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La Transumanza nelle fotografie di Gaetano Plasmati*
* Testo pubblicato, con il titolo Migrare. Muoversi. Spostarsi. Transumare, anche nella rivista «InTransit. Fotografia in movimento», I, n. 1, 2009, p. 9.
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Archivio di Etnografia • n.s., a. III, n. 2 • 2008 • 57-62
Uomini e animali migrano dall’alba dei tempi. Si spostano di luogo in luogo alla ricerca di condizioni ottimali per soddisfare le necessità basilari dei cicli vitali che accomunano le varie specie che popolano il pianeta. Sebbene le ragioni alla base delle migrazioni umane siano più complesse rispetto a quelle animali è innegabile che il punto di partenza sia lo stesso: la ricerca di una condizione migliore. Molti animali, ad esempio, migrano alla ricerca del luogo adatto per riprodursi, altri si spostano verso zone temperate durante la stagione invernale. L’uomo migra per migliorare il proprio tenore di vita. Nei secoli si è spostato per fuggire pestilenze, guerre e carestie, oppure, in tempi più recenti, per cercare lavoro o facile successo economico lasciandosi alle spalle zone ormai depresse. In ogni caso è la ricerca del “luogo adatto” che spinge uomini e bestie a spostarsi. Adatto a vivere o sopravvivere, a nidificare o a riprodursi, a nutrirsi o a superare l’inverno ecc. E così, come intere mandrie di mammiferi in Africa si spostano durante le stagioni secche alla ricerca di acqua, così altrettante tribù nomadi, come quella dei Wodaabe, si muovono per le stesse motivazioni. Anche il tema del ritorno, in certo qual modo, può risultare una similitudine. Se è vero che gli animali percorrono rotte precise, periodicamente, nella prospettiva di tornare poi al luogo di partenza e ripetere l’esperienza in un nuovo ciclo di vita, è anche vero che l’uomo ritorna periodicamente nei luoghi di origine per brevi lassi di tempo motivato da rituali di costume, come può esserlo la vacanza, o per necessità più profonde e spirituali, come quella di mantenere un legame forte con la propria terra natale. I discendenti di chi è emigrato generazioni fa, alla ricerca di una condizione economica migliore che potesse assicurare un buon futuro alla propria famiglia, tornano oggi nel luogo d’origine, nella terra che ha dato loro i natali nel profondo e quasi istintivo desiderio di riscoprire il legame con i propri avi. Si potrebbe concludere quindi che l’evoluzione non ha spezzato la catena che rende indubbiamente simili forme di vita palesemente differenti. Ossia l’istintiva o
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Bruno Pantone
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ragionata ricerca di una condizione migliore, adeguata, adatta alle proprie necessità. Ma è quando uomini e bestie si spostano insieme che ogni differenza viene appianata. Nella Transumanza (da trans, “al di là”, e humus, “terra”), la migrazione stagionale delle greggi, le necessità del bestiame si fondono a quelle dell’allevatore: pascoli migliori che renderanno migliori le mandrie con reciproco beneficio. E così gregge e pastori diventano una entità unica che si muove alla ricerca del giusto pascolo. La Transumanza ormai è in disuso. La si pratica ancora in modo attivo in Basilicata, Puglia, Abruzzo o in Valle d’Aosta e Piemonte e con un sempre maggiore intento “rituale” più che per effettiva necessità: le moderne tecniche di allevamento hanno reso quasi del tutto inutile questa pratica difficile e impegnativa. In passato, quando la Transumanza era pratica imprescindibile, questo trasferimento avveniva all’inizio della stagione calda, per andare in cerca di zone fresche dove poter trovare pascoli verdi per il bestiame. All’inizio della stagione fredda, si transumava nuovamente verso la pianura più calda. Tutto ciò avveniva tramite sentieri detti tratturi. Il viaggio durava giorni e si effettuavano soste in luoghi prestabiliti, noti come “stazioni di posta”. In Basilicata è nel parco della Murgia Materana che si rivive la Transumanza delle podoliche, imponenti bovini un tempo molto diffusi in queste zone. Vengono percorsi i tratturi di una volta recuperati e in certi casi mai abbandonati dai pastori che per generazioni si sono tramandati usanze e segreti per resistere nel tentativo di far perdurare una razza bovina sempre più a rischio e tradizioni rurali dal sapore antico che dovrebbero essere tutelate e custodite con più impegno anche dai non addetti ai lavori. E così, oggi, la Transumanza prende quasi le movenze di un percorso eco-turistico alla riscoperta del territorio, caratterizzata dalle lunghe “passeggiate” tra paese e paese battendo sentieri inusuali e suggestivi immersi nella natura. La Transumanza è un’espressione importante della tradizione rurale delle regioni meridionali. Un retaggio pastorale che merita di essere conservato e nuovamente tramandato. Un esempio di quanto sia necessario riscoprire il territorio e di quanto sia vitale curare il legame con esso.
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Indice
ETNOGRAFIE Mariano Fresta La festa di sant’Antonio Abate: tradizione e innovazione nel Casertano
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Alessandro D’Amato Superstizioni e sopravvivenze magico-religiose nell’opera di Giuseppe Cocchiara degli anni Trenta
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REPERTORI 41
SEQUENZE Bruno Pantone La Transumanza nelle fotografie di Gaetano Plasmati
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STORIE Aurora Lo Bue La machi mapuche: il richiamo alla tradizione nel cambiamento. Riflessioni da un’esperienza presso i mapuche della IX Regione del Cile australe
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RETROSPETTIVE Giuseppe Cocchiara La leggenda di Re Lear. Saggio d’una interpretazione etnologica del gruppo novellistico “Sacrificio del figlio minore”
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TACCUINO Paolo De Simonis Non solo kanun: memorie di partenza in Scutari
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LETTURE Eugenio Imbriani Immagini e letture. Su una collana di antropologia visuale
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