GSA Igiene Urbana 02-16

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TERZA PAGINA TERZA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE

l’intensità occupazionale dell’energia in un mondo senza fossili di Angelo Parisi* e Antonio Parisi**

26 igiene urbana igiene urbana aprile-giugno 2016

Presentiamo questo estratto dal libro miscellaneo “Laudato sì, trivelle no - Manuale di Sopravvivenza per italiani che non vogliono morire fossili”, a cura di Alfonso Pecoraro Scanio e Angelo Consoli, Aracne editore, 2016, pubblicato sotto le condizioni di creative commons. È chiaro che siamo ormai alla resa dei conti: il vecchio modello fossile, obsoleto, inquinante e centralizzato ha raggiunto i suoi limiti di efficienza prima ancora che quelli ecologici o economici. Quello nuovo che, anche grazie all’incessante opera di Jeremy Rifkin, si sta affermando inesorabilmente, è solare e distribuito, a bassi costi marginali e accessibile a tutti i cittadini. Lede tuttavia gli interessi delle consorterie e dei monopoli energetico–finanziari che foraggiano la politica mondiale, motivo per cui si sta cercando di soffocarlo sul nascere.

Le lobby e il “ricatto occupazionale” I gruppi di potere, in gergo identificati come “Lobby” realmente intenzionate a sostenere i fossili “fino all’ultima goccia”, difendono i loro interessi con mistificazioni e false argomentazioni, prima tra tutte “il ricatto occupazionale”. I lavoratori più che mai diventano in questo periodo storico arma di pressione e di ricatto, trasformati in ostaggi al solo scopo di spingere l’adozione di politiche di sussidio e assistenza alle fonti fossili. Si pone anche il problema del superamento della produzione energetica da fonti fossili che, come è palese, non sono infinite e sono ormai sulla strada dell’esaurimento definitivo. A questo si aggiunga il problema, ormai divenuto dramma, del cambiamento climatico collegato alla produzione di gas serra conseguenti alla combustione delle fonti fossili. Da un punto di vista strategico

necessita la celere e immediata transizione verso “fonti pulite” e alternative per ottemperare a questa necessità umana globale. Ai fini di questa analisi, non ultime risultano osservazioni di carattere socioeconomico.

Le risorse sono in zone difficili Le maggiori risorse fossili risultano concentrate in posizioni geograficamente collocate soprattutto nel Medio oriente, non a caso territori afflitti da pesanti guerre e rivoluzioni sociali sia interne che condotte dai paesi più interessati al controllo delle ultime riserve disponibili. Il perverso gioco si rifà a una proporzione inversa per cui, man mano che le riserve stesse diminuiranno, i conflitti diverranno più importanti, aspri e sanguinosi. Altro punto focale tocca il sistema ambientale. Il primo impatto devastante riguarda i siti di estrazione e lavorazione del petrolio, in cui le economie locali vengono totalmente stravolte dalla presenza di trivelle e aria irrespirabile, oltre che da possibili incidenti e sversamenti causanti il depauperamento delle riserve naturali e turistiche, a totale danno degli abitanti autoctoni. Esempi disarmanti esistono in tutto il mondo come anche in molte regioni italiane, emblema della smentita della favola secondo cui le fonti fossili portano benessere per le comunità locali! La realtà dice l’esatto contrario. Altra analisi riguarda la salute, strettamente collegata ai punti testé esplicati. Quelle zone soffrono della maggiore presenza di decessi per cause tumorali, malformazioni infantili e disturbi importanti a livelli respiratori o altro ancora. In economia il tutto si traduce con la terminologia di esternalità negative (costi) che le comunità stesse, le regioni e in qualche modo lo Stato italiano devono sopportare in termini di esborsi e di decessi.

Una scelta epocale La nostra civiltà, quindi, deve scegliere se continuare sulla strada che l’ha portata a un passo

dal baratro, o provare a imboccarne coraggiosamente un’altra. E non ha molto tempo per farlo. Questo nuovo regime energetico, non più centralizzato e gerarchico, ma distribuito e collaborativo, segnerà il passaggio dalla globalizzazione alla “continentalizzazione” e dovrà poggiare su cinque pilastri prospettati da J. Rifkin. Secondo lo studioso, la prima e la seconda rivoluzione industriale sono collegate a un sistema gerarchico di produzione e distribuzione di energia. I carburanti fossili — carbone, petrolio e gas naturale — sono energie elitarie, poiché si trovano esclusivamente in determinati posti sul pianeta. Richiedono investimenti militari significativi per assicurarne l’accesso e una continua gestione geopolitica per garantirne la disponibilità. Inoltre richiedono un’organizzazione gerarchica e ingenti capitali per portarli dalle profondità della terra al consumatore finale. Questo sistema centralizzato pone le condizioni per tutto il resto dell’economia, incoraggiando modelli similari in tutti i settori produttivi.

Occorre cambiare paradigma L’unica soluzione possibile sembra trovar rimedio nel totale cambiamento dei paradigmi energetici e muovendo l’utilizzo di fonti rinnovabili e di network. La svolta tecnologica può infatti mettere in comunicazione un’enorme quantità di punti capillari di produzione, dove gli attuali impianti potranno essere soppiantati dalle singole case; in prospettiva vere e proprie microcentrali capaci di soddisfare il consumo interno, ma anche di stoccare e cedere il surplus alla rete. Sarà il passaggio definitivo dall’integrazione di tipo verticale a quella di tipo orizzontale, con il potere trasmesso ai cittadini in grado ormai di autoprodursi l’energia. La scena futura delinea in questo modo la rivoluzione del vecchio assetto anche in ambito occupazionale, con la possibilità di creare milioni di nuovi addetti nel rifacimento delle case, nella costruzione delle reti, nello sviluppo delle tecnologie. Il cambia-


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