IV - Sulla breve eterna vita di Beatrice Portinari
insuperabili ostacoli, non si placava nel mio cuore e nella mia mente. Qualcuno ha insinuato che da queste due donne, in particolare dalla prima di nome Violetta, io abbia avuto quello che mai avrei potuto avere da Beatrice. Si tratta di una delle tante maldicenze sparse in giro sul mio conto. Beatrice credette a questa voce? Altrimenti perché mi tolse il saluto? Forse fu la gelosia? Mi piacerebbe che fosse così, ma sono sicuro che non godetti più del suo sguardo semplicemente perché per una donna sposata non era il caso di continuare a salutare un uomo che non riusciva a nascondere i propri sentimenti. Inoltre, ahimè, per togliere di torno ogni pettegolezzo, si fece beffe di me davanti alle sue amiche. Era accaduto che quasi svenni al solo pensiero di poterla incontrare nuovamente. I miei amici, sapendo quale turbamento stessi vivendo, mi allontanarono trascinandomi a spalla da quella crudele compagnia. Che cosa c’è di più doloroso che essere preso in giro dalla creatura tanto amata e desiderata? Chi di voi ha provato questa esperienza sa bene l’abisso che si spalanca nel cuore di chi subisce tale umiliazione. Vissi giorni cupi, di tristezza e delusione. Poi, finalmente capii: il vero amore, quello sublime, incontaminato può essere solo disinteressato. Fu così che il sentimento per Beatrice si trasformò: al desiderio si sostituì la lode e ai miei occhi lei si trasformò in una creatura angelica. Pensavo così di aver finalmente sconfitto il dolore che la mancanza del saluto di Beatrice mi aveva causato, ma mi ero illuso: qualcosa di terribile era in agguato, pronto ad assalirmi senza pietà. Un giorno sciagurato, Manetto, con gli occhi colmi di lacrime e il volto straziato dal dolore, mi disse, era il giugno del 1290, che la sorella, nel pieno della sua giovinezza, era volata in cielo. 33