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Un tessuto contro le infestanti

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Quello del Poligono del Giappone è un problema che si fa sempre più consistente anche in Italia: si tratta infatti di una pianta altamente infestante, capace di creare importanti danni a strutture fisse, come piste ciclabili o ferrovie, costituendo un reale problema di sicurezza. Nella maggior parte dei casi, però, le soluzioni sono invasive e costose e, spesso, anche di dubbia efficacia. Tra gli interventi di maggiore successo, popolari soprattutto all’estero, c’è l’utilizzo di un tessuto, appositamente studiato, per contrastare l’azione del Poligono. Sulla pista ciclabile lungo il Sarca, Ipag ha deciso di intervenire proprio con questo procedimento.

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L’INTERVENTO

Appena sopra Riva del Garda, dove troviamo una pista ciclabile che corre lungo il fiume Sarca, il Poligono del Giappone aveva già bucato l’asfalto della strada in diversi punti, rendendola poco sicura. Si è così deciso di creare un’area test, di circa 200 metri lineari, ponendo una membrana a 40 centimetri al di sotto del livello della strada, creando una sezione simile a una ‘C’ leggermente

STORIA E CARATTERISTICHE DEL POLIGONO

Il Poligono del Giappone è una pianta infestante di tipo altamente invasivo: basti pensare che, a livello internazionale, è riconosciuta tra le 100 specie più invasive del mondo. Arriva in Europa intorno all’Ottocento, in Inghilterra, per poi allargarsi da lì. A nord delle Alpi è un problema importante ormai, tanto che esistono figure professionali dedicate all’eradicazione specificatamente di questa pianta.

Arriva poi in Italia intorno alla fine degli anni ’70, spostandosi attraverso le alpi oltre i valichi di confine. Preferisce le zone lungo i fiumi e si propaga per via rizomatosa, sviluppandosi in verticale fino a tre metri, in orizzontale per oltre dieci. Questo significa che rimanendo quiescente nel terreno per diversi anni, anche un piccolo rizoma può far sviluppare la pianta: quando si va a spostare il terreno contaminato, così, si diffonde il problema. Per questo oggi possiamo trovare il Poligono anche in alcune aree della Toscana o dell’Emilia, rendendo necessario, quando si interviene, trattare questa specie come un residuo speciale.

A contrasto di una delle specie più invasive dei nostri territori, ma non solo, uno degli interventi più di successo prevede di ricorrere all’installazione di una membrana che ne possa contenere la propagazione

di Rachele Pozzato, in collaborazione con Enrico Pinali

schiacciata sui lati. Sopra il tessuto si è poi andati a riportare del terreno pulito, e quindi la finitura della pista. Ed è sui bordi, proprio perché più estesi e con uno spessore di terra sottostante minore, che si fa più sentire la spinta del rizoma. Questo non vanifica l’intervento, ma per contenere il movimento del Poligono verso l’alto normalmente qui si usano dei pesi. «L’intervento è stato svolto la primavera scorsa e ad oggi rimane tutto ancora integro. Si vede che il poligono si muove, ha attraversato la pista ed è andato dalla parte opposta. Ovviamente il sito continuerà ad essere monitorato, ma secondo la nostra esperienza, questo tipo di tessuto riesce a resistere alla spinta del Poligono per almeno una decina d’anni» riferisce Enrico Pinali, che da anni studia questa infestante e, per Ipag, si è occupato anche di questo intervento in Trentino. Una lunga durata è la priorità in casi come questi, dal momento che si tratta di una tipologia di lavoro piuttosto invasiva. I principali ostacoli sono legati poi proprio alla conformità del paesaggio: se si dovesse ripresentare il problema, è fondamentale capirne la motivazione e l’imponenza del nuovo danno: si può poi ricorrere allo sfalcio, senza ripetere l’intervento, ma si tratta di un’azione di contenimento che, anche in questo caso, non eradica la pianta.

I LIMITI

«Approcciandomi a questa problematica, mi sono sempre scontrato con l’idea di immettere plastica nell’ambiente, perché non ci sono materiali alternativi al momento. In alcuni paesi si usano diserbanti chimici, che però lungo i fiumi non si possono usare», continua Pinali. «L’intervento rimane sempre di contenimento e sono attività che comunque vanno contestualizzate: in aperta campagna può essere sufficiente, ma lungo un argine o in presenza di strade non può bastare. Insieme al grado di infestazione diventa importante quindi il contesto di intervento. Non esistono vere e proprie misure di prevenzione, bisogna ricorrere al confinamento tramite tessuto, un po’ lo stesso tipo di procedimenti che sta interessando il contenimento del bambo».

Come si presentavano alcuni tratti della pista ciclabile, dove il rizoma aveva già bucato l’asfalto.

Il posizionamento del tessuto. IL TESSUTO

Quella utilizzata in questo caso è la membrana progettata da DuPont: una multinazionale attiva per più servizi, che ha sviluppato una divisione per tessuti legati al paesaggio dedicati proprio a questo tipo di infestante. Il tessuto nasce così da un’accurata ricerca, iniziata una decina di anni fa, dopo l’identificazione del Poligono del Giappone come un problema europeo.

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