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Introduzione

Il massiccio del Grappa* rappresenta un unicum nel panorama delle montagne dell’arco alpino, affacciato com’è sulla pianura veneta e circoscritto dalle profonde valli del Brenta, del Piave e dalla val Belluna, che lo divide dalle Prealpi bellunesi e dal Cadore. Con una superficie di circa 400 km2, il massiccio a un primo sguardo non sembra così vasto: si estende infatti in linea d’aria per 30 km da nord a sud e per quasi 25 km da est a ovest, ma è caratterizzato da un’orografia complessa con una serie di dorsali che si dipartono dalla cima, ne aumentano l’estensione geografica e ne cambiano continuamente il paesaggio. Non è piatto come il vicino altopiano di Asiago, ma non ha nemmeno cime che svettano; sale dolcemente da nord, mentre a sud affaccia bruscamente sulla pianura, e offre tutto quello che cerca chi va in montagna per correre o semplicemente per camminare: salite e discese, fitti boschi e immensi prati, mulattiere, sentieri e single track, creste e tratti tecnici si susseguono,

* l’oronimo probabilmente deriva dal prelatino Krapp, roccia.

rendendo il percorso, anche il più semplice, mai noioso. La sua posizione tra la pianura e le Dolomiti e l’altezza media intorno ai 1000 m, offrono sempre scorci panoramici: da Asiago alla pianura di Vicenza, dalle Pale di San Martino al Montello fino ai campanili e alla laguna di Venezia che appaiono sul filo dell’orizzonte. Il Grappa, come lo chiamano affettuosamente i locali, non è una montagna difficile, eppure non è mai banale e richiede sempre un approccio cauto e rispettoso, non solo perché è un ambiente naturale e come tale andrebbe sempre trattato, ma soprattutto perché, per quanto antropizzato, è una montagna a tratti rude e selvaggia, mai eccessivamente frequentata anche nei mesi estivi e nei fine settimana di bel tempo. Capita di percorrere sentieri senza incontrare nessuno per ore, o di passare da un morbido prato a una discesa verticale, da una comoda mulattiera a uno stretto sentiero fortemente eroso nel giro di pochi chilometri. E poi in Grappa non c’è acqua: il terreno è prevalentemente carsico e non ci sono corsi d’acqua permanenti o sorgenti in quota; l’acqua piovana penetra e scende a valle attraverso pozzi, doline e inghiottitoi. Per questo qualsiasi uscita sul Grappa va affrontata con un’adeguata scorta d’acqua, soprattutto nei mesi estivi. Durante la Prima Guerra Mondiale questo è stato un problema fondamentale che ha costretto il Genio militare a costruire cisterne e canalizzazioni per pompare l’acqua in alto fino alla linea

Cima Grappa coperta dall’ultima neve primaverile (© Nora Mazzocchi) 

del fronte. Questa carenza ha ostacolato anche l’insediamento umano. I paesi sono tutti a valle, se si esclude il recente Villaggio del Sole a Campo Solagna, frazione di Solagna: oltre i 1000 m non si incontrano insediamenti se non malghe o casere usate dai pastori come appoggio per portare in alpeggio il bestiame nei mesi estivi e per lavorare il latte. Tuttavia, il massiccio è stato frequentato dall’uomo fin dai tempi antichi per il pascolo, il legname, la raccolta della castagna e, soprattutto nel canale del Brenta, per la coltivazione del tabacco. Ma è con la Prima Guerra Mondiale che il Grappa si antropizza, vengono tracciate strade e mulattiere, scavati ricoveri, osservatori, trincee e gallerie e costruiti alloggi per le truppe e per lo Stato Maggiore italiano e austro-ungarico. E soprattutto vengono abbattuti interi boschi per la legna, trasformando in immensi prati la maggior parte delle alture come Cima Grappa, l’Asolone, il Col Moschin, il Monte Santo e tutta la dorsale dei Solaroli. Guardando le foto della guerra di più di un secolo fa, si fatica a riconoscere i luoghi del massiccio, anche i più noti. C’erano soldati ovunque e le strade avevano muretti, erano larghe e selciate, i ricoveri delle truppe erano mimetizzati dalla vegetazione e le trincee segnavano nettamente il terreno. Ora, tutti questi segni e queste ferite si stanno via via riassorbendo. È un fenomeno strano, unico, se vogliamo, rispetto a tutti gli altri teatri di guerra in montagna. La Linea Cadorna, il fronte dell’Adamello, quello delle Dolomiti, il Carso conservano limitate tracce evidenti; qui sul Grappa, invece, tutta la montagna è stata stravolta sia dagli italiani per difendersi, sia dagli austriaci che cercavano di sforzare nella Pianura Padana. Qui tutto parla di quei giorni: i nomi delle località, le pietre miliari, le strade scavate a piccone e i sentieri, le immense buche di mortaio diven-

La croce del Frontale dal sentiero 106, a sinistra il Piave e a destra i colli di Asolo 

tate pozze per abbeverare il bestiame, i recinti un tempo muri, le trincee che tagliano la terra, i camminamenti scavati nella roccia, le casere e le malghe, le epigrafi e i cippi (ne sono state censite più di 250), nascosti tra la vegetazione o posati a ricordo di sacrifici, atti eroici, battaglie e scontri, in luoghi che ora sembrano solo prati, cime, alture, boschi e pascoli. Dopo la Grande Guerra, la montagna si è spogliata del suo ruolo difensivo se non nella parte alta per la posizione strategica tra pianura e montagna, a difesa dei due canali naturali di comunicazione, il Brenta e il Piave. Nella Seconda Guerra Mondiale i partigiani si sono nascosti e hanno combattuto per la libertà, ma le grandi vicende di guerra si sono svolte su altri fronti. E così, con il tempo, i pastori hanno ripreso le terre alte e i contadini i loro campi sulle pendici, riciclando per i loro scopi quanto la guerra aveva lasciato sul terreno. Sul Grappa, a differenza di altre montagne, le strade, le mulattiere e i sentieri non collegano paesi, non passano alti per scorciare le distanze o evitare i fondovalle, non mettono in comunicazione valli e non scavalcano passi. Qui si è tracciata una via perché serviva per raggiungere una località, per prendere o difendere una posizione, per trasportare uomini e mezzi, per arrivare a un pascolo o a una porzio-

Il bosco sul versante nord del monte Tomatico 

ne di bosco. Qui i sentieri salgono o scendono, e talvolta, almeno nei tracciati originari, non si univano. Qui, a un bivio, è facile imboccare un comodo sentiero che sembra la via più naturale e che invece termina qualche decina di metri più avanti, perché portava a un campo o serviva solo ai cacciatori per appostarsi sulla via di passaggio di camosci e caprioli. E anche la segnaletica, lo scopriremo correndo per queste terre, anche se sistemata nel tempo e sempre molto evidente, risente di questa vocazione non turistica ma di sfruttamento della montagna e di lavoro. I turisti ci sono, ma sono arrivati dopo, per passare solo una giornata lontano dall’arsura estiva delle città della pianura. Sul Grappa non si scia e non ci sono le cime classiche dell’alpinismo. Così, nel tempo la natura ha ripreso i suoi spazi, ha sanato le ferite lasciate dalla guerra e ha creato un ambiente unico, in cui le tracce dell’uomo ci sono, ed è facile scoprirle, ma sono in equilibrio con l’ambiente. E anche l’immenso ossario bianco di Cima Grappa, costruito nel 1935 e che accoglie le spoglie di quasi 23.000 soldati, sembra che sia sempre stato lì. Oggi sul Grappa si fanno escursioni, si va in MTB, si arrampica, si fa parapendio e si fa trail running.

Il Grappa è tutto da percorrere a piedi, di corsa, salendo dalla pianura, esplorando i suoi versanti, le sue gole, le sue valli e le sue cime sempre in sali e scendi. C’è solo l’imbarazzo della scelta e il dislivello, se è quello che si cerca, non manca. Vertical, trail e ultra sono condensati su questo massiccio, basta scegliere il percorso giusto, salire per la via più ripida dalla pianura fino a Cima Grappa, attraversare le dorsali e concatenare sentieri. Per divertirsi su questi sentieri, abbiamo selezionato 28 itinerari, anelli e traversate, che possono essere corsi (quasi sempre) a qualsiasi passo, per ripercorre tracciati storici come l’Alta Via del Tabacco o quella degli Eroi, che unisce Feltre a Bassano del Grappa, cimentarsi sui percorsi di gare come il Trail degli Eroi o Sull’Orlo del Corlo, esplorare valli nascoste o montagne citate sui libri di storia e scoprire, ogni volta che si vuole tirare il fiato o solo rallentare un po’, luoghi, uomini e panorami straordinari. Sul Grappa non si sale solo per correre e allenarsi, non si si va per arrivare, ma per godersi a ogni passo la storia di questa montagna.

La pianura veneta dal monte Colombera (© Nora Mazzocchi) 

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