TRAVEL
Costa etrusca
Ortona
Riviera dei cedri
INTERVISTE
Alessandro Giuli
Larissa Iapichino
Gabriella Pession
Costa etrusca
Ortona
Riviera dei cedri
INTERVISTE
Alessandro Giuli
Larissa Iapichino
Gabriella Pession
Oltre 120 destinazioni Frecce e Freccialink tra mare, montagna e città d’arte. E con FrecciaFAMILY i ragazzi sotto i 15 anni viaggiano gratis, gli adulti con uno sconto del 50%.
Mentre mandiamo alle stampe questo numero, la temperatura ha raggiunto in alcune città, e non solo qui a Roma, picchi pare mai toccati prima. Sembra l’estate degli eccessi, almeno riguardo al clima. Considerati anche alcuni eventi atmosferici estremi che hanno provocato ingenti danni, qualche centinaio di chilometri più a Nord. Vedremo cosa ci riserverà agosto, un mese che qualcuno interpreta – ma qui mettiamo da parte il meteo – come quello della trasgressione e degli eccessi, «moglie mia non ti conosco», e altri, invece, come quello dell’omologazione «tutti al mare, tutti al mare…». Come accade sempre nella vita, agli estremismi si affiancano le mediazioni e agli eccessi la moderazione. Se vogliamo dar fondo ai luoghi comuni, basta ricordare che si nasce incendiari e si muore pompieri.
Sulla Freccia di agosto, viaggiando su e giù per l’Italia, trovate tutto questo. Sfogliando la rivista dalle ultime pagine, incontrerete l’estremismo sportivo di chi sfida se stesso in una prova ai limiti delle umane possibilità, correndo per 170 chilometri intorno al massiccio del Monte Bianco e coprendo
un dislivello di 10mila metri, oppure la trasgressione delle star del rock fotografate da Mark Allan in mostra a Bologna, o ancora tutto quello che si associa a ogni pratica religiosa o mistica così radicale da arrivare fino alla trasfigurazione del proprio corpo attraverso le foto di Andrea Alborno esposte ad Aosta, tra riti hindu e le tradizionali Fiesta de los diablitos in Costa Rica e il Kalarippayat nel Kerala. Viaggiare, come abbiamo sempre scritto, ci mette in contatto con l’Altro, distantissimo da noi, ma che c’è, e ha una sua ragion d’essere che possiamo anche non condividere ma dobbiamo conoscere. L’hegeliano «ciò che è reale è razionale» non è un assioma reazionario. Nello stesso numero conoscerete la mediazione, l’equilibrio e il buon gusto che contraddistinguono l’abile meticolosità dei sarti e degli artigiani partenopei della moda maschile, riuniti nell’associazione le Mani di Napoli. E viaggerete come sempre con noi scoprendo angoli suggestivi del nostro Paese, musei a cielo aperto, sentieri da percorrere con quella giusta lentezza da contrapporre alla frenesia che contrassegna – troppo spesso inutilmente – la nostra vita quotidiana. Magari d’agosto no. Le vacanze a questo servono. Prendetevi il giusto tempo, leggetevi tutte le nostre interviste, da quella di copertina con i cantanti del gruppo Il Volo a quella con il direttore del MAXXI di Roma Alessandro Giuli. Infine, lasciatevi ispirare dalla nostra recensione del libro del mese, e trovate il tempo per leggerlo. Vi salirà non uno, ma più groppi in gola. Potete anche piangere, a volte fa bene quanto ridere. Buona estate.
IL MONDO DIETRO L’ANGOLO
Dal Trentino alla Basilicata, i panorami italiani che ricordano scorci e località estere. Per respirare un’atmosfera esotica senza uscire dal Paese
NAPOLI A PARIGI
Fino all’8 gennaio 2024 il Louvre ospita le opere più famose della Reggia di Capodimonte. Un dialogo culturale senza precedenti, tra inusuali faccia a faccia e nuovi allestimenti creativi
96
Primatista indoor italiana nel salto in lungo, Larissa Iapichino si prepara a indossare la maglia della Nazionale di atletica nei Mondiali di Budapest, dal 19 al 27 agosto
BERNARD BEDARIDA
Giornalista francese che vive in Italia. Lavora principalmente per il telegiornale di Tf1, la prima rete tv della Francia. Ha realizzato per Rai documentari un film dedicato all’attrice italiana Laura Antonelli
GIULIANO COMPAGNO
Ha pubblicato 24 volumi tra saggistica, narrativa, aforismi e comica, oltre ad aver scritto quattro libretti di opera contemporanea per il maestro Vittorio Montalti. Vive a Roma, da dove in genere parte e ritorna
VALENTINA LO SURDO
Conduttrice radiotelevisiva Rai, pianista classica con anima rock, presentatrice, speaker, attrice. Trainer di comunicazione, da 20 anni è reporter di viaggi all’ascolto del mondo. Le sue destinazioni preferite? Ovunque ci sia da mettersi in cammino
BEATRICE SCIARRILLO
Torinese, laureata in Beni culturali, ha studiato editoria, frequenta un master di scrittura creativa e collabora con Molly Bloom. Scrive di libri e arte su Nuovi argomenti e Letterate magazine. Il suo racconto Più niente da toccare ha vinto il Premio Italo Calvino 2023. È membro della giuria del concorso letterario Fahrenheit e ha lavorato presso Edizioni Ester
64 i chilometri della Ciclovia della Serra, nel Biellese [pag. 56]
6,97
i metri saltati da Larissa Iapichino agli Europei indoor di Istanbul [pag. 97]
48 le fotografie di Mark Allan in mostra a Bologna [pag. 108]
FSNews.it, la testata online del Gruppo FS Italiane, pubblica ogni giorno notizie, approfondimenti e interviste, accompagnati da podcast, video e immagini, per seguire l’attualità e raccontare al meglio il quotidiano. Con uno sguardo particolare ai temi della mobilità, della sostenibilità e dell’innovazione nel settore dei trasporti e del turismo quali linee guida nelle scelte strategiche di un grande Gruppo industriale
ERRATA CORRIGE
NUMERO DI LUGLIO 2023, PAGINA 23
La foto di Chauncey Hare appartiene a una serie di scatti realizzati a scopo di protesta e come monito contro la crescente dominazione sui lavoratori da parte delle multinazionali e delle élite che le dirigono e le posseggono.
Con questo QR code puoi sfogliare La Freccia anche online. Buona lettura
PER CHI AMA VIAGGIARE
MENSILE GRATUITO PER I VIAGGIATORI
ANNO XV - NUMERO 08 - AGOSTO 2023
REGISTRAZIONE TRIBUNALE DI ROMA
N° 284/97 DEL 16/5/1997
CHIUSO IN REDAZIONE IL 21/07/2023
Foto e illustrazioni
Archivio FS Italiane AdobeStock
Copertina © Adriana Tedeschi
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ALCUNI CONTENUTI DELLA RIVISTA SONO RESI DISPONIBILI MEDIANTE LICENZA CREATIVE COMMONS BY-NC-ND 3.0 IT
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Hanno collaborato a questo numero
Marco Mancini
Davide Falcetelli
Michela Gentili
Sandra Gesualdi, Cecilia Morrico, Francesca Ventre
Gaspare Baglio, Alex A. D’Orso, Irene Marrapodi
Francesca Ventre
Giovanna Di Napoli
Claudio Romussi
Bernard Bédarida, Osvaldo Bevilacqua, Cesare Biasini Selvaggi, Peppone Calabrese, Claudia Cichetti, Giuliano Compagno, Fondazione FS Italiane, Enzo Fortunato, Alessio Giobbi, Sandra Jacopucci, Valentina Lo Surdo, Filippo Nassetti, Enrico Procentese, Andrea Radic, Gabriele Romani, Davide Rondoni, Flavio Scheggi, Beatrice Sciarrillo, Mario Tozzi
REALIZZAZIONE E STAMPA
Via A. Gramsci, 19 | 81031 Aversa (CE) Tel. 081 8906734 | info@graficanappa.com Coordinamento Tecnico Antonio Nappa
PROGETTO CREATIVO
Team creativo Antonio Russo, Annarita Lecce, Giovanni Aiello, Manfredi Paterniti, Massimiliano Santoli
PER LA PUBBLICITÀ SU QUESTA RIVISTA advertisinglafreccia@fsitaliane.it
La carta di questa rivista proviene da foreste ben gestite certificate FSC® e da materiali riciclati
On web
La Freccia si può sfogliare su fsnews.it e su ISSUU
La connessione tra immagine e realtà, tra vita personale e storia collettiva, ma anche la reinterpretazione di icone e simboli culturali e artistici di Oriente e Occidente.
La mostra Yan Pei-Ming. Pittore di storie, curata da Arturo Galansino, a Palazzo Strozzi fino al 3 settembre, raccoglie ed esplora la potente quanto originale ricerca del pittore franco-cinese, per la prima volta in Italia con una ricca monografica.
Oltre 30 opere che riflettono e riconsiderano il rapporto tra memoria e presente attraverso figure, paesaggi, nature morte e tele di storia. Tutti i dipinti prendono ispirazione dalle fonti più disparate: scatti intimi, cover di giornali, still cinematografici o quadri famosi.
Pei-Ming invita a indagare sulla contraddizione tra con -
cretezza e rappresentazione, verità e costruzione delle immagini, aspetto sempre più dominante nell’era della riproduzione e della condivisione digitale della narrazione pubblica e privata. Spazio, quindi, ad autoritratti, fotografie di famiglia e scatti di personaggi storici, come l’ex presidente della Repubblica cinese Mao Zedong. Ma anche a reinterpretazioni di opere immortali come La Gioconda di Leonardo da Vinci. Non mancano sequenze di dipinti legati a immagini drammatiche della storia italiana, come il ritrovamento del corpo di Pier Paolo Pasolini all’idroscalo di Ostia, nel 1975, o quello di Aldo Moro nel bagagliaio di un’auto a Roma, tre anni dopo. palazzostrozzi.org palazzostrozzi
Utilizza l’hashtag #railwayheart oppure invia il tuo scatto a railwayheart@fsitaliane.it. L’immagine inviata, e classificata secondo una delle quattro categorie rappresentate (Luoghi, People, In viaggio, At Work), deve essere di proprietà del mittente e priva di watermark. Le foto più emozionanti tra quelle ricevute saranno selezionate per la pubblicazione nei numeri futuri della rubrica.
a cura di Enrico Procentese enry_pro
di Alessio Giobbi - a.giobbi@fsitaliane.it
Elena lavora per Mercitalia Intermodal, la società per il trasporto merci combinato del Polo Logistica di FS Italiane.
Qual è la tua funzione?
Mi occupo di coordinare la manutenzione dei carri ferroviari all’interno della Direzione tecnica e in particolare nelle diverse officine, italiane ed estere, in un’ottica di efficientamento del processo e ottimizzazione dei costi.
Ho preso la laurea in Ingegneria dei sistemi di trasporto e sono entrata nel Gruppo FS nel 2019, dopo un progetto di tesi sulle strategie di manutenzione preventiva. La preparazione accademica mi ha dato un’ottima base di partenza per farmi muovere al meglio nel mondo del lavoro.
Come si svolge la tua giornata?
In realtà, la mia attività è molto diversificata: la gestione della manutenzione preventiva e correttiva dei carri merci è caratterizzata da processi di pianificazione, analisi, registrazioni a sistema, controllo e monitoraggio delle attività eseguite dai nostri appaltatori.
Senza contare i momenti di formazione e aggiornamento professionale. La supervisione viene effettuata attraverso i sopralluoghi con l’obiettivo di individuare le strategie manutentive più efficaci al miglioramento dei livelli prestazionali della nostra flotta.
Quanto è importante la formazione sul campo? È complementare a quella teorica perché consente di verificare l’efficacia della strategia manutentiva sulle effettive condizioni dei rotabili e in relazione al modus operandi delle ditte appaltatrici. Le visite ispettive che vengono svolte nelle officine danno un contributo fondamentale al lavoro delle aziende appaltatrici ma anche al nostro, grazie allo scambio di esperienza e alla condivisione delle reciproche best practice.
In che modo?
Insieme ai sopralluoghi, le visite consentono di monitorare nel migliore dei modi le attività e la programmazione degli interventi e di valutare l’effettivo fabbisogno manutentivo e quello dei relativi ricambi. Questa attività ci offre la possibilità di coltivare un rapporto di collaborazione con i fornitori e gli altri soggetti coinvolti.
Cosa ti piace di più del tuo lavoro?
Negli anni ho costruito una rete di relazioni che mi ha aiutato a migliorare le competenze e a creare sinergie con altre aziende, interne ed esterne al Gruppo FS, contribuendo anche alla mia crescita personale.
E poi è molto stimolante lavorare in un gruppo affiatato, competente e appassionato del mondo ferroviario. Infine, c’è l’aspetto motivazionale: contribuire alla qualità del servizio offerto ai nostri clienti grazie all’efficienza della flotta carri per me è un grande motivo di orgoglio.
Eugenio Russo, classe 2005, studente di un istituto tecnico romano, è Chief Executive Officer di Conthackto, piattaforma dedicata all’organizzazione di hackathon online. Un viaggio virtuale e reale (anche in treno) per aiutare i ragazzi tra i 14 e i 19 anni ad apprendere competenze utili per il futuro.
Come sei entrato a far parte del progetto?
L’interesse verso il mondo delle startup mi ha avvicinato a Conthackto, che supporta gli studenti delle superiori nell’orientamento scolastico, educativo e professionale. Mi sono approcciato al progetto partecipando a una delle tante iniziative dell’organizzazione e successivamente, seguendo le attività da vicino, mi sono ritrovato a ricoprire prima il ruolo di Project Director, e poi quello di Chief Executive Officer. Ora mi occupo della gestione di tutti i team presenti.
In quale ambito si svolge l’attività?
Contribuiamo allo sviluppo di iniziative in ambito education dove la formazione digitale è un elemento centrale. Attraverso la piattaforma è possibile prendere parte a competizioni in team e creare progetti innovativi su temi che spaziano dalla società all’ambiente, dalla digitalizzazione al corretto utilizzo delle nuove tecnologie. L’obiettivo è fornire alla Generazione Z l’opportunità di mettersi alla prova, sviluppare idee creative, promuovere eventi per costruire la scuola del futuro.
Come è mutato il metodo di apprendimento?
La didattica, per come la pensavamo prima della pandemia, ha subito un cambiamento radicale perché le tecnologie digitali sono entrate in modo significativo nelle aule scolastiche. L’intento è cavalcare la transizione che la scuola sta vivendo sfruttandone a pieno tutte le opportunità.
Ma, nel contempo, siamo consapevoli di quanto rimanga fondamentale l’interazione diretta, l’esperienza in presenza che consente di creare legami autentici tra gli studenti e le studentesse e il corpo docente.
Esiste un giusto equilibrio tra online e offline?
Direi che questa è la nostra principale missione. In molti casi l’eccesso di connessione ha portato, paradossalmente, a un allontanamento tra le persone. Per questo offriamo agli studenti percorsi di apprendimento in cui hanno l’opportunità di relazionarsi con esperti e membri di differenti realtà culturali, territoriali e lavorative.
Che ruolo ha il treno nella tua attività?
La nostra visione si basa sull’idea di viaggio, sia reale che virtuale, alla scoperta dei valori e delle competenze utili per affrontare il futuro. Il treno è diventato parte integrante della vita di chi viaggia da ogni parte d’Italia per raggiungere i nostri eventi e per partecipare alle iniziative. Ma è anche una metafora evocativa della connessione tra persone e idee utili a favorire l’apprendimento dei giovani.
L’ASSOCIAZIONE LE MANI DI NAPOLI
PROPONE UN
DISCIPLINARE PER DETTARE LO STILE
DEL BEL VESTIRE
PARTENOPEO. E TUTELARE CHI
REALIZZA CAPI
ARTIGIANALI
E SU MISURA
di Cecilia Morrico MorriCecili morricocecili
Lo stile napoletano è una somma non algebrica di scioltezza, comodità, proporzione e ottimismo. Le scelte di materiali, linee e tecniche devono privilegiare soluzioni i cui risultati suggeriscono tali qualità». Questo è uno degli assunti che si leggono sul Disciplinare della sartoria napoletana realizzato dall’associazione le Mani di Napoli e presentato a Pitti Uomo, a Firenze, lo scorso 14 giugno.
Il capoluogo campano è già di per sé un tesoro, che vanta come Patrimonio Unesco il centro storico e l’arte della pizza. Ma si distingue da sempre anche per l’eleganza e l’abbigliamento di qualità al maschile. Per questo è nato il consorzio le Mani di Napoli, che riunisce maestri artigiani e aziende storiche della moda partenopea per promuovere la sartoria e il culto del bel vestire. Tanti i rappresentanti autorevoli che hanno scelto di adottarlo
tra i quali Dalcuore, Sartoria Sabino e Formosa per il tailoring, Calabrese 1924 per la cravatteria, Francesco Avino per la camiceria, Paolo Scafora per la calzoleria. Insieme a loro anche chi da sempre si è impegnato per il settore, come lo stesso presidente dell’associazione: Giancarlo Maresca, avvocato, cultore e appassionato del mondo classico maschile.
Come nasce l’associazione le Mani di Napoli?
L’idea è stata sempre nell’aria, era un desiderio di sarti e maestri artigiani. Ma si è concretizzata solo quando è stato raggiunto un numero sufficiente di partecipanti e sono arrivate le approvazioni delle istituzioni comunali. È importante dire che nessuno dei nostri soci, che chiamiamo Camere d’arte, è a caccia di clienti: li hanno già, anzi a volte la domanda supera la produzione. L’interesse primario è fare sistema per dettare le regole del buon gusto maschile. A Napoli ci sono dei veri maestri, durante il Pitti abbiamo premiato i sarti decani Antonio Liverano e Carmelo Crimi e consegnato le targhe alla memoria ai fondatori di Calabrese 1924, Sartoria Formosa e Barbarulo, che realizza gemelli da polso. E potrei citarne tanti altri ancora, come Marco Cerrato o Massimo
Corrado per il pantalone su misura. Oppure Paolo Scafora con le sue calzature rigorosamente fatte a mano.
Quali sono i vostri obiettivi principali?
Vogliamo valorizzare e tramandare il patrimonio e la tradizione napoletana. Tutti i membri puntano a diffondere il prestigio e la credibilità dello stile partenopeo. A tal proposito lo stesso rettore dell’Università Federico II, Matteo Lorito, ha deciso di lanciare, a 800 anni dalla fondazione dell’ateneo, un’Academy sul bel vestire in partnership con noi. Un passo importante per promuovere i mestieri di un settore che è parte dell’arte, della cultura e dell’immagine del nostro Paese.
Perché avete pensato di stilare un Disciplinare della sartoria napoletana?
Spesso si incappa in commercianti che spacciano una giacca o un paio di pantaloni qualunque per un capo classico partenopeo: il Disciplinare è nato proprio per distinguere il grano dalla pula. Ci siamo interrogati su come vada realizzata una giacca e insieme alle nostre Camere d’arte, primo fra tutti Sartoria Sabino, abbiamo dettato le regole base. Un testo trasparente capace di contrastare l’ambiguità in cui sguazza chi smercia articoli mediocri. Per valorizzare il prodotto, il marchio e la persona di ogni singola azienda.
Quali sono i principi irrinunciabili?
Sicuramente il bagno dei tessuti. Non va fatto a tutti, ma è indispensabile per fibre come lino e cotone: sono materiali che vanno lavorati bene per poter
ottenere il risultato sperato. E poi direi la prova del capo sulla persona, essenziale per una giacca o un abito su misura. Abbiamo adottato tre tipi di etichette d’eccellenza: la bianca per chi completa tutte le lavorazioni di base, quella color oro per chi ha aggiunto un tocco di raffinatezza in più, la nera per chi ha realizzato il capo in modo tradizionale al 100%, senza scorciatoie.
Cosa invece va assolutamente evitato?
Il termoincollato: le giacche vanno cucite. E poi non bisogna utilizzare la pressa a mangano, che comprime la tela con troppa forza impedendogli di seguire le linee del corpo e rendendo ogni capo uguale.
manidinapoli.com
Penso alle lingue come porta del mondo: la traduzione e l’interpretariato come chiavi per aprirla.
Lauree Triennali
• Interpretariato e comunicazione
• Lingue, cultura e comunicazione digitale
Lauree Magistrali
• Traduzione specialistica e interpretariato di conferenza
Ultima sessione test settembre AA 2023/24 Info su openday.iulm.it
AGENDA
a cura di Alex A. D’Orso - an.dorso@fsitaliane.it - Irene Marrapodi - ir.marrapodi@fsitaliane.it - Francesca Ventre - f.ventre@fsitaliane.it
ROMA 10 SETTEMBRE
Il 10 settembre, al Tempio di Venere e Roma, all’interno del Parco del Colosseo, si tiene il concerto Time For Change, un evento benefico a supporto della campagna di eradicazione della polio promossa dal Rotary International e dai partner della Global Polio Eradication Initiative. Nonostante i casi di poliomielite nel mondo siano drasticamente diminuiti negli ultimi 30 anni, è ancora necessario intervenire in alcuni contesti per far sì che i risultati ottenuti non vadano persi e si possa arrivare alla totale scomparsa della malattia.
La serata riunisce artisti nazionali e internazionali sensibili al tema. Sono tanti, infatti, i musicisti, i ballerini e i performer che si alternano sul palco. Da un’idea di Danilo Cirilli, con la direzione artistica di Luca Tommassini, l’evento è unico nel suo genere: suoni, luci, coreografie e movimenti sono
pensati per dare vita a uno spettacolo che si avvale del linguaggio cinematografico per coinvolgere il pubblico in un’esperienza immersiva.
La magia del concerto è amplificata, poi, da una scenografia capace di esaltare la location esclusiva e ispirata alle opere dello scultore italiano Jago: al centro del progetto la sua opera Look Down. Un invito a guardare in basso, a porre lo sguardo verso i più fragili. La scultura ha già fatto il giro del mondo, partendo da piazza del Plebiscito, a Napoli, per poi essere successivamente esposta nel deserto di Al Haniyah a Fujairah, negli Emirati Arabi Uniti, con il nome di Look Here, arrivando fino al palco di Time For Change a Roma. Una notte da ricordare, con una platea di 400 ospiti che possono prendere parte, tra l’altro, a un tour privato del Colosseo e alla cena curata dalla chef stellata Cristina Bowerman. thetimeforchange.com
MUSICA CON VISTA
ITALIA FINO AL 30 SETTEMBRE
Il viaggio musicale attraverso le bellezze del Paese si ispira alla pratica del Grand Tour degli aristocratici del ‘700, che visitavano l’Europa continentale per ampliare la loro cultura. Circa 40 concerti, organizzati da 19 enti storici del Comitato Amur, accendono l’intera estate, consentendo anche ai profani di avvicinarsi alla musica classica davanti a spettacolari viste panoramiche. Arrivato alla quarta edizione, quest’anno il festival diffuso
viene ospitato nei giardini e nei chiostri di monumenti e dimore storiche come Castel Belasi a Campodenno (Trento), l’Abbazia di San Nicolò a San Gemini, in provincia di Terni, e Villa Pulejo a Messina. L’ultimo concerto, il 30 settembre, è nel Palazzo delle Poste di piazza di San Silvestro, a Roma. L’iniziativa consente anche di visitare borghi, siti culturali, dimore storiche e parchi, e di partecipare a degustazioni, escursioni, passeggiate e gite in bicicletta. musicaconvista.it
ESTATE REALE TORINO FINO AL 31 OTTOBRE
La musica è il filo conduttore dei tre cicli di eventi che, per tutta la stagione calda, ravvivano il Teatro romano e i giardini dei Musei reali a Torino. Un giovedì al mese, la rassegna intitolata Favole in forma sonata illustra il legame tra questa espressione artistica e il linguaggio teatrale, mentre ogni venerdì sera il progetto Torino crocevia di sonorità, organizzato con il conservatorio Giuseppe Verdi, esplora forme musicali contemporanee. Il terzo appuntamento è con Notti sonore: otto eventi serali in cui la magia delle note si unisce a degustazioni di vino, talk e performance sulla cultura africana, reading di poesia e danze celtiche. museireali.beniculturali.it
Il Teatro romano dei Musei reali di Torino
I LOVE LEGO
MONZA FINO AL 16 SETTEMBRE
Creazioni artistiche, scenari riprodotti minuziosamente e ambienti in scala realizzati utilizzando oltre mezzo milione di mattoncini. La Villa reale, con il suo stile neoclassico, ospita una mostra dedicata a tutti gli appassionati delle iconiche costruzioni Lego. L’esposizione raccoglie diverse tipologie di diorama: dai castelli ispirati alle epiche battaglie medievali alle scene che rievocano la Seconda guerra mondiale, fino alle stazioni ferroviarie e alle città moderne con i loro grattacieli. Completa l’esperienza un’installazione site-specific: la riproduzione in scala dell’intera Villa reale. L’omaggio è composto da 60mila mattoncini, per due metri di lunghezza e un metro e 80 di profondità. reggiadimonza.it Il diorama di uno scalo merci ferroviario esposto in mostra
FESTIVAL DELLA COMUNICAZIONE
CAMOGLI (GENOVA) 7>10 SETTEMBRE
La manifestazione ligure, che vede il Gruppo FS come main partner, giunge quest’anno alla decima edizione. A contraddistinguere l’evento del 2023 è il tema della memoria, caro al padre nobile della manifestazione Umberto Eco. Un fil rouge che collega gli interventi e invita a riflettere sul ruolo del ricordo nella costruzione dell’identità di persone e popoli. Gli ospiti attesi sono tanti e provengono da diverse aree del sapere: si comincia con il giornalista Enrico Mentana e si prosegue con lo scrittore Domenico Starnone, lo psicoanalista Massimo Recalcati e la scienziata Sahra Talamo. È in programma, inoltre, la partecipazione di Luigi Ferraris, Amministratore Delegato di Ferrovie dello Stato Italiane. Personalità di spicco dal mondo del teatro e della letteratura intrattengono invece il pubblico con spettacoli, reading e performance musicali. festivalcomunicazione.it
Il giornalista Federico Fubini durante una passata edizione del festival
MACINARE CULTURA
EMILIA-ROMAGNA E REPUBBLICA DI SAN MARINO
FINO AL 10 SETTEMBRE I mulini storici diffusi nel territorio dell’Emilia-Romagna diventano le scenografie di sei giornate all’insegna di musica e teatro. Scopo della quarta edizione della manifestazione organizzata da Ater Fondazione, dal sottotitolo La tradizione in movimento, è proporre lo spettacolo popolare in chiave contemporanea. Così, ai Mulini di Canepa nella Repubblica di San Marino va in scena il 20 agosto Mulinar di suoni e parole, spettacolo musicale che prende forma da testi dedicati all’acqua di vari autori, mentre al Mulino Scodellino di Castel Bolognese (Ravenna), la sera di venerdì 1° settembre, si esibisce il trio Enerbia. Chiude la rassegna, il 10 settembre al Mulino Mengozzi di Fiumicello a Premilcuore (Forlì-Cesena), la musica gipsy jazz dell’Orchestra Bohémien. ater.emr.it L'Orchestra Bohémien
TODI FESTIVAL
TODI (PERUGIA) 26 AGOSTO>3 SETTEMBRE
La cittadina medievale accoglie per la 37esima edizione la grande kermesse di teatro, musica e arti visive, con la direzione artistica di Eugenio Guarducci. In calendario opere inedite, debutti nazionali ed esclusive regionali, senza repliche. Apre il festival il 26 agosto Sempre aperto teatro, un omaggio alla poetessa e scrittrice Patrizia Cavalli, di e con Iaia Forte accompagnata dalla musica live di Diana Tejera. Il 28 debutto nazionale di Vecchi tempi, opera del drammaturgo britannico Harold Pinter, con Valentina Banci. Il 30 tutti in piazza del Popolo per il primo concerto di Madame in Umbria. La chiusura del 3 settembre è affidata a Stefano Massini e Luca Barbarossa con lo spettacolo La verità, vi prego, sull’amore, un mix di storie e canzoni d’autore. todifestival.it
PALINDROMIA. TRA SOGNO E REALTÀ
ROMA 12>19 AGOSTO
Il palindromo corrisponde a una sequenza di lettere o sillabe che, se letta in senso inverso, ha come esito la sequenza di partenza o un’altra serie comunque dotata di significato. Uno schema che può essere applicato alla lingua ma anche alle immagini. Le fotografie dell’artista Giuseppe Alessandrini in mostra al Tempio dei mormoni di Roma rispondono a questo principio e invitano il visitatore, attraverso l’originale ripetizione di forme e colori, a riflettere sul concetto di infinito, circolarità e armonia. L’esposizione raccoglie ritratti di paesaggi, scorci che sembrano appartenere a un tempo lontano, in grado di suscitare nostalgia in chi guarda e di attivarne l’immaginazione. Un esperimento innovativo che coniuga tecnica, visione e fantasia.
Una delle fotografie in mostra
FESTA DELLE NARRAZIONI POPOLARI CIVITARETENGA (L’AQUILA) 16>18 AGOSTO
Per tre giorni il seicentesco Convento di Sant’Antonio ospita il festival organizzato in occasione dei 20 anni dalla fondazione della rivista letteraria TerraNullius. Reading, spettacoli musicali, dibattiti, presentazioni, passeggiate narrative alla scoperta del borgo e una piccola fiera dell’editoria indipendente all’interno del chiostro ruotano intorno alla domanda che anima la rivista: è possibile per un territorio rinascere tramite le narrazioni?
Tra gli ospiti attesi sull’Altopiano di Navelli lo scrittore Sandro Bonvissuto, che ha curato la ristampa di Cristo fra i muratori, romanzo del 1939 scritto dall’intellettuale operaio Pietro di Donato, la cantautrice Giulia Anania e lo scrittore e poeta Aurelio Picca. terranullius.it
ARMONIE D’ARTE FESTIVAL
CALABRIA FINO AL 30 SETTEMBRE
RAFFAELLA. ICONA DELL’ARTE BARI FINO AL 3 SETTEMBRE
Semplice senza essere banale, leggera ma non superficiale, sensuale e intelligente, Raffaella Carrà resta nell’olimpo dei personaggi più amati della cultura popolare italiana. Una mostra del Museo civico di Bari la ricorda attraverso gli occhi di illustratori, fumettisti e artisti internazionali, dal cileno Gabriel Ebensperger alla persiana Daria Derakhshan, passando per la francese Zelda Bomba, la greca Kelly K. e gli italiani Vauro e Andrea Giacopuzzi. Attraverso i loro occhi, le tecniche e gli stili differenti, il celebre caschetto biondo sprigiona nuova energia e diventa un mezzo per ripercorrere i cambiamenti della società occidentale e l’evoluzione del settore televisivo e pubblicitario. museocivicobari.it
La rassegna di cultura e arti performative torna per il 23esimo anno a illuminare i luoghi più suggestivi della regione, dal Parco archeologico di Scolacium, in provincia di Catanzaro, al centro storico di Vibo Valentia. Musica, danza, mito e creatività contemporanea si mischiano per raccontare le molte sfaccettature del concetto di armonia. Tra i tanti ospiti spiccano i nomi di Vinicio Capossela, originale cantautore di origini irpine, e quello del pianista Stefano Bollani in dialogo con Trilok Gurtu, percussionista famoso per aver fuso le tecniche musicali occidentali e indiane. Grande attesa anche per la cantante Alice, con il suo omaggio al maestro siciliano Franco Battiato. E, ancora, performance teatrali e spettacoli di danza per un cartellone ricco di prime, produzioni originali e progetti pensati appositamente per la manifestazione. armoniedarte.com Il Parco archeologico di Scolacium
DONNE, EROINE E DAME ALL’OPERA DEI PUPI
MODICA (RAGUSA) FINO AL 22 OTTOBRE È la seconda tappa di una mostra itinerante in Sicilia, partita nel 2021 per celebrare un secolo di vita delle marionette dei Fratelli Napoli. La location scelta è nelle scuderie storiche del Palazzo De Leva, scavate nel banco roccioso, alle quali si accede attraverso un portale in stile gotico. L’esposizione racconta i capolavori del Patrimonio orale e immateriale dell’umanità, con un’attenzione particolare al ruolo femminile di regine, principesse ed eroine armate, ma anche delle donne che partecipano alla produzione e messinscena degli spettacoli, come le costumiste e le “parlatrici”, tra cui Italia Chiesa Napoli. A fianco dei pupi sono esposti fondali e scenografie teatrali e parte dell’allestimento è ecosostenibile. sikarte.it
Gemma della Fiamma (1915-1920)
di
Andrea Radic Andrea_Radic andrearadic2019
VILLA FRANCIACORTA PRODUCE SOLO VINI MILLESIMATI: UNA SCELTA DI STILE
Un antico borgo medioevale, una cantina che risale al 1500 e vini che trattengono nel calice la straordinaria bellezza, i profumi e il carattere del territorio, grazie a vigneti perfettamente esposti sui colli terrazzati intorno alla proprietà.
Questo è Villa Franciacorta. Creata da Alessandro Bianchi nel 1960, la proprietà vive una costante crescita lungo i decenni, grazie all’intuizione vinicola e alla passione del fondatore. Nel 1990 lo stesso Bianchi decide, insieme ad altri colleghi, di inaugurare il Consorzio Franciacorta scegliendo la strada del Metodo classico e portandolo all’effettiva consacrazione. Oggi è Roberta Bianchi a incarnare con amore e orgoglio l’animo del padre, guidando la produzione di soli millesimati. «Qualità è non quantità», ama dire dei suoi vitigni Pinot bianco, Chardonnay e Pinot nero che considera «tesori unici». Proprio da questi tre nasce Emozione 2019, un Brut di grande fascino premiato lo scorso luglio all’International Wine Challenge di Londra come Best Italian Sparkling Wine. Al naso è floreale e fruttato, ricco e fresco. Al palato scende avvolgente con grande eleganza, per aprirsi a un intrigante finale. Stupendo calice anche
il Bokè 2019, un rosé capace di esaltare l’anima del Pinot Nero. Vellutato e sensuale il Mon Satèn 2018, espressione pura di godimento enologico. Oltre alla storica cantina, l’azienda ospita l’agriturismo Villa Gradoni charme & nature e il ristorante Éla osteria in villa. villafranciacorta.it
AL BOTANIA RELAIS & SPA DI ISCHIA CUCINA VEGETARIANA E BENESSERE
Adagiato su un promontorio con vista sul mare e sul borgo di Lacco Ameno, a Ischia, il Botania è circondato da tre ettari di rigogliosa natura mediterranea. Di proprietà di Rita e Luigi Polito, la struttura è un rifugio dove sono protagonisti il benessere, con la Garden Spa, e la cucina, con tre ristoranti guidati dall’executive chef Tommaso Luongo. Tra questi Il Mirto, unico locale vegetariano dell’isola, premiato dalla Michelin con la stella verde e affacciato direttamente sull’orto della proprietà. Propone una cucina ischitana ispirata a ciò che la terra offre secondo stagionalità e quotidianità: tutti i prodotti vengono lavorati dallo chef con essenziale semplicità, consentendo ai sapori di esprimere l’autenticità degli ingredienti. Al Mirto anche bevande analcoliche fatte in casa con frutti ed erbe del giardino, grazie alla collaborazione tra Luongo, il bartender Onofrio e il sommelier Pasquale. Da Nonna Marì, il secondo ristorante, si può provare la pura cucina locale. Mentre al Corbezzolo, affacciato sulla terrazza, si gusta ciò che il mare regala ogni giorno. Per chi ama approfondire le ricette della tradizione, lo chef guida gli ospiti alla preparazione delle conserve di pomodoro. botaniarelais.com
LIDO RESORT: ESTATE DI ENOGASTRONOMIA E CULTURA
Fascino, storia ed emozioni: alcuni luoghi della grande ospitalità italiana sono icone dell’immaginario collettivo. Al Lido di Venezia il testimone è l’Hotel Excelsior, immortalato da Sergio Leone nel suo C’era una volta in America. Diretto da Alessio Lazazzera, oggi ha ritrovato il suo charme e propone un’estate ricca di eventi, all’insegna della gastronomia, della cultura e del relax. Le cabanas sulla spiaggia riportano alle atmosfere degli anni ‘30 e offrono la possibilità di gustare i piatti dello chef Alessandro Ramella in riva al mare. E per il secondo anno anche l’Antica pizzeria da Michele è protagonista nel menù, consentendo ai clienti di gustare una napoletana verace di fronte alla laguna. Al Blue Bar regna la mixology nel segno dello champagne, in collaborazione con la prestigiosa maison Comte de Montaigne. A Ferragosto un percorso di gusto porta in tavola specialità come l’astice, il risotto del doge e la manzetta veneta e si conclude con spettacolari fuochi d’artificio. Mentre, fino a ottobre, il salone principale dell’hotel ospita 25 immagini inedite e tre locandine cinematografiche originali che guidano il visitatore attraverso la storia della Mostra internazionale d’arte cinematografica della Biennale. hotelexcelsiorvenezia.com
DELLA CUCINA DI MONTAGNA
Un paesino antichissimo che vanta resti preistorici, il fresco della montagna d’estate e un ristorante dove l’atmosfera intima e la cucina di solida e gustosa tradizione diventano i pilastri della vera accoglienza. Sono tutte ottime ragioni per salire a Ponte in Valtellina, in provincia di Sondrio: qui, dopo aver passeggiato per lo storico borgo, si può aprire la porta del Ristorante Cerere, all’interno della seicentesca Casa Guicciardi, per regalarsi un’esperienza felice. Cerere è il nome che l’astronomo Giuseppe Piazzi, originario di Ponte, diede al corpo celeste da lui scoperto nel 1801. Marino Fratò, perfetto padrone di casa, conduce alla scoperta di una cucina di carattere profondamente locale e dalla brillante vena contemporanea. Qui sono stati inventati gli sciatt, piccole frittelle al formaggio della Valtellina che vengono servite su di una fresca insalatina. Un inizio perfetto. A seguire, altre tipicità della valle come il taroz con fagiolini, patate, formaggio e burro o i classici pizzoccheri. Come secondo piatto, l’imbarazzo della scelta tra scaloppine di capriolo, tagliata di cervo o lumache trifolate con polenta. Locale anche il dessert con un goloso semifreddo all’amaro Braulio. Cantina di piena matrice valtellinese per viaggiare nella viticoltura eroica di queste terre. Ampia gamma di rossi e una selezione di bianchi da provare. Sale storiche calde e affascinanti e, se il meteo lo consente, la possibilità di cenare sul terrazzo con vista: un vero privilegio. ristorantecerere.it
GIUSEPPE BATTISTON È UNO DEI PROTAGONISTI DELLA
COMMEDIA I PEGGIORI GIORNI, QUATTRO EPISODI GIRATI
DA EDOARDO LEO E MASSIMILIANO BRUNO
di Francesca Ventre – f.ventre@fsitaliane.it
Guardare il film I peggiori giorni è come trovarsi davanti a uno specchio. Vizi e virtù (poche) dei protagonisti sono gli stessi della gente comune. È questo l’effetto della pellicola girata da Edoardo Leo e Massimiliano Bruno, nelle sale dal 14 agosto. Quattro episodi dedicati ad altrettante feste dell’anno: Natale, Primo maggio, Ferragosto e Halloween. Punti in comune di tutti i racconti sono i problemi sociali, i rapporti umani e l’educazione in famiglia, raccontati con cinismo e leggerezza. Della storia dedicata alla Festa del lavoro è protagonista, con Fabrizio Bentivoglio, Giuseppe Battiston, convinto che una commedia possa offrire molti spunti di riflessione, tra risate e provocazioni.
Perché ha accettato questa parte?
L’ho fatto di buon grado: conosco da tempo Leo, che ha diretto il mio episodio, ed è un ottimo regista. Quando mi ha coinvolto in questo film sono stato felicissimo. Ho lavorato in sintonia con lui e con Bentivoglio, girando senza interruzioni.
Abbiamo creato un terzetto niente male, divertendoci molto. Cos’ha di diverso dagli altri registi?
Una grazia eccezionale nei confronti degli attori. Mi sono trovato nella condizione non comune di recitare senza limitazioni, in completa libertà. Edoardo ha svolto il suo ruolo senza interferire con il mio. Questo è stato il primo film in cui sono stato diretto da lui, ma mi auguro sia solo l’inizio. Come si è trovato con Bentivoglio?
Posso dire solo che è un grande attore, con una generosità fuori dal comune.
Che tipo è il suo personaggio? Perché all’inizio indossa una maschera di Che Guevara?
Interpreto Antonio, che crede nella solidarietà tra i lavoratori e nella lotta contro i padroni proprio come il rivoluzionario cubano. Ma è troppo legato a un passato che gli si sgretola davanti, proprio come sta succedendo adesso nella società: niente più simboli, nessuna certezza. Il nostro è un mondo di uomini e di lupi. Il film è riuscito perché parte dalle miserie dei protagonisti. Imprenditore e operaio sono entrambi poveracci nell’anima. Solo nel momento più intenso si spogliano delle proprie sovrastrutture e condividono le stesse amarezze. Secondo lei, nella vita reale si intravede uno spiraglio nel tunnel?
Il momento è estremamente complesso. Tanti si trovano a dover vivere un’esistenza al di sotto delle proprie possibilità. È un periodo di recessione nel lavoro, nel sociale, nella cultura. È tutto molto cupo, ma la finalità della nostra arte è far
riflettere e divertire. Ottenere il sorriso dello spettatore è la cosa che amo di più.
E succede anche negli altri episodi?
Quello di Ferragosto affronta i rapporti tra genitori e figli: si ride molto, ma il contenuto arriva come uno schiaffo. Nel primo, dedicato al Natale, escono miserie fisiche e morali non da poco. Il racconto Halloween è anche abbastanza duro. Come andrà il film non posso dirlo ma di sicuro divertirà e spiazzerà.
Della formula a episodi cosa ne pensa?
Questo film, unico pur nella diversità dei singoli racconti, tiene l’attenzione molto alta. Perché corrisponde alla forma mentis degli spettatori di oggi, che prediligono tempi brevi. Il pubblico va attratto nei primi dieci minuti.
E, a proposito di lavoro e ferie, come passa le sue vacanze?
Mi fermo per un periodo breve dopo Ferragosto, perché ho diversi impegni. In generale non amo i luoghi affollati, considerando che incontro un migliaio di persone all’anno. Sicuramente vado a cercare un po’ di fresco.
Viaggia spesso in treno?
È il luogo dove studio, dormo e lascio scorrere lo sguardo dal finestrino. Mi libera la mente. Ho anche creato una piccola antologia di viaggi intrapresi e piccole disavventure.
Quindi, lunga vita al treno.
Quali sono i prossimi impegni?
Torno a teatro con La valigia, una trasposizione del romanzo omonimo del russo Sergej Dovlatov. È la sua autobiografia da emigrante negli Stati Uniti: dopo molto tempo ritrova nell’armadio un bagaglio dimenticato e tira fuori oggetti legati alla vita passata.
GABRIELLA PESSION TORNA AL CINEMA COME
PROTAGONISTA DEL FILM UNA COMMEDIA PERICOLOSA
di Gaspare Baglio gasparebaglio
Il nome di Gabriella Pession fa rima con fiction di successo come Capri e Orgoglio o pellicole brillanti del calibro di L’amore è eterno finché dura di Carlo Verdone e Se son rose di Leonardo Pieraccioni. L’attrice italoamericana, tornata in Italia dopo aver vissuto a Los Angeles, è richiestissima oltreoceano: attualmente è sul set di Those about to die, il serial del regista tedesco Roland Emmerich dove divide la scena con Anthony Hopkins. Non contenta, sta mettendo in scena La bella regina di Leenane, opera del drammaturgo irlandese Martin McDonagh. Il 30 agosto esce nei cinema italiani con Una commedia pericolosa, film di Alessandro Pondi con Enrico Brignano.
Contenta di tornare sul grande schermo con una commedia?
Molto. Se potessi farei solo quelle. Interpreti l’hostess Rita. Che personaggio è?
Evanescente, con la testa fra le nu -
vole e un matrimonio finito. Ci siamo ispirati a Marilyn Monroe: bionda, svampita, quasi un cartoon. Viene coinvolta in un’avventura dal vicino di casa Maurilio, un puro come lei. E i due finiranno per innamorarsi. Ti trovi meglio in Italia o negli Stati Uniti?
In Italia vivo bene. Ho deciso di crescere mio figlio nella bellezza e nella storia. Una scelta voluta anche da mio marito (l’attore Richard Flood, ndr ). A livello lavorativo, invece, in America gli interpreti hanno una cifra stilistica più asciutta, meno drammatica e io ho assorbito un modo di recitare più anglosassone. Sei attenta alla sostenibilità ambientale?
Sì, cresco mio figlio insegnandogli il rispetto per l’ambiente: le nuove generazioni non devono trovarsi un disastro tra le mani. Nel serial che sto scrivendo come co-autrice c’è anche una linea green. Ci anticipi qualcosa?
Sarà una dramedy che strizza l’occhio alla commedia all’italiana. La protagonista è single, nevrotica, cerca di essere sempre performante. Succederà qualcosa che le farà trovare il suo posto nel mondo. Viaggiare ha influito sulla tua formazione?
Totalmente. Negli ultimi dieci anni ho cambiato 23 case. Per me muovermi è necessario: senza sarei infelice.
Come è cambiato il tuo modo di intendere la vita negli anni?
In America, durante il Covid-19, non avevo punti di riferimento, ero lontana dalla mia identità sociale. Uscire da quello stato con la mia creatività, scrivendo progetti, mi ha fatto mettere la palla al centro. Quando facevo una fiction dietro l’altra non mi divertivo più e non avevo il coraggio di fermarmi. Ora ricomincio da me.
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QUELLE RACCONTATE IN DIRETTE TV E DOCUSERIE, NEI ROMANZI DEL PREMIO CAMPIELLO E NEL SUO NUOVO LIBRO IN USCITA: TUTTI I PROGETTI DELLA CONDUTTRICE E SCRITTRICE FRANCESCA FIALDINI
di Irene Marrapodi – ir.marrapodi@fsitaliane.it
Tra la conduzione di un premio letterario, due programmi in partenza e un libro in uscita a ottobre, l’autunno di Francesca Fialdini non si preannuncia di certo noioso. La conduttrice sarà immersa nelle storie: in quelle di chi ha avuto successo raccontate nella trasmissione Da noi… a ruota libera, da settembre la domenica pomeriggio su Rai1, e in quelle di ragazze e ragazzi affetti da disturbi del comportamento alimentare di cui si parla nella docuserie Fame d’amore, in autunno in seconda serata su Rai3, e nel suo prossimo libro. E poi ancora la diretta del Premio Campiello, in onda il 16 settembre su Rai cultura dal Teatro La Fenice di Venezia e nel 2024 la nuova stagione di Le ragazze, che mette al centro la condizione femminile in Italia.
A cosa ti stai dedicando in questi giorni?
Sto dando gli ultimi ritocchi al mio libro che, sulla scia di Fame d’amore, tratta vicende inedite di persone con disturbi dell’alimentazione. La domanda su cui si basa il libro è: come nasce tutto questo? Nel 2007 sono rimasta profondamente colpita dalla storia di Isabelle Caro, la modella francese che, prendendo coscienza della propria anoressia, si fece ritrarre nuda da Oliviero Toscani. Io ero giovane, alle prese con il corpo che cambiava e quei cartelloni pubblicitari mi toccarono molto. Quello che voglio adesso è capire e raccontare i paradossi di chi cerca di scomparire, di occupare meno spazio e, allo stesso tempo, di essere visto e ascoltato. Nel programma Da noi… a ruota libera tratti invece le storie di chi ce l’ha fatta. Quali caratteristiche hanno in comune?
Anche per loro, in qualche punto della storia, la ruota si è inceppata. Noi scegliamo di non raccontare gli antefatti ma c’è sempre un momento di difficoltà prima del successo ed è lì che bisogna acquisire la capacità di non
preoccuparsi del giudizio degli altri, di essere liberi. La svolta arriva quando ci si chiede: «Sono capace di fare scelte libere fregandomene delle convenzioni?».
Tu come hai fatto?
Seguendo la mia strada. Sono andata via da Massa, la mia città, a 18 anni e di questa scelta non mi sono mai pentita. Ma non era scritto da nessuna parte che la mia ruota avrebbe girato verso la conduzione. Ho cercato di cogliere tutte le occasioni che mi capitavano. Mio padre dice che «lavoro chiama lavoro».
A settembre presenti per il secondo anno consecutivo il Premio Campiello. Sei emozionata?
Sì, che bello. Amo avere a che fare con la cultura, specchiarmi nelle storie degli altri. Certo è impegnativo, richiede attenzione, energia, impegno. Ma cosa c’è di più gratificante per chi fa questo mestiere?
Si svolge tutto al Teatro La Fenice di Venezia, che è un palco esigente oltre che prestigioso, con una sua sacralità da rispettare. Riesco già a immaginare l’attesa e il fermento. Parte del lavoro è cercare di smorzare la tensione.
A Venezia andrai in treno?
Certo, nella classe Standard. È comodo per lavorare ma consente anche di parlare con persone che altrimenti non incontrerei mai nella mia vita. Proprio ieri ho conosciuto un commerciante di Brescia e mi ha raccontato della passione che mette nel suo mestiere. Nessun altro mezzo mi trasmette tanta serenità come il treno.
francifialdini
[scrittrice,
La chiesa, la politica, la medicina smettano di guardare alle donne come a puttane che non vedono l’ora di uccidere i propri figli. L’aborto è una scelta dolorosa per chi la compie, ma è una scelta e va garantita. Anche se mi ha stravolto la vita, io adoro la mia meravigliosa figlia imperfetta. Ma se avessi potuto scegliere, quel giorno, avrei scelto l’aborto terapeutico». Sono alcune parole della lettera inviata a Corrado Augias e pubblicata su La Repubblica nel febbraio 2008. La scrisse Ada d’Adamo in reazione all’ipocrito uso della parola vita. La diffusione dell’epistola sul quotidiano italiano animò un vivace, e per certi versi violento, dibattito politico e mediatico dentro cui l’autrice ebbe la saggezza di non lanciarsi. A 15 anni di distanza Come d’aria, uscito per Elliot nella collana Scatti, si può probabilmente considerare come la sua risposta – attentamente meditata – a tutto ciò che venne detto e scritto in seguito alla divulgazione di quella lettera. Il memoir – come preferiva definirlo l’autrice rispetto all’etichetta di romanzo d’esordio – ha vinto il Premio internazionale Flaiano speciale di narrativa 2023, la 49esima edizione del Premio letterario internazionale Mondello nella sezione Opera Italiana e ha ricevuto una menzione speciale della 61esima edizione del Premio Campiello. Proposto dalla scrittrice Elena Stancanelli, Come d’aria ha vinto la 77esima edizione del Premio Strega, oltre al Premio Strega giovani e allo Strega off,
che riunisce il voto del pubblico e quello di riviste selezionate. La scrittrice non ha potuto vivere l’apprezzamento letterario in quanto si è spenta nella notte tra il 31 marzo e il 1° aprile scorso, nella sua abitazione a Roma, il giorno dopo l’entrata del suo libro nella rosa dei 12 semifinalisti.
Nata in Abruzzo, a Ortona, Ada d’Adamo si è trasferita e ha vissuto nella Capitale, dove si è diplomata all’Accademia nazionale di danza e laureata in Discipline dello spettacolo. Ha dedicato molto tempo all’osservazione del corpo e delle sue declinazioni sulla scena contemporanea e lo ha descritto in diversi saggi sulla danza e il teatro. Questo suo libro è un’avvolgente e dinamica opera coreografica. A muoversi, tra ospedali, scuole e camere da letto, sono il corpo dell’autrice e quello della figlia Daria nata con una grave malattia congenita. Di fronte alla fragilità della figlia, Ada perde la propria identità. Non è più una donna, non è più una persona, ma si annulla dentro il suo ruolo: una madre che vive in funzione della sua bambina. Diventa le sue braccia e le sue gambe e, nelle notti disperate abitate solo dalle grida della neonata, arriverà a ritenersi colpevole di quel corpicino fuori controllo. Quando le viene diagnosticato un tumore al seno all’età di 50 anni, l’autrice è costretta a sottoporsi a cure mediche molto pesanti e, per sopravvivere alla propria malattia, deve trovare un centro suo, dedicarsi alla sua di cura e porre una distanza dall’essere
umano che le è uscito dal grembo. Da questo momento la comunicazione tra madre e figlia si crea in virtù dei loro corpi malati, segnati da cicatrici e ferite. A essere raccontata è la malattia che unisce, separa, esiste nonostante la nostra società ne abbia rimosso il concetto. Come ha detto Stancanelli, D’Adamo non urla la sua sofferenza, ma la sussurra al mondo perché, citando la frase della medica e studiosa Rita Charon riportata in esergo: «È necessario raccontare il dolore per sottrarsi al suo dominio».
BRANI TRATTI
DA COME D’ARIA
La gravità che ti riguarda
Sei Daria. Sei D'aria. L'apostrofo ti trasforma in sostanza lieve e impalpabile. Nel tuo nome un destino che non ti fa creatura terrena, perché mai hai conosciuto la forza di gravità che ti chiama alla terra. Gravità, che ogni nato conosce non appena viene al mondo. Gravità che il danzatore trasforma in arte quando dalla terra spicca il volo e quando alla terra torna, per cadere e di nuovo rialzarsi. Tu non sai lo splendore quotidiano dello stare in piedi, la “piccola danza” che muove ognuno nell'apparente immobilità del corpo verticale. Né immagini il mistero del peso che si trasferisce da una gamba all'altra e origina il passo.
Altra è la gravità che ti riguarda: “condizione che desta preoccupazione o annuncia pericolo”. Condizione che sempre accompagna i documenti che ti definiscono: “handicap grave”, “ipovisione di grado grave”, “grave compromissione”, “contributo disabili gravissimi” …
Che la terra – la vita su questa Terra – ti sia lieve, mi auguro per te, ogni giorno. E all'auspicio segue l'azione, ché solo sperare non basta.
Sei Daria, sarai D'aria. […]
Se avessi potuto scegliere
Nel dialetto del paese dove sono nata c'è un modo che le madri usano per spiegare la nostalgia che le assale di fronte alla crescita dei figli, il desiderio non avverabile di riaverli piccoli. Me l'armittéss dentr a la panz, dicono. È un'immagine che mi ha sempre colpito per come sintetizza l'amore viscerale in un gesto d'impeto, quasi furioso. Chissà se, abbracciandoti, Francesca pensa per un attimo che si rimetterebbe la sua Bianca dentro la pancia.
E io? Se avessi potuto scegliere, se avessi saputo, cosa avrei fatto? Se potessi, Daria, mi ti rimetterei dentr’a la panz? Se potessi scegliere, scegliere di non farti nascere? La domanda prescinde da te. La domanda vale di per sé.
[…]
Il dolore allontana
Sono via, lontano, anche quelli che dovrebbero stare più vicino. Via fratelli e sorelle. Via nonni, zii, cugini, nipoti. Il dolore allontana, la malattia spaventa. Le famiglie si sfasciano. Via, via, via.
La solitudine fa talmente compagnia che a un certo punto non si ha più paura di niente. Quando è buio e tu urli e io non so più cosa fare per farti smettere. Quando sento e vedo il tuo soffrire e non riesco a trovare
la cura. Cosa vuoi che sia, allora, una telefonata che non arriva. Un posto vuoto a tavola o nel letto. Posso sopportare tutto se sono capace di assistere al dolore della mia carne. Anche il morire, allora, mi sembra una possibilità.
[…]
Quel primo giorno mancato
In questi anni tutte le mie battaglie in nome di un sacrosanto diritto alla continuità scolastica si sono sistematicamente sgonfiate di fronte alle maglie insensate della burocrazia, ai dirigenti scolastici indifferenti o impotenti, agli incomprensibili meccanismi delle graduatorie, tra Provveditorato e istituzioni, docenti aventi diritto e in ruolo, richieste di trasferimento o aspettative per maternità, liste di specializzati e graduatorie comuni, supplenze temporanee e annuali... una quantità di variabili che a un certo punto ho smesso di provare a capire.
Quel che so è che non hai mai avuto per due anni di seguito la stessa insegnante di sostegno, che ogni inizio di anno scolastico coincide con un periodo di concitata apprensione, e che – salvo poche, fortunatissime eccezioni – il primo giorno di scuola è sempre stato per noi una giornata campale.
La mattina prima del tuo ingresso alle medie, per esempio, ho avuto la brutta notizia che l'indomani, per te, la campanella non sarebbe suonata. Per te, come per tutti i bambini che in classe avevano bisogno di un assistente educativo comunale. Per uno stupido disallineamento di calendari, il servizio erogato dal Comune sarebbe partito dal lunedì successivo. Una madre iena avrebbe sbattuto i pugni sul tavolo, avrebbe urlato e inveito. Io avevo fatto le dovute telefonate, richiesto spiegazioni, ascoltato motivazioni, ottenuto rassicurazioni e scuse. Ma quanta rabbia, frustrazione, amarezza dietro quella mancanza di attenzione che, di fatto, negava il diritto al tuo “primo giorno”. Così, mentre i tuoi compagni cominciavano a fare amicizia, a conoscere i nuovi professori, a familiarizzare con il cortile, l'aula, la mensa, tu saresti piombata in classe la settimana dopo, nella tarda mattinata, dopo la fisioterapia, come un marziano che arriva quando la festa è già cominciata.
Abitare di fronte alla scuola, sentire le grida e i richiami dei ragazzi, perfino il suono della campanella delle otto, è stato il beffardo dito nella piaga di quel primo giorno mancato.
La domenica notte hai dormito poco e male e ti sei tirata tutti i capelli. Probabilmente sentivi la tensione accumulata dentro casa in quei giorni di attesa e di aspettative deluse. Al mattino il tuo letto era pieno, ne avevi tanti anche annodati alle dita.
Finalmente è arrivato il lunedì, la mattina presto sei andata a terapia con la tua tata mentre io vi aspettavo a casa, in preda a un’ansia inconsulta. Stavo per scendere, per accompagnarti, quando è accaduto. È stato un attimo, uno scarto tra cervello e muscolo, e il corpo se n’è andato per conto suo. Attonita, incredula, mi sono ritrovata con le mutande tutte sporche: me l’ero fatta addosso. La rabbia repressa, la frustrazione, il timore di non farcela: era tutto lì, in quella povera, misera macchia di merda. […]
La mia quotidianità
Di nuovo l’immagine di me vista dall’alto, come in un film. Come se una telecamera di sorveglianza stesse riprendendo la scena, una scena troppo dolorosa per rimanere lì dentro a viverla. Meglio staccarsi dal corpo e osservarla da fuori. Cosa vedo? La mia quotidianità. Non una condizione transitoria, non un evento temporaneo, non un’emergenza. Perché non è l’eccezione, ma la normalità della malattia che ti devasta. […]
Premio Strega
Proposto dalla scrittrice Elena Stancanelli al Premio Strega 2023 con la seguente motivazione:
« Come d’aria è un libro che fruga dentro il cuore del lettore. Serviva la lingua esatta e implacabile di questa scrittrice per riuscire a sostenere un sentimento tanto feroce. C’è tutta la rabbia e tutto l’amore del mondo nel racconto di questa danza che lega due donne. Avvinghiate l’una all’altra, in una assoluta e reciproca dipendenza. Daria, la figlia, che comunica soltanto attraverso il suo irresisti -
bile sorriso, Ada, la madre, catapultata suo malgrado in questa storia d’amore. Era una ballerina, Ada. E il corpo, di entrambe, è il centro di questo memoir sfolgorante per intelligenza, coraggio e misericordia. In questo libro si entra con enorme facilità, ma da questo libro si esce cambiati. C’è una tale quantità di vita, nelle sue pagine, da lasciarci senza fiato. Ci siamo noi, la fatica, la nostra inutile bellezza. Dalla prima lettura ho pensato che fosse una pepita d’oro, un dono, un abbraccio. Come avrebbe detto Bobi Bazlen, una perfetta e lacerante primavoltità».
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La nostra rubrica Un treno di libri è a cura di Molly Bloom, l’accademia fondata a Roma da Leonardo Colombati ed Emanuele Trevi, che riunisce alcuni dei migliori scrittori, registi, sceneggiatori, musicisti e giornalisti del Paese. Con un unico fine: insegnare la scrittura creativa per applicarla ai campi della letteratura, della musica, dello spettacolo, dei media e del business. mollybloom.it
UN AUTUNNO D’AGOSTO
Agnese Pini
Chiarelettere, pp. 256 € 18
San Terenzo Monti è un piccolo paese con poche centinaia di abitanti, incastonato tra Liguria, Emilia-Romagna e Toscana. Nell’estate del ’44 si trova nella traiettoria della morte con gli eserciti nazifascisti in ritirata. E in quell’agosto vengono uccise senza pietà 159 persone, in prevalenza donne e bambini. Pini, con pennellate intense e cariche di umanità, racconta quei fatti attraverso la storia della sua famiglia e compone un romanzo civile col taglio universale e attuale del racconto di inchiesta.
IL BACCALÀ
Rosemary Tonks
Il Saggiatore, pp. 178 € 17
Min è una londinese di 20 anni, single e annoiata. L’unica cosa che sembra dare sollievo al suo tedio sono gli uomini che le gravitano attorno. Ce ne sono tanti, di tutti i tipi, forme ed età. Cinici, insicuri, spietati, gentili, pieni di tic e anche disgustosi. Questo testo del ’68 viene riproposto dopo tanti anni come anticipatore del femminismo successivo. Capovolgendo i processi dell’oggettificazione sessuale ed evidenziando l’inadeguatezza dell’interpretazione sociale dei generi. Da rileggere.
Bonnie Tsui
66thand2nd, pp. 304 € 18
Una serie di racconti illustrano il rapporto dell’essere umano con l’ambiente acquatico: dal club di nuoto di Baghdad creato nella piscina del palazzo di Saddam Hussein alle tradizioni liquide dei samurai che si dividono tra moderno e antico, dalla ferrea disciplina dei campioni olimpici fino alla storia di un pescatore islandese sopravvissuto sei ore tra le onde dei mari nordici. L’autrice prende per mano il lettore portandolo alla scoperta del potere seduttivo esercitato dall’acqua.
Elisabetta Valentini
Accento, pp. 168 € 16
A 17 anni, l’autrice si trasforma da studentessa a modella di fama internazionale. In questo libro racconta l'esperienza che l'ha resa protagonista di un mondo fatto di viaggi, servizi fotografici, party esclusivi, ribalta e celebrità. Tutto si complica quando inizia una love story molto passionale con un famoso attore italiano. Affresco puntuale di un momento storico della moda e della società degli anni ’80 in cui si impose il fenomeno delle grandi top model.
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L’ironia e la comicità del fumettista Baker trasformano Plastic Man in un cult a livello planetario. Tornato a lavorare per l’FBI, il supereroe è costretto a scendere a patti col suo passato da villain quando gli affidano il compito di catturare Eel O’Brian, il suo alter ego. Ad accompagnarlo in questa avventura, l’agente Morgan e la sua spalla di sempre: Woozy Winks. L’opera ha vinto ben otto premi Eisner, gli Oscar della nona arte, e un Harvey Award.
LA VOCE DEL BUIO Gigi Paoli
Giunti, pp. 336 € 16,90
Un nuovo giallo italiano ad alta tensione e fitto di mistero. Da molti anni alcuni anziani ospiti a Villa Imperiale, lussuosa casa di riposo a sud di Bolzano, scompaiono nel nulla. Gli indizi sono sempre gli stessi: i dispersi lasciano i propri indumenti all’inizio del bosco, seguono qualcosa o qualcuno e spariscono. Si mormora che lassù ci sia una forza sovrannaturale, una presenza inquietante. A risolvere il caso è chiamato il professor Piero Montecchi, docente di Neuroscienze forensi.
di Alex A. D’Orso - an.dorso@fsitaliane.it
LA STORIA TOCCANTE DI UNA
PIANTA SOPRAVVISSUTA ALLA
TRAGEDIA DELLA BOMBA
ATOMICA. PER SCOPRIRE CHE
Moltissimi anni fa a Nagasaki, in Giappone, un vasaio di nome Tomio decise di piantare nel suo giardino un albero di cachi. La pianta crebbe rigogliosa e insieme a lei la città tutta intorno. Mentre il suo tronco si irrobustiva e la sua chioma si infoltiva, la famiglia di Tomio cambiava forma accogliendo nuove vite e nuove storie. Tutto si rovesciò, però, quando una mattina su Nagasaki venne sganciata la bomba atomica. L’evento segnò le sorti della città, dei suoi abitanti e anche della pianta, distrutta dall’esplosione. Ogni cosa sembrava perduta fino a quando, dopo alcuni anni, qualcuno ricominciò a prendersi cura dell’albero riportandolo in vita.
Questo racconto di mutazione attraversa decenni e intreccia con grande naturalezza vicende familiari ad avvenimenti che hanno cambiato la storia di molti Paesi, come i conflitti mondiali e l’uso di armi di distruzione di massa. Nonostante la tragicità dei fatti narrati, l’elemento che spicca su tutti è il legame tra natura ed essere umano. Questa connessione profonda è espressa nelle pagine con parallelismi poetici: i piedi di Masao, l’unico figlio di Tomio, crescono e lasciano impronte sulla terra, la stessa in cui l’albero inabissa le sue radici. Le braccia del bambino diventano forti e la chioma del cachi arriva a coprire l’intero giardino, avvicinandosi sempre di più al sole e fornendo ombra a tutta la famiglia. Una saldatura salvifica tra esseri viventi che, pur appartenendo a specie diverse, condividono uno
Un’illustrazione di AntonGionata Ferrari tratta da C’è un albero in Giappone
spazio comune. La storia, commovente di per sé, è potente anche perché ispirata a fatti realmente accaduti.
Sonda, pp. 64 € 12,90 (da 7 anni)
Nel 1994 un arboricoltore di Nagasaki decise di prendersi cura di un albero di cachi malconcio.
Dai suoi frutti ottenne i semi per far germogliare nuove piantine.
Nacque così Kaki Tree Project, il progetto che da oltre 20 anni consegna ai bambini e alle bambine di tutto il mondo le pianticelle di seconda generazione nate da quella giapponese, chiedendo loro di allevarle e di produrre espressioni artistiche che abbiano come tema l’albero dai frutti arancioni. Ce ne sono diversi anche in Italia e sotto le loro chiome persone piccole e grandi crescono, si abbracciano, trovano riparo.
CREPE D’ORO
Antonio Ferrara, illustrazioni Gabriele Ghisalberti
Bianconero edizioni, pp. 64 € 12 (da 11 anni) Agli occhi degli adulti i bambini sono pieni di sorprese: Nico, per esempio, ama lavorare la mollica del pane con le dita per farne statuette. Ma non riesce a evitare che questa, seccandosi, si rompa. Nella bottega di un bizzarro artigiano, però, il ragazzo scopre che le crepe si possono riparare e, addirittura, possono diventare segni da mostrare. Il libro è ispirato al kintsugi, l’antica tecnica di restauro giapponese che usa l’oro per riparare le ceramiche.
LO SAI CHI SIAMO?
Tana Hoban
Editoriale Scienza, pp. 12 € 7,90 (da 0 anni) I neonati hanno una vista poco sviluppata ma possono essere attratti da immagini con contorni netti e forti contrasti di luminosità. I loro occhi riescono a distinguere le figure essenziali, ben staccate dal fondo, meglio se in bianco e nero. Questo libro è pensato proprio per loro: tanti cuccioli di animali – pecore, maiali, gatti e papere – spiccano in numero progressivo sulla pagina, attirando l’attenzione del bambino e consentendogli di apprendere le basi della numerazione. A.A.D.
CANTO PER UNA CASA RITROVATA
Sophie Blackall
Terre di mezzo, pp. 48 € 16 (da 5 anni) I contesti in cui viviamo, le case in cui cresciamo e le strade percorse quotidianamente restano presenti nei nostri ricordi. La protagonista di questo libro è proprio un’abitazione in cima a una collina che racconta, in rima, ciò che ha sentito e visto negli anni e le storie di chi l’ha vissuta: i segni fatti sui muri con stampi di patate intinte di vernice, le fiabe ascoltate prima della nanna, le bugie dei più piccoli. Tra le pagine, la voce silenziosa delle case.
LA MAGICA LIBRERIA DELLE MERAVIGLIE
Amelia Mellor
Edizioni EL, pp. 352 € 13,90 (da 11 anni)
I fratelli Cole vivono in un luogo popolato da incantesimi, tra pappagalli parlanti, dolci in grado di modificare la voce di chi li mangia e stanze piene di libri. Tutto sembra procedere tranquillamente fino a quando scoprono che, per un accordo tra il papà e il misterioso Ombromante, la libreria e l’intera famiglia sono in pericolo. Loro potrebbero salvare la situazione ma è necessario superare sette sfide. Finalista come migliore libro d’esordio al Premio Strega ragazze e ragazzi 2023. A.A.D.
Claudia Cichetti
Dianne White, illustrazioni Barroux Edizioni Clichy, pp. 32 € 18,50 (da 3 anni) Su un muro di mattoni si può disegnare con il gesso, dietro uno di carta si può giocare a nascondersi. Per non parlare di quelli che costruiscono gli adulti, veri o simbolici, per tenersi a distanza o isolarsi. Un’analisi divertente dei molti modi in cui i muri possono dividere, unire o escludere, anche per gioco. Tutti i significati che questa semplice struttura può assumere, con un finale ottimista: un’amicizia che supera ogni divisione.
RACCONTI SOTTO L’OMBRELLONE
AA.VV., illustrazioni Valentina Gambino Gallucci, pp. 304 € 14,90 (da 10 anni) L’estate fa rima con la libertà di viaggiare, divertirsi e fare attività fuori dal tran tran quotidiano. Ma è anche il momento delle piccole grandi avventure da vivere con nuovi amici pronti a svelare antichi segreti: alcuni sono vicinissimi, altri si nascondono dall’altro capo del mondo. Sarà per questo che durante l’autunno e l’inverno si aspetta con trepidazione l’arrivo della bella stagione, immaginando le giornate che verranno. Capaci di raccontare le parti più vere e belle della nostra vita. G.B.
PIERO BARONE, IGNAZIO BOSCHETTO E GIANLUCA GINOBLE SONO PRONTI A ESIBIRSI A MILANO, DAL 2 SETTEMBRE, CON IL NUOVO SHOW TUTTI PER UNO, DI CUI FRECCIAROSSA È IL TRENO UFFICIALE
di Andrea Radic Andrea_Radic andrearadic2019
Gianluca, Ignazio e Piero. Tre caratteri diversi, tre differenti profondità di pensiero, tre voci personali che, grazie a una chimica davvero speciale, fatta di sguardi e cenni di assenso, si completano in modo perfetto fondendosi in una voce sola, quella del gruppo Il Volo. A meno di 30 anni hanno vissuto esperienze uniche, portando la loro passione sviscerata per la musica in tutto il mondo. La semplicità è la vera eleganza e
Gianluca Ginoble, Ignazio Boschetto e Piero Barone ne sono piena testimonianza.
Per sei giorni, il 2, 3, 4 e poi il 6, l’8 e 9 settembre, saranno al Teatro Arcimboldi Milano con Tutti per uno, uno show dove le loro voci si uniranno per raccontare la loro storia e i loro valori, a diretto contatto con il pubblico. Chi viene da lontano e non vuole perdere l’evento potrà prendere il Frecciarossa, treno ufficiale dei concerti.
Cosa rappresenta per voi Tutti per uno?
[I] È il desiderio di mostrare le nostre tre personalità. L’abbiamo presentato all’Arena di Verona con due puntate su Canale 5 ed è stato un grande successo televisivo. A settembre lo portiamo in teatro, un luogo più intimo, che ci consente di avere vicino gli spettatori.
[G] Amiamo il nostro pubblico, che ci segue da quasi 15 anni. La grande fortuna è quella di poter salire sul palcoscenico ed esprimere ciò che si è realmente. Siamo nati come bambini prodigio, nel tempo ci siamo evoluti, dimostrando di non essere meteore. Adesso è arrivato il momento della maturità artistica, di far vedere anche ciò che siamo individualmente. Siamo
tre leader, ognuno con una propria identità. Per noi è importante che il pubblico lo percepisca.
Cosa è rimasto di quei tre bambini?
[P] Fortunatamente, il bimbo che c’è in ciascuno di noi è ancora lì, capace di sorprendersi per ogni concerto, per ogni risultato ottenuto. Senza di lui finirebbe anche la passione per questa professione. Abbiamo una grande fortuna in comune, quella di cercare sempre di pensare in grande, impegnandoci tutti e tre allo stesso modo. Tutti per uno è stato un grande impegno, perché volevamo evidenziare le nostre singole caratteristiche vocali senza snaturare il senso del gruppo. Non si percepisce “routine” nei vostri show. Ogni volta è diverso.
[P] Deve essere così, la cosa più triste è abituarsi. Ogni volta che dal palco guardi negli occhi il tuo pubblico, sai che è lì per condividere la tua arte.
[G] Siamo in costante evoluzione, ogni giorno vediamo le cose con occhi diversi e cerchiamo di trasmettere emozioni nuove.
Quali sono le vostre migliore doti?
[I] Sicuramente la caparbietà, la testardaggine e la disciplina nel raggiungere un obiettivo. Questo caratterizza tutti noi. Siamo tre artisti
indipendenti che vogliono sempre il bene del gruppo. A volte è normale che si esca un poco dalle righe, ma la bellezza è trasmettere, con la nostra musica, autenticità.
[G] È stato difficile consolidare il successo. La grande necessità, in questa fase della nostra carriera, è dimostrare che non siamo solo tre tenori, anche perché la mia vocalità è da baritono, ma tre cantanti. Questo è l’obiettivo per i prossimi anni, soprattutto in Italia. Avete iniziato e proseguito con un repertorio popolare, è stata una scelta?
[P] Onestamente, a 14 anni è molto difficile scegliere che cosa cantare. Ci siamo incontrati casualmente in un programma televisivo, nulla era pianificato e qualcuno ha deciso di metterci insieme. Non ci conoscevamo nemmeno, figuriamoci se potevamo decidere il repertorio. Abbiamo ottenuto i primi successi proprio grazie alla popolarità e alla forza dei brani che cantavamo, trasmessi dai nostri nonni e parte della cultura italiana. Crescendo, abbiamo sentito l’esigenza di avere dei nostri singoli e qualche inedito, come Grande amore, del 2015. Oggi il repertorio dipende anche dal Paese in cui ci esibiamo: in Giappone amano più la musica classica, mentre
in Sud America preferiscono i nostri inediti.
[G] La scaletta dei concerti a Varsavia è totalmente differente da quella di Città del Messico. A Tokyo cantiamo solo con l’orchestra sinfonica, mentre in Sud America siamo accompagnati da band e orchestra. Negli Stati Uniti spaziamo dalle arie d’opera a Elvis Presley. E una cosa incredibile è che nel 2011 abbiamo avuto la nomination ai Latin Grammy Awards con un repertorio in spagnolo. Al pubblico piace questa dinamicità.
[I] Tra l’altro ci divertiamo molto perché è quello che ci piace fare. È la fortuna di chi ha trasformato la passione in un lavoro.
Come dividete i compiti tra voi?
[G] C’è chi si occupa più della gestione, chi ha una visione più creativa e artistica, chi si dedica al suono. Ci sono dei ruoli, ma ciascuno può intervenire su tutto. Abbiamo rispetto e stima l’uno dell’altro: d’altronde, solo così si può andare avanti. Come si fa ad andare d’accordo?
[I] Bisogna essere intelligenti, avere la capacità di accogliere le idee degli altri e cercare un punto di incon-
tro quando si è in contrasto. Volere il bene del gruppo è sempre stata la nostra forza.
Il prossimo obiettivo?
[P] Vorremmo ampliare il nostro repertorio di inediti. Grande amore è stata una svolta che ci ha consentito di fare molto, portandoci a duettare con grandi ospiti in Tutti per uno per creare insieme qualcosa di bello, sempre con l’obiettivo di sorprendere il nostro pubblico.
Cos’è per voi il bello della vita?
[G] Avere accanto persone speciali, che ti consentono di crescere rendendoti migliore ogni giorno e sono in grado di ascoltarti.
[I] Riuscire a sentirsi vivi ogni giorno, con entusiasmo ed energia. Alla nostra età dovrebbe essere tutto bello. Ma noi siamo cresciuti in fretta. Siamo consapevoli delle grandi occasioni che abbiamo avuto e, proprio per questo, cerchiamo di puntare sempre più in alto.
[P] La cosa bella della vita è godersela. Corriamo troppo, a volte dobbiamo avere la forza di frenarci e riflettere per individuare le vere priorità. Non avete atteggiamenti da star.
[P] Spesso ci definiscono tre ragazzi umili, in realtà penso che il termine giusto sia educati. Siamo il riflesso di come siamo cresciuti, dei valori che le nostre famiglie ci hanno trasmesso. E siamo molto simili in questo.
[G] Per le persone della nostra età è importante capire che un segreto per vivere più sereni è quello di mettersi realmente nei panni dell’altro: saper rispondere al messaggio di un genitore che ti chiede come va o a quello di un collega che potrebbe rimanerci male. Aprirsi alla sensibilità e all’empatia.
Le vostre famiglie vi hanno supportato?
[I] Sono state sempre parte della nostra crescita e della nostra carriera. E tutt’oggi è così. Ci hanno aiutati a essere coerenti, a fare sforzi e sacrifici senza cullarci negli allori.
Dove siete cresciuti?
[I] In viaggio (ride, ndr). Io sono nato a Bologna, poi mi sono trasferito in Sicilia per tornare nella città emiliana dopo la vittoria di Sanremo nel 2015.
Da qui muoversi è più pratico.
[G] Io vicino al mare, in un paesino di 600 anime che si chiama Montepaga-
no, una frazione di Roseto degli Abruzzi, in provincia di Teramo. Ogni mattina prendevo il caffè con mio nonno e i suoi amici che giocavano a carte. Ho un ricordo bellissimo delle estati in bicicletta e delle passeggiate sulla spiaggia. Abbiamo avuto un’infanzia normale, poi scombussolata dal cambio repentino avvenuto nelle nostre vite. Siamo maturati velocemente.
[P] Sono nato, cresciuto e continuo a vivere a Naro, un comune che fa parte del consorzio di Agrigento. Sapere di avere un luogo dove è possibile rigenerarsi dopo lunghe tournée per me è importantissimo. Qui le persone sono sincere, non sanno cosa sia l’ambiguità e mi vedono come uno di loro. Qual è il profumo della vostra infanzia?
[I] Per me è quello della terra dietro casa, in Sicilia, dove giocavo con i miei cugini costruendo capanne, porte da calcio e piste da motocross da percorrere rigorosamente in bicicletta.
[G] Ricordo perfettamente l’odore del ciambellone che mia nonna preparava quando andavo a casa sua. È mancata dieci anni fa. Oggi lo fa mia mamma e il profumo mi riporta sempre alla mente l’euforia che provavo andando a casa dei nonni, un po’ come le madeleine per Proust. È la mia personale ricerca del tempo perduto, di quella parte infantile che mai potrà morire.
[P] Per me sono gli odori che sprigiona il terreno dopo il temporale, è il profumo delle estati in campagna con i miei nonni. Un misto di terra e pioggia unito all’aroma di agrumi che proveniva dagli alberi di limone e arance. Indescrivibile e mai più trovato altrove. Forse sono proprio questi i motivi per cui non riesco ad adattarmi a una grande città.
[I] Conosco quella magia. Quando ero piccolo e pioveva, la mattina con i miei amici andavamo a raccogliere lumache.
[G] E se le mangiava crude (ride, ndr). Con i vostri concerti avete avuto un
successo enorme in grandi città del mondo. Cosa si prova?
Poter esprimere a livelli esponenziali la propria passione e sapere che da New York a Tokyo c’è qualcuno che ti aspetta è la cosa più bella che possa accadere a un artista. Speriamo, grazie al nostro pubblico, di poter viaggiare e aprire la mente a nuovi orizzonti ancora per molto tempo.
A proposito di viaggi, quale emozione vi suscita prendere il treno?
[I] Sono sempre stato appassionato di aerei ma devo ammettere che oggi, per viaggiare in Italia, il mezzo migliore è il treno. È anche uno dei motivi per cui mi sono trasferito a Bologna: con l’Alta Velocità sei a Firenze in poco più di mezz’ora e a Milano in circa un’ora. In meno di quattro si raggiungono Roma e Napoli. Una volta, durante un viaggio in Frecciarossa, ho potuto visitare la cabina di guida, una sorta di navicella spaziale. Fighissimo. Ricordo come particolarmente emozionante anche
un viaggio in treno da New York a Washington.
[P] In Giappone siamo saliti anche sugli Shinkansen, i treni dell’Alta Velocità nipponica. Ma le nostre Frecce non sono da meno, un vero e proprio orgoglio italiano. Dobbiamo smetterla di lamentarci per le cose che non vanno bene e apprezzare quelle che funzionano. Il servizio ferroviario italiano è di altissimo livello e se posso scegliere con quale mezzo spostarmi per me è sempre il treno.
[G] Aggiungerei poi che non c’è treno senza libro e non c’è libro senza treno. Salire a bordo significa anche dedicare un po’ di tempo a se stessi per pensare e riflettere, leggere e perdersi. In treno ci si può innamorare, è una vera metafora della vita (i colleghi sorridono, ndr). Che impressione vi ha fatto sapere che Silvio Berlusconi era un vostro grande fan?
[P] Quando, nel 2015, abbiamo partecipato all’Eurovision Song Contest, lui ci ha sostenuti e supportati. Molte idee e progetti, poi, sono nati dalle sue idee, tanto da portare il nostro manager Michele Torpedine a definirlo il quarto membro de Il Volo, sempre presente dietro le quinte. Recentemente, abbiamo chiuso un accordo con Mediaset per il prossimo anno. Con l’azienda si è creata una perfetta armonia e sapere che chi l’ha sempre guidata ci apprezzava è motivo di grande felicità. Siamo vicini alla famiglia per la perdita che ha subito. Puoi avere tutto il talento del
mondo ma se non hai chi crede in te diventa tutto molto difficile.
Quale Paese straniero vi ha rubato il cuore?
[G] Nel mio caso il Giappone. La cultura orientale ti consente di vivere qualcosa di molto diverso da ciò a cui siamo abituati.
[I] Ogni Paese ci lascia qualcosa. In Sud America, per esempio, le fan hanno rincorso le nostre auto per una foto con noi.
[P] Secondo me si può rubare qualcosa da ogni cultura. Ha a che fare con quell’attitudine che spinge a cercare il meglio in ciascun Paese e portarlo via con sé: la mentalità imprenditoriale degli Stati Uniti, il grande rispetto verso il prossimo che si vive in Giappone, la capacità del Sud America di affrontare la vita con il sorriso. Dell’Italia uno straniero apprezzerebbe senza dubbio la qualità della vita.
Riuscite a trovare sempre il tempo per i selfie e gli autografi?
[G] Un artista si deve preoccupare quando non gli chiedono più una foto insieme.
[I] Siamo prima di tutto persone e poi personaggi. Capita di avere giorni in cui sei stralunato, come diciamo in Sicilia, momenti in cui hai poche energie e appari meno disponibile, ma non è così. Siamo sempre felici di incontrare il nostro pubblico.
Cosa amate nelle persone e cosa non sopportate?
[G] Prendo in prestito le parole di Erich
Fromm, grande psicanalista tedesco. Diceva di non sopportare le persone amorfe, senz’anima, incapaci di dialogare in modo costruttivo o di condividere idee. Ecco quelle sono, anche secondo me, le persone negative. Amo invece circondarmi di coloro che mi consentono di avere una crescita artistica e personale.
[I] Di persone come quelle descritte da Fromm ce ne sono tante. Se Amedeo Modigliani fosse ancora vivo, oggi avrebbe dipinto migliaia di volti senza occhi.
[P] Io invece apprezzo più di ogni altra cosa l’educazione, che premia e premierà sempre.
Concludiamo pensando a una delle gioie della vita: il cibo. Siete più da tavola o da cucina?
[I] Io preferisco tutta la vita stare in cucina.
[G] Io invece sono più un tipo da tavola. Mi piacciono i ristoranti stellati, le degustazioni di due o tre ore accompagnate da un buon calice di vino. Abbiamo pranzato nel locale di Massimo Bottura, un’esperienza indimenticabile.
[P] Con il cibo ho un rapporto magnifico. Ho bisogno di mangiare, pratico molto sport e a tavola non rinuncio a niente. Corro spesso, mi sto anche preparando per la maratona di New York.
[I] È vero, non si sa da chi scappa ma corre sempre.
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DAL TRENTINO ALLA BASILICATA, I PANORAMI ITALIANI CHE RICORDANO SCORCI E LOCALITÀ ESTERE. PER RESPIRARE UN’ATMOSFERA ESOTICA SENZA USCIRE DAL PAESE
di Francesca Ventre – f.ventre@fsitaliane.it
Girare il mondo rimanendo in Italia è possibile. Se la mancanza di lunghi periodi di vacanza impedisce di superare i confini del Paese, ecco qualche idea di gemellaggio virtuale tra luoghi nostrani e alcune mete oltre frontiera.
Un panorama canadese
IN TRENTINO COME IN CANADA
C’è un posto dove la temperatura si abbassa piacevolmente, la vista si rilassa grazie alla natura intorno e la mente si apre verso l’orizzonte. Sembra di stare in Canada ma, in realtà, è il Trentino. Per la precisione la Val di Fumo, all’interno del Parco naturale Adamello Brenta, dove la natura incontaminata richiama quella del Paese del Nord America. La valle di origine glaciale compresa nell’area protetta più grande della regione, un paradiso di biodiversità esteso per 620 km², si è conquistata il soprannome di Piccolo Canada del Trentino grazie ai numerosi fiumi che la percorrono, creando diverse cascate, e al verde delle sue foreste di abete rosso, pino cembro e larice. Un luogo rilassante che vanta ghiacciai, torrenti impetuosi e molti esemplari di fauna e flora selvatiche. Sullo sfondo le Dolomiti di Brenta, Patrimonio mondiale dell’Umanità, tra guglie, torrioni e pareti a strapiombo.
A picco sì, ma questa volta sul mare con le onde che si infrangono sulla costa. Basta un comodo viaggio in treno per raggiungere le Cinque Terre, in Liguria, e sentirsi immediatamente in Cornovaglia. Lo scenografico tratto racchiuso
da due promontori sfoggia insenature, baie e scogli di tutto rispetto, al pari della piccola contea a sud della Gran Bretagna. Solo che in Italia il panorama naturale è arricchito dai deliziosi borghi color pastello di Monterosso, Vernazza, Manarola, Corniglia e Riomaggiore.
QUIETE ORIENTALE IN UMBRIA
Per respirare un po’ di calma e poesia orientale, come quella che si percepisce in Giappone o in Thailandia, basta spostarsi alle Fonti del Clitunno, in provincia di Perugia, care a Giosuè Carducci che le descrisse nell’ode omonima. Un’oasi di verde, tra alberi che toccano l’acqua e una fitta vegetazione, che si estende su una superficie di quasi 10mila m² lungo la via Flaminia. Al tempo degli antichi Romani erano considerate sorgenti sacre dedicate al dio Giove Clitunno, in nome del quale qui furono costruiti diversi tempietti. Ora la rigogliosa vegetazione lo rende un luogo in cui ritrovare un intimo contatto con la natura e con se stessi.
IL GRAND CANYON MARCHIGIANO
Questo divertissement da esploratore del mondo a chilometro zero può continuare nelle Marche, alla scoperta delle Lame Rosse di Fiastra, una delle perle dei Monti Sibillini. Pilastri di arenaria scolpiti nei millenni dagli agenti atmosferici che prendono il nome dalla particolare forma e dal colore delle stratificazioni di roccia che, avendo perso la parte superficiale, mostrano il substrato di ferro che le compone. Per questo, si sono conquistati l’appellativo di Grand Canyon marchigiano, a ricordare l’immensa gola naturale scavata dal fiume Colorado nell'area nord ovest dell'Arizona, caratterizzata da diversi strati di roccia rossa.
Un giardino giapponese
LE MAURITIUS DELLA CALABRIA
Tra le località balneari, un paragone ardito è quello tra Roccella Jonica, in Calabria, e le Isole Mauritius, nell’Oceano Indiano: le due perle selvagge si possono contendere il primato di acqua limpida in cui bagnarsi in completo relax. Se la remota isola tropicale di Mauritius è stata scelta dal popolare sito web Tripadvisor come la migliore destinazione 2023 per una vacanza all’insegna della natura, la località del Reggino ha conquistato quest’anno la 21esima Bandiera blu per qualità ambientale delle sue spiagge. IL TEMPIO GRECO DELLA BASILICATA
Nel Sud Italia, in particolare ad Agrigento, Selinunte o Paestum, è facile trovare frammenti della Grecia. Ma è tra le ro -
vine delle grandiose Tavole Palatine nell’antica Metaponto, in provincia di Matera, che ci si sente un po’ come davanti al tempio di Capo Sounion in Grecia. Tra le colonne di questo tempio dorico del VI secolo a.C. dedicato alla divinità greca Hera, si può ancora avvertire la presenza di Pitagora, il celebre matematico che qui trovò rifugio. Anche se a dare l’appellativo di Palatino al monumento è il ricordo della lotta, di secoli successiva, dei Paladini di Francia contro i Saraceni.
Tutti pronti per postare foto spettacolo su Instagram, quindi. Unico trucco: scrivere didascalie bugiarde, per far credere di aver girato la Terra in lungo e in largo senza aver nemmeno varcato il confine di questa bella Italia.
NASCE SULLA DIRETTRICE
DEL CAMMINO DI OROPA, NEL BIELLESE, IL PRIMO
ECOSISTEMA DI TURISMO
SLOW CHE CONNETTE LE ECCELLENZE DEL TERRITORIO ATTRAVERSO
PERCORSI A PIEDI E IN BICI di Valentina Lo Surdo valentina.losurdo.3 ValuLoSurdo ilmondodiabha ilmondodiabha.it foto di Alberto Conte
L’impressionante fioritura di nuovi percorsi a piedi che si sta verificando negli ultimi anni rischia di portare il territorio a un precoce punto di saturazione. La soluzione a questo problema consiste nella creazione di un ecosistema di cammini, come propone Alberto Conte, uno dei massimi esperti di turismo outdoor in Italia, fondatore nel 2006 di ItinerAria, azienda specializzata nella progettazione di viaggi a piedi e in bicicletta, e nel 2011 dell’associazione Movimento lento.
«Già una ventina di anni fa ho iniziato a ragionare su come potenziare i tracciati esistenti e dare sostegno ai nuovi
connettendoli alle direttrici principali» racconta. «Come consulente tecnico della Via Francigena, mi sono presto reso conto della sproporzione che esiste tra il potere attrattore di un solo cammino, dal brand storicizzato e noto internazionalmente, rispetto a percorsi che, per quanto magnifici, non possano contare su tale forza». Sorge così l’idea di creare prodotti turistici integrati a un percorso-bandiera, cioè una rete di luoghi e sentieri minori connessi a un cammino principale. La proposta ha trovato terreno fertile in Piemonte ed è stata applicata al Cammino di Oropa, creato da Conte nel 2019 ed entrato in bre -
ve tempo nella top five dei percorsi più frequentati d’Italia. Nasce così il progetto delle Terre del Cammino di Oropa, prima iniziativa locale nata dal format nazionale delle Terre del movimento lento. «Grazie agli ottimi risultati raggiunti, nel 2020 abbiamo cominciato a raccogliere l’adesione di numerosi protagonisti locali, interessati a creare non semplicemente una rete di collegamenti stabiliti a tavolino, ma un reale ecosistema di connessioni tra produttori bio, presidi Slow Food ed eccellenze territoriali. Un progetto che coniuga la salvaguardia delle tradizioni e l’incremento del turismo naturalistico in un’area
storicamente vocata all’industria». Il progetto, che ha ricevuto il riconoscimento della Bandiera verde di Legambiente nel 2020, ha unito un grande territorio, incorniciato dalle Alpi Pennine al cospetto di due presenze iconiche come il Monte Rosa e il Monviso. L’area è attraversata da oltre 500 km di percorsi per camminatori e ciclisti, che collegano «non soltanto zone meravigliose da un punto di vista naturalistico, culturale e spirituale, ma anche le storie di chi ha deciso di ripartire dal legame con la terra». Conte si riferisce alle attività di pregio dei microbirrifici del Biellese, che trovano nelle acque cristalline dell’Elvo la materia prima ideale per una produzione di qualità,
o ai presidi Slow Food del burro a latte crudo e del Macagn d’alpeggio, una toma tipica del territorio. Ma anche alle storie di persone come la giovane Elisa Mosca, che dopo la laurea in economia ha deciso di tornare alle origini producendo formaggi nella malga di famiglia, e di Elisa e Claudia Pozzo, due sorelle che hanno cambiato vita per proseguire l’attività vinicola dei genitori a Viverone. O di Cecilia Martin Birsa, artista di fama internazionale che vive nel minuscolo paese di Bagneri, dove crea sculture dalle pietre di torrente, trasformate nei profili degli animali che popolano i boschi circostanti. Gli itinerari che fanno da dorsali alla rete delle Terre del Cammino di Oropa sono quattro
percorsi a tappe: il principale, detto anche Cammino della Serra, il Canavesano, l’Orientale e il Valdostano. «Attorno a questi stiamo mappando centinaia di chilometri di percorsi a piedi e in bicicletta connessi tra loro, e il progetto, nella sua estensione complessiva, toccherà i 1.500 km, connettendo le province di Vercelli, Biella e buona parte del Canavese, spaziando «da una porta rilevante come Chivasso, nel Torinese, con la sua importante stazione ferroviaria, sino al confine con la Val d’Aosta, toccando a est Varallo (Vercelli), dove arriverà la Ciclovia orientale». L’aspetto dei circuiti in bicicletta svolge un ruolo di primo piano: «È già disponibile la Ciclovia della Serra, 64 km che utilizza-
no una tra le strade cicloturistiche più spettacolari del nord Italia, il Tracciolino, mentre sono in via di tracciatura la ciclovia Canavesana e l’Orientale, che percorrerà la mitica via panoramica Zegna».
Il primo tra i percorsi che compongono il Cammino di Oropa è quello della Serra, ormai noto: 65 km divisi in quattro tappe con partenza da Santhià (Vercelli). Di difficoltà crescente, è ideale per chi non abbia mai affrontato un itinerario di più giorni. Attraversa prima la piana risicola, poi la zona collinare, sino alla grandiosa serra morenica di Ivrea (Torino), «l’enorme anfiteatro che si è creato in due milioni di anni di lavoro del ghiacciaio balteo», spiega Conte.
Il Canavesano (84 km per cinque tappe) rappresenta invece il ramo occidentale del Cammino di Oropa e collega il Canavese con il Biellese. È più impegnativo e consigliato a viandanti con una buona esperienza. Una volta arrivati a Oropa, allungando il viaggio di tre giorni sarà possibile proseguire lungo il Cammino orientale (34 km), «entrando nel cuore delle montagne, in un ambiente alpino», su un percorso sfidante, il più tecnico tra gli itinerari che conducono nella frazione di Biella. «È percorribile in due direzioni: partendo da Valle Mosso, attraversando la Valle Cervo e giungendo infine al Santuario di Oropa, oppure come continuazione del viaggio per coloro che arrivano al
traguardo dopo aver concluso il Cammino della Serra o il Canavesano». Infine, il Cammino Valdostano. Aperto solo nei mesi estivi, per far fronte al clima rigido dovuto alle altitudini attraversate, unisce Fontainemore, nella valle del Lys, a Oropa, lungo il percorso della storica processione mariana notturna che si ripete da secoli ogni cinque anni. Oltre all’aspetto naturalistico, queste zone del Piemonte presentano anche una spiccata attitudine spirituale: «Non può essere casuale la singolare concentrazione di luoghi sacri in questa zona», sottolinea Conte. «Oltre al simbolo di Oropa, il più importante santuario mariano delle Alpi con la sua celebre Madonna nera, costruito in un
luogo di culto pre-cristiano, non possiamo dimenticare il magnifico Santuario di Graglia, vicino a Biella, e il Sacro Monte di Belmonte in provincia di Torino, Patrimonio Unesco proprio come quello di Oropa». In una visione spirituale più ampia, sono notevoli anche il Monastero di Bose creato da Enzo Bianchi nel 1965, la Federazione di Damanhur a Vidracco, nel Torinese, e l’imponente Monastero Mandala Samten Ling, dove si pratica il buddismo tibetano. D’altronde, proprio in questo territorio passa la cosiddetta linea insubrica, a separare la placca euroasiatica dall’africana, che secondo numerosi studi ha predisposto la zona a speciali condizioni energetiche.
Tuttavia, bisogna sempre prestare attenzione alle minacce create dall’uomo: «Il turismo lento sta trasformando il nostro territorio portando sviluppo economico, sociale e culturale, ma non mancano le criticità», avverte Conte. «Mi riferisco al progetto di un termovalorizzatore a Cavaglià, che se fosse approvato deturperebbe il paesaggio nella prima tappa del Cammino di Oropa, rischiando di interrompere il circolo virtuoso che abbiamo avviato». Ora la custodia di questo patrimonio è affidata anche al passaggio lento di tutti i camminatori.
camminodioropa.it camminodioropa
SULLA COSTA DEGLI ETRUSCHI ALLA SCOPERTA DI CECINA, BARATTI E POPULONIA. TRA SABBIA CHIARA, PINI ODOROSI E REPERTI ARCHEOLOGICI di Sandra Gesualdi sandragesu
Luce chiara, brezza marina, natura genuina e ritmi lenti. C’è un pezzo di Toscana, affacciata sul Tirreno e stretta tra Livorno e Piombino, stratificata di storia e storie dove trascorrere giornate di relax lungo un litorale fatto di sabbia chiara e pini odorosi. È la Costa Etrusca, che dal mare si
spinge nell’entroterra livornese tra i comuni di Collesalvetti, Sassetta, Suvereto e Campiglia Marittima, legando il proprio fascino alle tracce dell’antico popolo etrusco, presente qui già a partire dal IX secolo a.C. Oggi è la meta preferita per un fine settimana di relax o per le classiche ferie d’agosto, con le case in affitto e gli amici d’ombrellone. Nei mesi estivi la cittadina di Cecina si stiracchia dal sonno invernale e soprattutto a Marina, la frazione balneare, si riaprono ristoranti, ritinteggiano chioschetti e ricompaiono cia -
batte di gomma e parei d’ordinanza. I colori sono quelli tenui delle villette basse, rosa, gialle e azzurre, affacciate su viale Vittoria, dove si passeggia all’ombra delle palme, o degli ombrelloni a strisce verdi e rosse. Le spiagge libere sono ampie, di rena scura e grossa, intervallate dagli scogli dove la mattina presto si condensano i pescatori. Si ha l’impressione di conoscersi da sempre a Cecina, anno dopo anno, stesso bagno stesso mare.
Tra le tipiche cabine blu degli storici stabilimenti si respira un’atmosfera da cartolina amarcord: le sdraio di legno fitte fitte, le palette e i secchielli nella sacca di rete, le escursioni in pedalò e il bagnino tatuato di una certa età.
Per chi non ama i vicini di lettino meglio optare per il paesaggio più aspro della riserva dei Tombo -
li, verso sud. Oltre dieci chilometri di litorale arenoso schermato da quella ricca pineta progettata dal granduca Leopoldo per proteggere il grano dai venti carichi di salmastro e oggi patrimonio abitato da volpi, scoiattoli e donnole.
Proseguendo in direzione di Grosseto e superato San Vincenzo, nel comune di Piombino si incontrano il Parco archeologico di Baratti e Populonia, nell’area del golfo omonimo e inserito nel sistema della Val di Cornia, dove ammirare le testimonianze più importanti della coloniz-
zazione etrusca. L’insenatura, spesso battuta dal vento, è uno scrigno quasi incontaminato (al netto dell’educazione dei turisti), un ecosistema marino circondato da boschi, vegetazione mediterranea e campi sconfinati che portano alla battigia. Un luogo da godere dotati di bagaglio leggero, dove è possibile portare anche il proprio amico a quattro zampe. Immancabile la maschera per lo snorkeling perché i fondali meritano un’escursione dedicata. Al Parco è opportuno arrivare in punta di piedi, non solo per rispettarne la bellezza paesaggistica ma anche e soprattutto per la presenza della grande necropoli a ridosso del litorale, un vero e proprio museo en plein air. Tra i resti delle necropoli di San Cerbone, Ca -
sone e Poggio della Porcareccia, si distinguono ancora le antiche tombe a tumulo del VII secolo a.C. e i sepolcri dell’epoca precedente villanoviana o della successiva ellenistica.
Da qui è impossibile non visitare Populonia Alta, piccolo abitato fortificato sulla collina sovrastante e primo e unico esempio di città costiera etrusca. Fuori le mura si sviluppa il percorso archeologico dell’acropoli, con le spoglie dei templi e delle terme, fino agli insediamenti industriali e alle stratificazioni romane e medievali. Il borgo in pietra, invece, è uno di quei pezzi di Paese dove si allineano, con equilibrio, storia, paesaggio e buon vivere. Meglio arrivarci nel pomeriggio per avere il tempo di visitare i laboratori di artigianato locale e il piccolo ma prezioso museo che ospita la Collezione Gasparri. All’interno frammenti provenienti dagli scavi della necropoli o rinvenuti negli abissi come una grande anfora da olio. Nelle teche anche suppellettili del periodo greco, fenicio
e romano, a dimostrazione di quanto questo fazzoletto di terra e il suo porto fossero, un tempo, crocevia di gente di mare da tutto il Mediterraneo. Populonia è caratterizzata anche dalla possente rocca difensiva costruita nel 1400 dai signori di Piombino, al
cui interno si erge l’antica torre. Inerpicarsi fin sui camminamenti estremi permette di ammirare un panorama non replicabile con una vista a 360 gradi che si allunga dall’isola d’Elba alle Colline Metallifere fino alle Alpi Apuane. Si finisce la visita nei giardini
sottostanti, dove aspettare il tramonto sorseggiando un calice di vermentino di Bolgheri e assaporare un tiepido polpo e patate. Tutto molto bello, con la “e” aperta alla livornese. parchivaldicornia.it museopopulonia
Da quest’estate si può arrivare sulle spiagge toscane in provincia di Livorno con il Golfo di Baratti Link, il nuovo collegamento integrato treno + bus da San Vincenzo o da Piombino. Partenza dai piazzali davanti alle stazioni ferroviarie e possibilità di fermata, per le corse da e per San Vincenzo, anche sul viale della Principessa che costeggia il Parco di Rimigliano. Il nuovo servizio proposto da Trenitalia, società capofila del Polo Passeggeri del Gruppo FS Italiane, in collaborazione con Amitour, rientra tra le novità della Summer Experience 2023.
SANTI E DAME, EROI E ARTISTI, MA ANCHE CITTADINI LABORIOSI.
SONO TANTI I PROTAGONISTI CHE HANNO LASCIATO UN SEGNO NELLA CITTÀ SULLA COSTA DEI TRABOCCHI
Il Mediterraneo, di cui il Mar Adriatico è il braccio orientale che bagna sei nazioni, per un tratto sublime diviene la Costa dei trabocchi, un tempo macchine da pesca e oggi strane palafitte di remota origine. Venti chilometri e più di costa abruzzese in provincia di Chieti, tra Vasto e Ortona. In quest’ultima cittadina trovarono la loro dimora o i natali figure del sacro e dell’eleganza, delle arti e della storia, eroi inconsapevoli di esserlo stati e perciò tragici. Già, perché prima di giungere a Ortona si passa
dinanzi all’ingresso del Moro River Canadian War Cemetery, il cimitero dove sono seppelliti oltre 1.600 soldati, quasi tutti canadesi. Sono i militari alleati caduti durante la battaglia di Ortona, uno dei più atroci eventi bellici avvenuti su un territorio italiano, durante la Seconda guerra mondiale. Quello scontro tra tedeschi e canadesi, casa per casa, per conquistare un lembo di terra che segnava a est la linea Gustav, portò la città a essere definita la Stalingrado d’Italia. Due settimane combattute in campo neutro, si
potrebbe dire, in una località pacifica, laboriosa e ospitale come l’animo di milioni di abruzzesi. Un’ostinazione da un fronte all’altro che uccise numerosi giovanissimi soldati. «Loro, senza sapere cosa stesse davvero accadendo al mondo e a loro stessi, fecero quel passo in più che li avrebbe resi immortali». Così termina il capitolo che lo studioso Paolo Quattrocchi dedica a Ortona nel suo volume Canada
Da sei anni sindaco, Leo Castiglione spiega perché la cittadina adriatica
rappresenta una regola che, nel turismo italiano, fa eccezione: «Si affaccia sul mare ma si innalza di circa 70 metri su di esso, come fossero Ortona e il suo riflesso. I suoi circa 25mila abitanti, poi, si triplicano ogni estate, tra chi desidera abbronzarsi sulla spiaggia del Lido dei Saraceni e chi è attratto da storie dense di spiritualità». E in effetti di Ortona traspare un’anima carnale dove coabitano religione e mondanità, artisti e cortigiani. A guidarmi tra queste antinomie è Remo Di Martino, avvocato e amministratore, che di questi luoghi conosce storia, miracoli e bellezze, animato com’è dalla positività tipica dei cittadini onorari. È lui ad accompagnarmi nella cattedrale che custodisce le reliquie di San Tommaso, la cui opera evangelica si spinse fino in India sudorientale. Nel 2004 Di Martino replicò quel viaggio che lo condusse nelle stesse terre lontane, a Palayoor, Madras e poi, a ritroso, a Edessa e nell’isola di Chios, in Grecia, per riportare a Ortona le tracce che il santo aveva lasciato lungo la sua peregrinazione.
Strana anche la parabola di Margherita d’Austria, vedova di Alessandro de’ Medici e poi sposa di Ottavio Farnese. Dimorò nel Palazzo Madama di Monte Mario, a Roma, per poi trasferirsi in Abruzzo, dove trovò la sua casa d’elezione. Nel 1582 acquistò Ortona e lì fece costruire Palazzo Farnese, ancora oggi uno degli edifici più belli della città, senza vederlo finito perché si spense quattro anni dopo.
Ma il legame di Ortona con i suoi cittadini va ben oltre le testimonianze storiche. Esso appare davvero stretto, come se nessuna difficoltà frenasse, ancora oggi, il loro desiderio di lasciare un segno concreto di presenza e affetto.
È la città di Gaia Cichelli, che assieme a Mirco, giovane marito e chef, si inventa Tapanì, ristorante di sapori tradizionali e attuali; oppure è il sogno realizzato dal maître Giuliano Di Matteo, che ha riavviato il ristorante Al vecchio teatro, dove si mangia vista mare; o di Debora Dell’Osa, guida nel Museo della battaglia, e di Antonio Tenisci, che dal suo romanzo d’esordio Nuvole rosse sotto il mare, continua a dedicare alla città abruzzese,
dove ha deciso di vivere, scritti e progetti. Insomma, Ortona rappresenta il caso emblematico di un territorio che da un lato resiste all’omologazione turistica, dall’altro offre ai suoi visitatori l’immagine di un luogo dov’è possibile vivere, produrre e creare tenendo insieme storie e utopie.
Affacciati alla Torre della Loggia, la dimora storica che svetta nella parte medievale, ci si sente sospesi tra il mare e la pietra. Da lassù si percepiscono, vive, le ombre di personaggi del passato che da questa terra sono partiti per arricchire la bellezza italiana.
Come Francesco Paolo Tosti, cantante e compositore ortonese di eccellenza che a 26 anni si trasferì a Londra
per guadagnare la fama del popolo e la stima della regina Vittoria, che regolarmente lo ospitò a corte. Questo Elton John dell’800, come lo definì il giornalista e saggista Antonio Caprarica, divenne presto cittadino britannico ma rientrò a Roma nel 1916, dove morì all’Hotel Excelsior. Ci ha lasciato 500 romanze per canto e pianoforte, i cui testi vennero scritti anche da poeti come Antonio Fogazzaro, Naborre Campanini e Gabriele D’Annunzio, e interpretati dalle voci di Enrico Caruso, Beniamino Gigli, Tito Schipa, Luciano Pavarotti, Mina e José Carreras. Uomo di rara eleganza, Tosti affidava ogni tanto i suoi abiti dismessi a una sartoria ortonese, affinché li adattasse per suo fratello. Caso volle che il sarto
fosse il giovane Domenico Caraceni, che fu capace di trasmettere la sua raffinatezza di taglio anche al fratellino Augusto. Di lì in poi, Domenico in via Fatebenefratelli a Milano e Augusto nella parigina Avenue d'Iéna fecero scuola di sartoria al mondo intero, vestendo attori e personalità. Di Martino mi racconta la loro storia con particolare passione. Glielo faccio notare e lui risponde: «Forse perché Augusto Caraceni era il nonno di mia moglie Cosetta». Insomma, tutto torna ed è interconnesso a Ortona, e nulla accade senza lasciare un segno. Come fanno il vento che viene dal mare e il tempo che trascorre quando si è felici di appartenere a un luogo, e solo a quello.
di Osvaldo Bevilacqua
[Direttore editoriale Vdgmagazine.it e ambasciatore dei Borghi più belli d’Italia]
A SANTA MARIA DEL CEDRO, DIAMANTE E SCALEA PER SCOPRIRE MITI E TRADIZIONI RELIGIOSE LEGATE ALL’AGRUME SIMBOLO
La Riviera dei cedri, dove l’azzurro del mare si fonde col blu del cielo. Nome persuasivo e seducente che trova riscontro
con la realtà, la bellezza e la varietà della costa dell’alto Tirreno cosentino. Qui viene infatti evocato il mito dell’agrume definito, nella Bibbia, “il
frutto dell’albero più bello”. Utilizzato dagli ebrei nella celebrazione della Sukkoth (festa delle capanne), in estate il cedro richiama sulla co -
a cura di vdgmagazine.it
sta calabra migliaia di villeggianti e numerosi rabbini ortodossi che vengono a raccoglierlo e selezionarlo per spedirlo nelle sinagoghe più remote e sperdute del mondo. Secondo quanto prescritto dai testi sacri, il frutto – in ebraico etrog – deve essere completamente sano e proveniente da una pianta di almeno quattro anni non innestata. La tipologia usata per la ricorrenza ha le stesse caratteristiche di quella che viene coltivata a Santa Maria del Cedro, dove ha trovato un habitat ideale per fiorire e vegetare e, proprio di recente, ha ottenuto anche la certificazione Dop. La località di circa cinquemila abitanti fa parte dei 15 comuni della costa tirrenica nella provincia cosentina che appartengono alla Riviera dei cedri (altri sette si trovano nell’entroterra per un totale di 22 municipi). Secondo Franco Galiano, scrittore e presiden -
te dell’Accademia del cedro, questa città è la capitale dell’agrume nel mondo: «Il borgo con la cultura contadina, la coltivazione lungo i fiumi Abatemarco e Lao, la trasformazione artigianale del prodotto e la vendita in varie botteghe del posto rendono splendido, per il turista, l’incontro con questo straordinario frutto, per cui la comunità locale ha una tale venerazione religiosa da aver costruito un tempio per la sua protettrice, Nostra Signora del cedro».
Anche per il 2023, il comune ha conquistato la Bandiera blu per il mare limpido, il turismo sostenibile e la tutela del territorio insieme ad altre quattro località della riviera: Tortora, Praia a Mare, San Nicola Arcella e Diamante. La Foundation for Enviromental Education Italia gli ha assegnato anche la Spiga verde, che premia il corretto uso del suolo, la
sostenibilità e l’innovazione in agricoltura e la presenza di produzioni agricole tipiche. Inoltre, la località è capofila del Gal Riviera dei cedri, gruppo di azione locale che ha l’obiettivo di promuovere a livello istituzionale, economico e commerciale i centri del territorio.
Dal 17 al 21 agosto, a Santa Maria si tiene il vivace Mediterraneo cedro festival, un percorso tra mare e terra per celebrare il prodotto identitario del litorale e promuovere il confronto interculturale tra i popoli. La manifestazione è ricca di spettacoli musicali e artistici tra il lungomare e il centro, con degustazioni di specialità locali e piatti a base di questo agrume. Emergono, quindi, i due aspetti speculari del cedro: quello sacro – legato principalmente alla cultura ebraica – e quello profano, che comprende l’interesse letterario da parte di scrittori
come Giacomo Casanova, Matilde Serao, Gabriele D’Annunzio ma anche la diffusione commerciale a opera dei tanti che hanno avuto modo di declinarlo in campo estetico, medico, farmaceutico e dolciario. Proprio nell’arte culinaria il cedro, a cui qui è dedicato anche un museo all’interno di un opificio storico del XV-XVI se -
colo, ha guadagnato sempre più estimatori diventando l’ingrediente segreto per olio e salse utilizzate come condimento di ricette originali. Sulla costa tirrenica nella provincia cosentina c’è da segnalare un’altra bellezza da Bandiera blu: Diamante, con i suoi oltre 300 murales. Quella che in molti definiscono la città più
dipinta d’Italia ha un mare stupendo ed è vicinissima all’isolotto di Cirella, con le suggestive rovine di una fortificazione edificata per proteggere il territorio dalle continue aggressioni turche. Il borgo è sede dell’Accademia nazionale del peperoncino che, dal 6 al 10 settembre, organizza il famoso festival dedicato agli amanti
del piccante che prevede eventi di arte, musica, cultura e gastronomia senza biglietto di ingresso. Tra le star del turismo calabrese c’è anche la vicina Scalea, nota per le acque turchesi, la spiaggia apparentemente interminabile, l’accogliente centro storico, i resti del Castello normanno e la cinquecentesca Torre Talao, simbolo della città. Secondo la leggenda, all’inizio del XVII secolo il guardiano della costruzione che dominava la baia non avvertì la po -
polazione dell’arrivo dei corsari. Così i Saraceni invasero e saccheggiarono Scalea e furono cacciati solo dopo un’aspra lotta. Alla fine della battaglia, il sorvegliante traditore venne impiccato e da allora il pinnacolo venne soprannominato torre di Giuda. Va detto, però, che un’altra teoria indica la vicinanza al ghetto ebraico come vero motivo dell’appellativo.
A Scalea il mese di agosto è ricco di soprese e accoglie gli ospiti con una serie di manifestazioni: dal Premio
Metastasio dedicato alle eccellenze del Mediterraneo al Peperoncino jazz festival, passando per il Laos fest, manifestazione di musica indie. «Una vacanza nell’alta Riviera dei cedri», conclude Galiano, «oltre a offrire accoglienza e relax ospitale, consente di immergersi nei miti greci e magnogreci del golfo di Policastro. Ma anche di sentire ancora l’eco dell’urlo saraceno assalitore della costa, in un paesaggio marino e rurale irrepetibile e stregante».
di Sandra Jacopucci
Inventata negli anni ‘90 da Renato Aronne, patriarca di una famiglia di pasticcieri di Marcellina, frazione di Santa Maria del Cedro, è diventata immancabile presenza sulle tavole più prestigiose. Al gusto sembrerebbe un dolce antico se non fosse per quel tocco di delicata raffinatezza, tipica dei tempi moderni, caratterizzata da una parte esterna croccante e un cuore morbido. La base è una frolla sormontata da pasta di mandorle italiane tritate e unite a zucchero semolato, albumi d’uovo e pasta di cedro ricavata dalle bucce del frutto candito macinato. C’è poi uno strato di pan di Spagna bagnato con estratto di cedro, non alcolico. La copertura consiste nella stessa pasta di mandorle interna che solidifica grazie alle 24 ore di riposo della preparazione prima della cottura (in forno statico a 190° per 15 minuti). Si mantiene naturalmente, a temperatura ambiente, per 30 giorni.
di Peppone Calabrese PepponeCalabrese peppone_calabrese [Conduttore Rai1, oste e gastronomo]
AD ANDRIA, NEGLI SPAZI DI UNA VECCHIA MASSERIA, IL PROGETTO SENZA SBARRE OFFRE AI DETENUTI
UNA POSSIBILITÀ DI RISCATTO ATTRAVERSO L’ARTE DELLA PANIFICAZIONE
Ho appuntamento nella Murgia pugliese con Attilio, un mio amico di Bari. Ci incontriamo ad Andria, dove si trova Castel del Monte, una fortezza del XIII secolo fatta costruire dall’imperatore del Sacro romano impero e re di Sicilia Federico II di Svevia. L’edificio, famoso per la sua pianta ottagonale, domina la sommità di una collina nell’omonima frazione del comune di Andria. Avvistarlo è sempre suggestivo, così maestoso nella sua magnificenza, eppure in perfetta sintonia con la natura, come se quello fosse il suo posto predestinato.
Saluto Attilio che, mentre ci incamminiamo verso il castello, mi parla della sua squadra del cuore, il Bari, mentre io gli racconto del Potenza Calcio: condividiamo la stessa passione. Poi ci fermiamo a chiacchierare su una panchina e lui dallo zaino tira fuori un pacco di taralli dicendomi di averli presi in un posto speciale. Visto che sono buonissimi, gli chiedo di accompagnarmi nel luogo in cui li ha acquistati perché vorrei comprarne una confezione da portare a casa. La strada per arrivare è quella tipica delle campagne pugliesi. Incrociamo oliveti, muretti a secco e tenute. Sul cancello di una di queste leggo la scritta “Masseria San Vittore”. Ci viene incontro un signore sorridente in jeans e maglietta e non posso fare a meno di notare la stampa sulla sua t-shirt: “Senza sbarre, a mano libera”.
L’uomo si presenta, mi dice di chiamarsi Don Riccardo Agresti e io, incuriosito, gli domando il perché di quella maglietta. Mi spiega che Senza sbarre è il nome di un progetto diocesano nato come risposta ai numerosi problemi legati al carcere. In questo contesto ha preso vita la cooperativa
A mano libera che produce, nei locali della masseria, pasta, taralli e prodotti da forno. Una misura alternativa attraverso cui le persone recluse hanno accesso al mondo del lavoro. «Nelle prigioni italiane i detenuti vengono puniti, non rie -
ducati. La questione non va sottovalutata perché il modo in cui trattiamo i condannati delinea il nostro essere civili, la nostra capacità di vivere all’interno di una comunità, senza pregiudizi. Lo scopo del carcere, quello fondante e costituzionale, è rieducare, consentire alle persone che hanno scontato una pena di rientrare in società e di ricostruirsi una vita. Occorre sempre ricordarlo. A causa di diversi fattori non sempre questo avviene, ma credere fermamente nel diritto di chiunque a riabilitarsi ci rende comunque cittadini migliori».
Dopo aver ascoltato con grande attenzione le parole del sacerdote voglio sapere di più del progetto. Lui mi dice che tutto è cominciato all’interno delle comunità parrocchiali della zona, dove era evidente l’assenza dei padri agli incontri dedicati alle famiglie. «Indagando insieme a un altro parroco, ho scoperto che diversi di loro erano reclusi nella Casa circondariale di Trani o in altre carceri d’Italia. Era necessario fare qualcosa per incontrare queste persone e abbiamo deciso di organizzare colloqui più assidui con i detenuti anche per offrire loro una cura spirituale. Dopo qualche anno, quel conforto non era più sufficiente. Serviva qualcosa di più concreto per ridonargli la speranza in un futuro migliore, con nuove prospettive familiari, sociali e lavorative».
Intuisco così lo sviluppo della vicenda e l’idea di formare una comunità negli spazi della masseria.
La conferma arriva immediatamente da Don Riccardo che mi spiega di aver chiesto al vescovo, insieme a Don Vincenzo Giannelli, la possibilità di prendere in gestione la Masseria San Vittore per aprire una comunità residenziale e semiresidenziale destinata a persone sottoposte a provvedimento privativo o limitativo della libertà personale.
«Nello spirito della frase pronunciata da Gesù “bussate e vi sarà aperto”, Senza sbarre vuole essere un’opportunità, una possibilità per chi si trova a dover subire le criticità del sistema carcerario. Vogliamo essere l’anello di congiunzione tra il dentro e il fuori, provare ad alleviare i disagi che il passaggio comporta. La misura alternativa al carcere, sostituendosi alla pena detentiva e abituando il condannato alla vita di relazione, rende più efficace l'opera di riso -
cializzazione». Questa storia mi ha rapito e voglio conoscere i ragazzi. Raggiungo l’orto dove lavorano alcuni di loro, mi presento e chiedo cosa stanno facendo. Si guardano e il più anziano mi invita ad ammirare il frutto del loro lavoro: «Qui era pieno di rovi e immondizia. Lo abbiamo curato con le nostre mani e questo risultato ci gratifica tanto». In questo piccolo pezzo di terra si producono ortaggi che non saranno venduti ma offerti alle associazioni del territorio come una sorta di risarcimento del danno inflitto alla società. Don Riccardo si avvicina, mi accarezza e io gli chiedo della cooperativa di lavoro nata dal progetto di comunità. Lui mi parla di un incontro provvidenziale con un pastaio che ha donato i macchinari alla masseria e insegnato ai ragazzi le tecniche per preparare la pasta e i taralli. È orgoglioso del loro percorso, dell’interesse suscitato in giro per l’Italia e va avanti spiegandomi i dettagli: «La vita comunitaria nella tenuta si sviluppa attraverso attività strutturate e si svolge secondo un’organizzazione ab-
bastanza rigida. Compiti e responsabilità sono suddivisi tra i partecipanti e non mancano momenti di confronto e formazione». Prosegue dicendomi che il progetto si basa anche sull’accoglienza dei detenuti all’interno di comunità parrocchiali e che la loro risposta è generalmente entusiasta.
«I ragazzi si stanno impegnando tantissimo in un percorso di rieducazione che in carcere è solo un'utopia. Lì i colloqui con gli educatori sono sporadici e insufficienti. La prigione, inoltre, consente a chi vuole continuare a delinquere di instaurare o fortificare rapporti con criminali, piantando le basi per nuovi reati da commettere una volta usciti. Con una misura alternativa come quella che proponiamo noi, invece, questa catena si spezza e le persone coinvolte vengono accompagnate verso una vera revisione critica degli errori commessi. Quella che offriamo è una possibilità di riscatto, l’opportunità di immaginare veramente una nuova vita».
Con gli occhi lucidi per la commozione, saluto Don Riccardo e i ragazzi e gli prometto di tornare presto a trovarli.
di Padre Enzo Fortunato
padre.enzo.fortunato padrenzo padreenzofortunato
[Giornalista e scrittore]
SI CELEBRA GERARDO SASSO, IL MONACO CRISTIANO CHE DEDICÒ
Ogni anno il paese di Scala, in provincia di Salerno, diventa luogo di celebrazioni per il beato Gerardo Sasso, nato nel comune della Costiera amalfitana intorno al 1040. Tra gli ospiti che si alternano per onorare la memoria del monaco cristiano, il 3 e 4 settembre, ci sono padre Francesco Patton, Custode di Terra santa, una provincia dell’Ordine dei frati minori, il cardinale Gianfranco Ghirlanda, patrono del Sovrano militare ordine di Malta, e il ministro degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale Antonio Tajani. A coronare le due giornate la trasmissione televisiva In cammino con il beato Gerardo Sasso, fondatore dei cavalieri di Malta, il 4 settembre alle ore 15:00 su Rai3. Fondato dai Romani, Scala è il paese più piccolo e più antico del litorale amalfitano. Ricco di tradizioni, considerato anche il balcone della Costiera, offre al visitatore e al pellegrino scenari che allargano il cuore. Qui, quando la città era ancora parte del ducato marinaro di Amalfi, è nato il monaco proclamato beato nel 1984 da San Giovanni Paolo II. Della nobile stirpe scalese dei Sasso, Gerardo fondò il primo ordine monastico cavalleresco della storia. Fu uno dei tanti monaci-medici che, nel corso dell’XI secolo, collaborarono con la Scuola medica salernitana, appartenente all’Ordine benedettino, formandosi nel mona-
stero dedicato ai Santi Benedetto e Scolastica, a Tavernata di Scala.
Diventato prior dell’ospedale di San Giovanni l’elemosiniere a Gerusalemme, lo ingrandì edificando vicino al Santo Sepolcro uno xenodochium, cioè un ricovero gratuito per accogliere e proteggere i pellegrini, continuamente minacciati dai turchi. Nacque così il primo ordine monastico-cavalleresco della storia composto da monaci-cavalieri che, oltre ad accudire gli ammalati, s’impegnavano nella difesa armata degli ospiti del nosocomio e dell’ospizio. L’assistenza era destinata a individui di ogni nazionalità e credo religioso, tanto da meritare il riconoscimento da parte del sultano dell’epoca. L’origine scalese del beato non è messa in discussione, anzi, una testimonianza forte è proprio il ruolo di priore svolto da Gerardo in questa istituzione di accudimento, prerogativa da sempre degli amalfitani. A conferma ulteriore è attestato che la croce ottagona, simbolo dell’Ordine gerosolimitano che rievoca le otto beatitudini secondo San Matteo, era presente sui tarì d'oro della Repubblica di Amalfi sin dal 1080. La fondazione scalese-amalfitana dell'Ordine è dimostrata anche dalla lista dei monaci nelle Petitiones del monastero di Santa Scolastica a Subiaco, risalente agli anni tra il 1145 e il 1153, al tempo di Raymond du Puy de Provence, condottiero francese e Gran maestro dell’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme. E, se non bastasse, la Bolla pontificia di Pasquale II, emanata a Benevento il
15 febbraio 1113, riconosceva l’Ordine di San Giovanni in Gerusalemme, noto anche come Ordine dei cavalieri di Malta, e celebrava il suo institutor ac praepositus Gerardus. Gli appellativi Gerardus e de Saxo erano diffusi nell’ambiente campano sin dal X secolo e designavano in genere militi sassoni al servizio dei principi longobardi di Salerno, di Capua e di Benevento. Alcuni di questi, come appunto i Sasso e gli Alamagna, sono stati ingaggiati nella difesa del Castrum Scale Maioris, la principale fortificazione di Scala. Il simbolo dei nobili del posto, sin dall’età angioina, era uno scudo con i colori dell’Ordine, il rosso e il nero, caricato della croce ottagona e della corona regale d’argento, nonché del giglio d'oro, affiancato dalla figura del beato Gerardo Sasso. Qui viene rappresentato con la veste nera di benedettino e la spada in pugno, alla sua sinistra una grande croce rossa gerosolimitana e l’iscrizione Beatus Gerardus Civitatis Scalarum
SGUARDO INTERNAZIONALE, VALORIZZAZIONE DEI GIOVANI
TALENTI, DIALOGO TRA I SAPERI. IL PRESIDENTE ALESSANDRO
GIULI RACCONTA PROGRAMMI E OBIETTIVI DEL MUSEO ROMANO
DEDICATO ALL’ARTE CONTEMPORANEA
di Filippo Nassetti
More than meets the eye», avverte il neon all’entrata del MAXXI, installazione realizzata dall’artista Maurizio Nannucci. «Più di quello che sembra» è proprio il concetto che ribadisce, in questa intervista, il presidente Alessandro Giuli, 48 anni, intellettuale poliedrico, già vicedirettore del Foglio, scrittore, autore televisivo e recentemente nominato dal ministro alla Cultura, Gennaro Sangiuliano, alla guida del primo museo nazionale dedicato alla creatività contemporanea.
«È proprio questo che deve fare un museo: guardare oltre, promuovere il dialogo tra i saperi, interpretare il tempo in cui viviamo e avere un ruolo attivo nella transizione verso un futu-
ro sostenibile, accogliente, inclusivo», spiega.
Presidente, qual è il programma del suo MAXXI?
Non ne abbiamo solo uno, ma tanti. Come tanti sono gli obiettivi, condivisi ogni giorno con tutti i collaboratori straordinari che lavorano con me. Innanzitutto, intendiamo rafforzare la proiezione internazionale del museo. È già stato avviato un dialogo con alcune tra le più prestigiose realtà internazionali: dal Centre Pompidou di Parigi alla Tate di Londra, fino al MoMA di New York. Per realizzare insieme progetti editoriali, intensificare le collaborazioni, produrre e coprodurre mostre, posizionandoci così tra le più autorevoli istituzioni mondiali sull’arte
© M usacchi oMusa contemporanea.
Quale funzione ha nella società moderna un museo?
La stessa dell’arte: una funzione sociale. Come diceva Joseph Beuys, scultore e pittore del ‘900, «ogni uomo è un artista», un capolavoro,
quindi, che si realizza nel divenire, è la personificazione della libertà. L’arte e la sua organizzazione devono avere, nella loro evoluzione, una finalità sociale e comunitaria. Chi lavora in questo mondo ha il dovere di difendere tale principio, promuovendo l’arte nella sua funzione collettiva e condivisa.
Un ente che guarda al contemporaneo quanto spazio dedica al mecenatismo culturale e alla crescita di nuovi artisti?
Tra le priorità della nostra missione c’è la valorizzazione dei giovani talenti italiani. E lo stiamo già facendo, penso al MAXXI Bvlgari Prize, trampolino di lancio per gli emergenti in una dimensione internazionale. A ottobre presenteremo i tre finalisti della quarta edizione, di cui esporremo le opere nel 2024. Stiamo immaginando anche altri progetti dedicati a giovani interpreti, architetti, designer, fotografi e creativi italiani. Il nostro statuto ci richiede di valorizzare la tradizione
italiana – gestiamo per esempio Casa Balla, la residenza romana del grande futurista – ma coniugandola con una proiezione nel futuro attraverso un colloquio diacronico, analogico e tematico tra le varie epoche. In un tempo di forti tensioni a livello internazionale qual è il ruolo dell’arte?
Stiamo approfondendo la linea di ricerca che la vede come uno strumento di diplomazia culturale nell’area del Mediterraneo, nella nostra naturale dimensione euro-africana. In questo senso va la mostra Isabella Ducrot. La bella terra, visitabile a Taormina per tutto agosto, realizzata in collaborazione con il festival letterario Taobuk e il Parco archeologico Naxos Taormina. Più a lungo termine, poi, c’è il progetto MAXXI Med, un nuovo polo museale a Messina dedicato proprio alla scena culturale del Mediterraneo.
A che punto è il progetto di ampliamento denominato Grande MAXXI?
Siamo in linea con la tabella di marcia che prevedeva, già al lancio del concorso internazionale di idee, la conclusione nel 2026. Con il Grande MAXXI intendiamo piegare l’idea di un’istituzione blindata, aprendo nuovi spazi per avviare nuove forme di fruizione e divulgazione. Avremo percorsi inediti con laboratori, depositi ed esperienze virtuali, oltre a centri di ricerca che indagheranno il rapporto tra arte e scienza come, per esempio, l’applicazione dell’intelligenza artificiale ai linguaggi contemporanei. Con la città di Roma c’è un rapporto molto stretto.
Sì, eccellente, tanto che il Comune entrerà nel capitale della Fondazione MAXXI, un passo importante per promuovere un’offerta culturale organica capace di comprendere l’antico e il contemporaneo. In pratica, un decumano delle arti che si sviluppa dall’Auditorium e la Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea fino alla Farnesina, passando per il
MAXXI, il Ponte della musica, il Foro italico, e si intersecherà con il cardo della storia che attraversa piazza Apollodoro, piazza del Popolo, via del Corso, via dei Fori Imperiali fino ad arrivare al Colosseo. Il MAXXI, però, non è solo patrimonio di Roma. Si riferisce alla sede dell’Aquila?
Anche a quello, certo. In Abruzzo, a
Palazzo Ardinghelli, abbiamo sviluppato uno spazio in contatto sempre più profondo con il territorio, un lavoro di tessitura di tutti i soggetti locali interessati a una produzione culturale: Camera di commercio, Confindustria, Accademia di Belle arti, università, conservatorio, centri di ricerca scientifici. Il nostro obiettivo è rende -
re il MAXXI L’Aquila un pronto soccorso culturale capace di combinare, in un paziente lavoro di ricucitura, tutte quelle aree coinvolte nel cratere del sisma.
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GUALDO TADINO, IN UMBRIA, È UNO DEI LUOGHI CON LA PIÙ ALTA CONCENTRAZIONE DI MUSEI ATTIVI RISPETTO AL NUMERO DI ABITANTI. E DA AGOSTO A GENNAIO OSPITA IL FESTIVAL D’ARTE CONTEMPORANEAMENTE
di Cesare Biasini Selvaggi - cesarebiasini@gmail.com
Wal
Siamo ai piedi dell’Appennino, a 535 metri sul livello del mare, nell’Umbria nord-orientale, lungo la via Flaminia. Al confine con le città di Gubbio e Assisi e con le Marche. Gualdo Tadino, 15mila abitanti, poco più poco meno, una stazione ferroviaria posta lungo la linea che da Roma giunge fino ad Ancona, e un bagaglio di storia che contempla tutte le stagioni. Dal popolo degli antichi Umbri alla conquista dei Romani, dalla stagione longobarda all’epopea medievale, con una testimonial d’eccezione a vigilare: l’imponente fortezza della Rocca Flea, il cui nome compare già in documenti del XII secolo. Gualdo Tadino è una cittadina famosa nel mondo per la produzione delle sue misteriose maioliche dai riflessi metallici, oro e rubino, secondo l’antica tecnica detta “a lustro” che fa capo a Mastro Giorgio Andreoli, il Raffaello delle ceramiche rinascimentali. E poi c’è l’acqua di questo centro umbro, rinomata da oltre un millennio, con le sue abbondanti sorgenti: la celebre Rocchetta, Santo Marzio, Capodacqua, Vaccara, Palazzo
Mancinelli e Boschetto. È nota anche per la sua prelibata cucina, con menù che annoverano tartufo bianco e nero, funghi torrini, paste fatte in casa come tagliatelle e cappelletti, sughi di cacciagione, norcinerie, crescia con salcicce o condimenti abbondanti all’olio extravergine di oliva della coltivazione Nostrale di Rigali e innaffiamenti di freschi vini locali.
Eppure, questo mese ci occupiamo di Gualdo Tadino per un altro motivo. La città è finita nel nostro mirino d’interesse perché è uno dei luoghi con la più alta concentrazione di musei attivi rispetto al numero di abitanti. Il suo Polo museale, diretto con rara efficacia manageriale da Catia Monacelli, presenta ai viaggiatori un’offerta che spazia dal Museo civico Rocca Flea, con la sua pinacoteca di dipinti del Medioevo e Rinascimento, al Museo opificio Rubboli, scrigno delle preziose ceramiche a lustro oro e rubino. Ci sono, poi, il Museo archeologico antichi Umbri con tutte le suggestioni del fascino di questo popolo, il Museo della ceramica con la magia dell’arte dei
Tommaso Lisanti
Senza titolo (1987)
tre fuochi, quello regionale dell’emigrazione Pietro Conti con il suo viaggio multimediale nella storia delle migrazioni italiane. Originale il Museo del somaro - Centro per l’arte contemporanea, dove maestri del nostro tempo con i loro lavori hanno reso omaggio a un animale che in età moderna ha assunto accezioni negative ma nell’antichità era la cavalcatura dei re in tempo di pace e, in Oriente, addirittura oggetto di culto. Da agosto la cittadina umbra ha cambiato ancora aspetto per il suo pubblico, ospitando un festival d’arte dal titolo ContemporaneaMente che l’ha trasformata, fino al prossimo 7 gennaio, nel regno della fantasia, con l’intento di offrire, a grandi e piccoli, punti di vista inediti e trasversali sul tempo coevo e ricco di sfide anche molto complesse.
Le sale interne della monumentale Rocca Flea e il suo parco sono letteralmente invase da Il fantastico mondo di
Wal. Giganti sculture, magici animali e bizzarre creature, la retrospettiva dedicata a Walter Guidobaldi, in arte Wal, l’artista classe 1949 che vive e lavora nel piccolo borgo Roncolo di Quattro Castella, in provincia di Reggio Emilia, inserito dal critico Renato Barilli nella pattuglia del movimento dei Nuovi-nuovi insieme, tra gli altri, a Salvo, Luigi Ontani e Luigi Mainolfi. A prima vista sembra di trovarsi catapultati in una delle storie dei fratelli Grimm. Nel parco si è accolti da una scultura raffigurante un gigantesco gatto albino, dallo sguardo enigmatico quanto una sfinge. Il gatto, probabilmente l’animale più amato e raffigurato da Wal, ritorna in altre opere in mostra. Tutt’intorno, nel verde, la scena è catturata dallo scalmanato manipolo dei putti-monelli, spiritelli creati dall’artista con il loro inconfondibile biancore di fondo che ne fa dei corpi astrali, eterei.
All’interno della Rocca Flea l’atmosfera non cambia con oltre 50 sculture a tutto tondo, di marmo, bronzo, resina o terracotta, monumentali oppure di piccolo formato, tra civette, felini, maialini, lumache, rinoceronti, mucche, pinguini, conigli. Una mostra che intende contribuire a risvegliare l’interesse del pubblico, dagli adulti ai bambini, nell’evocare mondi interiori, dominati dall’immaginazione, stimolando la capacità di sognare, recuperare quello stato di primordiale stupore per il mondo di cui parlava lo scrittore e filosofo Elémire Zolla. La chiesa monumentale di San Francesco, splendido esempio di arte devozionale legata all’ordine del santo ed edificata alla fine del XIII secolo per ospitare i francescani conventuali, è sede invece di Pittura italiana contemporanea. Ultimi sessant’anni. Un percorso di ricerca “per mari e Monti” . La mostra vuole essere un primo omaggio museale pubblico a Pio Monti, storico gallerista italiano morto lo scorso novembre. Il percorso espositivo si snoda lungo oltre 40 opere di artisti che vanno da Jannis Kounellis ad Alighiero Boetti, da Emilio Prini a Sol LeWitt, da Gino De Dominicis a Enzo Cucchi, da Mario Schifano a Tano Festa, solo per citarne alcuni. Tutti ripercorrono il solco della ricerca nell’attività del gallerista romano, definita poi “per mari e Monti”: un ca -
lembour che rimanda all’immagine di un piccolo arazzo allegro, che l’amico Alighiero Boetti gli dedicò, «Pio per mari e monti». Uomo appassionato, geniale ed eclettico, Monti si distinse per nuovi pensieri, racconti, visioni e inedite ipotesi identitarie della pittura che hanno contribuito allo sviluppo dell’arte contemporanea italiana. Tra le mostre di grande impatto, diffuse fra i tanti musei della cittadina umbra, L’altra metà della scultura contemporanea: Licia Galizia, Veronica Montanino, Francesca Tulli indaga il versante femminile di quest’arte tra emergenze di genere e ambientali, spingendo il pubblico a guardare oltre l’apparenza delle narrazioni omologate e appiattite dei mass media e dei social. Non è da meno la personale di Marco Ercoli, romano classe 1986, Nei tuoi occhi. Pittore nomade e solitario, che è passato dalla Bretagna alla Cambogia, Ercoli vive ora sugli Appennini umbri, dove ha realizzato il ciclo pittorico esposto a Gualdo Tadino fino al prossimo 15 ottobre. Un viaggio introspettivo che nella visione dell’artista, in una galleria di ritratti e autoritratti, è in grado di restituire un’immagine di noi stessi, un pezzetto della nostra persona incastrato in un eterno presente, unico e irripetibile. polomusealegualdotadino.it polomusealegualdotadino
FINO ALL'8 GENNAIO 2024 IL LOUVRE OSPITA LE OPERE PIÙ FAMOSE
DELLA REGGIA DI CAPODIMONTE. UN DIALOGO CULTURALE SENZA PRECEDENTI, TRA INUSUALI FACCIA A FACCIA E NUOVI
ALLESTIMENTI CREATIVI
di Bernard Bédarida
Aprima vista, potrebbe sembrare uno scambio di cortesie e buone pratiche tra due dei più grandi istituti culturali del mondo. Ma in realtà Napoli a Parigi: il Louvre invita il Museo di Capodimonte è una prima nella storia delle mostre. Consapevole dell’importanza degli scambi tra i musei europei, la direzione del Louvre ha voluto stringere un partenariato senza precedenti con un luogo espositivo simbolo della cultura partenopea. La rassegna, inaugurata il 7 giugno dai presidenti della Repubblica dei due Stati, Sergio Mattarella ed Emmanuel Macron,
non racconta un artista né un movimento ma la storia dei due musei. E già dopo un mese di apertura al pubblico, ha raggiunto un successo senza precedenti, con circa 800mila visitatori e 15mila cataloghi venduti. La Reggia di Capodimonte era l’antica residenza di caccia dei Borboni. Edificata su un colle che domina Napoli, ospita una delle pinacoteche più ricche d'Europa e il secondo più importante Gabinetto dei disegni e delle stampe in Italia dopo quello degli Uffizi di Firenze, oltre a un’eccezionale collezione di porcellane. Per non parlare dei 134 ettari di parco, il Real Bosco,
costituito da alberi secolari e prati verdi con oltre 400 diverse specie vegetali. Poiché si temeva che gli importanti lavori di ristrutturazione previsti nel museo, come le coperture e l’isolamento termico degli edifici e l’adeguamento energetico della struttura, avrebbero privato i visitatori dell’accesso, il Louvre ha offerto la possibilità di continuare ad ammirare i capolavori di Capodimonte a Parigi per sei mesi, ponendoli a confronto con la propria collezione di dipinti italiani dello stesso periodo.
«Siamo riusciti a mettere in mostra la più bella collezione di pittura
italiana del mondo», afferma con orgoglio Sébastien Allard, direttore del dipartimento delle Pitture del museo francese, commentando questo dialogo senza precedenti. Prima di volare nella capitale francese, una ventina di dipinti tra quelli più importanti del museo napoletano sono stati restaurati. È il caso del celebre Ritratto di Paolo III di Tiziano Vecellio: dopo l’intervento si può apprezzare la finezza della barba del pontefice e l’impareggiabile trattamento utilizzato per il velluto del suo mantello.
Più di 70 capolavori hanno lasciato il suolo italiano e sono in mostra fino all’8 gennaio 2024 in tre diversi luoghi del Louvre. La celebre Grande Galerie ospita le opere più emblematiche dell’arte italiana. La Salle de la Chapelle presenta e spiega le origini della collezione napoleta -
Tiziano Vecellio
Ritratto di Paolo III
na. Infine, nella Salle de l’Horloge, quattro capolavori del disegno di quella che era la collezione Farnese (tra cui uno di Michelangelo e uno di Raffaello) sono messi a confronto con i disegni delle collezioni del Louvre.
«Alcune opere di Capodimonte, come la Danae e il Ritratto di Paolo III con i nipoti Alessandro e Ottavio Farnese, di Tiziano, o l’Antea di Parmigianino, per molti non saranno una sorpresa: compaiono in tanti manuali di storia dell’arte. La vera novità sarà legarle a questo museo, famoso per gli amanti del settore ma ancora da scoprire per il vasto pubblico», spiega il francese Sylvain Bellenger, direttore dell’istituto napoletano da novembre 2015. «Nonostante l’attaccamento storico dei francesi a Napoli, infatti, non sempre i visitatori della più nota Pompei pensano di inserire Capodimonte nel loro moderno Grand Tour, anche se rimane comunque uno dei luoghi espositivi più importanti d’Europa». Prima di collocare i 31 dipinti napoletani nella Grande Galerie del Louvre, è stato necessario togliere altrettanti quadri e immaginare un nuovo allestimento per offrire una
diversa scenografia, con un’attenzione particolare per la Flagellazione di Cristo di Caravaggio. Lo spazio più prestigioso di quest’area, chiamato Tribuna, offre un inusuale faccia a faccia tra due dei nudi più belli del Rinascimento italiano: la Danae di Tiziano, appena arrivata da Napoli, e Il sonno di Antiope, opera di Correggio che fa parte delle collezioni del Louvre. E cosa dire dell’enigmatica Antea di Parmigianino che rivaleggia per mistero e raffinatezza con il celeberrimo Ritratto di Baldassarre Castiglione firmato da Raffaello, acquistato nel 1661 da Luigi XIV e ora
di proprietà dello Stato francese?
Ma Napoli a Parigi non è solo l’occasione per ammirare opere d’arte negli spazi del Louvre. Al di là delle sale del museo, un ambizioso programma culturale, musicale e cinematografico completa l’iniziativa e promuove per sei mesi la ricca civiltà napoletana nella capitale francese. Tra i numerosi eventi, cinque concerti rendono omaggio a questa città, uno dei grandi centri della musica europea di età barocca. E per chiudere degnamente l’evento, il 15 dicembre 2023 il museo proporrà al pubblico una notte di spettacoli
ed esperienze per vivere le diverse sfaccettature di Napoli. I lavori al museo di Capodimonte inizieranno nel 2024 con la chiusura del primo piano. L’anno successivo vedrà la chiusura completa della struttura, sia del primo che del secondo piano. I turisti e i cittadini partenopei, tuttavia, avranno sempre la possibilità di godere del Real Bosco, il parco più bello della città, e dei suoi splendidi giardini, riportati all’antico splendore dal direttore Sylvain Bellenger. capodimonte.cultura.gov.it louvre.fr
UN’AVVENTURA STRAORDINARIA CHE UNISCE FRANCIA, ITALIA E SVIZZERA. TORNA L’ULTRA-TRAIL DU MONT-BLANC: 170 CHILOMETRI DI CORSA INTORNO AL MONTE BIANCO, TRA SETTE VALLI CIRCONDATE DA 400 VETTE di Flavio Scheggi mescoupsdecoeur
Ci sono certe storie che, per essere capite, vanno raccontate dalla fine. Immaginate una corsa a piedi in montagna dove i primi arrivati tornano sulla linea del traguardo dopo 24 ore per salutare e complimentarsi con gli ultimi. Questo è quello che accade ogni anno all’Ultra-Trail du Mont-Blanc, conosciuta come UTMB, la gara di corsa in montagna più prestigiosa al mondo che quest’anno festeggia la 20esima edizione.
I 2.300 partecipanti partiranno nel pomeriggio del 1° settembre da Chamonix, in Francia, per fare ritorno nello stesso punto dopo aver percorso – in uno scenario alpino unico al mondo –
170 chilometri e una salita di 10mila metri di dislivello in totale. La gara gira in senso antiorario intorno al Monte Bianco toccando Francia, Italia e Svizzera e attraversa sette valli, circondate da 400 vette. Il tempo massimo per completare il percorso e tornare nella piazza di Chamonix è di 46 ore e 30 minuti.
Lo scorso anno il vincitore, lo spagnolo Kilian Jornet, e il secondo classificato, il francese Mathieu Blanchard, hanno concluso l’impresa in meno di 20 ore: per la precisione, in 19 ore e 49 minuti il primo e in 19 ore e 54 il secondo. Ma a prescindere dal tempo che si utilizza per completare la gara, correre intorno alla montagna più alta
d’Europa è comunque un’avventura interiore in cui ogni partecipante dovrà superare i propri limiti fisici e mentali.
«Immagina di andare di corsa da Aosta a Milano con due cime come il Monte Bianco, una sopra l’altra, da superare», spiega Francesca Canepa, valdostana classe 1971, vincitrice dell’UTMB nel 2018 e unica italiana ad aver conquistato il gradino più alto del podio in questa gara. «Gli atleti d’élite corrono per vincere o arrivare tra i primi dieci. Tutti gli altri iscritti partecipano per vivere una grande esperienza. Lungo il percorso nascono molte amicizie, le persone si aiutano nei momenti di difficoltà. Della mia
gara, a distanza di cinque anni, ricordo tutto perfettamente: invece di partire a mille sono rimasta concentrata sul mio passo, senza farmi distrarre dalle avversarie. Così, posizione dopo posizione, ho fatto una grande rimonta e pur partendo dal 23esimo posto sono riuscita a tagliare il traguardo per prima».
In attesa della grande partenza, dal 28 agosto sono in programma altre sette gare “di contorno” con distanze e percorsi differenti sempre tra i tre Paesi. In totale, sono previsti 10mila appassionati di trail running provenienti da 107 nazioni diverse. Tutte le gare vengono indicate con tre lettere che ne ri-
assumono il percorso. La Courmayeur Champex Chamonix (CCC), sorella minore dell’UTMB, si snoda per 100 chilometri tra queste tre città. La OCC, competizione di 55 chilometri, parte da Orsières, in Svizzera, e arriva a Chamonix, passando per Champex.
La Petite Trotte à Léon (PTL) è il Grand Tour del Monte Bianco, una vera e propria avventura di circa 300 chilometri che si disputa a squadre.
La sur les Traces des Ducs de Savoie (TDS) è la seconda prova più dura della settimana: i concorrenti partono da Courmayeur e arrivano a Chamonix dopo aver percorso 145 chilometri. Seguono la MCC da Martigny-Combe
a Chamonix, una corsa di 40 chilometri riservata a volontari, partner e residenti locali. Chiudono a Courmayeur nel cuore delle Alpi italiane la Experience Trail Courmayeur (ETC) di 15 chilometri e la Youth Courmayeur Chamonix (YCC) dedicata ai giovani. L’organizzazione, oltre a gestire l’evento, si impegna per tutto l’anno –grazie al supporto dello staff, volontari e corridori – a sostenere le comunità locali. Recentemente ha affiancato il Comune di La Thuile, in Val d’Aosta, e la famiglia di Edoardo Camardella, giovane alpinista e trail runner tragicamente scomparso nel 2019, nella costruzione del primo bivacco solida-
le sul ghiacciaio del Ruitor. Situato al confine tra Italia e Francia, permette agli escursionisti di incontrarsi o trovare rifugio in caso di maltempo. Il percorso della gara è anche conosciuto come uno dei più bei trekking al mondo da programmare durante il periodo estivo. Il tracciato, infatti, è evidenziato con alcuni segnavia a forma di rombi gialli in Italia e biancorossi in Svizzera e Francia, a volte accompagnati dalla sigla TMB (Tour du Mont-Blanc). Equipaggiati con zaino e buone scarpe, si può decidere di percorrere l’intero anello solitamente suddiviso in 12 tappe giornaliere, fermandosi durante la notte in uno dei
tanti rifugi o campeggi presenti lungo il percorso, oppure completare solo alcune tappe seguendo il proprio istinto e la propria preparazione. È una di quelle avventure da sperimentare almeno una volta nella vita, che porta a contatto con panorami unici, in mezzo alla flora e alla fauna alpina, sempre all’ombra di sua maestà il Monte Bianco.
Canepa ricorda che per affrontare il percorso è meglio prenotare prima i posti dove dormire, perché in estate c’è tanta gente sui sentieri. «Consiglio anche di gestire le tappe in base alle proprie capacità e di non superare i 30 chilometri al giorno. Fare il giro
della montagna più alta d’Europa lascerà comunque una grande energia da trasferire anche nella vita di tutti i giorni», aggiunge l’atleta, che ha cominciato a correre in montagna a 39 anni, dopo una carriera da snowborder, e ha ottenuto il secondo posto all’UTMB nel 2012, sei anni prima della vittoria. «Questo significa che se una persona cura il proprio corpo e ha la giusta mentalità può migliorare con il passare degli anni. Abbiate fiducia in voi stessi: se correte o camminate con ottimismo, l’età non sarà uno scoglio». montblanc.utmb.world utmbmontblanc utmbmontblanc
PRIMATISTA INDOOR ITALIANA NEL SALTO IN LUNGO, LARISSA IAPICHINO SI PREPARA A INDOSSARE LA MAGLIA DELLA NAZIONALE DI ATLETICA, DI CUI FRECCIAROSSA È PARTNER. DAL
di Sandra Gesualdi sandragesu
Gli occhi a terra, la fronte corrugata dalla concentrazione, le prime falcate ampie che si aggrappano al tartan della pedana, le ginocchia alte, le braccia tese. E poi quell’accelerazione finale, a cercare il punto più vicino al limite di battuta, prima di aprirsi e librare in aria come una supereroina, sfidando la forza di gravità per una manciata di secondi. Larissa Iapichino, atleta azzurra tra le più promettenti, lo scorso luglio in Finlandia è atterrata dopo 6,93 metri è si è presa l’oro nei Campionati europei under 23 di salto in lungo, stabilendo il suo record personale e la migliore prestazione del continente all’aperto.
A Istanbul, in primavera, durante gli Europei di atletica leggera al coperto, si era invece aggiudicata l’argento, sfiorando la soglia delle più grandi, con 6,97 metri. Forza ed eleganza. Naturalezza e tecnica. Talento e dedizione. Iapichino, tra studio e allenamenti, si prepara ora all’appuntamento più importante di sempre per indossare la maglia azzurra della Nazionale di atletica, di cui Frecciarossa è partner: i Mondiali, in calendario a Budapest dal 19 al 27 agosto.
Quando hai capito che il salto in lungo sarebbe diventato lo sport della tua vita?
Nel momento in cui ho ottenuto il miglior risultato giovanile del mondo, marcando il record indoor under 20 con 6,91 metri. Un record strappato dopo 35 anni alla più grande rivale di mia mamma Fiona May, ovvero Heike Drechsler, uno dei miti del salto in lungo femminile.
Anche tuo padre, Gianni Iapichino, era un atleta affermato. Essere figlia d’arte è una responsabilità o un vantaggio?
Credo sia una grande opportunità. I miei genitori sono bravissimi a trasferirmi, in due modi diversi e complementari, la loro esperienza nella specialità dei salti a livello internazionale: il lungo e l’asta. Mio babbo mi offre consigli tattici e tecnici, fornendomi sempre le chiavi di lettura migliori per sostenere gli allenamenti. Con mia mamma spesso ci confrontiamo su come affrontare le pressioni e le emozioni prima, durante e dopo la gara. Sono ovviamente i miei più grandi tifosi.
E com’è avere un babbo per allenatore?
È stata una scelta ben precisa: mio padre è la persona che mi conosce meglio, a 360 gradi, ma sul campo siamo un’atleta e un tecnico, non sconfiniamo mai. Ho grande rispetto per lui e sono orgogliosa del lavoro che stiamo facendo per costruire una versione sempre migliore di me stessa come professionista.
Lo scorso 5 marzo hai segnato il nuovo record italiano indoor saltando quasi sette metri e a luglio sei entrata nella top ten
del ranking mondiale stilato dalla World Athletics, la federazione internazionale dell’atletica leggera. Prossimi traguardi? Indubbiamente l’obiettivo di quest’anno è arrivare ai Mondiali di Budapest nella miglior condizione fisica e mentale. Dopo aver ottenuto una doppia grandissima soddisfazione: oltre alla vittoria in Finlandia nel campionato europeo U23, ho anche il pass per l’Olimpiade di Parigi del prossimo anno.
Cosa ti aspetti dai Mondiali?
Preferisco concentrarmi sul qui ed ora: per ora posso solo continuare a lavorare e a dare il massimo, saltando il più lontano possibile, con la mia solita spensieratezza e leggerezza.
Sei nata, vivi e ti alleni a Firenze, hai una mamma inglese, un babbo italoamericano e sei un’atleta internazionale. Dove ti senti a casa?
Il mio posto nel mondo oggi è Firenze. Poi, chissà, magari in futuro avrò anche altri luoghi del cuore, ma resta in ogni caso la certezza di avere qui le mie radici. Credo proprio che costruirò in questa città la mia bolla.
Chi è Larissa?
Una neo ventunenne, innamorata del proprio sport e della propria specialità, che si sente molto felice e fortunata di aver potuto trasformare una passione in un lavoro. Questo impegno mi consente di girare il mondo e conoscere molte culture, quindi di arricchire sempre di più il mio bagaglio. Studio anche Giurisprudenza, amo la giustizia e ci tengo moltissimo a conseguire bene questa laurea. Mi piacciono tanto anche la moda, l’arte e la fotografia.
Ci racconti una tua giornata tipo?
Di solito mi sveglio alle 7:30 e faccio colazione. Da lì il ritmo è serrato: studio fino alle 12:30 poi pranzo, riposo o ripasso, mi alleno in funzione della stagione e della temperatura per circa due ore mezzo, poi torno a casa, mi faccio la doccia e ceno alle 20. Subito dopo guardo un po’ di tv su Netflix e vado a letto, in genere, entro le 23. Mi alleno cinque volte alla settimana e il weekend lo uso per recuperare le energie o uscire con le amiche.
Il giorno più bello?
Deve ancora venire…
Viaggi in treno?
Soprattutto per andare a Roma o a Milano. A bordo, in genere, studio o guardo film sul tablet, qualche volta leggo un libro.
Il tuo preferito?
Il nome della rosa di Umberto Eco.
C’è una persona a cui ti ispiri?
Sicuramente ai miei genitori, sia nello sport sia nella vita.
A cosa pensi un secondo prima di partire per un salto?
A fare bene la prima parte della mia rincorsa, poi tutto va da sé.
Un difetto di Larissa?
La poca pazienza, ci sto lavorando.
Perché è utile consigliare alle bambine e ai bambini di fare sport?
Perché insegna i valori di base, l’umiltà, lo spirito di sacrificio, la determinazione e il fair play nei confronti dei propri avversari. Poi l’atletica leggera è la disciplina regina, propedeutica per ogni sport che si voglia praticare e la più completa per una crescita armonica del fisico. Per me dovrebbe essere obbligatoria nelle scuole fin dalle primarie ma la si deve affrontare con spensieratezza e gioia.
Se tu avessi una bacchetta magica per un’ora come la utilizzeresti?
La userei per fare un viaggio nel tempo.
Grazie Larissa, in bocca al lupo.
Viva il lupo.
larissaiapichino
IN MOSTRA AD AOSTA I REPORTAGE DI ANDREA ALBORNO, TRA RITI SACRI HINDU, DANZE TRADIZIONALI E DISAGIO SOCIALE
Un turbine di colori e sacralità, dall’Ujjain a Gangotri, nelle zone nordoccidentali dell’India, fino alle strade di
Cuba e ai villaggi nascosti del Costa Rica, passando per i campi verdeggianti del Marocco e i quartieri underground della città di Odessa, in
Ucraina. Dal 1996, Andrea Alborno gira il mondo per fotografare culture, abitudini e paesaggi, ottenendo reportage dall’aura mistica, raccon -
ti di uno sguardo aperto e sincero. I suoi scatti sono esposti fino all’8 ottobre nel palazzo storico Hôtel des États, sede del Comune di Aosta. L’esposizione Andrea Alborno. Storie di viaggio, curata da Daria Jorioz, è un viaggio meditativo che conduce nelle profondità della mente umana e delle connessioni naturali, senza tuttavia chiudere gli occhi davanti alle contraddizioni di una società ingiusta e alle difficoltà di chi non sa districarsi dalla rete dell’iniquità.
Così, l’antico rito hindu di immergersi nel fiume Shipra, che ancora oggi richiama milioni di fedeli, ritratto in Fumakumbha, si affianca alla tradizionale cerimonia del popolo nativo americano Borunca, in Costa Rica, che ogni anno durante la Fiesta de los diablitos rievoca gli scontri con i conquistadores tramite danze con maschere spaventose. E mentre
Odesskids denuncia la condizione dei ragazzi emarginati e dimenticati che sniffano colla a Odessa, in Ucraina, Kalari dipinge i gladiatori d’Oriente del piccolo villaggio del Kerala Kaduthuruthy che praticano e tramandano il Kalarippayat, un’arte marziale di cui i colonizzatori inglesi ebbero così paura da tentare, senza successo, di estirparla. Tradizioni e culture, disagi sociali e usanze, sacro e profano si mescolano in una mostra che rivela l’incessante ricerca di Alborno di quel soffio vitale che unisce le persone, il mondo animale e vegetale. È una fotografia empatica, artigianale e onesta che conduce a una profonda meditazione sui legami vitali, portata avanti da un viaggiatore rispettoso.
albornophotographer.com
Il suggestivo boutique hotel PALAZZO MANFREDI si contraddistingue per l’esclusiva posizione nel cuore della Roma Imperiale con una vista unica e spettacolare sul Colosseo, Ludus Magnus e Domus Aurea. Alla posizione unica e vista mozzafiato, l’hotel unisce un’ospitalità di lusso che si traduce in eleganti camere, suite e Grand View Colosseum Suites, dove arredi contemporanei si contrappongono a opere d’arte e dipinti antichi risalenti al XVI secolo. A coronare il soggior no sono le specialità culinarie offerte dal ristorante stellato Aroma, affidato all’executive chef Giuseppe Di lorio in un ambiente romantico che culmina nella scenografica terrazza con vista. Il nuovissimo The Court è il raffinato cocktail bar che propone deliziosi cocktail creati dal mixologist Matteo Zed con incomparabile vista Colosseo e Ludus Magnus.
PALAZZO MANFREDI is an elegant hideaway in the center of what was once imperial Rome. The char ming 17th century palace has spectacular views of the Colosseum and the Domus Aurea, combined with superb hospitality Today it is tastefully ador ned with art ranging from 16th century antique paintings to contemporary pieces. The hotel offers an intimate experience, crowned only by a meal at the hotel’s Aroma Restaurant where the unparalleled vistas of ancient Rome are beautifully matched by the culinary delights. The brand-new The Court, sophisticated cocktail bar with unparalleled views of the Colosseum and the Ludus Magnus and delicious cocktails created by mixologist Matteo Zed.
UNA MOSTRA A BOLOGNA RIPERCORRE
LA CARRIERA DI MARK ALLAN, FOTOGRAFO MUSICALE CHE DAGLI ANNI ‘80 HA IMMORTALATO IL TALENTO DEI PIÙ CELEBRI ARTISTI INTERNAZIONALI,
DA AMY WINEHOUSE AI GORILLAZ
di Irene Marrapodi – ir.marrapodi@fsitaliane.it
foto di Mark Allan
I«know it’s only rock’n’roll, but I like it», (so che è solamente rock’n’roll, ma mi piace), intonava nel 1974 la voce graffiante di Mick Jagger, frontman dei Rolling Stones, racchiudendo in poche strofe irriverenti gran parte dello spirito musicale dell’epoca.
Ma per Mark Allan, che da 30 anni immortala le celebrità musicali della scena internazionale, il rock non è cosa da poco. È sudore sul palco e quiete nel camerino, è l’unione tra le luci abbaglianti dei concerti e gli occhi fumosi dopo l’esibizione. È il segno di un tempo arrabbiato e innamorato, ma anche simbolo di generazioni differenti unite dalla voglia di distruggere per poter ricominciare. Arrabbiata e distratta era Amy Winehouse quando Allan la incontrò in occasione del servizio fotografico per la promozione dell’album Back to black, rilassato e disponibile era David Bowie quando accettò di farsi ritrarre sulla spiaggia con secchiello e paletta. Quello raccontato da It’s (NOT) only rock’n’roll. Le foto di Mark Allan, mostra curata dal critico Pierfrancesco Pacoda al Museo internazionale e biblioteca della musica di Bologna fino al 10 settembre, è un mondo sfaccettato e caleidoscopico. Tramite 48 fotografie scattate dentro i camerini, nelle case degli artisti, in studio e durante i live, è possibile ripercorrere per la prima volta in Italia la carriera del fotografo ufficiale del Barbican Centre
di Londra, il più grande centro artistico e teatrale d’Europa, e gli sviluppi della storia musicale internazionale tra gli anni ‘80 e 2000.
Ci si ritrova così catapultati al concerto di Grace Jones, ritratta come una femme fatale a Birmingham nel 1989, per ballare sulle note bollenti di Love on top of love, al Forum di Kentish Town a Londra nel 2012 per ascoltare la prima volta dal vivo Hell or Hallelujah dei Kiss, o tra i cristalli colorati della casa californiana di Stevie Nicks negli anni ‘90. Per Mark Allan, il rock’n’roll è tutto questo: ogni sfumatura dell’artista e del suo pubblico, uno stato d’animo cangiante che si estende ben oltre la performance di poche ore. Tutto condensato e catturato attraverso un obiettivo. museibologna.it
Frecciarossa è il treno ufficiale del tour Pinguini Tattici Nucleari - Stadi 2023. Chi raggiunge Reggio Emilia o Bologna in Frecciarossa e Frecciargento per il gran finale del 9 settembre alla RCF Arena di Reggio Emilia può partecipare al concorso Frecciamusic e vincere fantastici premi.
In palio 8 meet&greet che consentono di incontrare gli artisti nel backstage e 50 coppie di bracciali con cui è possibile accedere alla Red zone e guardare il concerto sottopalco.
Visita il sito frecciamusic.it per scoprire come partecipare e conoscere tutti i dettagli dell’iniziativa.
In più, grazie all’offerta Speciale Eventi, è possibile raggiungere il concerto di Reggio Emilia del 9 settembre con sconti fino all’80% sul prezzo Base del biglietto. Per approfittarne basta inserire, in fase di acquisto, il codice PINGUINITATTICI nell’apposito campo.
Maggiori informazioni su trenitalia.com
Concorso a premi valido dal 06/07/23 al 24/08/23. Estrazione finale il 28/08/23. Montepremi complessivo € 4.120,00 iva inclusa. Regolamento su frecciamusic.it
Le isole del Golfo di Napoli e le Eolie sono il luogo perfetto per rilassarsi in estate, tra spiagge bianche, acque termali e tipici borghi marinari. Queste destinazioni sono comodamente raggiungibili con il biglietto combinato Trenitalia + Snav che permette di usufruire del servizio SNAV Link acquistando la corsa sui principali canali di vendita Trenitalia. Con Frecce, Intercity, Intercity Notte o Regionali si raggiunge Napoli, partendo dalle principali stazioni italiane e poi, grazie alle unità navali veloci Snav, si salpa dal molo Beverello verso Capri, Ischia Casamicciola e Procida o dal porto di Mergellina in direzione Stromboli, Vulcano, Panarea, Salina e Lipari. Maggiori informazioni e acquisto su trenitalia.com
Le mete più belle per le vacanze estive o per un weekend di relax sono facilmente raggiungibili grazie al servizio Alilauro Link.
Con il biglietto combinato Trenitalia + Alilauro, acquistabile sui canali di vendita Trenitalia, è possibile raggiungere le isole del Golfo di Napoli e la Costiera amalfitana. È sufficiente arrivare a Napoli con Frecce, Intercity, Intercity Notte o Regionali per poi salpare dal molo di Napoli Beverello sulle unità navali veloci della compagnia marittima e arrivare a Ischia Porto, Forio Porto e Sorrento. Con la stessa modalità, per partenze tutti i giorni fino al 15 settembre (escluso il mercoledì), si possono raggiungere anche Positano e Amalfi.
Maggiori informazioni e acquisto su alilauro.it e trenitalia.com
LIBERTÀ DI VIAGGIO E CAMBI ILLIMITATI
Biglietto acquistabile fino alla partenza del treno. Entro tale limite sono ammessi il rimborso, il cambio del biglietto e il cambio della prenotazione un numero illimitato di volte. Dopo la partenza, il cambio della prenotazione e del biglietto sono consentiti una sola volta fino a un’ora successiva.
Con Trenitalia i bambini viaggiano gratis in Frecciarossa, Frecciargento, Frecciabianca in 1^ e 2^ classe e nei livelli Business, Premium e Standard. La gratuità è prevista per i minori di 15 anni accompagnati da almeno un maggiorenne, in gruppi composti da 2 a 5 persone. I componenti del gruppo dai 15 anni in poi pagano il biglietto scontato del 50% sul prezzo Base1
I Carnet Trenitalia sono sempre più adatti a tutte le esigenze. Si può scegliere quello da 15 viaggi con la riduzione del 30% sul prezzo Base, da 10 viaggi (-20% sul prezzo Base) oppure il Carnet 5 viaggi (-10% sul prezzo Base). Riservato ai titolari di una carta di fidelizzazione Trenitalia, il Carnet è nominativo e personale. L’offerta è disponibile per i treni Frecciarossa, Frecciargento, Frecciabianca e Intercity 2
CONVENIENZA E FLESSIBILITÀ
Offerta a posti limitati e soggetta a restrizioni. Il biglietto può essere acquistato entro la mezzanotte del secondo giorno precedente il viaggio. Il cambio prenotazione, l’accesso ad altro treno e il rimborso non sono consentiti, livello Executive escluso. È possibile, fino alla partenza del treno, esclusivamente il cambio della data e dell’ora per lo stesso tipo di treno, livello o classe, effettuando il cambio rispetto al corrispondente biglietto Base e pagando la relativa differenza di prezzo. Il nuovo ticket segue le regole del biglietto Base.
MASSIMO RISPARMIO
Offerta a posti limitati e soggetta a restrizioni. Il biglietto può essere acquistato entro la mezzanotte del sesto giorno precedente il viaggio. Il cambio, il rimborso e l’accesso ad altro treno non sono consentiti, livello Executive escluso.
FrecciaYOUNG
Riservata agli under 30, l’offerta FrecciaYOUNG consente di viaggiare su Frecciarossa e Frecciargento a 19€ e 29€ a seconda della relazione di viaggio. L’offerta è riservata ai soci Carta FRECCIA under 30 ed è valida per viaggiare in Standard e in 2^ classe 3
Promozione per chi parte e torna nello stesso giorno con le Frecce a prezzi fissi, differenziati in base alle relazioni e alla classe o al livello di servizio. Il livello Executive e Salottino sono esclusi. Un modo comodo e conveniente per gli spostamenti di lavoro oppure per visitare le città d’arte senza stress 4
1. Offerta a posti limitati e variabili rispetto al giorno, al treno e alla classe/livello di servizio. Cambio prenotazione/biglietto e rimborso soggetti a restrizioni. Acquistabile entro le ore 24 del secondo giorno precedente la partenza del treno. L’offerta non è cumulabile ad altre riduzioni a qualsiasi titolo spettanti.
2. Il Carnet consente di effettuare 15, 10 o 5 viaggi in entrambi i sensi di marcia di una specifica tratta, scelta al momento dell’acquisto e non modificabile per i viaggi successivi. Le prenotazioni dei biglietti devono essere effettuate entro 180 giorni dalla data di emissione del Carnet entro i limiti di prenotabilità dei treni. L’offerta non è cumulabile con altre promozioni. Il cambio della singola prenotazione ha tempi e condizioni uguali a quelli del biglietto Base. Cambio biglietto non consentito e rimborso soggetto a restrizioni.
Riservata agli over 60 titolari di una carta di fidelizzazione Trenitalia, l’offerta consente di risparmiare fino al 50% su tutti i treni nazionali e in tutti i livelli di servizio, ad eccezione dell’Executive, del Salottino e delle vetture Excelsior 5
3. Offerta valida sui treni Frecciarossa e Frecciargento, in 2^ classe e nel livello di servizio Standard Prevede l’acquisto a prezzi fissi di 19€ e 29€, a seconda della relazione di viaggio. Tali prezzi non si applicano alle relazioni per le quali è previsto un prezzo Base inferiore ai 38€. Acquistabile fino alle ore 24 del secondo giorno precedente la partenza del treno. L’offerta è a posti limitati che variano in base al treno e al giorno della settimana e non si cumula con altre riduzioni a qualsiasi titolo spettanti, compresa quella prevista per i ragazzi. Cambio biglietto/prenotazione e rimborso non sono consentiti.
4. Il numero dei posti è limitato e variabile, in base al giorno, al treno e alla classe/livello di servizio. Acquistabile fino alle ore 24 del secondo giorno precedente la partenza del treno. Il cambio prenotazione/biglietto è soggetto a restrizioni. Si può scegliere di effettuare il viaggio di andata in una classe o livello di servizio differente rispetto a quella del viaggio di ritorno. Il rimborso non è consentito, livello Executive e Salottino sono esclusi. Offerta non cumulabile con altre riduzioni, compresa quella prevista a favore dei ragazzi.
La promozione consente di viaggiare in due tutti i giorni con sconti fino al 50% sul prezzo Base su Frecce, Intercity e Intercity Notte. L’offerta è valida in 1^ e 2^ classe e in tutti i livelli di servizio ad eccezione dell’Executive, del Salottino e i servizi cuccette, VL ed Excelsior 6
Offerta dedicata ai gruppi da 3 a 5 persone per viaggiare con uno sconto fino al 60% sul prezzo Base di Frecce, Intercity e Intercity Notte. La promozione è valida in 1^ e 2^ classe e in tutti i livelli di servizio ad eccezione dell’Executive, del Salottino e delle vetture Excelsior 7
5. L’offerta è acquistabile entro le ore 24 del sesto giorno precedente la partenza per le Frecce e fino alle ore 24 del secondo giorno precedente la partenza del treno per i treni Intercity e Intercity Notte. La percentuale di sconto varia rispetto al prezzo Base dal 40% al 50% per le Frecce e dal 20% al 50% per gli Intercity e Intercity Notte. Il numero dei posti disponibili è limitato e varia in base al giorno, al treno e alla classe/livello di servizio. È possibile cambiare esclusivamente la data o l’ora di partenza, una sola volta e fino alla partenza del treno, scegliendo un viaggio con la stessa categoria di treno o tipologia di servizio e pagando la differenza rispetto al corrispondente prezzo Base intero. Il Rimborso e accesso ad altro treno non sono ammessi. Al momento dell’acquisto il sistema propone sempre il prezzo più vantaggioso. A bordo è necessario esibire la carta di fidelizzazione insieme a un documento d’identità.
6. Offerta a posti limitati e variabili in base al giorno, al treno e alla classe/livello di servizio scelto ed è acquistabile entro le ore 24 del sesto giorno precedente la partenza per le Frecce e fino alle ore 24 del secondo giorno precedente la partenza per i treni Intercity e Intercity Notte. La percentuale di sconto varia dal 40% al 50% per le Frecce e dal 20% al 50% per gli Intercity e Intercity Notte. Cambio biglietto/prenotazione e rimborso non sono consentiti.
7. Offerta a posti limitati e variabili rispetto al giorno, al treno e alla classe/livello di servizio. La percentuale di sconto varia rispetto al prezzo Base dal 40% al 60% per le Frecce e dal 20% al 60% per gli Intercity e Intercity Notte. Lo sconto non è cumulabile con altre riduzioni fatta eccezione per quella prevista in favore dei ragazzi fino a 15 anni. La promozione è acquistabile entro le ore 24 del sesto giorno precedente la partenza per le Frecce e fino alle ore 24 del secondo giorno precedente la partenza del treno per i treni Intercity e Intercity Notte. Il cambio e il rimborso non sono consentiti.
Il viaggio nel viaggio
Il FRECCIABistrò ti aspetta per una pausa di gusto. Nel servizio bar, presente su tutti i Frecciarossa, Frecciargento e Frecciabianca, si possono acquistare deliziosi prodotti e menù pensati per ogni momento della giornata. Un’ampia selezione che comprende snack dolci e salati, panini e tramezzini, primi piatti caldi e freddi, insalate e taglieri, bevande alcoliche e analcoliche. L’offerta prevede anche opzioni vegetariane e gluten free ed è arricchita dalle note di gusto del caffè espresso Illy. Il servizio è previsto anche per i clienti dei treni Eurocity.
PORTALE FRECCE
Grazie ai servizi e ai contenuti del portale FRECCE il viaggio a bordo dei treni Frecciarossa e Frecciargento e nelle sale
FRECCIAClub e FRECCIALounge è più piacevole. Per accedere basta collegarsi alla rete WiFi, digitare www.portalefrecce.it o scaricare l’app Portale FRECCE da App Store e Google Play. Ulteriori dettagli, info e condizioni su trenitalia.com
I FILM DI AGOSTO
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Azione, sport, logica e tanto altro a disposizione di grandi e dei bambini
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MUSICA Il meglio della musica contemporanea italiana e straniera
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BAMBINI Cartoni e programmi per i piccoli viaggiatori
LIBRI E GUIDE
Circa 200 contenuti tra libri ed estratti di guide turistiche
PODCAST E AUDIOLIBRI
Podcast e audiolibri di vario genere anche per bambini
PODCAST TURISTICI Arricchisci il tuo programma di viaggio con suggerimenti originali e inediti
EffettoVIOLA TM Innovativa tecnologia audio che aiuta a ridurre lo stress e ritrovare il buonumore
CORTOMETRAGGI
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INFO DI VIAGGIO
Informazioni in tempo reale su puntualità, fermate, coincidenze
LEGENDA:
Per schematicità e facilità di lettura la cartina riporta soltanto alcune città esemplificative dei percorsi delle diverse tipologie di Frecce. Maggiori dettagli per tutte le soluzioni di viaggio su trenitalia.com
Alcuni collegamenti qui rappresentati sono disponibili solo in alcuni periodi dell’anno e/o in alcuni giorni della settimana. Verifica le disponibilità della tratta di tuo interesse su trenitalia.com.
Cartina aggiornata al 21 luglio 2023
Velocità max 400 km/h | Velocità comm.le 300 km/h | Composizione 8 carrozze Livelli di servizio Executive, Business, Premium, Standard Posti 457 | WiFi Fast | Presa elettrica e USB al posto Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio
FRECCIAROSSA ETR 1000
FRECCIAROSSA ETR 500
Velocità max 360 km/h | Velocità comm.le 300 km/h | Composizione 11 carrozze
4 livelli di servizio Executive, Business, Premium, Standard | Posti 574 WiFi | Presa elettrica al posto Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio
Velocità max 250km/h | Velocità comm.le 250km/h | Composizione 8 carrozze
3 livelli di Servizio Business, Premium, Standard | Posti 497
WiFi Fast | Presa elettrica e USB al posto Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio FRECCIAROSSA ETR 700
FRECCIAROSSA ETR 600
Velocità max 280 km/h | Velocità comm.le 250 km/h | Composizione 7 carrozze
3 livelli di Servizio Business, Premium, Standard | Posti 432 WiFi | Presa elettrica al posto Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio
FRECCIARGENTO ETR 485
Velocità max 280 km/h | Velocità comm.le 250 km/h
Composizione 9 carrozze | Classi 1^ e 2^ | Posti 489 WiFi | Presa elettrica al posto Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio
FRECCIABIANCA ETR 460
Velocità max 250 km/h | Velocità comm.le 250 km/h
Composizione 9 carrozze
Classi 1^ e 2^ | Posti 479 | Presa elettrica al posto Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio
Itreni storici tornano a percorrere la Valle del Cesano e le colline marchigiane grazie all’itinerario turistico della Ferrovia Subappennina italica. La linea è stata riattivata a giugno dopo nove mesi di lavori per riparare i danni causati dall’alluvione di settembre scorso. Sono stati ripristinati cinque chilometri di rotaie, ristrutturati numerosi fabbri -
cati e regimate le acque superficiali. Un grande lavoro di squadra che ha coinvolto Fondazione FS Italiane, Rete Ferroviaria Italiana e la Regione Marche. Costruita sul finire dell’800 per servire le industrie estrattive di zolfo, la linea era stata chiusa al traffico nel 2013 e riaperta nel 2021 con una nuova vocazione turistica. Il nuovo programma estivo prevede
4, 6, 12, 17, 19, 27, 29 6 6 10, 26 10, 16, 18, 19 14, 16 18
Irpinia express. Il treno del paesaggio
Archeotreno express
Porrettana express
Ferrovia Subappennina italica
Treno degli dèi
Ferrovia dei Parchi. Altipiani maggiori d’Abruzzo
Ferrovia dei Parchi. L’alto Sangro
la partenza speciale da Ancona, per raggiungere Fabriano, famosa per le architetture religiose impreziosite dalle opere della scuola pittorica del XIV secolo, e l’arrivo a Pergola, antico borgo al centro della Valle del Cesano. Lungo i 30 chilometri dell’itinerario è possibile visitare il Parco museo minerario dello zolfo di Cabernardi, a poca distanza dalla stazione di Bellisio Solfare, o raggiungere le rovine dell’antica città romana di Sentinum, alle porte di Sassoferrato, sempre nell’Anconetano. Il programma per l’estate 2023 prevede anche la partenza in orario pomeridiano e serale, per apprezzare, oltre all’enogastronomia e alla cultura locale, anche le notti stellate viste dal finestrino di una carrozza anni ‘30. fondazionefs.it fondazionefsitaliane
FUORI LUOGO
di Mario Tozzi
mariotozziofficial mariotozziofficial OfficialTozzi
[Geologo Cnr, conduttore tv e saggista]
n mezzo a case e palazzi moderni del Napoletano appare uno dei complessi monumentali più stratificati e ricchi d’Italia, del tutto inaspettato per chi non si è documentato prima. Il nome di Cimitile tradisce la sua antica origine, legata alla sepoltura del martire Felice nel III secolo, e custodisce una straordinaria compenetrazione di costruzioni sacre, tombe e mausolei che si sono sviluppati a partire da quel sepolcro originale, riportati alla luce dagli archeologi con una rara attenzione al contesto stratigrafico. Fino agli anni ‘60 del XX secolo, i resti monumentali erano inglobati negli edifici moderni e risultava impossibile coglierne la ricchezza e la meraviglia. Oggi la loro bellezza
Il complesso monumentale di Cimitile (Napoli)
risalta nei mosaici e nelle colonne, che vengono da quasi 30 anni usate come scenario per il prestigioso premio letterario Cimitile. Tutto questo in un paesino di seimila abitanti, da sempre considerato solo una costola della grande Nola. Scendendo verso la lastra di marmo con due fori che segna la sepoltura di Felice, si viene sorpresi dal recente antiquarium: qui si mescolano i fregi pagani e gli affreschi della nuova religione, fra le più antiche riconosciute, con Adamo che sembra Ercole ed Eva che assomiglia a una divinità romana. Unica differenza le foglie di fico, che comparivano allora per la prima volta a mascherare pudenda che non avrebbero certo offeso nessuno.
STAZIONE POESIA
di Davide Rondoni DavideRondoniAutore daviderondoni Daviderond
[Poeta e scrittore]
Io sono mio padre, che passa certe giornate all’EuroSpin, piene d’acqua dal cielo perché è dicembre inoltrato a Torino, neve non ne arriva ancora ma si sente il suo lungo auspicio che farà l’aria nuova mentre lui, mio padre (io) è lì tra i neon che non chiudono gli stranieri gli italiani con il suv che non spendono, noi tutti impauperiti nel gelo, ma lui s’accende con il caffè dei cinquanta cents all’angolo più solo, dopo le casse, dove la gente non passa (con la mente è già a casa, nel suv) e insiste, scherza fa il gadano sdentato con tutte le cassiere che lo aiutano, nella parola nello sguardo pietoso di giovani madri. E io (lui) vado in questa direzione, stasera occupo il suo posto all’angolo, proverò a dire qualcosa alle donne dalla macchinetta spenta coi cents tra le mani. Non saprò mai essere lui.
Oltre a esser il bel periodo di ferie e viaggi, agosto è anche un tempo strano fatto di assenze, immagini passate che ricompaiono, presenze sperdute che tornano a farsi vive. In questa poesia riappare al poeta, l’ottimo torinese Riccardo Olivieri, tra i migliori in circolazione, l’effigie del padre. Anzi, non appare ma si “incarna” in lui stesso, come quando ci accorgiamo che certi gesti li abbiamo identici ai nostri genitori o an-
che ad avi persi nel tempo. Qui, il poeta rivede suo padre in un momento in cui lui si trova alla medesima macchinetta del caffè, in un ipermercato popolare frequentato dal genitore. Questa poesia è bella anche in virtù del cortocircuito tra il vertiginoso tema della memoria e dell’amore filiale e l’apparente banalità del luogo in cui si ambienta (persino con l’uso paradialettale del termine «gadano», uno che fa lo sciocco, il brillante). Il rapporto con il padre
è qui un concentrato di malinconia, tenerezza e rasserenata irrangiungibilità. Nell’inverno ancora non intero di Torino – che è un tempo meteorologico ma anche metafora dell’animo e di una specie di purgatorio – questa sovrapposizione biologica e d’anima alla macchinetta crea il punto caldo del mondo, il segno dell’eterno, il fuoco amoroso. E così riempie di senso la vita, presa altrimenti solo da acquisti e perdite.
FOTO DEL MESE
di Sandra Gesualdi sandragesu
Mario Dondero
Alfabetizzazione in una cascina della pianura emiliana, Reggio Emilia (1964)
C’è un pezzo dell’Italia che fu in questo scatto bianco e nero di Mario Dondero. La profonda Padana dei primi anni ‘60, quella dei cascinali pullulanti di fatica, laboriosa agricoltura e contadini dalle mani callose e il volto bruciato dal sole. L’Italia che si ricostruiva dopo i devastanti anni del conflitto mondiale e del passaggio luttuoso del nazifascismo. Con fatica, a mani nude, per combattere povertà ed emarginazione. Ma anche con il saper fare e l’ingegno tipico del nostro Paese. L’indigenza di quegli anni era sempre accompagnata da un vastissimo analfabetismo che colpiva gran parte della popolazione.
Dondero, uno degli interpreti della fotografia italiana della seconda metà del ‘900 e fotoreporter internazionale, da partigiano ha sempre riempito i suoi scatti di libertà e giustizia sociale. Questo, in particolare, sembra l’epifania del nuovo mondo che da lì a poco si sarebbe schiuso con le lotte del ‘68 per i diritti di uguaglianza ed emancipazione. In una pausa dal lavoro, tra trattori e forconi, un contadino improvvisa un momento scolare: la lettura del primo volume di un sussidiario delle medie, appena istituite.
Tutto gli si fa intorno: il tempo ritrovato per imparare a leggere, la curiosità di bambini e bambine, il compiacimento degli adulti. È il sapere collettivo come leva del futuro e crescita di un Paese. La retrospettiva Mario Dondero. La libertà e l’impegno è a Milano, a Palazzo Reale, fino al 6 settembre, e ripercorre l’intera carriera del fotografo italiano. palazzorealemilano.it
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