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cap.2 • Nella Grotta Sabbiosa
Capitolo 2
Nella Grotta Sabbiosa
– Quest’anno, a queste latitudini pare che non debba smettere di piovere – sospirava Ondina osservando il fine velo di pioggia. Al riparo nella Grotta Sabbiosa con le sue amiche, pensava già alla nuotata di ritorno verso Papanyaga. Si erano allontanate un bel po’ dalla loro casa per visitare quelle magnifiche isole, nel caldo e accogliente Mar dei Caraibi. – In ogni caso, questa Grotta Sabbiosa mi piace molto – cantilenò Perla, intenta nel suo manicure.
Approfittava dell’attesa per decorare di un bel bianco perla le unghie affusolate.
Lo smalto sapeva fabbricarselo pestando gusci di conchiglia e grasso di Lampreda. Aurora, stesa sulla sabbia, il mento appoggiato sul palmo di una mano, sbatteva mollemente la lunga coda a destra e a sinistra. Si girò sulla schiena, appoggiò le mani sulla pancia e prese a sbuffare: – È che l’attesa mi snerva. Non potremmo partire e… buonanotte? Che ci importa di un po’ di pioggia? Nuotiamo quasi sempre in immersione. – Sai che dobbiamo aspettare la corrente giusta – la rimbeccò Perla, la sirena dai capelli color dell’alga – Non mi avventuro a rischio di tempeste. Se vuoi, fallo tu! – Che brava Perla! Saresti capace di mandare allo sbaraglio la tua migliore amica, senza neppure la scorta di un delfino! – Ondina era la più sensibile e pareva indignata. – Come se il mare non fosse pieno di orche e squali tigre, come se attraversare l’Atlantico fosse uno scherzo.
– Ma dai, Ondina… dicevo per dire, chiaro che aspetteremo insieme la corrente giusta e ci accoderemo alle balene con la scorta dei delfini, come abbiamo sempre fatto! Non sai distinguere uno scherzo da una cosa detta seriamente? Allora eccola che arriva: UNA PER TRE E TRE PER UNA! Al grido di Perla, le tre sirene unirono le mani e poi si tuffarono insieme, come voleva il loro rituale.

Da quando erano bambine, a quella frase seguiva un insieme di gesti: mani unite, grido, tuffo, doppia capriola subacquea, immersione spinta a dieci metri di profondità, rincorsa dal fondo e salto, spiccato insieme in tre diverse direzioni.
Quella coreografia era un tributo alla loro amicizia e non eseguirla sarebbe stato peggio di un tradimento. Aveva dunque ragione Perla: il grido UNA PER TRE E TRE PER UNA! era una faccenda tremendamente seria. Non appena riemersero, lo videro sbucare da dietro le rocce: l’umano stava remando su una canoa verso la Grotta Sabbiosa. Era Barbaverde sulla monoposto da esplorazione che teneva nella sua barca a motore. Cercava un posto tranquillo dove trascorrere il pomeriggio. Con sé aveva un libro sulla storia della pirateria, che raccontava dei suoi antenati. – Wow! – esclamò il pirata sbalordito, alla vista delle tre creature marine.
Rimase immobile, la mascella più vicina alle ginocchia di quanto non lo fosse mai stata nella sua vita. E dire che credeva di averne visti di prodigi nelle sue tante avventure per mare… Le tre si consultarono con lo sguardo e decisero di avvicinare lo sconosciuto. Sapevano riconoscere gli amici dai nemici e non avevano dubbi: quello sconosciuto non era pericoloso. Barbaverde si presentava come un uomo di piacevole aspetto: sulla quarantina, alto, corpo muscoloso, lineamenti decisi e regolari. La particolarità che gli era valsa il soprannome (si chiamava in realtà Sir Henry Cliff Smitherson) erano i nastri di raso verde che intrecciava, per vezzo piratesco, alla sua lunga barba nera. I capelli erano raccolti in una lunga coda, sulla fronte portava una bandana rossa e, sopra, un cappello di paglia a tesa larga, da indigeno. Addosso niente altro che un paio di boxer a fiori.
Le tre sirene lo squadrarono curiose. – Beh, potresti almeno presentarti – Ondina ruppe il ghiaccio, mentre con mossa aggraziata scuoteva i capelli. – Il mio nome è... He-Henry Cli-Cliff Smitherson, noto come Ba-barbave-erde –

balbettò il pirata. – Scusate il mio esitare… è solo per via dell’emozione, meravigliose fanciulle. – Saremmo sirene, a dire la verità – lo corresse Aurora, civettuola. – Si-sirene, certo, meravigliose sirene. Sono incantato… Posso? – Ma prego, prego, lascia pure la tua canoa e vieni a farci compagnia nella grotta – lo invitò Perla. – Qui non succede niente e noi dobbiamo attendere, forse per giorni, le correnti per fare rientro nell’Egeo. – Tu sai dov’è il Mar Egeo, non è vero? – lo interrogò Ondina, la rossa. – Ma certo, è una parte… del... Mar Mediterraneo.

– Esatto. Da là proveniamo! Il mio nome è Aurora – la sirena allungò la mano, che il pirata baciò inchinandosi, poi scosse la testa e dai suoi boccoli rosa si staccarono un paguro, poi una seppiolina e un paio di piccole stelle marine. Anche le altre due si avvicinarono e porsero le manine affusolate. – Io sono Perla. – Io mi chiamo Ondina. – Incantato, molto piacere. – Il piacere è tutto nostro. Poi le sirene si disposero intorno a Barbaverde, lisciandosi le squame della coda e facendo schioccare la pinna sulla sabbia. Sedevano comode con la schiena appoggiata agli scogli, così come si sarebbero disposte tre gentili fanciulle per una bella conversazione in un rispettabile salotto da tè alle cinque del pomeriggio. – Noi siamo sirene e tu sei un…? – era Ondina, come al solito, a dirigere la conversazione.
– Un pirata, per servirvi! – Barbaverde ritrovò un po’ della sua baldanza. – Ma che fortunata coincidenza! – esclamò Perla. – Era da tanto che desideravo conoscerne uno. Non ho mai capito che cosa vi spinga a una rischiosa vita in mare e perché, come tutti gli umani, non preferiate la terraferma. – Con tutto il tempo che abbiamo – si inserì Aurora, – ci puoi raccontare tutto di te! Sempre che tu ne abbia voglia, si intende.
