Agenti segreti: missione speciale

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Titolo originale: Nick and Tesla’s Secret Agent Gadget Battle Per l’edizione originale: © 2014 Quirk Productions, Inc. per i testi Design: Doogie Horner Illustrazioni: Scott Garrett Tutti i diritti riservati. Prima pubblicazione: Quirk Books, Philadelphia, Pennsylvania. Pubblicato in accordo con TZLA, Trentin e Zantedeschi Literary & Film Agency www.editorialescienza.it www.giunti.it Traduzione: Mara Pace Per l’edizione italiana: © 2019 Editoriale Scienza srl via Bolognese, 165 – 50139 Firenze – Italia via Beccaria, 6 – 34133 Trieste – Italia Prima edizione: giugno 2019

Stampato presso Lito Terrazzi srl Stabilimento di Iolo


NICK E TESLA

AGENTI SEGRETI: MISSIONE SPECIALE UN MISTERO CON MESSAGGI IN CODICE, FOTOTRAPPOLE, ALLARMI FAI DA TE E TANTI CONGEGNI TUTTI DA COSTRUIRE

DI “SCIENCE BOB” PFLUGFELDER E STEVE HOCKENSMITH ILLUSTRAZIONI DI SCOTT GARRETT


CAPITOLO

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“È lei” disse Nick. “È lei la spia.” “Di chi stai parlando?” domandò Tesla. Si guardò attorno. Lei e suo fratello erano nel giardino sul retro della casa di zio Newt e stavano per testare la Cannuccia Volante che avevano costruito quella mattina. C’era solo un’altra persona in vista: una donna di quarant’anni china su un’aiuola di begonie a circa dieci metri da loro. Indossava jeans, maglietta e guanti da giardiniere sporchi di terra. Attorno alla testa aveva una bandana zuppa di sudore.


“Intendi Julie Casserly?” Nick annuì, scrutando la donna con sospetto. “Me lo sento nello stomaco” disse. “È sempre lì a fissarci. Con quello sguardo truce.” “Ma è ovvio. Non lo faresti anche tu, se avessi zio Newt come vicino di casa?” Lo zio di Nick e Tesla era un brillante inventore,

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A Tesla sembrava che avesse poco della spia.

pieno di creatività e inventiva. Sfortunatamente era anche smemorato, aveva sempre la testa tra le nuvole e non badava troppo alla sicurezza. Da quando si erano trasferiti da lui, un paio di settimane prima, le sue folli creazioni avevano divorato tutti i fiori delle aiuole di Julie, abbattuto uno dei suoi gnomi da giardino, incendiato il prato e imbrattato la sua automobile con un flambé di banane marce da dodici chili. (Zio Newt era convinto di poter costruire un motore per aspirapolvere da alimentare a compost. Fino a quel momento, però, aveva prodotto solo puzzolenti bombe a orologeria.) Forse Julie sarebbe anche potuta andare oltre l’ostilità per zio Newt prendendo in simpatia Nick e Tesla – forse – ma anche i nipoti del suo vicino di casa erano inventori in erba. Spesso capitava di vederli nel

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giardino sul retro mentre testavano bottiglie razzo e robot fatti in casa. Quel giorno toccava a una cannuccia con le ali. “Che cos’è?” domandò Julie, mentre Tesla sollevava lo strano oggetto e lo preparava al suo primo lancio. La vicina di casa aveva alzato gli occhi dalle begonie per scoccare a Nick e Tesla un’occhiata d’avvertimento. “Un arpione telecomandato?” Tesla abbassò la Cannuccia Volante. Erano solo due anelli di cartone, uno piccolo e un altro più grande, collegati da una cannuccia. “No” rispose Tesla. “Un giavellotto computerizzato?” “No.” “Una freccia che parte da sola?” “No.” “Una specie di missile?” “No.” “È una Cannuccia Volante” disse Nick. Julie socchiuse gli occhi. “E che cosa dovrebbe fare?” “Mmm… volare?” disse Tesla. Julie inclinò il capo, con le labbra tese in un sorriso sarcastico.

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“Oh, certo. Non fa altro che volare” commentò. Ab-


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bandonò la posizione accovacciata e fece per allontanarsi. “Be’, fatemi entrare in casa prima del lancio. Non voglio essere qui quando quell’aggeggio farà volare qualcuno in ospedale.” La donna partì decisa, svoltò dietro l’angolo e sparì nel nulla. “Non è molto coraggiosa per essere una spia” disse Tesla. “Forse è solo una copertura” borbottò Nick. “Comunque sia, procediamo. Voglio vedere se quell’affare funziona.”

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Tesla sollevò di nuovo la Cannuccia Volante, la puntò in direzione opposta rispetto al giardino di Julie e con uno scatto del polso la scagliò in aria. Partì a una velocità sorprendente e filò dritta oltre il prato di zio Newt, tracciando un arco verso sinistra. “Uao! Guarda che scheggia!” esclamò Nick. “Una super, super, super scheggia” disse Tesla. Pensava che la Cannuccia Volante sarebbe atterrata a cinque metri da loro, non di più, invece dopo quindici metri veleggiava ancora a un metro e mezzo da terra e non accennava a rallentare. Anzi, si librava verso gli alberi ai confini della proprietà di zio Newt ed era sul punto di abbandonare il giardino. “Ehi, ragazzi!” li chiamò una voce allegra. “Che cosa combinate di bello?” La voce apparteneva all’altro vicino di casa di zio Newt, Mr. Jones, che proprio in quel momento stava uscendo sotto il portico. Era un uomo panciuto con i capelli grigi, e anche lui era diffidente quando si trattava delle invenzioni di zio Newt – il che era saggio – ma per Nick e Tesla aveva sempre un sorriso e un cenno di saluto. Purtroppo, era un pessimo momento per sorrisi e

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saluti.


“Quale serra?” Mr Jones si guardò attorno. La Cannuccia Volante sfrecciò oltre gli alberi e lo colpì dritto in faccia. Nick e Tesla lo raggiunsero di corsa, mentre Mr. Jones tornava barcollando verso casa. Riprese l’equilibrio solo quando lo raggiunsero.

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“Mr. Jones!” gridò Nick. “A terra!”

“Ma di quale serra stavate parlando?” domandò. Poi vide la Cannuccia Volante sulla soglia di casa. “Oh” disse. “Ci dispiace, Mr. Jones” disse Nick. “Non avevamo idea che potesse volare così lontano” si giustificò Tesla. Mr. Jones si strofinò il naso gibboso, che era ancora più gibboso e rosso del solito. “Non mi sono fatto nulla” disse. Non sembrava troppo convinto, però, e il sorriso che rivolse ai ragazzi porgendo loro la Cannuccia Volante era un po’ forzato. Mr. Jones chiuse la porta in faccia a Nick e Tesla, borbottando qualcosa a proposito della borsa del ghiaccio. “Grandioso” disse Tesla, mentre lei e il fratello si al-

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lontanavano trascinando i piedi. “Abbiamo un vicino gentile e non troviamo niente di meglio da fare che tirargli un aeroplanino di carta sul naso.” “È stato un incidente” disse Nick. “E poi chi l’ha detto che Mr. Jones sia davvero un tipo gentile?” “In che senso?” Tesla scrutò suo fratello, pensando che stesse scherzando. Nick non scherzava quasi mai, ultimamente. E di certo non scherzava su quell’argomento. “È lui” dichiarò Nick. “È la spia.” “Mr. Jones? Ma avrà tipo duecento anni.” “Le spie invecchiano come tutti.” Nick si diede un’occhiata alle spalle, con aria circospetta. “Ci guarda in continuazione. Sorride sempre.” “Essere gentile lo rende sospetto?” “Perché no? Ti ricordi che cosa ha detto la mamma?” Tesla se lo ricordava, naturalmente. Avrebbe tanto voluto dimenticarsene.

Nick e Tesla sarebbero dovuti andare a Disney16

land. Avrebbero dovuto prendere lezioni di tennis.


troppe bibite, andare a nuotare in piscina e uscire con gli amici. Avrebbero dovuto trascorrere un’estate normale. Invece erano finiti a casa dello zio, e quella era l’estate più strana che avessero mai vissuto. I loro genitori erano scienziati – esperti di agricoltura al servizio del governo – e due giorni dopo la fine

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Guardare film con effetti speciali ed esplosioni. Bere

della scuola avevano annunciato di punto in bianco che dovevano partire per l’Uzbekistan, dove avrebbero studiato alcuni straordinari progressi nella coltivazione della soia. O così avevano detto, poco prima di piazzare Nick e Tesla su un aereo per la California, dove avrebbero trascorso l’estate con uno zio eccentrico che quasi non conoscevano. Da quel giorno, per due intere settimane, non avevano più avuto alcuna notizia di mamma e papà. Ma poi era arrivato il messaggio. Un messaggio vocale della loro mamma. “Tesla! Nick! Ho così tanto da raccontarvi, però manca il tempo. È tutto più… complicato di quanto vi abbiamo fatto credere. Vi abbiamo mandato dallo zio per tenervi al sicuro. Ma non lo siete. Sanno dove vi trovate. Potrebbero essere già arrivati. Qualsiasi cosa

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fate, non fidatevi…” Ci fu un ronzio, poi un bip. Infine silenzio. Nick e Tesla ascoltarono il messaggio più e più volte. E quando zio Newt tornò a casa, lo fecero ripartire ancora una volta. Solo che invece di: “Tesla! Nick! Ho così tanto da raccontarvi…” partì un messaggio scandito da voce robotica: “Nessun nuovo messaggio.” “Che cosa?” strillò Nick, fissando a bocca aperta il telefono che aveva in mano, come se lo avesse appena morso. “Avrai schiacciato il pulsante sbagliato” disse Tesla. “Assolutamente no! Ne sono sicuro!” Nick cominciò a battere sui numeri della tastiera, scorrendo in fretta le opzioni della segreteria telefonica. Zio Newt sbadigliò. Era tardi e voleva andare a dormire. “Nessun nuovo messaggio” ripeté l’operatore robotico. “Oh no… l’hai cancellato” disse Tesla a suo fratello. “Invece no!” gridò lui. “Per errore, non di proposito.” “Impossibile.”

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“Allora che cosa è successo?”


“Certo!” concluse. “È stato lui, a cancellarlo.” “Lui?” “O lei.” “Lei?” “O loro.” “Loro? Di che cosa stai parlando?” “Tu che cosa dici? Le spie, naturalmente!”

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Nick ci pensò per un momento. Poi sgranò gli occhi.

“Eh? Chi? Che cosa?” disse zio Newt, sollevando la testa dal tavolo del soggiorno. Aveva pensato di riposarsi un po’ gli occhi, ma alla fine si era addormentato. Erano passati pochi minuti, eppure, non si sa come, aveva la chioma di uno che si-è-appena-alzato-dal-letto-dopo-una-lunga-notte. I suoi capelli grigi erano sempre un po’ disordinati, ma in quel momento sembrava che avesse infilato le dita nella presa della corrente. “Non possiamo farti sentire il messaggio” spiegò Tesla. “È sparito.” “Non sappiamo come” aggiunse Nick, in tono sinistro. “Oh, be’. Non importa” disse zio Newt. “Mi avete già detto l’essenziale. Niente di strano, in fondo: le cose sono complicate, non parlate con gli sconosciuti, bla

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bla bla. Solite chiacchiere da mamma.” “Che cosa?” disse Nick, incredulo. “Certo. Vostra nonna mi lasciava sempre messaggi così. Non dimenticarti di mangiare. Se non vuoi lavare i vestiti, comprati almeno delle mutande nuove. Forse non dovresti tenere nel seminterrato tutti quei rifiuti industriali. Molto apprensiva. Come tutte le mamme.” Zio Newt si alzò all’improvviso, tendendo le orecchie come se avesse sentito un rumore sospetto. “Che c’è?” chiese Nick. “Nulla, mi sono appena ricordato” spiegò zio Newt, “che devo comprare delle mutande nuove.” Si alzò e andò verso le scale che portavano al primo piano. Stava andando a dormire. “Zio Newt, davvero” disse Tesla. “La mamma sembrava preoccupata. Ci ha fatto capire che siamo in pericolo.” “Non ce l’ha fatto capire!” aggiunse Nick. “L’ha proprio detto!” “Va bene, va bene.” Zio Newt cambiò direzione, puntando verso il retro della casa. “Adesso controllo

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porte e finestre e attivo l’allarme. Se riescono a en-


gatto da guardia.” “Caspita” disse Tesla. “Grazie.” Il sistema d’allarme consisteva nel tenere accesa la luce sotto il portico sul retro (la lampadina all’ingresso di casa si era bruciata). E il feroce gatto da guardia, Eureka, non aveva il pelo, era tutto grinzoso ed era in grado di attaccare soltanto una cosa: il cibo

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trare lo stesso, dovranno vedersela con il mio feroce

incustodito sul bancone della cucina. Tesla una volta lo aveva visto che ignorava un’intera famiglia di topi che sfrecciava sul pavimento perché era troppo impegnato a divorare una ciambella alla marmellata. “Buonanotte e sogni belli!” disse zio Newt, salendo le scale poco dopo. “Certo” rispose Nick. “Come no.”

Quella notte Nick non aveva fatto sogni belli. Né brutti. Non aveva proprio dormito. Si era girato e rigirato nel letto, continuando a pensare alla stessa domanda: Chi? Mentre passava in rassegna la sua lista di sospetti – una lista molto corta, visto che in città conosce-

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vano solo una dozzina di persone – giocherellava con il ciondolo a forma di stella che portava al collo. Il giorno prima di mandarli in California, i loro genitori ne avevano regalato uno a lui e uno a Tesla. Nick sospettava che i ciondoli fossero dispositivi di localizzazione. Il che sollevava un’altra domanda: Perché? Una coppia di scienziati esperti di piante fuggono dall’altra parte del pianeta per andare a vedere la soia che cresce nei campi, ma prima di partire mettono al collo dei propri figli due trasmettitori? Non aveva senso. Non se quello che Nick e Tesla sapevano dei loro genitori era vero… Tesla aveva accantonato la preoccupazione, perché voleva riposarsi un po’. Era sempre stata più coraggiosa del fratello, una dote che attribuiva all’età e all’esperienza. Nick aveva undici anni, cinque mesi, due settimane, sei giorni, venti ore e quindici minuti. Tesla aveva undici anni, cinque mesi, due settimane, sei giorni, venti ore e ventisette minuti. Per dodici minuti era stata figlia unica, una di quelle esperienze che rafforzano il carattere. Non che Tesla fosse immune alla paura. Solo uno

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sciocco non si sarebbe preoccupato dopo il messag-


favore di zio Newt.) Ma che cos’altro potevano fare lei e suo fratello se non tenere alta la guardia ed essere prudenti? La prima mossa spettava ai loschi individui dai quali i loro genitori avevano cercato di nasconderli, chiunque essi fossero.

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gio lasciato dalla loro mamma. (Questo non giocava a

Tesla si svegliò di soprassalto. Una sagoma scura incombeva sopra il suo letto nella luce grigia del mattino. Strinse il pugno e si preparò a colpire. “È il sergente Feiffer” disse la sagoma scura, che in realtà era Nick. “È lui la spia.” “Ehi, grazie per questo bel risveglio” grugnì Tesla, lottando con il desiderio di sferrare lo stesso il pugno. “Da quanto tempo sei lì a guardarmi a quel modo?” “Solo cinque o dieci minuti” disse Nick. “Sai che russi quando dormi sdraiata sulla schiena?” “No, non lo sapevo. Perché quando dormo, sto dormendo. E mi piacerebbe continuare a dormire.” Tesla rotolò sul fianco e chiuse gli occhi.

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Dopo pochi secondi tornò a sdraiarsi sulla schiena. Nick incombeva ancora sul suo letto. “Hai detto che il sergente Feiffer è una spia?” domandò al fratello. Il sergente Feiffer era l’unico poliziotto della città. Nick e Tesla avevano lavorato al posto suo in un paio d’occasioni, catturando un gruppo di rapitori e un ladro della zona. Quindi Tesla non lo considerava particolarmente in gamba. Ma non le sembrava nemmeno cattivo. Nick, però, annuì. “La mamma parlava di lui, quando ha detto che non dobbiamo fidarci” spiegò Nick. “Me lo sento nello stomaco.” “E il tuo stomaco ti ha fornito qualche prova?” “No. Ma ha senso, non trovi? È lui che fa rispettare la legge. Se i cattivi ce l’hanno in pugno, siamo spacciati.” “Il fatto che abbia senso non vuol dire che è vero” gli fece notare Tesla. “La spia potrebbe essere anche il postino, non trovi? Passa di qui tutti i giorni. Un metodo perfetto per controllarci.” “Ma certo” disse Nick. “Hai ragione!”

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“Era solo un esempio, Nick. Non penso davvero che


“Ma se lo fosse? Tutte le volte che siamo in giardino quando consegna la posta, lui ci guarda. Ci saluta. Ripete sempre: ‘Allora, che si combina?’” “Molto sospetto.” Tesla roteò gli occhi. Nick non ci badò. “Lo so” disse. “È proprio sospetto, vero?”

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il postino sia una spia.”

“Argh!” Tesla si fiondò fuori dal letto. “Sai che cosa mi sento nello stomaco?” disse, mentre lasciava la stanza. “Che cosa?” “Un bel niente.” E scese al piano di sotto per fare colazione.

Quando Nick scese in soggiorno un minuto più tardi, ammise di essere stato un po’ sciocco. Era ridicolo pensare che il postino fosse una spia. Soprattutto, aggiunse, perché la vera spia era senza dubbio la nuova amica di zio Newt, la dottoressa Hiroko Sakurai.

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Se a Tesla non fossero piaciuti tanto i suoi biscotti Pop-Tart, glieli avrebbe tirati addosso. “Pensaci” disse Nick quando vide lo sguardo di sua sorella. “È appena arrivata in città, da circa una settimana, e all’improvviso ronza sempre attorno a zio Newt?” Nick indicò i vecchi computer polverosi impilati in un angolo del corridoio, lo scafandro da sommozzatore, il telescopio, l’orso polare impagliato e l’albero di Natale illuminato ventiquattr’ore al giorno anche se era quasi luglio. Qua e là dal muro sbucavano dei cavi, e il pavimento era cosparso di circuiti stampati, attivatori, giornali scientifici e mucchietti di banane coperte di moscerini (ma non ancora abbastanza nere per il motore a compost di zio Newt). “Ammettiamolo” disse Nick. “Nostro zio non è esattamente un buon partito.” “Questo non fa di Hiroko una spia.” “Ma nemmeno lo esclude.” “Ti sembra logico?” “Sì, perché sappiamo-che-qualcuno-ci-segue-manon-sappiamo-chi-è-quindi-meglio-non-fidarsi-dinessuno.”

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“In altre parole: paranoia.”


“Preferisco definirlo un sospetto giustificato” disse. “Che vale per tutti.” Tesla sospirò. “So di che cosa hai bisogno.” “Guardie del corpo?” “No. Hai bisogno di distrarti.”

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Nick ci rimuginò.

Nick trascorreva molto tempo a preoccuparsi, ma c’era qualcosa che lo appassionava di più: costruire congegni. Congegni straordinari che potevano fare cose straordinarie. Per Tesla era lo stesso, e infatti il seminterrato non traboccava soltanto degli esperimenti di zio Newt. I gemelli avevano sempre qualche nuova idea per la testa. La Cannuccia Volante era piuttosto semplice rispetto ai loro standard, ma proprio per questo era perfetta. Tesla voleva qualcosa da costruire in fretta, prima che Nick riprendesse a ossessionarla con la faccenda delle spie, e un aeroplanino era un’ottima scusa anche per far uscire di casa suo fratello. Era una splendida giornata, soleggiata ma fresca grazie

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alla brezza costante che soffiava dall’oceano, a meno di un chilometro di distanza. “Che meraviglia” disse Tesla, sorridendo al cielo azzurro e terso della California del Nord. “Dici che quello è un drone?” disse Nick, guardando accigliato un puntino nero lontano che probabilmente non era altro che un corvo. Tesla guardò suo fratello contrariata. “Vieni” disse, trascinando Nick in giardino. E così, un minuto più tardi, dopo la chiacchierata assai poco amichevole con Julie Casserly, Tesla era pronta a lanciare la Cannuccia Volante, che sfrecciò fuori dal giardino di zio Newt e atterrò dritta sul naso di Mr. Jones. “Te lo assicuro” disse Nick mentre tornavano verso la casa di zio Newt. “È Mr. Jones la spia. Me lo sento nello stomaco.” “Oh, tu e il tuo stupido stomaco: non potete piantarla?” sbottò Tesla. “C’è qualcuno, qua attorno, che non ti sembra una spia?” Uno scoiattolo sgattaiolò nel prato. Tesla lo indicò. “Guarda! Una spia in arrivo!” “Dai, Tez. Non sono così terribile.”

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Una macchina strombazzò in lontananza. Tesla si


“Ehi, ascolta! Una spia!” “Okay, okay, ho capito. Ho esagerato.” Tesla indicò sé stessa. “Oddio! Proprio vicino a te! Una spia!” “Tesla, basta, ti ho detto che ho capito.” Tesla sorrise. “Bene. So che il messaggio in segreteria era spaven-

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portò una mano a coppa vicino all’orecchio.

toso, ma non c’è bisogno di perderci la testa. Sono certa che la situazione non è terribile come potrebbe sembrare. Voglio dire, quale spia sprecherebbe mai il suo tempo con due undicenni?” Nick annuì, demoralizzato e poco convinto. Nemmeno Tesla era davvero convinta, ma decise di non darlo a vedere. “Adesso procuriamoci un’altra cannuccia e prepariamo un secondo lancio” disse. “E basta con questa ossessione delle spie. D’accordo?” “D’accordo” borbottò Nick. Attraversarono il portico, entrarono in casa dalla porta sul retro e andarono dritti in cucina. Ad attenderli trovarono un omaccione con l’impermeabile e un cappello di feltro. Nella mano destra impugnava qualcosa di lungo, luccicante e affilato.

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voce profonda e un forte accento straniero. “Ho qualche domanda per voi due. Per vostro bene, spero che abbiate risposte giuste.” “Tez?” bisbigliò Nick. “L’accordo di poco fa è sospeso.”

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“Finalmente ci incontriamo” disse l’uomo con una

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