Libro Rangers

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Padre Modesto Paris E I GIOVANI DEL

MOVIMENTO RANGERS

Chiamati Cosa serve «per» e come fare «a» costruire un’associazione per bambini e ragazzi basata su una fede viva aperta e gioiosa.

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a trasformare il mondo


Chiamati a trasformare il mondo

Un sogno con le gambe «Sognavo di diventare Sacerdote e di portare molti ragazzi in cordata con me sul monte Ilmenspitz »

Sono nato a Mione, ultimo paese della Val di Non, in Trentino. Mi chiamo Modesto e sono il secondo di sei fratelli di una famiglia di lavoratori. In prima media sono stato rimandato in tedesco. Per prepararmi all’esame prendevo ripetizioni da Fra Luigi, un trentino come me che d’estate andava a trovare i suoi genitori che abitavano in una malga a qualche chilometro da casa mia. Alle lezioni però si parlava poco in tedesco e molto della Madonnetta, il Santuario a Genova dove Luigi si stava preparando a diventare sacerdote. Mio padre pensava che lui mi preparasse all’esame di riparazione ma, dopo sole tre lezioni, gli ho chiesto se, nel caso fossi stato promosso, potevo andare con lui a Genova. Un sì e via con i sogni. Fra un «das ist» e l’altro sognavo di diventare sacerdote e poter così portare i ragazzi di Genova sul monte Ilmenspitz, la cima più alta che si vede dai campi sotto casa mia. Era il settembre del 1970 quando con Fra Luigi sono salito sul pulman. Destinazione Genova. Caspita che emozione: da Mione in Val di Non, al Seminario della Madonnetta a Genova. L’incontro con Fra Luigi mi aveva veramente cambiato la vita. Poi sono venuti gli studi, ma il sogno dei ragazzi sulla montagna lo avevo sempre in testa. Padre Modesto Paris Nel 1983 sono a Roma da Papa Giovanni Paolo II per Ordine agostinaiani scalzi l’ordinazione. Finalmente sono diventato «Padre» Modesto. 2


Vengo destinato al Santuario della Madonnetta. Il sogno ritorna tra i miei pensieri. Finalmente una riunione storica intorno ad un tavolo rotondo per decidere di formare un gruppo; eravamo in sei: Marco, Roberto, Francesca, Alessandra, Guido ed io. Un pugno sul tavolo e si parte. È l’aprile del 1984. Ma come chiamarci? Dopo qualche giorno solo Roberto propone un nome: Rangers, parola che indica i guardiaboschi americani. Tutti gli altri sono d’accordo. Nel Vangelo di Giovanni, al cap.10, si legge: «Il guardiano apre la porta al Pastore delle pecore…». È per questo che decidiamo di adottare quel passo come fondamentale per il nostro gruppo (vedere a pagina xx). Dopo il nome la prima sfida è la sede da dipingere. Poi decidiamo di abbattere le porte nel campo da pallone e, in sede, costruiamo le panche per fare le riunioni e per parlare. Ma come fare per trovare persone che si iscrivano al nostro gruppo? Qualcuno ha un’idea: organizzare una marcia non competitiva per le vie del quartiere. Un po’ di volantinaggio e alla marcia arrivano un sacco di ragazzi che poi noi invitiamo a partecipare alle nostre riunioni. Dopo qualche settimana la sede è piena. Perchè un gruppo alla Madonnetta? Per dare un punto di riferimento ai giovani. All’epoca il mito per i ragazzi del quartiere era andare alla Spianata Castelletto a non fare nulla. In più alcuni adulti un po’ disfattisti dicevano: «Non ci riuscirete». Altri invece scuotevano la testa sostenendo «La sede alla Madonneetta è fuori mano», ma noi abbiamo resistito alle dicerie, ai problemi e alla spianata che ci faceva concorrenza. Ricordo la difficoltà per racimolare i primi soldi per le spese più essenziali. E la proposta: «Facciamo una fiera con le torte preparate dalle mamme!». Tanti compravano qualche leccornia e me la regalavano. Io aspettavo che andassero via e la rimettevo sul tavolo per una nuova offerta. E così siamo andati avanti: ci si incontrava, si cantava e si programmava. Intanto i ragazzi aumentavano. Un giorno ho comprato un libro di Bruno Ferrero alla Elledici. Il titolo era entusiasmante: Un gruppo targato futuro. Mi ricordo che qualcuno disse «Perchè non facciamo anche noi un gruppo come questo? Ha uno statuto che è adatto al nostro spirito».

• Se stai sfogliando questo opuscolo vuol dire che hai conosciuto i ragazzi del Movimento Rangers. Giovani che fanno parte di una associazione cattolica di volontariato nata nel 1984 a Genova e sviluppatasi negli anni anche in altre città italiane tra cui Spoleto, Collegno (To), Sant’Omobono Imagna (Bg), Rumo (Tn). • Questo fascicolo cerca di spiegare quali siano principi, metodo, e idee su cui si basano i gruppi Rangers. Può essere un valido aiuto per tutti quelli che vogliono fondare un gruppo o anche per chi un gruppo già ce l’ha. • Ogni capitolo comincia con una introduzione scritta da Padre Modesto Paris, fondatore dei gruppi Rangers appartenente all’ordine degli agostiniani scalzi. Nelle sue parole si trovano sempre riferimenti storici, motivi delle nostre scelte e quanto e come il Signore ci ha aiutato in questi anni. • Gli altri paragrafi di ogni capitolo sono stati scritti dai responsabili di oggi e dai fondatori.

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Chiamati a trasformare il mondo Detto fatto! È sufficiente aggiungere qualche elemento e prendere molti spunti dal Vangelo per creare solide fondamenta e ideali al nostro gruppo che stava prendendo forma. Poi è arrivata la promessa (vedere a pagina xx) affinchè «nessuno si allontani dal recinto di amicizia che il Signore ha saputo costruire intorno a noi». Un fazzoletto di stoffa azzurra da mettere al collo come segno di appartenenza e simbolo delle cose in cui crediamo. E dal Convento alla sede, a tutte le ore del giorno e della notte, c’erano ragazzi che andavano e venivano. L’entusiasmo aveva contagiato tutti. Ogni lunedì sera una riunione per sognare, per organizzare, per fare il bilancio della settimana. Ogni mercoledì una riunione con molti ragazzi per cantare, giocare, parlare, ascoltare e anche per pregare. Domenica tutti alla S. Messa con la promessa, il maglione blu e gli stessi canti preparati in sede.E intanto il sogno metteva le gambe. «Perché a settembre non andiamo in Val di Non a fare un campo di dieci giorni?» Alcuni propongono di cercare accoglienza presso il Maso Vender. Il treno ci potrà portare tutti. «Ma le pentole, i coperchi e tutto il materiale?» penso quella stessa notte. Alla mattina mi sveglio con la paura di non riuscire. A pranzo non mangio le fettine impanate e capisco che sto male. Manca ancora un mese ma Padre Alberto è disposto a venire insieme a noi. In treno arriviamo a Rumo, il comune che comprende anche Mione, il mio paese. Mia mamma si preoccupa perchè avevo un buco nella maglia. Siamo in 52. Dopo cena si canta per far passare la nostalgia e quando provo a dormire ripenso al sogno dei ragazzi sul monte Ilmenspitz. E ricordo anche gli anni difficili degli esami, della morte di mio padre nell’anno di noviziato, dei pianti di nascosto per la nostalgia e della forte crisi in seconda teologia. Ero felice perché ce l’avevo fatta. Tutto incominciò proprio quando nel lontano luglio del 1970 mio padre fermò il «Bepo di muli» e chiese se suo figlio, Fra Luigi, potesse dare alcune ripetizioni di tedesco al suo di figlio che aveva poca voglia di studiare, ma che, dirà più tardi, «non diventerà mai frate perché ha troppa voglia di lavorare». Padre Modesto Paris Ordine agostinaiani scalzi

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Chi sono i Rangers? Quando non si ha tempo di stare a spiegare dall'inizio tutto ciò che siamo, quale è il nostro spirito e cosa ci differenzia da altri modelli associativi, è facile rispondere sbrigativamente: «Siamo simili agli Scout». In verità le somiglianze si fermano ad aspetti abbastanza superficiali (il fazzoletto-promessa, alcune attività, le riunioni settimanali). I Rangers sono nati, come Gruppo Ragazzi Madonnetta, nel 1984 presso il Santuario omonimo a Genova, fondati da alcuni ragazzi allora diciottenni e da un sacerdote, Padre Modesto Paris. A partire da quel primo nucleo sono poi nati altri Gruppi (Righi, Sestri Ponente di Genova, Santa Rita di Spoleto, Madonna dei Poveri di Collegno, Rumo in Trentino e Santomobono Imagna vicino a Bergamo) e quindi, ad un livello sopraordinato, come associazione di associazioni, il Movimento Rangers. I Gruppi di Ragazzi Rangers sono associazioni che riuniscono bambini, giovani e ragazzi dai 6 anni in su, con lo scopo di offrire un punto di incontro e di riferimento per tutti i bambini e giovani della zona.

1.3 Principi di base I gruppi sono aperti a tutti in qualsiasi momento; siamo contrari al cosiddetto numero chiuso. Chiediamo però una partecipazione attiva e convinta: ognuno deve essere impegnato in qualcosa. L’amicizia è il valore che sta alla base di tutto. Il segno distintivo dei ragazzi che appartengono ai

• Questo libro è una specie di raccoglitore in cui abbiamo messo nero su bianco ciò in cui crediamo. Per scriverlo abbiamo però deciso di non inventarci nulla di nuovo, ma di rovistare nei libretti e nei fogli che in questi primi 25 anni ci hanno accompagnato nelle nostre avventure. È qui che abbiamo trovato lo spirito Rangers. • Lo spirito Rangers non è un regolamento, ma uno stile di vita: qualcosa in cui credere, ideali e convinzioni. È qualcosa che si percepisce, che si evince dallo stare insieme e che accomuna tutti i membri delle associazioni Rangers, dal più piccolo dei bambini al più grande dei responsabili.

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Chiamati a trasformare il mondo

• Il nome Rangers è preso in prestito da quello dei guardaboschi americani, soprattutto nel significato di «guardiani» e con riferimento all’esortazione evangelica a essere tutti «guardiani del gregge». • Punti forti del progetto educativo Rangers sono: - rapporto personale tra tutti i ragazzi e tra responsabili e ragazzi - promozione dei valori basilari per una piena vita sociale - sviluppo delle potenzialità personali di ognuno a livello di capacità relazionali e competenze - impegno personale nel buon funzionamento del gruppo e nella gestione delle sue attività, a cui i ragazzi sono chiamati attivamente fin dalla preadolescenza. - cammino di partecipazione e responsabilizzazione alla «cosa» comune.

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gruppi Rangers è il fazzoletto-promessa da portare al collo. Lo si riceve dopo un po’ di tempo che si partecipa al gruppo, quando si è consapevoli di condividerne gli ideali e i principi. Ogni gruppo si configura come un’organizzazione autonoma e indipendente; si tratta, come affermato nell’articolo 1 del nostro statuto, di un movimento spontaneo basato sulla naturale tendenza all’attività e all’aggregazione che contraddistingue la maggior parte di giovani. Caratteristiche organizzative del gruppo sono da un lato l’autonomia gestionale e direzionale e dall’altro, nel rispetto di essa, la collaborazione con altre associazioni e in particolare con la Chiesa locale e la Diocesi. Il progetto basilare, lo scopo vitale dei gruppi di Ragazzi è essenzialmente rivolto al suo interno, all’insieme dei suoi membri. Il gruppo accompagna tutti i frequentanti preparandoli alla vita, dall’ingresso nel mondo della scuola a quello nel mondo del lavoro. Per motivi tecnici ed educativi il gruppo è suddiviso, secondo fasce d’età e settori applicativi.

Associazioni in Movimento Il Movimento Rangers è una associazione di associazioni formata dalle associazioni Rangers territoriali. Il suo scopo non è riunire bambini e ragazzi organizzando per loro incontri settimanali e attività, ma mantenere sempre accesa la luce dello Spirito Rangers, curandone l’evoluzione e diffondendolo ai soci, alle associazioni affiliate e verso l’esterno. Scopo dell’associazione è anche la promozione di un metodo e di una cultura pedagogica ispirate da tale spirito. L’indipendenza collaborativa è il concetto base che guida i rapporti tra il Movimento e i Gruppi di Ragazzi ad esso associati e tra i gruppi stessi: indipendenza e autonomia gestionale, ma impegno a collaborare e prestarsi reciproco aiuto. Le sue attività sono volte a favorire l’espansione dello spirito e delle idee Rangers, e quindi la nascita di nuovi gruppi e puntano a sgravare i singoli Gruppi di Ragazzi di parte del lavoro a livello organizzativo, consentendo loro di dedicarsi maggiormente all’organizazione di riunioni e attività. L’ispirazione e i principi che guidano le molteplici iniziative del gruppo derivano dal tentativo di vivere pienamente la fede cattolica e i messaggi evangelici e da un ideale di uomo inserito attivamente nel suo contesto sociale.


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Le attività dei Gruppi L’attività principale dei Gruppi di Ragazzi, a tutte le età, è costituita dalla riunione settimanale, una per ogni sottogruppo, momento di gioco (per i più piccoli), di incontro e confronto essa è il vero centro di tutte le attività Rangers. Di non minore rilevanza sono però tutte le ulteriori iniziative svolte nel corso dell’anno: gite, bivacchi, campi, campeggi estivi, iniziative di solidarietà, attività di autofinanziamento, spettacoli teatrali e musicali ecc. Nessuna attività è mai fine a se stessa ma inserita nel contesto di un programma educativo contraddistinto annualmente da un motto.

Le attività del Movimento Uno dei principali compiti del Movimento è l’organizzazione di attività di formazione per i responsabili dei vari gruppi (incontri, bivacchi, campi Direzione), e la gestione di attività e servizi comuni (calendario, divisa...), Il movimento ha poi altri ambiti operativi quali l’organizzazione di manifestazioni (es. Festa del Volontariato), l’allestimento di spettacoli musicali, la redazione e diffusione di opuscoli, materiale informativo ecc.

Tutto comincia da una frase del Vangelo Giovanni 10, 1-5 è il passo del Vangelo dal quale trae spunto e motivazione tutto l’associazionismo Rangers

«In verità, in verità vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore per la porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra per la porta, è il pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: Egli chiama le sue pecore una per una e le conduce fuori. Quando ha condotto fuori tutte le sue pecore, cammina innanzi a loro, e le pecore lo seguono, perchè conoscono la sua voce». È proprio dal Vangelo di Giovanni che vogliamo partire per cercare di vivere in prima persona non solo un anno di riunioni, ma una vita.

• Ogni anno della storia Rangers è contraddistinto da un motto, una frase che abbiamo deciso di seguire in tutto e per tutto. • Il motto non è una semplice frase. Incarna il nostro spirito e la nostra missione. Il motto siamo noi. • Ecco alcuni di quelli che hanno fatto la nostra storia: 1984/88: «e accoglierò la vita come un dono e avrò il coraggio di morire anch'io e incontro a te verrò col mio fratello che non si sente amato da nessuno». 1989/90: Insieme per costruire. 1990/91: Siamo in cordata. 1991/92: Insieme si può. 1992/93: Guardare Lontano. 1993/94: Scoprire noi e gli altri. 1994/95: Credi, Vivi, Testimonia. 1995/96: Straordinari nell'Ordinario. 1997/01: Chiamati a Trasformare il mondo motto adottato per 4 anni, titolo del nostro musical più famoso (oltre 30 repliche in Italia) e di questo libro 2002/2003: Semi di pace. 2004/2005: Progetto di felicità. 2006/2007: Lascia un segno. 2002/2003: Un mondo colori. 2008/2009: Per amore.

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Le fondamenta «Responsabilizzare i ragazzi molto presto è stata la formula più indovinata, farli partecipare alle decisioni e dare loro un impegno è stata un’innovazione»

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Dire ad un ragazzo di non andare alla spianata di Castelletto di Genova o al Borgo di Spoleto senza proporre qualche cosa di alternativo è solo un perdere tempo. Il muretto, la compagnia è sempre una grande tentazione. Ed è anche difficile tenere i piedi in due scarpe. Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei. Venire alla Madonnetta in sede doveva diventare almeno come dire vado al muretto. Non è stato facile. Quella sigaretta spenta prima di superare il cancello, il codino. E come fare a rinunciare al sacro sabato sera? Responsabilizzare i ragazzi molto presto è stata la formula più indovinata, farli partecipare al prendere le decisioni, dare loro un impegno è stata una innovazione. La verifica fatta insieme al lunedì sera è sempre stato un momento di crescita e di confronto. Anche certi principi o meglio regole interne sono nate spesso dopo sbagli o sconfitte. Come quello di dire entro un’ora il torto subito. La fede concreta, quella del vangelo della domenica, delle parole di certi canti, delle esperienze forti di preghiera sono state la cartina di tornasole per leggere i fatti. La franchezza, la confidenza sono state le armi per superare i momenti difficili. Due pugni sul tavolo, qualche lacrima, ma poi tutti ancora insieme, amici come prima. La stessa promessa che portiamo al collo è il simbolo


concreto del nostro impegno «affinché nessuno si allontani per causa mia» dal gruppo. Quante telefonate, quanti «ma dai ritorna». L’arma segreta è il foglio della riunione: continuare a portalo a casa anche a uno che da mesi non frequenta. Un modo per tenere il collegamento e che gioia quando poi questo ritornava nel recinto di amicizia. Non capi ma responsabili, lo dice lo statuto e «chiediamo loro di essere veramente dei nostri». Il dormire in tenda responsabili e piccoli è stata una scelta chiara di condivisione con i fatti. Ma non tutti riescono a sentirsi Rangers. L’orecchino, la sigaretta, la notte in discoteca invece che al bivacco è sempre una forte tentazione per ogni ragazzo. I genitori si avvicinano sempre troppo tardi, quando il distacco è forte. Ma anche in questi casi non ci si sente sconfitti perché qualche seme rimane sempre e anche quando ci si incontra anche anni ci si ricorda del campo, di quella Messa e del giorno della promessa, che si conserva appesa al muro insieme ai ricordini dei bivacchi. L’altro giorno a Spoleto ho bloccato per un po’ i ragazzi che giocavano a pallone nel campo da calcetto. La riunione con quei ragazzi intorno ad un tavolo e subito la mente è alla Madonnetta, a quelle porte dal campo da calcio che 18 anni fa abbiamo segato. Far incontrare i ragazzi per qualcosa di impegnativo come un gruppo è difficile. Tanti sono i ragazzi che preferiscono il borgo, via Sestri o spianata Castelletto. Ma la droga più pesante è la noia, la povertà più brutta è quella dentro. Il gruppo è nato per «sbelinare» i giovani, per avvicinarli tra loro, per quell’insiemesi può di cui tanto parliamo. Poi lo statuto ispirato dal Vangelo di Giovanni, per un tutt’uno con i conventi Agostiniani Scalzi. E la fede sempre presente in ogni cosa. Perché tante sono le riunioni, ma la più importante è alla domenica. E poi la promessa. Quante in questi anni. Le prime a Scoffera, nell’entroterra ligure, nell’84. Per il colore quante lotte, alla fine abbiamo scelto l’azzurro. E dopo il Ti ringrazio cantato al termine di ogni attività si urla Rangers, Rangers Rangers olé olé olé per ricordarci la gioia e il bello di sentirsi Rangers.

• La Promessa è il nome del fazzoletto colorato che portiamo al collo. Ma è molto di più di un semplice pezzo di stoffa. È prima di tutto un’impegno solenne a prestare fede al gruppo e alle sue regole e accettare lo spirito Rangers espresso dallo statuto. • Vuol dire soprattutto condividerne le idee a credere che sia possibile realizzare l’altra umanità, cantata dal Gen Rosso, basata sul rispetto e sull’amore. Prestare fede al gruppo significa metterne in pratica i principi e viverli ogni anno anche al di fuori delle attività Rangers. Chi viola le regole del gruppo inganna prima di tutto sé stesso.

Padre Modesto Paris

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La Promessa Rangers

• Quello riportato di seguito è il testo dello statuto del primo gruppo di ragazzi Rangers fondato nel 1984. Succesivamente sono nate altre associazioni di Ragazzi Rangers: tutte hanno adottato lo stesso statuto. 1) I Rangers Gruppo Ragazzi Madonnetta (Sestri, Spoleto Collegno, Rumo, Sant’Omobono Imagna) sono un gruppo spontaneo nato al Santuario della Madonnetta (Parrocchia S. Nicola di Sestri, Parrocchia di Santa Rita di Spoleto, Parrocchia Madonna dei Poveri di Collegno...)

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Io…(nome)... prometto solennemente davanti a tutti i miei compagni di prestar fede al gruppo e alle sue regole e mi impegno fin da questo momento affinché nessuno si allontani per causa mia dal recinto di amicizia che il Signore ha voluto costruire intorno a noi . Il fazzoletto che portiamo al collo è il simbolo di questa promessa di fedeltà. Viene conesgnato ai ragazzi durante una cerimonia in chiesa durante una Santa Messa. Non viene dato appena ci si iscrive al gruppo, ma bisogna meritarselo partecipando alle attività e mettendosi in gioco. Il momento della Promessa non è un punto d'arrivo; è semmai una tappa per prendere forza in vista del proprio impegno. Un articolo dello Statuto sottolinea quanto sia importante dimostrare la propria appartenenza al gruppo attraverso il proprio comportamento in casa, a scuola, ...addirittura in ufficio, per i più adulti. Questo perché noi Rangers abbiamo il compito di contagiare con il nostro spirito chi ci vive intorno. La promessa diventa così una compagna di vita da portare sempre con se anche quando si diventa grandi: nel cassetto in ufficio, in valigia quando si viaggia e sempre nel cuore.


le fondamenta

Riflettiamo sullo statuto Il nostro statuto è ricco di contenuti etici. I responsabili fondatori del 1° gruppo Rangers (quello del Santuario della Madonnetta) hanno tratto spunto da un libro dal titolo Un gruppo targato futuro per la stesura dei 16 articoli che potete leggere nelle colonnine qui a lato. Dal 1984 ad oggi il gruppo ha avuto molte evoluzioni, ma lo statuto non è mai cambiato. Tante sono le cose che si sono dette in merito ad ogni articolo di questo documento in cui affonda le radici il nostro gruppo. Andando a cercare tra i fogli più antichi nel nostro archivio abbiamo trovato gli appunti che Padre Modesto (fondatore dei Rangers) aveva scritto in occasione del 2° campeggio estivo (1985). Li riportiamo integralmente. Art. 2. Chi entra… per libera scelta… Non si entra nel gruppo Rangers perché si è obbligati, per forza, perché mi manda la mamma, perché (o solo perché) c’è un mio amico… Sarebbe troppo poco! A 9 anni uno può prendere piccole decisioni che sono però grandissime come quella di entrare in un gruppo più che in un altro. Perché una scelta come questa spesso condiziona un sacco di altre cose, per esempio: amici, attività, tempo libero… I motivi per entrare possono essere vari, ma i motivi per continuare o per prendere la promessa devono essere: confrontarsi con altri ragazzi, aiutare… per essere poi aiutati, ma in modo particolare per trovare un «recinto» dove uno si trova bene. Art. 3. «… no rimorchiati…» Non c’è posto per questi ragazzi… anche perché prima o poi si stancheranno di stare nel gruppo. Solitamente queste persone diventano degli insoddisfatti perenni: hanno sbagliato in pieno il modo di vivere! I rimorchiati e gli «stanchi» sono i «becchini» del gruppo Rangers. Art. 4. «… proposte… attività…» Il gruppo va avanti, diventa «sveglio» se tutti lo «tirano». È pericoloso stare «seduti» in un gruppo… prima o poi ti alzerai e uscirai… magari sbattendo la porta. Ma il gruppo di chi è? Chi lo deve portare avanti? Io… e allora cosa aspettare a lanciare quell’attività… e poi portarla avanti? Le attività sono senza gambe… aspettano le nostre. Il giorno in cui ci dimentichiamo di trovare nuovi lavori il gruppo chiuderà. Art. 5. Perché un ranger è felice? Perché ha capito che la vita non è un ricevere, un dormi-

2) Chi entra a far parte del nostro gruppo lo fa per libera scelta: non vogliamo che si venga da noi solo quando non si ha nulla di meglio da fare. 3) Chiediamo a chi frequenta il gruppo di abbandonare l'atteggiamento di rimorchiati e che non siano di quelli che si annoiano dei discorsi seri e impegnati. 4) Tutti dobbiamo fare proposte per promuovere attività e momenti di riflessione, in modo che l'iniziativa di molti aiuti il gruppo ad avere sempre uno stile di impegno e di lavoro. 5) La gioia sarà una caratteristica del nostro gruppo. La dimostreremo con il canto nei rapporti di amicizia e nell'accoglienza reciproca.

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Chiamati a trasformare il mondo 6) Quando un nuovo Rangers entra nel nostro gruppo, diventa nuovo amico, qualunque sia il suo livello di studio, la sua origine e la sua condizione sociale. 7) Il gruppo resta aperto ai nuovi, ma chi vuole inserirsi deve conoscere bene e accettare lo spirito del gruppo espresso dal nostro statuto. 8) La sede è stata sistemata da noi. È nostro impegno mantenerla in ordine, senza sfasciare nulla, contribuendo alla sua pulizia. 9) Il nostro gruppo per motivi di numero può essere diviso in sottogruppi. 10) Il nostro inpegno fondamentale di gruppo sarà quello di partecipare all'incontro settimanale, perchè alla nostra età abbiammo molto bisogno di qualificarci e di approfondire i motivi del nostro impegno e della nostra amicizia. 11) La nostra prima attività sarà quella di dare testimonianza dello stile del nostro gruppo in famiglia: con uno spirito di vero servizio, offrendo in casa a tutti la nostra presenza gioiosa e il nostro affetto; e a scuola, abbandonando l'arrivismo, lo spirito di competizione verso i compagni. Sarà la vita in famiglia e a scuola che dimostrerà se abbiamo fatto nostri gli ideali del gruppo.

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re, uno scimmiottare, ma la vita è: svegliarsi, ricominciare, dare, cantare… anche nelle difficoltà accettare tutti, dire sempre sì…Certi hanno tutto prendono tutto, non si interessano degli altri, sono senza amici veri e non ridono mai. Certi hanno poco, danno tutto, si interessano degli altri, hanno molti amici e sono sempre felici. Art. 6. «Quando uno entra…» Dobbiamo essere contenti se il gruppo cresce, se altri vogliono stare nel nostro recinto. Ecco quindi la gioia di accogliere tutti. Quando uno si presenta la prima volta non guardare se ha il naso piccolo, le gambe storte, il nome strano. Certi ragazzi sono peggio degli animali, sempre pronti a «sbranare» i compagni anche se non hanno fame. Non c’è posto per i lupi nel recinto Rangers. Art. 7. «Il gruppo resta aperto ai nuovi…» Il nuovo arrivato ha diritto a un tempo di «prova» per conoscere lo statuto e per capire lo spirito del gruppo… Naturalmente i «vecchi» devono con il modo di vivere e parlare far vedere questo spirito «vero». Art. 8. «La sede…» La sede non è proprietà del gruppo Ranger, ma dei padri agostiniani i quali sono ben felici di metterla a disposizione dei ragazzi. Come contraccambio esigono solo rispetto. Alcuni ragazzi del gruppo hanno reso la sede più accogliente con tanto sacrificio. È da come uno tratta la sede che si vede come è nel gruppo. Art. 9. divisione è organizzazione La divisione in sottogruppi è per motivi organizzativi e non per dividere il gruppo. Anzi. Art. 10. «La riunione settimanale…» È il primo impegno di ogni ranger. È durante la riunione che si cresce come ranger, si parla, si lanciano le nuove attività. Bisogna avvisare con una telefonata il proprio responsabile se non si può partecipare. Chi è assente deve farsi dare da un amico il foglio settimanale. Sono cose importanti: la puntualità e il modo con cui si partecipa. Art. 11. «Prima attività… la testimonianza» Comportarsi da ranger solo durante le riunioni o al campo è molto rischioso. Prima o poi uno deve scegliere altrimenti diventa un complessato. Quello che impariamo nel gruppo e quello che viviamo dobbiamo prolungarlo anche in altri posti


le fondamenta e non viceversa. Dobbiamo essere noi a convincere gli altri ragazzi che la vita non si riduce a un paio di scarpe. A scuola: basta con i complessi e le paure che scoprano che io sono un ranger. Cerchiamo di comportarci con fierezza e amicizia. Art. 12 Vangelo… fonte di ispirazione Art. 13 Fede viva… gioiosa… aperta Art. 14 Contento… se ci sono… in difficoltà a credere Art. 15 Convinzione in S. Messe.. ritiri… Il discorso della fede non lo facciamo perché abbiamo la sede alla Madonnetta (Sestri o Spoleto), o perché c’è un prete (così anche lui è contento) perché saremmo veramente dei poverini. Se lasciamo ad altri questo «settore» riusciremo a fare ben poco perché poche cose avrebbero senso e mancherebbe la spinta interiore per stare insieme e per essere contenti. Oggi fortunatamente non si è «obbligati» a credere. Oggi però fortunatamente si è anche capito che non si può vivere senza affrontare e tentare di risolvere questo problema. Abbiamo Dio dentro di noi, sia che lo vogliamo, sia che facciamo finta di non accorgerci. Anche se è molto difficile. Fede: è quella cosa che ci fa essere veri uomini felici. È un dono? Certo, ma basta accoglierlo.Fede è camminare con Dio, anche il sabato sera. La fede deve essere: viva, perché va vissuta momento per momento, aperta a nuove esperienze per capire e gioiosa. E se c’è uno che «non crede»? Forse quello crede più di quelli che non hanno problemi perché non se li sono mai posti. Quindi tutti almeno in certi momenti non crediamo, quasi tutti in certe situazioni non crediamo. E allora ci deve essere disponibilità in tutti a capire La S. Messa o le giornate di ritiro non sono… «tanto così anche il Signore è sistemato…». Ma sono momenti indispensabili per «vivere» gli altri momenti. Art. 16. «Siamo contenti che ci sia un sacerdote e ragazzi più grandi» Il sacerdote non è uno che porta fortuna o sfortuna, o uno che «così abbiamo la sede» o «così mia mamma mi manda al campo». Il sacerdote è veramente una fortuna una grazia per un gruppo, perché attraverso i sacramenti (S. Messa…) e la sua presenza rende presente il Signore in ogni attività. I giovani più grandi? Un grazie per quelli che ci sono, hanno tirato il gruppo… e soprattutto una preghiera… che aumentino.

12) Vogliamo che il Vangelo sia fonte di ispirazione di tutto ciò il nostro gruppo farà. 13) Della Fede cerchiamo un'immagine viva, aperta e gioiosa. 14) Siamo contenti che nel nostro gruppo ci siano anche di quelli che trovano difficile credere. Chiediamo loro che abbiano la disponibilità ad approfondire le loro difficoltà, cerchi che ciò gioverà anche a loro. 15) Quando ci incontriamo per pregare, facciamo giornate di ritiro e messe, chiediamo la partecipazione spontanea e convinta, perchè non ci sia nessuno che faccia queste cose con leggerezza, disimpegno e ipocrisia. 16) Siamo molto contenti che nel nostro gruppo ci sia una persona adulta (un sacerdote) e alcuni giovani più grandi che ci aiutano. Ciò ci permetterà di raggiungere più facilmente alcuni obbiettivi. Chiediamo loro però di essere veramente dei nostri e non al di sopra di noi, e che sappiano accertarci come siamo, vogliamo che siano ottimisti e abbiano fiducia nei giovani.

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Chiamati a trasformare il mondo

Lo spirito del gruppo «È molto importante avere il coraggio di ricominciare anche quando qualche iniziativa non funziona. Senza fare drammi »

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Quante volte abbiamo scritto la parola Rangers sui nostri fogli della riunione. E quante volte lo abbiamo scritto sui manifestini che poi abbiamo incollato sui muri del quartiere con la colla fatta con la farina. Per le multe che arrivavano per le affissioni abusive, mi mettevo la tonaca e andavo in Comune con qualcuno che rimanesse in auto per non prenderne un'altra. Rangers era scritto anche sui pulmini acquistati a prezzi stracciati. Pochi erano interessati alla prova della frizione o dei freni, ma tutti intervenivano per decidere la grandezza delle scritte. Dovevano essere ben visibili e fluorescenti con su scritto il nome ed il numero del telefono così se lo lasciavamo per strada e qualcuno non riusciva a passare, ci poteva telefonare. La domanda su «chi siamo» mette spesso in difficoltà. E non basta rispondere che non siamo Scout. All’inizio era difficile presentarsi, spiegare che tipo di associazione fossimo e di che cosa ci occupassimo. Abbiamo uno statuto scritto, tante volte lo abbiamo letto e commentato. Non abbiamo mai tolto nulla. Ma lo statuto vero è quello che in questi anni abbiamo incarnato, abbiamo vissuto. «Un tutt’uno» con i frati del Convento Agostiniano. Entrare nel cuore della vita della comunità, sentirsi a casa propria anche nel refettorio e in chiesa, sono punti di riferimento per i Rangers. Un gruppo Rangers che si separa, che


fa vita autonoma dalla parrocchia o dal convento non è più un gruppo Rangers. Il carisma degli Agostiniani è la comunità, le porte aperte, il mettersi in rete anche con gli altri confratelli. Una Messa di Mezzanotte e poi tutti in convento a far festa. E quelle castagnate, in sede o al refettorio. I responsabili che al campeggio stanno in tenda con i più piccoli. Solo stando fianco a fianco con i ragazzi ci si incontra e li si conquista. La responsabilizzazione dei giovani avviene molto presto. All’inizio li abbiamo tenuti parcheggiati in attesa del «salto», ma spesso il salto si è trasformato in arrivederci. Altre volte, invece, il salto è stato una vittoria: sono i casi in cui la stima si è fondata sul rispetto reciproco, in cui l’esempio è stato autentico e recepito dai più piccoli diventando voglia di imitare i più grandi per essere come loro. La costanza nell’impegno è la condizione per richiederlo anche ai ragazzi. E tutte le varie iniziative sono state un’occasione per non chiuderci: come l’esperienza della trasmissione a radio Genova Centro in cui si confidava solo sull’entusiasmo.È importante avere il coraggio di ricominciare anche quando qualche iniziativa non funziona, senza fare drammi. È il caso del Cineforum, più la spesa che l’impresa o dei tornei di pallone sempre con la medaglia di consolazione. E poi rincorrere chi non viene più. Quante telefonate: «ma dai torna!». Un momento di scoraggiamento viene a tutti e allora si attende, si chiede e chi ha più confidenza tiene i rapporti. Mai mettere «il ferro morto» alla porta della sede. All’inizio dell’anno, quasi come una firma davanti a tutti, mettiamo la mano una sopra all’altra per dire «ci sto». Nelle difficoltà non si gioca al massacro: mai prendersela con il più debo ma trovare la soluzione, ed il coraggio per ripartire. Ciò che conta è inoltre una fede feriale, di tutti i giorni. Una fede condita con impegno e sacrificio: mai dividere i momenti di fede con gli altri. Poche confessioni, ma confessioni vere. Poche Messe, ma Messe dove l’orologio corre veloce e i canti finali non terminano mai. Una Messa alle cascate in Val di Rabbi sui due pulmini collegati con il baracchino. E quante alla chiesetta sul Brentei con le montagne come pareti. Allegre come tutte quelle della domenica, a volte tristi ma sempre serene come quelle per Fabio, Marco, Gianluca e Stefano. Una fede con la «f» minuscola che è rimasta accesa perchè pochi hanno soffiato, ma tante volte ci siamo riaccesi a vicenda con il Signore che ci portava in braccio non solo sulla sabbia ma in sede, ai campi o sul palco.

Il Tesoro dei Rangers È stato il titolo del Campo Estivo del 1991 durante il quale, ogni giorno, un «forziere» veniva riempito con oggetti simboleggianti i principi di base del gruppo. Da allora tali concetti sono stati ripresi in numerose altre attività di cui è stato protagonista quel forziere, che ancora oggi viene conservato presso la sede del Gruppo Ragazzi Madonnetta. Ecco, in ordine sparso, i valori veri del nostro gruppo. • Il Recinto Nessuno può dire di averlo mai visto; nessuno può dire di averlo mai toccato o scavalcato, eppure ogni buon ranger lo avverte fortissimo intorno a sé e dentro di sé: è il recinto della Promessa, perché è lei che fa capire subito chi siamo; è il recinto del Vangelo di Giovanni 10,1-5 che ha ispirato, fra l’altro il nostro nome. Ranger significa guardiano. È il recinto dei tanti, tantissimi cerchi che da sempre accompagnano le nostre attività.

Padre Modesto Paris

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Parole con il «succo»

• La Sede Abbiamo una grande fortuna ad avere una sede tutta nostra in un posto così bello. È il nostro costante punto di riferimento per ogni attività. Nella nostra sede ogni angolo, ogni oggetto in essa presente o appeso alle pareti, o appoggiato su uno scaffale richiama alla nostra memoria il fatto cui l’oggetto stesso è legato. Significa che il valore della sede sta anche e soprattutto nel fatto che essa è un po’ come uno scrigno pieno di bei ricordi e che come tali ce li fa rivivere. Dovremmo stare più attenti e raccogliere ogni oggetto che pensiamo possa fare «storia» del gruppo per esporlo nella nostra sede rendendola così più viva e di valore. • Incontrarsi L’impegno di tutti i rangers è quello di frequentare tutti gli incontri settimanali per conoscere nuovi amici. La cosa più bella è che durante le riunioni si sta tutti insieme. La riunione è anche un modo per confrontarsi, per condividere le idee e i propri sentimenti.

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Nelle pagine che seguono abbiamo fatto una raccolta di articoli, frasi, pensieri e argomenti che hanno caratterizzato le attività del nostro gruppo. Si tratta delle cose in cui crediamo, del nostro spirito. Pensiamo che possano essere un valido spunto per quei gruppi e quegli animatori che vogliono tematiche per le proprie riunioni. «Voglio un ideale, per cui credere e lottare... voglio un ideale che non muoia con me» canta il Gen Rosso in una sua mitica canzone. Un gruppo senza ideali non è un gruppo. Per questo abbiamo dedicato così ampio spazio nelle pagine del nostro libro per pubblicare tutto, ma proprio tutto quello che di importante abbiamo scoperto ed anche le idee che abbiamo condiviso in questi anni. Prima di entrare in azione, su di un palcoscenico, a una gita o a un campo estivo dedichiamo molto tempo alle idee di base che vogliamo comunicare. Eccole in ordine sparso. Abbiate pazienza se ogni tanto troverete qualche argomento che si ripete.

Pensieri felici Uno dei Campi Estivi del 1995 ha preso spunto dalla fiaba di Peter Pan e, soprattutto, dal film «Hook» in cui Peter, ormai diventato adulto, riusciva di nuovo a volare solamente recuperando dalla memoria ricordi particolarmente felici. Analogamente noi abbiamo cercato di definire quali fossero i «pensieri felici», che consentono ai nostri gruppi di «Volare», e abbiamo individuato i 4 seguenti

Il tesoro dei nostri talenti A ciascuno di noi il Signore ha dato la capacità di riuscire in qualcosa. Ma a volte il nostro talento non è riuscire a fare qualcosa. Io posso saper usare molto bene il computer, ma essere arido come un deserto. Quante volte guardandoci con occhio critico pensiamo: io non so fare niente. Io non sono niente. Non è vero! Ognuno di noi ha una ragione di esistere, però da soli è difficile capire quali sono le nostre capacità. Abbiamo bisogno degli altri per scoprirci. Non siamo isole ma siamo persone e non riusciremo mai a capire che cosa possiamo fare senza donarci


lo spirito del gruppo agli altri e senza qualcuno che ci accetti. Stando insieme ci si può mettere in discussione osservare noi e nostri simili per riempirci delle cose belle che possono arrivarci dagli altri e per mettere in comune quello che io posso dare. Per talenti non si devono intendere quelle capacità di produrre qualcosa di monetizzabile, ma anche e specialmente saper sorridere, ascoltare, voler bene, amare, accettare, condividere, donare senza attendere una contropartita… Vi sono anche altri tipi di talenti: io so suonare, tu ha una bella voce, tu sei bravo a scrivere, lei è molto studiosa… I nostri talenti, tanti o pochi che siano, sono governati dal nostro cuore. Un grande film «Guerre stellari» parlava molto di forza. La forza è con noi, in tutti noi, ma stiamo attenti a non farci affascinare dal «lato oscuro» di questa forza. Sta a noi decidere da che parte andare. Volendo, quindi possiamo sfruttare le nostre forze per fare del male volendo però possiamo cercare di mettere a frutto i nostri talenti seguendo questo grande comandamento che ci diede Gesù: Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi. Siamo liberi di fare quello che vogliamo ragazzi, sta a noi cercare di far fruttare al meglio le nostre possibilità.

Vivere da Protagonisti Potrebbe sembrare un motto o una frase da esaltati, un po’ fuori luogo specie per un gruppo come il nostro che predica l’uguaglianza di tutti nei confronti di tutti. I protagonisti che il nostro gruppo ammira sono quelle persone che sanno affrontare la vita in maniera da non subire passivamente tutto ciò che ogni giorno bombarda. non vogliamo essere dei buldozer che sfondano e schiacciano tutto, ma vogliamo essere protagonisti portando testimonianza di uno spirito di vita nuovo dove ciascuno possa essere accettato per quello che è. Un mondo dove prima di me ho messo. Un protagonista è uno che sa mettere gli altri come scopo della propria vita. Che esempio ci da il Gen Rosso! un protagonista è colui che non si vergogna di credere in una fede viva, aperta e gioiosa e metterla come punto di partenza per le proprie azioni. Un protagonista è un responsabile. responsabile nella vita propria e responsabile per quella degli altri. un protagonista ha la

• La Spontaneità Art 1 dello statuto: I ranger sono un gruppo spontaneo... Il nostro è un gruppo che è nato da un impulso non calcolato, istintivo, immediato. In un certo momento della storia (nel 1984) alcuni ragazzi hanno sentito il bisogno di realizzare un qualcosa che si sentivano dentro e che da tanto volevano fare. La fondazione di un gruppo non è cosa di tutti i giorni. Ciascuno dei fondatori proveniva da esperienze diverse… Ciascuno aveva nel proprio cuore un desiderio: trovare qualcosa che impegnasse a livello sciale, che facesse realizzare sogni, che desse modo di incontrarsi e condividere esperienze, che non fallisse dopo pochi giorni e che consentisse di divertirsi nel «modo giusto». Ecco che nascono i Rangers. Un’idea, dei ragazzi, dei sogni, un giovane sacerdote, tanti spazi da sfruttare e tanta voglia di fare. La spontaneità dei Rangers è frutto della grande amicizia e sincerità che regna tra i responsabili.

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Chiamati a trasformare il mondo

La Libertà Il gruppo può considerarsi «libero» perché accoglie tutti, qualunque sia il livello di studio, l'origine e condizione sociale. Il concetto di libertà ha più sfaccettaure. La prima è: «la libertà da…» condizionamenti esterni e interni che riducono l’individuo a burattino, a schiavo senza personalità (spesso si hanno tante cose», ma manca l’essenziale). La seconda è la «libertà per…». Trasformare la vita in un progetto da realizzare, è creatività e iniziativa, è decisione per motivi validi. La terza è la «libertà insieme a…». La libertà è un impegno comune, un dono partecipato e da partecipare. È essere al servizio gli uni degli altri nell’amore. Ai Ranger si respira aria di libertà.

capacità di essere focolare e scaldare con il suo spirito e di trainare con le sue idee, rallegrare chi è triste, motivare chi ha perso la direzione e insieme arrivare alla meta. Follerau, Abbe Pierre, Roger Shultz tutte persone che hanno deciso di dedicare tutta la vita e sé stessi agli altri. Non è necessario essere come loro per essere protagonisti, basterebbe seguire le indicazioni di queste parole… «se molte persone di poco conto, in molti posti di poco conto, facessero cose di poco conto… allora il mondo potrebbe cambiare».

Essere focolari, avere il sole dentro La nostra missione è quella di essere ragazzi sole. Cosa fa il sole? Il sole riscalda e dona luce alla terra, sempre, tutti i giorni. Così anche noi sempre, tutti i giorni, a scuola, al lavoro, in famiglia abbiamo il compito di scaldare con il nostro spirito e di illuminare la strada a chi si trova in un periodo buio. Lo spirito Rangers e il modo di vivere che Gesù ci ha insegnato sono le regole per essere ragazzi sole. La cosa meravigliosa del sole è che ogni giorno sorge. non è vero che qualcuno di noi non può diventare un ragazzo sole, perché anche se ora si trovasse in un momento paragonabile alla notte prima o poi il sole sorgerà anche per lui. I ragazzi sole si accorgono subito se qualcuno sta attraversando un periodo buio e freddo e si danno da fare fino a che anche le persone sperdute rivedono la luce. Avere il sole dentro vuol dire anche essere ottimisti, prendere la vita come viene e non conoscere la parola sf… sfortuna. La vita la facciamo noi ogni giorno vivendo, non c’è niente di già scritto. Perché gli altri si accorgono che io ho il sole dentro non devo portare alcuna maschera. Mi presento così come sono e non faccio vedere quello che gli altri vorrebbero vedere, non dico bugie ma mi presento per quello che posso dare e fare. Ma sì! Chi ha il sole dentro mette a disposizione tutto se stesso e i propri talenti, questo vuol dire avere il sole dentro.

Amare (Io amo, quindi sono) Amare. Che cosa vuol dire? Non bastano certo poche righe per poter spiegare o cercare di capire un argomento così immenso. Su questa parola si basa tutto il 18


lo spirito del gruppo nostro spirito. Gesù disse: «amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi». Ecco quello che dobbiamo fare. Amare Lui, quel Gesù che ha scelto di morire in croce per noi, per amore. Amare il nostro prossimo come Lui ha fatto con noi. Come faccio ad amare il mio prossimo? Questo ognuno deve scoprirlo da solo. ma ricordiamo che amare vuol dire quello che molti media come televisione, cinema e stampa ci vogliono far credere. Noi siamo bombardati da una mistificazione di questa parola. Amare molte volte nei messaggi che riceviamo coincide con la parola sesso o con la parola denaro. È troppo facile amare in questo modo. Amare ha un significato molto più ampio e non può essere riferito solo a persone di sesso opposto. Io amo i miei genitori, i miei compagni di scuola, i miei colleghi… tutti. Io li amo perché sono come me perché sono miei simili e perché è bello stare in pace con tutti. C’è una canzone del Gen Rosso che si intitola «Vorrei» che suggerisce il modo giusto per amare il nostro prossimo. Amare vuol dire ascoltare, essere disponibili, aiutare, donare, capire, amicizia, rispetto, condivisione. Amare vuol dire tutte queste cose e molte altre che ognuno di noi percepisce, a cui però non riusciamo a dare una definizione.

Decalogo e stile di vita Ecco le regole (vissute e messe in pratica dai responsabili) a cui ogni Ranger si impegna a prestar fede, quando entra ufficialmente a far parte di un Gruppo di Ragazzi. Le abbiamo divise per aree tematiche per meglio orientarsi. È un codice di comportamento che si apprende man mano che si vive nei Rangers che forma la persona e la rende pronta per la vita adulta.

• L’Amicizia L’amicizia fa nascere in ciascuno di noi il dono della generosità, della gratuità e della speranza, crea il coraggio e la voglia di costruire rapporti nuovi sempre più «veri». Tuttavia l’unico a non perdere un vero amico è colui che ha legato la sua amicizia in Dio, che non si può perdere mai. Il delicatissimo rapporto di amicizia che si fonda sulla fiducia, non è un lavoro facile, esige tempo e costanza. Ma l’amicizia esiste nell’uomo come un’insopprimibile esigenza comunicativa, una voglia di uscire dal proprio isolamento per creare relazioni, accoglienze, condivisione. A ciascuno è affidato il compito di vegliare sulla solitudine dell’altro. Gesù disse: «Vi do un comandamento nuovo: amatevi gli uni con gli altri».

1) IL PUNTO DI RIFERIMENTO Non vogliamo che il gruppo sia semplicemente un luogo di ritrovo; Ciò significa: • non partecipare solo quando non si ha nulla di meglio da fare • partecipare a tutte le riunioni e alle attività • mantenere in ordine la sede e i locali del gruppo • le cose di tutti vanno trattate meglio che le proprie • non ci devono essere né privilegi ne privilegiati 19


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• La Gioia Il nostro impegno è quello di coltivare e far crescere la gioia nella convinzione che questa è la forza di coesione del nostro gruppo. Così è anche per la vita di ogni giorno che va dunque presa sempre con ottimismo per sfruttare al massimo le nostre possibilità. Tutto questo ci porterà inevitabilmente a far vedere a tutti la gioia che abbiamo. Chiunque abbia avuto a che fare con i Rangers anche solo per un attimo, deve ammettere che si tratta proprio di un’«allegra brigata». Lo stare insieme infatti, è già di per sé motivo di gioia per tutti, ma per noi Rangers diventa addirittura un impegno; impegno nel mantenere, coltivare e far crescere la gioia nella convinzione che questa sia la forza di coesione del gruppo. Tenendo alto il morale si ottengono risultati migliori e si rende più leggera la fatica anche nei momenti più difficili. Dobbiamo fare vedere a tutti la gioia che abbiamo. Non possiamo trattenerla dentro di noi, se davvero ce l’abbiamo.

2) VIVERE DA PROTAGONISTI Non essere rimorchiati ma trainanti e responsabili; puntare in alto, non accontentarsi. Tradotto in pratica: • non essere timidi ed eessere se stessi; • avere voglia di fare e impegnarsi; • non farsi “smontare” dalle critiche o dagli insuccessi; • assumersi le proprie responsabilità; • dare sempre il massimo; • non fare gli “strani” per farsi vedere (ubriacarsi, fumare, parolacce ecc) 3) IL VANGELO È la prima fonte di ispirazione dei nostri gruppi; tutti dobbiamo impegnarci ad approfondire la nostra vita spirituale in maniera viva aperta e gioiosa. Ciò significa: • ricordarsi del Signore e ringraziarlo in tutti i momenti della giornata • disponibilità ad approfondire, senza leggerezza, i propri dubbi, partecipando con serietà ai momenti di preghiera e riflessione 4) I TALENTI Mettere a frutto i propri talenti e scoprire quelli altrui: • cercare di saper fare più cose possibili; • essere ingegnosi e pieni di idee; • riconoscere i meriti altrui 5) L’AMICIZIA Mantiene unito il “recinto” di cui facciamo parte; si dimostra andando a fondo nei rapporti con gli altri, senza accontentarsi della superficialità, ma “puntando al cuore” di ognuno e conoscendosi realmente. • non guardare ciò che uno ha addosso ma ciò che uno ha dentro; • non deridersi o insultarsi e non etichettare gli altri; • essere sinceri 6) IL SERVIZIO, IL RISPETTO E L’AMORE PER GLI ALTRI L’egoismo deve essere bandito dai nostri comportamenti. Il nostro primo motto deve essere: fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te. Ciò snifica:

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lo spirito del gruppo • non offendere e offrire sempre il proprio aiuto; • saper rinunciare al superfluo; • non aspettare che le cose si facciano da sole; • non mettersi mai le mani addosso 7) DARE TESTIMONIANZA DELLO SPIRITO DEL GRUPPO Non per vanità o per farsi vedere ma per essere “segni nuovi” è necessario: • non dire parolacce e non vergognarsi; • portare degli amici; • essere sempre di esempio positivo agli altri; • partecipare sempre in divisa 8) AVERE IL SOLE DENTRO La gioia e il pensiero positivo sono due caratteristiche basilari del nostro gruppo che si manifestano nell’avere fiducia in se e negli altri e nell’essere ottimisti. In pratica: • fare tutto volentieri; • avere sempre il sorriso sulle labbra; • essere allegri e non offendersi; • non vergognarsi di cantare; • avere fiducia negli altri e non essere permalosi 9) ESSERE LIBERI Pensare con la propria resta, non farsi condizionare dalle mode, non essere schiavi delle cose, vivere a contatto con la natura. Cioè: • non fumaren e non drogarsi; • non portare lattine, dolci e non masticare chewingum; • non essere vestiti di marca o alla moda; • non portare videogiochi, giornaletti, Mp3 e cellulari.

• La Testimonianza Dare testimonianza vuol dire estendere agli altri le proprie idee, la propria fede, il proprio stile di vita. Noi dobbiamo difendere il gruppo, esserne orgogliosi e soprattutto non vergognarsi di ciò in cui si crede. È molto importante imparare a trovare dentro di noi i valori che ciascuno è chiamato a portare agli altri. Viviamo con gli altri quello in cui crediamo scopriremo così la presenza di tanti amici, riuniti dentro un unico recinto, impegnati a vivere nell’aiuto reciproco Gli altri non vivono lontano da noi, li incontriamo tutte le mattine a scuola, in famiglia, al lavoro, ai giardinetti, per la strada, sull’autobus, ai Rangers… ovunque. Il Signore si serve di tutti per realizzare il suo progetto d’amore, anche i piccoli e i ragazzi fanno parte della sua vigna.

10) COLLABORAZIONE Consiste nell’eliminare tutto ciò che é causa di divisione e nel condividere i talenti personali per completarsi a vicenda. Per riuscirci è necessario: • risolvere subito i contrasti • dimenticare antipatie i litigi avvenuti fuori dal gruppo • dirsi le cose in faccia ed «evitare i tacchinamenti» • non essere testardi e non scoraggiare gli altri •dividersi i compiti e rispettare i ruoli.

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Tante sfaccettature, un solo spirito

• La fede La Fede è un dono di Dio. La Fede nei rangers è anche gioiosa perché il Signore è il nostro «capo cordata» e poi perché la Madonnetta è la mamma che ha visto nascere il gruppo. • I responsabili I responsabili sono importanti per l’andamento di un anno ranger perché pensano a tutto, da come preparare una riunione a un bivacco a un campo estivo. Il nostro gruppo va avanti perché ci sono i capi che «tirano». Alcuni sono nati (nel gruppo) come responsabili infatti sono detti capi fondatori, altri invece hanno «fatto carriera» prima come semplici ranger, poi… poi responsabili.

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Lo spirito ranger si è arricchito via via di altri elementi, oltre a quelli scaturiti dalla mera analisi del vangelo di Giovanni, della promessa e dello statuto. Leggendo i fogli delle tematiche, delle riunioni e campeggi emergono molte parole di grande significato per noi Rangers. Parole che coincidano con i nostri ideali e con il nostro stile di vita.

Il coraggio di rischiare Chi fa, rischia di sbagliare, chi non fa non rischia niente ma non costruisce niente: anche quando nel nostro cammino il coraggio di lottare viene meno, non bisogna perdersi d’animo, né tirarsi indietro. Se si lotta per una causa giusta, si vincono anche le imprese più impossibili, anche se la lotta è impari; non sempre la verità sta nella maggioranza quindi è importante far sentire la propria voce. A questo proposito il gen Rosso canta… «chi non ti ricorda ragazzo di Tienanmen, che fermi i carri armati… forse non pensavi che ti giocavi la vita, ma diventavi un segno della libertà. Solo resti lì, tu ragazzo del nostro tempo, restavi lì, tu da solo a fermare una follia, Davide e Golia».

Giù la maschera Tutti noi indossiamo quasi sempre una maschera, anzi, più maschere a seconda delle diverse occasioni. Generalmente si tende a nascondere la propria personalità di fronte agli altri per interesse, per timidezza o per paura di non essere accettati per quello che si è; per paura di essere scartati o presi in giro rinunciamo così, spesso quasi senza accorgercene, a mettere in risalto e a disposizione degli altri i nostri talenti e le nostre capacità. La maschera che indossiamo oltre a coprire i nostri difetti, core anche i nostri pregi. Talvolta fingiamo di essere ciò che in realtà non siamo, ma più spesso cerchiamo solamente di confonderci tra la folla e di non farci riconoscere, senza renderci conto che spesso quella stessa folla in cui ci mescoliamo e ci confondiamo, è fatta di persone che, esattamente come noi, tentano solamente di nascondersi. E così, alla fine, non riusciamo più a riconoscere né gli altri né noi stessi e da persone ci trasformiamo in maschere che non hanno


lo spirito del gruppo più niente da nascondere. Alla fine risulta difficile far conoscere gli altri la propria personalità e quindi la gioia, le paure, le incertezze che tutti noi possediamo. Sono infatti le nostre diversità, i nostri talenti e anche i nostri difetti che ci rendono unici e importanti. Dobbiamo perciò cercare di impostare il nostro rapporto con gli altri sulla fiducia reciproca: sarà più facile diventare veri «amici» e sfruttare al meglio i propri pregi e quelli degli altri.

La fiducia Spesso la gente appare diffidente e «fredda» nei confronti delle altre persone. Sembra quasi che l’indifferenza sia diventata uno stile di vita generalizzato e accettato da tutti. Quest’indifferenza impedisce di avere un rapporto più profondo con i coetanei e impedisce anche di realizzare appieno le proprie potenzialità e i propri intenti. Tutto ciò è causato da una sempre maggiore mancanza di fiducia in sé stessi e negli altri. Avere fiducia vuol dire essere persone aperte; la fiducia è alla base della capacità di accogliere gli altri. Credere nella «buona fede» delle persone, cioè pensare che un torto non è mai fatto apposta fa parte del nostro spirito. Aver fiducia in qualcuno è segno di amicizia, generosità e collaborazione. Non avere fiducia in sé stessi porta a essere persone fiacche, spente, prive di entusiasmo e di reali motivazioni a impegnarsi. Non avere fiducia negli altri porta a non avere amici perché senza fiducia non si riesce a comunicare con le persone che ti circondano e a conoscerle veramente. Se non si ha fiducia nelle persone non si riuscirà neppure a essere realmente sé stessi perché non si avrà mai il coraggio di levarsi le maschere che indossiamo nel presentarci agli altri.

Siamo fuoco vivo Durante il Giubileo a Roma dell’anno duemila il Papa Giovanni Paolo II ha invitato i giovani ad essere fuoco vivo del mondo, ossia persone capaci di affrontare la vita in modo da non subire passivamente tutto ciò che li bombarda. Giovani chiamati ad essere protagonisti di uno spirito di vita nuovo in cui ognuno possa essere accettato per quello che è, disposti a mettere gli altri come scopo della propria vita. Si può cambiare il mondo mettendo come punto di partenza delle proprie azioni una fede viva, aperta e gioiosa, sentendosi responsabili della propria vita e di quella degli altri, rallegrando chi è triste, motivando chi ha perso la direzione e insieme arrivare alla meta. Se, infatti, «molte persone di poco conto, in molti posti di poco conto, facessero cose di poco conto, allora il mondo potrebbe cambiare».

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Punto di riferimento «A quale età un bambino può entrare nel gruppo? Quando riesce ad allacciarsi le scarpe»

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Stare insieme per anni, con ore e ore di riunioni, con gite e bivacchi, campi e spettacoli sarebbe stato molto difficile senza un’organizzazione interna. Tanti sono stati i tentativi per arrivare ad un assestamento. Chi ha sempre comandato è stato il numero dei ragazzi. Dopo pochi mesi il gruppo superava le 40 persone ed ecco la prima scelta sofferta: la necessità di dividerci. E subito il timore di essere separati anche come responsabili. «È difficile tirare una riunione», era la frase più ricorrente, oppure «Io non so parlare». Ha sempre vinto il coraggio di tenere aperta la sede anche in altri giorni per dare la possibilità ai ragazzi di partecipare nonostante gli svariati impegni. E dopo catechismo, calcio, nuoto ecco il giorno per i Rangers: il mercoledì e il venerdì. Ma la divisione era opportuna anche per l’età dei partecipanti. Una riunione per i ragazzi delle elementari era basata sul gioco, sul canto e sulle storielle con un significato. Per diverso tempo, i gruppi di bambini si sono chiamati «Team 84», «Wood», «Crocket» ed Explorer quelli dei più grandi. Da anni la strutturazione è cambiata. Ora ci sono gli Happiness (bambini delle elementari) ed happiness più (ragazzi delle medie e delle superiori). Le direzioni dei due gruppi si impegnavano a proporre lo stesso tema, ma in modo diversificato. E al lunedì sera, nella riunione di dire-


zione, ci si coordina. Una fissa è sempre stato il foglio della riunione. I primi stampati con la matrice incisa a macchina o con un pennino speciale. Il foglio, scritto sempre all’ultimo momento, riportava da un lato tutte le iniziative e gli orari e, sul retro, il tema della riunione. Esso serviva anche per gli assenti: uno del gruppo si impegnava a portarlo a casa di chi non era venuto. Più difficile è sempre stata l’organizzazione del campo estivo. Il posto da trovare, le pentole, le tende, la gita e il viaggio. E poi il libretto con la tematica per ogni giorno e i canti. Verso aprile, decisa la data ed il luogo, si formava un comitato con chi se la sentiva e l’ansia cresceva. L’elasticità mentale ci ha sempre fatto camminare spediti. A chi domanda a quale età si può entrare nei Rangers, una risposta: quando un bambino riesce ad allacciarsi le scarpe. Abbiamo notato che i più piccoli, 6 anni, si adattano meglio al campo dei quattordicenni spesso pieni di vergogne. Un magazziniere non è mai mancato. Come non ricordare Luca che aveva trasformato il magazzino in una officina tanto da fare concorrenza alla Ferrari! E dopo 18 anni il materiale è aumentato, e non solo tende, ma scenografie per lo spettacolo e materiale audio e luci. Ecco allora la nascita dei «comitati» per gestire lo spettacolo che nel corso degli anni è diventato una parte importante del gruppo. Un altro comitato è sempre stato il settore stampa. Non solo il foglio settimanale, uno per gruppo, ma anche giornalini, manifesti e, ultimamente, il sito. Responsabilizzare i ragazzi di 15-16 anni è stata la sfida del gruppo Rangers. Un sedicenne, se si sente responsabile, diventa adulto, trova gioia nel dare e, difficilmente, abbandona il gruppo. Ma mai sono rimasti soli. I grandi si sono sempre prestati ad accettare i più giovani come recita lo statuto: «Siamo contenti che ci siano persone più grandi …chiediamo loro di essere dei nostri». Come andare d’accordo? Riunioni, discussioni e litigate. Qualche volta anche pianti. Ma alla fine, spesso dopo ore, si arrivava ad una decisione, anche se sofferta. E la gioia era tanta, non per aver deciso, ma per essere ancora tutti attorno al tavolo. Ogni gruppo territoriale ha una sede, una cassa, una direzione, qualcuno anche un pulmino ed una copy- printer (una macchina da stampa). Da alcuni anni, sempre per dare una mano, è nato il Movimento Rangers. Tante e storiche sono state le sue iniziative: dallo spettacolo all’Ariston di S. Remo al raduno di Tor Vegata e le preghiere a Taizè.

• Porte aperte dai sei anni in su. Il nostro è un gruppo senza età, nel senso che le proposte sono tante sia per i grandi che per i piccini. È importante che tutti si possano sentire realizzati. Il nostro gruppo infatti riesce a unire bambini, giovani e ragazzi dai 6 anni in su. I bambini si incontrano alla riunione settimanale, partecipano con i coetanei ai giochi proposti dai responsabili. I ragazzi più grandi vivono esperienze importanti: si confrontano, affrontano argomenti seri e mettono in comune le loro esperienze per imparare cose sempre nuove ed arricchirsi. E mentre i bambini giocano e partecipano alle attività proposte, i ragazzi grandi si responsabilizzano tenendo e facendo giocare i bambini che sono la «benzina» del gruppo. Al gruppo si cresce sempre quindi, sia che tu sia piccolo, sia che tu sia grande. Le riunioni settimanali sono divise in base all’età dei partecipanti. Ci sono gli Happiness, gruppi di bambini delle scuole elementari e gli Happiness più, gruppi di ragazzi delle scuole medie e gli Help con i giovani delle superiori.

Padre Modesto Paris

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Chiamati a trasformare il mondo

Una casa accogliente dove stare al sicuro

• Gruppo vivo all’ombra del campanile. «Non è un caso», come dice il nostro fondatore Padre Modesto Paris, che il gruppo sia «di chiesa» e che la nostra sede sia un locale che i Padri Agostiniani hanno dedicato ai ragazzi e che noi abbiamo personalizzato dipingendo le pareti e arredandola con simboli e ricordi delle nostre avventure. La vita del nostro gruppo si svolge insieme a quella della parrocchia. Non dipende da essa, ma ci coinvolge con le sue proposte e attività. I Padri Agostiniani Scalzi ci sostengono sempre promuovendo le nostre attività, tenendo le porte sempre aperte e standoci vicino nei momenti di bisogno. La perfetta sinergia tra gruppo, priore, parroco e parrocchiani è la migliore medicina per partire alla grande e per raggiungere traguardi sempre più importanti. Infatti il gruppo non è un’entità a sé, ma complementare alla parrocchia.

Più si frequentano le attività organizzate dal gruppo, più si cresce insieme a lui. Dopo un periodo di frequenza si riceve la promessa, un fazzoletto azzurro da mettere al collo che rappresenta il nostro impegno nei confronti degli altri. Poi crescendo viene il momento di assumersi responsabilità. Le motivazioni di chi arriva fino a questo punto devono essere altre rispetto a quelle di quando si era bambini: confrontarsi con altri ragazzi, impegnarsi nel sociale, incontrarsi e condividere esperienze. La forza che unisce tutto è una sola: lo spirito del gruppo. Che si concretizza con la voglia di crescere insieme e di affrontare le difficoltà della vita senza sentirsi soli. Per questo il gruppo diventa un luogo dove ritrovare la pace e la tranquillità. Un posto dove si trovano amici e comprensione, condivisone e aiuto.

La forza del gruppo è non essere «cumpa» La forza che tiene unito il nostro gruppo e lo rende un solido punto di riferimento è diversa da quella che unisce una compagnia. È diversa anche dall’amore che lega un ragazzo a una ragazza che sembra indistruttibile ed eterno invece basta un niente e svanisce. Il gruppo vive delle iniziative di tutti. È aperto a chiunque crede nello Spirito Rangers e desidera realizzare dei sogni insieme. Il gruppo oltre ad essere un posto dove fare cose grandi è anche un posto dove ritrovarsi quando ci si sente persi. Il gruppo fa sentire importanti e non uno tra tanti. Quando siamo in sede i pensieri tornano felici, il tempo si ferma e ognuno ritorna un po’ bambino. Questo posto è la nostra seconda casa. Qui i ragazzi trovano una porta sempre aperta, che lascia fuori la noia, lo stress e la depressione e fa entrare la gioia di vivere, la voglia di fare e di condividere con gli altri le stesse esperienze.

Un gruppo per tante aspettative Il gruppo fornisce la possibilità di realizzare imprese e attività che altrimenti sarebbero impossibili. Chi vuole può entrare nella redazione del giornalino di gruppo. Si può entrare a far parte del cast di uno spettacolo che i più grandi organizzano e provare l’emozione di salire su un palco26


punto di riferimento scenico. Nel nostro gruppo non c’è un passaggio da una classe ad un’altra, ma si cresce insieme a tutti gli altri. Più si cresce più il gruppo offre la possibilità di assumersi delle rsponsabilità. Nel gruppo c’è spazio anche per i più timidi. Non è necessario o saper parlare al pubblico per avere delle responsabilità. Non è necessario tirare la riunione dei piccoli per contare qualcosa nella riunione di direzione. Esistono infatti gruppi come per esempio quello che noi chiamiamo Suoni & Colori (vedi capitolo 7)che si interessano di tutto ciò che è il settore tecnico dei nostri spettacoli. Sono i ragazzi che montano l’amplificazione e l’impianto luci e che fanno in modo che tutto funzioni quando saliamo sul palco con i ragazzi. Quelli di Suoni & Colori contribuiscono anche all’autofinanziamento del gruppo (vedi capitolo16) facendo service di amplificazione e luci a feste e concerti. Grazie a loro il gruppo si è ampliato, guarda verso orizzonti sempre nuovi e diversi è aperto ai cambiamenti e alle innovazioni, in spirito ovviamente. Dopo 25 anni di vita il gruppo è sempre punto di riferimento per moltissimi giovani. Il gruppo negli anni si è evoluto. Ora stiamo vivendo due realtà diverse: la prima interna che riguarda la vita di gruppo, le riunioni, gite, bivacchi e i campi estivi. La seconda che rivolge il nostro gruppo verso l’esterno. I musical che abbiamo realizzato infatti ci permettono di testimoniarne lo Spirito del gruppo al pubblico. Di questo settore, come anche l’organizzazione di grandi eventi come la Festa del Volontariato si occupano i ragazzi più grandi che, per motivi personali, lavoro e altro, hanno scelto di vivere il gruppo in modo diverso ma perfettamente complementare al primo.

• Giovani impegnati con e per la Diocesi Sin dai primi anni del gruppo, la Direzione composta da ragazzi e giovani dai 16 anni in su ha sentito forte l’esigenza del confronto con altre realtà di servizio e di volontariato presenti sul territorio. Proprio da questa esigenza e dalla gioia dello stare insieme è nato il fecondo rapporto con i giovani di tutte le realtà della Diocesi in cui i gruppi si trovano. Insieme quindi ai tanti giovani impegnati come noi nel servizio educativo, i nostri ragazzi partecipano e vivono la gioia di sentirsi Chiesa anche durante le occasioni di incontro con il nostro Cardinale Arcivescovo e in questi anni hanno avuto modo di sentirsi parte di quel tutto che è la Chiesa Universale attraverso la partecipazione ad importanti manifestazioni diocesane e non solo. Con particolare emozione ricordiamo gli spettacoli proposti dal nostro Movimento ai giovani in occasione del grande giubileo del 2000 alla GMG di Roma, dell’incontro nazionale di Pastorale giovanile di Loreto 2007 e in occasione della visita del Santo Padre a Genova nel maggio del 2008.

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Chiamati a trasformare il mondo

La direzione «Un responsabile si conquista la leadership dal basso, con la stima e la fiducia delle persone che guida»

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Come nel treno c’è sempre una locomotiva, anche nel gruppo c’è sempre qualcuno che tira. I gruppi finiscono quando mancano i responsabili. Con i ragazzi del nostro gruppo, fin dall’inizio abbiamo deciso di non chiamarci «capi», ma responsabili. Uno di noi diventa «guardiano» Rangers quando ha la capacità di aprire al Pastore e non al ladro o al brigante (vedi Vangelo di Giovanni a pagina 20). E bisogna essere accorti, perché spesso il ladro si presenta sotto le sembianze del pastore. Verso la fine di agosto, si preparano le diapositive del campo estivo con il commento sonoro da presentare ai genitori per iniziare l’anno Rangers (noi lo chiamiamo diafilm). È l’occasione per ricominciare ad incontrarsi in sede. E si parla dei nuovi gruppi, dei giorni della settimana impegnati con le riunioni, di chi tira e di chi si impegna. Non sempre è facile decidere. «C’è la maturità», oppure «Quest’anno ho il militare». Alcuni dicono subito che non se la sentono. Altri, appena arrivati si sentono pronti ad essere responsabili del gruppo. Poi cominciano le riunioni con i fogli, gli spostamenti, l’orario definitivo e, alla fine,


chi vuole impegnarsi veramente trova il «suo» gruppo e il tempo, chi invece tentenna non trova né l’uno né l’altro. Le direzioni sono normalmente formate da 3 o 4 persone . C’è il leader, quello che è in grado di risolvere i piccoli problemi di una riunione e c’è chi sente l’anno che inizia come il «suo». Difficile fare previsioni. Quante delusioni! Ragazzi in gamba che promettevano, a parole, ma che si scoraggiavano a metà anno. E quante sorprese: «Mezze cartucce» che trovano nel gruppo la loro identità, la gioia dell’impegno, si «sbelinano», come si dice a Genova ossia imparano a cavarsela da soli. A tutti, almeno a parole, viene data la possibilità di diventare responsabili. A volte i genitori provano ad esercitare una forte influenza. «Impegnate mio figlio perché vuole darsi da fare», ma spesso questi sono solo i desideri di una mamma o di un papà. La riunione della direzione è il momento per confrontarci, crescere e programmare. Quasi sempre si fa un bilancio sulla settimana e dagli sbagli, o sconfitte, ma anche dai successi, si prende spunto per capire e per cercare insieme la soluzione. Non sempre è facile arrivare ad una conclusione come quando si discute, in gran segreto, su come intervenire in un fatto grave accaduto. C’è sempre chi vuole usare «la mano pesante» e chi «quella leggera». Come spesso accade «veritas in medio stat». Ma che sofferenza! Ci sono alcuni che si credono rsponsabili perché sono inclusi nell’elenco che viene scritto sui fogli della riunione (con a lato l’immancabile numero telefonico). Sono quelli che alla riunione di direzione fanno i disegni sul foglio. Quelli che non parlano mai, quelli che, se piove, si rigirano nel letto … tanto c’è un altro che va alla gita al posto mio. Noi la chiamiamo la selezione naturale. Un responsabile la stima se la conquista dal basso, ottenendo la fiducia delle persone che guida. E i ragazzi hanno più fiuto dei cani: capiscono subito se uno vuole loro bene veramente. Non si tratta di urlare per farli stare zitti, ma di essere presenti in un momento difficile. Noi basiamo tutto sul rapporto personale. I ragazzi non sono un branco, ma un insieme di tanti singoli tutti diversi. Il responsabile, non è il buono, il super amico. Il responsabile è giusto e sa dire no.

Come essere veri responsabili Con il passare degli anni abbiamo migliorato il nostro metodo educativo, basandoci sull’esperienza e sugli errori del passato. Abbiamo anche teorizzato cosa serve per diventare un responsabile con la «R» maiuscola. Chiaramente non esiste un responsabile perfetto, anzi, come dice un capoverso di questo capitolo il bello della diversità sta anche nell’imperfezione, ma comunque un responsabile non si può improvvisare. Si deve formare con il tempo crescendo all’interno del gruppo. Ecco i punti importanti nella formazione di un responsabile. • Costruire la fiducia Finché non nasce la fiducia, non comunichi. Ti sembra di fare delle cose, però non lasci il segno. Quindi è importantissima la fiducia di chi ti ascolta e di chi ti segue. Ci vuole il suo tempo, la sua pazienza. È molto difficile perché per natura siamo tutti diffidenti. Oggi è più difficile costruire la fiducia. Ci vuole più pazienza, ci vuole più verità. La fiducia di chi ti segue ci vuole una vita a costruirla e un attimo a perderla.

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Chiamati a trasformare il mondo • Il linguaggio dell’esempio L’esempio è l’unico, vero linguaggio per comunicare. Oggi siamo ricoperti di parole. E la parola ha perso la sua forza. Bisogna veramente valorizzare l’esempio, vedere come uno si comporta. Chi è vuoto, non può animare, fa dei disastri. Anche questo deve fare riflettere. Chi è vuoto, comunica il vuoto. Non è necessario essere superdotati per essere bravi animatori. Basta possedere qualche frammento di vita, qualche aspetto positivo. Quel frammento di vita è già una ricchezza per gli altri. L’esserci sempre, la disponibilità, la semplicità sanno veramente animare. • Capo non vuol dire popolare Ci sono errori che vanno assolutamente evitati se si vuole fare bene. Il primo è cercare popolarità. Cercare gente che ti sta attorno, che ti dice come sei bravo, che ti batte le mani quando ci sei. Chi cerca popolarità non è un bravo animatore. Chi cerca popolarità prima o poi se ne va e non ha lasciato nulla. Un altro errore da evitare è il cercare nell’animazione affetto e consolazione per nostre tristezze personali. Non possiamo essere animatori per essere consolati. Animatori e maschere non possono essere la stessa cosa.

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Il motto dei responsabili che penso sia più azzeccato è «poco a tutti e non tanto a pochi». Oggi i giovani cercano ideali e leader da imitare. Troppe volte ci siamo fermati sull’orecchino o sulla sigaretta pur sapendo che non erano certo l’orecchino o la sigaretta che fanno essere uomini. Sono altre le qualità che fanno grande un responsabile. Il gruppo della direzione è sempre stato, in questi 18 anni di sacerdozio, la mia famiglia. I sabato sera, i campi estivi e invernali. Sempre insieme per momenti esaltanti. Spesso il discorso scendeva sull’argomento fede. E allora diventavo il sacerdote: quante domande, quanti perché o «che cosa ne pensi?». E allora io dicevo, «ragazzi, non si può essere responsabili di un gruppo come il nostro senza un po’ di fede. Taizè, Assisi, Tor Vergata, il monastero di Quarto Castagna e il Santuario della Madonna della Guardia di Genova o anche l’Oasi raggio di Sole sopra Sanremo, sono alcuni di quei posti dove si andava per trovare la benzina e per ricaricarsi. E i gruppi vanno avanti, alla Madonnetta e a Sestri di Genova così come a Spoleto, per quanti tirano anche se spesso si sentono soli. Per loro il sole che vale è quello dentro e questo solo brucia e scalda sempre! Padre Modesto Paris


la direzione

Tante idee, una sola direzione Fulcro della vita di gruppo è la riunione di direzione in cui realmente si programmano tutte le attività che si svolgono in un anno. Tutte le proposte devono essere portate a questo incontro e discusse da tutti i responsabili. Questo appuntamento non deve essere al di sopra degli altri per importanza, ma deve guidare tutti i responsabili nella stessa direzione. La riunione di direzione programma, organizza e prepara praticamente tutte le altre riunioni settimanali quindi è bene che si svolga all’inizio della settimana, magari di sera per favorire la presenza di tutti. In questa riunione si discute, ci si arrabbia, ma si cresce insieme. A volte capita di prendere decisioni sbagliate, nessuno è nato animatore perfetto, ma l’importante è che alla base di tutto ci sia l’impegno e la devozione nei confronti del gruppo. Per un responsabile è sicuramente la riunione più impegnativa perchè non basta sedersi e scaldare la panca, bisogna essere propositivi e bisogna assumersi impegni. La vita del gruppo, infatti, si basa sull’impegno e sulla dedizione dei singoli senza dei quali nulla avrebbe senso. Proprio per questo è l’unica riunione che si sa quando inizia, ma non si sa quando finisce, perché non sono le esigenze dei singoli a regnare, ma quelle del gruppo. Un vero responsabile cerca di essere sempre presente. A differenza delle altre riunioni settimanali non ci sono responsabili della riunione, si è tutti sullo stesso piano. Ovviamente chi è al gruppo da più tempo potrà dare migliori consigli, ma ognuno può portare proposte e discuterne altre perché alla riunione di direzione non vige sempre la legge della maggioranza, ma dell’interesse del gruppo. La riunione di direzione per essere più operativa può essere divisa in due momenti. Uno in cui si parla del gruppo in generale: delle attività in programma, del resoconto di cassa, dei problemi dei ragazzi e delle riunioni settimanali e in cui si danno le direttive e si trovano le tematiche che accompagneranno tutti per alcune settimane. Un secondo momento, che può essere fatto anche durante un pomeriggio, è più specifico alla preparazione vera e propria dei giochi, delle attività, dei cartelloni…utili per i sottogruppi. Entrambi i momenti sono fondamentali ma, mentre al primo partecipa tutta la direzione, al secondo conviene dividersi a seconda del

• Il bello di essere imperfetti L’animatore comunica sé stesso e non nasconde i propri difetti. Colui che a tutti i costi vuole nascondere i suoi lati negativi non è vero. Questo non significa aver fatto pace con i propri difetti, ma vuol dire essere come tutti in cammino. Non esistono i perfetti. Per convivere con gli altri animatori come noi dobbiamo convivere con i nostri difetti e accettarli. Quando riusciamo a farlo con i nostri, siamo pronti a farlo anche con quelli degli altri. • Pazienza virtù dei forti L’educatore è soprattutto uno che semina. Essere educatori è faticoso e può scoraggiare. Basta uno sbaglio e subito perdi tutto quello che hai seminato. Magari non hai sbagliato, sei solo stato giudicato, ma perdi lo stesso. Il seme che con tanta cura hai posto, innaffiato e curato non da frutto oppure lo da, ma non riconosce in te l'artefice della sua crescita. È terribile. Se le cose sono fatte con sincerità prima o poi arrivano risultati. Poco importa se tu li vedi o se ti dicono grazie, però quello che tu hai fatto, se lo hai fatto con il cuore è preziosissimo. E adrà frutti.

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Chiamati a trasformare il mondo • Umili, forti e robusti Ecco la regola di Don Bosco per l’animatore: «Renditi umile» Non facciamo l’animatore per essere applauditi. Un buon educatore è molto umile, riconosce i suoi difetti, vive la coerenza con se stesso, sa che da solo non ce la può fare. «Renditi forte». Questa fortezza è proprio la fortezza delle motivazioni, è la passione educativa. Ci credo profondamente, non mi scoraggio mai. Continuo ad andare avanti. «Renditi robusto». Nel senso di sostenere la fatica, perché fare gli educatori è faticoso. • Andare al cuore Non possiamo considerare i ragazzi solamente come una massa. Fare l’educatore è un lavoro capillare, a tu per tu. In ogni momento che siamo mischiati agli altri dobbiamo avere attenzione personalizzata rivolta al singolo. L’animazione è un servizio personalizzato che arriva al cuore di chi ne fruisce. • Comunica se sei formato Un animatore ha bisogno di fare un cammino formativo. Questo è un dovere: se non lo fa non è un animatore. Anzi, quello che fa è destinato a lasciare niente. • Comunica se hai fede Parliamo di Dio in mille modi, anche quando non lo nominiamo. Per farlo bisogna crederci. Se ci crediamo agiremo con una marcia in più.

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gruppo di cui si fa parte. Ci sarà chi prepara la riunione dei bambini e chi quella dei più grandicelli: perché le esigenze, come abbiamo visto, cambiano da riunione a riunione. L’affiatamento l’amicizia e la fiducia devono poter regnare sempre all’interno della riunione, solo così i litigi e le differenti opinioni si dimenticano subito finito l’incontro per ripartire con una settimana alla grande senza alcun tipo di screzio. Ogni responsabile deve poter credere all’operato dell’altro senza mai mettere in discussione l’impegno altrui.

Essere pastori e non cani Una delle regole che ci ha sempre guidato è: «essere verso gli altri pastori e non cani». Significa non trattare gli altri come una massa a cui basta abbaiare per ottenere qualcosa, ma considerare ogni singolo individuo diverso da tutti gli altri. Ognuno con i suoi pregi e i suoi difetti. Apesso non ce ne accorgiamo, ma i ragazzi capiscono di essere trascurati. In questo caso si rischia di perdere la fiducia dei partecipanti, fondamentale per la buona riuscita di ogni attività. È bello avere qualcuno con cui vivere l’avventura della giovinezza. È bello avere anche altri scopi oltre a quelli dello studio e del lavoro. Sentirsi utili è bello, rende grandi e fa sentire realizzati. Si fa parte della direzione non per l’età, ma per le responsabilità che ci si assume.

Ognuno in direzione ha il suo ruolo Ognuno di noi ha una ragione di esistere, ma abbiamo bisogno degli altri per scoprire la nostra strada. Non siamo isole ma siamo persone e non riusciremo mai a capire che cosa possiamo fare senza donarci agli altri e senza qualcuno che ci accetti. Stando insieme in direzione ci si può mettere in discussione osservare noi e nostri simili per riempirci delle cose belle che possono arrivarci dagli altri e per mettere in comune quello che io posso dare. Per talenti non si devono intendere quelle capacità di produrre qualcosa di monetizzabile, ma saper sorridere, ascoltare, voler bene, amare, accettare, condividere, donare senza attendere una contropartita. Sono tutte qualità che contribuiscono a fare squadra e affiatare la direzione. Vi sono anche altri tipi di talenti: io so suonare, tu hai una bella voce, tu sei bravo a scrivere, lui è atletico. Hanno tutti lo stesso valore.


Liberi e indipendenti Il coraggio di investire anche avendo pochi soldi è stato un principio che funziona ancora. L’importante è avere obiettivi da raggiungere. Con l’impegno e la volontà si trovano anche i soldi per comprare quegli oggetti che ti fanno fare un salto di qualità. Abbiamo cominciato acquistando un ciclostile a mano per stampare i fogli della riunione e con le matrici da incidere con la macchina da scrivere. Poi è arrivato il ciclostile senza manovella: sembrava una macchina senza volante. «Che meraviglia e come stampa bene!» E mentre stampa si può fare dell’altro. C’era la caccia ai negozi dove la carta costava meno, ma doveva essere di 80 grammi, formato A4 o A3 e tagliata bene. Anche la carta ha una venatura da rispettare altrimenti il ciclostile si inceppa. Arriva poi una macchina enorme e pesantissima: dobbiamo allestire un locale solo per lei. Lino tenta di imparare ad usarla, ci riesce solo che per stampare impiega tre giorni per preparare la macchina e 4 per pulirla. Ma stampa bene ed è economica. Ma nessuno vuole imparare anche perchè serve poi una lavatrice speciale per pulirsi! Arriva l’era della

«Il Fiat 238 è stato il nostro primo furgone. Lo abbiamo acquistato a un’asta del Comune. Serviva per portare corone funebri, ma noi..» 33


Chiamati a trasformare il mondo copyprinter, un’era spaziale, ma bei tempi quando il ciclostile aveva la manovella. Il Fiat 238 è stato il primo furgoncino acquistato. Lo abbiamo trovato a un’asta del Comune. Veniva utilizzato per portare le corone di fiori alla discarica. I primi tempi giravamo con la scritta Comune sulla fiancata: era un modo per non essere multati. Andava sempre, in salita non ne parliamo, con la sua trazione anteriore. Partiva per il campo estivo senza riuscire a salire dalla sede al piazzale. Toccava per terra, ma arrivava dopo soste, preghiere e sudate a Rumo in Val di Non. Una volta il povero 238 doveva andare a Taizè in Francia vicino a Lione. Partì carico, perfino con una bombola nascosta in una coperta, le tende ed il cibo. A Masone ha iniziato ad emettere rumori strani. Ci siamo fermati da un elettrauto che dopo un controllo, ci ha detto: «Non so se riuscirà ad arrivare a Genova». Ma abbiamo continuato con Luca (futuro meccanico) al mio fianco. Pensavo che in Francia l’autostrada avvese i cartelli verdi come in Italia, invece li ha blu e ci siamo trovati in mezzo ai prati. A Taizè comunque ci siamo arrivati dopo 12 ore di viaggio a 70\80 km all’ora. Non era un pulmino, ma un furgone ossia non aveva i finestrini e i sedili ma era abilitato solo al trasporto merci. Qualche volta al campo estivo o alle attività lo abbiamo usato anche per trasportare (per brevi tragitti) i ragazzi: ci stavano sempre tutti. Sono pazzie che oggi non farei più, ma che ricordo con emozione. Una volta al campo mi chiamarono perché qualcuno si era fatto male. Quel giorno ero già sceso dal Monte Pin con una ragazza in spalle per una bruciatura sul piede causata dall’acqua della pasta. Quando giunse il secondo ferito con la gamba rotta presi il 238 chiedendo ai ragazzi di seguirmi per spingere. Arrivammo in cima e per le discese ci affidammo all’aiuto dei Santi. In seguito sono arrivati il Transit con i sedili, il camion con la frizione che slitta, il furgone rosso passo lungo, l’ape e perfino un Ducato 2800. Ma che bei tempi quando con il 238 si alzava il sedile e con la bomboletta spray si scongelavano i fili dello spinterogeno! Le ricetrasmittenti o CB come le volete chiamare hanno dato una maggiore organizzazione al gruppo. Tutti i responsabili ne possedevano uno e ce ne era uno anche su ogni nostro pulmino e camion. Il nostro canale era il 3. E ci

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Liberi e indipendenti si chiamava continuamente per sentire se ci sentivamo. Sì, perchè quando serviva si perdeva la frequenza. Era anche in macchina al posto della radio, sempre acceso con quel fischio continuo e fastidioso. Ora c’è il cellulare ma che nostalgia per il vecchio CB con l’antenna di due metri. Per quanto riguarda l’attrezzatura potremmo aprire un’officina o un’impresa di costruzioni. La roba nostra è segno di libertà. Anche l’impegno nell’acquisto è stato un modo per sentirsi gruppo. I pulmini, i ciclostili sono stati comprati a suon di piantine vendute fuori dalle chiese, fiere gastronomiche, lotterie con in premio un campo estivo gratis. Il nostro gruppo magazzino di oggi ha stampato l’inventario del materiale e delle attrezzature rangers: sono 41 pagine. E anche il sogno di catalogare tutto è diventato realtà, uno dei tanti sogni che hanno messo le gambe. Gambe e braccia di ragazzi che si sentono nel gruppo. Anche se, specialmente sui pulmini, e sul 238, il Signore si è messo spesso al volante. Padre Modesto Paris

• La comunicazione Rappresenta forse la vita del gruppo stesso perché consente di essere conosciuti anche all’esterno della realtà in cui si è inseriti ed è parallelamente il mezzo attraverso cui si può rimanere sempre informati sulle attività del gruppo anche senza una partecipazione attiva a volte dovuta ad impegni di lavoro o familiari. Per noi è importante che tutti i ragazzi imparino a stampare. È tutta esperienza e soprattutto, visto che i realizzatori di tali imprese sono sempre giovani, spesso neppure maggiorenni, ciò contribuisce notevolmente alla loro crescita personale essendo molto responsabilizzati, aumentando in loro il senso di proprietà per le cose ed imparando così ad usare macchine e tecniche che possono diventare, in un futuro, un vero e proprio impiego come il tipografo o il giornalista.

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Il pulmino e il camion

• Le tende Fortunatamente i nostri primi campi estivi sono stati fatti dentro una casa ma, dal terzo anno, precisamente 1986/1987, abbiamo iniziato a dormire in tenda. Un passo alla grande è stato fatto quando, grazie a un genitore del gruppo, abbiamo avuto in dono dal corpo dei pompieri (di cui lui era il medico) una tenda da campo che poteva ospitare a dormire ben 50 ragazzi. Le prime canadesi che abbiamo comprato erano da 8 posti, ma all’epoca quando non ne avevamo tante ci si dormiva in 10. In un secondo tempo anche in questo settore ci siamo modernizzati e durante i campi estivi con un po’ di sacrificio economico e buona volontà abbiamo realizzato dei pianali per rialzare di 15 centimetri le tende dal prato e far si che, isolandole dall’umidità, durino di più e si dorma in piano.

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Nel nostro gruppo, svolgono un ruolo indispensabile i mezzi di trasporto. Sono sicuramente il lato più oneroso del nostro associazionismo, ma ci garantiscono spostamenti sicuri e rapidi per meglio svolgere tutte le nostre attività nell’ottica di non dover dipendere mai da nessuno, riuscendo così a investire le liquidità, che sono sempre molto scarse, sulle vere necessità quali la manutenzione degli oggetti, le spese di ordinaria amministrazione e di mettere così da parte il denaro necessario per la straordinaria amministrazione. Tutto sta nell’effettuare un grosso sacrificio o meglio un investimento, di natura economica, tutto in una sola volta; certo le cifre sono alte e la burocrazia non manca mai ma alla fine, si raccolgono ottimi frutti (sotto tutti i punti di vista). Oggi, nel 2010, il nostro gruppo possiede 3 furgoni da 9 posti, un carrello e due camion in grado di trasportare fino a 35 quintali. Sembrerà assurdo ma ciò consente di fare, ad esempio, un campo estivo con 30 persone trasportando tutto l’occorrente, senza dover spendere neanche una centesimo in treno o pullman.

Dal foglio al giornale di gruppo al sito web Un gruppo è vivo solo se ha un foglio settimanale. Non possiamo fare una riunione se non esiste un foglio che ne raccolga i contenuti e gli avvisi. Il nostro primo foglio era stampato con un ciclostile a mano regalato al convento da una banca. Le matrici erano incise o con una macchina da scrivere o a mano con un’apposita penna. L’originale poi veniva inserito nel ciclostile e stampato su una carta molto porosa. Il foglio settimanale a un certo punto non ci bastava più, allora abbiamo pensato di fare il nostro primo giornalino. Quante risate e quanti errori all’inizio. In un primo tempo ne usciva uno ogni 2 mesi, poi siamo giunti a produrne uno ogni 15 giorni. Ovviamente come con i pulmini anche nel settore della stampa abbiamo seguito tutte le innovazioni che il mercato proponeva. Dopo il ciclostile a mano siamo passati ad uno che funzionava a corrente. Dopo anni siamo arrivati all’innovazione: dal ciclostile siamo passati con grandissimo sacrificio a una tecnica di stampa totalmente diversa, la OffSet . Con questa macchina abbiamo cominciato a stampare


Liberi e indipendenti un periodico serio. Non che gli altri non lo fossero, ma questo andava oltre al concetto di giornalino fatto dai bambini. Esprimeva verso l’esterno gli ideali del gruppo e in più era anche bello da vedere. Nella nostra stamperia, abbiamo tutto, possiamo stampare qualsiasi cosa, in qualsiasi colore e con qualsiasi carta. Segnali è stato il primo periodico Rangers ad essere spedito in abbonamento postale. Purtroppo i tempi della gloriosa Off-Set sono passati, anche perché i costi erano troppo elevati. Oggi in ogni nostra sede c’è almeno un personal computer ed un copyprinter, ossia l’evoluzione del ciclostile. E ora chi stampa non deve passare due ore sotto la doccia per levarsi le tracce d’inchiostro. Con l’avvento di internet abbiamo puntato molto anche sul web. Abbiamo un sito che viene aggiornato quotidinamente (www.movimentorangers.org) e newsletter mirate che arrivano settimanalmente nelle caselle email.

Suoni & Colori Una nostra peculiarità è rappresentata dagli spettacoli come mezzo per trasmettere ideali. Realizzare uno spettacolo comprende anche un lato prettamente tecnico che può contribuire, ma non è essenziale, al miglioramento della qualità e del livello dello spettacolo stesso tanto che negli anni siamo arrivati a calcare vari palcoscenici importanti d’Italia tra cui quello del teatro Ariston di San Remo. Il lato tecnico comprende un lato sonoro ed uno di illuminazione da cui deriva il nome del sottogruppo (Suoni&Colori) che si è preso l’incarico di gestire il materiale audio e luci che possediamo. Abbiamo iniziato con l’amplificatore della chiesa. Poi siamo passati ad un mixer audio pesantissimo, 4 faretti con una centralina fatta in casa. Da quel momento abbiamo visto che potevamo credere in questa avventura, pian pianino, con enorme sacrificio economico siamo riusciti a crescere. Un giorno avevamo deciso di andare a Bra in provincia di Cuneo da un noto negozio all’ingrosso di attrezzatura musicale, eravamo in 5. Quando siamo entrati dentro il magazzino ci brillavano gli occhi eravamo increduli per quello che stavamo vedendo. Tutti gli strumenti che sognavamo erano lì. Nello stesso tempo

• Il magazzino Il sottogruppo «magazzino» è nato dalla necessità di dover archiviare ed inventariare tutto il materiale di nostra proprietà al fine di poterlo meglio gestire. Ci siamo resi conto di possedere veramente molto materiale tanto da non ricordarci più dell’esistenza di parecchi oggetti. L’idea deriva proprio da questo problema la cui soluzione serve a ridurre le spese in quanto, ad esempio, se non si trova più un fornello, e si deve partire per un bivacco è necessario acquistarlo e così per mille altre cose. Il magazzino contiene tutte le tende (in grado di accogliere 100 ragazzi), il materiale audioluci e video, tutto l’occorrente per i campeggi (pentole, tubi,…), le scenografie ed i costumi dei nostri musical, ecc… La cosa più importante e bella da sottolineare è che a questa stanza hanno accesso tutti, in quanto le chiavi sono insieme a quelle dei mezzi e della sede nella apposita bacheca.

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• Service audio e luci È difficile elencare tutte le attrezzature che possediamo. Basti sapere che abbiamo da noleggiare due palcoscenici uno 10 metri x 8 e l’altro 6x4. Abbiamo un’amplificazione che può servire per concerti all’aperto e al chiuso, mixer audio microfoni e radio microfoni. In più un impianto di illuminazione con oltre 100 fari, seguipersona, dimmer, console ecc. Se leggendo questo libro vi accorgete che avete bisogno di noi, potete contattarci ai numeri che trovate in fondo al libro. Siamo anche disponibili a venire alle vostre manifestazioni a rappresentare i nostri Musical.

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eravamo anche realisti. In sintesi non avevamo neanche una lira. All’improvviso Padre Modesto ci chiamò e ci disse con tutta la serenità che avevamo bisogno di 2 casse e che i soldi per acquistarle ce li avevamo. Era arrivato, solo pochi giorni prima, un finanziamento dalla Regione Liguria per una riuchiesta che avevamo fatto un anno prima. Miracolo. È la stata la svolta del gruppo. Da quel giorno ad oggi sono successe molte cose e noi siamo saliti e scesi da centinaia di palcoscenici. Siamo andati anche a Roma durante la XXV Giornata mondiale della gioventù con tutta la nostra attrezzatura per fare il nostro spettacolo. Il settore audio luci è stato ed è quello su cui abbiamo fatto i più grossi investimenti, perché ha consentito ai nostri spettacoli di migliorare, in più rappresenta per la nostra cassa (vedi capitolo 16), un grosso introito economico. Infatti svolgiamo da anni un’attività chiamata «service». Ossia noleggiamo i nostri materiali anche a terzi, mettendo a disposizione le nostre competenze tecniche. Andiamo con il camion ad installare impianti audio e luci di nostra proprietà, a coloro che ne fanno richiesta in cambio di una offerta, che ricopra almeno le spese di trasporto, aiutando così tutte quelle associazioni di volontariato o gruppi parrocchiali che si trovano nella nostra stessa situazione economica, ma che vogliono organizzare delle manifestazioni. Anche questo settore, prevede il coinvolgimento di ragazzi che possono imparare molte cose potendosene servire come una formazione professionale.


Una fede viva e gioiosa «Della fede cerchiamo un'immagine viva, aperta e gioiosa». Così recita il nostro statuto. Non è stato difficile vivere e trasmettere la fede ai ragazzi. Qualcuno all'inizio voleva che facessimo catechismo, altri ci suggerivano di recitare il rosario. «Ma perchè i Rangers non stanno zitti durante la S. Messa?», era la frase tipica. Ma solo chi aveva parte attiva nel gruppo, sperimentava una fede viva, aperta e gioiosa. Devo riconoscere che solo il Padre Nostro, recitato al termine della riunione, conferisce una forza particolare alla stessa più che tante preghiere. Il catechismo da solo non riesce quasi mai a portare i ragazzi alla S. Messa, e, dopo la Cresima, tornano in chiesa, se tutto va bene, al matrimonio. Nei Rangers, imnvece, questi stacchi non ci sono stati e non esistono tutt'ora. Alla domenica diventa quasi naturale per i ragazzi avvicinarsi all'altare, portare la chitarra, arrivare mezz'ora prima e non addormentarsi. Ricordo quando, per esigenze pastorali, andavo a cele-

«Credere è un’esperienza personale e un cammino comunitario fatto di momenti, celebrazioni, incontri e gesti concreti» 39


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L’importanza dei simboli Se si celebra una giornata speciale sarà facile trovare i simboli più appropriati ma, se così non fosse, bisogna che un gruppetto si veda in settimana per leggere le letture della domenica e discuterne, magari con l’aiuto di un Sacerdote fino ad individuare quelli più appropriati. Poi bisogna che qualcuno li prepari. Ci vuole anche chi si preoccupi di farli trovare in chiesa la domenica mattina, chi di farli portarli all’altare durante l’offertorio e chi ne spieghi al microfono il significato con linguaggio semplice e chiaro. Come dice il Catechismo della Chiesa Cattolica, nella vita umana segni e simboli hanno un ruolo importante. In quanto essere corporale e spirituale insieme, l’uomo esprime e percepisce le realtà spirituali attraverso segni e simboli materiali. L’uomo ha bisogno di segni e simboli per comunicare con gli altri […] e nella sua relazione con Dio. I simboli devono servirci quindi per attualizzare la parola di Gesù.

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brare Messa alla chiesa sulla collina del Righi di Genova. Poi di corsa, in 7 minuti, arrivavo appena in tempo al Santuario della Madonnetta per la funzione con i ragazzi e le famiglie Rangers. Si perchè anche i genitori, e molti altri, si sono avvicinati alla S. Messa grazie ai figli Rangers, e qualcuno, «piano piano», come dicono a Spoleto, ha varcato la porta e si è fermato. Molti sono i ricordi di episodi forti di fede. Come quella S. Pasqua a Taizè oppure quando, nell'85, ho lanciato la mia promessa al Papa che passava in P.zza S. Pietro (oggi è custodita nel tesoro del vaticano), o ancora quella volta ad Assisi l'incontro con i frati disponibili a dare la loro testimonianza ai ragazzi e la cerimonia della promessa sullo scoglio di Roccaporena. E proprio su quello scoglio sono ritornato dopo dieci anni per ringraziare S. Rita, la Santa Agostiniana: chi avrebbe immaginato di fare il parroco a pochi chilometri di distanza? I ritiri per Natale e Pasqua sono riusciti sempre bene anche se, in alcune occasioni, poco preparati. A volte basta arrivare in certe località di silenzio per fare tutti silenzio. E in quei luoghi la confessione diventa spontanea. Sarà poi il «ricordino» che si appende al fazzoletto promessa a darci una nuova carica quando la fede vacilla. E si ripenserà alla Guardia, a Cascia, a Tor Vergata, a Taizè o, semplicemente, alla Madonnetta, così piccola, ma sempre vicina a noi. Tante volte gli incontri con testimonianze forti hanno conferito nuova benzina alla fede di tanti Rangers. Per esempio Frére Roger a Taize, dopo una giornata di digiuno un venerdì santo ci disse: «Il mondo ha bisogno della vostra gioia, continuate a testimoniare la voglia di vivere». Padre Alex Zanotelli, che abbiamo incontrato in Trentino durante un nostro campo invernale, ci ha fatto capire che anche l’indifferenza può essere un peccato e che c’è bisogno di giustizia, non solo di carità. Don Luigi, parroco di S. Siro di Genova, ci ha insegnato che la fede senza le opere è morta, come sostiene anche S. Paolo. Le raccolte di generi alimentari per i poveri di S. Siro nelle vie della parrocchia hanno aperto gli occhi ai ragazzi sulle gravi condizioni in cui vivono molte famiglie del centro storico di Genova. in questo modo abbiamo capito che per trovare il terzo mondo non bisogna fare poi così tanti chilometri. Anche il container che ogni anno riempiamo con ogni ben di Dio e


poi inviamo alle missioni di P. Luigi nelle Filippine per Natale ha dato una ventata di apertura vera verso le missioni. Quello che è partito il Natale del 2001 è stato il sesto. Un rapporto con un Dio incarnato, concreto, presente in chi è in difficoltà, ma anche in chi è piccolo, giovane e in ricerca. Il cammino della fede è comunitario: fatto di incontri, di esperienze, di celebrazioni e di gesti concreti. Non si crede da soli. Il singolo Rangers ha la possibilità di vivere la sua fede e il suo rapporto con Dio in modo naturale, non forzato, gioioso e non stanco. Un catechismo a 360 gradi, lineare e continuo con un confronto nel gruppo «per e con» il Signore. In primo luogo la S. Messa alla domenica partecipata non come «un mordi e fuggi» o sotto la spinta della mamma, ma come festa settimanale in gruppo e con la comunità sotto lo sguardo felice del Pastore al quale abbiamo aperto la porta del recinto.

Non spaventiamoci se a volte ci vengono in mente cose troppo grandi. Proprio quell’albero intero, portato in Chiesa con un po’ di confusione in occasione del Vangelo di Zaccheo, potrà servire un domani a qualcuno per spingersi a salire sempre più in alto per incontrare Gesù. L’immagine di quell’enorme mongolfiera, fatta di centinaia di palloncini colorati, che non c’era verso di farla entrare dal portone in occasione della Giornata della Vita, potrà forse far riflettere una futura mamma che oggi vede troppi problemi per sé e per il bimbo che ha in grembo. Le scalinate dell’altare ricoperte di scatole di pasta e pelati destinati ai meno fortunati della nostra città, potranno far venire in mente a qualcuno che il dare una scatola di riso è importante, ma che si può e si deve fare anche molto di più. A volte la ricerca del simbolo ad effetto sembra impossibile, ma una frase tratta dal Vangelo e scritta su di un cartellone a caratteri cubitali, servirà comunque a fare riflettere i presenti e tutti quelli che passeranno in chiesa durante la settimana.

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Fede da vivere e non da subire

• Chiesa viva tutto l’anno La presenza del gruppo deve essere percepibile anche quando è assente. Avete mai provato ad entrare in una qualunque chiesa in un giorno feriale? Da un primo sguardo si capisce subito se in quella comunità sono presenti gruppi che «tirano». Se la chiesa è spoglia, senza un calendario con gli impegni settimanali, senza un po’ di volantini sul tavolino vicino all’uscita, senza un cartellone colorato, state pur certi che quella è una comunità dormiente. • Si arriva prima Per partecipare ad un evento liturgico e non subirlo, è necessario arrivare prima dell’inizio, in modo da avere il tempo per sistemare le ultime cose. E la Messa non deve sfuggire a queste regole. L’essere in chiesa mezz’ora prima dell’inizio, deve diventare una prassi normale. L’importante è che quella mezz’ora venga sfruttata bene anche se si fosse solo in due. Tante volte, quando si è pochi, non viene neppure voglia di provare un canto e questo è sicuramente l’inizio della fine dell’arrivare prima.

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Ai Rangers noi viviamo la fede in un modo particolare. Come recita l’articolo 12 dello statuto «vogliamo che il Vangelo sia fonte di ispirazione di tutto ciò che il gruppo farà». Può sembrare un’affermazione un po’ forte, ma da noi è sempre stato così. Non c’è riunione, gita, campo o bivacco in cui la tematica non vada di pari passo con la liturgia. Cerchiamo di trovare sempre qualche spunto per far riflettere i ragazzi sugli insegnamenti che ci ha dato Gesù. Nei fogli delle riunioni compare sempre anche la Santa Messa che per noi è un appuntamento imprescindibile. Per intenderci, per essere un buon Ranger, non basta andare alla riunione, ma bisogna vivere e animare anche la Santa Messa. Chiaramente vale anche il discorso inverso. Non basta andare a Messa, ma bisogna anche partecipare a tutte le riunioni. Al momento della fondazione del gruppo ci siamo anche posti il problema delle persone che non credono. Già nel 1984 abbiamo pensato che non fosse il caso di fare un gruppo chiuso, ma fosse requisito fondamentale l’apertura. Per questo possono partecipare alle nostre attività, persone di altre confessioni o anche ragazzi che per qualche motivo hanno perso la fede. L’importante, come recita l’articolo 15 del nostro statuto, è che «Quando ci incontriamo per pregare, facciamo giornate di ritiro e messe» la partecipazione sia «spontanea e convinta, perchè non ci sia nessuno che faccia queste cose con leggerezza, disimpegno e ipocrisia». Questi articoli possono sembrare un po’ selettivi, ma d’altronde è giusto che chi si iscrive sappia che tipo di gruppo ha deciso di frequentare. È una scelta. Non c’è nessuno, infatti, che si iscrive a una squadra di calcio se non sa nemmeno toccare il pallone e odia questa disciplina. Ad avvalorare questa tesi c’è anche l’articolo 2 dello Statuto che dice: «Chi entra nel nostro gruppo lo fa per libera scelta»

La Santa Messa La S. Messa domenicale non termina con la benedizione finale, ma continua fino alla celebrazione della domenica successiva. Questa in sintesi è la S.Messa per il nostro gruppo e se di questo siamo convinti, nessuna attività o riunione sarà più la stessa. Ma affinchè questo concetto possa


una fede viva e gioiosa essere fatto proprio dal bimbo più piccolo e dall’adolescente più dubbioso, ogni Messa deve diventare un momento di forte partecipazione e di condivisione con gli altri appartenenti al gruppo e con tutta la comunità e le famiglie. Il nostro obiettivo è far sì che in chiesa l’ultima fila di seggiole sia vuota e che tutti si stringano davanti, attorno all’altare. Per ottenere ciò è molto importante che ogni incontro domenicale venga preparato accuratamente con simboli e canti che possano coinvolgere tutti. Molti sono convinti che solo un Sacerdote che parla bene sia in grado di fare una bella Messa, ma anche il più bravo Sacerdote, da solo, difficilmente riuscirà a farci sentire così bene da sperare che la Messa duri ancora un po’. Sicuramente è bello ed importante che ci siano delle celebrazioni eucaristiche soltanto per il gruppo, ma occorre tener presente che la messa è una celebrazione comunitaria che va quindi vissuta con tutta la comunità. Un fondamento dei Rangers è proprio quello di essere un gruppo presente nella Parrocchia. E quale miglior segno di questo se non l’essere tutti presenti e attivi alla Messa domenicale.

Canti, fogli e libretti «La gioia è una caratteristica del nostro gruppo e noi la esprimiamo con il canto», recita l’articolo 5 del nostro statuto. «Chi canta prega due volte» diceva Sant’Agostino. Sicuramente il canto è una parte molto importante nella preparazione della Messa ed è anche la parte che deve coinvolgere tutti i presenti all’assemblea, stonati compresi. Una Messa in cui tutti, ma proprio tutti, cantano è veramente una Messa che vale doppio. Per dare ad ognuno la possibilità di provarci, bisogna innanzitutto fornire le parole delle canzoni. Il libretto è un’ottima cosa, l’importante è che non sia composto da duecento pagine. L’ideale è un semplice foglio, anche se ogni volta si è costretti a ristamparlo. Manteniamo gli stessi canti per più domeniche consecutive e cantiamoli anche durante le riunioni settimanali: è il miglior modo per impararli. Diciamo chiaramente al microfono il titolo ed il numero del canto che sta per iniziare; per quanto possibile cerchiamo di scegliere un canto attinente con l’argomento del giorno.

• Un occhio ai piccoli I bambini hanno bisogno di impegni, adatti alle loro capacità, che li facciano sentire importanti: fare il chierichetto, leggere una preghiera dei fedeli, partecipare alla processione offertoriale, consegnare i volantini con gli avvisi settimanali. È fondamentale che ogni bambino venga preparato per quello che dovrà fare, in modo che non si senta poi in imbarazzo di fronte a tutta la comunità. • La chitarra è sicuramente lo strumento più semplice per l’accompagnamento dei canti alla Messa: tanti sanno strimpellarla, il problema è convincerli ad uscire allo scoperto. Sicuramente è più facile suonare in tanti che da soli e allora non facciamoci problemi a chiedere e richiedere la disponibilità a tutti quelli che conoscono qualche accordo. Punto importante è che chi guida il gruppo di «orchestrali» si preoccupi di fornire a tutti gli accordi e riesca a tenere la musica come sottofondo e accompagnamento al canto. Non è un’esibizione o un concerto.

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La sede e la riunione «Abbiamo buttato giù le porte nel campo da pallone e abbiamo costruito panche per riunirci, parlare, pregare e cantare»

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Scrivo questo capitolo dopo un pomeriggio passato alla «Comunità Incontro» di D. Pierino ad Amelia (Tr), vicino a Spoleto. Ho accompagnato una ragazza ormai decisa ad entrare in comunità! Al ritorno ho messo la cassetta del Gen Rosso e quelle parole «… non arrenderti…» mi martellavano in testa. E pensavo al capitolo sulla riunione per il libro! Pensavo a tanti ragazzi fortunati, a quella scena del nostro musical «Chiamati a trasformare il mondo» quando al ragazzo viene messa la promessa al collo per non farlo entrare nel tunnel della droga. Ma ora passiamo alla riunione. Sull’orario tutti decisi: dalle 17,30 alle 19. Un orario per chi vuole studiare prima. All’inizio i canti, poi il messaggio, il gioco, gli avvisi e il canto «Ti ringrazio» finale. Per i più grandi il lavoro anziché il gioco. E se la riunione è ben preparata, il tempo vola e arrivano subito le 19. I genitori entrano in sede, prendono i loro figli e danno una lettura all’immancabile foglio. Qualcuno si ferma a parlare per qualche chiarimento. Una buona riunione è quando si lascia un segno e si lancia un messaggio. Ogni incontro è unico e irripetibile. È bello vedere i ragazzi quando arrivano con la promessa indossata un po’ prima. Il responsabile ha già disposto le panche o le sedie in cerchio. Una chitarra suona e subito chi entra prende posto e canta. Il messaggio viene trasmesso o con una storia o con gli esempi. Si cerca di far parlare i ragazzi ponendogli delle domande. All’inizio la sfida è stata questa: sostituire le porte del campo da pallone con le panche per parlare. Sembrava un’impresa impos-


sibile: eravamo convinti che i ragazzi non avrebbero mai parlato. Invece non è stato così. È stata una grande emozione quando al rifugio della Scoffera, sulle alture di Genova, durante un bivacco, un ragazzo con problemi all’udito ha avuto il coraggio di leggere un brano di fronte a tutti. Qualcuno si è asciugato gli occhi. È vero, quando ti senti a casa, senti che chi ti sta vicino ti vuole bene e riesci a comunicare senza la paura di sbagliare. Un’altra sfida è stata quella di dare la parola a chi, si sa, non vorrebbe parlare. Ma alla fine sono proprio queste persone che ti ringraziano. Non tutte le riunioni riescono bene. C’è chi si lamenta, chi si isola nel gioco, chi non viene mai anche se si è iscritto. Il lunedì sera, all’incontro di direzione, se ne discute e si cerca di far meglio. Ci sono sempre le riunioni per i casi di emergenza e allora via con i canti, i giochi: arrivano le 19 e a casa tutti contenti. È difficile andare avanti quando un responsabile ha preso 4 in latino e la mamma non vuole lasciarlo venire: dopo due canti il 4 è già dimenticato ed è come se tutto il mondo fosse in sede. La preparazione dei giochi tiene conto della pioggia o del bel tempo e sono, pertanto, organizzati al chiuso o sul prato. Il gioco non è mai fine a se stesso o troppo competitivo. Tutti devono poter partecipare e non ci devono essere antagonismi o divisioni in classi di bravura. Non è da tutti organizzare un gioco in spirito. L’ultimo quarto d’ora è dedicato agli avvisi: ci sono gli appuntamenti importanti e quelli settimanali come la S. Messa della domenica, con la preparazione dei canti e dell’offertorio, dove tutti vengono con la promessa. I genitori spingono alla porta perchè fuori fa freddo o perchè le 19 sono passate, ma la sede è ancora piena: tutti sono in piedi con le mani alzate per il canto «Ti ringrazio». Ora che ho finito di scrivere della riunione ripenso al pomeriggio trascorso ad Amelia, mentre la ragazza parlava per essere accolta nella comunità e mi accorgo che oggi è mercoledì. Sono le 18 e ripenso alle prime riunioni fatte al mercoledì alla Madonnetta. Penso ai tanti ragazzi che oggi hanno 25 o 30 anni, a quando credevamo che non diventassero mai grandi e forse in quella sede, in quei pomeriggi d’inverno, ci siamo dimenticati che anche per noi poteva essere facile entrare nel tunnel, ma abbiamo trovato un amico, quello vero, che con quell’invito «Vieni con me alla Madonetta, a S. Nicola, a S. Rita?» ci ha cambiato la vita. E la promessa e quelle riunioni hanno regalato la libertà di vivere e sono diventate un punto fondamentale per la nostra crescita. Padre Modesto Paris

Consigli utili per una buona riunione • Non ci possono essere momenti morti in cui i bambini e i ragazzi si «autogestiscono», tutto deve essere preparato prima e comunque seguito dai responsabili della riunione che oltretutto hanno sui loro ragazzi responsabilità civile e penale. • Al gruppo si fa tutto insieme e quindi in sede non si può fare merenda o giocare da soli. • È buona usanza durante la riunione mettersi in cerchio, in quanto questa è l’unica figura geometrica che ci consente di guardarci tutti negli occhi e che non mette nessuno al di sopra di altri. Ogni volta, quindi, che dobbiamo spiegare un gioco, parlare della tematica o sederci sulle panche per pregare è bene disporci in cerchio. Per facilitare e accelerare i tempi che servono a disporci così si può fare il conto alla rovescia (da 10 a 0) al termine del quale tutti, correndo, devono mettersi in cerchio. • Come ogni attività di gruppo anche a riunione tutti devono venire in divisa (maglione blu, jeans e, per chi l’ ha già ricevuta, la promessa).

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Punti importanti e rapporto personale

• Cosa serve per fare una riunione È necessario avere un locale a disposizione che durante la settimana possa essere libero da catechismo, oratorio ecc. Un posto in cui i ragazzi possano ritrovarsi per crescere insieme. Un posto quindi che possa diventare come una seconda casa in cui si possono appendere cartelloni, pitturare e divertirsi. Sistemata la sede per realizzare la riunione settimanale, bisogna fissare giorno e ora che devono rimanere tali per tutto l’anno e non variare a seconda delle esigenze dei responsabili o dei genitori. Ogni riunione in un giorno diverso in modo che uno, volendo, possa partecipare a più incontri. Per quanto riguarda la durata, il tempo «giusto» è un’ora e mezza, magari sul tardo pomeriggio così anche i ragazzi sono più liberi da compiti e sport. Servono persone responsabili che si prendono l’impegno di essere presenti per tutto l’anno a quell’incontro. Senza queste persone che dicono un «SI» vero al gruppo è inutile pensare di poter fare una riunione.

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La discussione, il gioco, la preghiera sono tutti elementi che devono contraddistinguere una riunione. Senza questi elementi non si può definire tale. La riunione si vive. Nessuno, anche se piccolo, si limita a partecipare all’incontro. Tutti, infatti, danno un contributo solo per il fatto di essere presenti. In questo modo ogni riunione è diversa perchè diversi sono gli stati d’animo dei ragazzi che ci sono. Si possono programmare tutti i giochi minuto per minuto, ma se ci si accorge che i ragazzi hanno bisogno di un altro tipo di attività si deve cambiare il programma perché la riunione sono loro e non i cartelloni preparati. L’unico modo però per capire veramente le esigenze di tutti e quindi per poter rendere l’incontro davvero un’occasione per crescere insieme è quello di riuscire ad entrare nei sogni di ciascuno instaurando con tutti un rapporto personale. In quell’ora e mezza di incontro i responsabili devono, infatti, prima di tutto dimenticarsi del lavoro, dello studio, dei problemi di ogni giorno e trasmettere ai ragazzi solo un grande entusiasmo. Solo lasciando da parte le proprie esigenze si riesce a capire quelle degli altri. Ogni ragazzo che entra in sede si deve sentire a proprio agio tanto da poter esprimere al massimo le proprie potenzialità. Durante le riunioni settimanali, proprio per evitare che i giovani si sentano messi da parte o poco valorizzati, è meglio evitare incontri con troppi partecipanti e di età diverse tra loro perché in questo modo verrebbe a mancare quel rapporto personale che è alla base della vita di gruppo. Ciascuno ha bisogno di trovare un proprio spazio e di potersi confrontare con coetanei per superare insieme difficoltà che da solo potrebbero sembrare dei limiti invalicabili.

Incontri mirati a seconda delle esigenze Le riunioni settimanali si possono dividere per attività e per fasce d’età e, proprio a seconda dei ragazzi, i giochi e i discorsi saranno diversi. Il tema che si sviluppa nella settimana, comunque, sarà lo stesso per tutti i sottogruppi (ovvero i piccoli gruppi di ragazzi divisi per età o per particolari attività svolte durante l’incontro), ma sarà il modo in cui è proposto dai responsabili della riunione a cambiare. Per far si che veramente tutti possano partecipare attiva-


la sede e la riunione mente al gruppo ci sono delle riunioni più «tecniche» in cui, solitamente, i ragazzi più grandi svolgono attività utili a tutti come la produzione e la stampa di un giornalino interno, corsi di chitarra, la pulizia dei locali…In questo modo i giovani si sentono tutti parte integrante, perché attiva, del gruppo. Queste non devono essere considerate però «riunioni di serie B», ma sullo stesso livello delle altre in quanto rendono la vita di gruppo più efficiente e sgravano i gruppi dei bambini e dei ragazzi più grandi da attività che non sono per loro. Come tutti gli incontri anche questi hanno degli orari ben precisi e un giorno della settimana in cui riunirsi, hanno un foglio degli avvisi e responsabili che seguono le attività, si dice la preghiera alla fine e quindi sono riunioni a tutti gli effetti.

Divisione per età e tematiche I bambini (dai sei fino ai dieci anni circa), che noi chiamiamo Happiness, ma che possono avere qualsiasi altro nome purchè esprima felicità e gioia proprio come esprimono loro, sono la «benzina» del gruppo. Ossia se non ci sono il gruppo non va. È per questo che su di loro si deve “lavorare” molto. Hanno bisogno del gioco che spieghi loro nel modo più semplice alcuni valori e che faccia provare loro le prime esperienze di vita senza i genitori. Quando arrivano in sede ( magari dopo una giornata di scuola, sport, catechismo…) vogliono correre, urlare e cantare ed è questa spensieratezza che devono poter ricevere. Devono poter stare uniti per diventare amici e sognare insieme fantastiche avventure, magari con personaggi presi in prestito da cartoni animati, ovvero i responsabili delle riunioni che per loro decidono di tornare un po’ bambini e di mascherarsi inventando una storia che stimoli la loro fantasia. Hanno, inoltre, bisogno di imparare a conoscere Gesù ed è per questo che è bello, nei momenti liturgici più significativi dell’anno, leggere durante la riunione il Vangelo della domenica o preparare piccoli oggetti da portare all’offertorio durante la Santa Messa (Seconda grande attività della settimana nella vita di gruppo). In questo modo si sentono più partecipi e… più grandi. Sebbene a volte possano sembrare autosufficienti, i responsabili sono comunque per loro dei modelli, dei fratelli maggiori da prendere ad esempio e come tali si devono

• l foglio settimanale Ogni riunione deve avere un foglio che deve essere realizzato e possibilmente anche stampato prima dell’incontro. Il foglio della riunione è un mezzo indispensabile di informazione per la vita di gruppo. Così le famiglie possono sapere le attività in programma, gli appuntamenti precisi e i discorsi che ogni settimana si fanno nel gruppo. È bene che il foglio contenga sempre l’indirizzo della sede e il recapito telefonico dei responsabili Non è necessario che questo sia scritto da un grafico di alta scuola, basta che ci sia e sia chiaro. È poi interessante inserirvi anche la tematica perché sul foglio si possono scrivere frasi o spunti che a riunione, per motivi di tempo, non si riescono a dire. I ragazzi così a casa, con più calma, potranno rileggerlo e capire concetti che li per li non hanno colto. Sul foglio che devono preparare i responsabili, ci devono essere scritte tutte le attività decise durante la riunione di direzione. Tutto ciò che non è sul foglio settimanale non è un’attività del gruppo.

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• Chi aiuta I ragazzi che frequentano le medie e i primissimi anni delle superiori possono partecipare alla riunione dei bambini come aiuti dei responsabili per cominciare la loro esperienza con i più piccoli. È importante la loro presenza perché con la loro spontaneità e la loro vivacità riescono a coinvolgere meglio i piccoli nei giochi immedesimandosi meglio anche nei personaggi dell’ambientazione. Per loro però, la presenza alla riunione settimanale dei bambini resta pur sempre un’esperienza in più, che deve essere guidata sul momento dai responsabili più grandi e che comunque deve essere supportata dalla riunione settimanale a cui partecipano con i loro coetanei. Inoltre, durante questo loro servizio al gruppo possono rendersi utili facendo tutti quei lavori che altrimenti dovrebbero essere svolti dai responsabili quali la stampa del foglio, la preparazione dei percorsi e delle cacce al tesoro. Gli impegni fanno crescere e responsabilizzano.

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comportare. Devono poter ascoltare, ma nello stesso tempo essere ascoltati altrimenti la riunione rischia di diventare solo gioco (per quello ci sono già i giardini pubblici) I ragazzini più grandi (quelli che frequentano le medie) hanno il nome di Happiness Più. Quel «più» sta ad indicare per loro un maggiore impegno nella vita del gruppo e quindi nelle riunioni. Anche per loro, come per tutti i sottogruppi l’incontro dura un’ora e mezza, ma il tempo dedicato al gioco sarà minore rispetto a quello dei bambini. Per tutte le loro riunioni vale il motto «Per diventare dei grandi bisogna cominciare da piccoli» e quindi le attività saranno più improntate sul dialogo e la preparazione di giochi e momenti per i più piccoli. Gli Happiness più (quando crescono e iniziano a frequentare le scuole superiori) diventano Help gradino intermedio prima di diventare responsabili. Cominciano ad assumersi piccoli impegni, a organizzare brevi giochi che potranno poi proporre ai bambini durante i bivacchi e le gite o, più semplicemente, partecipano alla loro riunione. Gli incontri settimanali, infatti, non devono mai sovrapporsi (meglio fare un sottogruppo al giorno) in modo che i ragazzi più grandi possano decidere di partecipare anche a più di una riunione alla settimana fornendo così un valido aiuto ai responsabili. Gli Happiness più sono nel pieno dell’adolescenza quindi hanno bisogno che la riunione sia per loro soprattutto un momento per confrontarsi e rendere solide le basi dell’amicizia, valore che è alla base di questo sottogruppo. Gli stessi responsabili devono riuscire a ad essere per loro prima di tutto dei buoni amici, in grado di guidarli nel loro cammino verso la maturità, fiaccole che illuminano la strada e buoni consiglieri nelle difficoltà che agli occhi degli adulti possono sembrare sciocchezze.

Cosa si fa a una riunione Le attività variano a seconda delle età dei partecipanti. Partendo dall’incontro dei bambini, questo deve essere un’esplosione di allegria. Aspettando l’arrivo di tutti (il responsabile della riunione deve aprire la sede almeno 10 minuti prima dell’inizio dell’attività) si possono fare giochi di corsa o canti allegri in modo che i bambini si sfoghino un po’ e si possa spiegare poi, con più calma, la tematica del


la sede e la riunione giorno che sarà lo sfondo per tutti i giochi. Se, ad esempio, alla riunione di direzione si decide che il succo della riunione deve essere l’amicizia, allora tutte le attività devono partire da questo sentimento e far si che alla fine dell’ora e mezza di incontro il bambino sappia qualcosa di più circa questo valore. Si possono così fare cacce al tesoro o staffette, l’importante è che alla fine della riunione, magari con cartelloni da appendere poi in sede, ai bambini rimanga qualcosa della tematica sviluppata. Per far si che la riunione dei bambini sia ancora più magica si possono creare poi delle particolari ambientazioni. Non serve nulla di stravagante, basta chiudere gli occhi e la fantasia farà immaginare a ciascuno di essere un personaggio della giungla oppure un bimbo sperduto «sull’Isola che non c’è». L’importante però è che prima di tutti siano i responsabili a crederci veramente!Con questi personaggi presi in prestito dai cartoni si potranno così vivere sempre nuove avventure fatte di tesori e di sorprese e sviluppare al meglio il contenuto della tematica. Se la riunione dei bambini è caratterizzata dal gioco, quella dei ragazzi più grandi può essere divisa in due momenti, uno più pratico in cui si preparano giochi che saranno fatti alla riunione dei bambini, materiali da mettere in sede, libretti da stampare...e uno più di contenuto in cui, oltre a presentare la tematica del giorno, i responsabili cercano di stimolare ad un dialogo che li possa far crescere eliminando un po’ di timidezza e di paura nel momento in cui c’è da esporre una propria opinione. Durante il momento più pratico hanno occasione di sentirsi utili a gruppo e quindi stimolati a non saltare mai un incontro, inoltre possono collaborare tra loro, aiutarsi e quindi rafforzare il proprio legame di amicizia. Seduti in cerchio poi, possono confrontare le loro idee e imparare ad accettare quelle degli altri anche se non le condividono. Dopo aver letto il foglio su cui sono scritti gli avvisi per la settimana e la tematica del giorno, tutte le riunione finiscono cantando insieme, in cerchio, il «Ti ringrazio» canzonee fatta per ringraziare il Signore dei mille doni che ogni giorno ci fa. Quest’ultima parte della riunione è la più importante ed è quindi necessario abbandonare quell’atteggiamento di gioco e di divertimento che c’è stato durante la riunione.

• Chi tira la riunione Ogni riunione ha responsabili ben precisi che dall’inizio dell’anno (le riunioni durano da ottobre a giugno e solitamente si interrompono in corrispondenza delle pause scolastiche di Natale, Pasqua…) si impegnano ad essere sempre presenti e a tirare quel determinato incontro settimanale. Sono coloro che sognano i giochi, le attività e le tematiche da proporre ai loro ragazzi e che da buoni amici, li conoscono uno per uno e si accorgono se hanno dei problemi. I responsabili non partecipano alla riunione, ma la vivono attivamente, arrivano prima e vanno via dopo l’orario della riunione per preparare la sede all’inizio e riordinarla alla fine. Si accorgono delle assenze e chiamano a casa perché coltivano con ogni partecipante un rapporto personale. Appena varcano la porta delle sede i responsabili si devono dimenticare tutti i loro problemi ed essere al 100% disponibili per gli altri. Nessuno viene nominato dall’alto Responsabile. Sono, infatti, gli stessi ragazzi che ti riconoscono tale dandoti la loro fiducia ed il loro affetto.

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Il succo Succo o tematica, il concetto di fondo è lo stesso. Per ogni riunione bisogna trovare un argomento che possa essere compreso facilmente dai piccoli, sia stimolante per le riunioni dei ragazzi più grandi e a cui si possano adattare facilmente giochi ed attività. Bisogna inoltre tener presente le necessità dei partecipanti e gli argomenti di attualità per sceglierlo. Se scoppia una guerra o un fatto molto importante nel mondo è bene poterne parlare a riunione perché anche i bambini hanno le loro paure e i loro «perché» che a volte si vergognano a domandare agli adulti e che potrebbero essere chiariti a riunione. Senza parlare i ragazzi ti chiedono molto e un buon responsabile, attraverso questi momenti di riflessione che si devono ritagliare all’interno della riunione, deve poter dare delle risposte chiare e che siano vicine al mondo cristiano. La riunione settimanale non è il catechismo, ma non è comunque male riportare, ad esempio, la vita di Cristo per rispondere ai problemi e alle domande che il mondo ci propone ogni giorno. Nei momenti significativi dell’anno liturgico, quindi, è bene leggere il Vangelo della Domenica o portare simboli della vita cristiana a riunione (ramoscelli d’ulivo, candele dell’Avvento…). La tematica poi, come è stato detto, non deve essere portata avanti da un solo sottogruppo, ma deve andare bene per tutti e deve essere sviluppata da tutti, anche se in modi differenti. Deve essere inoltre presente sul foglio della riunione in modo che anche i genitori possano sapere di cosa si è parlato a riunione.

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«Lo zaino è l’orgoglio di ogni ragazzo, anche se il sacco a pelo è quello che conta per dormire bene al caldo»

Gite e bivacchi Partire il sabato pomeriggio con lo zaino in spalla per molti ragazzi è sempre una impresa emozionante. Per la riuscita la preparazione a tavolino è decisiva. Le date vanno stabilite tenendo presente il programma della parrocchia, il posto deve avere il riscaldamento che funziona. In più bisogna spendere poco. Poi serve il libretto con i canti e la tematica, che di solito è stampato sempre all’ultimo momento. C’è sempre anche un ricordino e, arrivati in sede il Ti ringrazio in cerchio. Per il dormire il problema è sempre il freddo: la stufa mitica di Scoffera che piu che caldo faceva fumo. La lotta per gonfiare il materassino o il tentativo di mettere insieme la brandina. Di notte un concerto a più voci. Le pila vicina, la boraccia in caso di sete. Il compagno con cui fare due scherzi. Il responsabile che tenta in tutti i modi di dire: «adesso si dorme». Il mangiare al sacco la prima sera e la solita pasta panna proscuitto piselli il giorno dopo. Molti ragazzi arrivano con doppia porzione che serve a chi si è dimenticato il sacco. Scoffera, sulle alture di genova, è stata per anni la casa delle castagnate delle gita dei bivacchi. Ce la sentivamo nostra. Tanti lavori per renderla accogliente. Per dormire sempre divisi, maschi e femmine, in stanze accoglienti, a terra col sacco e pelo. Qualche volta addirittura i 51


Chiamati a trasformare il mondo

• La gita Ogni volta che si organizza un’attività che porta il gruppo lontano dalla sede senza altro scopo se non lo stare insieme, il condividere e conoscersi. La gita è dunque un’attività ludica (perché qualsiasi insegnamento lo si da attraverso il gioco) educativa (perché prevede una crescita personale e di gruppo) che occupa l’intero arco di una giornata.

letti! Oppure le nostre tende, abituate anche all’alluvione come quella volta alle Plaze Basse. Lo zaino è l’orgoglio di ogni ragazzo. Più è grande più vale. Anche se il sacco pelo è quello che conta per dormire bene al caldo. E se c’è chi se lo è dimenticato si corre ai riparo con la raccolta delle coperte. Nello zaino solo quello che serve realmente. Tutti i viveri extra, si mettono in comune e si distribuiscono a tutti. La quota di partecipazione si cerca di tenerla sempre bassa per far in modo che tutti possano partecipare. Al ritorno tanti canti, i genitori che chiedono, il cerchio con il Ti ringrazio. I responsabili che si battono il cinque: è andata bene. Ci si sente felici, ci si ferma in sede, si fa qualche commento su chi a tirato o su chi ha tirato ..il pacco. Squilla il telefono della sede. E’ una mamma che chiede se abbiamo visto il sacco a pelo del figlio. «Domani mi interrogano di greco» dice qualcuno. «Ma perché non andiamo da Paolo per una pizza» dice qualcun altro, «il greco può aspettare».

• Il bivacco Potrebbe essere definito come una grande gita in quanto ha alla base gli stessi motivi, gli stessi fini e le stesse modalità di svolgimento di una gita con la differenza che dura due giorni e dunque comprende un pernottamento fuori casa per i partecipanti. • Trivacco, quadrivacco e campo. L’attività dura tre o quattro giorni. Se però si superano i cinque giorni iniziamo a parlare di campo vero e proprio. • Gli scopi Crescita personale (i bambini iniziano diventare autonomi) e la conoscenza tra i componenti del gruppo (lo stare insieme per molte ore può essere la giusta occasione per creare nuovi rapporti di amicizia e per rinsaldare quelli già esistenti).

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Campeggi estivi Due ore di attesa per il treno per Verona. Siamo in 45. Dove ci mettiamo? È caldo e qualcuno è alla ricerca di una sala, decidiamo di sistemarci nel sottopassaggio e di cantare per ingannare l’attesa. Alla sera giungiamo a Rumo, al Maso Vender. Il sogno si sta per avverare: portare i ragazzi sulle cime dell’Ilmenspitz! I cinque responsabili subito alle prese con la prima prova vera da superare. Marco alla chitarra per animare la S. Messa, il fuoco e per far passare la nostalgia. Francesca alle pentole con il sugo ai pomodori crudi. Roberto e Guido con i giochi per far divertire i ragazzi. Alessandra dove c’è bisogno. Che fatica e che gioia quan-


do, con i più grandi, siamo saliti dalla Malga Valle alla cima dell’Ilmenspitz, il monte più alto! Il canto «Ti ringrazio» è stato d’obbligo prima di aprire lo zaino e mangiare i panini. Tutti i nostri campeggi estivi che durano di solito una decina di giorni, si sono svolti in Trentino, vicino a casa mia che si trova a Mione, che è una frazione di Rumo, un comune dell’alta Val di Non. I primi due campi li abbiamo vissuti in un maso meraviglioso, ma il desiderio delle tende era forte. Forse nessuno immaginava le difficoltà come quella volta alle Plaze Basse quando un’alluvione portò via le tende assieme ai bauli. Una evacuazione con il mitico furgoncino Fiat 238: alle 3 di notte tutti a casa di mia mamma. In 70 a dormire nel «somass» (uno stanzone sotto il fienile ndr) e, come gabinetto, la stalla per i maschi ed il bagno per le femmine. Ogni campo è unico, irripetibile, con le sue emozioni, avventure, gioie e dolori. Al Pronto Soccorso di Cles ormai ci conoscono bene: zecche, mal di pancia, mal di testa, o altro. Ci sono poi i malori dovuti alla nostalgia come quando al rifugio S. Barbara tutti si sentivano male ma, arrivati all’ospedale di Cles, erano tutti guariti. Per i pranzi e le cene siamo passati da una «cucina per unità» dove si cucinava a piccoli gruppi e dove, come ho già scritto, lo sciopero della fame era assicurato, ad una «cucina centrale» per tutti: attrezzata con pentole grandi, fuochi a gas, mestoli appesi e perfino i coperchi. Per quanto riguarda i tavoli siamo passati dalla sistemazione in terra, alle panche, ad una copertura in legno a prova di tempesta, ai tavoli veri, resistenti all’assalto di ragazzi affamati. Ricordo lo storico campo sul rio Lavazzé non raggiungibile neppure con il trattore, o quello sui prati sopra Lanza. Da parecchi anni siamo sistemati su un enorme prato poco prima di Marcena, paese vicino a casa mia. Ogni anno migliora sempre più: l’allaccio all’acquedotto per l’acqua potabile, la costruzione di gabinetti «quasi veri» con l’acqua del torrente deviata, la fossa per il drenaggio e perfino la corrente elettrica. E ancora i soppalchi sotto le tende e la chiesa con le panche. E come mezzi siamo passati dalla Ritmo di mio fratello Lucio ai tre pulmini, al camion, alle auto private. Non è mai stata messa in discussione la Val di Non. Tanti discorsi invece per stabilire le date. Tutti insieme o un gruppo alla volta? Il Gruppo con minor esperienza sempre insieme a quello più “grande”. L’estate del 2002 avrà un campo estivo unico. Tutti e tre i

• L’ambientazione Ogni campo e attività si basa su una storia (di solito ci ispiriamo a favole o leggende). • La tematica Tenendo conto della storia passiamo a scegliere la tematica cioè cerchiamo tutto quello che di positivo e di ispirato può essere in relazione con la fiaba, cerchiamo di dare più messaggi positivi possibili e cerchiamo di darli il più facilmente possibile perché i bambini possano capirli e metterli in pratica. • La liturgia Anche i brani del Vangelo e la simbologia religiosa vengono scelti dal sacerdote per meglio far arrivare il messaggio che si vuole veicolare. Anzi, solitamente la prima ad essere sceltà è prorpio la parola del Signore su cui poi si articola la tematica del campo. • I giochi. Sulla storia si basano anche i giochi che prepariamo in ogni dettaglio. Per ogni evoluzione della storia mettiamo una difficoltà da superare per raggiungere un traguardo. Si affrontano anche mega cacce al tesoro e giochi senza frontiere.

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Chiamati a trasformare il mondo

• Il ricordino Alla fine di ogni gita, bivacco, campeggio estivo, insieme al libretto, viene consegnato ad ogni partecipante un ricordino. Di cosa si tratta? Semplicemente di un oggetto che riassume il senso dell’attività. Il ricordino, che solitamente viene preparato da alcuni responsabili, può essere fatto con i materiali più diversi (cartoncino, compensato, das, legno, corda, stoffa…) l’importante è che sia piccolo e costruito in modo da poter essere appeso alla promessa. E’ importantissimo che il ricordino sia preparato con materiali economici in modo che il loro costo non vada ad incidere sulla quota dell’attività. Ad ogni modo la scelta del ricordino deve essere legata alla tematica affrontata durante l’attività, se è possibile è bene che sul ricordino venga riportata la data e luogo della gita o del bivacco.

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gruppi Rangers insieme: avremo 150 ragazzi al campo. Ogni giorno è scandito da un libretto per la tematica, uno per la liturgia, la lettura ed un simbolo. Quando alla domenica si va a Messa a Marcena a tutti è data la maglietta nuova del campo. L’ alza bandiera è costruito al centro del campo: altissimo e con gli stendardi dei gruppi. Non si contano le cime scalate come il Monte Pin dove abbiamo issato una croce enorme in memoria di Fabio, un Rangers che è già in Paradiso. Grandi ricordi si accavallano nella mia mente come il lago Corvo e l’ascesa alla cima del Collecchio a 3000 metri. La pasta cucinata dalle signore del rifugio e le scatole di tonno che uscivano dallo zaino per «rinforzare». Il rifugio più gettonato è sempre il Brentei perchè più facile da raggiungere e più comodo per dormire con poca spesa. Alle Bocchette la sfida è stata salire con i moschettoni comprati dal ferramenta di Cles. È tutta un'altra Messa quella celebrata in cima alle montagne! Ma è sempre dura arrivare in cima. Molti dopo pochi passi sudano e hanno sete. Altri si sentono male. Ma si continua in cordata. Certi chiudono altri aprono. Ma ci si ferma solo quando, guardando la montagna, non c’è pericolo per la caduta dei massi. Ma è sempre Lui che ci porta in braccio quando non ce la facciamo più e con Lui i sogni si avverano. Padre Modesto Paris

Non la fine di un anno, ma l’inizio del nuovo Ogni anno nel mese di luglio noi Rangers facciamo il nostro campeggio estivo a Rumo in Trentino-Val di Non con tutti i ragazzi che durante l’anno frequentano il gruppo, può essere considerato un punto di arrivo per finire un anno intero pieno di attività, ma noi preferiamo considerarlo come l’inizio di un nuovo anno. È infatti al campo che noi responsabili ci ricarichiamo e i nostri ragazzi più grandi danno prova di essere in grado a settembre di entrare in direzione. E se il campo piace, i più piccoli a settembre non esitano a tornare per ricominciare un anno alla grande.


gite e campi estivi

Un prato tutto nostro Dopo anni di ricerche siamo riusciti a trovare e ad acquistare il posto adatto a noi: un prato enorme dove fare i giochi, dove abbiamo costruito il refettorio in legno e il posto per le nostre tende. Abbiamo sottoposto un progetto al comune di Rumo e, se il Signore ci darà una mano, potremo finalmente costruire delle strutture fisse come gabinetti e cambusa.

Vette e rifugi da conquistare Ogni anno almeno 3 giorni del nostro campo vengono impiegati per andare alla scoperta delle montagne del Trentino. In questi giorni con lo zaino in spalla in cui mettiamo solo lo stretto necessario facciamo il giro di almeno 2 o 3 rifugi scalando montagne sotto la guida di P. Modesto che nato tra quelle montagne. Con lui come «capo cordata» siamo sicuri di arrivare in vetta. Questa è una attività che da la possibilità di mettere alla prova noi stessi sia psicologicamente che fisicamente.

Ogni giorno la Messa Ogni giorno cerchiamo un contatto con il Signore nella Messa. In cima alla montagna, in mezzo a un prato o nella chiesa del paese ci chiediamo scusa e perdoniamo per quello che durante la giornata è successo. Prepariamo simboli che offriamo all’offertorio per raccontare al Signore cosa abbiamo imparato durante la giornata

Canti e risate intorno al fuoco Subito dopo cena andiamo tutti sul prato e dopo aver acceso un mega fuoco intorno ad esso cantiamo, suoniamo e ci divertiamo. I ragazzi più grandi preparano più giochi musicali raccontano barzellette (sempre «pulite») e preparano scherzi. Ci sono anche super cruciverboni e molte scenette per far divertire i bambini. Il fuoco è un momento dove stare tutti insieme sotto le stelle, in mezzo alla natura, davanti a un fuoco che ci riscalda. Dopo, prima di andare a dormire i responsabili servono un bicchiere di camomilla calda per tutti (per fare sogni d’oro). Poi facciamo una preghiera tutti insieme e... Buona notte.

• Cosa si mangia e come In gita, al bivacco e ai campi i momenti di colazione, pranzo e cena sono per noi molto importanti. Proprio come avviene in una famiglia, è il momento in cui ci ritroviamo tutti insieme e molte volte può essere anche un momento di condivisione. Quando tutti sono seduti facciamo un canto di ringraziamento al Signore per il cibo che ci è stato donato e solo dopo cominciamo a mangiare. Il pranzo può considerarsi finito quando tutti anno terminato di mangiare e solo allora ci possiamo alzare, non dobbiamo infatti dimenticare mai la buona educazione anche per evitare che il momento del pranzo si trasformi in un momento di anarchia. Siamo contrari a tutte le bibite gassate e commerciali e anche a tutte le merendine e gli snack. Cerchiamo, quando siamo insieme, di tornare alle origini e staccarci dal mondo consumista della televisione.

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Chiamati a trasformare il mondo

Lo spettacolo

«I nostri musical incarnano i nostri messaggi e sono viva e allegra testimonianza dei valori in cui crediamo»

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Ripenso al novembre dell’ 84 quando entrò in sede, durante una riunione, il Sig. Franchini, un vecchietto ancora in gamba, il quale ci proponeva di rappresentare una recita al centro sociale di Castelletto di Genova. Eravamo all’inizio, le riunioni incominciavano a girare bene. Fu subito un sì in coro da parte di tutti. Così è nato il nostro primo spettacolo. Si intitolava «Natale, ieri e oggi». Il palco costruito con i tubi da ponteggi da 3 e da 6 mt caricati sulla Renault 4. Intanto le prove fervevano. E come amplificatore prendiamo quello vecchissimo a valvole dei microfoni della chiesa. tanto per un pomeriggio... «nessuno se ne accorgerà». Invece delle apposite aste usiamo un leggio al quale fissiamo con il nastro adesivo i microfoni . Che spettacolo e che gioia per tutti! In seguito abbiamo saputo che c’èra stato il serio pericolo che cedesse il pavimento per l’eccessivo peso dei tubi e delle assi da ponteggio. Ancora una volta il Signore portava tutto e tutti in braccio. Altro Natale, altro spettacolo con la voglia di un mixer audio vero con le rotelline. Ci interessiamo a comprarne uno. Poi arrivano le casse, le mitiche «Montarbo» enormi e pesanti, ma sempre funzionanti. Nascono altri spettacoli scritti da noi come «Cristoforo Colombo» messo in scena alla sala Paganini e «Canta e cammina» alla Madonnetta. Occorrevano alcuni fari, altri microfoni ed un occhio di bue, ossia un faro seguipersona da muovere a mano. E poi realizziamo «Non uccidetelo», una rivisitazione della passione di Cristo. Con noi sul palco ci sono anche i chierici agostiniani e il teatro è da 300 posti: la Sala Garibaldi. Da recita di Natale passiamo a spettacolo vero e proprio. Anche il teatro si adegua. Per la prima del musical scritto da noi dal titolo «Mondo con un cuore» saliamo sul palco del Verdi di Sestri a Genova. In platea ci sono mille sedie e noi le riempiamo quasi tutte. I ragazzi incominciano a credere nello spettacolo, sono contenti e si preparano con entusiasmo. È la svolta: lo spettacolo diventa una parte essenziale del gruppo Rangers. Il 10° anno Rangers vede l’incontro con i «Cantautori di Dio» un’associazione che va in giro per l’Italia a cantare a ritmo di rock e rap la parola di Dio.


Nascono un’amicizia ed una stima reciproca. Veniamo coinvolti nell’organizzazione della «prima rassegna di musica Sacra» al Teatro Ariston di S. Remo. Ansia, attesa e paura di non farcela. Siamo sul palco e, alla sera, oltre alla nostra esibizione dietro le quinte incontriamo il Gen Rosso al gran completo e tanti cantautori cristiani. «Chiamati a trasformare il mondo» e «Per amore» sono i nostri due fiori all’occhiello. Sono due musical interamente scritti da noi. Incarnano il nostro messaggio e sono la testimonianza delle cose in cui crediamo. Tantissime repliche in tutta Italia. Tor Vergata e loreto compresi davanti a migliaia di giovani come noi. Padre Modesto Paris

Dare testimonianza dello spirito del gruppo Perché in un gruppo di volontariato come i Rangers, che organizza attività di formazione e crescita per ragazzi, si è venuta a creare l’esigenza di allestire spettacoli? Perché rappresentare un musical in più di 30 repliche tra teatri, piazze e parrocchie? Perché un cast che raduna oltre 100 ragazzi dai 6 anni in su? Perché coinvolgere bambini e ragazzi del posto in occasione di ogni rappresentazione? A questa e ad altre domande affini si può rispondere semplicemente. La nostra non è certo un’esigenza di formare piccoli attori o di dimostrare a tutti quanto siamo bravi. Per i Rangers lo spettacolo è fondamentalmente un sogno, un mezzo efficace per dare testimonianza di quello che siamo e in che cosa crediamo. Siamo infatti convinti che per esprimere i nostri ideali e rappresentare lo spirito che ci contraddistingue non ci sia mezzo più immediato se non la musica nelle sua espressione più semplice.

Parola d’ordine: coinvolgere Oltre a dare testimonianza lo spettacolo ha anche l’obiettivo fondamentale di coinvolgere tutti i componenti del gruppo e di far si che ognuno possa entusiasmarsi e far parte integrante di questo progetto. Lo spettacolo ha infatti un grande potere; la sua importanza è paragonabile probabilmente solo al campo estivo in quanto entrambe le attività necessitano di un impegno totalizzante.

• Modulare e fai da te Si può dire che la svolta l’abbiamo conosciuta nel 1997 con «Chiamati a trasformare il mondo», il nostro primo musical, strutturato in scene musicali di danza mimo intervallate da parti recitate. In questo modo abbiamo diviso il lavoro e i compiti in modo settoriale e congeniale. A ogni riunione si prova solo uno spicchio dello spettacolo. Poi alle prove generali si mette tutto insieme. Le scene di musica e balletti hanno il compito di materializzare quanto detto dai protagonisti, concretizzando così la storia e i sentimenti dei personaggi coinvolti nella vicenda. Le parti recitate non sono mai troppo lunghe o prolisse. La trama è semplice e facile da seguire. Le musiche sono di diversa natura da quelle ritmate e molto conosciute, passando per quelle del GenRosso a cui spesso ci ispiriamo, passando per la musica cristiana. L’importante che i testi siano funzionali allo svolgimento della storia e non «fuori luogo» . La stesura dei testi, la realizzazione della trama, e tutto ciò che riguarda la dinamica delle scene è organizzato da noi.

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Chiamati a trasformare il mondo

Noi e il prossimo. Feste del volontariato e altre iniziative

«Fa spesso più rumore un albero che cade che una foresta intera che cresce e non si vede. Il bene non fa notizia, non fa rumore davvero, ma sulle spalle porta il mondo intero» Gen Rosso

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La prima festa del Volontariato in Corderia a Genova Sestri Ponente è stata grande ed emozionante, piena di problemi anche grandi ma, alla fine, sul palco tutti abbiamo respirato un’aria di gioia e l’emozione di essere riusciti a reggere per sei giorni, a lasciare in tutti coloro che tutte le sere riempivano i giardini un senso di gioia,di vita e di entusiasmo. I convegni alle 18 sono i più impegnativi, con gli anni abbiamo trovato gente in gamba , quelli che si sporcano le mani per fare la carità. Tutti con il microfono in mano per raccontare la loro storia come la suora che ha salvato il papa dall‘attentato, o quella ragazza che, con il ballo e la musica, aiuta le ragazze depresse. Sul palco dalle 20 alle 24 tanti spettacoli, ma con un denominatore comune: pensare positivo. I gruppi e i cantanti si accontentano di un rimborso spese per il viaggio, il soggiorno ed i pasti. Quando arrivano si accorgono che al mixer c’è un ragazzo di 16 anni, alle luci uno di 15, ma che professionalità! Il vero miracolo delle feste del volontariato sono le tante persone che per una settimana vivono insieme a far panini, a friggere patate, a montare luci e gazebo, e a smontare poi il tutto. Si stabilisce un’amicizia vera, che nasce sul lavorare insieme per un’unica causa: divertirsi facendo il bene. Sono mesi di lavoro a tavolino. Le prime riunioni iniziano a febbraio. Poi le lettere, i permessi e il programma. Il telefono all’ufficio del volontariato si fa rovente. L’ansia diventa palpabile. Qualcuno lascia, altri si aggiungono e la festa continua. Dopo sei anni di operato nella parrocchia di San Nicola squilla di nuovo il telefono. È di nuovo un mio superiore che mi chiede «Vuoi andare a fare il parroco a Spoleto?». Anche se un po’ sorpreso dalla proposta da parte mia rispondo di nuovo con un sì. E anche a Spoleto trovo ragazzi in gamba con cui fondare un nuovo gruppo Rangers e genitori con cui fondare un’associazione che abbiamo chiamato Insieme si vola. Con loro e l’aiuto di tutti gli amici che ho lasciato a Genova organizzo Vol@ntariato in festa. Praticamente la versione spoletina della festa del volontariato genovese. Anche qui tante associazioni, un palco gran-


de e convegni nel teatro. Patate fritte e panini. E che ansia, che gioia! Altra telefonata, altro trasferimento. Questa volta sono a Collegno, periferia di Torino. Anche qui fondo un gruppo Rangers e comincio con riunioni attività e la Festa del volontariato. Utilizzando il format che nelle altre città si era rivelato vincente. Ora Comuni e Circoscrizioni collaborano. Anche se all’inizio ci siamo sentiti soli... Ma, in quei momenti, il Signore ci ha portato in braccio.

Un’idea nuova Funziona così: il comitato organizzatore formato dai responsabili più grandi del Movimento Rangers e gli adulti dell’associazione Millemani (movimento fondato da Padre Modesto) si incaricano di chiamare tutte le associazioni genovesi, italiane e internazionali ad un incontro che si tiene verso febbraio. Qui si annunciano i programmi e si comunicano le date. Di solito la festa dura 4 giorni e comincia dopo la chiusura delle scuole a giugno. Il comitato organizzatore fa una proposta a cui è difficile dire di no. Noi infatti offriamo gratuitamente a tutte le associazioni che aderiscono uno spazio coperto sotto tendoni in un giardino pubblico che per settimane attrezziamo. Costruiamo stand per tutti e anche per noi. Alla fine del gran montare in un area di migliaia di metri quadri ci sono: una settantina di stand per le associazioni ospiti, un bar e un ristorante, una lotteria due punti informativi, un palcoscenico enorme con un impianto luce e audio da far invidia a una pop star, una postazione per i convegni e le conferenze quotidiane e anche i servizi igienici.

Il sogno Noi ci siamo dati uno scopo da raggiungere, uno scopo difficile, grande e impegnativo: creare per una volta all’anno (a Genova, Spoleto e Torino), un evento che faccia da cassa di risonanza a tutte quelle associazioni che quotidianamente «portano sulle spalle il mondo intero» come canta il Gen Rosso. Impossibile da realizzare da soli. La nostra forza è il lavoro di squadra. Ognuno dà per quello che può e in base ai suoi talenti. Ognuno lo fa gratis e con il cuore. È per questo che il tutto è sempre un successo.

Romania, Cameroun e Filippine: il gruppo si apre alle missioni Ormai da alcuni anni il gruppo Rangers si è avvicinato ad una nuova realtà, quella missionaria. Due sono le missioni che cerchiamo di aiutare: la missione agostiniana di Padre Gregorio e Padre Renato a Bamenda in Camerun e Casa Speranza in Romania. Con grande entusiasmo cerchiamo di conoscere e comprendere a fondo sia la realtà camerunense, che quella rumena. Più volte ci siamo recanti in Romania a Casa Speranza, una struttura gestita da suore che accoglie bambini abbandonati, per animare le loro giornate e quest’anno per la prima volta siamo andati in Camerun. Conoscere e raccontare, non solo a parole, ma anche con foto, le esperienze vissute a contatto con queste realtà ci hanno permesso di arricchirci personalmente e come gruppo e, mediante manifestazioni di sensibilizzare la gente a vivere con noi il Camerun e la Romania, raccogliendo fondi da mandare in loro aiuto. Da oltre 14 anni aiutiamo anche le missioni agostiniane di Padre Luigi nelle Filippine inviando un container all’anno pieno di aiuti, alimentari, libri e indumenti.

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Guardiamo lontano. Altri 25 anni così. «Il Signore supera sempre di una spanna tutti i nostri sogni»

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Il «voto di obbedienza» ha determinato le tappe decisive del mio percorso di fede: mi ha portato ad accettare la proposta di Fra Luigi, ora missionario nelle Filippine, di allontanarmi da Mione per andare a Genova, mi ha fatto lasciare Genova per Spoleto, Spoleto per Collegno e, infine, il cerchio si è concluso con il mio rientro alla Madonnetta di genova. Questo “lasciare” vale anche un po’ per tutti, anche per i giovani Rangers e perle famiglie di Millemani, e, a volte, richiede ancora più coraggio: rinunciare alla discoteca per un bivacco o a un viaggio per il campo estivo, lasciare le pantofole sotto il letto ed uscire per una riunione in cui si parla di “Questa è la mia casa” o dei servizi da costruire in Camerun! Non ho fatto nomi di persone: sono troppe e un libro intero non basterebbe. Troppi, tanti aprono settimanalmente le sedi, pensano ai bivacchi e ai campi. Scrivono, aggiornano, si sentono dentro questo grande recinto di amicizia che il Signore ha voluto costruire intorno a noi. So anche che altri scriveranno su questo piccolo libretto che vorrem-


mo fosse pronto il 27 aprile quando alla Madonnetta accenderemo la fiaccola della pace in onore di S. Rita. Ci saranno anche foto per ricordare i momenti più belli, ma mai nessuno riuscirà a descrivere questo Sogno. So con certezza che il Signore annota tutto e insieme vedremo questo meraviglioso diafilm con le nostre facce, ma con la voce del Signore che «supera sempre di una spanna i nostri sogni». Ed è riflettendo sul tema della fede che voglio concludere queste righe, scritte in fretta ma fuoriuscite dal cuore. Se per fede si intende, come recita lo statuto rangers al punto n° 13 “... della fede cerchiamo un’immagine viva aperta e gioiosa”, viva, nel senso di credibile, incarnata nella vita di tutti i giorni dal lunedì alla domenica sera, allora va bene. Quando sono stato parroco a Sestri e a Spoleto, i ragazzi, i giovani, le famiglie e gli anziani trovavano sempre la porta aperta e sappiamo bene che la porta di ogni sede comunica con una o due porte della chiesa. Ero al campo estivo a Rumo quando il Vescovo suonò alle 14 il campanello del convento di S. Rita e gli aprirono la porta due responsabili che stavano preparando le tematiche del campo. I rosari all’aperto con tre giorni di festa nei quattro rioni della parrocchia di S. Rita. Una fede” viva”, come quelle S. Messe celebrate ogni giorno ai campi. “Viva” come il coraggio di dire si per andare a Loreto durante la GMG, o alla Madonna della Guardia per la Pasqua dei Giovani. “Viva” come quel foglio trovato questa mattina a S. Nicola in cui si chiede un euro al mese per S. Siro: i rangers della Madonnetta. A chi mi fa notare che nessuno è entrato in convento, rispondo che io ci sono ancora e sono felice di essere sacerdote, e se sono così lo devo anche a questo sogno che continua con tanto di nomi e cognomi. “Aperta”: in questi anni ci siamo mossi verso Taize, Assisi, Roma nel 2000 e Loreto ’04. “Aperta” per la sinergia fra i conventi Madonna dei Poveri di Collegno, Madonnetta di Genova S. Nicola di Sestri e S. Rita di Spoleto. Nella parola Rangers non si legge la parola “Agostino” ma nei fatti concreti sì. Mai ho pensato di allontanarmi dall’ordine dove sono entrato a 12 anni, e pensavo e penso che la promessa data a Rumo a quasi tutti i chierici ora sacerdoti fosse un impegno

«I giovani amano seminare e chi fa volontariato sa che a raccogliere sono sempre, e per fortuna, gli altri, oltre che noi» 61


Chiamati a trasformare il mondo

Vogliamo che il Vangelo continui ad essere la fonte di ispirazione di tutto ciò che il nostro gruppo farà»

“che nessuno si allontani per causa mia dal recinto”. Un’avventura bellissima, quella vissuta in questi primi 25 anni di Rangers, su cui splende il sereno. Pensate, alla fine di giugno 2010, si svolgerà a S. Maria Nova un ritiro sulle associazioni nate nei nostri conventi agostiniani. E “gioiosa” come i musical: l’ultimo “Per amore” è l'esempio di una fede cantata e ballata. Ricordo quando a Collegno, al termine della S. Messa delle 10, invitavo il GRmp per ballare la canzone del giubileo del 2000 davanti all’altare con il sorriso e la gioia di essere in chiesa e di impegnarsi “per” e “con” il Signore. Per il 27 aprile 2010 ho chiesto ai Rangers di rappresentare il musical “Per amore” sul campo di calcio della Madonnetta e alle 23 sulla terrazza ci saranno i fuochi artificiali, ma cosa si diranno la Madonnetta, S. Rita e la Beata Madre Fasce! Saranno sicuramente felici di cantare con noi “è la legge vera della vita impressa in ogni cosa, legge che muove gli astri del cielo in un concerto d'armonia.” Al punto n° 12 del nostro statuto leggiamo: “ Vogliamo che il Vangelo sia la fonte di ispirazione di tutto ciò che il nostro gruppo farà”. Forse è anche per questo 12° punto che ora dopo 26 anni e dopo otto anni dal musical “Chiamati” per il 18° anno siamo più che mai felici di chiamarci Rangers e Millemani. La tentazione forte è quella di raccogliere i “molti frutti” (Gv 12, 24) ma i giovani amano seminare e chi fa volontariato sa che a raccogliere sono sempre, e per fortuna, gli altri, oltre che noi! Mentre concludo scorgo dalla finestra una grande nave che sta uscendo dal porto e guardo sopra l’armadio i miei scatoloni ancora con poca polvere sopra ….. Padre Modesto Paris

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indice • Un sogno con le gambe....2 • Le fondamenta.................8 • Lo spirito del gruppo.....14 • punto di riferimento......24 • La direzione....................28 • Liberi e indipendenti......33 • Una fede viva aperta e gioiosa.............39

Come contattarci

• La sede e la riunione......44

Se volete informazioni in merito alle nostre attività, se volete chiamarci per fare uno spettacolo, se vi interessano le nostre attrezzature per farne uno vostro, se volete iscrivere i vostri figli a una delle nostre associazioni Collegatevi al nostro sito Web nella sezione «contatto». Qui trovate anche i numeri di telefono dei responsabili.

• Lo spettacolo.................56

www.movimentorangers.org

Questo libro è stato scritto (per conto di tutti i Rangers) da: Padre Modesto Paris con: Marco Bajano, Marco e Roberto Bajano, Silvia Capurro, Roberta Carena, Guido Castellano, Giulia e Francesca Dacchille, Isacco De Benedictis, Sara Fratepietro, Luca Ghirardelli, Lino Lo Giacco, Daniela Lombardo, Giovanni Mannoni , Laura Martinetti, Francesco Moriondo, Lina Neri, Mina Palma Traverso, Francesca Pigliapochi, Michele Razeti, Eleonora Rizzi, Davide Rocca, Elisa Tassano

e-mail: info@movimentorangers.org

Movimento Rangers Fossato San Nicolò, 4 16136 Genova

Rangers Gruppo Ragazzi Madonnetta Fossato San Nicolò, 4 16136 Genova

Rangers Gruppo Ragazzi Sestri Salita Campasso S. Nicola, 5 16153 Genova Sestri Ponente

Rangers Gruppo Ragazzi Spoleto via 2 Giugno, 24 06049 Spoleto - Perugia

Rangers Gruppo Ragazzi Madonna dei Poveri Via Amerigo Vespucci 17 (località Borgata Paradiso) 10093 Collegno - Torino

Rangers Gruppo Ragazzi Rumo Via Mione 13 38020 Rumo - Trento

Rangers Gruppo Sant’Omobono Imagna 24038 Sant’Omobono Imagna - Bergamo

• Gite e bivacchi e campi estivi.................51 • Noi e il prossimo: Feste del volontariato e altre iniziative.............58 • Guardiamo lontano........60

introduzione ai capitoli: Padre Modesto Paris copertina e illustrazioni: Roberto Bajano coordinatore dell’opera: Guido Castellano Finito di stampare: 23 aprille 2010

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Chiamati

a trasformare il mondo Nel 1984 Padre Modesto Paris, dell’ordine degli Agostiniani Scalzi e cinque giovani decidono di aprire a Genova un gruppo per bambini e ragazzi. Cominciano con una sede, tanta buona volontà e molta fede. Nel 2009 il gruppo ha compiuto 25 anni. È un Movimento che ha centinaia di iscritti e più sedi in Italia. I responsabili di oggi e i fondatori di un tempo si guardano indietro e vedono centinaia di attività: riunioni, gite, bivacchi, campeggi estivi e invernali. E poi recite, spettacoli e musical. «Perché non scriviamo un libro?» dice qualcuno a riunione di direzione. «Buona l’idea» risponde Padre Modesto, «non dovrà essere però un libro solo sulla nostra storia, ma uno che possa essere utile a tutti quelli che vogliono fare un gruppo. Anche partendo da zero, come è successo a noi». «Chiamati a trasformare il mondo» è il titolo di questo opuscolo, di una canzone, di un musical ed è anche un motto, ma è specialmente un manuale vero e proprio su «cosa serve per» e «come fare a» realizzare un’associazione basata su una fede viva aperta e gioiosa. Si fonda sull’esperienza maturata in oltre 25 anni di vita da un gruppo che gli autori di questo libro hanno chiamato «Rangers».


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