5 minute read

JP MORGAN

Next Article
ALGEBRIS

ALGEBRIS

ANNO NEGATIVO PER L’ECONOMIA, MA MIGLIORE PER I MERCATI

di Maria Paola Toschi*

Advertisement

SE L'INFLAZIONE COMINCERÀ A MUOVERSI NEL 2023 SU LIVELLI RAGIONEVOLI, A FRONTE DELLA FRENATA DELL'ATTIVITÀ ECONOMICA, LE BANCHE CENTRALI SMETTERANNO DI AUMENTARE I TASSI E LE RECESSIONI SARANNO MODESTE

Per il 2023 l’interrogativo più importante è piuttosto ovvio: l’inflazione comincerà a muoversi su livelli ragionevoli a fronte del rallentamento dell’attività economica? In caso affermativo, le banche centrali smetteranno di aumentare i tassi e le eventuali recessioni saranno probabilmente modeste. In assenza di un rallentamento dell’inflazione ci aspettiamo uno scenario peggiore. Fortunatamente, a nostro avviso si osservano già segnali convincenti secondo cui le pressioni inflazionistiche stanno attenuandosi e continueranno a farlo nel 2023. Come al solito, i mercati immobiliari sono i primi a reagire quando le banche centrali toccano il freno monetario. I nuovi tassi dei mutui, significativamente più elevati, comprimono

Nella foto Maria Paola Toschi, global market strategist di J.P. Morgan Asset Management la domanda di nuove abitazioni e riteniamo che le ripercussioni dell’indebolimento dell’attività immobiliare si faranno sentire sull’economia globale nel 2023. Il segmento delle costruzioni si indebolirà, le spese in mobili e altri beni durevoli per la casa diminuiranno e il calo dei prezzi delle abitazioni potrebbe gravare sulla spesa al consumo nei prossimi trimestri. Secondo le previsioni, la flessione dell’attività dovrebbe domare l’inflazione. Per fortuna, i rischi di una recessione profonda causata dal settore immobiliare, analoga a quella registrata nel 2008, sono bassi.

L’EUROPA SUPERA BENE LA CRISI ENERGETICA

Per l’Europa, il rischio principale non scaturisce tanto da una crisi immobiliare, quanto dall’offerta energetica dato che la Russia, che in precedenza forniva il 40% del gas europeo, ha cessato gran parte delle forniture quest’estate. Per il prossimo inverno, almeno, il rischio per le forniture di gas è in effetti in via di diminuzione grazie alla combinazione di decisioni appropriate e fortuna. L’Europa è riuscita a ricostituire le riserve di gas nel corso dell’estate, principalmente sostituendo il gas russo con gas naturale liquefatto statunitense.

In seguito, l’Europa ha avuto la fortuna di un autunno molto mite e inizia quindi i tre mesi invernali con serbatoi di stoccaggio quasi pieni. Salvo in caso di cambiamento delle temperature e di un clima molto rigido nei primi mesi del 2023, l’Europa sembra avere crescenti probabilità di superare quest’inverno senza dover ricorrere al razionamento dell’energia.

APERTURA DELLA CINA POST-COVID E ATTENUAZIONE DELLE PRESSIONI SULLE FILIERE GLOBALI

L’economia cinese ha affrontato una serie di problematiche completamente diverse da quelle del mondo sviluppato a causa dei lockdown ancora in atto per contenere la pandemia di Covid-19. Alla luce dei bassi livelli di vaccinazione, soprattutto tra gli anziani, in combinazione con una rete ospedaliera meno capillare rispetto all’Occidente, le autorità cinesi sono state riluttanti a convergere verso una politica di convivenza con il Covid. Un periodo prolungato di lockdown appare tuttavia insostenibile e ci aspettiamo che la Cina registri un’accelerazione dell’attività man mano che riemerge la domanda repressa. Benché la tempistica dei cambiamenti a livello di politiche sia ancora incerta, la performance del mercato ha evidenziato la sensibilità degli investitori ai segnali di cambio di approccio. Il dato importante è che la normalizzazione dell’economia cinese potrebbe attutire significativamente le turbative nelle filiere che hanno contribuito al rapido aumento dell’inflazione dei beni. A nostro avviso un rimbalzo della crescita in Cina, oltre a rafforzare la domanda di materie prime globali, potrebbe nel complesso costituire un altro propulsore di flessione dell’inflazione nel 2023.

CALA IL PANICO DA INFLAZIONE E LE BANCHE CENTRALI SI FERMANO

I segnali di rallentamento dell’attività in Occidente e il ritorno alla produzione su ampia scala in Cina dovrebbero attenuare l’inflazione nel corso del 2023; in particolare, i contributi alla contrazione apportati dai settori di te perché i rallentamenti hanno una dinamica propria, tendente a una spirale. Questa situazione è stata osservata in passato, quando le recessioni profonde hanno coinciso con basse congiunture a seguito di un boom. Dopo un periodo di crescita eccessiva in una certa area – di norma investimenti delle imprese o edilizia – l’economia ha spesso avuto bisogno di un periodo prolungato per assestarsi e trovare fonti di crescita alternative. Tuttavia, questa volta la crescita degli investimenti e dell’edilizia è stata più modesta. Inoltre, le impennate di entusiasmo esagerato sono state solitamente alimentate da finanziamenti bancari eccessivi, che si sono storicamente tradotti in un periodo di crescita debole del credito, aggravando ulteriormente la crisi. Questa volta, comunque, grazie a oltre un decennio di regolamenta-

zione post-crisi finanziaria globale le banche commerciali affrontano il rallentamento attuale con livelli di capitalizzazione ottimi e sono state sottoposte a stress test accurati allo scopo di verificare la capacità di assorbire perdite senza causare una crisi del credito. In sintesi, le basse congiunture seguono i boom. Ma i boom sono stati del tutto assenti nell’ultimo decennio nel corso del quale l’attività nei vari settori è stata semmai troppo stagnante. Benché l’attività economica non debba necessariamente indebolirsi per assicurare una flessione dell’inflazione, non ci aspettiamo un periodo di contrazione duraturo o intenso. Alla luce del calo già osservato dei prezzi di azioni e obbligazioni riteniamo che, per quanto il 2023 possa rivelarsi un anno difficile per le economie, la fase peggiore della volatilità di mercato sia stata superata e che azioni e obbligazioni appaiano sempre più interessanti.

energia e beni dovrebbero moderare le pressioni sui prezzi nei prossimi mesi. Tuttavia, anche le pressioni salariali devono diminuire, per essere certi di avere superato il contesto inflazionistico. Le banche centrali hanno pertanto sbagliato a presumere che l’inflazione si sarebbe dimostrata “transitoria”, perché hanno sottovalutato il fatto che la rigidità del mercato del lavoro sarebbe stata tale da indurre i lavoratori a richiedere aumenti salariali. Nell’ipotesi di un allentamento dell’inflazione primaria e salariale, ci aspettiamo che i tassi d’interesse statunitensi salgano intorno al 4,5%-5,0% nel primo trimestre del 2023 e si assestino a tale livello. Anche per la Bce si prevede una pausa, al 2,5%-3,0%, nel primo trimestre. Le banche centrali ambiscono anche a ridurre le dimensioni dei loro bilanci

attuando una stretta quantitativa, ma non ci aspettiamo misure particolarmente coordinate, né turbative significative.

Nell'ipotesi di un allentamento dell'inflazione primaria e salariale, ci si aspetta che i tassi d'interesse Usa si assestino al 4,5-5% nel primo trimestre

LE RECESSIONI SARANNO MODESTE

In ultima analisi, siamo fondamentalmente del parere che nei prossimi mesi emergeranno segnali che l’inflazione reagisce all’indebolimento dell’attività. È possibile che l’inflazione non riscenda rapidamente al 2%, ma supponiamo che le banche centrali apprezzeranno una pausa, a condizione che l’inflazione proceda nella giusta direzione. A fronte di tale contesto, vi sono due tipologie di previsori ribassisti. Alcuni sono ancora del parere che siamo tornati a un problema di inflazione stile anni Settanta, per superare il quale saranno necessari una recessione molto più pesante e un aumento della disoccupazione molto più elevato del previsto. Altri sostengono che sia difficile predisporre un quadro di recessioni modera-

*Global market strategist, J.P. Morgan Asset Management

This article is from: