1 · II REGNO D’ITALIA NELL’ETÀ DELLA DESTRA (1861-1876) 1. I problemi II Regno d’Italia, formatosi il 17 marzo 1861, dovette affrontare fin dall’inizio gravi problemi, alla cui soluzione venne presto a mancare la guida illuminata di Camillo Benso conte di Cavour, morto il 6 giugno 1861.
La “questione istituzionale”: accentramento o decentramento?
Per prima cosa, occorreva pensare all’unificazione di codici, sistema fiscale, forze armate, sistemi metrici e monetari di un Paese di circa 22 milioni di abitanti che era stato diviso per più di 1000 anni. Particolarmente complessa era la “questione istituzionale” sotto il profilo dell’ordinamento politico-amministrativo. II problema era: accentramento o decentramento? II decentramento era sostenuto da Carlo Cattaneo e dai democratici. Cavour, pur favorevole in linea di massima, aveva mostrato alcune perplessità di fronte al problema di governare l’irrequieto Meridione. Prevalse ben presto la soluzione accentrata, che però scontentò la maggioranza della popolazione e finì per provocare un grave distacco tra politica e società civile.
La “questione finanziaria”
Il nuovo Stato aveva un gravissimo debito pubblico, in parte ereditato dagli Stati preunitari, in parte dovuto alle ingenti spese per la guerra. Inoltre doveva compiere un notevolissimo sforzo finanziario nel campo dei lavori pubblici, specialmente nel campo delle costruzioni ferroviarie e delle infrastrutture in genere.
La “questione meridionale”
I governi postunitari dovettero far fronte all’arretratezza del Mezzogiorno e al conseguente grave squilibrio tra Nord e Sud. Nel Sud dominavano il latifondo e la coltura estensiva, praticata con sistemi arcaici, e i contratti agrari erano spesso basati sullo scambio in natura. Inoltre la popolazione era decimata da malattie dovute a fame e scarsa igiene (pellagra, malaria, colera).
Generale arretratezza socio-economica
Ma anche nel resto d’Italia l’agricoltura era arretrata, a parte alcune aziende modello in Val Padana. Il processo di industrializzazione era appena avviato, a eccezione di un certo sviluppo dell’attività manifatturiera nel Nord. Il commercio interno era scarsissimo: predominavano l’autoconsumo e lo scambio in natura e assolutamente inadeguata era la rete ferroviaria (2000 km in tutto). La misera vita di contadini e operai era resa ancor più precaria dalla scarsa igiene e dalle insufficienti pratiche mediche (ricorrenti epidemie di tifo e di vaiolo). Il tasso di analfabetismo era dell’80%.
La “questione romana”
Cavour aveva tentato una soluzione diplomatica del conflitto tra Stato e Chiesa in base alla nota formula “libera Chiesa in libero Stato”: il Papa avrebbe dovuto rinunciare al potere temporale in cambio della rinuncia da parte dello Stato ad ogni controllo giurisdizionale sulla Chiesa e sulla vita religiosa. Ma la Chiesa non accettava principi liberali quali la tolleranza di altri culti, la libertà di stampa, la laicizzazione dell’istruzione pubblica o del diritto matrimoniale. Al problema dei rapporti tra Stato e Chiesa si aggiungeva quello del completamento dell’unità territoriale, giacché il Lazio faceva ancora parte dello Stato pontificio.
Accentramento e decentramento L’accentramento permette uno stretto controllo del potere centrale sugli organi di governo locale, mentre il decentramento è fondato sull’autogoverno attraverso più ampie autonomie locali. L’accentramento risponde all’esigenza di mantenere saldamente unito lo Stato, specialmente se di nuova formazione, mentre il decentramento permette uno sviluppo più adeguato alle esigenze politiche e sociali delle varie regioni. Col sistema accentrato, scriveva Stefano Jacini, gli uffici che rappresentano il governo nelle varie località sono “privi di potere e di responsabilità, non fanno che trasmettere al centro le petizioni, e ricevere dal centro [...] i responsi dei dicasteri ministeriali, onniscienti, onniveggenti, onnipossenti”.
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