Adò - Laboratorio Adolescenza - Vol. 1 - n. 2 - 2018

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LA RICERCA

IN GENERE SIAMO RISPETTOSI Che cosa ne pensano gli adolescenti sulla parità dei sessi, sul ruolo di maschi e femmine, sulla gestione della famiglia, su l’omosessualità? Sono ottimisti, forse anche troppo. Maurizio Tucci Presidente Laboratorio Adolescenza

seguente: “Beh… è normale” (maschio) “È normale???? Perché dovrebbe essere normale?” (femmina). E da qui si apre la querelle.Va detto che nella maggior parte dei casi l’“è normale” dei maschi non sembra derivare da pregiudizi sessisti, ma da considerazioni apparentemente anche ragionevoli (le donne devono gestire i figli, la famiglia, la casa e hanno meno tempo da dedicare al lavoro). Si riflette poco o nulla sul fatto che - se si esclude la gravidanza e il parto - nessuna delle altre incombenze spetta “geneticamente” alle donne. È la mamma a mettere fisicamente al mondo un figlio, ma dal pediatra o al corso di musica può accompagnare un figlio anche il papà.

DOVE FINISCE L’OTTIMISMO E INIZIA L’ILLUSIONE?

L

aboratorio Adolescenza ha realizzato, nel corso dell’anno scolastico 2017-2018, un’indagine su un campione di 800 studenti e studentesse frequentanti le scuole superiori di Milano (fascia d’età 15-18 anni) per analizzare, in senso lato, il tema del rapporto tra i generi. C’è parità (non solo formale) tra uomini e donne? La vita, per quello che concerne il lavoro, la famiglia, le relazioni sociali sarà – secondo loro – condizionata dal genere di appartenenza? Per il 67% dei maschi e, addirittura, per il 98% delle ragazze in Italia ancora oggi ci sono pregiudizi che penalizzano le donne, soprattutto nel lavoro e nei rapporti sociali. Ma al di là di questo dato, per altro prevedibile, quello che incuriosisce è il riscontrare come tra maschi e femmine ci sia una percezione differente dei due ambiti. Sono molte di più le ragazze che riferiscono queste penalizzazioni all’ambito lavorativo (73% vs 59%), ma sono di più i ragazzi che pensano che le donne siano particolarmente penalizzate nei rapporti sociali (26% vs 15%).

Adò - Laboratorio Adolescenza -

2018; 1,2.

Trattandosi di studenti è evidente che di esperienze dirette di lavoro ne abbiano avute poche o nessuna, e che quindi rispondono in base al “percepito” o al “visto”, mente le esperienze sociali le vivono quotidianamente. Come spiegare, allora, la differente percezione? Una chiave di lettura, ma sarebbe interessante confrontare differenti interpretazioni, è che il mondo del lavoro è ancora talmente declinato al maschile che per i maschi è molto più difficile leggere come penalizzazioni di genere situazioni e atteggiamenti che interpretano come assolutamente normali. Ci vengono in aiuto i focus group che Laboratorio Adolescenza realizza a corredo delle indagini quantitative. Domanda classica: “Se consideriamo la maggior parte dei contesti lavorativi in cui ci sia una presenza equilibrata tra uomini e donne, nei ruoli dirigenziali e di vertice troviamo generalmente una percentuale di uomini molto maggiore. Secondo voi come mai?” La sintesi efficacissima delle risposte che normalmente seguono questa domanda è la

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E qui veniamo ad un altro ambito analizzato dall’indagine, ma strettamente collegato al primo. Domanda: “Come sono distribuiti, tra i vostri genitori, i lavori attinenti la gestione della casa e della famiglia?” Escludendo chi non vive con entrambi i genitori, nel 76% dei casi ad occuparsene è esclusivamente o prevalentemente la mamma, mentre le famiglie in cui se ne occupa esclusivamente o prevalentemente il papà sono il 5,5%. Nel rimanente 18,5% vengono svolti in maniera equilibrata da entrambi i genitori. Dove finisce l’ottimismo che questa in cantiere sia finalmente la generazione in cui, almeno in ambito familiare, si sancisca l’effettiva parità uomo/donna (le risposte dei maschi sono del tutto in linea con quelle delle femmine) e dove inizia l’illusione che si sgretolerà alla prova dei fatti se/quando le nuove famiglie somiglieranno molto alle “vecchie”? Naturalmente è una di quelle domande che potrà avere una risposta sensata solo “a consuntivo”, ma alcuni segnali su come si sta complessivamente muovendo la società (ed in parte anche le nuove generazioni) non inducono all’ottimismo.


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