Luigi Giussani: conoscenza amorosa ed esperienza del vero, di Massimo Borghesi

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Indice

Introduzione

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Parte prima Senso religioso ed esperienza del vero 1. Da Montini a Giussani. Il senso religioso come sintesi dello spirito

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1.1. Ateismo e religiosità dopo il 1945, p. 23 - 1.2. Montini 1957: Sul senso religioso, p. 32 - 1.3. Giussani 1957: Il senso religioso, p. 37 1.4. Giussani 1966-1986. Le nuove versioni de Il senso religioso, p. 45 - 1.5. Il senso religioso tra cuore e ragione, p. 53 - 1.6. Giussani e Rahner. La critica di Edoardo Benvenuto, p. 58

2. Come duemila anni fa. L’esperienza cristiana oggi

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2.1. Oltre la neoscolastica. Valore e limiti della ragione, p. 67 - 2.2. L’incontro come provocazione al senso religioso, p. 74 - 2.3. Ratio e affectus. La “conoscenza affettiva” e l’esperienza della realtà “esistente”, p. 83 - 2.4. Immaginatevi... Il Vangelo in presa diretta, p. 93 - 2.5. La dicotomia tra “fatto” e “valore” e l’impossibile “esperienza”. Le critiche di Barcellona e Severino, p. 103

Parte seconda La verità nella libertà. Una prospettiva moderna 3. La sensibilità moderna di un grande educatore 3.1. La scuola teologica di Venegono. L’apertura critica al moderno, p. 113 - 3.2. Un metodo esistenziale. Il rischio educativo tra senso religioso ed esperienza, p. 118 - 3.3. La crisi del ’68. Tramonto della modernità e fine della cristianità, p. 123 - 3.4. Giussani “modernista”. Roberto de Mattei e le critiche del tradizionalismo cattolico, p. 131

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Indice

4. Unità e distinzione. La questione dell’integrismo

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4.1. Giuseppe Ruggieri e la “teologia politica” di Cl, p. 142 - 4.2. L’eredità del ’68: la comunità cristiana come soggetto politico, p. 158 - 4.3. Riccione ’76. La critica alla teologia politica, p. 169 - 4.4. Unità e distinzione. Giussani e Maritain, p. 178 - 4.5. Gli anni ’8090. Cristo e i valori: la prevalenza dell’etica sull’ontologia, p. 187

Appendice I Una prospettiva ecumenica 1. Montini e Giussani sul “senso religioso” 2. L’incontro con Pasolini e Testori 3. Martini e Giussani. Il punto d’incontro tra due anime del cattolicesimo italiano 4. Bergoglio e Giussani 5. Il rischio educativo in arabo

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Appendice II Un avvenimento di vita, cioè una storia 6. La fede nell’era post-cristiana 7. Giussani nella biografia di Alberto Savorana 8. L’Essere come amore e l’“attrattiva Maria”

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Nota redazionale

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Indice dei nomi

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Introduzione

Sono passati dieci anni dalla morte di Luigi Giussani (1922-2005), uno dei protagonisti della vita spirituale ed intellettuale della seconda metà del XX secolo1. Studioso del protestantesimo americano, della figura di Reinhold Niebhur in particolare, Giussani è stato docente, dal 1949 al 1954, presso la Facoltà teologica del Seminario Maggiore di Venegono, nei pressi di Varese, e, dal 1964, di Introduzione alla teologia presso l’Università Cattolica di Milano2. Noto per essere fondatore di un 1 Sulla figura e l’opera di don Luigi Giussani, si veda l’ampio e documentato lavoro di A. Savorana, Vita di don Giussani, Rizzoli, Milano 2013. Per uno sguardo d’insieme sulla sua vita e sul movimento da lui ispirato: M. Camisasca, Comunione e Liberazione. Le origini (1954-1968), San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi) 2001; Id., Comunione e Liberazione. La ripresa (1968-1976), San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi) 2003; Id., Comunione e Liberazione. Il riconoscimento (1976-1984). Appendice (1985-2005), San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi) 2006; Id., Don Giussani. La sua esperienza dell’uomo e di Dio, San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi) 2009; A. Scola, Un pensiero sorgivo. Sugli scritti di Luigi Giussani, Marietti, Genova-Milano 2004; R. Di Ceglie, Luigi Giussani: una religione per l’uomo, Prefazione di L. Negri, Cantagalli, Siena 2007; F. Ventorino, Luigi Giussani. La virtù dell’amicizia, Prefazione di L. Negri, Marietti, Genova-Milano 2011; Id., Luigi Giussani. La virtù della fede, Prefazione di C. Caffarra, postfazione di P. Barcellona, Marietti, Genova-Milano 2012; Id., Luigi Giussani. Il dono della carità, Prefazione di M. Camisasca, Marietti, Genova-Milano 2013; Id., Luigi Giussani. Il coraggio della speranza, Prefazione di M. Pennisi, Marietti, Genova-Milano 2013; F. Ventorino et al., Luigi Giussani. La sfida alla modernità, Prefazione di A. Bellandi, Lindau, Torino 2014; R. Farina, Don Gius. Cosa c’entra l’amore con le stelle?, Piemme, Milano 2015; AA.VV., Un’attrattiva che muove, a cura di A. Savorana, Rizzoli, Milano 2015. 2 Cfr. L. Giussani, La teologia protestante in America, in AA.VV., Problemi e Orientamenti di Teologia Dommatica, a cura della Pontificia Facoltà Teologica di Milano, Marzorati, Milano 1957, pp. 691-728; Id., Reinhold Niebhur e i fondamenti della sua etica, in “La Scuola Cattolica”, XCVI (1968), pp. 491-507; Id., Reinhold Niebhur, Jaca Book, Milano 1969; Id., Grandi linee della teologia protestante americana. Profilo storico dalle origini agli anni ’50, Jaca Book, Milano 1989. A Niebhur è dedicata la tesi di dottorato in Sacra Teologia, discussa nel 1954, dal titolo Il senso cristiano dell’uomo secondo


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importante movimento ecclesiale, la Gioventù studentesca (Gs) degli anni ’50 che a partire dal 1969 si chiamerà Comunione e Liberazione (Cl), Giussani è meno noto per il suo pensiero, teologico e filosofico, il quale si forma, da un lato, nel Seminario teologico lombardo di Venegono, e, dall’altro, nell’esperienza educativa maturata a contatto con il movimento giovanile da lui iniziato. In ciò è possibile misurare un percorso analogo a quello di un altro grande educatore del secolo passato: l’italo-tedesco Romano Guardini, professore di Filosofia della religione e visione del mondo cattolica all’università di Berlino, il cui pensiero, come per Giussani, sorge in larga misura dalle esigenze teoriche e pratiche dettate da un movimento in atto: il Quickborn cristiano, parte della Jugendebewegung tedesca degli anni ’20. Nel caso di Giussani la formazione teologica è il frutto degli anni trascorsi a Venegono (1937-1947) dove, grazie a maestri come Carlo Colombo, Giuseppe Colombo, Gaetano Corti, Carlo Figini, Enrico Galbiati, assimila un “tomismo aperto”, orientato in senso cristocentrico. Qui il suo curriculum si nutre di letture che lasceranno il segno. In primis le opere di John Henry Newman: L’apologia pro vita sua; La grammatica dell’assenso; Lo sviluppo della dottrina cristiana3. Autore chiave, Newman, in direzione di una teologia pro-conciliare per la quale la dottrina cristiana si “sviluppa” nella fedeltà alla tradizione. Un altro insieme di letture si volge poi verso la figura di Cristo. Tra queste i testi di Guardini (Il Signore; L’essenza del cristianesimo; La figura di Cristo nel Nuovo Testamento) e di Karl Adam (Gesù il Cristo). Ad esse vanno aggiunte letture di ecclesiologia: La simbolica di J.A. Möhler, Ortodossia

Reinhold Niebhur. Tra i pensatori americani presi in considerazione v’è anche E. Brightman: L. Giussani, Il recupero dei valori religiosi nel personalismo americano e la filosofia di Edgar Sheffield Brightman, in “Filosofia e vita”, 8 (1967), pp. 71-85. I saggi degli anni ’50 dedicati al protestantesimo americano sono raccolti nel volume Porta la speranza. Primi scritti, a cura di E. Buzzi, Prefazione di G. Feliciani, Marietti, Genova 1997. Nello stesso volume è data una “Bibliografia degli scritti di Luigi Giussani, 1951-1997” (pp. 205-260). Rileva analogie con il pensiero americano G. Maddalena, È se opera. Assonanze e differenze tra Giussani e il pragmatismo americano, in F. Ventorino, Luigi Giussani. La sfida alla modernità, cit., pp. 187-203. 3 Cfr. Seminario con mons. Luigi Giussani (6 gennaio 1984), in Annuario teologico 1984, Istra-Edit, Milano 1985, p. 133. Alla trascrizione dei testi di Newman, letti e schedati in inglese, sono dedicati tre degli otto quaderni di appunti di Giussani relativi al periodo di Venegono (cfr. A. Savorana, Vita di don Giussani, cit., p. 74).


Introduzione

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di G.K. Chesterton, L’essenza del cattolicesimo di K. Adam, Il senso della Chiesa di R. Guardini, L’Église est une communion di J. Hamer, gli “Analecta Orientalia” grazie a cui, attraverso gli autori russi, si precisa l’idea di “communio”4. Alla lettura dei testi di teologia si uniscono, poi, quelle degli autori di letteratura, campo nel quale egli, da educatore, si rivelerà un impagabile maestro5. Si tratta di apporti diversi che confluiscono in una sensibilità umana ed intellettuale particolare, quella di un giovane che, già nei suoi studi liceali, è rimasto profondamente segnato dalla lettura di Giacomo Leopardi. Al punto che le domande del poeta divengono le sue, costituiranno il tessuto di ciò che, successivamente, definirà “senso religioso”. Così, oltre le formule della teologia neoscolastica, appare una personalità dal forte timbro “esistenziale”, un’eccezione nel panorama cattolico degli anni ’40-50, così attento ad apparire “oggettivo”, a mettere in ombra la dimensione personale. In Giussani, al contrario, la scintilla che è all’inizio della sua avventura intellettuale sorge dall’idea che solo il Verbum caro, affermato nel Prologo del Vangelo di Giovanni, possa costituire la risposta alla domanda radicale di significato proveniente dalla poetica leopardiana. Da qui, dal modo esistenziale con cui è percepito il cristianesimo, emerge l’elaborazione di un’antropologia religiosa che ripensava gli interrogativi leopardiani alla luce di una dialettica dello spirito analoga a quella messa a fuoco da Maurice Blondel ne L’Action. Si trattava, però, di un blondellismo depurato dalle sue declinazioni pratico-volontariste, anti-intellettualiste, e dal suo monismo teologico tra naturale e soprannaturale. Il blondellismo di Giussani non era alternativo al tomismo di Venegono, ne costituiva, piuttosto, il polo soggettivo. L’occasione per l’elaborazione teorica di un’antropologia religiosa sarà il testo della pastorale del 1957 Sul senso religioso del cardinale Montini, arcivescovo di Milano. Si trattava di una tematica nuova allora, inconsueta nell’ambito cattolico, guardata con sospetto perché potenzialmente modernistica, soggettivistica, propria del protestantesimo liberale. Appoggiandosi, sia nella forma che nella sostanza, al testo di Montini, Giussani darà alle stampe la prima, breve, versione de Il senso religioso nel 1957. In essa il tema era affrontato facendo largo uso delle 4 5

Cfr. Seminario con mons. Luigi Giussani, cit., p. 134. L. Giussani, Le mie letture, Rizzoli, Milano 1996.


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categorie tomistiche all’interno di un impianto rigorosamente classico che distingueva nettamente tra naturale e soprannaturale. L’uomo è naturalmente orientato, a partire dal suo cuore e dalla sua ragione, ad un senso ultimo dell’Essere che costituisce l’anima della sua intelligenza e della sua affezione. All’edizione del 1957 de Il senso religioso ne seguiranno altre due riviste ed ampliate, nel 1966 e nel 1986, tali da configurare una sorta di work in progress su un argomento che, in Italia, se si eccettua la riflessione di Alberto Caracciolo, non era al centro di studi degni di rilievo6. L’impostazione giussaniana presentava, dal punto di vista teologico, più di un’analogia con l’antropologia cristologica di Karl Rahner. Anche per Rahner l’uomo è strutturalmente aperto al Mistero, ontologicamente orientato a Dio. Giussani e Rahner costituiscono, da questo punto di vista, due esempi della sottolineatura antropologica, propria della parte avanzata della teologia cattolica degli anni ’50-60. Al di là delle analogie rimaneva, però, la differenza. L’impostazione di Giussani, rispetto a quella kantiano-trascendentale di Rahner, era molto più “esistenziale”. Essa, in secondo luogo, tracciava una distinzione netta tra naturale e soprannaturale, non postulava nell’uomo alcuna Idea Christi, si fermava all’esigenza del Mistero. Era quella esigenza che intercettava il clima esistenzialistico degli anni ’50 e che bene spiega la novità e il successo del Giussani educatore nel quadro della gioventù italiana del dopoguerra. A suo modo l’inquietudine del senso religioso costituiva una sorta di “prova ontologica” la quale perforava il muro chiuso dell’esistenzialismo ateo in direzione di un’esigenza dell’infinito, di una felicità integrale. Quell’esigenza poteva trovare soddisfazione solo se l’infinito aveva un volto, se dietro la realtà del mondo si presentava un “Tu”, termine ultimo dell’aspirazione umana. Dal punto di vista cristiano questo “tu”, il tu di Cristo, poteva essere incontrato nel presente così come duemila anni fa i primi discepoli avevano incontrato Gesù. Il segno sacramentale rivive nella comunione di coloro che Gli appartengono oggi. Con ciò affiorava, dal punto di vista educativo, l’importanza della Chiesa come comunione vissuta, come gesto di unità offerto al mondo. Giussani, conformemente alla lezione tomistica, non rifiutava, certo, le prove A. Caracciolo, La religione come struttura e come modo autonomo della coscienza, Marzorati, Milano 1965 (nuova ed., Il Melangolo, Genova 2000). 6


Introduzione

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dell’esistenza di Dio, epperò, in sintonia con gli orientamenti propri della post-scolastica (von Balthasar, Ratzinger), la sua direzione era teologica, non filosofica: si diviene cristiani per un incontro non, primariamente, per una speculazione. L’autore faceva qui tesoro della lezione di uno dei suoi maestri ideali: Guardini. Era Guardini che aveva scritto: È questa la legge dell’incarnazione, secondo la quale il Dio invisibile e ignoto non ci si manifesta dall’abisso del nostro animo, come esige la mistica assoluta; non attraverso la suprema elevazione del pensiero, come vogliono i filosofi; non nello sforzo dell’aspirazione morale e del distacco dal mondo, come afferma l’ascesi autonoma – ma dal volto dell’uomo e dalla parola di Cristo. [...] La parola rivelante di Cristo si fa chiara solo quando io accetto il prossimo, e la cosa, e il destino. L’esistenza cristiana non è qualcosa di assoluto, in senso filosofico, di distaccato misticamente, di ascetico in termini sistematici, ma di storico7.

Il Dio invisibile si rende manifesto nel volto dell’uomo e nella parola di Cristo, cioè, con le parole di Giussani, nell’incontro. Assieme al senso religioso, quella di incontro è l’“altra” categoria fondamentale nel pensiero giussaniano – la terza è l’esperienza. Categoria presente, oltre che in Guardini, anche nel filosofo ebreo Martin Buber. In Giussani essa non ha, innanzitutto, una connotazione etica ma ontologica. L’etico è il riverbero dell’ontologico. L’incontro è “testimonianza”. Denota una “presenza” che rappresenta, “ri-presenta”, nel presente, la Presenza di un Altro. Non c’è “incontro” là dove non c’è “rappresentazione”. Per questo la dimensione estetica è prioritaria. La stima e il rapporto tra Giussani e il più grande teologo cattolico del ’900, Hans Urs von Balthasar, l’autore della monumentale Gloria (Herrlickheit), l’estetica teologica, non è, da questo punto di vista, casuale8. Ciò che Giussani chiama “incontro” è il volto glorioso del Mistero così come von Balthasar mostra in Gloria, lo “splendore del vero”, la forma (Gestalt) che suscita R. Guardini, Unterscheidung des Christlichen. Gesammelte Studien, 1923-1963, Matthias Grünewald Verlag, Mainz 1963, tr. it. (parziale), Fede-religione-esperienza, Morcelliana, Brescia 1984, pp. 151-152. 8 Si veda il volume di H.U. von Balthasar, L’impegno del cristiano nel mondo, tr. it., Jaca Book, Milano 1971, in realtà redatto a due mani con il contributo, del medesimo titolo, di L. Giussani (pp. 95-146). Sul rapporto tra Giussani e von Balthasar, cfr. A. Savorana, Vita di don Giussani, cit., pp. 425-430. 7


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stupore ed attrattiva. È la terza via, quella dell’amore, che Balthasar designa come la via propriamente cristiana, oltre quella teocosmologica classico-medievale e quella antropologica moderna9. Da questa sintonia sorge, insieme con Ratzinger, l’idea e la realizzazione della rivista internazionale di lavoro teologico “Communio”, uno degli strumenti più rilevanti della teologia del ’900. L’incontro, il cristianesimo concepito storicamente come “Fatto”, come Avvenimento: sono queste le categorie che uniscono Giussani a Balthasar e Ratzinger. Da un lato abbiamo il senso religioso, e, dall’altro, l’incontro. Come nella dialettica polare di Romano Guardini, la realtà è conosciuta in una tensione di opposti. Per Giussani il punto di sintesi, tra la domanda religiosa e la risposta che traluce nell’incontro, è il concetto di esperienza. Una realtà «diventa esperienza quando il provare è nel contempo giudicato dai criteri del cuore: se è veramente vero, se è veramente bello, se è veramente buono, se è veramente felice. In base a queste domande ultime del cuore, a questi criteri ultimi del cuore, l’uomo governa la sua vita»10. Il concetto di esperienza non ha, in tal modo, nulla di empiristico. Non ogni esperienza è un’esperienza. Il mero provare per provare porta solo ad una mentalità scettica. Il provare, il mero provare assurge alla dignità di esperienza in quanto il contenuto che uno prova viene giudicato dalle domande ultime del cuore: sono i criteri del vero, del vero uomo, della vera umanità, del vero destino dell’uomo. [...] Nell’esperienza, la realtà di cui prendi coscienza e che provi – da cui, cioè, tu sei colpito, shoccato (affectus) – ti fa balzare fuori i criteri del cuore, ti desta il cuore che prima era confuso e dormiva, perciò ti desta a te stesso. Lì incomincia il cammino tuo, perché sei desto, critico. La cultura è coscienza critica e sistematica di un’esperienza; un’esperienza esige sviluppo critico e sistematico11.

Si dà esperienza, quindi, solo come verifica della corrispondenza tra i criteri del cuore e il reale incontrato. I criteri ultimi del cuore sono dati da un plesso di esigenze (verità, giustizia, felicità, amore) che costituiscono la natura dell’io. L’esperienza sorge dalla corrispondenza 9 H.U. von Balthasar, Glaubhaft ist nur Liebe, Johannes Verlag, Einsiedeln 1963, tr. it., Solo l’amore è credibile, Borla, Roma 1977. 10 L. Giussani, Si può (veramente) vivere così?, Rizzoli, Milano 1996, p. 83. 11 Ivi, pp. 82-83.


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tra queste esigenze, strutturali, e l’oggetto, tra le domande dell’io e le risposte della realtà esterna. Risposte in cui traluce la presenza di Dio, la grande risposta. In tal modo, come dirà l’autore: «La cosa più importante che io abbia detto in vita mia è che Dio, il Mistero, si è svelato, si è comunicato agli uomini in modo tale da rendersi oggetto della loro esperienza. Il Mistero diventa anche oggetto della nostra esperienza; diventa oggetto della nostra esperienza identificandosi con un segno che è fatto di spazio e di tempo e che, come tale, diventa dimora»12. Questa “cosa” è importante anche per un motivo preciso. È la categoria di esperienza, infatti, che, assieme a quella di “senso religioso”, qualifica la dimensione moderna del pensiero giussaniano. Una dimensione la cui sottolineatura è al centro del presente volume. Giussani, critico dell’antropocentrismo moderno, è in profonda sintonia con l’autocritica “moderna” del razionalismo moderno: quella di orientamento fenomenologico che caratterizza la parte migliore del pensiero del ’900. È la linea che rivaluta l’affectio rispetto ad una concezione unilaterale della ratio. Si tratta di un’autocritica “moderna” perché non smarrisce il valore del soggetto e della libertà. Se “il cammino al vero è un’esperienza”13 allora la verità può apparirmi tale solo se mi corrisponde, se corrisponde alle esigenze profonde della mia natura. La verità non è una pietra che cade su un soggetto inerte. L’io personale è implicato nella verifica del vero dacché il vero, in senso oggettivo, diventa esistenzialmente vero, in senso soggettivo, solo quando, nella libertà e nell’affectus, diventa un mio giudizio. Questa concezione verrà criticata, a torto, come modernista. È la critica del tradizionalismo cattolico. In realtà il teologo della scuola di Venegono salva il momento soggettivo collegandolo, però, in una tensione “polare” (Guardini) con quello oggettivo. Il realismo della scuola tomista non è certo dimenticato. Esso costituisce la premessa gnoseologica alla trattazione de Il senso religioso del 198614. Come in Étienne Gilson, «il realismo esige che, per osservare un oggetto in modo tale da conoscerlo, il metodo non sia immaginato, pensato, organizzato o creato dal soggetto, ma imposto dall’oggetto»15. E, tuttavia, il realismo non è L. Giussani, L’autocoscienza del cosmo, Rizzoli, Milano 2000, pp. 164-165. L. Giussani, Il cammino al vero è un’esperienza, Rizzoli 2008. 14 L. Giussani, Il senso religioso, Jaca Book, Milano 1986, pp. 11-21. 15 Ivi, p. 13. 12 13


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salvaguardato “escludendo” la “realtà” del soggetto, così come accade nella versione oggettivistica propria della tradizione neoscolastica. Se «la verità è una adaequatio rei et intellectus, una corrispondenza dell’oggetto all’autocoscienza, alla coscienza di se stessi, cioè alla coscienza di quelle esigenze che costituiscono il cuore»16, allora, come fa osservare il cardinale Scola, «sbaglierebbe gravemente chi “leggesse” il pensiero di Giussani come un puro “ritorno a casa” del realismo classico. Il suo realismo, mediante il quale viene oggettivamente affermata l’esistenza e la conoscibilità del fondamento veritativo del reale [...], si costruisce a partire da quella che Balthasar chiamava un’antropologia drammatica»17. La polarità tra soggetto e oggetto, senso religioso ed incontro, mediata dalla categoria di esperienza, permette di chiarire l’originalità della riflessione giussaniana, il suo orizzonte sintetico, “cattolico”. Essa infatti consente, da un lato, di pensare a un possibile superamento del contrasto, tragico, che divide il pensiero cristiano moderno diviso tra agostinismo e neotomismo. E, dall’altro, di ricucire il dualismo tra fenomenologia ed ontologia che segna la filosofia del ’900. Come osserva Joseph Ratzinger: Io trovo sorprendente e grande che la parola “ontologia” emerga qui come segno di separazione e che ciò accada proprio in Giussani, un uomo che aveva rinunciato alla metafisica astratta per mettere al suo posto l’avvenimento. Qui appare che questo avvenimento non significa affatto qualcosa di estrinseco, di puramente fattuale, ma che in esso – come ingresso di Dio nella nostra storia – si incontra il fondamento stesso di ogni essere e di ogni vita: la storia ci apre una via all’essere, che noi senza di essa – come Kant ha mostrato – non possiamo trovare. Qui sono restituiti all’ontologia i suoi diritti, ma ciò accade in modo assolutamente nuovo grazie al nesso stabilito con l’avvenimento; si arriva a far breccia cioè in modo genuinamante cristiano verso l’Essere, verso il Fondamento che ci sostiene18.

La riflessione di Giussani unisce in sé i due poli di Atto ed Essere, Essere e Avvenimento, esperienza ed ontologia. Essa si colloca, sotto questo punto di vista, in quella corrente del pensiero cristiano del ’900 L. Giussani, All’origine della pretesa cristiana, Rizzoli, Milano 2001, p. 6. A. Scola, Un pensiero sorgivo. Sugli scritti di Luigi Giussani, cit., pp. 29-30. 18 J. Ratzinger, Introduzione a M. Camisasca, Comunione e Liberazione. Le origini (1954-1968), cit., p. 10. 16 17


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che, tra altri, vede i nomi di Romano Guardini, Erich Przywara, Dietrich Bonhoeffer19. La manifestazione dell’Essere passa qui attraverso il giudizio portato su un’esperienza in atto, la quale, com’è evidente, si discosta sia da quella empirista che da quella kantiana del termine. L’esperienza non indica l’Erlebnis, la riduzione sentimentale o psicologistica del mondo all’io, come accade nello storicismo tedesco. È la concezione che porta a risolvere la Rivelazione e il dogma nel “senso religioso”, una concezione giustamente criticata dalla Enciclica Pascendi di Pio X. Diversamente dal tradizionalismo, però, questa critica non porta Giussani all’abbandono del concetto di esperienza ma al suo “allargamento”. Una reale esperienza implica che la ratio e l’affectus non siano disgiunti, che non siano contrapposti come accade nel razionalismo o nell’irrazionalismo romantico. La conoscenza in tanto è sapere del reale come esistente in quanto è conoscenza amorosa. In questo senso in Giussani la «definizione di esperienza giudicava e poneva termine alla grande controversia teologica tra tradizionalisti e Théologie nouvelle»20. La relazione esperienziale, affettivo-conoscitiva, che lega senso religioso e forma, non è infatti pagata con la risoluzione di un polo nell’altro. Il senso religioso non può anticipare in alcun modo il contenuto storico-dogmatico della Rivelazione, né questa può affermarsi a prescindere dal soggetto che la riceve. In tal modo, ancora una volta, la fecondità della prospettiva giussaniana si documenta nella sua capacità di portarsi oltre l’opposizione tra via antropologica e primato della “forma” che segna la teologia contemporanea, divisa tra la scuola di Rahner e la scuola di Balthasar. È vero, infatti, che il trascendentalismo rahneriano risolve, nel suo apriorismo, la novità assoluta del Verbum caro nelle strutture del nostro spirito. È altresì vero, però, che la via di 19 Cfr. M. Borghesi, Romano Guardini. Dialettica e antropologia, Studium, Roma 2004; H.U. von Balthasar, Erich Przywara, Introduzione a E. Przywara: sein Schrifttum, 1912 1962, hrsg. v. L. Zimny, Johannes Verlag, Einsiedeln 1963, pp. 5-18; D. Bonhoeffer, Akt und Sein. Transzendentalphilosophie und Ontologie in der systematischen Theologie, Christian Kaiser Verlag, München 1931 (1976), tr. it., Atto ed essere. Filosofia trascendentale ed ontologia nella teologia sistematica, Editoriale di A. Gallas, Premessa di E. Wolf, Queriniana, Brescia 1985. Riguardo a Przywara, Giussani ricorderà come «Don Carlo Colombo mi ha fatto leggere Przywara, è stata per me un’apertura grande» (Seminario con mons. Luigi Giussani, cit., p. 132). 20 G. Tantardini, Memoria di incontri. Ricordando don Giussani, in “30 Giorni”, 3 (2005), p. 39.


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Luigi Giussani: conoscenza amorosa ed esperienza del vero

Gloria, la via dell’amore, sembra escludere radicalmente la dimensione antropologica dettata dal “senso religioso”21. L’iter giussaniano, nel suo rapporto senso religioso-incontro, sembra qui suggerire, mediante l’abbandono del trascendentalismo, una via di possibile incontro tra le due scuole. Il superamento dell’orizzonte kantiano consente, d’altra parte, di porsi oltre un altro dualismo che segna l’orizzonte teologicofilosofico contemporaneo: quello tra essere e valore. Una dicotomia che, proveniente dall’empirismo di David Hume raccolto da Max Weber, porta con sé quella tra verità di ragione e verità di fatto. Anche in questo caso la ricucitura tra amore e conoscenza operata da Giussani, in stretta dipendenza dalla forma propria dell’Essere, permette di chiarire in che senso il cristianesimo è un “Fatto” oggetto di esperienza. Si tratta di un indubbio punto di originalità, non a caso contestato da autori quali Pietro Barcellona ed Emanuele Severino, fermi, da sponde diverse, alla concezione kantiana di esperienza e, quindi, alla apparenza fenomenica del mondo. Nel suo tentativo di sintesi la riflessione giussaniana si inserisce, pertanto, nel cuore stesso del pensiero contemporaneo. L’originalità della cosa risiede, in questo caso, nel fatto che tale riflessione non nasce da Cfr. H.U. von Balthasar, Solo l’amore è credibile, cit., pp. 33-51 (“La riduzione antropologica”). Vale la pena di osservare che nei suoi scritti dell’immediato dopoguerra Balthasar non escludeva una valorizzazione in positivo della linea di pensiero proveniente da Joseph Maréchal. Per essa la concezione dinamica dello spirito, teso verso l’infinito, «appartiene alla ratio come suo fondamento e condizione di possibilità; però, al contempo, infrange il perimetro della ratio, perché amplia l’intelletto meramente teoretico aprendogli la sfera di un’intelligenza totale. È in questa direzione che Joseph Maréchal ha pensato la sua teoria dinamica della conoscenza, basandosi espressamente sull’antica ontologia scolastica. Egli ha espresso i suoi punti di vista in una particolare forma di tomismo e attenendosi a determinati presupposti di scuola. Però, quanto egli dice si può ampliare e variare in diversi modi e, così ampliato, potrebbe offrire la risposta adeguata alle istanze positive della filosofia della vita. Fra l’altro, l’ampliamento è possibile anche come maggior vicinanza all’esperienza di chi pensa e incontra l’essere. In tal caso, forse, si arriverebbe a percepire sul piano fenomenologico la trascendenza dell’essere. E ciò senza dover abbandonare il quadro rigoroso della ricerca filosofica a pro dell’analisi psicologica. Facendo questo, la distinzione reale di Tommaso costituirebbe il correttivo della filosofia della vita. E, viceversa, la filosofia della vita porterebbe a rivitalizzare la dottrina di essenza ed esistenza, fossilizzata in sé e ormai astratta» (H.U. von Balthasar, Von den Aufgaben der Katholischen Philosophie in der Zeit, Johannes Verlag, Einsiedeln 1946 [1998], tr. it., I compiti della filosofia cattolica nel tempo, Prefazione di R. Sala, Postfazione di M. Mantovani, Las, Roma 2013, pp. 58-59). 21


Introduzione

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un teologo o da un filosofo di professione, bensì da un educatore che si interroga su un’esperienza in atto con lo scopo di introdurre alla scoperta dell’Avvenimento cristiano nell’orizzonte proprio del mondo moderno. Nel seguire la sua vocazione l’autore ha rivoluzionato parole antiche, creato un linguaggio nuovo, aperto sentieri, riattualizzato termini della tradizione che parevano definitivamente spenti. Ha mostrato altresì come una prospettiva genuinamente cristiana non poteva essere disgiunta da una tensione ecumenica protesa alla valorizzazione delle voci più diverse. Un caso raro di pensiero cattolico fuori del ghetto, in grado di intercettare e di valorizzare, negli anni ’70-90, talune tra le voci più significative del mondo intellettuale. Tra queste: Hans Urs von Balthasar, Joseph Ratzinger, Augusto Del Noce, Giovanni Testori, Nikolaus Lobkowicz, Alberto Methol Ferré22. Molti di loro saranno ospiti del Meeting per l’amicizia fra i popoli di Rimini, una delle più grandi manifestazioni culturali ed artistiche nel panorama europeo. Dalla testimonianza di Giussani trarranno ispirazione case editrici (Jaca Book, editrice dell’Opera omnia di Henri de Lubac e della grande trilogia teologica di Hans Urs von Balthasar; Cseo [Centro studi Europa orientale], che traduce Karol Wojtyła, Václav Havel, Józef Tischner; Città armoniosa; La Casa di Matriona; Itacalibri; Encuentro, di Madrid), collane editoriali (“Libri dello spirito cristiano”, della Rizzoli), riviste (“Communio”; “Tracce”; “Il Sabato”; “30 Giorni”, la rivista internazionale della Chiesa nel mondo in cinque lingue, con numeri anche in arabo e in cinese; “Russia cristiana”; “L’altra Europa”; “Cseo documentazione”; “Il Nuovo Areopago”; “Incontri”), iniziative musicali (collana “Spirto gentil”). Una pluralità di 22 Augusto Del Noce divenne, negli anni ’80, collaboratore assiduo de “Il Sabato” e intellettuale di riferimento di Cl (cfr. A. Del Noce, Cristianità e laicità. Scritti su “Il Sabato” [e vari, anche inediti], a cura di F. Mercadante, P. Armellini, Giuffrè, Milano 1998). Giovanni Testori ebbe un rapporto profondo con Giussani (cfr. G. Testori, Il senso della nascita. Colloquio con Don Luigi Giussani, Rizzoli, Milano 1980) e fu un collaboratore importante de “Il Sabato” (cfr. G. Testori, La maestà della vita e altri scritti, a cura di G. Frangi e D. Rondoni, Rizzoli, Milano 1998). Sui rapporti con Nikolaus Lobkowicz, rettore (1971-1976) e poi preside (1976-1983) della Ludwig Maximilians - Universität di Monaco di Baviera, cfr. A. Savorana, Vita di don Giussani, cit., pp. 746-748. Sulla figura di Methol Ferrè, uruguaiano, uno dei più grandi intellettuali cattolici latino-americani, cfr. A. Methol Ferré, Il papa e il filosofo, intervista a cura di A. Metalli, Cantagalli, Siena 2014.


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iniziative, di grande spessore ideale ed intellettuale, documento di una capacità generativa e di una ricchezza di pensiero rari. Quello di Giussani è un “itinerario moderno”, un percorso cristiano che è stato in grado di sottrarsi all’alternativa che ha segnato il pensiero cattolico dopo il Concilio Vaticano II: quella tra modernismo e reazione conservatrice. Il presente studio intende mettere a fuoco il senso profondo di tale “modernità”, la peculiare riconciliazione tra soggettività e tradizione ecclesiale che sta al centro del profilo educativo dell’autore. Una sintesi inconciliabile, certo, con una visione integralistica, chiusa, clericale. Termini questi che, soprattutto nel pathos della polemica degli anni ’70, hanno investito il suo movimento calato profondamente nel messianismo politico del post ’68. Grazie alla imponente biografia di Alberto Savorana (Vita di don Giussani) siamo in grado ora di comprendere quanto il “pensiero sorgivo” di Giussani fosse attento a farsi carico di quelle critiche, anche là dove apparivano come manifestamente di parte ed ideologiche. Da questo punto di vista la storia di Cl va letta non come la riattualizzazione dell’intransigentismo cattolico nell’Italia di fine ’900, quanto piuttosto come la storia di un’esperienza continuamente corretta dal suo fondatore in passaggi decisivi, a partire dalla liquidazione della teologia politica post-sessantottina, sino alla critica della prevalenza dell’etica sull’ontologia, nel quadro ecclesiale degli anni ’80-90. La direzione era ogni volta la stessa: riportare l’attenzione sull’“Unico” necessario, su Cristo come cuore del mondo. Era il suo pathos. «Quello che sentivo e vedevo era come un modo nuovo, non intuito prima, se non nei testi dei Padri e in quelli papali. Questo accorgermene nasceva da un’esperienza. Le stesse parole del Vangelo e della Tradizione le leggevo in un modo nuovo. [...] Io “capivo”, ed altri con me, che Cristo era lì, presente»23.

L. Giussani, Comunione e Liberazione, in AA.VV., I movimenti ecclesiali nella sollecitudine pastorale dei vescovi, Lev, Città del Vaticano 2000, pp. 122 e 125. 23


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