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Scarti vegetali, fatta chiarezza
scarti veg etali

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fatta chiarezza
La Regione Lombardia e la Regione Marche hanno chiarito con una nota ufficiale la normativa nazionale in materia di sfalci e ramaglie: possono essere valorizzati attraverso pratiche agricole o altre filiere
di Daniela Stasi
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Iresidui derivanti da attività di cura del verde, pubblico e privato, non sono un rifiuto, ma una risorsa. La Regione Lombardia e la Regione Marche, con una nota inviata alle rispettive Province, hanno dato un chiarimento ufficiale sulla possibilità di riutilizzo, in ambito agricolo e a fini energetici, degli scarti vegetali derivanti dall’attività di cura del verde, confermando le interpretazioni sulle quali Assofloro e Coldiretti lavorano da tempo. I documenti illustrano come i residui derivanti dalle attività di cura del verde privato, e anche del pubblico a specifiche condizioni tracciate da una circolare del Ministero per la Transizione Ecologica MiTE, possano essere destinati a un utilizzo agricolo come sottoprodotto, purché vi sia adeguata tracciabilità tra il punto di produzione e il luogo di destinazione nel quale si realizzi un utilizzo agronomicamente corretto e riconducibile a una buona pratica agricola.
LE LINEE GUIDA
• Quando il soggetto che effettua l’attività di cura del verde è un agricoltore-florovivaista che raccoglie i residui di lavorazione (come sfalci d’erba e ramaglie) e li riutilizza presso la propria azienda nel ciclo agricolo o per la produzione di biogas, l’attività non viene considerata come una produzione di rifiuto ma come la gestione di materia nello stesso ciclo produttivo. • Quando il soggetto che effettua l’attività di cura del verde è un florovivaista non agricoltore che

VALIDO A PRESCINDERE
Come evidenziato nelle note regionali, la possibilità di gestire i residui vegetali come sottoprodotto è valido indipendentemente dal fatto che a produrli sia un’azienda agricola o un’azienda artigiana. Da sottolineare che nella norma viene fatto specifico riferimento al verde pubblico dei comuni, sgomberando il campo da qualunque interpretazione riduttiva alle sole risulte prodotte dalla manutenzione del verde privato.
Approfondimenti su assofloromagazine.it

etali
raccoglie i residui di lavorazione e li riutilizza presso la propria azienda solo come ammendanti, l’attività non viene considerata come produzione di rifiuto ma come la gestione di materia nello stesso ciclo produttivo. • Se il soggetto che effettua l’attività di cura del verde porta i residui di lavorazione a un agricoltore terzo che li inserisce nel ciclo agronomico per la produzione di biogas o per la produzione di materia che usa nella sua attività agricola chiudendo il ciclo del sottoprodotto, il materiale, non configurandosi in partenza come rifiuto, non soggiace alla gestione rifiuti (iscrizione al registro, uso del formulario) ma rientra nella gestione di un sottoprodotto. Il documento di trasporto è il
DDS accompagnato dal contratto che identifichi il destinatario e indichi il corretto trattamento (compostaggio) e/o l’utilizzo agronomico. • Come richiamato dalla Circolare del Mite del 14/05/21 (Decreto Legislativo N.116/2020 - Criticità interpretative e applicative - chiarimenti), che fa chiarezza in materia di residui derivanti dalla manutenzione del verde pubblico, quando i materiali non sono qualificabili come esclusi dai rifiuti o come sottoprodotti dovranno essere qualificati come rifiuti. Spetterà quindi all’azienda qualificare il materiale di risulta della propria lavorazione, avendo cura di tracciare il percorso dalla produzione al destino.
LA PAROLA A NADA FORBICI, PRESIDENTE ASSOFLORO E COORDINATORE DELLA CONSULTA NAZIONALE FLOROVIVAISMO COLDIRETTI
«Ancora una volta la collaborazione con le istituzioni ha portato ad un risultato importante per il settore. Con questa nota ufficiale di Regione Lombardia si chiarisce definitivamente che i residui vegetali derivanti dalle attività di cura del verde pubblico e privato possono essere riutilizzati attraverso altre filiere, escludendoli dalla gestione come rifiuti con obbligo di registrazione. Si tratta di un chiarimento che ha un impatto importante sull’ambiente e sul lavoro di chi si occupa di cura del verde: semplifica l’attività delle imprese mettendole al riparo da interpretazioni non corrette e quindi da sanzioni, fa bene all’ambiente perché si evita la produzioni di rifiuti (con tutto quello che ne consegue in termini di impatto per la gestione), crea occasioni e opportunità per la valorizzazione di una risorsa che può essere utilizzata attraverso varie attività e filiere, nell’ottica di una vera economia circolare e per un miglioramento qualitativo delle aree verdi. Particolarmente significativo il richiamo ai CAM, i criteri ambientali minimi per il verde pubblico, che hanno lo scopo di ridurre attività e servizi sull’ambiente e che prevedono, nello specifico, il reimpiego di materiali organici residuali. »