Biosfera luglio

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Ecomafie in emilia romagna, mai abbassare la guardia In Italia sono state 29.274 le infrazioni ai danni dell’ambiente accertate nel 2013: più di 80 al giorno, più di 3 l’ora. La maggior parte ha riguardato il settore agroalimentare con una percentuale del 25% del totale, mentre il 22% delle infrazioni ha interessato la fauna, il 15% i rifiuti e il 14% il ciclo del cemento. Le ecomafie e le nuove dinamiche dei gruppi “di potere” sono al centro del rapporto 2014 reso pubblico pochi giorni fa da Legambiente. Il fatturato di questo settore “oscuro” ha sfiorato i 15 miliardi di euro, grazie al coinvolgimento di numerosi clan (ben 321) che per i loro traffici hanno potuto contare spesso sull’aiuto di funzionari e dipendenti pubblici

consenzienti o decisamente disonesti che hanno semplificato iter e processi autorizzativi in cambio di sostanziose mazzette. L’aggressione ai beni comuni continua senza sosta e senza troppi scossoni, cambia invece la geografia degli ecocrimini: così come mutano le strategie criminali e il modus operandi. I rifiuti, ad esempio, non finiscono solo sotto terra, ma anche nei circuiti del riciclo in nero o del finto riciclo, i soldi incanalati nei circuiti finanziari internazionali. A questo vivace dinamismo degli ecocriminali fa da contraltare l’immobilismo della politica nazionale: nel nostro Paese vige ancora una legislazione a tutela dell’ambiente del tutto inadeguata, a carattere sostanzialmente contravvenzionale e basata su una vecchia impostazione che riconosce massimamente le ragioni dell’economia tralasciando i costi

ambientali, sanitari e sociali. Nel corso del 2013 la nostra regione ha registrato ben 837 infrazioni accertate, 1.219 denunce e 237 sequestri. Insieme ad altre regioni del Nord Italia, anche l’Emilia-Romagna si conferma quindi come uno dei “palcoscenici” prediletti dalla ‘ndrangheta e dei suoi alleati, come ha rilevato dalla Dna nella sua Relazione annuale, quando rileva che la nostra regione è al secondo posto in Italia per numero di “segnalazioni di matrice ‘ndranghetista”(ben 50), tallonando da vicino la capofila Lombardia che registra 55 segnalazioni. A Bologna “tutte le organizzazioni criminali nazionali – scrive la Dna – operano in una situazione di pacifica convivenza, con specifico riferimento al campo degli affari. Cioè investimenti di proventi delittuosi e/o acquisizione di appalti pubblici e commesse private, gestione del gioco d’azzardo”.

Il “banchetto” offerto all’ombra delle Due Torri, a quanto pare, è talmente abbondante che è più conveniente spartirselo, piuttosto che contenderselo. La camorra ha invece puntato in particolare sulla Romagna, e, nella patria del divertimento, è ormai presente “ai massimi livelli del crimine organizzato casalese”. In Emilia infine la “Nuova o altra ’ndrangheta” opera secondo il modello della delocalizzazione di fatto, secondo un modello preso e riadattato alla perfezione dal mondo dell’economia legale. Come un’impresa che, per ampliare le proprie opportunità di business, decida di aprire nuovi stabilimenti all’estero, così alcuni appartenenti a una cosca emigrano dal loro territorio di origine alla ricerca di nuovi e più vantaggiosi affari. E dove trovano terreno fertile attecchiscono e impongono la loro logica.


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