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L’ostrica di Goro: eccellenza, innovazione e sostenibilità Elena Tamburini et al

L’ostrica di Goro: eccellenza, innovazione e sostenibilità

di Elena Tamburini, Alessandra Castellini, Alessandro Ragazzoni, Monia Castellini, Marianna Marzano, Gloria Minarelli, Chiara Bertelli, Edoardo Turolla, Vadis Paesanti, Giuseppe Castaldelli

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Si sono recentemente conclusi i dieci mesi di attività del progetto “Elementi di innovazione ambientale ed economica per lo sviluppo e la promozione dell’ostricoltura regionale”, fi nanziato nell’ambito della Priorità 4 FEAMP 2014-2020 SSL FLAG COSTA DELL’EMILIAROMAGNA. Il progetto aveva come obiettivo principale la valutazione delle prospettive di sviluppo del comparto ostricolo di Goro attraverso l’individuazione di processi produttivi innovativi e l’introduzione di modelli di gestione cooperativa volti a favorire da un lato la competitività e lo sviluppo di mercato, dall’altro assicurare sostenibilità economica (crescita dell’area, nascita nuove aziende, stabilizzazione politiche di prezzo), ambientale (garanzia di controllo sull’uso delle risorse, basso impatto ambientale) e sociale (miglioramento della qualità di vita lavorativa dei pescatori) all’intero comparto.

L’ostrica concava (Crassostrea gigas) è l’ostreide più diffuso e allevato su scala globale per le qualità delle sue carni e per la grande “rusticità” che la rende adatta a svariate soluzioni colturali in differenti siti. Questa specie, pur essendo originaria dell’area del Pacifi co, è ormai considerata cosmopolita giacché introdotta accidentalmente o volontariamente in molte aree geografi che temperate, comprese le coste italiane e nel Delta del Po, dove è presente dalla seconda metà degli anni Sessanta.

A livello italiano, le ostriche sono un prodotto decisamente apprezzato, con consumi in crescita specialmente in determinati perio-

L’Italia ha una antica tradizione di allevamento di ostriche che risale ai tempi degli antichi Romani.

A Goro, l’allevamento di ostriche è eff ettuato in mare aperto, in sospensione su impianti long-line.

di dell’anno, ma la quasi totalità oggi è di importazione, soprattutto francese. La produzione nazionale è, infatti, ancora quasi del tutto trascurabile, meno di 500 tonnellate/ anno, a fronte di un consumo annuo di circa 9.000 tonnellate.

L’Italia in realtà ha una antica tradizione di allevamento di ostriche che risale ai tempi degli antichi romani, ma con la caduta dell’impero la tradizione si è persa e solo con l’inizio dell’era moderna le ostriche hanno riacquistato una loro importanza, in particolare sulle tavole dell’aristocrazia francese, tanto da diventare nell’immaginario collettivo un prodotto totalmente legato alla Francia. Solo negli ultimi dieci anni anche nel nostro Paese è stata ripresa la tradizione con una certa continuità. Sono esempi signifi cativi l’ostrica rosa di Scardovari, l’ostrica verde del Golfo dei Poeti in Liguria, l’ostrica bianca del Gargano, l’ostrica di Sardegna e l’ostrica di Goro, dove da qualche anno si produce anche l’ostrica d’oro.

Il comune di Goro si trova in provincia di Ferrara, nella parte meridionale del Delta del Po, affacciato sull’omonima laguna, denominata localmente “sacca”. La Sacca di Goro è conosciuta in Italia e all’estero per la produzione di molluschi, in particolare le vongole veraci, di cui è il primo produttore in Europa.

A Goro, l’allevamento di ostriche è ancora agli inizi, in quanto è praticato da poco più di una decina di addetti e fornisce circa 20 tonnellate di prodotto all’anno. L’allevamento è effettuato in mare aperto, in sospensione su impianti long-line, e consta di quattro fasi: il reperimento del novellame, il pre-ingrasso, che dura 2-3 mesi, durante il quale le ostriche crescono da pochi millimetri a 2-3 centimetri, l’ingrasso, che dura 7-10 mesi a seconda delle condizioni ambientali e che porta le ostriche fi no alla taglia commerciale di 6-7 cm, e, infi ne, la selezione e il confezionamento. Tutto il seme che viene utilizzato in Italia, e a Goro, è di importazione francese, ma a Goro è ora attiva una produzione locale di seme, in schiuditoio, che permette di realizzare una fi liera ostricola completamente locale.

Nell’ambito del progetto sono stati valutati diversi scenari di produzione, affi ancando alla produzione tradizionale in mare anche la possibilità di effettuare il pre-ingrasso in laguna e trasportare poi le ostriche in long-line solo per l’ingrasso. I termini della valutazione si sono concentrati sulla fattibilità economica e sulla sostenibilità ambientale.

La sostenibilità ambientale è stata valutata attraverso l’analisi di ciclo di vita (LCA), con specifi ca attenzione al calcolo dell’impronta di carbonio. In particolare, è emerso come la produzione a km 0, con seme prodotto a Goro e la riduzione delle uscite in barca, e di conseguenza i

ridotti consumi di carburante, assicurino un prodotto a bassissimo impatto ambientale in termini di emissioni di chilogrammi di CO2 equivalenti. A titolo d’esempio, la produzione di 1 kg di ostriche a Goro comporta circa 400 grammi di emissioni di CO2 eq., mentre produrre la stessa quantità di carne bovina ne produce circa 30 kg, di carne suina circa 6 kg, di crostacei circa 15 kg, di salmone allevato circa 2,5 kg.

Ciò, senza considerare poi i benefi ci per l’ecosistema marino, derivanti da una produzione che non necessita di alcun apporto esterno di mangime, né di somministrazioni di antibiotici o antiparassitari, tipiche della pescicoltura intensiva.

In aggiunta, va anche sottolineato che, nel processo di crescita della conchiglia, le ostriche, come tutti gli altri bivalvi, generano un sequestro irreversibile di CO2 dal mare sotto forma di carbonato di calcio, rendendone la produzione completamente neutra sul fronte del bilancio del carbonio. In senso allargato, quindi,

i molluschi bivalvi, ostriche come vongole e cozze, sono ormai ritenuti fonte di proteine sostenibili per l’alimentazione del futuro, come riportato negli ultimi report della FAO del 2018 e del 2020 sullo stato della pesca e acquacoltura

mondiale.

Oltre ad essere sostenibile dal punto di vista ambientale, l’analisi economica ha dimostrato come l’ostricoltura rappresenti una buona opportunità di diversificazione della produzione, con la possibilità di generare profi tti in tempi brevi, secondo le stime del mercato. Al netto degli investimenti per l’impianto e la barca, con un impegno di 110 giornate/anno, una produzione di circa 8,5 tonnellate, e con un prezzo di vendita ipotizzato di 9 €/kg, l’attività genera un utile medio di gestione che oscilla tra i 10.000 e i 18.000 euro, a seconda degli scenari di produzione.

In particolare, il maggior valore per tutti gli attori della fi liera (fornitori, produttori, clienti, consumatori) viene creato e mantenuto se il sistema scelto per lo sviluppo del comparto è orientato al cooperativismo, mutuando l’esperienza già positiva e consolidata della principale fi liera locale, quella della venericoltura.

L’ostricoltura, dunque, rappresenta sicuramente un’opportunità per il territorio, avendo ampi margini di aumento della produzione rispetto alla domanda, ma è chiaro che la sfi da per i nuovi addetti è ancora tutta in salita, dal momento che a fronte di potenzialità future, i rischi e gli investimenti devono essere presenti. Il principale punto di debolezza alla diffusione della produzione di ostriche è perciò l’attuale reticenza dell’imprenditoria ad intraprendere una produzione nuova, a fronte di una fi liera che oggi è strutturata solo per le esigenze della ristorazione locale e va tutta costruita e riorganizzata, a partire dalla logistica e dalla distribuzione.

La possibilità di darsi una gestione cooperativa diviene un vantaggio anche in termini di promozione del prodotto, potendo accedere a canali di marketing che il singolo produttore non riuscirebbe ad approcciare. Le ostriche, infatti, sono per il consumatore italiano un prodotto associato al lusso e ad un consumo legato ad un’esperienza complessiva di gusto e fascinazione che deriva anche dal territorio di provenienza recente di questa tradizione culinaria. Questo immaginario attualmente è legato per lo più alla Francia e per la promozione allargata del prodotto servirebbe un intervento mirato e condiviso tra tutti, produttori, commercianti e distributori, per diffondere una percezione nuova di un prodotto italiano.

Di fatto, ha iniziato a diffondersi tra i consumatori italiani la curiosità di assaggiare il prodotto italiano e locale, così come tra gli operatori della ristorazione, favorevoli ad inserire nei loro menù l’ostrica nazionale, dimostrando come il mercato riconoscerebbe il valore del prodotto in sé e del racconto di un territorio ad esso associato.

A tal proposito è auspicabile un percorso di valorizzazione basato su un marchio proprio delle associazioni di produttori che sia al tempo stesso garanzia dell’applicazione di un processo produttivo a basso impatto e anche un’opportunità per identifi care prodotto, territorio e ostricoltori.

In conclusione, il progetto ha permesso, come atteso, di fornire al territorio gli elementi necessari per comprendere le potenzialità di avviare una produzione innovativa, anche in un’ottica vantaggiosa di diversifi cazione in un contesto di monoeconomia basato sull’allevamento della vongola, e ha fornito gli strumenti per intraprendere la giusta via di valorizzazione commerciale, integrata ad una promozione territoriale complessiva.

Elena Tamburini Alessandra Castellini Alessandro Ragazzoni Monia Castellini Marianna Marzano Gloria Minarelli Chiara Bertelli Edoardo Turolla Vadis Paesanti Giuseppe Castaldelli

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