Tecnico del mare, tra pesca, alimentazione e ambiente

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murata della marticana. Padron Michele secondo l’arte maritima stimò mollare li suoi capi di poppa acciò il bastimento genovese avesse avuto libero il passaggio senza di nuovo urtare. Un bastimento procidano (di padron Geronimo Scotto) urtò la marticana con lo sperone. Il 25 febbraio, essa imbarcò altri fusti di vino, ma per il tempo cattivo non potè salpare fino al 28 a causa dei venti di mezzogiorno e libeccio, e poi di ponente e maestro, li quali venti sono contrarij e fanno traversia in questo Porto. Entrò in porto un bastimento sorrentino, che, non potendo reggere al mare e alle tempeste, andò a investire nelle arene. Padron Michele si premunì e cautelò la marticana con 3 ancore da prora e una da poppa, oltre i 4 capi ligati alla Rocca o sia Montagna, ed avendo resistito quanto potè e vedendo l’evidente pericolo di perdere colla sua marticana anche la vita, fu costretto di abbandonare colla sua ciurma calandosene a terra verso le ore 24. Fu un terremoto di mare conforme volgarmente suol dirsi. Esso padrone vidde con proprij occhi che la marticana strappò e strascinò tutte l’angore, ed andò a urtare nelle montagne, ed in quest’atto si ruppero li capi ligati alla Rocca o Montagna e la marticana andiede a investire nelle arene di questo Porto, che fu Grazia speciale del nostro Iddio. Il facoltoso operatore interessato al traffico, il Signor D. Gennaro Vetere33, zio di D. Francesco Vetere, che dimorava in Pisciotta, dubitandosi qualche sinistro, mandò nel medesimo dì 28 febbraio in questo Porto due accorte Persone, padron Tommaso Martucciello e padron Gaetano Tambasco, li quali di tutta fresca giunsero verso un’ora di notte, e ritrovorno che poc’anzi era accaduta la disgrazia della marticana naufragata, e però immediatamente li suddetti padroni mandarono l’avviso a Gennaro Vetere, il quale stammatina per tempo con sessanta e più persone e quattro mastrodascia e padroni di barche si è portato in Palinuro per dare quel riparo, ed aiuto che si poteva per il ricupero della mercanzia, come infatti oggi primo marzo dopo essersi fatte due grandi aperture al fianco, o sia murate ed alla coverta, è riuscito di recuperare molti fusti di olio e perchè attualmente tuttavia si fatica per lo ricupero di detti olii non ha potuto individuare tutto il danno sofferto e le quantità delle mercanzie, mentre il vino è tutto perso. 3. Le imbarcazioni in difficoltà erano quelle di piccolo cabotaggio tipiche del Tirreno e dello Ionio: feluche, tartane34, marticane, pinchi35, gozzi36, vascelli, 33

Gennaro Vetere, nel 1771, insieme con Gennaro Pinto, Vito Percopo, Carlo Casaburi, era subaffittatore dell’arrendamento del Tabacco per il Vallo di Policastro; nel 1791, fu sovrintendente a Palinuro all’imposizione di grana 52,5 a tomolo di sale (ASS, Pisciotta, NV, notaio Giuseppe De Agostini, 219/25, 27.02.1791). 34 La tartana era il tipico bastimento da carico nel Mediterraneo, con un solo albero a calcese e una vela latina, simile a quella delle galee, guarnita nello stesso modo, con sartie a colonna. Vi si aggiungeva davanti un fiocco, che si murava all’estremità della freccia o bittalò, posta orizzontalmente verso prua, a prolungamento del tagliamare (che fungeva da latrina). Quando il vento era alquanto forte, le tartane portavano una vela quadra chiamata «trevo». Talvolta era attrezzata con albero di maestra e albero di trinchetto, oppure albero di mezzana. Alla Marina di Vietri, nel golfo di Salerno, nel Settecento, c’era una intensa attività cantieristica che vedeva la costruzione, in primo luogo, di tartane (cf. F. SOFIA, La costruzione di tartane sulla marina di Vietri (1711-1760), in La costa d’Amalfi nel secolo XVIII, a cura di F. Assante, I, Centro di Storia e Cultura Amalfitana, Amalfi 1988,

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