Prologo
Chiamatemi Ismaele
Chiamatemi Ismaele. Alcuni anni fa – non importa quanti esattamente – avendo pochi o punti denari in tasca e nulla di particolare che m’interessasse a terra, pensai di darmi alla navigazione. È il modo che ho io di cacciare la malinconia. Ogni volta che nell’aParole al microscopio nima mi scende come un novembre Ismaele: umido e piovigginoso, ogni volta nome di origine biblica, come molti altri del romanzo; secondo il racconto che mi accorgo di fermarmi invodella Genesi (il primo libro della Biblontariamente dinanzi alle agenzie bia), Ismaele è figlio di Abramo e della di pompe funebri, allora decido schiava Agar, e viene ripudiato dal pache è tempo di mettermi in mare. dre quando gli nasce il figlio legittimo Non c’è niente di strano, in Isacco. questo. Non ci pensiamo, ma prima o poi, nella vita, capita a tutti di sentirsi attirati dal mare. L’acqua ha un fascino inspiegabile, ma universale. Immaginate per esempio la folla di un sabato pomeriggio a Manhattan, la città dove abitavo. Dove va tutta quella gente? Dove portano tutte le strade della città, se le percorriamo fino in fondo? Alla riva del mare. Provate a fare una passeggiata in campagna, o in montagna, e abbandonatevi alle vostre fantasticherie, lasciando che vi portino le gambe. Novanta volte su cento vi troverete in riva a un fiume, a un torrente, a un lago. Prendete Manhattan: l’isola che costituisce la parte più famosa della città di New York.
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