molto rapidamente. I danni avevano infatti riguardato soprattutto il macchinario, che poteva essere più facilmente ripristinato, mentre le costruzioni erano state in gran parte risparmiate; gli impianti alpini, inoltre, erano stati i meno colpiti. I programmi di sviluppo messi a punto subito dopo la guerra dalle società elettriche italiane (private e a partecipazione statale) confermavano l’opzione idroelettrica; era soprattutto la Edison (che disponeva del patrimonio idroelettrico più ampio) a premere per un rinvio di 12-15 anni dello sviluppo termoelettrico. L’associazione di categoria ANIDEL, che aveva preso il posto dell’UNFIEL, presentò al governo un piano di incremento degli impianti che aveva tra i suoi obiettivi anche quello di amplificare le esigenze finanziarie del settore, allo scopo di far apparire fuori luogo la nazionalizzazione, su cui era iniziato un dibattito politico che si sarebbe protratto per oltre un quindicennio.

Energy for the “Miracle” The war also damaged power plants, which, however, were quickly reactivated. In effect, the damage mainly concerned the machinery, which could easily be repaired, while most of the constructions were spared. Furthermore, the Alpine plants were affected the least. The development plans devised right after the war by the Italian electricity companies (both private and state-owned) confirmed the hydroelectric option. It was mainly Edison – which had the most hydroelectric assets – that pushed for a 12-15 year postponement of thermoelectric development. The industry association, the ANIDEL, which had taken the place of the UNFIEL, presented to the government a plan for increasing the plants which had among its objectives that of exaggerating the industry’s financial requirements, so that nationalization – about which a debate had begun and would go on for

Danni dei bombardamenti nella centrale geotermica di Larderello, della omonima società. A sinistra, la centrale termoelettrica di Livorno della Selt-Valdarno distrutta dagli eventi bellici, 1945. Bombing damage at the Larderello geothermal power plant. On the left: Selt-Valdarno’s thermal power plant in Livorno, destroyed during the war, 1945.


Il governo fece proprio il programma preparato dagli industriali elettrici, e nel 1947 lo presentò all’Organizzazione Europea per la Cooperazione Economica, che aveva costituito un comitato per l’energia elettrica con il compito di valutare la situazione post-bellica dei paesi partecipanti ai fini di una distribuzione coordinata dei prestiti internazionali. Il comitato valutò negativamente i programmi italiani, che apparivano addirittura superiori alla capacità produttiva complessiva dell’industria elettromeccanica americana ed europea in campo idraulico. I programmi furono quindi rivisti in senso più realistico, portando entro limiti più ragionevoli le richieste relative al settore idroelettrico e diversificando le fonti di generazione, con un ampliamento della componente termoelettrica e geotermica. Cominciò a delinearsi in tal modo un nuovo programma nazionale, che nel 1949 concretizzò la volontà di puntare decisamente sull’installazione di una quota rilevante di potenza termoelettrica. Convergevano in tal senso una serie di elementi nuovi, maturati tra il 1948 e il 1949: innanzitutto si affermò l’idea che per garantire la continuità di fornitura era necessario disporre di una potenza termoelettrica installata pari almeno al 25% di quella idroelettrica, mentre nel 1949 il rapporto era sensibilmente inferiore; inoltre le difficoltà di approvvigionamento di combustibili, che si ritenevano di lungo periodo, furono superate nel 1948-1949, con un aumento delle disponibilità e una riduzione dei prezzi sul mercato internazionale, e con le scoperte di idrocarburi da parte dell’AGIP che aprivano nuove prospettive di rifornimento; infine, last but

more than fifteen years – would seem uncalled for. The government approved the plan prepared by the electricity industrialists and in 1947 presented it to the European Organization for Economic Cooperation, which had instituted a committee for electric energy, with the task of examining the post-war situation of the participating countries for the purpose of coordinating the distribution of international loans. The committee gave a negative assessment of the Italian plans, which appeared to exceed even the total production capacity of the American and European electromechanical industry in the hydraulic field. The plans were then revised to make them more realistic, containing more reasonable requests regarding the hydroelectric industry and more diversified energy sources, with an increase in the thermoelectric and geothermal components. Thus a new national plan began to take shape, which in 1949 realized the will to aim resolutely for the installation of a significant share of thermoelectric power. A series of new factors, which developed in 1948-49, converged in this direction. First of all, the idea became established that, in order to ensure the continuity of supply, it was necessary to have installed thermoelectric power amounting to at least 25% of that of hydroelectric, while in 1949 the ratio was considerably less than that. Furthermore, the difficulties of fuel procurement, which had been thought to be long-term, no longer existed by 1948-49, with an increase in supply and a decrease in price on the international market, as

Rapporto sui lavori della Conferenza di Parigi dell’Organizzazione Europea per la Cooperazione Economica, 1947. Report on the proceedings of the European Organization for Economic Cooperation’s Paris Conference, 1947.

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Relazione dell’ingegner Vittorio De Biasi sul Piano Marshall, 18 agosto 1947. Report by the engineer Vittorio De Biasi on the Marshall Plan, August 18, 1947.

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not least, gli Stati Uniti esclusero il macchinario idroelettrico dagli aiuti dell’ERP, mettendo in crisi tutti i programmi di sviluppo per questo settore. Qualunque opinione si abbia sulle motivazioni di questa scelta statunitense, che certamente nella distribuzione degli aiuti puntava anche a un ritorno per il sistema industriale e commerciale americano, è fuor di dubbio che le esigenze di un rapido rilancio delle economie europee in genere e di quella italiana nello specifico richiedevano un veloce incremento della produzione elettrica, i cui tempi erano compatibili soltanto con un ampio ricorso alla generazione termoelettrica. E che un rilancio rapido delle economie dell’Europa Occidentale fosse per gli Stati Uniti una priorità strategica lo dicono anche altri criteri del Piano Marshall, che coerentemente alla sua impostazione keynesiana incentivavano il ricorso al deficit di bilancio da parte degli stati destinatari: la prudenza italiana in questo senso fu oggetto di dure critiche da parte degli economisti che nel “Country Study” presentato al Congresso USA nel 1949 tracciavano un bilancio delle azioni già intraprese e del programma 1948-

well as the AGIP’s discovery of hydrocarbons, which created new prospects for procurement. Last, but not least, the United States excluded hydroelectric equipment from the aid provided by the European Recovery Program, thus creating a crisis for all the development plans for that industry. Whatever one’s opinion about the reasons for this decision by the United States, which in distributing aid also aimed at a return for the American industrial and commercial system, there is no doubt that the requirements of a rapid revival of the European economies in general and Italy’s in particular included a quick increase in the production of electricity, which was achievable only with a large-scale recourse to thermoelectric generation. That a rapid revival of the economies of Western Europe was a strategic priority for the United States is also shown by other criteria of the Marshall Plan, which – in accordance with its Keynesian approach – provided incentives for budget deficits by the countries receiving aid. Italy’s prudence in this sense was severely criticized by the economists who, in the country study presented to the U.S. Congress in 1949, took stock of the actions already undertaken and the 1948-1952 plan


1952 presentato dal governo di Roma per l’impiego degli aiuti americani. Fu dunque l’ERP a fornire un forte stimolo alla costruzione di nuovi impianti termoelettrici e a rimuovere i vincoli derivanti, soprattutto, dalle limitazioni alla produzione e/o importazione del macchinario occorrente per le nuove installazioni. Tutti gli impianti finanziati nei primi due esercizi del Piano Marshall entrarono in funzione nel 1952-1953, e verso la metà degli anni Cinquanta l’industria elettrica italiana vide arrivato il momento in cui gli impianti termoelettrici non dovevano più svolgere solo un ruolo integrativo, ma erano destinati a garantire il soddisfacimento della crescita della domanda. La crescita della potenza termoelettrica installata riguardò tutte le categorie di produttori e tutte le società elettriche, ma mentre per le società settentrionali, che disponevano del maggior patrimonio idroelettrico, l’incremento della potenza termoelettrica dal 1946 al 1962 andò dal 384% della Edison al 633% della SADE, nel centro e nel sud si ebbero incrementi dell’ordine del 1.708,5% del Gruppo La Centrale e del 1.071% della SME. A partire dal 1958 l’entrata in servizio di nuovi impianti termoelettrici fu pari a circa 400 MW

presented by the Italian government regarding the use of the American aid. It was thus the E.R.P. that provided a powerful boost to the construction of new thermoelectric plants and overcome the constraints caused mainly by the limitations on the production and/or importation of the equipment required for new installations. All the plants financed in the first two years of the Marshall Plan went into operation in 1952-53, and towards the middle of the 1950s the Italian electricity industry saw that the time had arrived when thermoelectric plants were no longer to play a merely supplementary role, but were to ensure the satisfaction of increasing demand. The growth of installed thermoelectric power regarded all the categories of producers and all the electricity companies, but whereas for the companies in the North – which had the largest hydroelectric resources – the increase in thermoelectric power between 1946 and 1962 went from Edison’s 384% to the SADE’s 633%, in the Center and in the South there were increases of the order of the La Centrale group’s 1,708.5% and the SME’s 1,071%. Beginning in 1958, the installed power of new thermoelectric plants put into operation amounted to about 400 MW a year, and at the time of the nationalization, 7,000 MW wre being installed, that is, about one and a half times the thermoelectric power put into operation in the

Luigi Einaudi, Presidente della Repubblica italiana, inaugura l’impianto idroelettrico di Cimena, 1949. Luigi Einaudi, President of the Republic of Italy, inaugurating the Cimena hydroelectric plant, 1949.

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l’anno, e al momento della nazionalizzazione erano in corso di installazione oltre 7.000 MW termoelettrici, cioè circa una volta e mezza la potenza termoelettrica entrata in funzione nel quindicennio precedente. Quest’ultimo dato includeva le centrali nucleari. Sono necessarie a questo punto due precisazioni: la prima è che con la fine della seconda guerra mondiale il ricorso ai combustibili fossili comportò la sostituzione del carbone con il petrolio, rendendo le economie occidentali molto esposte alle turbolenze politiche delle aree di produzione e molto dipendenti, almeno in una prima fase, dalle tecnologie americane (quelle europee erano tutte rivolte al carbone); la seconda è che in questa prospettiva aveva grande importanza strategica l’obiettivo di raggiungere nel medio termine una capacità produttiva termoelettrica nucleare in grado di sostituire per un’ampia percentuale la dipendenza dal petrolio e dagli altri combustibili fossili. Per quanto riguarda il settore idroelettrico, in quello stesso periodo furono completati o realizzati molti progetti messi in cantiere negli anni precedenti. Le società elettriche continuarono infatti a sviluppare, sia pure con tempi più lunghi, lo sfruttamento dei bacini che in molti casi era stato studiato e progettato già negli anni Venti e Trenta. Emblematica a questo proposito, a prescindere dal suo esito drammatico, la vicenda del Vajont. Fin dai

preceding fifteen-year period. This figure included the nuclear power stations. At this point, two things should be made clear. The first is that, with the end of the Second World War, the use of fossil fuels entailed the replacement of coal with oil, making the Western economies very exposed to the political turbulence of the production areas and very dependent, at least at first, on American technologies, all the European ones being based on coal. The second is that, from this point of view, the objective of achieving in the mediumterm a nuclear thermoelectric production capacity capable of replacing to a great extent the dependence on oil and the other fossil fuels, had great strategic importance. As far as the hydroelectric field is concerned, in the same period many projects begun in the preceding years were completed. In effect, the electricity companies continued to exploit – albeit at a slower pace – the basins that, in many cases, had been studied and planned as early as the 1920s or 30s. Emblematic in this regard, irrespective of their tragic outcome, were the vicissitudes of the Vajont. From the very beginning of the twentieth century, as we have seen, the SADE had laid the foundations of its

Preventivo di spesa per la costruzione dell’impianto idroelettrico Piave-Boite-Vajont, 1951. A sinistra, la gola del Vajont vista dall’alto e tratteggio della diga, 1952. Cost estimate for the construction of the Piave-BoiteVajont hydroelectric plant, 1951. On the left: the Vajont gorge seen from above and the outline of the dam, 1952.


Veduta della centrale di Nove entrata in esercizio nel 1925. View of the Nove power plant, which went into operation in in 1925.

primi anni del Novecento la SADE aveva posto le basi del proprio sviluppo, come si è visto, nello sfruttamento dei sistemi idraulici del bacino del Piave. Il completamento di questo programma consisteva nella realizzazione di una diga sul torrente Vajont che avrebbe permesso la piena utilizzazione del sistema realizzato dal fiume Piave con i torrenti Maè e Boite e con lo stesso Vajont, per alimentare la centrale di Soverzene, che con i suoi 220 MW era all’epoca la più grande centrale idroelettrica d’Europa. L’idea dell’intervento sul bacino risaliva al 1925: la diga avrebbe dovuto accumulare nel nuovo serbatoio le acque del Piave dopo il passaggio nella diga di centro Cadore, aggiungendovi quelle del Boite, del Maè e della Val Gallina, che già alimentava la centrale di Soverzene. L’elaborazione del progetto della diga era iniziata nel 1940, con i sopralluoghi del geologo Giorgio Dal Piaz e dell’ingegnere Carlo Semenza, direttore delle costruzioni della SADE e progettista della diga stessa. Attraverso chilometri di tubazioni, le acque, sottratte al loro corso, sarebbero state portate dalle dighe di Sottocastello (Piave), Pontesei (Maè), Vodo e Valle di Cadore (Boite) al bacino del Vajont. In questo sistema, che fu definito di “vasi comunicanti”, le differenze di quota tra bacino e bacino sarebbero state usate per produrre energia tramite piccole centrali (Colombèr, Pontesei e Gardona), per poi tornare ad alimentare con maggior potenza la centrale di Soverzene.16 Il Vajont diventava così il cuore di un sistema concepito per sfruttare al massimo tutte le acque e i salti disponibili sul fiume Piave e i suoi affluenti, e costituiva una riserva capace di alimentare il

growth in the exploitation of the hydraulic systems of the Piave basin. The completion of this project consisted in the construction of a dam on the Vajont Torrent, which would allow the company to make full use of the system realized by the Piave River and the Maè and Boite Torrents with the Vajont to supply the Soverzene power station, which, with its 220 MW, at the time was the largest hydroelectric power station in Europe. The idea of working on the basin went back to 1925. The dam was to accumulate the water of the Piave in the new reservoir after its passage in the dam on the middle Cadore, with the addition of water from the Boite, the Maè, and the Val Gallina, which already drove the Soverzene power plant. Work on the design of the project began in 1940, with the on-the-spot investigations of the geologist Giorgio Dal Piaz and the engineer Carlo Semenza, the SADE’s head of construction and designer of the dam. Kilometers of pipes were to bring water from the dams at Sottocastello (Piave), Pontesei (Maè), and Vodo and Valle di Cadore (Boite) to the Vajont basin. In this system – called one of “communicating vases” – the differences in height between basin and basin were to be used to produce energy through small power plants (Colombèr, Pontesei, and Gardona), which would then supply the Soverzene power station with increased power.16 The Vajont thus became the heart of a system conceived to get the most out of all the water and the drops available on the Piave River and its tributaries, constituting a reserve capable of supplying the system even in extended periods

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Guerre parallele Parallel Wars

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sistema anche in periodi pluristagionali di secca dei fiumi. Le acque scaricate dalla centrale di Soverzene, venivano poi condotte, tramite un canale, al Lago di Santa Croce e ai bacini successivi, con relative centrali che la SADE aveva costruito già dai primi anni del secolo. Il progetto fu portato in approvazione dopo la fine della seconda guerra mondiale; i relativi controlli furono avviati nel 1949 e negli anni Cinquanta vennero effettuati gli espropri dei terreni e avviata la preparazione del cantiere. L’approvazione ministeriale venne nel 1957 e i lavori durarono fino al 1960. Dunque tra guerra, questioni finanziarie e verifiche tecniche, un intervento ideato a metà degli anni Venti si era tradotto in progetto negli anni Quaranta ed era stato “cantierato” e completato alla fine degli anni Cinquanta. Il fatto è che le società elettriche, pur avendo in molti casi progetti di sfruttamento totale dei bacini da realizzare attraverso opere estremamente complesse, avviavano i vari cantieri man mano che si raggiungevano per ciascuna opera le necessarie condizioni di economicità produttiva. Se fino al 1945 erano state realizzate 161 dighe per usi idroelettrici, nel venticinquennio 1946-1970 ne furono costruite altre 149. Di qui la previsione, esplicitata da Angelini nel 1947, di un aumento di costo del kWh idroelettrico: man mano che la domanda si espandeva, era necessario aumentare la potenza installata, e per farlo era necessario avviare lavori per impianti sempre più difficili e costosi, con riflessi inevitabili anche sul costo dell’energia distribuita, nonostante i contributi statali, che coprivano a volte anche il 40% delle spese. Con le nuove centrali il grado di sfruttamento delle risorse idrauliche italiane passava dal 40% del 1945, a oltre l’80% del 1962. Un’altra conferma che qualunque ulteriore crescita doveva venire da altre fonti.

when the rivers were dry. The water discharged by the Soverzene power station were then channeled through a canal to Lake Santa Croce and the basins beyond, with the related power plants that the SADE had constructed at the beginning of the century. The project was approved after the end of the Second World War, the related inspections were begun in 1949, and in the 1950s the land was expropriated and the construction sites prepared. The ministerial approval came through in 1957 and the work lasted until 1960. Thus, with a war, financial questions, and technical inspections, an idea conceived in the middle of the 1920s had been translated into a project in the Forties and turned into a construction site and completed at the end of the Fifties. The fact is that even though in many cases the electricity companies had projects for the total exploitation of the basins – to be achieved through extremely complex works – they set up the various construction sites gradually as the necessary conditions of productive cost-effectiveness were attained for each work. While as of 1945, 161 dams had been constructed for hydroelectric purposes, in the twenty-five year period 1946-1970 149 others were built. Thus the prediction made by Angelini in 1947 that the cost of a hydroelectric kWh would increase: as demand grew, it was necessary to increase the installed capacity, and to do so it was necessary to start works on increasingly difficult and costly plants, with inevitable repercussions on the cost of the energy distributed in spite of government subsidies, which covered up to 40% of the expense. With the new power plants, the degree of exploitation of Italy’s hydraulic resources increased from 40% in 1945 to more than 80% in 1962. This constituted further confirmation that any additional growth had to come from other sources.




L’Enel e lo sviluppo delle fonti rinnovabili.

L’eredità idroelettrica La legge sulla nazionalizzazione dell’industria elettrica fu approvata nel dicembre 1962, dopo una battaglia politica durata quindici anni, e l’Enel iniziò a esistere con il nuovo anno. L’inverno 1962-1963 fu un periodo di magra e Arnaldo Maria Angelini, direttore generale del nuovo ente elettrico, si trovò a fronteggiare una situazione delicata, tanto più che non sarebbe stato un buon biglietto da visita per l’ente sorto dalla nazionalizzazione presentarsi al pubblico con un razionamento dei consumi. 109

Enel and the Development of Renewable Energy Sources.

The Hydroelectric Inheritance Following a fifteen-year-long political struggle, the law on the nationalization of the electricity industry was approved in December 1962, and Enel came into being at the beginning of the new year. The winter of 1962-63 marked a period of low water, and Arnaldo Maria Angelini, the general manager of the new electricity company, was faced with a difficult situation. As a company created by the nationalization, Enel would have damaged its image if it had started off by rationing consumption. In his Report on

Uno scorcio dell’impianto di Larderello, 1965. View of the Larderello plant, 1965.


L’Enel e lo sviluppo delle fonti rinnovabili Enel and the Development of Renewable Energy Sources

Estratto dalla rassegna stampa sulla nazionalizzazione dell’energia elettrica, febbraio 1963. Newspaper articles on the nationalization of the electricity industry, February, 1963.

“L’attenzione della Direzione dell’Ente appena costituito – scriveva Angelini nella Relazione sul primo anno di attività – dovette concentrarsi sulla situazione determinatasi nello scorso inverno”. La scarsa disponibilità era dovuta soprattutto a “scarsa idraulicità nell’Italia settentrionale (dove sono concentrati impianti idroelettrici di produzione per una capacità di produzione pari al 70% di quella nazionale) nel periodo estate-autunno del 1962; drastica riduzione delle portate nel periodo invernale dovuta al freddo eccezionale per intensità e durata”.

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Il freddo eccezionale aveva investito tutta l’Europa, provocando non solo una diminuzione delle disponibilità idroelettriche in tutto il continente, ma anche una riduzione nella produzione delle maggiori centrali termoelettriche, che venivano rifornite di combustibile attraverso vie d’acqua rese impraticabili dal gelo. Inoltre il freddo aveva causato un forte aumento dei consumi nei paesi dove queste centrali si trovavano, riducendo la loro capacità di esportazione e quindi la possibilità per l’Italia di rifornirsi all’estero. Infine, gli addetti alle miniere di carbone francesi erano in sciopero, ciò che aveva limitato la produzione termoelettrica in quel paese, con ulteriori ripercussioni sulle possibilità di forniture elettriche all’Italia. “La crisi – scriveva ancora Angelini – nonostante tutto avrebbe potuto essere superata se gli scioperi verificatisi nel 1962 nelle industrie elettromeccaniche non avessero provocato notevoli ritardi nella consegna del macchinario dei nuovi impianti di produzione la cui entrata in

the first year of operations, Angelini wrote: “The attention of the company’s management had to focus on the situation that had arisen during the previous winter”. The shortage was mainly due to “the scarce rainfall in northern Italy (where hydroelectric plants accounting for 70% of the national production are located) during the summer and fall of 1962 and to a drastic reduction of flows in the winter months because of the exceptionally intense and long-lasting cold weather”. The cold weather affected all of Europe, causing not only a decrease in hydroelectric availability throughout the continent, but also a production decrease at the major thermoelectric plants, because the waterways by which fuel was transported were made impassable by the cold weather. Furthermore, the cold had caused a


Presentazione del Bilancio di esercizio dell’Enel. Al centro, Vito Antonio Di Cagno, presidente e alla sua sinistra, Arnaldo Maria Angelini, direttore generale. Roma, 1964. Presentation of Enel’s financial statements: in the middle Vito Antonio Di Cagno, Chairman, and on his left Arnaldo Maria Angelini, General Manager, Rome, 1964.

funzione era programmata per l’inizio dell’inverno”. Se in Italia si erano potute evitare misure di razionamento dei consumi elettrici lo si era dovuto “solo alla interconnessione esistente fra tutte le zone del paese e alla regolarità della marcia in parallelo di tutti gli impianti sulla rete primaria interconnessa, ciò che ha consentito trasferimenti massicci di energia e di potenza dal Sud al Nord, particolarmente colpito dalla crisi idrologica”. Chiamata a svolgere “una azione eccezionale di coordinamento”, l’Enel dava i dovuti riconoscimenti allo “spirito di cooperazione con cui i dirigenti delle ex aziende [nazionalizzate] hanno assecondato le direttive della direzione generale dell’ente”. L’emergenza poneva così all’ordine del giorno dell’Enel alcune riflessioni sull’urgenza delle opere di sistemazione ed estensione della rete primaria e secondaria, sulle politiche per il personale assorbito dalle ex società elettriche, e infine sul ruolo futuro della produzione idroelettrica, nel contesto di un sistema elettrico in trasformazione. A questo proposito, le prospettive indicate dall’Enel di Angelini erano molto chiare già a conclusione del primo anno di esercizio, ed erano ampiamente motivate e delineate nella Relazione già citata, consegnata dal direttore generale al Consiglio d’amministrazione nel marzo 1964. Nel fotografare la produzione Enel del 1963, Angelini

large increase in consumption in the countries where these plants were located, reducing their export capacity and, therefore, Italy’s chances of obtaining supplies from abroad. Finally, the French coal miners were on strike, which limited the country’s thermoelectric production, with further repercussions on Italy’s chances of receiving foreign supplies of electricity. “In spite of everything”, wrote Angelini, “the crisis could have been overcome if the 1962 strikes of the electromechanical industry had not caused substantial delays in the delivery of the machinery for the new production plants, which were supposed to come into service in early winter.” The fact that Italy had avoided having to ration electricity was due “only to the existing interconnection between every part of the country and to the regular parallel operation of all the plants on the interconnected primary network, which allowed transfers of massive amounts of energy and power from the South to the North, which was particularly badly hit by the water crisis”. Called to perform “an exceptional act of coordination”, Enel gave the acknowledgement due to the “spirit of cooperation with which the executives of the old [nationalized] firms followed the directives of the general management of the new company.” Thus the emergency obliged Enel to reflect on

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L’Enel e lo sviluppo delle fonti rinnovabili Enel and the Development of Renewable Energy Sources

evidenziava la perdurante prevalenza dell’energia idroelettrica (poco meno del 65% del totale), la stabile presenza del geotermico (poco più del 5%) e il crescente contributo del termoelettrico da combustibili fossili (circa il 30%), quest’ultimo in gran parte alimentato da olio combustibile importato; l’energia nucleare, conteggiata nella quota termoelettrica, era assolutamente marginale alla fine del 1963, essendo entrato in funzione il solo impianto di Latina negli ultimi mesi di quell’anno. “Sono state trascurate altre fonti, quali ad esempio l’energia eolica – aggiungeva Angelini – perché non è prevedibile che diano un contributo apprezzabile alla nostra produzione almeno nei prossimi anni”. Dopo aver richiamato i fattori che avevano

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the urgent need to upgrade and extend the primary and secondary networks, on its policies regarding the personnel that had been absorbed from the former electrical companies, and on the future role of hydroelectric production as part of an electrical system that was being transformed. In this regard, the prospects suggested by Angelini’s Enel were very clear already by the end of the first year, and were extensively explained and delineated in the edition of the Report presented by the General Manager to the Board of Directors in March 1964. In his description of Enel’s production in 1963, Angelini emphasized the enduring dominance of hydroelectric energy (accounting for only slightly less than 65% of the total), the stable presence of geothermal energy (slightly over 5%), and the growing contribution of thermoelectric energy generated from fossil fuels (about 30%) consisting mainly of imported fuel oil. Nuclear energy, which was included in the thermoelectric share, was absolutely marginal in late 1963, because the plant in Latina, which began to produce in the last months of that year, was the only one in operation. “We have neglected other sources of energy, such as, for example, wind,” Angelini added, “because it is not foreseeable that they will contribute significantly to our production, at least in the next few years.” Cascata dello sfioro d’acqua della diga di Gurzia. L’impianto alimenta la centrale idroelettrica di Ponte Preti, 1968. Waterfall of the spillway of the Gurzia dam, the plant feeding the Ponte Preti power station, 1968.


Addetti al controllo dell’impianto alla diga di Pavana, 1968. Technicians in charge of overseeing the plant at the Pavana dam, 1968.

portato alla forte quota di produzione idroelettrica caratteristica del sistema italiano, Angelini proseguiva: “Oggi la situazione è sostanzialmente mutata, perché non più di una quindicina di miliardi di kWh potranno essere prodotti annualmente dagli impianti ancora realizzabili a condizioni economiche non proibitive, mentre nel corso di circa 8 anni (massimo 10) la produzione attuale [in tutta Italia circa 70 miliardi di kWh nel 1963, più di 45 dei quali prodotti dall’Enel, e il resto da autoproduttori, aziende non ancora trasferite all’Enel e aziende municipalizzate] dovrà raddoppiare per soddisfare le necessità del consumo”. La Relazione proseguiva indicando le differenze tra il costo d’installazione del kW idroelettrico e termoelettrico (quest’ultimo costava da un sesto a un quinto del primo) e le spese d’esercizio delle centrali (dove l’energia dell’acqua risultava decisamente più economica), nonché la competitività economica dell’ammodernamento degli impianti idroelettrici esistenti anche rispetto al kWh termico. Angelini rilevava poi che alle “magre eccezionali” dell’energia idraulica corrispondevano fenomeni analoghi nell’approvvigionamento di combustibili fossili, per complicazioni internazionali, o più spesso per impedimenti nei trasporti dovuti a circostanze meteorologiche avverse o a scioperi, e concludeva per la sostanziale neutralità di questo fattore nelle valutazioni di competenza dell’Enel: “Si osserva, e non a torto, che le ‘magre eccezionali’ delle termiche non sono meno frequenti di quelle idrauliche”. Un altro elemento ricordato nella Relazione erano i forti vincoli finanziari gravanti sull’ente elettrico e la difficoltà di reperire i capitali occorrenti per la costruzione

After recalling the factors that had led to the large share of hydroelectric production, which characterized the Italian system, Angelini continued: “The situation today has changed fundamentally, because the plants that can still be constructed at conditions that are not economically prohibitive will be able to produce no more than approximately fifteen billion kWh annually, while over the next 8 to at most10 years the current production [about 70 billion kWh in all of Italy in 1963, of which over 45 were produced by Enel and the rest by selfproducers, companies that had not yet been transferred to Enel, and municipally-owned companies] will have to double to meet the demand.” The Report went on to show the difference between the installation costs of a hydroelectric kW and a thermoelectric one – with the latter costing between a sixth and a fifth of the former – and the operating expenses of the power plants, where water energy proved to be decidedly more costeffective, as well as the economic competitiveness of modernizing the existing hydroelectric plants even with respect to a thermal kWh. Angelini then pointed out that the periods of “exceptional scarcity” of hydraulic energy were matched by similar phenomena in the supply of fossil fuels because of international complications or – more often – impediments in transportation resulting from adverse weather conditions or strikes. Angelini concluded that this factor did not particularly affect Enel’s evaluations: “We observe, and rightly so, that the periods of ‘exceptional scarcity’ of thermal energy are not

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L’Enel e lo sviluppo delle fonti rinnovabili Enel and the Development of Renewable Energy Sources

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dei nuovi impianti, pur temperando questi vincoli con la considerazione che il danno che sarebbe derivato al Paese dalla mancanza dell’energia necessaria alla crescita e allo sviluppo era incommensurabilmente maggiore di quello causato da eventuali eccessi di deficit legati agli investimenti elettrici. Si ricordava infine come il ruolo della produzione termoelettrica fosse cambiato dopo il secondo conflitto mondiale, divenendo la base della disponibilità normale e non più una riserva integrativa. “Questa evoluzione – spiegava Angelini – comportava una modifica nei criteri di esercizio: le centrali termoelettriche infatti danno il migliore risultato economico se funzionano con continuità nel corso dell’anno, e i nuovi impianti termici furono perciò progettati per erogare la base del diagramma, mentre i nuovi impianti idroelettrici cominciarono a essere regolarmente corredati – a meno che non vi fossero difficoltà insuperabili – di un serbatoio settimanale o giornaliero, in modo da poterli utilizzare per produrre principalmente la potenza e l’energia diurne”. L’industria elettromeccanica italiana si era rapidamente attrezzata per la nuova situazione, sicché “già per la seconda generazione [di centrali termoelettriche] si poté contare su macchinario prodotto, almeno in gran parte, in Italia”. Alla luce di questi elementi, il programma delineato dall’Enel per lo sviluppo del sistema elettrico italiano cercava di Particolare del gruppo turbinaalternatore nella sala macchine della centrale geotermoelettrica di Gabbro, 1965. Detail of the turbine-alternator unit in the engine room of the Gabbro geothermal power plant, 1965.

less frequent than those of hydraulic energy”. The Report also mentioned the substantial financial obligations that burdened the electrical company and the difficulty of raising the capital needed to construct new plants. However, he played down these obligations with the observations that the damage to the country that would result from a lack of the energy required for growth and development would be incomparably greater than any deficit excesses connected with investment in electricity. Finally, Angelini recalled how the role of thermoelectric production – which had been a supplementary reserve of energy – had changed after the Second World War, when it became the source of normal availability. “This evolution,” Angelini explained, “entailed a change in our operating criteria. In effect, thermoelectric plants give the best economic results if they operate regularly over the course of the year. The new thermal plants were therefore designed to supply the base load, while the new hydroelectric plants began to be regularly equipped – except in cases where there were overwhelming difficulties – with a weekly or daily reservoir, so they could be utilized primarily to produce daytime power and energy.” The Italian electromechanical industry had quickly taken measures to deal with the new


coniugare i vincoli economici e le fonti d’energia nazionali con l’imperativo di fronteggiare l’aumento del fabbisogno legato all’espansione del sistema industriale: per coprire la crescita dei consumi era prevista la costruzione di nuovi impianti termoelettrici, mentre i nuovi impianti idroelettrici sarebbero stati avviati man mano che se ne verificava la convenienza economica. Era invece previsto un programma ampio e graduale di rinnovamento degli impianti idroelettrici esistenti per adeguarne le caratteristiche e i costi di gestione attraverso l’aumento della potenza unitaria dei gruppi di generazione, la dotazione di impianti di pompaggio, e la graduale automazione dell’intero parco, man mano che si rendeva tecnicamente possibile. Riguardo alla produzione geotermica si riteneva che la possibilità di reperire nuove sorgenti di vapore fosse sufficiente a mantenerne la quota percentuale sulla produzione, ma non ad accrescerla. Prendendo atto della necessità, inevitabile nell’immediato, di importare combustibili fossili (soprattutto petrolio e gas), non si programmava tuttavia la costruzione di nuove centrali nucleari nel breve periodo, ma si prevedeva di sostituire con esse una larga quota di produzione termoelettrica tradizionale soltanto dopo che il

Veduta dell’impianto geotermico di Larderello, 1970. View of the Larderello geothermal plant, 1970.

situation, so that “by the second generation [of thermoelectric plants], you could already count on machinery produced, at least for the most part, in Italy”. In light of these facts, the plan outlined by Enel for the development of the Italian electricity system tried to reconcile its economic obligations and domestic sources of energy with the increasing requirements caused by the expansion of the industrial system. New thermoelectric plants were planned to cover the increase in consumption, while new hydroelectric plants would be started up as soon as they became economically advantageous. An extensive, gradual program of renovation, instead, was planned for the existing hydroelectric plants. The program aimed at adjusting the characteristics and operating costs of the plants by increasing the power of the production units, equipping power plants with pumping stations, and gradually automating all the plants. As far as geothermal production was concerned, it was thought that it would be possible to find enough new sources of steam to maintain, but not

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L’Enel e lo sviluppo delle fonti rinnovabili Enel and the Development of Renewable Energy Sources

Copertina di “Illustrazione Enel” del maggio 1965. A destra, pubblicazione edita in occasione dell’inaugurazione degli impianti idroelettrici del Moncenisio, 1971. Cover of the May 1965 issue of “Illustrazione Enel”. On the right: a special publication for the inauguration of the Moncenisio hydroelectric plants, 1971.

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kWh nucleare avesse raggiunto la competitività economica; si riteneva che ciò non potesse avvenire prima del 1970, e anche allora solo per determinati impieghi. Verso questa scelta convergevano anche i vincoli finanziari dell’ente, che non permettevano di affrontare subito i nuovi consistenti investimenti che un incremento immediato degli impianti nucleari avrebbe richiesto. Quanto allo sviluppo di altre fonti di energia, il loro potenziale contributo non era ritenuto significativo al momento; come si vedrà, esse restavano comunque oggetto di ricerca da parte dell’Enel, soprattutto in collaborazione con il CNR, con il CNEN e con industrie e istituti universitari. Fino all’inizio dagli anni Settanta lo sviluppo del sistema elettrico italiano fu in linea con il programma del 1964. Le crisi petrolifere della

increase, its percentage of the total production. Although the imminent necessity of importing fossil fuels – especially oil and gas – was acknowledged, there were no plans to construct new nuclear plants in the near future. Instead, it was planned that a large share of traditional thermoelectric production would be replaced by nuclear plants only after the nuclear kWh reached economic competitiveness, and it was thought that this would not happen before 1970, and even then only for certain uses. This choice was also influenced by the company’s financial obligations, which did not allow it to make at that time the substantial extra investments that would have been required by an immediate increase in nuclear plants. As far as the development of other sources of energy is concerned, their potential contribution was not considered significant at the time. As we shall see, however, they continued to be the subject of research by Enel, mainly in cooperation with the


prima metà degli anni Settanta e il raggiungimento della competitività economica dell’energia nucleare (in anticipo rispetto alle previsioni) spinsero però l’Enel ad avviare già nel 1968 la programmazione di nuovi impianti nucleari. In seguito, la mancata attuazione di quei programmi portò a una dipendenza accentuata del sistema elettrico italiano dall’importazione di combustibili fossili, non essendone stata possibile la sostituzione nucleare nel medio-lungo periodo. Non era questa ovviamente l’idea che aveva portato alle scelte fatte nel 1964, anche se va ricordato che all’indomani della nazionalizzazione proprio la necessità e l’opportunità di investire immediatamente in nuove centrali nucleari erano state il punto focale delle divergenze tecniche e politiche tra Angelini e Felice Ippolito, e tra le componenti della maggioranza governativa dell’epoca. Per quanto riguarda le centrali idroelettriche, invece, i programmi del 1964 rimasero validi, pur con alcune modifiche, per tutto il periodo successivo. Il numero dei nuovi impianti realizzati dall’Enel è stato abbastanza contenuto: per averne un’idea, si consideri che nel venticinquennio 1971-1995 soltanto 18 nuove dighe sono state realizzate per questo scopo, contro le 149 del precedente venticinquennio 1946-1970. Il costante e significativo incremento annuale della potenza idroelettrica installata è stato conseguito soprattutto attraverso i programmi di rinnovamento e automazione, anche se la quota idroelettrica della produzione è ormai inferiore al 15% del totale: l’ultimo anno di prevalenza idroelettrica fu il 1965 (54%). La disponibilità di energia geotermica infine, è stata costantemente curata dall’Enel nel corso degli anni, attraverso l’esplorazione di nuovi giacimenti di vapore e l’ottimizzazione nell’uso di quelli già noti; la crescita che si è verificata non è stata però

CNR, with the CNEN, and with universities and other companies. The development of the Italian electricity system followed the 1964 plan until the early Seventies. However, the oil crisis of the first half of that decade and the attainment of economic competitiveness by nuclear energy, which occurred earlier than predicted, drove Enel to begin plans for new nuclear plants as early as 1968. The subsequent failure to carry out those plans made the Italian power system increasingly dependent on imports of fossil fuels, because it was not possible to replace these fuels with nuclear power in the medium-long term. This was obviously not the idea behind the choices made in 1964, although we must remember that the necessity and advisability of investing immediately in new nuclear plants had been the focal point of the technical and political divergences between Angelini and Felice Ippolito, as well as between the members of the governing majority in the period after the nationalization. As far as the hydroelectric plants were concerned, instead, the plans of 1964 remained effective – except for a few modifications – throughout the following years. The number of new plants constructed by Enel was rather modest. To get an idea, one must consider that in the quartercentury between 1971 and 1995 only 18 new dams were built, compared to the 149 that had been built in the previous quarter-century, between 1946 and 1970. The constant and significant annual increase of the installed hydroelectric power was attained mostly through renovation and automation programs, although the hydroelectric share of production by then constituted less than 15% of the total, the last year of hydroelectric dominance being 1965 (54%). Finally, Enel constantly ensured supplies of geothermal energy over the years by exploring

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L’Enel e lo sviluppo delle fonti rinnovabili Enel and the Development of Renewable Energy Sources

tale da mantenerne inalterata la quota sulla produzione elettrica totale.

Dal trauma del Vajont alle crisi petrolifere

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Le prospettive della produzione idroelettrica nel 1964 erano rese ancora più problematiche dalla percezione negativa dell’opinione pubblica, che ne metteva in discussione la sicurezza e i costi sociali. In quegli anni la situazione era particolarmente delicata nel Nord-Est, cioè nella zona che faceva capo alla SADE, per gli allagamenti che nel 1953 avevano causato danni e problemi nella valle dell’Adige e per le polemiche innescate dalla costruzione della grande diga del Vajont. Verso la metà degli anni Cinquanta, infatti, erano cominciati nel comune di Erto e Casso i primi espropri di terreni e abitazioni per la costruzione della diga, sollevando la protesta delle amministrazioni locali e degli abitanti della zona. Quel dibattito riportava alla memoria delle popolazioni alpine i disastri del Gleno e di Sella Zerbino, e i disagi veri o presunti provocati in varie zone del Paese da impianti idroelettrici. Nel marzo 1959 una frana interessò il lago di Pontesei (valle di

Lavori dopo il disastro del Vajont. Installazione di due batterie di pompe idrauliche in serie per contenere l’innalzamento del lago artificiale, 1964. Work after the Vajont disaster: installation of two batteries of serial hydraulic pumps to contain the rise of the artificial lake, 1964.

new sources of steam and optimizing the use of the already known ones. The increase attained, however, was not enough to maintain its share of the total electricity production.

From the Vajont Disaster to the Oil Crises The prospects of hydroelectric production in 1964 were made even more problematic by the negative perception of public opinion, which questioned its safety and social costs. In


Zoldo), che alimentava la centrale omonima, appartenente al sistema Piave-Boite-Maè-Vajont; nel febbraio 1960 fu effettuato il primo invaso della diga del Vajont, ma nel novembre successivo una frana staccatasi dal Monte Toc precipitò nel bacino. Questa seconda frana causò parecchio allarme sia tra i responsabili della diga che nella popolazione. I primi commissionarono una serie di studi di carattere geologico e idraulico al fine di verificare gli effettivi livelli di rischio connessi all’impianto e ottenere indicazioni circa le cautele da adottare per poter utilizzare il bacino senza conseguenze indesiderate. L’allarme della popolazione fu invece ripreso da Tina Merlin, giornalista de “l’Unità” (allora organo del Partito Comunista Italiano), che però trovò un limitato ascolto, e soltanto negli ambienti politici legati all’opposizione. Come è noto, alle 22.39 del 9 ottobre 1963 una frana gigantesca si staccò dal Monte Toc precipitando nel bacino artificiale. Il disastro provocò la morte di circa 2.000 persone, la distruzione di alcune frazioni sovrastanti il lago del Vajont nel comune di Erto e Casso, e a valle dell’invaso la distruzione totale dei paesi di Longarone, Pirago, Maè, Villanova e Rivalta, nonché gravi danni in altri abitati e comuni (Codissago, Castellavazzo, Fortogna, Dogna e Provagna); anche altre aree a valle della diga furono colpite in diversa misura, dai comuni di Soverzene e Ponte nelle Alpi, fino alla stessa città di Belluno, dove fu distrutta la borgata di Caorera e allagata quella di Borgo Piave. Una tragedia ancor più grave si sarebbe verificata se fosse crollata la diga, che però rimase al suo posto resistendo alla massa d’urto della frana. Non è questa la sede per ripercorrere, neppure sommariamente, le contrastate conclusioni degli studi e delle perizie che hanno accompagnato i vari gradi dei giudizi penali e civili seguiti alla tragedia: esiste su questo un’ampia bibliografia

those years, the situation in the North-East – the area that depended on the SADE – was particularly difficult because of the 1953 floods, which had caused problems and damage in the Adige Valley, and the debate sparked by the construction of the large Vajont dam. In effect, the first expropriations of land and homes to make way for the construction of the dam had begun in the mid-Fifties in the municipality of Erto e Casso, arousing protests from the local authorities and residents. The debate reminded the Alpine residents of the Gleno and Sella Zerbino disasters, and of the real and alleged difficulties caused by hydroelectric plants in various parts of the country. In March 1959, a landslide hit Lake Pontesei, in the Zoldo Valley, which supplied the plant of the same name, a part of the Piave-Boite-Maè-Vajont system. The first reservoir of the Vajont dam was completed in February 1960, but the following November a landslide from Mount Toc plummeted into the reservoir. This second landslide greatly alarmed both those in charge of the dam and the local population. The former commissioned a series of geological and hydraulic studies to verify the actual risk level of the plant and to get some idea of the precautions that needed to be taken in order to utilize the reservoir without undesired consequences. The alarm of the local inhabitants, instead, was reported by Tina Merlin, a journalist for “l’Unità” – at the time an organ of the Italian Communist Party – but received little attention, and only from the political opposition at that. As is well known, at 10:39 p.m. on October 9, 1963, a huge landslide came down from Mount Toc and plummeted into the artificial reservoir. The disaster caused the death of approximately 2,000 people, destroyed several of the hamlets

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che copre sia gli aspetti tecnico-scientifici che quelli storici e politici.

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Quel che qui interessa sono invece i riflessi di quel drammatico evento nel rapporto con l’opinione pubblica. Non mancarono i tentativi di attribuire alla nazionalizzazione la responsabilità del dramma: secondo questo punto di vista, la legge del 1962 avrebbe innescato una “corsa al collaudo” degli impianti per ottenere un incremento degli indennizzi a favore delle ex aziende elettriche, provocando comportamenti avventati nella gestione dell’invaso; inoltre l’Enel non avrebbe saputo reagire ai segnali di allarme con la stessa prontezza con cui avrebbe reagito un’azienda privata. Si tratta di tesi la cui inconsistenza è stata dimostrata in varie sedi. Altri sostengono, da un punto di vista opposto, che la SADE non avrebbe mai dovuto costruire la diga, o che dopo le frane del marzo 1959 e del novembre 1960 avrebbe dovuto rinunciare al suo uso. Anche in questo caso, di fronte agli studi geologici preliminari e ai risultati delle ulteriori valutazioni richieste all’Università di Padova difficilmente i tecnici della SADE avrebbero potuto effettuare una scelta così estrema. Tuttavia, benché gli esiti processuali abbiano escluso (penalmente parlando) la prevedibilità della tragedia, esiste oggi un largo consenso storico sul fatto che alcuni dati di rischio geologico dell’area e alcuni segnali premonitori siano stati male interpretati. La Relazione del 196417 dedicava ampio spazio alla tragedia del Vajont, ricordando il personale dell’Enel che aveva perso la vita nel disastro e riportando le conclusioni di due inchieste tecniche promosse dal Ministero dei Lavori Pubblici e dalla stessa Enel, le quali sottolineavano il carattere straordinario e irripetibile delle coincidenze negative che avevano concorso a determinare la

overlooking the Vajont lake in the municipality of Erto e Casso, and, downstream, completely destroyed the towns of Longarone, Pirago, Maè, Villanova, and Rivalta, as well as causing serious damage in other hamletss and municipalities (Codissago, Castellavazzo, Fortogna, Dogna, and Provagna). Other areas downstream from the dam were also damaged to various extents, from the municipalities of Soverzene and Ponte nelle Alpi all the way to the city of Belluno itself, where the suburb of Caorera was destroyed and the suburb of Borgo Piave was flooded. An even larger tragedy would have occurred if the dam had collapsed, but it resisted the landslide’s impact and held up. This is not the place to go over, even briefly, the conflicting conclusions of the studies and surveys that accompanied the various penal and civil proceedings following the tragedy. On this subject, there is an extensive bibliography that covers the technical and scientific, as well as the historical and political, aspects of the event. What is of interest here are the repercussions of the tragic event on public opinion. There was no lack of attempts to blame the tragedy on the nationalization. According to this point of view, the law of 1962 had triggered a “race to test” the plants, so that the former electricity companies could obtain increased compensation, causing reckless behavior in the management of the reservoir. Furthermore, it was said that Enel had not been able to react to the alarm signals with the promptness of a private company. The groundlessness of these arguments has been proven many times. From a different perspective, others maintained that the SADE should have never built the dam, or should have stopped using it after the


catastrofe. Purtroppo, la conseguenza di tutto questo fu di generare una diffidenza da parte delle popolazioni verso i pareri espressi dagli esperti, che ha poi pesato su tutte le valutazioni di rischio e/o di impatto ambientale fatte predisporre dall’Enel o da altre aziende. Sulla qualità della progettazione e costruzione della diga, invece, non può esservi alcun dubbio, vista anche la tenuta del manufatto, già ricordata, sotto la spinta della frana. Meno di un mese dopo quel drammatico 9 ottobre, comunque, il Consiglio d’amministrazione dell’Enel deliberò sia di accertare l’utilizzabilità del bacino e le misure occorrenti, in ogni caso, per la sua messa in sicurezza, sia di “adottare i provvedimenti organizzativi intesi a rendere più rigorosa la sistematica vigilanza su tutti gli impianti dell’Enel”. A tale scopo fu nominata una Commissione dei grandi bacini, che suggerì varie

landslides of March 1959 and November 1960. However, in this case it is unlikely that the SADE engineers could have made such a drastic decision, given the results of the preliminary geological studies and the additional investigations the University of Padua had been requested to carry out. However, although the outcomes of the trials excluded – from the penal point of view – that the tragedy could have been predicted, there is now a broad historical consensus that several data regarding the geological risks of the area and several warning signals were misinterpreted. The Report of 196417 dedicated ample space to the Vajont tragedy, commemorating the Enel workers who had lost their lives in the disaster and reporting the conclusions of two technical investigations promoted by the Ministry of Public Works and by Enel itself, which emphasized the extraordinary and unique nature of the negative coincidences that had led to the catastrophe. Unfortunately, the consequence of all this was to generate mistrust in the local population towards the opinions expressed by the experts,

Comunicazione della delibera del Consiglio di Amministrazione dell’Enel al presidente della Società Montecatini-Edison. Restituzione dell’impianto del Vajont e rettifica dell’indennizzo ex SADE. A destra, il primo foglio della delibera, 1963. Letter to the chairman of Montecatini-Edison regarding the resolution of Enel’s Board of Directors: return of the Vajont plant and adjustment of the ex-SADE compensation. On the right: the first page of the resolution, 1963.

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opere necessarie sia nel bacino del Vajont, sia per la sicurezza degli altri invasi presi in gestione dall’Enel. Ed è stato l’Enel, dopo la catastrofe e fino ad oggi, a gestire la messa in sicurezza della diga e del bacino ormai inutilizzabile. Vale la pena di notare, a questo punto, che dopo la catastrofe del Vajont non si è verificato nessun ulteriore evento negativo a carico di dighe collegate a impianti idroelettrici. Per quanto riguarda in generale gli impianti di produzione elettrica, inoltre, è opportuno ricordare che nessuna centrale Enel, di qualunque tipo, ha dato luogo a disastri dal momento della nazionalizzazione a oggi, ivi compresi gli impianti nucleari, che sono stati soggetti a comportamenti di grande rigore dal punto di vista della sicurezza, con tutte le fermate necessarie per manutenzioni ordinarie e straordinarie, fino al fermo generale seguito al referendum del 1987. Ciò non significa che la realizzazione delle centrali elettriche non abbia in ciascun caso un impatto ambientale, che spesso suscita l’opposizione delle popolazioni che vivono sul territorio dove è localizzato l’intervento. L’atteggiamento negativo dell’opinione pubblica e delle popolazioni colpite fu rafforzato dalle vicende giudiziarie seguite al dramma del Vajont: in sede penale furono necessari otto anni per i tre gradi di procedimento, al termine dei quali gli imputati furono assolti o condannati a pene irrisorie; uno di loro, peraltro, si tolse la vita nel 1968, prima della conclusione del processo di primo grado. In sede civile, la Montedison, che aveva acquisito la SADE, fu condannata solo nel 1997 al risarcimento dei danni ai comuni colpiti. Nel 2000 l’onere dei risarcimenti fu suddiviso in tre quote paritetiche fra la Montedison, l’Enel e lo Stato italiano; altro tempo è stato necessario per giungere a un criterio di ripartizione degli indennizzi tra i beneficiari, e solo nel 2003 le

which has influenced all subsequent risk and/or environmental-impact evaluations commissioned by Enel and other companies. There can be no doubts, however, about the quality of the design and construction of the dam, considering how it resisted the impact of the landslide. Nevertheless, less than a month after that tragic October 9, Enel’s Board of Directors resolved both to verify the usability of the reservoir, as well as the measures needed in any case to make it safe, and to “adopt organizational measures to make the systematic surveillance of all of Enel’s plants more meticulous”. This led to the creation of a Commission for large reservoirs, which recommended that various necessary works be carried out, both in the Vajont reservoir and for the safety of the other reservoirs managed by Enel. And ever since the tragedy, Enel has been in charge of the safety of the dam and the reservoir that had become unusable. At this point, it is important to recall that since the Vajont catastrophe there has not been a single negative event at any kind of dam. Furthermore, as far as the electricity plants are concerned, it must be pointed out that ever since the nationalization, no Enel plant has caused disasters. This includes nuclear plants, which were subjected to strict security measures, with all the stops necessary for ordinary and extraordinary maintenance, until the general stop resulting from the 1987 referendum. However, this does not mean that in every case the construction of electricity plants does not have an environmental impact, which often arouses the opposition of the people who live in the area where the construction takes place.

Particolare della centrale di Fadaldo, 1971. Detail of the Fadaldo powr plant, 1971.


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amministrazioni comunali interessate hanno avuto accreditate le corrispondenti somme di denaro. Per quanto riguarda gli indennizzi ai privati, poi, ancora nel 2009 il sindaco di Erto e Casso ha sollecitato la corresponsione di somme dovute in base alle norme varate dopo la catastrofe. Fino alla metà degli anni Settanta i principali movimenti di opposizione alla localizzazione di centrali riguardavano impianti idroelettrici: alcuni di essi ebbero anche eco nazionale. L’episodio più noto dopo la tragedia del Vajont fu il cosiddetto “terremoto di Entracque”: la vicenda riguardava lo sfruttamento del bacino della Valle Gesso, una delle valli della fascia alpina cuneese. Anche in questo caso l’utilizzazione del bacino era stata progettata nel primo dopoguerra (1918), e dopo varie vicende burocratiche i lavori erano stati 124

Schema di bilancio energetico della Comunità Economica Europea, 1972. Schematic energy report of the European Economic Community, 1972.

The negative attitude of public opinion and of those affected by the catastrophe was reinforced by the judicial proceedings that followed the Vajont tragedy. The three degrees of penal proceedings took eight years, after which the defendants were either acquitted or given ridiculously light sentences, although one of the defendants committed suicide in 1968, before the end of the first-degree trial. As far as the civil proceedings are concerned, Montedison – which had acquired the SADE – was sentenced only in 1997 to pay compensation for the damage to the affected municipalities. In 2000, the onus of the compensation was divided into three equal parts among Montedison, Enel, and the Italian government. More time was required to reach an agreement on the distribution of compensation among the beneficiaries, and the local governments involved received the allotted sums only in 2003. As far as private compensation was concerned, as late as 2009 the mayor of Erto e Casso pressed for the payment of sums that were owed in accordance with the regulations established after the catastrophe. Until the mid-Seventies, the main movements opposed to the construction of power stations focused on hydroelectric plants, with a few of them causing a national stir. The most famous episode following the Vajont tragedy was the so-


Dati principali della gestione Enel dal 1963 al 1972. Grafico tratto dalla relazione del Consiglio di Amministrazione dell’Enel sul Bilancio dell’esercizio 1972.

iniziati nel giugno 1960: l’insieme delle opere da realizzare prevedeva fra l’altro una centrale in caverna (a Entracque), lo sfruttamento di un lago naturale e di un serbatoio artificiale da ottenere mediante due sbarramenti, una complessa rete di condotte forzate e canali di gronda, varie altre opere di viabilità e di rete, in parte all’aperto, in parte in caverne e cunicoli sotterranei. Nella zona di Entracque si verificarono, a partire dal 1966 tremiti, boati, brontolii sotterranei e infine, a periodi alterni, anche vere e proprie scosse telluriche. I contrasti tra la popolazione e l’Enel si verificarono sull’interpretazione dei fenomeni, che erano dovuti secondo l’ente elettrico alla sismicità del luogo, mentre secondo gli abitanti erano connessi alle perdite d’acqua dovute a numerose rotture della condotta di derivazione. La questione si protrasse a lungo, finché tra il 1970 e il 1972 il problema non fu risolto grazie ai lavori di riparazione effettuati dall’Enel sulla condotta. La questione del “terremoto” si protrasse dunque per sei anni, ma assai più lunga fu la durata dell’opposizione all’intero progetto idroelettrico e in particolare ai canali di gronda contro i quali si sviluppò una critica relativa soprattutto agli aspetti paesaggistici e alla compromissione delle attività turistiche della zona. Analoga opposizione si registrò in Piemonte anche ai progetti per la realizzazione di impianti idroelettrici nelle Valli di Lanzo. Con la crisi petrolifera del 1973 e con le difficoltà di approvvigionamento determinatesi negli anni successivi anche a seguito della quantità

Main data on Enel’s performance from 1963 to 1972: a chart from the report of Enel’s Board of Directors on the financial statements for 1972.

called “Entracque earthquake”, which involved the exploitation of the basin of Valle Gesso, one of the valleys in the Alps around Cuneo. The use of the basin had also been planned after the First World War (1918), and, after a number of bureaucratic vicissitudes, construction began in June 1960. The plan included building a plant in a cave (in Entracque), the exploitation of a natural lake and an artificial reservoir by means of two dams, a complex network of penstocks and gutters, and various other work on roads and networks, partly in the open air and partly in caves and tunnels. Starting in 1966, the Entracque area began to experience shaking, booms, underground rumbling, and finally, on and off, actual telluric movements. The local residents and Enel clashed over the interpretation of these phenomena. According to the company, they were due to the seismicity of the area, while according to the inhabitants they were connected with the water leakage caused by numerous breaks in the diversion conduit. The dispute went on until Enel made repairs on the conduit between 1970 and 1972. The issue of the “earthquake” lasted six years, but the opposition to the whole hydroelectric project – particularly to the gutters, which caused criticism regarding the landscape and the negative impact on tourism – lasted even longer. Similar opposition took place in

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crescente di olio combustibile da importare per garantire il funzionamento delle centrali, l’attenzione dell’opinione pubblica si spostò gradualmente verso le altre fonti di energia. Alle considerazioni economiche inizialmente prevalenti nel dibattito pubblico si aggiunsero in seguito motivazioni ambientali, che vennero a sovrapporsi alla nascita dei movimenti antinucleari, sorti in Italia con un certo ritardo rispetto a quelli di altri paesi. Mentre però negli altri paesi industriali i programmi nucleari nazionali non hanno subito interruzioni e hanno raggiunto l’obiettivo di sostituire un’ampia quota del termoelettrico tradizionale, in Italia questo non si è verificato, anche per la concomitanza negativa degli incidenti di Three Mile Island (1979) e soprattutto di Chernobyl (1987), che hanno avuto un forte impatto emotivo sull’opinione pubblica, con alcuni passaggi chiave per il rilancio del programma nucleare italiano. Il dibattito italiano, perciò, si è concentrato dapprima sul risparmio energetico e sull’idea di fonti “alternative”, intese in genere nella comunicazione pubblica come alternative al termoelettrico tradizionale e al nucleare; nella seconda metà degli anni Settanta il termine è stato anche ripreso (ovviamente nel suo significato corretto) nella testata di “Fonti di energia alternative”, una rivista bimestrale di informazione sulle “tecnologie industriali avanzate e applicazioni energetiche”. Solo in seguito, con l’attenzione crescente per il problema delle emissioni, collegato ai temi del clima e dell’effetto serra, al concetto di fonti “alternative” si è sostituito quello di fonti “rinnovabili”. Questo concetto ha portato alcune novità nel dibattito: fra queste la rivalutazione “culturale” della fonte idroelettrica, fermo restando che la sua residua capacità di incremento rimane modesta. L’attenzione al

Piedmont with regard to the plans to build hydroelectric plants in the Lanzo Valleys. With the 1973 oil crisis and the increasing difficulty of obtaining supplies – which was also due to the rising quantity of imported fuel oil needed to operate the plants – the attention of public opinion shifted gradually towards other sources of energy. The economic considerations that had initially dominated the public debate were joined by environmental ones, the latter overlapping with the early antinuclear movements, which began in Italy somewhat later than in other countries. However, while in other industrial countries the national nuclear programs were not interrupted and attained their objective of replacing a large share of traditional thermoelectric energy, such has not been the case in Italy. This was in part due to the negative coincidence of the tragedies of Three Mile Island (1979) and, especially, Chernobyl (1987), which had a strong emotional impact on public opinion, with several events that were crucial for reviving the Italian nuclear program. The Italian debate therefore focused first on energy conservation and on the idea of “alternative” sources, generally understood in public discourse as alternatives to traditional thermoelectric and nuclear energy. In the second half of the Seventies, the term appeared (with its correct meaning) in the headline of the “Fonti di energia alternative”, a bi-monthly magazine covering “advanced industrial technologies and energy applications”. Only later, with increasing concern about the problem of emissions connected with the issues of climate and greenhouse effect, was the concept of “alternative” replaced by that of “renewable” sources. This concept introduced some new perspectives to the debate, including the


Giocattolo semovente a trazione di energia solare di Giuseppe Della Torre, Maslianico, 29 maggio 1961. Giuseppe Della Torre’s selfpropelled toy powered by solar energy, Maslianico, May 29, 1961.

problema delle emissioni, inoltre, ha lentamente riaperto il discorso sull’energia nucleare, stavolta in collegamento e non in opposizione al discorso sulle fonti rinnovabili.

Il ritorno dell’energia solare ed eolica Furono le esplorazioni spaziali a rilanciare la ricerca sul fotovoltaico. Il contesto iniziale fu quello dei Bell Labs, il mitico centro di ricerca industriale sorto nell’ambito della più antica società telefonica statunitense, culla del laser e del transistor, per non dire che due dei suoi più celebri brevetti. All’inizio degli anni Cinquanta, tre ricercatori della Bell (Gerald Pearson, Darryl Chapin e Calvin Fuller) misero a punto un nuovo modello di cella solare, basato non sul selenio ma sul silicio, che si rivelò subito come più promettente dei modelli precedenti quanto a rendimento energetico. L’attenzione pubblica ottenuta dalla “batteria solare Bell” non avrebbe però portato alcun risultato concreto, a parte la prosecuzione della ricerca, se l’Anno Geofisico Internazionale e il lancio dei primi satelliti non avessero offerto un’occasione storica: non piaceva infatti a nessuno l’idea che le apparecchiature dei satelliti smettessero di funzionare dopo un paio di settimane, come era accaduto agli Sputnik

“cultural” re-evaluation of hydroelectric sources, it being understood that its remaining potential for growth was still modest. Furthermore, the focus on the issue of emissions slowly revived the question of nuclear energy, this time in connection, not in conflict, with renewable sources.

The Return of Wind and Solar Energy Research on photovoltaic energy was revived by the exploration of space. Early research was conducted at the Bell Labs, the legendary center for industrial research that was created as part of the oldest American telephone company, the cradle of the laser and the transistor, to mention only two of its most famous patents. In the early Fifties, three Bell researchers (Gerald Pearson, Darryl Chapin, and Calvin Fuller) developed a new solar-cell model based not on selenium but on silicon, which immediately proved to be more promising than the previous models as far as energy yield was concerned. However, without the momentous opportunity provided by the International Geophysical Year and the launch of the first satellites, the public attention obtained by the “Bell solar battery” would not have led to any concrete results other than further research. Indeed, no one liked the idea that the equipment of the satellites stopped working after a couple of weeks, as had been the case

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sovietici, e come era inevitabile con le batterie tradizionali. Ciononostante non fu facile convincere gli enti responsabili del primo programma di lanci ad accettare a bordo la sperimentazione delle batterie alimentate dal sole. Una volta vinta la battaglia tecnico-burocratica, però, le batterie solari diedero ottima prova; accettate in un primo tempo come soluzione transitoria, in attesa che fossero sviluppate le tecnologie nucleari previste dai progettisti dei primi satelliti, le batterie fotovoltaiche si affermarono poi come tecnologia d’elezione per l’uso nello spazio. Dati i costi delle attività spaziali, ciò forniva un mercato per applicazioni praticabili economicamente. E così il vasto campo di attività civile e militare dei satelliti, dall’osservazione geografica e meteorologica alle telecomunicazioni globali, trasformò una tecnologia sperimentale in un prodotto industriale. In tal modo nel corso degli anni Sessanta il fotovoltaico si affermò, dando impulso anche alle ricerche che lo avrebbero fatto tornare sulla terra. Questo cominciò ad avvenire nel 1969-1970, grazie all’attività di Elliott Berman. Dopo più di un decennio trascorso a lavorare sullo sviluppo di materiali fotografici innovativi, Berman decise di dedicarsi a questo nuovo ambito di ricerca con alcune idee che avrebbero dovuto abbassare drasticamente il costo delle celle solari; queste idee incontrarono l’interesse della Exxon, che finanziò la Solar Power Corporation, la società creata da Berman. Il risultato fu raggiunto attraverso una serie di innovazioni nel processo produttivo e nel disegno delle celle e dei moduli fotovoltaici, che ridussero il costo dei moduli

with the Soviet Sputniks, and as was inevitable with traditional batteries. Nevertheless, it was not easy to convince the agencies responsible for the first space launch program to accept trials of sun-powered batteries on board. Once the technical and bureaucratic battles had been won, however, solar batteries stood the test extremely well. Accepted at first as a temporary solution until the nuclear technologies planned by the designers of the first satellites could be developed, solar batteries later became the technology of choice for use in space. Given the costs of the space program, a market was created for economically viable applications. Thus, a broad range of civil and military activity connected with the satellites – from geographical and meteorological observation to global telecommunications – transformed an experimental technology into an industrial product. Thus photovoltaic energy established itself over the course of the Seventies, also giving a boost to the research that was to bring it back down to earth. This research began in 1969-1970, thanks to Elliott Berman. After more than a decade spent developing innovative photographic materials, Berman decided to devote himself to this new field of research. His ideas on how to drastically reduce the cost of solar cells sparked the interest of Exxon, which acquired the Solar Power Corporation, the company created by Berman. The result was achieved through a series of innovations

Satellite Telstar della Bell con celle solari per sperimentare le comunicazioni satellitari, 1962. Bell Telstar satellite with solar cells to test satellite communications, 1962.


stessi a un decimo di quello dei moduli usati nello spazio. Questo aprì, nel corso degli anni Settanta, un vasto campo di utilizzazione per i nuovi moduli, che risultavano competitivi ovunque si presentasse un fabbisogno elettrico compatibile con la loro potenza in luoghi non serviti da linee elettriche. Negli Stati Uniti i primi acquirenti delle nuove celle solari furono le società petrolifere, dapprima per alimentare le luci di segnalazione delle piattaforme petrolifere, servite in precedenza da batterie chimiche costose e ingombranti, poi per le installazioni occorrenti a combattere la corrosione delle teste dei pozzi e dei condotti nei campi di estrazione di petrolio e metano. L’altro mercato che si aprì, con qualche difficoltà, fu quello degli ausili alla navigazione, in particolare per l’alimentazione delle boe di segnalazione della Coast Guard. Verso la fine degli anni Settanta, poi, il fotovoltaico fu utilizzato per alimentare ripetitori e altri componenti dei sistemi di telecomunicazioni. Ovviamente questo tipo di applicazioni non esistevano solo negli USA, e una volta indicato il campo delle utilizzazioni possibili molti

in the production process and in the design of the photovoltaic cells and modules, which reduced the costs of the modules themselves to a tenth of those used in space. This opened up in the Seventies a broad range of use for the new modules, which turned out to be competitive wherever there was an electricity requirement compatible with their power in places that were not served by power lines. In the United States, the oil companies were the first to buy the new solar cells. At first they bought them to run the signal lights on offshore platforms, which had been previously been supplied by expensive and bulky chemical batteries, and later for the installations needed to combat the corrosion of the wellheads and the pipes in the oil and methane extraction fields. The other market that emerged, with some difficulty, was that of navigation aids, especially the supply of power for the Coast Guard’s signal buoys. Then, in the late Seventies, photovoltaic energy was used to power repeaters and other components of telecommunication systems. Of course, these uses were not limited to the United States, and once all of the possible uses were revealed, potential buyers sprung up all over the world. The Italian National Railways installed photovoltaic systems in the late Seventies to operate its railway signaling devices while minimizing maintenance costs.

Pubblicazione dell’Enel dedicata alle energie integrative,1983. Enel publication dedicated to supplementary energy, 1983.

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potenziali acquirenti si manifestarono in tutti i paesi. In Italia verso la fine degli anni Settanta furono le Ferrovie dello Stato a installare sistemi fotovoltaici per far funzionare i dispositivi di segnalazione ferroviaria riducendo al minimo i costi di manutenzione.

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Nell’agosto del 1961 si svolse a Roma la prima Conferenza internazionale sulle nuove fonti di energia, promossa dalle Nazioni Unite.18 In quella occasione furono presentati vari lavori sullo stato dell’arte e sulle prospettive del fotovoltaico, ripresi e diffusi negli ambienti tecnici italiani dalla rivista “Rassegna di Eliotecnica” del dicembre 1964; il tema fu ripreso anche in una trasmissione realizzata dalla RAI nel 1966 (Il sole come energia); in quegli anni fu anche organizzata la Sezione Italiana della International Solar Energy Society (ISES). Fra i lavori sul fotovoltaico (originali e di rassegna) pubblicati in quegli anni da ricercatori italiani vi furono quelli di Antonio Longhi, Enrico Coffari, F.P. Califano e P. Spirito, Giorgio Nebbia. Nel 1969 la Selenia (IRI) avviò la produzione di celle solari per uso spaziale nell’ambito del SIRIO, il principale progetto italiano nel campo dei satelliti; vale la pena di ricordare che dopo la messa in orbita SIRIO

The first International Conference on New Sources of Energy, promoted by the United Nations, took place in Rome in August 1961.18 At that time, various reports on the state of the art and the prospects of photovoltaic energy were presented and later on picked up and circulated in Italian technical circles by the “Rassegna di Eliotecnica” magazine in December 1964. The subject was also presented in a RAI program (Il sole come energia) in 1966. During that period, the Italian Section of the International Solar Energy Society (ISES) was also organized. Among the studies, original and surveys, on photovoltaic energy published at the time by Italian researchers were those of Antonio Longhi, Enrico Coffari, F.P. Califano, P. Spirito, and Giorgio Nebbia. In 1969, Selenia (IRI) began the production of solar cells for space use as part of SIRIO, the main Italian project in the field of satellites. It is worth noting that after it was launched into orbit, SIRIO remained active for over a decade, and represented one of Italy’s greatest successes in the exploration of space. Vignetta umoristica pubblicata su “Illustrazione Enel”, 1981. Cartoon published in “Illustrazione Enel”, 1981.


rimase attivo per oltre un decennio, e che rappresentò uno dei maggiori successi conseguiti dall’Italia nelle attività spaziali. Alla Conferenza del 1961 era presente con una relazione anche Giovanni Francia, un ricercatore italiano che aveva invece lavorato sull’altro filone di tecnologie solari: in quell’occasione riferì delle verifiche sperimentali condotte a Cesana Torinese con un concentratore troncoconico, grazie a cui aveva ottenuto temperature di circa 250 gradi centigradi. L’idea centrale di Francia era che il calore solare, abbondante ma a bassa densità e a bassa temperatura, dovesse essere raccolto in modo da ottenere le temperature necessarie per far funzionare macchine e impianti delle società tecnologicamente e industrialmente avanzate, a cominciare da quelli per la produzione di energia elettrica. Fin dall’inizio l’attività di ricerca di Francia fu seguita con interesse dalla SIP e poi dall’Enel, come testimonia la sua corrispondenza con A.E. Amour, dirigente della società elettrica piemontese e in seguito dell’Enel, della cui rivista “Rassegna Tecnica Enel” fu direttore responsabile. Fu la crisi petrolifera del 1973 a stimolare un più concreto interesse verso le energie rinnovabili in tutti i paesi industrializzati. In Italia fu il CNR ad avviare la più importante iniziativa quadro degli anni Settanta, inserendo le fonti rinnovabili nell’ambito del Progetto Finalizzato Energetica. Inoltre vari gruppi italiani intrapresero iniziative industriali in proprio o in joint venture con le principali aziende solari presenti sul

Giovanni Francia, an Italian researcher who had worked on another line of solar technologies, was also present at the 1961 Conference. He presented a report on the experimental trials conducted in Cesana Torinese using a concentrator with the shape of a truncated cone, thanks to which he had obtained temperatures of approximately 250 degrees Celsius. Francia’s main idea was that solar heat, which is abundant but low-density and low-temperature, had to be collected in such a way as to obtain the temperatures necessary to run the machines and plants of technologically and industrially advanced companies, starting from the ones producing electricity. Francia’s research was followed with interest from the start, first by SIP and then by Enel, as evidenced by his correspondence with A.E. Amour, an executive of the Piedmontese electricity company and, later on, of Enel, where he was editor of the “Rassegna Tecnica Enel” magazine. It was the 1973 oil crisis that stimulated a more concrete interest in renewable energies in all industrial countries. In Italy, the CNR started the most important framework initiative of the Seventies, by including renewable sources in the Targeted Energetics Project (TEP). Furthermore, various Italian groups embarked on industrial projects, both on their own and in joint ventures with the leading solar companies on the international market, and in particular with the American company Solarex. Both the CNR and Enel obtained European

Stand della Sezione Italiana dell’ISES alla Mostra internazionale sulle fonti di energie rinnovabili, 1984. Stand of the Italian Section of the ISES at the International Exhibition on Renewable Energy Sources, 1984.

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mercato internazionale, e in particolare con l’americana Solarex. Sia il CNR che l’Enel ottennero contratti europei per avviare iniziative e sperimentazioni nel campo dell’energia solare, grazie soprattutto alle attività di Giovanni Francia, che nel 1965 aveva realizzato una stazione sperimentale a Sant’Ilario, nei pressi di Genova. Nel 1979 Angelini, divenuto frattanto presidente dell’Enel, dedicò un’importante conferenza all’Accademia dei Lincei, poi sfociata in un’ampia pubblicazione, alle nuove ricerche nel campo dell’energia solare, mettendo in evidenza i risultati che l’ente elettrico stava ottenendo grazie a queste collaborazioni. Nel 1978 l’Enel sottoscrisse un accordo europeo per la realizzazione di una centrale solare: nell’ambito di un consorzio italo-franco-tedesco fu progettata e realizzata ad Adrano, in provincia di Catania, la centrale solare Eurelios, la cui fase di sperimentazione durò dal 1981 al 1987, con una capacità di produzione di 1 MW. L’impianto utilizzava due tecnologie diverse, una con un impianto da 70 elementi su una superficie di 52 metri quadrati, l’altra con 112 elementi su 23 metri quadrati; gli specchi erano muniti di sensori che li orientavano costantemente verso la caldaia, posta su una torre di 50 metri, che produceva vapore (510°C a 64 atmosfere). Gli impianti erano forniti di un sistema di accumulo del vapore per compensare l’instabilità del calore fornito dagli eliostati, causata dall’instabilità meteorologica. Angelini spiegava che la progettazione di Eurelios era necessaria per acquisire esperienze, verificare la possibilità di progettare “Linee di sviluppo nella utilizzazione della energia solare” di Arnaldo Maria Angelini, presidente dell’Enel. Pubblicazione edita a seguito del suo intervento alla conferenza dell’Accademia dei Lincei,1979. “Lines for the Development of the Use of Solar Energy”, by Arnaldo Maria Angelini, Chairman of Enel, published after his talk at the conference of the Accademia dei Lincei, 1979.

contracts to begin projects and experiments in the field of solar energy, thanks mainly to the work of Giovanni Francia, who in 1965 had constructed an experimental station in Sant’Ilario, near Genoa. In 1979, Angelini, who in the meantime had become Enel’s chairman, devoted an important lecture at the Accademia dei Lincei – which was later turned into a substantial publication – to the new research in the field of solar energy, highlighting the results that the electricity company was obtaining thanks to these contracts. In 1978, Enel signed a European agreement for the construction of a solar plant. A one-MW solar plant, Eurelius, was designed and built in Adrano, in the province of Catania, by an Italian, French, and German consortium, with the experimental phase lasting from 1981 until 1987. The plant utilized two different technologies, one with a system of 70 elements on a surface of 52 square meters, and the other with 112 elements on 23 square meters. The mirrors were equipped with sensors that constantly directed them towards the boiler, which produced steam (510° Celsius at 64 atmospheres) on a tower 50 meters tall. The plants were equipped with a system for accumulating steam to compensate for the instability of the heat provided by the heliostats, which was due to unstable weather. Angelini explained that designing Eurelios was necessary to gain experience, verify the possibility of designing 10 MW plants, decide the choice of materials, and assess the problems of the system and the maintenance costs. Parallel to all this, in 1979 a combined wind-photovoltaic plant was built. The initiative was due to a scientific collaboration planned by a researcher from Bologna, Giuliano Martinelli, during a visit to the U.S. Department of Energy (DOE), which was followed by an industrial


Modello della centrale solare “Eurelios” di Adrano. Sotto, particolare della caldaia a vapore, 1981. Model of the “Eurelios” solar power plant at Adrano. Below: detail of the steam boiler, 1981.

centrali da 10 MW, ponderare la scelta dei materiali, vagliare le criticità del sistema e i costi di manutenzione. In parallelo, nel 1979, fu realizzato un impianto misto eolico-fotovoltaico. L’iniziativa era dovuta a una collaborazione scientifica impostata da un ricercatore bolognese, Giuliano Martinelli, durante una visita al Department of Energy (DOE) statunitense, cui aveva fatto seguito un accordo industriale fra la Helios Technology (italiana) e la Solec International (allora americana, oggi acquisita dalla Sanyo). “La zona di installazione, il Passo dei Mandrioli – ricorda Martinelli – fu scelta per la buona insolazione e per la presenza di vento durante l’inverno. Si era infatti deciso, d’accordo con la Comunità Montana dell’Appennino Cesenate, di installare un impianto il cui compito ‘sociale’ avrebbe dovuto essere quello di evitare il progressivo spopolamento delle zone montane da parte dei residenti, stanchi di vivere in un ambiente ostile soprattutto per carenza di energia. Il risultato fu stupefacente”. L’impianto fotovoltaico, leggermente potenziato, forniva energia sufficiente anche nei mesi invernali. Minor fortuna ebbe, nell’Italia degli anni Settanta, la ricerca sull’energia eolica. Lo studio realizzato nell’ambito del Progetto Finalizzato Energetica (PFE) del CNR permise però di appurare le effettive potenzialità di questa fonte sul territorio italiano.

agreement between Helios Technology (Italian) and Solec International (American at the time, now owned by Sanyo). “The installation site, the Passo dei Mandrioli,” Martinelli says, “was chosen because of its good insolation and the presence of wind during the winter. In effect, we had decided, in agreement with the Comunità Montana dell’Appennino Cesenate [a consortium of mountainous municipalities in the Cesena area], to build a plant whose ‘social’ task was to prevent the gradual depopulation of mountainous regions, where locals were tired of living in an environment that was particularly hostile because of the lack of energy. The result was amazing.” The photovoltaic plant, with a slightly increased capacity, supplied sufficient energy even during the winter months. Research on wind energy in Italy during the Seventies was less successful. However, the study conducted as part of the CNR’s TEP helped verify the actual potential of this source of energy in Italy. This study realized the wish expressed by Angelini in 1947, which has already been discussed, and debunked the

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“Progetto Vele-vento per l’elettricità”. Depliant per la centrale eolica dimostrativa da 500 kW ad Alta Nurra, 1984. Sotto, la centrale fotovoltaica di Serre. “Sails-Wind Project for Electricity”: brochure for the 500 kW demonstration wind farm at Alta Nurra, 1984. Below: the Serre photovoltaic power plant.

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Questo studio realizzava un auspicio espresso da Angelini nel 1947, di cui si è già detto, e sfatava il luogo comune che voleva l’Italia non sufficientemente ventosa per lo sfruttamento pratico di questa fonte di energia. A questo studio collaborarono l’ENEA e l’Enel, mentre un partner industriale fu trovato nell’Aeritalia: “Nella realizzazione dei sistemi eolici – spiegava nel 1983 Francesco Zappalà, dirigente della stessa azienda – trovano infatti uno sbocco naturale le esperienze maturate in questi ultimi anni dalle ditte del settore aerospaziale, in particolare nel campo della aerodinamica, della controllistica e delle strutture avanzate. Tali capacità tecnologiche non sono disponibili ai tradizionali costruttori di impianti elettrici”. All’inizio degli anni Ottanta si calcolava che l’eolico avrebbe potuto coprire il 5% circa del

commonly accepted view that Italy was not sufficiently windy for a practical exploitation of this source of energy. The ENEA and Enel collaborated on this study, while Aeritalia became an industrial partner. As Francesco Zappalà, an executive of the company, explained in 1983: “The experience that has been acquired over the years by companies in the aerospace industry, particularly in the fields of aerodynamics, control systems, and advanced structures, has its natural outlet in the construction of wind systems. These technologies are not available to the traditional builders of power plants.” In the early Eighties, it was calculated that wind power could cover approximately 5% of Italy’s energy requirements. The research invested in wind energy by the second TEP, which was implemented by the CNR between 1983 and 1987, therefore increased. The objectives of this second phase were the analysis of the available models and the choice of a base for the elaboration of a standard Italian model, in addition to the identification of areas and kinds of installations for the plants and of critical


fabbisogno elettrico italiano. Più rilevante fu quindi l’investimento eolico, in termini di ricerca, del secondo PFE, attuato dal CNR fra il 1983 e il 1987. L’obiettivo di questa seconda fase era l’analisi dei modelli disponibili e la scelta di una base per l’elaborazione di un modello standard italiano, oltre all’identificazione di aree e tipologie di insediamento degli impianti e alla definizione delle criticità ambientali ed economiche. I generatori eolici venivano suddivisi in tre taglie: per la piccola (fino a 50 kW) si prevedeva l’uso distribuito di generatori da insediare in luoghi isolati per la produzione di elettricità o per i tradizionali usi agricoli; per la media (da 50 a 500 kW) si prevedeva l’uso da parte di grandi aziende agricole consorziate, con l’immissione in rete della eventuale energia in eccesso. Per quanto riguarda l’elaborazione di un modello standard di grande taglia (cioè con una potenza superiore ai 500 kW) il Progetto affidava questo compito all’Enel, in collaborazione con l’ENEA. L’Enel ha dunque partecipato attivamente, in proprio e in collaborazione con istituzioni e aziende italiane e internazionali, alla ricerca sulle fonti rinnovabili. Tuttavia, fino agli anni Settanta, non ha mai indicato nei suoi programmi ufficiali che queste fonti potessero dare un contributo significativo alla copertura del fabbisogno elettrico italiano, eccezion fatta per l’idroelettrico e per il geotermico. Si è trattato di una scelta dettata, probabilmente, dal realismo e dal desiderio di non alimentare quelle che Giuliano Martinelli definisce “le convinzioni più insensate, come l’attesa miracolistica secondo cui l’energia fotovoltaica, magari insieme alle altre fonti rinnovabili, avrebbe potuto risolvere tutti i problemi energetici, per di più a costi bassissimi”. Convinzioni e attese che i risultati effettivi hanno finito per deludere, come era inevitabile. Passate le delusioni, tuttavia, le fonti rinnovabili hanno continuato a crescere.

economic and environmental questions. Wind generators were divided into three sizes. The small ones (up to 50 kW) would be located in isolated areas to produce electricity for traditional agricultural purposes, while the medium-sized ones (50 to 500 kW) would be used by consortiums of agricultural enterprises, which would supply any excess energy to the network. As far as elaborating a standard model for the large ones (i.e., with a capacity exceeding 500 kW) was concerned, the Project entrusted the task to Enel, in collaboration with the ENEA. Enel thus participated actively in the research on renewable sources, both on its own and in collaboration with Italian and international institutions and companies. However, until the Seventies, it never indicated in its official projects that these resources – aside from hydroelectric and geothermal energy – could make a significant contribution to Italy’s electricity requirements. The choice was probably dictated by realism and by the desire not to fuel what Giuliano Martinelli calls “the most senseless beliefs, such as the expectation that photovoltaic energy, perhaps together with other renewable sources, could resolve all our energy problems, and at a very low cost as well”. These convictions and expectations wound up being disappointed by the actual results, as was inevitable. However, once the disappointment passed, renewable sources of energy continued to grow.

From History to News At the end of 2009, the second half of the Seventies represents the extreme, unsurpassable limit of historic reconstruction. However, to end

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La seconda metà degli anni Settanta rappresenta il limite estremo e non valicabile, oggi, della ricostruzione storica. Tuttavia chiudere senza un cenno alle realizzazioni successive farebbe torto a un settore che ha registrato proprio a partire dagli anni Ottanta, e soprattutto Novanta, una importante crescita nell’ambito dell’Enel. Come già in passato, su questo sviluppo hanno influito soprattutto elementi economici, come le tensioni sui prezzi del petrolio, che dal 1988 al 2005 sono raddoppiati; va detto però che un ruolo positivo è stato probabilmente giocato anche dalla crescente consapevolezza non solo del costo politico e sociale della variabile “energia” nello sviluppo dell’Italia, ma anche dei prezzi ambientali che la questione “clima ed emissioni” pone continuamente davanti all’opinione pubblica. Oltre a proseguire nei programmi di rinnovamento e automazione delle centrali idroelettriche, dove la realizzazione più rilevante è stata probabilmente la nuova centrale (con nuova diga) del Tirso, a partire dal 1981 l’Enel ha realizzato le prime centrali basate sullo sfruttamento delle nuove energie. Per quanto riguarda il solare, oltre all’impianto poi disattivato di Adrano (19811987), di cui si è già detto, sono stati realizzati due importanti impianti fotovoltaici sull’isola di Vulcano, nelle Eolie (1984) e a Serre Persano, in provincia di Salerno (1994). Nello stesso 1994 è stato realizzato il Parco eolico di Acquaspruzza 1 in

Schema per il “Progetto Eolie” sull’autosufficienza energetica e idrica delle Isole Eolie mediante utilizzazione di fonti energetiche locali, 1983. Schematic representation for the “Aeolian Project” on the selfsufficiency of the Aeolian Islands with regard to energy and water through the use of local energy sources, 1983.

without mentioning the accomplishments achieved after that period would be unfair to a field in which Enel has grown considerably since the Seventies and, especially, the Eighties. As in the past, this development has been influenced especially by economic factors, such as the pressure on oil prices, which doubled between 1988 and 2005. It must be mentioned, however, that a positive role was played by the growing awareness of not only the political and social costs of the “energy” variable in Italy’s development, but also of the environmental costs that the “climate and emissions” issue constantly brings to the attention of public opinion. In addition to continuing its projects of renovating and automating its hydroelectric plants – of which the most important was probably the construction of the new Tirso plant and dam – starting in 1981 Enel built its first plants to exploit the new energy sources. As far as solar energy is concerned, apart from the already mentioned, now deactivated Adrano plant (1981-1987), two important photovoltaic plants have been constructed: on the island of Vulcano, which is part of the Aeolian Islands, (1984), and in Serre Persano, in Salerno province (1994). The same year saw the construction of the Acquaspruzza wind farm, in Isernia province


Pubblicazione dell’Enel dedicata alle fonti rinnovabili, 1988. Enel publication dedicated to renewable sources, 1988.

provincia di Isernia (rinnovato nel 2007), che è stato la prima centrale eolica dell’Enel. L’installazione di parchi eolici è poi proseguita soprattutto nell’Italia meridionale (6 centrali) e nelle isole maggiori (9 centrali in Sicilia e 4 in Sardegna); soltanto due di essi, infine, sono stati localizzati nell’Italia centrale: Collarmele, in Abruzzo (1997) e Murci, in Toscana (2006). In totale l’Enel ne ha oggi attivi ben 21. Per quanto riguarda l’energia solare, invece, va rilevato che la sua principale via di utilizzazione non è oggi costituita dalla realizzazione di grandi centrali, che comportano significativi problemi ambientali e che solo in determinati contesti sono competitive in termini economici, ma dall’uso “distribuito”, con piccole installazioni fotovoltaiche presso singoli utenti, in grado di coprire il fabbisogno di una famiglia o di un fabbricato. La via delle centrali basate su concentratori e torri solari è stata per il momento di nuovo accantonata, almeno in Italia, a vantaggio di programmi di incentivazione per il singolo utente. Diverso è il discorso per quanto riguarda l’energia eolica, il cui uso “distribuito” è invece indicato soprattutto per le aziende agricole e che vede in aumento l’installazione di parchi eolici nel primo decennio del nuovo secolo. In crescita è anche il settore geotermico, la cui presenza resta tuttora limitata all’Italia centrale, anzi ai bordi della Maremma laziale e a tre province toscane (Siena, Pisa e Grosseto). Il problema principale nell’incremento dell’energia geotermica è rappresentato dalla costante necessità di perforare nuovi pozzi, a causa della

(renovated in 2007), which was Enel’s first wind farm. The construction of wind farms has since continued, in particular in southern Italy (6 plants) and on the main islands (9 plants in Sicily and 4 in Sardinia). Finally, only two of them have been located in central Italy: Collarmele, in Abruzzo (1997), and Murci, in Tuscany (2006). Today Enel owns a total of 21 operating plants. As far as solar energy is concerned, instead, it should be noted that it is not mainly used by large plants, which cause significant environmental problems and are economically competitive only in certain circumstances, but rather in a “distributed” way, with small photovoltaic systems, installed on the premises of single users, which are capable of meeting the requirements of a family or a building. The option of utilizing concentrators and solar towers in the plants has been set aside temporarily, at least in Italy, in favor of incentive programs aimed at the single customer. The question of wind energy is different, because its “distributed” use is suitable especially for agricultural enterprises and it saw an increase in the construction of wind farms in the first decade of the new century. The geothermal industry is also growing, although its presence is still limited to central Italy, and more specifically to the border zones of the Maremma laziale area and three Tuscan provinces (Siena, Pisa, and Grosseto). The main problem in increasing geothermal energy is the constant need to drill new wells because of the decrease in steam emissions that occurs in the

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diminuzione di emissioni di vapore a cui i pozzi vanno incontro dopo un certo tempo. Inoltre sono necessarie varie cautele per diminuire l’impatto ambientale, sia sulla porzione di superficie degli impianti, sia per non alterare le strutture profonde dei giacimenti perforati. Oggi sono attive una trentina di centrali, distribuite su sedici bacini geotermici. L’incremento costante della produzione e del fabbisogno non ha consentito alle fonti rinnovabili di mantenere costante o di accrescere la loro quota sulla produzione totale di energia elettrica, che ha superato nel 2004 i 300.000 GWh. Il loro contributo percentuale varia, soprattutto in funzione del variare della quota idroelettrica, che ne costituisce ancor oggi la parte maggiore. Tuttavia la quota geotermica è rimasta sostanzialmente costante, con lievi incrementi, mentre la quota rappresentata dall’eolico e dal fotovoltaico è cresciuta in modo molto significativo. E l’Italia, grazie alla sua tradizione geotermica e idroelettrica, rimane il paese europeo con la maggior quota di produzione elettrica da fonti rinnovabili: non è strano perciò, che nel dicembre del 2008 l’Enel abbia deciso di costituire nell’ambito del gruppo Green Power, un’azienda specializzata in questo settore. Per chi non conosca le vicende storiche del sistema elettrico italiano può apparire paradossale che l’Enel punti sullo sviluppo delle fonti rinnovabili proprio nel momento in cui si parla della possibile ripresa di un programma nucleare nazionale. Per il lettore che ha seguito la storia fin qui, invece, questo fatto dovrebbe apparire come la ripresa, dopo tanti anni, del progetto di alleggerire la dipendenza del sistema elettrico italiano dai combustibili fossili, e come un passo per mantenere gli impegni internazionali assunti dall’Italia per la riduzione delle emissioni atmosferiche.

wells after a period of time. Furthermore, various precautions are needed to reduce the environmental impact, both on the surface of the areas occupied by the plants and to avoid changes in the underground structures of the drilled fields. Today there are about thirty active power plants, which are distributed over sixteen geothermal basins. The constant increases in production and demand have not allowed renewable sources to maintain or increase their share of total electricity production, which surpassed 300,000 GWh in 2004. Their percentage contribution varies in particular according to variations in the hydroelectric share, which still makes up the largest part. However, the geothermal share has remained essentially constant, with slight increases, while the shares of wind and photovoltaic energy have increased very significantly. And thanks to its geothermal and hydroelectric traditions, Italy remains the European country with the largest share of electricity production from renewable sources. It was therefore not surprising that, in December 2008, Enel decided to incorporate Green Power, a company specialized in this field, as part of the Group. Those who are not aware of the historical vicissitudes of the Italian electricity system might find it paradoxical that Enel is developing renewable sources at the very time there is talk of the possible resumption of a national nuclear program. For readers who have followed the story up to this point, however, this fact should appear as the revival – after many years – of the plan to lessen the dependence of Italy’s electricity system on fossil fuels and as a step towards keeping the international commitments undertaken by Italy to reduce its atmospheric emissions.




Note/Notes Sulla storia dell’energia solare cfr. J. Perlin, Dal Sole. L’energia solare dalla ricerca spaziale agli usi sulla Terra, a cura di C. Silvi, Edizioni Ambiente, Milano 2000; il volume di Perlin è stato tradotto per iniziativa della Sezione italiana dell’International Solar Energy Society (ISES), e contiene alcune parti specificamente dedicate all’Italia. Dal lavoro di Perlin sono tratte in gran parte le notizie e le citazioni sulla storia delle tecnologie solari in questo volume. 2 Sulla storia della Edison esiste una bibliografia ormai consistente. I testi di riferimento utilizzati in questo volume sono in primo luogo i contributi specifici all’interno della Storia dell’industria elettrica in Italia, Laterza, Roma-Bari, 1992-1994, promossa da Enel e realizzata in 5 volumi: C. Pavese, La prima grande impresa elettrica: la Edison, vol. 1, pp. 449-521; A. Mantegazza, La strategia della Edison: il caso della Bresciana, vol. 3, pp. 685-749; G. Sapelli, La Edison di Giorgio Valerio, vol. 4, pp. 521-545. Ad essi si aggiungono Energia e sviluppo. L’industria elettrica italiana e la Società Edison, a cura di B. Bezza, Einaudi, Torino 1986, e L. Segreto, Giacinto Motta. Un ingegnere alla testa del capitalismo industriale italiano, Laterza, Roma-Bari 2005. Per quanto riguarda la struttura produttiva del gruppo, e in particolare il suo settore idroelettrico, si è fatto riferimento a R. Giannetti, I sistemi elettrici italiani. Struttura e prestazioni dalle origini al 1940, in Energia e sviluppo, cit., pp. 287-331; Id., I sistemi elettrici regionali privati: dal secondo dopoguerra alla nazionalizzazione, in La nazionalizzazione dell’energia elettrica, Laterza, Roma-Bari 1989, pp. 147-185; O. Selvafolta, La costruzione del paesaggio idroelettrico nelle regioni settentrionali, in Paesaggi elettrici, a cura di R. Pavia, Enel, Roma 1998, pp. 41-71; A. Restucci, Architetture nuove con rappresentazioni dell’Ottocento, ivi, pp. 117-135; F. Irace, Luci moderne: Muzio, Ponti e Baldessari e il progetto delle centrali, in Paesaggi elettrici, ivi, pp. 137-165. 3 Anche per quanto riguarda la storia della SME i testi di riferimento sono all’interno della Storia dell’industria elettrica in Italia, cit.: G. Bruno, La SME di Maurizio Capuano, vol. 2, pp. 347-375; Id., Il gruppo meridionale di elettricità, vol. 3, pp. 815-919; G. Barone, Industria elettrica e Mezzogiorno: il caso calabro-siciliano, vol. 3, pp. 921-993; G. Brancaccio, Elettrificazione e questione meridionale, vol. 4, pp. 335-361; L. Sicca e F. Izzo, La SME di Giuseppe Cenzato, vol. 4, pp. 547-629; P. Di Gregorio, La Società Generale Elettrica della 1

On the history of solar energy, cf. J. Perlin, From Space to Earth: the Story of Solar Electricity, aatec, Ann Arbor 1999, Italian translation Dal Sole. L’energia solare dalla ricerca spaziale agli usi sulla Terra, edited by C. Silvi, Edizioni Ambiente, Milan 2000. The translation of Perlin’s book was sponsored to the Italian Section of the International Solar Energy Society (ISES) and contains several parts dedicated specifically to Italy. Much of the information and many of the quotations regarding the history of solar technologies in this book are taken from Perlin’s work. 2 By now there is a considerable bibliography on Edison, the company. The main works used for this book are, first of all, the specific contributions in the Storia dell’industria elettrica in Italia, Laterza, Rome-Bari, 1992-1994, promoted by Enel and published in 5 volumes: C. Pavese, La prima grande impresa elettrica: la Edison, vol. 1, pp. 449521; A. Mantegazza, La strategia della Edison: il caso della Bresciana, vol. 3, pp. 685-749; G. Sapelli, La Edison di Giorgio Valerio, vol. 4, pp. 521-545. In addition to these, see Energia e sviluppo. L’industria elettrica italiana e la Società Edison, edited by B. Bezza, Einaudi, Turin 1986 and L. Segreto, Giacinto Motta. Un ingegnere alla testa del capitalismo industriale italiano, Laterza, RomeBari 2005. As far as the group’s production structure, in particular hydroelectricity, is concerned, see R. Giannetti, I sistemi elettrici italiani. Struttura e prestazioni dalle origini al 1940, in Energia e sviluppo, op. cit., pp. 287-331; id., I sistemi elettrici regionali privati: dal secondo dopoguerra alla nazionalizzazione, in La nazionalizzazione dell’energia elettrica, Laterza, Rome-Bari 1989, pp. 147-185; O. Selvafolta, La costruzione del paesaggio idroelettrico nelle regioni settentrionali, in Paesaggi elettrici, edited by R. Pavia, Enel, Rome 1998, pp. 41-71; A. Restucci, Architetture nuove con rappresentazioni dell’Ottocento, ibid, pp. 117-135; F. Irace, Luci moderne: Muzio, Ponti e Baldessari e il progetto delle centrali, in Paesaggi elettrici, ibid, pp. 137-165. 3 Also as far as the history of the SME is concerned, the works referred to are in the Storia dell’industria elettrica in Italia, op. cit.: G. Bruno, La SME di Maurizio Capuano, vol. 2, pp. 347-375; Id., Il gruppo meridionale di elettricità, vol. 3, pp. 815-919; G. Barone, Industria elettrica e 1

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Sicilia nel secondo dopoguerra, vol. 4, pp. 689-711. Per quanto riguarda la struttura produttiva del gruppo, oltre ai lavori già citati di Giannetti (v. nota 2), si è fatto riferimento a G. Bruno, Paesaggi elettrici meridionali, in Paesaggi elettrici, cit., pp. 73-95, e G. Fabricatore, Momenti di storia dell’industria elettrica nel Mezzogiorno, in Storia della tecnica elettrica, a cura di V. Cantoni e A. Silvestri, Cisalpino, Milano 2009, pp. 275-345. Sulla biografia di Nitti e sul suo progetto “elettro-irriguo” cfr. F. Barbagallo, Francesco Saverio Nitti, UTET, Torino 1984, e G. Barone, Mezzogiorno e modernizzazione. Elettricità, irrigazione e bonifica nell’Italia contemporanea, Einaudi, Torino 1986. 4 Su Angelo Omodeo si fa riferimento all’antologia Angelo Omodeo - Vita, progetti, opere per la modernizzazione, a cura di A.F. Saba, Laterza, Roma-Bari 2005, e all’introduzione biografica del curatore; da esso sono anche tratte le citazioni di Omodeo contenute in questo volume. 5 Fra gli interventi più autorevoli si registravano quelli di Moisè Ascoli (I problemi dell’elettrotecnica italiana nel presente e nell’avvenire), Mario Giacomo Levi (Le industrie italiane minerarie e chimiche di prodotti inorganici), Luigi Luiggi (Le opere idrauliche nella redenzione economica dell’Italia), e Vittorio Novarese (Il carbone nero e il carbone bianco in Italia). 6 Su Alberto Beneduce cfr. la recente biografia di M. Franzinelli e M. Magnani, Beneduce. Il finanziere di Mussolini, Mondadori, Milano 2009. 7 Sulla storia della SADE i testi di riferimento sono all’interno della Storia dell’industria elettrica in Italia, cit.: R. Petri e M. Reberschak, La SADE di Giuseppe Volpi e la “nuova Venezia industriale”, vol. 2, pp. 317-345; Idd., La SADE e l’industria chimica e metallurgica tra crisi e autarchia, vol. 3, pp. 751-779. Per quanto riguarda la struttura produttiva del gruppo e le sue centrali idroelettriche, oltre ai lavori già citati di Giannetti (v. nota 2), si è fatto riferimento a O. Selvafolta, La costruzione del paesaggio idroelettrico nelle regioni settentrionali, in Paesaggi elettrici, cit., pp. 41-71, e V. Fontana, Tra il Veneto e il Friuli: l’architettura degli impianti idroelettrici, ivi, pp. 167-183. 8 Sul gruppo e sulla sua vicenda tra elettricità e telefonia cfr. B. Bottiglieri, SIP, Franco Angeli, Milano 1990, e Id., STET, Franco Angeli, Milano 1987. Naturalmente molte informazioni sui conflitti in cui la SIP fu implicata sono all’interno

Mezzogiorno: il caso calabro-siciliano, vol. 3, pp. 921993; G. Brancaccio, Elettrificazione e questione meridionale, vol. 4, pp. 335-361; L. Sicca e F. Izzo, La SME di Giuseppe Cenzato, vol. 4, pp. 547-629; P. Di Gregorio, La Società Generale Elettrica della Sicilia nel secondo dopoguerra, vol. 4, pp. 689-711. With regard to the production structure of the group, in addition to the already cited works by Giannetti (see note 2), see G. Bruno, Paesaggi elettrici meridionali, in Paesaggi elettrici, cit., pp. 73-95, and G. Fabricatore, Momenti di storia dell’industria elettrica nel Mezzogiorno, in Storia della tecnica elettrica, edited by V. Cantoni and A. Silvestri, Cisalpino, Milan 2009, pp. 275-345. On Nitti’s biography and his “elctro-irrigation” project, cf. F. Barbagallo, Francesco Saverio Nitti, UTET, Turin 1984 and G. Barone, Mezzogiorno e modernizzazione. Elettricità, irrigazione e bonifica nell’Italia contemporanea, Einaudi, Turin 1986. 4 On Angelo Omodeo, see the anthology Angelo Omodeo - Vita, progetti, opere per la modernizzazione, edited by A.F. Saba, Laterza, Rome-Bari 2005 and the editor’s biographical introduction, also the source of the quotations from Omodeo contained in this book. 5 Inserire testo da p. 43. Among the most authoritative papers were those presented by Moisè Ascoli (“The Problems of Italian Electrical Engineering in the Present and in the Future”), Mario Giacomo Levi (“Italian Mining and Chemical Companies Producing Inorganic Products”), Luigi Luiggi (“Hydraulic Works in the Economic Deliverance of Italy”), and Vittorio Novarese (“Black Coal and White Coal in Italy”). 6 On Alberto Beneduce, cf. the recent biography by M. Franzinelli and M. Magnani, Beneduce. Il finanziere di Mussolini, Mondadori, Milan 2009. 7 On the history of the SADE, the most important works are in the Storia dell’industria elettrica in Italia, op. cit.: R. Petri and M. Reberschak, La SADE di Giuseppe Volpi e la “nuova Venezia industriale”, vol. 2, pp. 317-345; id., La SADE e l’industria chimica e metallurgica tra crisi e autarchia, vol. 3, pp. 751-779. As far as the production structure of the group and its power plants are concerned, in addition to the already cited works by Giannetti (see note 2), see O. Selvafolta, La costruzione del paesaggio idroelettrico nelle regioni settentrionali, in Paesaggi


della Storia dell’industria elettrica in Italia, cit.: I. Zilli, Banca e industria elettrica in Italia, vol. 2, pp. 377-449; P. Hertner, La lotta tra i grandi gruppi, vol. 2, pp. 451-463; A. Castagnoli, Il passaggio dalla SIP all’IRI, vol. 3, pp. 595-641. Per quanto riguarda la struttura produttiva del gruppo e le sue centrali idroelettriche, oltre ai lavori già citati di Giannetti (v. nota 2), si è fatto riferimento anche a F. Irace, Luci moderne: Muzio, Ponti e Baldessari e il progetto delle centrali, in Paesaggi elettrici, cit., pp. 137-165. 9 Per questi dati e per le notizie sulle fonti di energia nel periodo fascista cfr. Ministero delle Corporazioni, Le fonti di energia, Roma 1939. 10 Sulle vicende che portarono all’aggregazione delle società elettriche toscane e laziali cfr. F. Conti, Le vicende del gruppo La Centrale, in Storia dell’industria elettrica in Italia, cit., vol. 3, pp. 643-683. Per quanto riguarda la struttura produttiva del gruppo e le sue centrali idroelettriche, oltre ai lavori già citati di Giannetti (v. nota 2), si è fatto riferimento anche a L. Caravaggi, Natura ed energia. Conflitti e progetti di ricomposizione, in Paesaggi elettrici, cit., pp. 97115, e R. Vittorini, L’architettura delle centrali tra classicismo e funzionalismo, ivi, pp. 185-199. 11 Sulle origini e gli sviluppi industriali delle attività legate alla geotermia, e in particolare su Larderello, cfr. M. Lungonelli, Sviluppi tecnologici e applicazioni produttive, in Storia dell’industria elettrica in Italia, cit., vol. 2, pp. 511541, in particolare alle pp. 517 e sgg.; M. Lungonelli e M. Migliorini, Piero Ginori Conti : scienza, cultura e innovazione industriale nella Toscana del Novecento, Laterza, RomaBari 2003. 12 Cfr. A.M. Falchero, La Terni elettrica, in Storia dell’industria elettrica in Italia, cit., vol. 3, pp. 781-813; sulla UNES numerose informazioni sono disperse tra i vari contributi nei voll. 2 e 3 dell’opera, per cui si veda l’indice delle società, ad nomen. Sui rapporti con la SME cfr. G. Bruno, Il gruppo meridionale di elettricità, cit., in particolare alle pp. 860863. Per quanto riguarda la struttura produttiva e le centrali idroelettriche, oltre ai lavori già citati di Giannetti (v. nota 2), si è fatto riferimento a G. Bruno, Paesaggi elettrici meridionali, cit., e L. Caravaggi, Natura ed energia. Conflitti e progetti di ricomposizione, cit. 13 Sulla SES si è fatto riferimento a L. Pisano, Industria elettrica e Mezzogiorno: il caso sardo, in Storia dell’industria

elettrici, cit., pp. 41-71, V. Fontana, Tra il Veneto e il Friuli: l’architettura degli impianti idroelettrici, ivi, pp. 167-183. 8 On the group and its vicissitudes in electricity and telephony, cf. B. Bottiglieri, SIP, Franco Angeli, Milan 1990, and id., STET, Franco Angeli, Milan 1987. Naturally, much information on the conflicts in which the SIP was invloved can be found in the Storia dell’industria elettrica in Italia, cit.: I. Zilli, Banca e industria elettrica in Italia, vol. 2, pp. 377-449; P. Hertner, La lotta tra i grandi gruppi, vol. 2, pp. 451-463; A. Castagnoli, Il passaggio dalla SIP all’IRI, vol. 3, pp. 595-641. As far as the production structure of the group and its power plants are concerned, in addition to the already cited works by Giannetti (see nota 2), see also F. Irace, Luci moderne: Muzio, Ponti e Baldessari e il progetto delle centrali, in Paesaggi elettrici, cit., pp. 137-165. 9 For these data and information on energy sources during the Fascist period, cf. the Ministry of Corporations, Le fonti di energia, Rome 1939. 10 On the events that led to the merger of the electricity companies of Tuscany and Lazio, cf. F. Conti, Le vicende del gruppo La Centrale, in Storia dell’industria elettrica in Italia, cit., vol. 3, pp. 643-683. As far as the production structure of the group and its hydroelectric power plants are concerned, in addition to the already cited works by Giannetti (see note 2), also see L. Caravaggi, Natura ed energia. Conflitti e progetti di ricomposizione, in Paesaggi elettrici, cit., pp. 97-115, and R. Vittorini, L’architettura delle centrali tra classicismo e funzionalismo, ivi, pp. 185-199. 11 On the origin and developments of the geothermal industry, in particular on Larderello, cf. M. Lungonelli, Sviluppi tecnologici e applicazioni produttive, in Storia dell’industria elettrica in Italia, cit., vol. 2, pp. 511-541, in particular pp. 517 ff.; M. Lungonelli and M. Migliorini, Piero Ginori Conti : scienza, cultura e innovazione industriale nella Toscana del Novecento, Laterza, Rome-Bari 2003. 12 Cf. A.M. Falchero, La Terni elettrica, in Storia dell’industria elettrica in Italia, cit., vol. 3, pp. 781-813. Because much information on the UNES is strewn in the various contributions in vol. 2 and 3 of the work, see the company index, ad nomen. On relations with the SME, cf. G. Bruno, Il gruppo meridionale di elettricità, cit., in particu-

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elettrica in Italia, cit., vol. 3, pp. 995-1027; M. Cadoni, La Societa elettrica sarda dalla sua fondazione alla crisi degli anni trenta, Laterza, Roma-Bari 2001. Per quanto riguarda la struttura produttiva e le centrali idroelettriche, oltre ai lavori già citati di Giannetti (v. nota 2), si è fatto riferimento a A.F.M. Mascia, La Sardegna e le sue acque. Dal fiume Tirso al lago Omodeo, a cura di I. Meloni, ISKRA, Ghilarza 2007. 14 Per i dati e le notizie in proposito si è fatto riferimento a M. Dolcetta Capuzzo e R. Pavia, Le grandi dighe e i serbatoi artificiali, in Paesaggi elettrici, cit., pp. 217-243. 15 Benché non abbia alcun rapporto con la produzione elettrica, è però il caso di ricordare, a questo proposito, che un ulteriore evento catastrofico con molte vittime e ingenti danni ha riguardato il crollo della diga di contenimento dell’invaso di lavaggio minerario della Val di Stava, in Trentino, il 16 luglio 1985. 16 Per raccontare la vicenda si è fatto riferimento a E. Semenza, Sintesi degli studi geologici sulla frana del Vajont dal 1959 al 1964, Museo tridentino di scienze naturali, Trento 1965; T. Merlin, Sulla pelle viva. Come si costruisce una catastrofe, La Pietra, Milano 1983; Il grande Vajont, a cura di M. Reberschak, Cierre, Sommacampagna 2003; M. Passi, Vajont senza fine, Baldini Castoldi Dalai, Milano 2003; C. Datei, Vajont, la storia idraulica, Cortina, Padova 2005; P. Corrias, Sotto la diga del Vajont, che un giorno spense tutte le luci del Miracolo, in Luoghi comuni. Dal Vajont a Arcore, la geografia che ha cambiato l’Italia, Rizzoli, Milano 2006 pp. 3-21; Il Vajont dopo il Vajont : 1963-2000, a cura di M. Reberschak e I. Mattozzi, Marsilio, Venezia 2009. 17 Il riferimento è alla prima Relazione del Direttore generale al Consiglio di amministrazione dell’Enel, redatta da A.M. Angelini nel marzo 1964. 18 Cfr. G. Martinelli, Breve storia del fotovoltaico in Italia, in appendice a J. Perlin, Dal Sole, cit., pp. 175-182.

lar pp. 860-863. As far as the production structure and the hydroelectric power plants are concerned, in addition to the already cited works by Giannetti (see note 2), see G. Bruno, Paesaggi elettrici meridionali, cit., and L. Caravaggi, Natura ed energia. Conflitti e progetti di ricomposizione, cit. 13 On the SES, see L. Pisano, Industria elettrica e Mezzogiorno: il caso sardo, in Storia dell’industria elettrica in Italia, cit., vol. 3, pp. 995-1027; M. Cadoni, La Societa elettrica sarda dalla sua fondazione alla crisi degli anni trenta, Laterza, Rome-Bari 2001. As far as the production structure and the hydroelectric power plants are concerned, in addition to the already cited works by Giannetti (see note 2), see A.F.M. Mascia, La Sardegna e le sue acque. Dal fiume Tirso al lago Omodeo, edited by I. Meloni, ISKRA, Ghilarza 2007. 14 For the data and information, see M. Dolcetta Capuzzo and R. Pavia, Le grandi dighe e i serbatoi artificiali, in Paesaggi elettrici, cit., pp. 217-243. 15 Even though it has no relationship with electricity production, one should note in this regard that another catastrophic event with many victims and enormous damage was the collapse of dam of the ore-washing reservoir in Val di Stava, in the Trentino, on July 16, 1985. 16 On this event, see E. Semenza, Sintesi degli studi geologici sulla frana del Vajont dal 1959 al 1964, Museo tridentino di scienze naturali, Trento 1965; T. Merlin, Sulla pelle viva. Come si costruisce una catastrofe, La Pietra, Milan 1983; Il grande Vajont, edited by M. Reberschak, Cierre, Sommacampagna 2003; M. Passi, Vajont senza fine, Baldini Castoldi Dalai, Milan 2003; C. Datei, Vajont, la storia idraulica, Cortina, Padua 2005; P. Corrias, Sotto la diga del Vajont, che un giorno spense tutte le luci del Miracolo, in Luoghi comuni. Dal Vajont a Arcore, la geografia che ha cambiato l’Italia, Rizzoli, Milan 2006 pp. 3-21; Il Vajont dopo il Vajont : 1963-2000, edited by M. Reberschak and I. Mattozzi, Marsilio, Venice 2009. 17 The reference is to the first Relazione del Direttore generale al Consiglio di amministrazione dell’Enel, drafted by A.M. Angelini in March 1964. 18 Cf. G. Martinelli, Breve storia del fotovoltaico in Italia, an appendix to J. Perlin, Dal Sole, cit., pp. 175-182.




Giovanni Paoloni Giovanni Paoloni, docente di Archivistica generale presso la Scuola Speciale per Archivisti e Bibliotecari dell’Università di Roma “La Sapienza”, si occupa degli archivi e delle vicende storiche delle imprese e delle istituzioni di ricerca scientifica in Italia, dall’Unità al secondo dopoguerra. Tra le sue pubblicazioni sulla storia delle ricerche sul nucleare in Italia: Energia, ambiente, innovazione. Dal Cnrn all’Enea (Laterza, Roma-Bari 1992), Per una storia del Consiglio Nazionale delle Ricerche (2 volumi, con R. Simili, Laterza, Roma-Bari 2001); L’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. Storia di una comunità di ricerca (con G. Battimelli e M. De Maria, Laterza, Roma-Bari 2002). Giovanni Paoloni is a Professor of General Archival Science at the University of Rome “La Sapienza” Special School for Archivists and Librarians. He specializes in the archives and corporate histories of Italian enterprises and scientific research institutes from Italian Unity to after the Second World War. His publications on the history of nuclear research in Italy include: Energia, ambiente, innovazione. Dal Cnrn all’Enea (Laterza, Rome-Bari, 1992), Per una storia del Consiglio Nazionale delle Ricerche (2 volumes, with R. Simili, Laterza, Rome-Bari 2001), and L’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. Storia di una comunità di ricerca (with G. Battimelli and M. De Maria, Laterza, Rome-Bari 2002).

Margherita Martelli Margherita Martelli è archivista di Stato e ricercatrice storica presso l’Archivio Centrale dello Stato, dove si è occupata degli archivi di importanti personalità della politica e della cultura tra cui Carlo Levi, Giuseppe Emanuele Modigliani, Rodolfo Graziani, Vincenzo Torraca, Ugo La Malfa. Cura inoltre gli archivi di alcuni ministeri economici e di enti attivi nel campo della ricerca scientifica: tra questi Ministero dell’Industria, Scambi e Valute, Commercio Estero, IRI e CNR. Ha conseguito il dottorato di ricerca in Storia contemporanea e ha svolto attività di ricerca sulla storia dell’emigrazione, nonché sulla storia dell’industria e delle istituzioni di ricerca scientifica italiane. Ha curato, con Maria Procino, Enrico Cuccia in AOI, FrancoAngeli 2007. Margherita Martelli is a government archivist and a scholar at the Archivio Centrale dello Stato, where she has been in charge of the archives of important political and cultural figures, including Carlo Levi, Giuseppe Emanuele Modigliani, Rodolfo Graziani, Vincenzo Torraca, and Ugo La Malfa. She is also responsible for the archives of several economic ministries and organizations active in the field of scientific research, including former ministries (Ministero dell’Industria, Ministero per gli Scambi e le Valute, Minstero del Commercio con l”Estero), the IRI, and the CNR. She has a doctorate in Contemporary History and has done research on the history of emigration, as well as on the history of industry and institutions dedicated to scientific research in Italy. She is the co-editor, with Maria Procino, of Enrico Cuccia in AOI, FrancoAngeli 2007.


Testo di Written by Giovanni Paoloni, Margherita Martelli Progetto grafico, coordinamento editoriale, impaginazione Design, editing services and layout PRC s.r.l. - Roma Tutte le foto provengono dall’Archivio Storico Enel ad eccezione delle seguenti: All photographs are from the Enel Archives, with the exception of the following: Archivio Centrale dello Stato (pp. 23, 26, 93, 95, 96, 99) Archivio del Consiglio Nazionale delle Ricerche (pp. 93, 94) Bettmann/Corbis (p. 14); Hulton-Deutsch Collection/Corbis (p. 128) “Storia dell’industria elettrica in Italia” Ed. Laterza (pp. 15, 16, 19) Stampa Printed by Eccigraphica - Roma Finito di stampare nel mese di giugno 2010 Printed in June 2010 Tiratura 2.000 copie 2,000 copies printed Pubblicazione fuori commercio Publication not for sale A cura della Direzione Relazioni Esterne Edited by the External Relations Department © Enel 2010


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