Cuorebio Magazine | Novembre 2016

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Gran parte delle responsabilità per il tipo di vita che essi conducono ricade sulle sue spalle; non dovrà soltanto stare attento al modo in cui si produce ciò che vende, che sia nelle forme più pure ed economiche, ma sarà sua responsabilità rendere più benèfici gli impieghi che off re agli uomini di cui si serve nelle diverse occupazioni della produzione o dello scambio di beni.” John Ruskin in Unto di Last 1860 Un pool di tecniche affidate alla sensibilità del risicoltore “La risicoltura biologica non può prescindere dall’identificazione di un insieme di tecniche, la cui scelta permetta di affrontare con successo la moltitudine di situazioni che, anno dopo anno, la risaia biologica può presentare”, spiega Rosalia Caimo Duc. Non esiste una sola tecnica di risicoltura biologica che vada bene sempre, tutti gli anni e in qualsiasi tipo di azienda. La sensibilità dell’agricoltore biologico per i precari equilibri tra le forze naturali gli permette di capire quali tecniche utilizzare in un determinato anno e come trarre vantaggio dalle interazioni tra gli esseri viventi presenti nella risaia, usando a proprio vantaggio la biodiversità della comunità di piante ad animali che vi prosperano. La biodiversità, nelle mani di agricoltori sensibili, rappresenta una potenzialità enorme. Le tecniche di contenimento delle erbe infestanti allo studio del gruppo di lavoro sono riconducibili fondamentalmente a tre gruppi: • tecniche di semina del riso su prati, limitando o evitando le lavorazioni del terreno e traendo giovamento dalle interazioni positive tra le piante di riso e quelle che costituiscono il manto erboso su cui si va a

seminare, a sfavore delle specie infestanti che cercherebbero di prendere il sopravvento sul riso; • uso dell’erpice strigliatore pre e postsemina su risaia asciutta, estirpando meccanicamente le infestanti in germogliamento durante le prime fasi di sviluppo della piantina di riso, limitandone nelle fasi successive la competizione per luce e nutrienti; • uso di altri attrezzi meccanici (rotolame o erpici particolari) in presemina su risaia allagata, con lo scopo di creare un substrato fangoso che inibisca la germinazione delle infestanti, pur permettendo la germinazione del riso. L’attenzione alle micro-differenze “La risicoltura biologica”, racconta Rosalia, “si basa sulla sensibilità del risicoltore per le micro-differenze: micro-differenze nelle epoche di germinazione del riso rispetto alle infestanti, nella risposta a determinati stimoli derivanti dalle interazioni tra piante di specie diverse (allelopatia), di reazione delle diverse specie vegetali all’immissione dell’acqua nella risaia ad un determinato momento, e così via. Si tratta di una sensibilità che, nella produzione del riso con il metodo convenzionale, non viene esercitata e che per lo più è andata persa”. Esercitata nelle aziende biologiche, sta dando ottimi frutti non solo in termini di produzione, ma anche di tutela ambientale, con la ricomparsa nelle terre di Lomellina di una specie protetta di felce, la Marsilea quadrifolia, considerata estinta nell’areale risicolo di Piemonte e Lombardia dopo 40 anni d’uso smodato di diserbanti chimici.

“Produrre o ottenere una merce è un processo che coinvolge molte vite e molte mani, così il mercante diventa, nel corso del suo lavoro, maestro e direttore di molte masse di uomini (…). Gran parte delle responsabilità per il tipo di vita che essi conducono ricade sulle sue spalle; non dovrà soltanto stare attento al modo in cui si produce ciò che vende, che sia nelle forme più pure ed economiche, ma sarà sua responsabilità rendere più benèfici gli impieghi che offre agli uomini di cui si serve nelle diverse occupazioni della produzione o dello scambio di beni.”

Nella pagina a fianco riso che spunta su cotico di loietto (foto di Mario Valsesia). In questa pagina Enrico Fregnan, Rosalia Caimo Duc e Carlo Murer tra le risaie. Qui sopra Marsilea quadrifolia. 23


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