IL SENSO DELLA MISURA
Quanto manca alla parità di genere? In Agenda (quella dell’Onu), l’appuntamento è segnato per il 2030. Ma ancora non è chiaro che non basta avere tante donne in azienda per essere «alla pari»...
PARLA VALENTINO VALENTINI
Il viceministro al Mimit: «Ecco come agevoleremo la doppia transizione»
LAVORO SENZA MISMATCH
Le soluzioni di Adecco, il colosso delle multinazionali del settore
SERVITIZZAZIONE
L’approccio di Domorental per le aziende asset-light
FORMATI SI CRESCE
L’appello di Quadrivio per il futuro del made in Italy
DISASTRO GREEN
La direttiva Ue sulla casa è semplicemente inapplicabile
DALLA S.P.A. ALLA SPA
Top-manager, l’irresistibile voglia di relax
Maggio 2024 Euro 4,50 y(7HB7C2*TNSKKL( +&!"!"!_!_ www.economymagazine.it ECONOMY | ANNO VII | N.77 | MENSILE | MAGGIO | DATA DI USCITA IN EDICOLA: 27 APRILE 2024 POSTE ITALIANE S.P.A.SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALED.L. 353/2003 (CONVERTITO IN LEGGE 27/02/2004 N° 46) ART. 1, COMMA 1, LO/MI
S LEGALITÀ & PROFITTO, al Senato la 3° edizione dell’Award di Economy ed Rsm per le imprese oneste e profittevoli
EDITORIALE
EUROPA DA RIFARE, È UN DISASTRO MA CI SERVE
«Nec sine te, nec tecum vivere possum»: non l’avrebbe mai immaginato Ovidio (Publio Ovidio Nasone, nato nel 43 a.C. e morto 74 anni dopo a Roma) scrivevendo d’amore, ma la sua poesia si attaglia perfettamente al dramma politico, sociale e culturale che blocca la nostra Europa di oggi.
Senza Europa, non possiamo vivere. Saremmo un’accozzaglia di staterelli da quattro soldi, Germania compresa, alla mercé di chiunque. Ma con l’Europa di questi qui, di questa sgangherata compagine di falliti nazionali riciclati a Strasburgo e a Bruxelles… non si va da nessuna parte. Niente è casuale. Per decenni gli Stati dell’Unione hanno spedito nelle istituzioni europee i propri scarti. Abbiamo parcheggiato lassù anche leader nazionali ingombranti purché non disturbassero. Nel frattempo le istituzioni sovranazionali approdavano alla moneta unica, e con essa all’abdicazione della politica a favore della finanza, come giustamente dice Giulio Tremonti. Lo schieramento di premier alla cerimonia per il passaggio di consegne alla presidenza della Bce tra Mario Draghi e Christine Lagarde faceva venire i brividi, i governi lì a inchinarsi a due signo-
IL CORSIVO
ri mai votati da nessuno ma voluti dalle banche tedesche e dalle ancor più potenti banche americane capaci di usare le consorelle tedesche.
Quest’Unione Europea che s’avvicina al voto dell’8 giugno è completamente da rifare. Non funziona in niente: è imbelle, iniqua, burocratica, frenante, asfissiante, dannosa.
“Qualunquista!”, avrebbero gridato in molti, fin quando il 16 aprile scorso è stato Mario Draghi, con uno dei suoi discorsi accuratamente preparati e temporizzati, a posare una pietra tombale sull’Europa com’è oggi. E a candidarsi a guidare un governo di “unità continentale” per tirar fuori l’Europa dalle secche istituzionali, anzi dal pantano, in cui si trova.
Nel suo discorso, Draghi ha invocato tre “svolte”: fare uso delle economie di scala a livello continentale (superando la frammentazione dei mercati nazionali); fornire e finanziare beni pubblici europei; garantire l’afflusso delle risorse indispensabili (materie prime, competenze, manodopera). Banalità? Sì: se qualcosa funzionasse. Invece fa tutto schifo ed anche la banalità brilla.
Prendiamo la direttiva “Casa Green”. Hanno impiegato un anno, tra Bruxelles e Strasburgo, a scodellare una legge inapplicabile. Solo all’Italia, costerebbe oltre 300 miliardi di euro: e la legge europea non solo non dice dove trovarli, ma esplicitamente esclude sovvenzioni. Una
pura follia. Strattonata tra i velleitarismi francesi – una grandeur post-imperialista con i piedi d’argilla – e la gretta, occhiuta, paranoide fobia dell’inflazione, unica istanza residua alla veccha grande Germania (quella nuova ha sbagliato tutto), l’Europa non può andare da nessuna parte. Draghi è un leader che potrebbe scuoterla. Certo, il suo cv – visto da vicino – è pieno di ombre. Era al Tesoro quando Andreatta e Van Miert concordarono la grande svendita delle aziende pubbliche italiane, e lui officiò il sacrificio con la mitica crociera dei banchieri sul Britannia. Era ancora al Tesoro quando D’Alema uccise Telecom, arroccato nella sua “merchant bank dove non si parlava inglese” (cit. Guido Rossi). Era governatore della Banca d’Italia quando D’Alema uccise il Monte dei Paschi. Lui non fiatò, e Mussari comprò Antonveneta per 9 miliardi senza due diligence.
Eppure è il meno peggio. «I nostri rivali ci stanno superando - ha detto - perché possono agire come un unico Paese con un’unica strategia e allineare tutti gli strumenti e le politiche necessarie. Se vogliamo essere alla loro altezza, avremo bisogno di un partenariato rinnovato tra gli Stati membri, una ridefinizione della nostra Unione che non sia meno ambiziosa di quella che i Padri Fondatori fecero 70 anni fa con la creazione della Comunità europea del carbone e dell’acciaio». Sante parole. È tutto da rifare.
LEADERSHIP CERCASI, SE NON TRA I POLITICI ALMENO TRA I CAPI SINDACALI
“Figlio della terra” è il titolo di una preziosa rilettura della fgura già iconica, ma anch’essa a rischio di evaporazione nel nostro tempo di “presentismo”, del primo grande leader sindacale italiano, Giuseppe Di Vittorio, che fu segretario generale della Cgil dal ’45 – ne fu praticamente il “rifondatore” (di Antonio Del Giudice, Editore Castelvecchi, 91 pagine, 15€). Figlio di braccianti agricoli che lavoravano la terra dei marchesi Rubino-Rossi di Cerignola, Di Vittorio crebbe autodidatta e si appassionò giovanissimo alla politica e al sindacato, tanto che a vent’anni era già nel comitato centrale dell’Unione Sindacale Italiana. Nel libro ci sono molti aneddoti che costellarono la vita di un capo dal grandissimo carattere. Anche di attualità agghiacciante, quando
ricorda le parole di Di Vittorio sulla morte di suo padre, mentre lavorava in campagna: “Mio padre non è stato fucilato, ma costretto dalla miseria, per un pezzo di pane da portare a casa, a morire per salvare dall’annegamento gli animali del padrone”. E descrizioni icastiche: “C’era in lui, malgrado le avversità, gli arresti, le espulsioni, malgrado la malattia della mamma, un ottimismo innato, incrollabile e contagioso… per lui ragione di vita”.
C’è anche un episodio mitico: il rifuto, garbato e ragionato ma invalicabile, che Di Vittorio oppone a un regalo offertogli da un imprenditore, con un biglietto in cui
spiega che l’onestà non deve essere soltanto sostanziale e interiore ma anche “esteriore”. C’è, nell’insieme, il ritratto di un grandissimo leader, di quelli dei quali si è rotto lo stampo. Un leader di valori e un carisma fatto di responsabilità e testimonianza. Non il solito “Fate quello che dico, non quello che faccio io”, tutt’altro. Veramente “fglio della terra”, la sua terra di fatica e di soprusi. In una drammatica crisi delle leadership politiche, sarebbe bello se almeno il mondo sindacale ci restituisse la fgura di qualche grande leader. Non siamo proprio a zero, ma c’è anche lì molto da crescere. (s.l.)
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DI SERGIO LUCIANO
maggio 2024
FINANZIARE L’IMPRESA
ECONOMY & POLITICA
«Così batteremo i tempi sulle transizioni gemelle»
COVERSTORY SOMMARIO 013 GENDER EQUALITY Che peso, questa parità! 019 OPENJOBMETIS In prima linea sul fronte lavoro 020 WOLTERS KLUWER Abbattere le differenze fa la differenza 022 HERBALIFE Prima il benessere delle persone 024 MODELLI La tenacia femminile nella storia RUBRICHE SUSTAINABILITY 043 DIRETTIVA EUROPEA Case green... ma chi paga? 046 UNIONCAMERE Comunità energetiche, un’occasione 049 CONFCOMMERCIO La sostenibilità generativa 008 TRA ME E TECH di Andrea Granelli 009 BUSINESS PARTNER di Gianemilio Osculati 104 ALTRE MIGRAZIONI di Mario Abis 105 CONFPROFESSIONI di Giovanni Francavilla 106 IL SALVAIMPRESE di Alessandro Arrighi 106 NOTEPAD di Carlo M. Ferro 107 DEBUGGING di Silvia Vianello 109 IL GLOBALISTA di Giuseppe Corsentino 110 READY4USA di Antonio Acunzo 111 IL MONDO SOLIDALE di Giuliana Gemelli 112 SHORT STORIES Pillole di economia reale 130 CI PIACE/NON CI PIACE I promossi e i bocciati del mese STORYLEARNING 065 ECONOMY-RSM
2024 Ecco le imprese oneste
vincenti 072 SIELTE
cultura
074
Edifici «intelligenti» 075
Pulizia degli spazi... e dei conti 076
Strade sicure e sostenibili
PEWEX Qualità e servizio al prezzo giusto 078 GEOSEC Precisione nelle costruzioni 079 COOPERATIVA OSA
pazienti 080
Scacco
tascabile
PROGE-SOFTWARE
rivincita
VOLTURNO
CELLNEX Non c’è
AWARD
e
La
della trasparenza
ALTINTECH
TEDESCHI
ISAP
077
Non solo
COPMA
al virus 081 IREM La multinazione
dell’energia 082
La
dell’etica 083
Rivoluzione sostenibile ai piedi del Vesuvio 084 HORIZON AUTOMOTIVE Il marketplace al centro della crescita 086
campo? 088 DBRIDGE La rivoluzione della customer journey 090 INPOST L’e-commerce cambia pelle
010 VALENTINO VALENTINI
Investiamo
broker
LIUC A scuola
equity
AITI
ANDAF
RSM
2024 Rsm
051 AGEVOLAZIONI La doppia transizione 055 QUADRIVIO
sull’Italia 056 FIDOIMPRESA Il
del credito 058
di private
059
Logistica e finanza, attenti alla catena 060
Quanto valgono le aziende 061 AIFI A caccia di fondi 062
Il percorso a ostacoli del credito R&D
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Direttore responsabile
Sergio Luciano
Condirettore
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In redazione
Riccardo Venturi (inviato), Andrea Ballone, Martina Zanetti (eventi e segreteria)
Hanno collaborato
Mario Abis, Antonio Acunzo, Alessandro Arrighi, Lara Bernardi, Ugo Bertone, Francesca Borgonovo, Valeria Bucci, Tiziano Capelli, Umberto Capelli, Marina Capizzi,
Partnership editoriali
Aif Associazione Italiana del Private Equity, Venture Capital e Private Debt
Il mensile dell’economia che cambia
Giuseppe Corsentino, Mario Cuchel, Laura De Lisa, Serena Di Bruno, Carlo M. Ferro, Giovanni Francavilla, Giuliana Gemelli, Cristina Giua, Andrea Granelli, Franco Oppedisano, Gianemilio Osculati, Alessandro Paone, Vincenzo Petraglia, Carla Serra, Giuseppe Straniero, Antonio Gerardo Riso, Antonio Romeo, Sonia Raule Tatò, Gloria Silvia Vianello
Grafca e impaginazione
Raffaela Jada Gobbi, Liliana Nori, Lara Ponchia
Comitato scientifco
Marco Gay, Anna Gervasoni, Federico Pirro, Giulio Sapelli, Antonio Uricchio
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Numero chiuso in redazione il 17/04/2024
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COMUNICARE L’IMPRESA 115 COSTUME Tutta colpa della pubblicità 119 CENSIS Il lettore non è come lo si dipinge VITA DA MANAGER GESTIRE L’IMPRESA 6 121 BENESSERE Dalla S.P.A. alla spa 125 LETTURE Per non morire di riunioni 126 BIOHACKING Ingannare il corpo 129 MOTORI Chiamiamola «Alfa Romeo Cracovia» 027 DOMORENTAL Senza zavorra, l’azienda decolla 030 LAVORO Le tre transizioni 032 ADECCO Quante soluzioni allo skill mismatch 034 4.MANAGER La scuola per imprenditori 036 PRAESIDIUM Occhio alle polizze 038 FONDIRIGENTI Formazione manageriale 039 PREVINDAI
«lista della spesa»
INVESTOPIA EUROPE
La
040
Italia ed Eau un ponte di business
095 UOMINI & DENARI Nel business come in pista 096 PGE Acqua, oil & gas in expo 097 ANC Quanti buchi all’anagrafe
nome
APPROFONDIMENTI
tributaria 098 I «FENOMENI» DI ECONOMY Alla scoperta del Molise 108 PIANO MATTEI Di
e di fatto
Uno «zaino» contro la disposofobia digitale
di Andrea Granelli
In un’interessante riflessione uscita sul Corriere della Sera – “I ripostigli digitali e il vizio di non scegliere” – Federico Cella mette il dito su un tema delicato e poco affrontato. L’accumulo compulsivo e distratto di oggetti digitali che poi non vengono più ritrovati. Per descrivere questo fenomeno introduce una simpatica quanto potente espressione: “disposofobia digitale”. Riprendiamo la sua considerazione: «Accumuliamo, o meglio: accatastiamo. Tutto. Foto e video a migliaia, email di ogni genere, inviti, “to do list” periodiche, liste della spesa, note (scritte e vocali). E poi serie tv e film, videogiochi e podcast. E musica […] Tanto di spazio ce n’è, gigabyte a chili. Il cloud, “nuvola” personale di memoria, negli anni è diventato un ripostiglio dove appunto accatastare tutto. Salvo il fatto che siate persone estremamente organizzate e precise, è lì che seppelliamo il nostro “tesoro digitale”».
Cose che «non vogliamo leggere ma che non siamo sicuri di poter buttare, serie tv a cui mettiamo la spunta perché, forse, in un futuro, potremmo volerle vedere. È l’opzione di non scegliere: né di dedicarci la nostra vera attenzione, né di decidere una buona volta di fare pulizia e distinguere e valorizzare ciò che ci interessa davvero.» È questo meccanismo che crea l’evocata “disposofobia digitale”. Ma questa fobia/inettitudine non è solo un problema legato all’accumulo di conoscenza, ma anche alla ricerca di informazioni sulla rete. All’origine di tutto ciò ci sta la pigrizia, il principio dell’economia dello sforzo che ha la sua apoteosi nel concetto di “a distanza di click”, che si basa sul presupposto che sia sufficiente premere un tasto per attivare azioni magiche. Una versione moderna della lampada di Aladino. Solo che noi viviamo nella realtà e non in un mondo fiabesco. Oltre tutto il problema della ricerca ossessiva e dell’archiviazione compulsiva a colpi di mouse sta creando crescenti problemi poiché, come noto, la qualità dell’informazione ricercata non dipende da efficienza e velocità ma da abilità, pensiero critico e serendipity. Il problema dell’accumulo seriale di informazioni trovate velocemente tramite i motori di ricerca – anzi per molti tramite IL motore di ricerca – si acuisce per il fatto che è sempre in agguato il fake e l’informazione manipolata. Nel caso, invece, dell’accumulo e archiviazione compulsiva delle cose (che ci sembrano in quel momento) importanti, rischiamo solo che diventino inaccessibili. Senza metodo e strumenti, è come se stessimo riempiendo una soffitta o uno scantinato di oggetti immateriali che progressivamente si ricoprono di pulviscolo di bit o addirittura di ragnatele digitali … anche se la parola ragnatela
(web) ha acquisito nel mondo della Rete un significato positivo di connessione di persone e conoscenza … un meccanismo che valorizza e non nasconde ciò che avvolge.
Il punto da cui partire è allora il desiderio … la voglia di costruire la nostra Biblioteca di Babele – o meglio il nostro “tesoro digitale” per riprendere l’espressione di Federico Cella – a cui segue il dotarsi di un metodo e di uno strumento opportuno.
Nel mio caso si tratta dello zaino digitale, un metodo e uno strumento che ho sviluppato nel corso degli anni e che mi ha permesso non solo di costruire un potente antidoto contro la “disposofobia digitale” ma di costruire un vero e proprio archivio personale che raccoglie in modo ordinato e fruibile la mia conoscenza e la mia esperienza e la rende accessibile – questa sì – a distanza di click. La ricetta è un metodo di raccolta, selezione, estrazione ed organizzazione non solo di ciò che ho letto o fatto, ma anche di ciò che mi colpisce e mi incuriosisce. Le tecniche per ritrovare facilmente le informazioni sono molteplici: architettura informativa, indici tematici, ordine temporale di inserimento dell’informazione … ma anche l’uso di motori di ricerca locali (l’evoluzione dello storico “Find”). Questi strumenti – uniti a un modo meditato di organizzare la conoscenza – mi permettono di navigare con efficacia nel “gurgite vasto” del mio archivio digitale (come direbbe Virgilio) senza perdermi né affondare.
E poi l’uso sistematico di immagini e schemi che vanno oltre la codifica testuale fornendo altre modalità di catalogazione e reperimento. In questo ambito la storia della cultura ha molto da insegnarci: le rappresentazioni medioevali – gli alberi (della vita, della virtù, della scienza…) o le torri (ad es. la Turris Sapientiae) – o gli emblemi e insegne barocche (testo integrato da immagini) usate dagli educatori e dai predicatori per facilitare l’apprendimento e il reperimento rapido – sono efficacissime ancora oggi; anzi possono vivere una seconda stagione nell’era digitale.
COVERSTORY 8
Banche alla deriva per colpa (anche) dell'Eba
La gestione del rischio di credito imposta dalla European Banking Authority ha due debolezze: deresponsabilizza la prima linea della banca (quella che conosce bene il cliente) e presuppone uno scenario esterno sostanzialmente stabile
di Gianemilio Osculati
La Cassa di Risparmio di Prato e quella di Venezia, il Banco di Napoli, Bipop-Carire, Mps, Italease, Carige, Veneto Banca, la Banca Popolare di Vicenza e quella di Bari: un enorme cimitero di banche saltate o salvate negli ultimi lustri, in grandissima parte per problemi sui crediti. Nessuna meraviglia quindi se le autorità regolatorie hanno stretto i freni. Purtroppo, però, la stretta non è andata nel senso di responsabilizzare le banche a far bene il loro principale lavoro (controllare i rischi!), ma al ceto bancario è stato imposto un sistema di controllo del rischio di credito assai deresponsabilizzante nei confronti dei singoli istituti: il regime dei rating. Che ha due debolezze: deresponsabilizza la prima linea della banca, che è l’unica a conoscere bene il cliente, e presume uno scenario esterno sostanzialmente stabile. La prima linea della banca è quella che è al contatto con il cliente. Orbene, tutti sanno che il principale determinante della capacità di un'azienda di prosperare con pochi rischi è la capacità del management: con un management forte le aziende normalmente prosperano, con un management debole le aziende si impoveriscono. Ebbene, il sistema di rating in essere rende muta verso l’alto la front line nel processo di valutazione del merito creditizio e comunque l’apprezzamento della qualità del management non costituisce argomento sufficiente per influenzare, in qualche modo, il rating. Ma la storia insegna che nessuna azienda può essere stabilmente migliore del proprio management: la qualità del management definisce il limite superiore della possibile performance aziendale.
Il secondo grave limite di un sistema di valutazione del merito creditizio impostato sul rating è che il rating presuppone uno scenario esterno stabile. Chi finanzia investimenti fissi dei clienti con crediti a 5/7 anni deve mettere in conto che lo scenario invece non rimarrà stabile: i razzi su Israele di questi giorni, il quasi blocco di Hormuz, la crescita repentina del prezzo del petrolio, la caduta della domanda cinese, le elezioni Usa e tanto altro non aspettano certo i cinque anni di una pianificazione stabile per non disturbarla e per mettersi in moto. Basta pensare a quanto sono stati gravi i danni del Covid per capire che tra avere un rating decente ed avere un management attento e capace è molto meglio quest’ultimo. A parte le debolezze intrinseche di un qualsiasi sistema di rating, le implicazioni di secondo ordine sono e devono essere fonte di gravissima preoccupazione: la prima linea della banca, non più
coinvolta e responsabilizzata sul tema del merito creditizio della clientela, ha disimparato a fare credito. Parlando con la banca lo si tocca con mano tutti i giorni. La deriva è stata tanta e tanto protratta che i danni non sono più reversibili.
In più, l’Eba (European Banking Authority) ne ha inventata un’altra. Sotto il roboante titolo “Guidelines on Loan Origination and Monitoring“ l’Eba esplicita nuove regole alle quali il sistema bancario dovrà adeguarsi... che impatteranno in maniera fortissima sulle aziende richiedenti credito ed in particolare modo sulle Pmi, alle quali viene infatti richiesto un volume ed una specificità di documentazione che la normale Pmi non ha mai prodotto. Ma, volendo essere obiettivi, non tutto il male viene per nuocere: certo, il primo impatto delle nuove regole sarà devastante, ma prima o poi le difficoltà di primo avvio si appianeranno, le capacità autonome dell’azienda di produrre i dati necessari cresceranno e probabilmente il risultato finale sarà quello di avere aziende che hanno obiettivi chiari, lavorano per programmi, controllano i risultati, conoscono i limiti e si accorgono di eventuali difficoltà di percorso moto più per tempo.
Ma è innegabile che il primo impatto delle nuove regole Eba sarà devastante. Una semplice Pmi dovrà, inter alia, fornire al ceto bancario a partire da giugno: informazioni sulle finalità del prestito, adeguatamente supportate e sottoposte a controllo; prospetti di bilancio e note di accompagnamento, incluso conto economico, stato patrimoniale e flussi di cassa, se necessario sottoposti a revisione contabile; prospetti di anzianità dei crediti; piano aziendale prospettico; stato patrimoniale, conto economico e flussi di cassa prospettici; situazione pagamenti fiscali e previdenziali ed eventuali arretrati; situazione sulla puntualità dei pagamenti ed eventuali arretrati , debitamente analizzata e spiegata; informazioni sui contenziosi, sulle garanzie reali eventualmente offerte (con dettaglio del valore, delle coperture assicurative, della liquidabilità), sulle garanzie personali, sulla struttura proprietaria ai fini antiriciclaggio; informazioni sugli adeguamenti in corso alle politiche green, in omaggio al fatto che le banche hanno l’obbligo di controllo sui progressi Esg. Mettiamo a budget, sicuramente, che i tempi iniziali di concessione ed erogazione si dilateranno non di poco. Rimane un ultimo tema. Ben poche aziende hanno una generazione di cash flow netto che permetta loro di ripagare puntualmente nell’arco di piano tutte le scadenze di debito a medio termine. Quanto quindi sarà possibile mettere a piano l’accensione di nuovi debiti a medio termine, sapendo che una parte di essi vanno a rimborso dei debiti vecchi?
9 Business Partner
VALENTINO VALENTINI: «COSÌ BATTEREMO
I TEMPI SULLA TRANSIZIONE GEMELLA»
Dall’ottima esperienza di Industria 4.0 nasce il Piano Transizione 5.0. Per compiere un balzo in avanti sull’efficientamento energetico e sulla digitalizzazione, sul piatto ci sono oltre 6 miliardi a disposizione delle imprese, anche le più piccole: «La legge non fa distinzioni e questo ci aiuta», dice il viceministro al Mimit di Sergio Luciano
«LA NORMATIVA CHE VA SOTTO IL NOME DI TRANSIZIONE 5.0 VUOLE CONIUGARE LE NECESSITÀ DELLA TRANSIZIONE E DELL’EFFICIENTAMENTO ENERGETICO, LA POSSIBILITÀ DI USUFRUIRE DELLA GENERAZIONE DI ENERGIA SOSTENIBILE DA PARTE DELLE IMPRESE E LA TRANSIZIONE DIGITALE. Non a caso anche nel contesto europeo si parla di ‘transizioni gemelle’»: Valentino Valentini , viceministro al Ministero delle imprese e del made in Italy (Mimit) sta seguendo personalmente l’iter di regolamentazione del nuovo dispositivo di incentivi alle imprese che stanzia 6,3 miliardi per il 2024 ed altrettanti per l’anno venturo e che promette di emulare l’efficacia del provvedimento che alcuni anni fa, col nome di Italia 4.0, promosse con un’efficacia senza precedenti nella storia degli incentivi pubblici all’impresa privata una forte stagione di robotizzazione di molti settori manifatturieri che anche grazie a quei sostegni implementarono l’Internet delle cose meglio di tutti in Europa.
Ma qual è, viceministro, in questo caso, l’obiettivo industriale della normativa? È quello di aiutare le aziende a non impegnarsi soltanto a far evolvere i loro prodotti ma anche ad innovare i processi, visto che l’economia in cui ci inseriamo avrà sempre più d’ora in poi un’impronta di carattere digitale. Digitale vuol dire che essere in grado di governare l’intera filiera della produzione, dai fornitori alla componentistica, al montaggio, al consumo di energia e anche dopo il completamento delle fase produttiva seguire l’intero ciclo di vita del prodotto stesso. Perché stiamo andando verso un modello di economia nel quale il produttore è appunto
responsabile dell’intero ciclo di vita del prodotto, nell’ottica di una piena economia circolare. Quindi, il digitale ti serve per integrare ogni processo ed integrarlo anche con quello dei fornitori, oltre che per migliorare la propria efficienza energetica.
Per esempio?
Per esempio, se un’impresa già produce impiegando una piena ottimizzazione digitale del proprio ciclo produttivo ed utilizza, in esso, i giusti switch intelligenti, già consegue un miglioramento dell’efficienza di processo e allo stesso tempo riduce l’impronta di CO2 generata dal proprio consumo energetico: ecco, gli interventi necessari per conseguire risultati del genere saranno incentivati tra Transizione 5.0.
Si è detto che saranno stanziati oltre 6 miliardi, ma c’è anche chi pensa che ci si limiterà a 4. Come stanno le cose?
Dovrebbero essere 6, è l’impegno che abbiamo concordato con l’Unione Europea. Sono fondi che fanno sempre parte del Repower Eu, siamo riusciti a inserirli in questo capitolo, sono fondi in parte anche italiani e vengono utilizzati appunto per questo duplice scopo, industriale da un lato e ambientale dall’altro.
Come dicevamo riecheggia nel nome di questa normativa quello di Industria 4,0, un’operazione che ha portato buoni, frutti, per giudizio unanime. C’è una sorta di continuità logica tra quel dispositivo e questo?
AVREMO
Direi senz’altro di sì. Riconosciamo l’intuizione del 4.0 a chi l’ha avuta: è stata una legge che ha modificato la nostra industria, soprattutto attraverso in supporto all’automazione. Ha fatto sì che alcune produzioni industriali del nostro Paese, della meccanica e della meccanica di precisione e in parte anche della meccatronica, accelerassero decisamente. Ora, dall’automazione al pieno impiego del digitale, e in particolare dell’intelligenza artificiale, il passo potrà essere altrettanto determinante. Il nesso è che se un’impresa ha installato dei robot, oggi può accogliere meglio nei suoi processi un’ulteriore dose di intelligenza artificiale.
A chi si rivolge questa nuova campagna di incentivi? Virtualmente a tutte le imprese?
Sì, a tutte le imprese: la legge non fa distinzioni, e questo ci aiuta. Noi abbiamo in Italia centinaia di migliaia di micro,
GESTIRE L’IMPRESA 10
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UNA NORMA ORGANICA PER RIORDINARE LA MIRIADE DI INCENTIVI A DISPOSIZIONE DELLE IMPRESE
piccole e medie imprese, che ovviamente fanno più fatica a sostenere la transizione gemella, ma non ci sono barriere contro nessuna categoria d’imprese. Quello che vogliamo fare è al contrario aprire la fruizione di questi sostegni a chiunque sappia cosa farne, e sul sito del Ministero sono state approntate a questo scopo procedure molto chiare.
Il governo, e lei anche personalmente, sta scrivendo in questi giorni i decreti attuativi, che dovrebbero essere arrivare però molto velocemente: si parla di poche settimane, giusto ?
Non sono mai procedure abbastanza veloci. Sicuramente dobbiamo battere i tempi, altrimenti vanificheremo parte dell’utilità dell’intervento. Ci stiamo impegnando al massimo.
Il meccanismo che verrà attuato per l’erogazione materiale degli incentivi è quello del credito d’imposta. Per fare un esempio: io imprenditore spendo dieci milioni per un intervento, dimostro che è un intervento tra quelli che, in base ai decreti attuativi, sono ammessi all’incentivo e recupero una buona parte dei miei investimenti, detraendoli dalle imposte che dovrei pagare. Quanta parte degli investimenti potrò recuperare?
Dipende dal tipo di intervento, siamo tra il 20 e il 40% della spesa. Quello che vorrei fare presente è che il credito di imposta è immediato, ed è quindi il sistema più facile per riuscire a erogare. Sappiamo che in passato ci sono stati alcuni problemi nell’interpretazione di norme simili, sul fatto che potessero essere state forzate ad usi impropri, e quindi stiamo preparando regole talmente chiare da non lasciare spazio a nessuna ambiguità. Da far essere chiaro a tutti come procedere, per prevenire problemi a posteriori.
avremo una norma organica per riordinare la miriade di incentivi e interventi che sono stati fatti nel tempo dalle regioni e dai ministeri. C’è effettivamente bisogno di riorganizzare ed omogenizzare, creando una sorta di testo unico che renda tutto fruibile, semplice e rapido. Risparmiando sugli sprechi e dando efficienza alla spesa.
E rendendola accessibile, perché molte imprese non sanno…
Infatti, e non è colpa loro. Noi dobbiamo fare una grande campagna di informazione sugli incentivi disponibili e cominceremo dalle associazioni di categoria: andremo in giro a spiegare, a informare, a motivare…perché se il governo fa qualcosa di nuovo e di buono ma non lo comunica, è come se non lo facessi. In questo momento c’è un gran bisogno di comunicazione, per fare in modo che l’esistenza della nuova normativa sia il più possibile nota e incrementi il ricorso all’intelligenza artificiale, aprendolo anche a società con capitali bassi. Com’è accaduto con la diffusione del cloud, così dovrà accadere con l’intelligenza artificiale: quando un’azienda avrà bisogno di attrezzarsi per una certa procedura, sarà innanzitutto portata a verificare se esistono sul mercato sistemi capaci di farsi carico di quell’esigenza, senza per questo dover procedere a forti investimenti fissi! Quello che dovremo fare, come Paese e come Europa, è investire affinché il sistema produttivo abbia a disposizione un insieme di capacità e di conoscenze attraverso strumenti appropriati come i nuovi incentivi, e dovremo dire alle nostre aziende come fare per ottenerli. VALENTINO
SE IN PASSATO CI SONO STATI PROBLEMI DI INTERPRETAZIONE, ORA LE REGOLE
SARANNO TALMENTE CHIARE
DA NON LASCIAR SPAZIO AD AMBIGUITÀ
Viceministro, resta un problema generale: la miriade di incentivi e interventi disponibili a vario livello, statale e locale, ma poco noti o poco efficaci. Cosa farete?
Stiamo scrivendo una norma per fare ordine. Ci vorrà ancora un po’ di tempo, ma
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&POLITICA 11
VALENTINI
Stress da stagione dichiarativi?
Con Genya gli strumenti di business intelligence e di collaboration sono perfettamente integrati alle classiche funzionalità legate all’adempimento.
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MA CHE PESO, QUESTA PARITÀ!
Mancano sei anni e mezzo all’appuntamento con il Goal 5 dell’Agenda Onu 2030, e siamo in ritardo. Così, a forza di valori e percentuali ci si affanna a voler dimostrare la propria gender equality. Però non basta avere tante donne in azienda e qualcuna nel board. Certo, c’è la guida della Uni/PdR 125:2022... ma anche tanta, troppa burocrazia
I KPI DELLA UNI PDR 125:2022
15% cultura e strategia governance processi Hr opportunitàdi crescita delle donne in azienda equità remunerativa per genere tutela della genitorialità e conciliazione vita-lavoro
50 + organismi certificatori
131 = esperti selezionati
7.928 organizzazioni certificate lo 0,18% della platea potenziale
12.789 amministrazioni pubbliche 10%
330 mila enti del TERZO SETTORE
Attenti ai numeri: non è vero che non mentono. Anzi: ai numeri si può far dire tutto ciò che si vuole. Specie se si tratta di voler dimostrare a tutti i costi la parità di genere per far finta di essere puntuali all’appuntamento con il quinto Goal dell’Agenda Onu 2030: mancano appena 6 anni e mezzo! Ma come si dimostra la parità di genere? Dal numero di donne che lavorano? Stando all’Istat, siamo già al 55%. Non male, no? No, infatti, perché i numeri sono sempre relativi e mai
LA MISURAZIONE DELLA PARITÀ DI GENERE DIPENDE DA MOLTI PARAMETRI... CHE QUASI MAI SONO DAVVERO OGGETTIVI
assoluti: se guardiamo alla media Ue, che è del 69,3%, scopriamo che l’Italia è all’ultimo posto. Oppure la parità di genere si misura con il gap salariale? Dipende quale consideriamo. Perché è vero che Eurostat ci piazza fra i Paesi più virtuosi dell’Unione (dove in media gli uomini guadagnano il 12,7% in più delle donne), con un pay gap di appena il 4,2%, dietro alla Slovenia (3,1%), alla Romania (2,4%) e al Lussemburgo (che con lo 0,7% guida la classifica), staccando di 13 posizioni la Francia (15,8%) e di
COVERSTORY
di Marina Marinetti
20% 15% 20% 20%
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18 Germania (18,3%)... ma se qualcosa non vi torna, è perché i numeri mentono, eccome. Perché in termini assoluti, il gender overall earnings gap, ovvero il divario retributivo di genere complessivo derivante dalla differenza tra il salario annuale medio percepito da donne e uomini, si attesta per l’Italia al 43%, posizionandosi al quarto posto tra i divari più alti in Europa, dopo Paesi Bassi, Austria e Svizzera.
E infatti basta guardare un po’ più da vicino (sfogliando in anteprima l’Osservatorio 2024 di JobPricing) per capire in realtà ad avere un paygap molto basso, al 4,1%, è solo il settore pubblico, dove sugli stipendi non
si può barare, mentre nel privato il divario retributivo schizza al 16,5%. Dal punto di vista del portafoglio, poi, la differenza in termini di pay gap più contenuta si rileva tra i quadri e i dirigenti (5.5%), quella maggiore tra gli impiegati (9.8%). Attenti ai numeri, appunto.
PUNTI DI VISTA
Se poi la misura è quella della diversità nei board delle aziende italiane stiamo freschi. Preferite il bicchiere mezzo pieno? Benissimo, basta scegliere le percentuali giuste, che Silvana Perfetti, People & Purpose leader, Dcm Consulting, Senior partner, Human Capital, nonché membro del membro del consiglio di amministrazione di Deloitte Nse, evidenzia nel commentare il report Woman in the boardroom 2024: «In Italia, la quota di posti nei consigli di amministrazione occupati da donne è quasi raddoppiata nell’ultimo nell’ultimo decennio, arrivando a superare il 40% nel 2023, che supera la media europea (33,8%) e mondiale (23,3%). Questo progresso è in parte dalla legislazione italiana sulle quote e dai requi-
LA NOSTRA «PROVA SU STRADA»
Ebbene sì: ci siamo certifcati anche noi di Economy Group. E abbiamo un sacco di “buone pratiche” dalla nostra: tante donne (anche ai piani alti!), da sempre libertà assoluta di presenza (e Vpn per riuscire a conciliare davvero vita privata e lavoro), il nostro impegno con Herconomy... Peccato che ottenere la Certifcazione, tra istituire un Comitato D&I (previa convocazione di una riunione del consiglio di amministrazione), dotarlo di regolamento, approvare e diffondere la relativa policy D&I, identifcare le procedure HR, elaborare un piano di comunicazione e formazione (interno ed esterno, chiaramente), aggiornare la dashboard dei Kpi (qualsiasi cosa signifchi), verifcare la necessità di
modifcare la documentazione interna, sistemare l’organigramma aziendale in modo che tutto quagli (di solito dopo cinque o sei tentativi a vuoto), effettuare il piano di audit, la revisione del sistema e il reporting alla direzione, predisporre le schede di sintesi per la valutazione del personale, riunioni, call, mail varie... ottenere la certifcazione, si diceva, sia come cercare di ottenere il lasciapassare A 38, quello di “Asterix e le XII fatiche” (era il 1976, ci vuole una certa età per ricordarselo). Il rischio, specie per le Pmi, è che tutti questi piani strategici, policy e procedure siano poco compatibili con l’effettiva
siti del Codice di Autodisciplina. Dal punto di vista del settore, i comparti dell’energia e dei servizi finanziari sono stati in prima linea in questo progresso». Per forza: sono tra quelli maggiormente regolamentati, non si scappa dalle maglie della Legge Golfo Mosca, soprattutto da quando, nel 2019, c’è stato bisogno di una revisione (Legge 160) per ritoccare al rialzo la quota di genere (due quinti) nel board. Altrimenti i numeri sarebbero ben diversi. E poi, a guardare meglio - e Silvana Perfetti lo fa, eccome - la prospettiva cambia e il bicchiere si svuota: «Mentre le donne in Italia presiedono i consigli di amministrazione a un tasso più elevato (22%) rispetto alla media europea (11%) e globale (8%), c’è ancora del lavoro da fare, soprattutto soprattutto per quanto riguarda la C-suite. Solo il 4% degli amministratori delegati in Italia sono donne e solo il 6% dei direttori finanziari sono donne. Non c’è stata molta crescita negli ultimi anni». Senza contare che la permanenza media in carica delle donne al comando è di 5,5 anni, due meno degli uomini, e il gap si amplia ulteriormente per quanto riguarda la
quotidiana gestione dell’impresa, specie se si tratta di una dei quasi 4 milioni di imprese che in Italia hanno meno di 10 dipendenti - destinati quindi a restare lettera morta sulla carta e nei server. Insomma: il rischio è che la burocrazia prenda il sopravvento e che alla fne, in azienda, le policy siano più delle persone. E una volta ottenuto il certifcato... il certifcato non sempre c’è: per averlo, occorre mandare una richiesta al certifcatore per ottenere le credenziali per l’accesso alla member area e poterlo scaricare. E una volta inviata la richiesta... invece delle credenziali arriva l’ennesimo modulo da compilare. (m.m.)
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ELENA MOCCHIO
LE DONNE IN ITALIA PRESIEDONO I CONSIGLI DI AMMINISTRAZIONE A UN TASSO PIÙ ELEVATO RISPETTO ALLA MEDIA EUROPEA
PDR125-351/24 ECONOMY GROUP S.R.L. PIAZZA BORROMEO 20123 MILANO (MI) ITALIA PIAZZA BORROMEO 20123 Milano (MI) ITALIA For concerning validity of certificate, visit the www.rina.org CERT F CATE No CERTIFICATO N. CERTIFICACHEILSISTEMADIGESTIONEPER PARITÀDIGENEREDI IS HEREBY CERTIFIED THAT THE GENDER EQUALITY MANAGEMENT SYSTEM OF NELLE SEGUENTI OPERATIVE THE FOLLOWING OPERATIONAL E’ CONFORME ALLA NORMA COMPLIANCE WITH THE STANDARD validità certificato soggetti documento RegolamentoGenerale Certificazione Gestione The of subject compliance document: Rules Certification Management MISUREPER GARANTIRE PARITA' GENERENEL SEGUENTECONTESTOLAVORATIVO:PRODUZIONE, EROGAZIONE DISTRIBUZIONE E EDITORIALI TESTI IMMAGINI. ORGANIZZAZIONE DI EVENTI,CONDUZIONE CAMPAGNEPUBBLICITARIEEALTRISERVIZIPUBBLICITARI MEASURES ENSURE GENDER EQUALITY IN THE FOLLOWING WORKING ENVIRONMENT: PRODUCTION, DELIVERY DISTRIBUTION OF PUBLISHING SERVICES PRODUCTS AND IMAGES. ORGANISATION EVENTS, MANAGEMENT ADVERTISING CAMPAIGNS AND OTHER ADVERTISING SERVICES UNI/PdR 125:2022 RINA Services S.p.A. Via 16128 Italy 03.04.2024 03.04.2024 emissione First revisione Revision date Data scadenza Expiry 02.04.2027 Gandini Genoa MilanManagementSystem Certification,Head delpresentecertificato sorveglianzaperiodica semestrale completo sistema periodicità this dependent and review, three years, management Perinformazionisulla delcertificato,visitare www.rina.org 002 A Signatory Agreements SEGUENTICAMPI ATTIVITÀ FOR FOLLOWING FIELD(S) ACTIVITIES CISQ Italiana Organismi Certificazione gestione management Certification
LE BUGIE DEL PNRR
“D
are i numeri”, alla fn fne, è una questione di scelte. Soprattutto per quanto riguarda la parità di genere. Ricorderete senz’altro la “Strategia Nazionale per la Parità di Genere 2021-2026” promossa dal Dipartimento delle Pari Opportunità, che si inserisce tra gli interventi previsti per l’attuazione Pnrr. Ecco: se vi dicessimo che “ ben il 34,46% dei bandi del Pnrr ha adottato meccanismi per favorire l’inclusione di donne, giovani e persone con disabilità” la interpreteremmo come un’ottima notizia, vero? Peccato che sia esattamente la stessa cosa di sottolineare che “il 65,54% dei 170.481 bandi di gara del Pnrr, dunque la stragrande maggioranza, ha derogato parzialmente o totalmente le quote femminili e/o giovanili di assunzioni maggiori del 30% previste». I numeri sono gli stessi, ma il messaggio è completamente differente. Dire o tacere, per esempio, che appena il 5,92% dei bandi prevede misure di premialità, nello
presenza nei board: 8,4 anni per gli uomini e appena 5 per le donne.
Attenti ai numeri, partendo da quelli sull’occupazione femminile. La Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, basandosi sui dati Istat (ma quelli relativi al 2022), sottolineava tempo fa il record de numero delle occupate: 10 milioni 95mila, il che fa compiere un balzo in avanti, arrivando a quota 53%, mentre quello di disoccupazione scende all’8,2%. Ma poi ci sono altri numeri, che arrivano ancora dall’Istat, che ci dicono che il 27,7% delle occupate sono lavoratrici non-standard, con contratti a tempo determinato o part-time, contro il 16,2% degli uomini. su tutti i contratti attivati a donne nel primo semestre 2022 il 49% è a tempo parziale contro il 26,2% maschile. Ed è a part time oltre la metà (51,3%) dei contratti a tempo indeterminato delle donne. Poi ci scandalizziamo della differenza salariale.
specifco solo il 3,28% a diretto impatto di genere, fa la differenza. Perché a parole, invece, ciascuna missione del Pnrr contiene degli interventi volti a favorire, direttamente o indirettamente,
Su 170.471 bandi del Pnrr...
65,54%
3,28%
ha derogato alle quote femminili e/o giovanili previste
prevede misure a diretto impatto di genere
IL METRO DELLA PARITÀ
E in azienda, come si misura, esattamente, la parità di genere? Con il metro della Uni/PdR 125:2022, la prassi di riferimento elaborata dall’Uni Ente Italiano di Normazione, che definisce una serie di indicatori pertinenti e soprattutto confrontabili. «Sono individuate 6 aree di valutazione - ciascuna di “peso” differente - per le variabili che contraddistinguono un’organizzazione inclusiva e rispettosa della parità di genere: cultura e strategia (che nella certificazione pesa per il 15%, ndr), governance (un altro 15%), processi Hr (10%), opportunità di crescita delle donne in azienda (20%), equità remunerativa per genere (20%), tutela della genitorialità e conciliazione
la partecipazione delle donne al mercato del lavoro attenuando le asimmetrie che ostacolano la parità di genere. Ma se andiamo a guardare i numeri, scopriamo, appunto, che la realtà è ben diversa. «La nostra nuova analisi, disponibile su una piattaforma consultabile in formato aperto, conferma ulteriormente gli allarmi che in numerose esperte e associazioni femministe avevamo espresso all’indomani della pubblicazione delle linee guida sull’applicazione dell’art.47 d.l 77/2021, vale a dire che senza prevedere un obbligo normativo non sarebbero state applicate in modo strutturale dalle stazioni appaltanti quote occupazionali e misure premiali per la parità di genere», conferma a Economy Giulia Sudano, presidente di Period Think Tank. «È emersa, infatti, dai dati la mancanza della loro trasversale applicazione, dimostrando che l’attuazione del Pnrr sta tradendo l’impegno iniziale di rendere la parità di genere una delle principali priorità del piano».
vita-lavoro (20%)», spiega a Economy Elena Mocchio, Responsabile Innovazione e Sviluppo di Uni Ente Italiano di Normazione. «Questa Prassi fa dialogare parti delle aziende che tra di loro magari non si sono mai confrontate in modo puntuale in ottica di sistema di gestione delle risorse umane e in particolare della partità di genere. È proprio questo - il sistema di gestione - il nodo su cui bisogna lavorare e il punto risolutorio, laddove si hanno magari carenze sui Kpi, con un buon sistema di gestione nel medio periodo è possibile riuscire ad allineare gli indicatori, che misurano in quantità e qualità la parità di genere. La vera sfida è mantenerli e migliorarli, controllandone l’andamento, capendo cosa succede SCARICA LA PRASSI UNI/PdR
COVERSTORY 15
per porre rimedio dove un indicatore sfugge al controllo».
Attenti ai numeri: la quantità di uomini e di donne in azienda è importante, ma è solo una parte dell’insieme.
«Se in termini percentuali un’azienda può apparire bilanciata, andando a guardare i numeri assoluti si può scoprire che le donne sono assunte a tempo determinato o con contratti part-time e la parità è solo apparente», conferma Elena Mocchio. E dunque, cosa va misurato? «Le aree più cruciali riguardano le opportunità di crescita, e la presenza delle donne “ai piani alti” non è solo un tema di board o di figure manageriali, ma anche del fatto che ci sia una gestione di risorse, soprattutto di budget», continua Mocchio, «un po’ come i ministri senza portafoglio: se mi dai il ruolo ma non le risorse per agire è un po’ una finta, una facciata». Altrettanto importante è, la parità salariale: «La prassi non spiega i meccanismi di conteggio, ci sono troppe variabili anche legate ai Ccnl, con tipologie contrattuali che non si parlano fra di loro, con i part time, i contratti a tempo determinato eccetera. Ma se vuoi dimostrare la parità salariale devi dotarti di un metodo e devi dimostrare che lo applichi a tutti, in modo da far emergere le diffe-
renze di retribuzione. I nostri dati nazionali sono falsati dalle medie della pubblica amministrazione, che applica in modo rigoroso i contratti, ma se usciamo dal contesto della PA rileviamo le diversità. Per questo nella Prassi abbiamo è stato stabilito un 10% massimo di scostamento, in attesa della direttiva europea sulla trasparenza salariale che lo pone al 5%».
A CHE PUNTO SIAMO
La Prassi c’è, ma si vede poco. Il “sistema” di certificazioni è controllato da Accredia, l’ente unico di accreditamento designato dal governo, che opera sotto la vigilanza del Ministero delle Imprese e del Made in Italy e svolge attività di interesse pubblico. Sin dall’entrata in vigore della Uni/PdR 125:2022 nel marzo del 2022, Accredia si è occupata di accreditare gli organismi certificatori per la parità di genere, i quali sono aumentati sempre più, come dimostra la banca dati di Accredia: «Le richieste di accreditamento sono state numerose da subito: a oggi sono 50 gli organismi accreditati», conferma a Economy Gianluca Di Giulio, responsabile Area Relazioni Istituzionali ed Esterne di Accredia. Ai 50 organismi certificatori vanno poi aggiunti i 131 esperti selezionati per le attività di assistenza tecnica e accompagnamento
delle piccole, medie imprese e microimprese alla certificazione della parità di genere. «I dati aggiornati a dicembre 2023 indicano che il numero di siti italiani certificati per la Uni/ Pdr 125 è di 7.928, il numero di siti esteri certificati è di 460 per un totale di 8.388», specifica Di Giulio. Fatti due conti, significa che in questo anno e mezzo circa di prassi, si è certificato meno del 2 per mille (lo 0,18%) della platea potenziale tra aziende (che in Italia sono più di 4,5 milioni), enti del terzo settore (che sono 330mila) e amministrazioni pubbliche (che sono 12.780, delle quali solo una si è certificata: il Comune di Loro Ciuffenna, in provincia di Arezzo).
Attenti ai numeri, anche quelli della certificazione della parità di genere: se in assoluto sono deludenti, il trend di crescita è comunque positivo in tutto il territorio nazionale. «Si tratta di una prassi molto ambiziosa. Non ci si aspetta che il sistema economico e produttivo si trasformi dall’oggi al domani, ma l’obbiettivo è di lungo termine e scommette sulla volontà delle imprese di migliorarsi in modo continuo e costante», sottolinea Di Giulio.
Attenti ai numeri, ma anche alla sostanza: considerata l’importanza sociale del tema della parità di genere all’interno delle organizzazioni, questo schema di valutazione della conformità prevede che lo stesso organismo di certificazione abbia implementato al
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QUANDO
ENTRATA IN VIGORE LA UNI/PDR
SI
POCO
GIUNLUCA DI GIULIO
DA
È
125:2022
È CERTIFICATO
MENO DELL’2 PER MILLE DELLA PLATEA POTENZIALE
29.3% 36.6% 40.4% 18.2% 21.1% 22.6% 5.6% 6.0% 3.9% 5.4% 9.0% 5.7%
seats held by women Board seats that are women CEOs that are women CFOs that are women
WOMEN IN THE BOARDROOM DELOITTE
Women on boards & in the C-suite
Board
2023 2021 2018 FONTE:
suo interno un sistema di gestione della parità di genere. Si tratta di una novità assoluta che non era mai stata richiesta in altri standard.
DALLA
Al suo esordio la Prassi di Riferimento Uni PdrR 125: 2022 è stata accolta con grande entusiasmo, ma a dire il vero il tema della parità di genere non è affatto innovativo, anzi. Ciò che è innovativo è l’approccio: strutturare la prassi di riferimento con indicatori di natura qualitativa (già noti strutturalmente nel Sistema di Gestione Iso 9001 per esempio) da un lato, e dall’altro, introdurre indicatori di natura quantitativa è stata vera rivoluzione. E dato che non si può migliorare ciò che non si può misurare, le aziende sono chiamate a confrontarsi con i numeri ed i fatti, sulla base di un’unica base di riferimento comune con Key Performance Indicators specifci a seconda del proprio cluster dimensionale e settore (codice Ateco). A distanza di due anni dall’introduzione della PdR, stante anche la numerosità di Faq presenti sul sito Accredia, si potrebbe iniziare a ragionare su un aggiornamento del documento, per tenere anche conto dell’oggettiva diffcoltà di implementazione degli indicatori quantitativi (e alcuni qualitativi) soprattutto nel caso delle Pmi. Si è assistito soprattutto all’inizio, a tante aziende che sono partite e si sono fermate
ALTRO CHE “BOLLINO”
Una volta ottenuta la certificazione, occorre mantenerla: «La parte piu difficile è stabilire l’effettivo miglioramento», conferma a Economy Daniela Asaro, Italy Commercial Support Senior Manager di Rina, organismo di certificazione accreditato. «All’azienda viene assegnato uno score attraverso i Kpi della certificazione, che potrebbe sembrare un semplice punteggio, ma non è così: durante la revisione annuale si può perdere un Kpi importante come quello del numero di dirigenti donne, che ha un punteggio significativo, e poi acquisire un Kpi meno importante, come quello relativo alla presenza delle donne nei panel agli eventi, che pesa meno». Insomma: i piatti della bilancia che misura la parità di genere sono ben più di due e mantenerli in equilibrio è una
DURANTE LA REVISIONE ANNUALE DELLA CERTIFICAZIONE SI PUÒ PERDERE UN KPI IMPORTANTE E ACQUISIRNE UNO BANALE
specie di gioco di prestigio. Non solo: «anche qualora l’azienda non riesca ad ottenere un Kpi durante il processo di certificazione, comunque deve dimostrare che sta mettendo in piedi azioni per ottenerlo e migliorarlo. Ecco perché sono importanti il piano strategico, i piani di mentoring, le ricerche di personale tarate sui due sessi... ma il miglioramento nel sistema di gestione è quello più importante». Ecco appunto: il miglioramento. È un obbligo stabilito dalla Uni/PdR 125:2022, che impone una sorveglianza annuale e una revisione della certificazione ogni tre anni: «Ho voluto fare una sorveglianza mi sono trovata a dare una non conformità sul commitment della direzione», sottolinea Asaro: «era tutto immobile. Nell’insieme, però, da quando abbiamo cominciato a certificare le aziende, ho notato una maggior
per diffcoltà di applicazione dei Kpi quantitativi. Si fa fatica ad entrare in un processo che è normale, ma così come strutturato, potrebbe diventare un limite ostativo, non tanto all’ottenimento della certifcazione, ma al mantenimento degli indicatori negli anni successivi. Infatti, laddove per il primo anno è accettabile l’applicazione di un “entry level”, l’anno successivo deve essere data dimostrazione di un miglioramento. La prassi di riferimento per come è oggi, presenta quindi alcune aree di miglioramento, soprattutto nei metodi. Ad esempio, calcolare il gender pay gap, non è semplice, richiede una seria di misurazioni e variabili che riguardano il singolo individuo (ad esempio gli anni di anzianità professionale), la cui metrica potrebbe infuire sul livello di retribuzione e di conseguenza sul divario retributivo. Sul fronte internazionale degli standard di riferimento, peraltro, il tema del gender pay gap è sotto i rifettori, stante l’obbligatorietà di adozione della Direttiva UE 2023/970, in cui,
seppur con limitazioni dimensionali, le organizzazioni dovranno rendere pubblici gli stipendi di tutti i dipendenti. La direttiva non si limita a imporre obblighi di informativa: una differenza retributiva superiore al 5% obbligherà l’azienda ad un confronto con i rappresentanti dei lavoratori. Semplifcare alcuni passaggi dell’iter di certifcazione potrebbe essere dunque un ulteriore elemento da prendere in considerazione. Le organizzazioni poco avvezze all’implementazione di sistemi di gestione potrebbero decidere di posticipare o addirittura ignorare i benefci (non solo economici) della certifcazione, scoraggiate dalla mole di “carta” da preparare: la complessità di misurazione potrebbe nel lungo periodo rappresentare un disincentivo al mantenimento della certifcazione della parità di genere, con il rischio di perdere vantaggi e benefci competitivi importanti.
*Associate Partner Risk& Compliance Rsm Società di Revisione e Organizzazione Contabile S.p.A.
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DANIELA ASARO
RETORICA ALLA PRATICA di Lara Conticello*
BENE, MA NON BENISSIMO di Federico Ferri*
L’’affermarsi di sistemi di misurazione della parità di genere nelle organizzazioni non può che essere accolto con favore: solo attraverso un approccio analitico è possibile fare emergere i punti di forza e di debolezza delle politiche HR e affrontare seriamente un percorso di miglioramento. Si tratta, nella pratica, di trasformare la parità di genere in un obiettivo “azionabile”: non solo, quindi, una battaglia culturale (sicuramente necessaria), ma un vero e proprio obiettivo strategico per ogni organizzazione che tenga (davvero) alle persone che la compongono. Quindi, la nascita della prassi di riferimento Uni PdR 125:2022 ha rappresentato un passo importantissimo nella giusta direzione. Non si può, d’altra parte, non evidenziarne anche i limiti che, dopo circa un paio d’anni di applicazione, andrebbero urgentemente affrontati e superati per trasformare la Uni PdR 125:2022 in uno strumento veramente effcace.
Quando si parla di strumenti di misurazione, a maggior ragione se si intende
consapevolezza. E ogni giorno abbiamo visto arrivare almeno dieci accettazioni di finanziamento da Unioncamere per i nostri clienti. Significa che la sensibilità c’è». E anche la dotazione: sono 10 i milioni di euro a disposizione delle imprese (di cui 8 per le Pmi) per accompagnarle nel percorso di riduzione del divario di genere e, in linea con quanto previsto dalla Strategia nazionale per la parità di genere, contribuire a raggiungere entro il 2026 l’incremento di 5 punti nella classifica dell’Indice sull’uguaglianza di genere elaborato dall’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere (Eige) che oggi vede l’Italia al 13esimo posto nella classifica dei Paesi UE. Con l’avviso scaduto il 29 marzo è stata messa a disposizione una prima tranche di 4 milioni di euro per coprire i costi di assessment (quelli dei 131 esperti selezionati) e di certificazione (quelli dei 48 organismi accreditati). Perché la parità di genere ha un prezzo (anche in termini di tempo da dedicarle)... ma non tutte le imprese sono disposte a pagarlo.
affermare uno “standard” metodologico, defnire accuratamente il “metodo” non è un fattore secondario. Facciamo un esempio e prendiamo in considerazione il tema del gender pay gap (Gpg): il testo della Pdr non fornisce alcuna indicazione circa le modalità di calcolo dei differenziali salariali. A ben vedere, questo è un grosso problema: è ben diverso calcolare un Gpg “grezzo” (unadjusted) piuttosto che tenere conto nel calcolo dei fattori “leciti” di spiegazione del divario retributivo (Adjusted Gpg). Solo così si è in grado di identifcare effcacemente la potenziale discriminazione, e quindi fornire all’impresa gli strumenti per adottare politiche davvero trasformative.
I problemi di metodo sono inoltre acuiti dalla applicazione pratica: dopo due anni di lavoro con le imprese, non ho timore di affermare che, purtroppo, non si è stati capaci di andare oltre, anche da parte degli enti preposti a fornire le chiavi interpretative della norma, ad un approccio più di “compliance” che di effettiva
verifca di ciò che le imprese mettono in campo per combattere la discriminazione di genere. Continuando con l’esempio del gender pay gap, è spesso diffcile far capire agli auditor l’utilità di sistemi di job evaluation e di politiche retributive strutturate per garantire un approccio neutrale alle retribuzioni. Di conseguenza, si fnisce per fare un calcolo del Gpg “grezzo” basato, se va bene, sui livelli del Ccnl, dimenticandosi che le decisioni vengono prese con metodologie più evolute. Per raggiungere una vera parità tra i generi è necessario dotarsi di metodologie più rigorose e scientifcamente solide, come quella di Idem – Mind The Gap, e defnire uno standard davvero completo che contempli non solo Kpi standard ma anche metodologie di analisi strutturate e affdabili. Percorrere questa strada richiede ovviamente professioniste e professionisti competenti all’interno delle imprese, nelle società di consulenza, e nelle società di certifcazione.
* Ceo di Idem – Mind The Gap
Distribuzione media degli inquadramenti contrattuali per genere nel settore privato, 2023, percentuale
Le ricerche economiche, tra l’altro, mostrano come, in Italia, proprio la minore partecipazione delle donne al mercato del lavoro porti a un “abbassamento” del divario salariale: le donne meno qualificate non partecipano attivamente al mercato del lavoro, ma, se lo facessero, otterrebbero salari bassi, ampliando ancora di più il divario salariale con gli uomini. La situazione, in altre parole, sembra migliore di quanto non sia in realtà.
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Dirigenti Quadri Impiegati Operai 81,2% 18,8% 69,3% 30,7% 48,1% 51,9% 68,5% 31,5%
FONTE: ELABORAZIONI OSSERVATORIO JOBPRICING SU DATI RILEVAZIONE FORZE DI LAVORO 2021-2022, ISTAT 2023
Uomini Donne
RAL e RGA media per genere e pay gap5, anno 2023, euro e percentuale
Fonte: Elaborazioni Osservatorio JobPricing su dati Rilevazione Forze di Lavoro 2021-2022, ISTAT 2023.
Figura 5.2 Distribuzione media degli inquadramenti contrattuali per genere nel settore privato, 2023, percentuale
GENDER PAY GAP 2023: 31.733 € 29.4315 € GEN FEB MAR APR MAG GIU LUG AGO SET OTT NOV DIC GEN FEB MAR APR MAG GIU LUG AGO SET OTT NOV DIC RAL RGA 32.485 € 29.813 € 7,3% 8,2%
Figura 5.3 RAL e RGA media per genere e pay gap5, anno 2023, euro e percentuale
5Il gap calcolato da JobPricing è un gap cosiddetto non-aggiustato, che prende a riferimento le RAL e le RGA in “full-time equivalent”, cioè non tiene conto delle differenze in ore lavorate ed è quindi rappresentativo per le lavoratrici full-time e sottostimato per le part-time. Dal calcolo sono esclusi i lavoratori della sanità, l’istruzione privata, i lavoratori atipici e i cosiddetti “top income”, come ad esempio i componenti dei C.d.A. delle Dirigenti Quadri Impiegati Operai UOMINI DONNE 81,2% 69,3% 48,1% 68,5% 18,8% 30,7% 51,9% 31,5%
Note: Il pay gap non aggiustato in termini di RAL e RGA in FTE. Elaborazioni Osservatorio JobPricing su dati JobPricing.
GEN FEB MAR APR MAG GIU LUG AGO SET OTT NOV DIC GEN FEB MAR APR MAG GIU LUG AGO SET OTT NOV DIC RAL 31.733 € 29.4315 € 7,3% RGA 32,485 € 29.813 € 8,2% GENDER PAY GAP 2023: NOTE: IL PAY GAP NON AGGIUSTATO IN TERMINI DI RAL E RGA IN FONTE. ELABORAZIONI OSSERVATORIO JOBPRICING SU DATI JOBPRICING
In prima linea per promuovere la gender equality
Certificazione della parità di genere: un nuovo riconoscimento per il Gruppo Openjobmetis, la prima e unica Agenzia per il Lavoro quotata in Borsa Italiana
di Paola Belli
Scegliere di intraprendere il percorso verso la certificazione della parità di genere significa impegnarsi a recepirne tutti i princìpi articolati sull’intero percorso professionale delle persone in azienda, fin dal momento del recruiting. L’obiettivo è quello di garantire pari opportunità di carriera, pari trattamento economico, condizioni di work-life balance adeguate alle diverse fasi di vita e proattive nel riequilibrio dei carichi familiari tra uomini e donne, nonché un ambiente di lavoro che rifiuti stereotipi, discriminazioni, ogni forma di abuso fisico, verbale, digitale e proponga invece una cultura della diversità e dell’inclusione. E chi è in prima linea nel mondo del lavoro ha sulle spalle una responsabilità ancora più grande: quella di dare il buon esempio.
Così, Openjobmetis SpA - prima e unica Agenzia per il Lavoro quotata in Borsa Italiana - ha ottenuto la certificazione del sistema di gestione per la parità di genere Uni/PdR 125:2022 rilasciata da Certiquality, l’ente di certificazione leader di mercato. Un importante traguardo che conferma l’impegno che il Gruppo, con tutte le sue società controllate, persegue da anni: quello di promuovere una cultura orientata alla gender equality.
MARINA CRESPI: «IL NOSTRO
COINVOLGIMENTO SUI TEMI
DELLA PARITÀ DI GENERE VA OLTRE
- commenta Rosario Rasizza , amministratore selegato di Openjobmetis. - Un pieno riconoscimento del talento indipendentemente dalle identità di genere, infatti, è un elemento fondamentale nello sviluppo delle realtà aziendali.
LA NOSTRA REALTÀ AZIENDALE»
«La parità di genere è un valore per l’impresa e un motore di crescita economica
Questa certificazione ci spinge ad impegnarci ancora di più nell’attuazione di principi che sono elementi costitutivi della nostra vision e fattore strategico di crescita del capitale umano».
«La certificazione della parità di genere è per noi il riconoscimento di un percorso che abbiamo intrapreso oramai da anni all’interno del Gruppo Openjobmetis anche con l’introduzione di specifiche politiche di gender equality e che, proprio grazie alle linee guida della Uni/ PdR 125:2022, sarà ancor più strutturato e prioritario - aggiunge Marina Crespi , Ci impegniamo tutti i giorni per creare un contesto lavorativo che valorizzi le persone, la leadership e l’empowerment femminile e pensiamo che sia una responsabilità collettiva e non solo di Gruppo. Per questo il nostro coinvolgimento sui temi della parità di genere va oltre la nostra realtà aziendale: siamo attivi in associazioni e gruppi di lavoro a favore di iniziative contro la violenza sulle donne e per il sostegno alla genitorialità». Il percorso di certificazione intrapreso, per il quale Openjobmetis è stata seguita da Distese srl e Fieldfisher Italia, è stato particolarmente articolato e ha comportato una “valutazione di gruppo” che implica che tutte le società che ne fanno parte abbiano raggiunto gli standard previsti.
Gli elementi particolarmente qualificanti sono stati la presenza femminile anche in ruoli apicali – il 78% dell’intero organico aziendale è costituito da donne - le rigorose policy aziendali di prevenzione di ogni forma di discriminazione e molestia, la formazione di tutto il personale sui temi della diversity, equity & inclusion, le misure di welfare aziendale adottate, tra cui i progetti a sostegno della genitorialità e del work-life balance che hanno portato alla recente introduzione del programma WoW-Parental edition . WoW è l’acronimo di Welfare Openjobmetis Well-Being. WoW di nome e di fatto.
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MARINA CRESPI
«Abbattere le differenze fa la differenza»
Wolters Kluwer Tax & Accounting ha una storia industriale evoluta e molti anni di guida al femminile con un unico scopo: creare valore per l'azienda, i clienti, ma anche i collaboratori, i fornitori e gli azionisti di Alessandro Faldoni
Wolters Kluwer Tax & Accounting ha una lunga storia e tanta esperienza nel contrasto alle differenze di genere. Da 21 anni alla guida di Wolters Kluwer siede una donna, Nancy McKinstry è Ceo dal 2003 e componente dell’excecutive board dal 2001.
In azienda il livello manageriale è distribuito esattamente al 50% tra uomini e donne e complessivamente a livello globale si registra addirittura una maggioranza di collaboratrici vs collaboratori (54% - 46%).
Analizziamo il termine “Gender Gap”. Letteralmente significa “divario tra generi” e si riferisce particolarmente alla differenza tra i sessi in moltissimi ambiti. Ad esempio il World Economic Forum non cita solo l’ambito lavorativo ma anche quello politico e culturale. Nel nostro Paese il tasso di occupazione femminile ha raggiunto il massimo storico del 52,6% nel secondo trimestre del 2023 (dati Istat), ma è ancora il più basso dell'Unione Europea, ben 14 punti percentuali al di sotto della media del blocco. Si pensi che, secondo le stime della Banca d'Italia, colmare questo divario farebbe aumentare la forza lavoro e il prodotto interno lordo di circa il 10%.
In azienda si è molto attenti non soltanto alla parità di genere ma anche alle politiche d’inclusione perché è molto chiaro che il ruolo di una grande impresa è anche culturale, oltre che economico e sociale. L’azienda italiana ha una lunghissima storia di parità di genere tanto che attualmente nel Tax & Accounting Italia le collaboratrici sono la maggioranza ed è lungo l’elenco di manager donne in posizioni sensibili e strategiche quali il go to market, le sales operation, la funzione consultant, il marketing, le business operation, tanto per citarne alcune.
IN WOLTERS KLUWER IL LIVELLO
MANAGERIALE È DISTRIBUITO
ESATTAMENTE AL 50%
TRA UOMINI E DONNE
Wolters Kluwer in Italia è tra i primi fornitori di software, informazioni e servizi per il mondo dei professionisti che operano nell’area fiscale, del lavoro e Pmi. Una grande impresa dell’high tech che vanta un approccio al tema dell’abbattimento delle differenze di genere e dell’inclusione ben definito e solido, pur in considerazione del fatto che il perimetro aziendale è industrialmente ampio, come lo è quello territoriale.
di una corporation, di una multinazionale, cogliendo soprattutto gli aspetti migliorativi di un processo che deve avere come fine ultimo la generazione di valore, per sé stessa, per i clienti, ma anche per i collaboratori, i fornitori, gli azionisti.
Romina Cristallo, HR Associate Director, Wolters Kluwer Tax & Accounting Italia, è determinata: «Poniamo grandissima attenzione sia all’abbattimento delle differenze che alla capacità di fare la differenza. La nostra azienda si distingue sin dall’onboarding di collaboratrici e collaboratori. “Be the difference” è un programma di recruiting che si basa esso stesso sull’abbattimento delle differenze cercando invece di portare a bordo chi la differenza la vuole fare per migliorare l’azienda, il mercato, il contesto sociale.
Riflettendo con attenzione possiamo dire che l’antidoto alla disparità di genere in
In Wolters Kluwer Tax & Accounting nel mondo, e in Italia in particolare, il messaggio che la parità tra generi faccia bene al business, oltre che alla socialità, è arrivato da tempo con grande chiarezza.
A livello produttivo l’azienda italiana gestisce siti di produzione, vere e proprie fabbriche e centri di ricerca e sviluppo di software, una corposa linea di service e di assistenza e consulenza post vendita, un’ampia compagine commerciale e una oliata macchina di servizi interni. Perfettamente aderente, dunque, alle necessità del mercato dei professionisti e delle Pmi. L’azienda italiana interpreta l’essere parte
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ROMINA CRISTALLO
Wolters Kluwer è soprattutto un fatto culturale e di educazione. Culturalmente siamo portati a valutare le performance per le performance e non per chi le attua. Siamo anche molto consci che l’azienda è, in quanto organizzazione sociale, un elemento che influisce sullo stare “al mondo” dei suoi componenti e che influisce anche sulle socialità dei singoli. Dunque influisce sull’educazione. Chi, come da noi, sta bene in azienda e rileva parità di opportunità e di trattamenti, non soltanto economici, porterà queste esperienze a casa e le trasferirà ai propri figli contribuendo così alla diffusione culturale della parità».
Dunque è l’intero Gruppo e non solo l’azienda italiana che aiuta, grazie alla sua organizzazione e con i suoi processi, a superare i gap di genere e ad includere in modo efficace. Romina Cristallo precisa che l’organizzazione vanta un’attitudine gene-
rale e linee guida globali che vengono declinate localmente. «Credo di non sbagliare dicendo che l’attenzione all’abbattimento del gender gap è una pulsione di ogni componente dell’azienda. Il contrasto alle differenze di genere, ma non solo a quelle visto che in una grande azienda esistono anche altri divari ad esempio quello generazionale, viene attuato in coerenza con le guidelines della nostra corporate e giorno dopo giorno disegniamo una rinnovata esperienza lavorativa partendo dall’agilità dell’azienda e replicandola nella people strategy».
L'ESSERE IN UNA TOP COMPANY
NEL COMPARTO HIGH TECH PORTA
AD AVERE UN MINDSET PREDISPOSTO IN PARTENZA AL CAMBIAMENTO
Se il gender gap nasce da stereotipi mentali e culturali, l’essere in una top company del comparto high tech con forti presupposti organizzativi e attitudinali porta ad avere collaboratori con un mindset predisposto in partenza al cambiamento.
L’adeguatezza dei modelli organizzativi ha fatto emergere Wolters Kluwer anche nel gender policy. Tanto che l’attenzione al work-life balance è risultato un sostegno non indifferente all’abbattimento del gender gap
Romina Cristallo ricorda «come ci sia stata un’accelerata di nuovi processi durante la pandemia. Lo smart working è stato percepito anche come una modalità di produrre in modo più responsabile, dando attenzione all’output rispetto al tempo. Poter usufruire di più tempo di qualità favorisce ad esempio una genitorialità a 360 gradi e non facendola ricadere più prevalentemente sulle spalle della donna. Un corretto work-life balance porta ad un corretto livellamento dell’impegno della coppia nella sua vita quotidiana e nel suo essere genitori». In tema di inclusione l’azienda ha favorito e sponsorizzato la nascita dei cosiddetti “Women’s Network”, network d’inclusio-
ne autogestiti. Durante periodici incontri dei componenti di questi network, che possono essere anche maschi, emergono aree di miglioramento, possibili azioni. In generale aumentano il coinvolgimento e il well-being dei dipendenti, promuovono la consapevolezza e la collaborazione culturale e contribuiscono all’accelerazione della strategia Deib (Diversity, Equity, Inclusion, and Belonging) e aziendale. In Wolters Kluwer è stato sviluppato e sponsorizzato anche un “Pride Network”, che sostiene i diritti alle parità della popolazione Lgbtqia, e un “Multicultural Network” che favorisce l’inclusione multiculturale in azienda, particolarmente nell’ottica di una sempre maggiore internazionalità.
L’importanza di creare un ambiente che valorizzi i collaboratori per le loro intrinseche capacità non considerando per nulla il genere, l’età, la provenienza per Wolters Kluwer è fondamentale e non si insegna con corsi e con training. Si instaura in un ambiente che assimila le azioni e l’assegnazione di responsabilità sulla base oggettiva delle capacità, anche di crescita, anche internazionale. Wolters Kluwer ha dalla sua la capacità di gestire positivamente l’abbattimento del gender gap anche attraverso la sua internazionalità. «Il nostro comune denominatore è la nostra clientela. Apprendere modalità e approcci diversi ci dà anche la possibilità di riflettere su quello che facciamo, come lo facciamo e come potremmo profittevolmente cambiarlo. Poi le discussioni nei team portano alla luce nuove possibilità e rinnovate metodologie. Spesso sono proprio le donne le più sensibili alla percezione delle positività nei cambiamenti, questo Wolters Kluwer lo registra e lo premia», conclude Romina Cristallo.
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L'ANTIDOTO ALLA DISPARITÀ DI GENERE IN WOLTERS KLUWER È SOPRATTUTTO UN FATTO CULTURALE E DI EDUCAZIONE
Multinazionale degli stili di vita sani attraverso prodotti nutrizionali d'eccellenza, Herbalife è un esempio virtuoso in fatto di inclusione e gender gap, grazie a un preciso ed efficace (anche in termini economici) modello di business di Vincenzo Petraglia
Il benessere delle persone all'interno dell'ambiente di lavoro occupa un posto sempre più centrale nelle politiche di welfare delle aziende più all'avanguardia. Benessere psicofisico che rende le lavoratrici e i lavoratori anche più motivati a dare il meglio di sé. E di conseguenza a contribuire al raggiungimento di migliori performance per l'impresa. In questo ambito sempre più importanza lo occupa il tema della diversity, equity & inclusion. Non è un caso che l'Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo Sviluppo Sostenibile indichi come obiettivo numero 5 il raggiungimento dell'uguaglianza di genere e l'empowerment di donne e ragazze, promuovendo il loro accesso all'istruzione, alla salute, all'occupazione e alla partecipazione alla vita civile. Una realtà che da sempre ha puntato su questi temi è Herbalife, azienda leader nel settore del benessere, da trent'anni presente in Italia con headquarter a Roma e circa 60 dipendenti (oltre a una rete di vendita di migliaia di persone tra Distributori Indipendenti e Clienti Privilegiati), che ha di recente ricevuto la Certificazione UNI/PoR 125:2022 per la gestione della Parità di Genere. Una certificazione che deriva dalle azioni proposte dalla legge italiana 162/2021 sul gender gap, con lo scopo di incoraggiare le aziende ad adottare politiche adeguate, impegnandosi a ridurre appunto il divario di genere.
«Per ottenere la Certificazione per la Parità di Genere, che ha una validità di tre anni, Herbalife Italia ha partecipato a un audit condotto da revisori esterni che ne hanno misurato i processi e le politiche in un'ottica di gender equality rispetto a sei aree di indicatori con diversi Kpi: cultura e strategia, governance, processi Hr, opportunità di crescita e inclusione delle donne nel business, equità retributiva
IL BENESSERE DELLE PERSONE PRIMA DI TUTTO LA
di genere, tutela dei genitori e conciliazione vita-lavoro», spiega Rebecca Varoli Piazza, Country Director di Herbalife Italia. «Siamo pertanto estremamente orgogliosi perché è una conferma dell’impegno costante di Herbalife nel costruire e mantenere un modello di lavoro inclusivo che contribuisca ad accrescere gli stimoli culturali e la cultura aziendale, nonché a trattenere e attrarre talenti e partner commerciali. Adottare un sistema di gestione dell'uguaglianza di genere, significa continuare a promuovere e proteggere la diversità e le pari opportunità, e garantire un ambiente di lavoro inclusivo ed equo per ogni dipendente. Ma si tratta di un punto di partenza, che intendiamo mettere in pratica concretamente in tutti i processi lavorativi». Tutto il modello di business di Herbalife si presta molto a questa tematica: si fonda, infatti, sul network marketing, un modello quindi meritocratico, in cui la carriera è funzione dei risultati conseguiti in termini di vendite
personali e di gruppo. In cui ciascuno, partendo da zero, può dimostrare tutto il suo valore. «Il nostro modello di vendita diretta di una vasta gamma di prodotti per il supporto nutrizionale basato sul network marketing consente a ogni Distributore di creare una
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GENERE CI
CERTIFICAZIONE PER LA PARITÀ DI
RENDE MOLTO ORGOGLIOSI IN AZIENDA
propria rete che collabora con lui nello sviluppo del business. Ad oggi, Herbalife conta oltre 110mila tra Distributori Indipendenti e Clienti Privilegiati, di cui il 66% è rappresentato da donne. Un’opportunità di business aperta a tutti: il 6% dei Distributori Indipendenti ha un’età tra i 18 e i 24 anni, il 17% tra 25 e 34 anni, circa il 21% tra i 35 e i 44, circa il 28% tra i 45 e i 54 anni e il 28% è oltre i 55 anni», sottolinea la manager. «Il modello di business del network marketing, se ci pensiamo, per sua natura permette condizioni di lavoro ottimali in termini di sostenibilità sociale dell’ambiente lavorativo», continua Varoli Piazza. «In particolare, viene apprezzato dalle persone il fatto che l’assenza di vincoli gerarchici e di orario permette di dedicarsi ad attività molto varie nelle finestre temporali libere dal lavoro, gestendo i tempi di lavoro in modo flessibile. Possono avvantaggiarsi di questo aspetto in particolar modo le donne, che non solo possono conciliare i tempi di lavoro con quelli di accudimento, ma guadagnano autonomia, grazie al miglioramento della propria condizione economica. Il network marketing garantisce a tutti, indistintamente, la possibilità di raggiungere un ruolo di leadership secondo dinamiche meritocratiche non legate al genere, ma ai risultati raggiunti. Una recente ricerca che abbiamo realizzato sull’universo delle Distributrici Herbalife italiane, condotta da Target Research e curata dalla professores-
sa Carolina Guerini e dal professor Luca Molteni, ci ha restituito un’opinione positiva delle intervistate rispetto alla sostenibilità sociale del modello di business dell’azienda in quanto a obiettivi, modalità di interazione con il proprio gruppo di lavoro e soddisfazione personale». Questo e la creazione della migliore esperienza possibile per il consumatore rappresentano uno dei pilastri di Herbalife. Il concetto di community è un qualcosa su cui l'azienda ha sempre investito molto.
LA COMMUNITY HERBALIFE DIVENTA
SEMPRE PIÙ NUMEROSA: SOLO IN ITALIA
35MILA NUOVE PERSONE SCELGONO
OGNI ANNO DI FARNE PARTE
«Herbalife dagli anni Ottanta», spiega Varoli Piazza, «ha l’obiettivo di aiutare le persone a condurre una vita sana e attiva. Vogliamo offrire la migliore esperienza per tutte le persone che entrano in contatto con un Distributore Indipendente, perché in questa interazione non si vende solo un prodotto ma un’esperienza completa che fino ad oggi ha cambiato la vita di milioni di persone in tutto il mondo. Ogni anno 35.000 nuove persone in Italia scelgono Herbalife e noi ci impegniamo continuamente per non deluderle. Per questo garantiamo la totale trasparenza delle nostre pratiche commerciali collaborando con le maggiori associazioni italiane di settore come Avedisco (Associazione Vendite Dirette Servizio Consumatori) e Integratori & Salute. Ogni nostro prodotto deve rispettare elevati standard qualitativi grazie a personale qualificato, attrezzature all’avanguardia e sistemi di controllo qualità, previsti durante tutto il processo produttivo. Per mantenere tali standard, Herbalife ha dato vita al programma “From seed to feed” (dal seme al cibo), un sistema in grado di controllare e testare l’intera filiera produttiva dal momento della coltura a quello della distribuzione dei prodotti finiti». Nel 2021 Herbalife ha anche co-redatto e adottato il primo Codice di Condotta, sviluppato con il contributo del Movimento Difesa del Cittadino, l'Associazione Nazionale dei Consumatori che tutela i diritti dei cittadini
Rebecca Varoli Piazza, Country Director di Herbalife Italia
dagli abusi della burocrazia e delle aziende, che fornisce garanzie chiare e stringenti relative all'acquisto dei propri prodotti, regolando nel dettaglio le pratiche commerciali aziendali e le attività di comunicazione, attraverso anche i new media, nel rispetto dei principi di trasparenza e correttezza. Perchè la fiducia reciproca in una relazione come quella che cerca di impostare Herbalife con i suoi clienti deve essere sempre salvaguardata. Anche attraverso la collaborazione con il mondo dello sport.
Il Coni ha, infatti, confermato Herbalife, in vista dei prossimi Giochi Olimpici di Parigi 2024 e dei Giochi Olimpici e Paralimpici Invernali di Milano e Cortina 2026, con la linea di integratori per lo sport Herbalife24, come Sport Nutrition Supplements Sponsor per supportare la preparazione degli atleti che, più di altri, devono prestare attenzione all’efficienza del proprio corpo per esprimere prestazioni di altissimo livello.
«Dietro ai trionfi di un grande campione», conclude Varoli Piazza, «c’è sempre, d'altronde, una grande attenzione alla cura del proprio corpo e della propria alimentazione e con Herbalife siamo in prima linea per promuovere una vita sana, basata su prodotti nutrizionali di elevata qualità e regolare attività fisica».
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Quella tenacia femminile che ha attraversato la storia
Dall'antico Egitto al Medioevo, dal Rinascimento all'età moderna, non sempre le donne sono rimaste nell'ombra dell'uomo. Neppure nell'ambito economico e finanziario. Qualche esempio? Eccoli
di Sonia Raule Tatò, presidente di Vegzone
Il cammino delle donne nel mondo dell’impresa, un mondo da sempre presidiato dall’uomo, è iniziato (contrariamente a quel che si potrebbe immaginare) già in tempi antichi. Questo lungo percorso, tutt’ora in divenire, è stato accidentato, duro, pieno di difficoltà; eppure, non è mai riuscito a scoraggiarle. Ogni volta che la storia ha offerto loro delle opportunità, le donne le hanno sempre colte, con coraggio e determinazione, aggiungendo ogni volta un tassello al prezioso mosaico della storia femminile. E donne che in passato hanno dimostrato di essere abili imprenditrici ce ne sono state davvero tante, molte più di quello che si pensa. Forse la loro memoria è stata cancellata, le loro imprese, scoperte, invenzioni sono magari oggi ricordate con il nome del marito; ma sicuramente non sono state dei fantasmi. E tutto inizia da molto lontano…
IN ANATOLIA SONO STATE RINVENUTE
TAVOLETTE D'ARGILLA CHE DIMOSTRANO
CHE QUATTRO MILLENNI FA ESISTEVANO
GIÀ INVESTITRICI E IMPRENDITRICI
A Kanesh, una cittadina dell’Anatolia, sono state ritrovate, tra le rovine delle case dei mercanti della città, migliaia di tavolette d’argilla, redatte in cuneiforme tra il 1900 e il 1850 a.C. Un’attenta lettura di questo materiale offre una visione senza precedenti su un gruppo straordinario di donne che ha operato all’interno di questa comunità. In un periodo in cui la rete commerciale con gli Assiri era particolarmente fiorente, esse hanno colto le occasioni prospettate dal cambiamento sociale ed economico diventando le prime imprenditrici, banchiere e investitrici conosciute nella storia dell’umanità. Grazie a queste tavolette,
grandi come il palmo di una mano, possiamo leggere le loro lettere: ed è come ascoltare un coro di vibranti voci femminili raccontarci di come producevano i tessuti per l’esportazione da cui guadagnavano argento, concedevano prestiti ai commercianti, investivano, compravano e vendevano case. È una storia sorprendentemente dettagliata delle loro lotte e dei loro trionfi, ricca di conquiste e di avventura. Ma questo non è l’unico periodo storico nelle quali le donne hanno rivestito, almeno in una certa misura, un ruolo paritario a quello dell’uomo. Per quanto possa sembrare strano, nell’Antico Egitto la donna godeva di assoluto rispetto e si trovava in una situazione di parità sociale, civile, politica e religiosa con l’uomo. Le donne beneficiavano della stessa educazione degli uomini indipendentemente dall’ estrazione sociale. L’istruzione permetteva loro di arrivare a coprire cariche molto importanti: sappiamo di donne diventate sacerdoti e visir, o anche medici e scribi. Alcune arrivarono ad assumere anche lo scettro del comando supremo: da Nicotris, prima donna a essere insignita del titolo di “re dell’Alto e Basso Egitto” intorno al 2184 a.C., fino alla celeberrima Cleopatra VII che, di là di tutti gli stereotipi
Zantani
di cui fu vittima, fu una monarca autorevole che governò per vent’anni, oltre che un’abile e colta diplomatica che conosceva dieci lingue. In Europa, il Medioevo fu un’epoca di svolta per le donne; è da qui che si può cominciare a parlare di vere e proprie professioni femminili. Tralasciando la sottomissione cui era costretto il genere muliebre, il Medioevo conosce un impiego della donna in diversi settori, alcuni molto faticosi: tra questi, il settore tessile, prevalentemente gestito da donne. Queste, una volta imparato il mestiere, potevano addirittura ambire ad una certa indipendenza, che avrebbe permesso loro di gestire in totale autonomia il proprio operato.
Donne dotate di propri capitali, inoltre, commissionavano ad altre donne la tessitura dei manufatti. Nella maggior parte delle attività tessili spicca infatti il coinvolgimento delle nobili nel ruolo di finanziatrici e di imprenditrici. Ad esempio, nella Venezia d’inizio Cinquecento, le aristocratiche avevano realizzato un business nella creazione di filati d’oro e d’argento. Sono loro che finanziarono la celebre “mercantessa” Pasqua Zantani, la quale, ottenuto il consenso del marito, iniziò ad agire in modo indipendente negli affari commerciali. Si occupava di tutte le fasi della produzione: nella sua bottega lavoravano diversi uomini, fra i quali un battiloro e un cospicuo numero di maestre filatrici. Lei stessa teneva i libri paga perché sapeva leggere, scrivere e far di conto. Altre, soprattutto a Roma, erano attivamente impegnate nella gestione di alberghi e locande, vere miniere d’oro della Città eterna. Ma troviamo anche chi organizzava navi e assoldava pescatori per cercare il corallo nel mare
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Pasqua
della Sardegna, che faceva poi lavorare e foggiare da manodopera femminile.
In Francia, tra il Quattrocento e il Cinquecento, le donne occupavano un ruolo notevole soprattutto nelle miniere di sale. In quelle di Salins, le operaie svolgevano compiti di primaria importanza come maestranze specializzate, occupando ruoli chiave all’interno del contesto produttivo. Nelle loro mani si trovava la maggior parte dell’attività, e godevano (alla pari degli uomini), di indennizzi in caso d’infortuni o di malattia, e di una pensione d’invalidità o di vecchiaia accordata dal consiglio direttivo della salina. Neppure nel settore dell’edilizia mancava l’imprenditoria femminile: a Milano, ai primi del Cinquecento, alcune fornaci che rifornivano di laterizi i cantieri delle principali costruzioni civili e religiose erano di proprietà di donne, come rivelano i libri mastri. In tutta Europa, insomma, durante Medioevo e Rinascimento, i documenti mostrano uno straordinario brulicare di attività femminili assolutamente impensate. Il XVII secolo olandese è poi un'epoca straordinaria per le donne: potevano ricevere l’istruzione primaria e gestire attività commerciali, come gli uomini, contribuendo così alla prosperità nazionale. Quando Margaret Hardenbroeck arrivò, nel 1659, nella colonia olandese di Nieuw Amsterdam (poi New York), era un'ambiziosa ventiduenne con un lavoro insolito: operava come fattore per un cugino benestante, gestendo i suoi affari nel
Nuovo Mondo. Comprava e vendeva merce per il suo mandante in cambio di una commissione. Sposò Peter de Vries, un ricco commerciante della città, ma continuò a costruire la propria attività: e quando Peter morì, nel 1661, Margaret ereditò le sue proprietà, tra cui una flotta di navi mercantili. Spediva pellicce e altri beni in Olanda per scambiarli con merce che poi vendeva a Nuova Amsterdam. In pochi anni il suo patrimonio immobiliare si estendeva da Albany alle Barbados, facendo di lei la mercante più ricca della colonia. Il 27 agosto 1664 quattro navi inglesi entrarono nel porto di Nuova Amsterdam e chiesero la resa agli olandesi; il direttore generale Peter Stuyvesant non oppose molta resistenza, e Nieuw Amsterdam divenne New York. Per le libertà femminili tutto cambiò drasticamente. Margaret era riuscita però a trarre pieno vantaggio dalle precedenti leggi liberali olandesi: aveva costruito un vasto impero che avrebbe permesso ai suoi cinque figli e ai loro discendenti di vivere ai vertici della società di New York. Purtroppo, un momento di gloria del genere, per le donne, non si sarebbe più rivisto per molti anni.
debiti della famiglia. Ma Eliza era determinata ad avere successo.
All'epoca l'indaco era il miglior colorante blu per tessuti, ed era molto richiesto nell'industria tessile inglese. La maggior parte dell'indaco fu importata per lungo tempo dai territori francesi dei Caraibi. Ma in quel momento l'Inghilterra era in guerra con la Francia e aveva bisogno di una nuova fonte, preferibilmente all'interno dell'Impero britannico.
TRA IL QUATTROCENTO E IL SEICENTO IN FRANCIA LE DONNE OCCUPAVANO
UN RUOLO DI PRIMO PIANO
SOPRATTUTTO NELLE MINIERE DI SALE
Alla fine del Settecento, con la rivoluzione industriale americana, spicca una grande imprenditrice capace di cavalcare questo straordinario cambiamento. Eliza Lucas nacque nell'isola di Antigua, co lonia britannica nei Caraibi. Quando aveva quindici anni la famiglia si trasferì nella Carolina del Sud, ereditando tre appezzamenti di terreno. L'anno successivo suo padre dovette tornare ad Antigua per affrontare il conflitto politico tra Inghilterra e Spagna. Così, a sedici anni, mentre i suoi fratelli studiavano in Inghilterra e sua madre era malata, si ritrovò a capo dell'azienda di famiglia: doveva prendersi cura della sorella minore, gestire 5mila acri in tre piantagioni e saldare i
Fu così che Eliza decise di provarci. Chiese a suo padre di inviarle semi di indaco da Antigua e si cimentò nel far crescere una pianta tropicale nella Carolina del sud. Dopo tre anni di tentativi falliti doveva essere molto emozionata mentre inviava a Londra una torta della sua tintura indaco per testarne la qualità e il prezzo. Tutte le sue speranze ei suoi sogni erano in quel pacchetto. Nel dicembre del 1744 ricevette una lettera che confermava l’alta qualità del suo indaco. Eliza distribuì i suoi semi ai proprietari di piantagioni in tutta la Carolina del Sud e condivise informazioni sulle tecniche di semina e di tintura sui giornali dello stato, in modo che tutti potessero trarre vantaggio dalla sua esperienza. Nel giro di pochi anni, i coltivatori della Carolina del Sud produssero tutto l'indaco di cui l'Inghilterra poteva aver bisogno, e lei divenne la donna più ricca dello stato. L'industria della moda non sarebbe quella che è oggi senza l'ambita tintura indaco: basti pensare ai blue jeans.
L'eredità di indipendenza e determinazione di Eliza, come quella di tutte le donne lavoratrici che l’hanno preceduta, sopravvive attraverso generazioni di imprenditrici. Di strada ne è stata fatta davvero tanta, e se oggi ancora non abbiamo raggiunto una situazione di parità nel mondo del lavoro, direi che possiamo guardare con ottimismo al futuro. Senza mai abbassare la guardia.
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MARGARET HARDENBROECK
ETICA E SICUREZZA SUL LAVORO NELL’ERA DELL’AI 16 I For tezza Da Basso 2024 Main Sponsor ENTE BILATERALE CONFEDERALE M e d ia Pa r tne r In c o ll ab o r a z i on e c o n Remote&Smart Dïgïtål Patrocini Sponsor R Salute ENTE BILATERALE FEDERALE festivaldellavoro.it info@festivaldellavoro.it
GESTIREL'IMPRESA
SENZA ZAVORRA, L'AZIENDA DECOLLA
Come ottenere flessibilità, liquidità, profittabilità ed efficienza? Adottando un approccio asset-light grazie alla servitizzazione, trasformando gli asset in canone, da Capex in Opex. Ecco come funziona
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VALORE COMPLESSIVO
OLTRE € 5 MLD
impresa è un po' come una mongolfiera: una volta aperto il gas e alimentata la fiamma, per farla volare in alto occorre alleggerirla, mollando le zavorre. Per capirci: perché acquistare strumenti, arredi, apparecchiature, piattaforme, impianti, insomma beni strumentali, immobilizzando capitali preziosi, per poi ritrovarsi dopo qualche tempo a fare i conti (letteralmente) con la loro obsolescenza, quando si potrebbero semplicemente noleg-
giare per il periodo strettamente necessario? È una questione di strategia, e non solo finanziaria.
«La strategia asset-light è essenzialmente un modello aziendale», spiega a Economy Claudio Mombelli, founder e Ceo di Domorental, player di riferimento nei servizi di servitizzazione e sostenibilità attraverso il noleggio operativo, che nella prospettiva della sustainability e digital transformation propone progetti chiavi
L'
di Marina Marinetti
PREZIOSI E COMPORTA IL RISCHIO DELLA LORO OBSOLESCENZA 27 FONTE: ELABORAZIONE DOMORENTAL
L'ACQUISTO DI BENI STRUMENTALI IMMOBILIZZA CAPITALI
NUOVI CONTRATTI DI LEASING 1° BIMESTRE 2024 IN ITALIA
IL33% DELLE AZIENDE ITALIANE UTILIZZA IL MODELLO DELLA SERVITIZZAZIONE (FRANCIA 36%, UK 56%, USA 53%, GIAPPONE 41%)
RISORSE DEL PNRR
LEASING
OPERATIVO + 7,9 % 1° BIMESTRE 2024 IN ITALIA
30% LA QUOTA DELLE
POTENZIALMENTE INTERMEDIABILE DAL
LEASING
in mano per i macro-trend Proptech, Energy Transition, Circular Economy, Agritech, Smart Cities, MedTech, Intelligence Industry e Security software anche in iCloud e che tra i suoi clienti ha colossi come la storica Brugola Oeb, azienda italiana multinazionale, leader nella produzione di viti per il settore automotive, ma anche una miriade di Pmi, strutture ricettive, enti pubblici... «Un'azienda è asset-light se possiede (relativamente) pochi beni, cioè ha solo una piccola quantità di beni fissi nel proprio bilancio. La strategia asset-light è particolarmente comune tra le aziende del settore dei servizi, che in principio richiedono poco capitale per le proprie operazioni commerciali». Qualche esempio? Airbnb, Uber e WeWork, ma anche Apple, che esternalizza diverse aree che richiedono investimenti elevati, come impianti di produzione e personale.
LE AZIENDE ASSET-LIGHT
SI CONCENTRANO SOLO SUL LORO
CORE BUSINESS ESTERNALIZZANDO
LE ATTIVITÀ NON CORE
variabile». Senza contare che i business scalabili offrono anche una redditività crescente con l'aumento del fatturato e sono quindi più appetibili per gli investitori. In ballo c'è anche un tema di aggregazione della conoscenza: «Le aziende asset-light si concentrano solo sul loro core business ed esternalizzano attività non core a partner esterni», sottolinea il Ceo di Domorental: «Di conseguenza, beneficiano anche dell'esperienza esterna in molte aree non core che l'azienda stessa non potrebbe raggiungere allo stesso modo in queste aree». Essere asset-light significa anche avere la possibilità di adattarsi più facilmente alle mutevoli condizioni di mercato e alle esigenze dei clienti. «L'azienda asset-light è più flessibile, più agile e più reattiva», conferma Mombelli: «se si ha bisogno di scalare rapidamente, lo si può
È vero che il possesso di beni, ad esempio impianti di produzione, dà all'azienda un maggiore controllo su di essi (e sulla proprietà intellettuale).... ma è anche vero che l'approccio asset-heavy vincola il capitale circolante dell'azienda, impedendone l'impiego per altri scopi. Al contrario, le aziende asset-light, con ridotto capitale circolante, sono molto più flessibili finanziariamente e possono quindi reagire più rapidamente ai cambiamenti. Non solo: per superare i periodi di crisi, che ultimamente si stanno susseguendo senza sosta, è necessaria una liquidità sicura. «L'approccio asset-light offre anche una serie di altri vantaggi», sottolinea Mombelli: «Innanzittutto la scalabilità. Utilizzando beni propri, la produzione può essere aumentata solo fino al limite della capacità degli impianti, dopodiché occorre investire in ulteriori impianti e infrastrutture, vincolando il capitale e aumentando i costi fissi. L'alternativa è avere un partner esterno che garantisca la scalabilità secondo necessità con l'outsourcing: questo consente anche sicurezza finanziaria in tempi critici, poiché le capacità produttive variabili possono essere ridotte in modo flessibile come componente di costo
fare senza il peso di acquistare nuovi asset o di smaltire quelli in eccesso». Un notevole vantaggio competitivo, oltre che una mitigazione dei costi (basti pensare a rischi intrinseci come l'obsolescenza tecnologica, le fluttuazioni di mercato e i cambiamenti normativi), ma anche un tema di efficienza: «Adottando un approccio asset-light, le imprese possono ridurre i costi di stoccaggio, manutenzione e ammortamento degli asset fisici per allocare le risorse in modo più efficace. Per esempio, invece di investire in una grande flotta di veicoli, un'azienda può collaborare con una società di logistica per gestire le esigenze di trasporto, o collaborare con un provider di cloud computing per accedere a infrastrutture avanzate e supporto tecnico... risparmiando e concentrandosi sulle sue competenze di base e affidandosi all'esperienza di partner esterni specializzati in aree specifiche, sfruttando risorse specializzate senza la necessità di investimenti pesanti o impegni a lungo termine e allocando più risorse alla ricerca e sviluppo, sperimentazione e innovazione».
L'ulteriore vantaggio? Il miglioramento del rating di credito dell'azienda: «Riducendo il carico debitorio e migliorando il flusso di cassa, le aziende possono dimostrare ai creditori di essere caretterizzate da un rischio di credito più basso. Ciò, a sua volta, può facilitare alle aziende l'ottenimento di finanziamenti a tassi di interesse più bassi».
Tra il dire e il fare (o meglio il diventare) asset-light, c'è di mezzo una precisa scelta fi-
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Claudio Mombelli Ceo di Domorental
nanziaria: quella di sostituire il Capex con l'Opex, in pratica anziché impiegare denaro per l'acquisto e il mantenimento delle immobilizzazioni operative, meglio impiegarlo per le spese operative flessibili, «che sono anche deducibili dalle tasse, mentre nel caso del Capex, è deducibile solo l'ammortamento», sottolinea il Ceo di Domorental.
Quanto ai modelli asset-light, c'è solo l'imbarazzo della scelta. C'è il leasing classico, che distribuisce il carico finanziario nel tempo, ma manca di flessibilità nella progettazione del contratto, e il leasing operativo, che prevede il noleggio di asset per un periodo di tempo prestabilito, dopodiché gli asset vengono restituiti al locatore.
Ma c'è anche il sale and lease-back, ovvero la vendita dei beni aziendali a un acquirente dal quale i beni vengono affittati per diversi anni, che ha il vantaggio di far entrare nelle casse dell'azienda più liquidità con un carico finanziario a un livello costante basso, ma come nel leasing semplice la proprietà del bene in leasing viene trasferita al locatario, che viene quindi considerato il proprietario.
Esiste anche uno step ulteriore nell'approccio asset-light: «la securitizzazione degli asset che», spiega Mombelli, «comporta il raggruppamento di un gruppo di asset e l'emissione di titoli garantiti dai flussi di cassa generati da quegli asset. Ciò consente alle aziende di raccogliere fondi vendendo i titoli agli investitori, pur mantenendo il controllo degli asset sottostanti». È il project financing, che ha il grande
vantaggio di consentire alle aziende di realizzare progetti di grandi dimensioni e intensivi di capitale senza dover investire il proprio capitale iniziale.
E poi c'è il modello più efficiente, quello a portata di qualunque impresa: la servitizzazione.
«La servitizzazione consente di trasformare qualunque bene, dai servizi agli impianti industriali a quelli tecnologici agli arredi, in un servizio, noleggiandoli attraverso il pagamento di un canone ricorrente la cui durata e il cui importo variano in funzione di diversi parametri (performance renting)», chiarisce Mombelli. «Gli asset vengono trasformati in canone, da Capex in Opex, da investimenti industriali a operativi gestionali, senza pesare sul bilancio e sulla posizione finanziaria netta. Si tratta di
una rivoluzione copernicana. L’impianto non è più importante come asset produttivo ma per la sua capacità di produrre qualcosa, diventa per così dire una sorta di commodity. E usufruendo di un ecosistema di servizi erogati da terzi e pagati attraverso micro-canoni: dall’ assicurazione, alla fornitura degli accessori e dei ricambi ai criteri della sostenibilità. Il noleggio operativo, che a bilancio viene imputato nella voce costi gestionali, e non come avviene per il leasing finanziario che ha una connotazione di debito, rappresenta una forma alternativa di accesso al credito e consente alle aziende di ottenere una working capital efficiency. La servitizzazione», conclude il Ceo di Domorental, «consente di ottenere quel bilanciamento cruciale tra risparmio dei costi e fornitura di valore che è strategico nella crescita dell'impresa, individuando gli asset essenziali per le operazioni e quelli che possono essere esternalizzati semplificando il proprio portafoglio di asset, riducendo i costi e aumentando la flessibilità».
Il Piano Transizione 5.0 destinerà 6,3 miliardi di euro nel biennio 2024-25
agli investimenti finalizzati alla transizione digitale energetica e sociale del Paese.
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SERVITIZZAZIONE CONSENTE DI OTTENERE UN BILANCIAMENTO CRUCIALE TRA RISPARMIO E FORNITURA DI VALORE Autovetture in leasing Autovetture NLT Veicoli commerciali in leasing Veicoli commerciali NLT Veicoli industriali AUTO Strumentale finanziario Strumentale operativo STRUMENTALE AERONAVALE E FERROVIARIO Immobiliare costruito Immobiliare da costruire IMMOBILIARE ENERGIE RINNOVABILI TOTALE GENERALE 13.244 60.324 5.926 10.835 3.173 93.502 12.931 15.971 28.902 22 293 66 359 33 122.818 824.587 1.709.006 265.501 307.212 413.252 3.519.558 934.398 217.125 1.151.523 43.238 196.869 146.921 343.790 10.080 5.068.189 7,1% -5,9% 23,7% 69,6% 5,1% 3,1% -24,0% 4,2% -10,6% -37,1% -3,3% -8,3% -4,3% -44,1% -0,5% 20,9% -4,5% 22,0% 94,8% 11,6% 9,4% -41,9% 7,9% -36,3% 37,7% 17,5% -4,4% 7,0% -81,9% -6,7%
LA
STIPULATO LEASING GENNAIO-FEBBRAIO 2024 Numero Valore (migliaia di €) Var% Numero Var% Valore
Il gioco delle 3 transizioni che rivoluzionano il lavoro
L'Intelligenza artificiale trasforma moltissime attività; la produzione cambia ritmi e procedure; la longevità obbliga a lavorare di più, ma per gli anziani è difficile adeguarsi. Un dibattito di Economy al Festival del lavoro
di Angelo Curiosi
Sono le 3T che sconvolgeranno l’Italia del lavoro (e dell'economia tutta): la transizione digitale, la transizione produttiva e quella generazionale. Economy Group le ha messe al centro del suo evento al Festival del lavoro, la grande kermesse organizzata dall'Ordine dei consulenti del lavoro presieduto da Rosario De Luca e giunta alla sua 15° edizione, dal 16 al 18 maggio prossimi a Firenze. Il 17, dalle 10, Economy darà la parola sul tema: "Le tre transizioni del lavoro: tecnologica, produttiva e generazionale" a quattro interlocutori di spessore: Riccardo Colombani, segretario generale della First-Cisl (la federazione dei lavoratori bancari e finanziari); Alessandro Paone, avvocato giuslavorista, docente di diritto del lavoro e presidente del Centro studi Nodus;
Lucio Sindaco, fondatore e amministratore delegato di Jobgate, società che si occupa di individuare i migliori candidati per le aziende sfruttando sistemi di Ia generativa per curare la disfunzione tra domanda e offerta di cui soffre il sistema; Clemente Perrone, HR Director del Gruppo Sirti, colosso italiano delle Tlc.
IL 17 MAGGIO, DALLE 10, A FIRENZE ECONOMY DARÀ LA PAROLA A RICCARDO COLOMBANI, ALESSANDRO PAONE, LUCIO SINDACO E CLEMENTE PERRONE
L’intelligenza artificiale è sul banco degli imputati, ma non è il solo problema – o opportunità, a seconda, ed è meglio (più utile!) pensarla così -, per l’Italia del lavoro, ma è uno dei fattori di criticità che vanno affrontati.
La trasformazione tecnologica che accompagna l’inesorabile affermazione nei processi produttivi dei sistemi di intelligenza artificiale generativa è infatti il primo, il più significativo e percepibile, dei fattori di cam-
biamento in atto nel nostro mondo, ma non è certamente l’unico, al punto che a nulla servirebbe concentrare tutta l’attenzione e gli sforzi, politici, normativi e sindacali, attorno ad esso soltanto, poiché così si finirebbe per perdere di vista un insieme ben più variegato. E complesso.
Certo non possiamo fare finta di nulla ed ignorare il grado di “adoption” delle tecnologie basate sull'Artificial Intelligence, che si espande nell’utilizzo e nella interconnessione con i fattori produttivi classici ad una velocità mai sperimentata.
Basti pensare che Chapt GPT3 in soli due mesi ha raggiunto 100 milioni di utenti, mentre negli Stati Uniti ci sono voluti 99 anni perché la telefonia fissa raggiungesse il 95% della popolazione (2022); 48 anni affinché l’elettricità raggiungesse il 100% delle famiglie (1956); 25 anni affinché il cellulare passasse al 96% di adozione (2019); 24 anni perché il computer passasse all’89% (2016); e 7 anni perché il tablet raggiungesse il 64% (2017).
Una simile rapidità e pervasività di espansione obbliga gli attori sociali e politici, ma anche le imprese ed i lavoratori ad agire con velocità per mettersi al passo; ciò non toglie il senso di profondo straniamento rispetto ad una tale rapidità di cambiamento, e di comprensibile paura.
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ROSARIO DE LUCA, PRESIDENTE DELL'ORDINE DEI CONSULENTI DEL LAVORO
RICCARDO COLOMBANI, SINDACALISTA
Perché accanto a questa – immane, gigantesca ed epocale, sia chiaro – trasformazione ve ne sono almeno altre due che solo mediaticamente catalizzano meno le attenzioni e le paure collettive ma che andrebbero messe assieme per attrezzare una risposta organica, anche perché sono reali tanto quanto la prima e come questa arriveranno, inesorabilmente. Una è la trasformazione produttiva che stiamo sperimentando con altrettanta velocità dalla pandemia, in un contesto macro economico in cui la globalizzazione è finita, quantomeno per come ce la ricordiamo e per come ci siamo, letteralmente, cresciuti dentro.
I recenti sconvolgimenti geopolitici stanno ridisegnando le geografie della produzione, creando deserti industriali laddove poche anni fa fiorivano imprese e distretti produttivi, in ragione di una tendenza necessaria al reshoring, cioè alla ricollocazione dei luoghi di produzione, in quelle realtà meno esposte ai cambiamenti di potere sul piano mondiale, riducendo la lunghezza delle filiere. Un dramma per chi vive di “conto terzi” o ha considerato il mondo come un unico grande distretto produttivo, ma anche una straordi-
naria opportunità, stante l’apertura di nuovi sbocchi di mercato prima preclusi dalle stesse logiche globalizzate, e che oggi tornano a nuova vita perché capaci di sfruttare canali logistici ritenuti più sicuri, più vicini, meno costosi (forse?).
E questa trasformazione impatterà il lavoro al pari della prima, obbligando alla realizzazione di politiche industriali a livello macro, e ad azioni organizzative su vasta scala a livello micro, di singole realtà aziendali, in cui molto del personale andrà formato perché occupi nuovi posti di lavoro, magari – ecco la logica circolare, del tutto torna, eternamente – andando ad occupare quei posti che l’intelligenza artificiale non è in grado di soppiantare con la sua forza negativa sostitutiva.
L’ultima delle tre è un problema più italiano che di altri, e riguarda la transizione generazionale: non che non lo sapessimo, ma la Cgia di Mestre proprio di recente ci ha voluto ricordare che entro il 2034 le persone in età lavorativa tra i 15 e i 64 anni presenti in Italia sono destinate a diminuire drasticamente, addirittura di 3 milioni di unità, pari ad un sonoro – 8% dell’intera popolazione lavorativa (qualcuno ci scampi da quota 100, quota 104 o quota 41, per tenere in piedi il sistema
dovremo lavorare tutti e di più!).
Le ragioni di questo crollo sono semplici, troppe volte affrontate al punto che ci abbiamo intitolato un ministero, e sono legate essenzialmente al progressivo invecchiamento della popolazione, che porta con sé a cascata una marea di problemi con sempre meno giovani e tanti baby boomer destinati a uscire dal mercato del lavoro per questioni di età.
Ma se non possiamo intervenire sulle cause, dobbiamo quantomeno preoccuparci degli effetti e questi comporteranno un aumento della tensione occupazionale sull’accaparramento di professionalità, da formarsi ai mestieri del domani in un contesto che, quindi, è tecnologicamente caratterizzato e produttivamente modificato.
Da una parte gli over-65 non potranno lasciare il lavoro quando avrebbero voluto; dall'altra sarà difficilissimo mantenerli in servizio se non sapranno adeguarsi alle nuove competenze. Una sorta di dilemma del prigioniero.
Ecco lo scenario finale: un paese colpito da tre macro trasformazioni contemporaneamente, normativamente legato a logiche superate e con un sindacato che, in risposta, si è diviso e la cui componente quantitavamente più significativa (la Cgil) ha deciso di lanciare un referendum su… l’articolo 18!
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Eppure non possiamo fermarci qui, sbaglieremmo.
LO SCENARIO COMPLESSO È DIFFICILE IN UN PAESE LEGATO A VECCHIE LOGICHE E CON UN SINDACATO IN PARTE SCHIERATO IN PURA RETROGUARDIA
ALESSANDRO PAONE, AVVOCATO
LUCIO SINDACO, IMPRENDITORE
CLEMENTE PERRONE, HR MANAGER
Quante soluzioni allo skill mismatch
Orientare la Generazione Z, formare i candidati... e persino farli “giocare al Ceo” mettendoli alla prova: così Adecco è riuscita a creare un dialogo solido e strutturato tra mondo della formazione e mercato del lavoro di Riccardo Venturi
Cinquecento giovani assunti con contratto a tempo indeterminato nel corso del 2023. È il risultato in concreti termini occupazionali delle iniziative di Adecco in collaborazione con la scuola secondaria di secondo grado per potenziare l’orientamento al mondo del lavoro della Generazione Z. «Lo scopo dei progetti del mondo Education di Adecco è creare un dialogo solido e strutturato fra il mondo della formazione e il mercato del lavoro, per contrastare lo skill mismatch che il Paese sta vivendo», racconta Virginia Stagni, Chief Marketing Officer del Gruppo Adecco in Italia. La manager è da poco rientrata in Italia da Londra, dove a meno di venticinque anni è diventata la più
ADECCO CONTA SU UN TEAM DI DUEMILA PROFESSIONISTI
E PIÙ DI 300 FILIALI SUL TERRITORIO NAZIONALE
giovane manager nella storia del Financial Times. Adesso il suo obiettivo è aiutare la società che sviluppa e valorizza il capitale umano a rispondere in maniera ancor più puntuale alle esigenze di flessibilità e qualità delle aziende con soluzioni dedicate e servizi su misura e raccontare anche ai giovani candidati le opportunità che oggi si presentano all’interno del mondo del lavoro.
«Oggi abbiamo un team di 2.000 professionisti e più di 300 filiali sul territorio nazionale, impieghiamo ogni giorno oltre 50.000 persone di cui il 50% con contratto a tempo indeterminato e siamo partner di oltre 11.000 clienti» spiega Stagni. «Ma oltre al supporto quotidiano a candidati e azien-
de, uno dei nostri obiettivi fondamentali è investire sui giovani per fare in modo che questi ultimi comprendano le opportunità del mercato del lavoro italiano e sviluppino competenze in linea con le esigenze delle aziende. In poche parole, vogliamo metterli nelle migliori condizioni possibili per vivere e lavorare in Italia, senza spingerli a pensare di lasciare il Paese».
Nel corso del 2023, Adecco ha realizzato numerosi progetti di orientamento scolastico, che hanno permesso di portare avanti
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VIRGINIA STAGNI
iniziative in tutto il Paese e coinvolgere circa 20 mila studenti in 340 istituti scolastici per un totale di 2.300 ore di formazione e orientamento. Il progetto di punta, che prende il nome di TecnicaMente, coinvolge gli istituti formativi di estrazione tecnica in tutta Italia. «Anche nel 2024 vogliamo continuare a lavorare con l’obiettivo di favorire l’incontro tra domanda e offerta, creando un momento di confronto tra gli studenti dell’ultimo anno e le aziende del territorio interessate a incontrare e inserire giovani di talento» rimarca la Chief Marketing Officer del Gruppo Adecco in Italia. «Credo che sia fondamentale mettere a disposizione strumenti utili perché i ragazzi, terminate le superiori, possano essere pronti ad affrontare il mondo del lavoro non accontentandosi, ma cercando un lavoro che possa permettere di esprimere tutto il loro talento. Stiamo lanciando in queste settimane, ad esempio, CV Maker, un tool gratuito in grado di produrre in modo semplice e veloce un curriculum anche grazie all’AI».
Sempre in tema di upskilling e reskilling, il 2023 si è chiuso con 250 Academy formative organizzate per 3.500 studenti e professionisti. Adecco Academy è la divisione di Adecco con corsi di formazione gratuiti e professionalizzanti rivolto a tutte le tipologie di lavoratori: corsi formativi per neolaureati, per professionisti così come corsi per disoccupati o inoccupati. Prendere parte alle Adecco Academy significa molto di più che frequentare un corso. I corsi, oltre a offrire formazione gratuita, prevedono percorsi di upskilling e di reskilling e mettono in contatto il lavoratore con le realtà aziendali territoriali.
CERVELLI IN FUGA, ANDATA E... RITORNO
Non solo cervelli: quelli in fuga dall’Italia sono anche cuori. Secondo una ricerca del Gruppo Adecco, gli sgravi fscali sono considerati fondamentali nella scelta di rimpatriare solo dall’11% di un campione di quasi 2mila rispondenti. Le vere motivazioni del rimpatrio sono legate alla vicinanza a famiglia e amici (43% dei voti). Importante anche la qualità della vita con il 27%. Ma per quasi un rispondente su cinque (19%) non ci sono motivazioni suffcienti per prendere in considerazione un rientro in Italia. «Il rientro dei cervelli è un tema fondamentale per
misurare la competitività del mercato del lavoro di un Paese» commenta Claudio Soldà, CSR & Public Affairs Director di The Adecco Group Italia. «La ricerca che abbiamo svolto ci dimostra che gli aspetti positivi strutturali e culturali che l’Italia può vantare, come ad esempio la qualità della vita e la vicinanza alle persone care come famigliari e amici, sono tra le principali ragioni che spingono a prendere in considerazione il rientro nel Belpaese. In molti casi, però, questi aspetti non sono suffcienti, se non accompagnati da incentivi importanti che possano permettere
ai talenti di sentirsi gratifcati anche dal punto di vista professionale ed economico. Infne, sarebbe fondamentale che il nostro mercato del lavoro migliorasse in competitività rispetto ai principali Paesi esteri: un numero emblematico che emerge da alcuni dati Eurostat rielaborati da Openpolis riporta che in Italia solo il 65,2% dei neo-laureati risulta occupato dopo 1-3 anni dal conseguimento del titolo, una situazione totalmente diversa rispetto ai migliori Paesi dell’Unione come il Lussemburgo (93,4%), i Paesi Bassi (92,9%) e la Germania (92,2%)».
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Altra iniziativa di The Adecco Group è Ceo4OneMonth, il talent program che offre
ai giovani l’opportunità di mettersi in gioco, mostrare le proprie capacità e vivere un’esperienza di crescita personale e professionale indimenticabile. In occasione dell’ultima edizione, il gruppo è entrato in contatto con oltre 60mila giovani. Ogni anno, migliaia di candidati affrontano un’intensa selezione, misurandosi con i migliori talenti a livello nazionale e confrontandosi con i manager di alcune delle più prestigiose aziende del mondo. Il premio in palio è la possibilità di entrare nel mercato del lavoro “like a pro” e di vivere un training-onthe-job di 30 giorni con i country manager di The Adecco Group, l’azienda punto di riferimento globale nei servizi dedicati alla gestione delle uisorse Umane che offre ogni giorno più di 3,5 milioni di opportunità di carriera e incontra, coltiva e assume talenti in 60 Paesi.
«Continueremo ad investire su Ceo4One-
Month perché si tratta di un’iniziativa che ci permette di incontrare tanti talenti che hanno tutte le carte in regola per intraprendere percorsi importanti all’interno del mondo del lavoro e di organizzazioni importanti» aggiunge Stagni.
«Oggi è fondamentale coltivare i talenti più giovani e saper investire su di essi, riuscendo a trovare la formula giusta per farli convivere anche con professionisti di altre generazioni. In un periodo in cui esistono tante differenze culturali e generazionali, infatti, credo che la sfida di una azienda che vuole operare in modo armonioso deve essere quella di gestire e rendere compatibili le differenze generazionali, grazie all’ascolto ma soprattutto alla consapevolezza reciproca. Un incontro e mix generazionale salubre rende l’azienda più competitiva e permette una visione strategica a 360 gradi. Per i vari lavoratori, l’azienda diventa anche un luogo più piacevole, dove comprendere cambiamenti sociali ma anche confrontarsi con la diversità».
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LA SCUOLA PER IMPRENDITORI SVILUPPA NUOVE IDEE
Il percorso executive sostenuto da 4.Manager e promosso da Confindustria con Luiss Business School mira a migliorare l'employability dei manager dell’industria e ad aumentare la competitività delle imprese
di Victor De Crunari
Stimolare la nascita di nuove imprese, sostenere la vocazione all’autoimprenditorialità e valorizzare le competenze manageriali per favorire la nascita di nuovi imprenditori. Questi gli obiettivi della Scuola per Imprenditori, il percorso executive sostenuto da 4.Manager e promosso da Confindustria, Sistemi Formativi Confindustria con Luiss Business School giunto alla seconda edizione.
Il progetto si inserisce all’interno di un ampio e ambizioso piano di politiche attive di 4.Manager che mira a migliorare l'employability dei manager dell’industria e ad aumentare la competitività delle imprese. «Sviluppare l’autoimprenditorialità significa creare opportunità di sviluppo per i territori promuovendo un modello di politica attiva del lavoro finalizzato anche a non disperdere il patrimonio delle competenze manageriali - dichiara Stefano Cuzzilla, Presidente di 4.Manager - L’autoimprenditorialità è considerata anche a livello europeo una competenza chiave perché permette di trasformare le opportunità e idee d’impresa in azioni concrete in termini di valore, anche in relazione all’acquisizione di nuove leadership. Questo vale nell’ambito della costituzione di una start up ma anche all’interno delle organizzazioni».
Il percorso, il cui punto di forza è la stretta collaborazione con le Associazioni del Sistema confederale, ha visto nella 1° edizione il coinvolgimento di 28 partecipanti e ha consentito lo sviluppo di 4 start-up di cui una operante nel settore alimentare - attualmente incubata presso il Parco Tecnologico di Bolzano (https://noi.bz.it/it) - e una nel settore turistico, rientrata nel programma di accelerazione di Invitalia
L’edizione 2024 si rivolge a dipendenti d’im-
STEFANO CUZZILLA: «SVILUPPARE
L'AUTOIMPRENDITORIALITÀ SIGNIFICA CREARE OPPORTUNITÀ DI SVILUPPO PER I TERRITORI»
presa, giovani professionisti e dirigenti non occupati provenienti da diversi territori: Perugia, Napoli, Milano, Firenze, Catania, Parma, Verona, Padova, Rovigo e Treviso. Attraverso un approccio didattico innovativo e multidisciplinare, il corso fornisce una panoramica delle implicazioni giuridico - economiche che derivano dall’atti- vità imprenditoriale con l’obiettivo di alimentare la vocazione imprenditoriale nell’ambito del tessuto produttivo italiano, stimolando soprattutto coloro che, senza avere alle spalle una tradizione familiare, sono pronti ad accettare la sfida della creazione di una nuova im-
presa. Verranno analizzati la struttura delle imprese, gli aspetti legali, il business financing e la gestione delle informazioni offrendo una preparazione mirata a conoscere meglio l’impresa, in particolar modo per quanto riguarda gli aspetti di management e gestione. La Scuola per imprenditori nasce anche in risposta al positivo trend di crescita delle startup in Italia che a fine 2023 erano 14.587, in aumento del 14,7% rispetto al 2022, con un trend di crescita annuale tra il 2020 e il 2023 del 25,5%.
Il 39,2% delle startup è localizzato in Lombardia, seguita da Lazio (21,4%) e Campania (9,4%). Le prime tre città per numero di startup sono Milano (3.845), Roma (2.143) e Napoli (1.042). Importante anche la crescita nel Sud Italia, con un aumento del 22,5% delle startup nel 2023 rispetto al 2022. Le startup con titolari uomini sono l'85,2%, mentre quelle con titolari donne sono il 14,8%, in leggero miglioramento rispetto al 14,4% del 2022 e si concentrano prevalentemente nei settori del fintech, fashion tech e green tech. Il 38,7% delle startup opera nei servizi di informazione e comunicazione (software, consulenza IT, ecc.). Seguono le attività professionali, scientifiche e tecniche (23,4%) e il manifatturiero (14,8%). In crescita i settori del fintech, insurtech e agritech.
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STEFANO CUZZILLA
Il cambiamento non aspetta nessuno.
In un mondo in costante trasformazione, mettiamo a disposizione la nostra visione e capacità di comprensione per supportarvi nel prendere decisioni informate e consapevoli… Taking Charge of Change! Experience RSM | www.rsm.global/italy/rsmrev/it
Il
aspetta
cambiamento non
RSM Società di Revisione e Organizzazione Contabile S.p.A. is a member of the RSM Network and trades as RSM. RSM is the trading name used by the members of the RSM Network. Each member of the RSM Network is an independent assurance, tax and consulting firm each of which practices in its own right. Te RSM network is not itself a separate legal entity of any description in any jurisdiction. Te RSM Network is administered by RSM International Limited, a company registered in England and Wales (company number 4040598) whose registered office is at 50 Cannon Street, London EC4N 6JJ. Te brand and trademark RSM and other intellectual property rights used by members of the Networ]k are owned by RSM International Association, an association governed by article 60 et seq of the Civil Code of Switzerland whose seat is in Zug. © RSM International Association, 2024
Cari dirigenti, sono a norma le vostre polizze?
A differenza dei broker “generalisti”, Praesidium persegue anche un mandato “aggiuntivo” ovvero fornire la massima chiarezza su contenuti ed esclusioni dei contratti. Ecco i punti a cui fare attenzione
di Valeria Bucci, a.d. e direttore generale di Praesidium SpA
Praesidium è il broker di riferimento del sistema di rappresentanza
Federmanager e del fondo sanitario
DAL 2005 PRAESIDIUM OPERA
COME BROKER DI RIFERIMENTO
DEL SISTEMA DI RAPPRESENTANZA
Assidai ; dal 2005 opera proprio nella distribuzione di soluzioni assicurative sanitarie integrative degli enti di sistema e di altri fondi categoriali. Il nostro principale compito è far sì che le coperture assicurative siano in compliance con i dettami previsti dalle fonti istitutive, in particolare dal Contratto Collettivo Nazionale, fornendo una consulenza e un servizio personalizzato ai nostri assicurati.
FEDERMANAGER E DEL FONDO ASSIDAI
dei suoi manager, sia i dirigenti stessi, oggi sempre più interessati ad ampliare il più possibile le tutele, estendendole anche alla propria famiglia. La categoria dei dirigenti è una categoria ben coperta a livello di welfare. A livello di obblighi assicurativi puri, il
Ccnl pone in capo all’azienda l’obbligo di assicurare i propri dirigenti in caso di infortunio professionale ed extraprofessionale, senza applicazione di alcuna franchigia, con dei massimali variabili in base alle retribuzioni annuali lorde (Ral); sembra un’impostazione abbastanza semplice, ma in realtà il Ccnl non prevede delle esclusioni o degli stop loss, ovvero dei massimi indennizzi da parte delle compagnie. Non solo: nelle dichiarazioni a verbale nel Ccnl viene imposto alle compagnie di assicurazione di accettare come valido il giudizio formulato dall’ente previdenziale sull’invalidità permanente totale all’atto del riconoscimento dell’assegno ordinario di invalidità o della pensione di inabilità; le compagnie difficilmente vogliono lasciare a un ente terzo, soprattutto ad un istituto previdenziale dalle maglie più larghe, il giudizio sullo stato di invalidità, anche senza obbligo dell’abbandono del posto di lavoro. Nella nostra esperienza, che ci porta ad analizzare tantissime polizze, difficilmente troviamo contratti a norma. Il più delle volte, le compagnie accettano il giudizio dell’Inps o dell’Inail soltanto se il dirigente abbandona il posto di lavoro. Una conoscenza approfondita del contratto di lavoro consentirebbe, invece, al dirigen-
A differenza di altri broker “generalisti” o più orientati al business, Praesidium persegue anche un mandato “aggiuntivo” ovvero fornire la massima chiarezza su contenuti ed esclusioni delle polizze. Evitare per tempo che si verifichino “buchi” assicurativi significa, infatti, tutelare sia l’organizzazione, che potrebbe esser messa in seria difficoltà dal verificarsi di eventi non coperti dalle polizze a danno
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OCCORRE FARE UN'ATTIVITÀ DI VERO RISK MANAGEMENT PER AVERE UN QUADRO CHIARO VALERIA BUCCI
te di rifiutarsi di sottoporsi a visita medico-legale e di richiedere all’azienda il ristoro della somma dovuta. Ovviamente occorre fare attenzione al modo in cui è costruita la polizza: tra esclusioni, limiti, massimi indennizzi, stop loss catastrofali; l’azienda dovrà essere consapevole dei rischi e fare una vera attività di risk management per avere un quadro chiaro della situazione.
In capo all’azienda ricade anche l’art 15 del Ccnl, ovvero la tutela legale e la responsabilità civile del dirigente: ma in questo caso non si tratta di un obbligo assicurativo, ma è consigliabile per l’impresa strutturare anche in quest’ambito una polizza ad hoc che amplia – includendo i casi di colpa grave – le tutele previste dal Ccnl. In ogni caso, il vero banco di prova di ogni polizza è rappresentato dal momento in cui si verifica il sinistro e dall’assistenza fornita a chi ne è vittima. L’attività principale di un broker dovrebbe essere quella di fornire chiarezza sui contenuti, assistenza, aspetti qualitativi di cui si valuta l’impatto, purtroppo, troppo tardi.
Concludendo, un’altra tematica di notevole importanza riguarda il valore degli accordi di secondo livello, in quanto attraverso un accordo o un regolamento aziendale l’impresa può allargare le coperture a favore dei propri dipendenti e dirigenti. L’intervento del broker, in questo caso, serve a garantire che quanto stabilito
dall’accordo o regolamento sia redat to a piena coerenza con le condizioni contrattuali, evitando di esporre a ri
LA PRINCIPALE RICHIESTA
OGGI È QUELLA DI ALLARGARE
LE TUTELE DEL WELFARE A TUTTA LA FAMIGLIA
schi l’azienda: la principale richie sta oggi è quella di allargare le tu tele del welfare a tutta la famiglia.
PRAESIDIUM, UNA GUIDA SICURA PER IL WELFARE DEI MANAGER
Praesidium
è la società del sistema Federmanager specializzata nello studio, nella progettazione e nella gestione dei programmi di welfare aziendali ed individuali, dedicati ai dirigenti, ai quadri, ai professional e alle loro famiglie. Grazie alla stretta relazione con il sistema Federmanager e con Assidai, Praesidium opera in particolare nell’ambito della consulenza e distribuzione delle iniziative di assistenza sanitaria, nonché di ogni tutela
assicurativa per i dirigenti, di origine contrattuale ed è in grado di rispondere a tutte le esigenze di welfare individuale dei manager, sia in servizio che in pensione. Con 15 anni di storia, 70 milioni di premi intermediati, 1.600 aziende e 60 mila manager assistiti, Praesidium è oggi stabilmente tra le prime 22 aziende nel mercato del brokeraggio italiano e tra i player più importanti nel settore della sanità integrativa aziendale per i manager. L’appartenenza al
sistema Federmanager connota Praesidium come interlocutore privilegiato delle imprese industriali nell’ambito dell’assistenza. Praesidium è una guida esperta, oggi pronta a tracciare con voi nuove rotte, verso il benessere dei manager e delle loro famiglie. Oggi Praesidium ha riunito nell’Atlante del welfare il panorama completo dei servizi e dei prodotti dedicati ai manager, un panorama arricchito da una consulenza sempre personalizzata. www.praesidiumspa.it
GESTIRE L'IMPRESA 37
FORMAZIONE MANAGERIALE, L'ECCELLENZA IN CATALOGO
Con 2.273 piani approvati e finanziati che hanno coinvolto 2.707 imprese italiane, anche nel 2023 si confermano le ottime performance di Fondirigenti, il fondo interprofessionale promosso da Confindustria e Federmanager di Lara
Bernardi
Fornire alle imprese, ai dirigenti e alla business community fonti di ispirazione valide per innovare la cultura manageriale del Paese, attraverso una panoramica dei migliori interventi realizzati attraverso il Conto formazione e gli Avvisi: sono questi gli obiettivi del nuovo Catalogo della formazione manageriale d’eccellenza 2023, presentato da Fondirigenti. I risultati per l’anno 2023 confermano le ottime performance del fondo interprofessionale più grande d’Italia per il finanziamento della formazione continua del management, promosso da Confindustria e Federmanager. Sono 2.273 piani approvati e finanziati dal Fondo nel 2023, per oltre 26,3 milioni di euro, che hanno coinvolto 2.707 imprese italiane in quasi 293 mila ore di formazione per 12.781 dirigenti. Numeri significativi a supporto dei quali Fondirigenti ha deciso di raccogliere gli interventi più rilevanti, finanziati tramite il Conto Formazione e gli Avvisi, nel nuovo Catalogo 2023. «Con questa iniziativa intendiamo favorire la diffusione di modelli innovativi di formazione – spiega il presidente Marco Bodini - Le buone pratiche censite riguardano un ampio ventaglio di percorsi realizzati da imprese di diverse dimensioni, settori e territori, con impatti concreti sull’innovazione dei processi produttivi e il rafforzamento delle competenze dei lavoratori. Le esperienze raccolte dimostrano il contributo centrale che la formazione può offrire alla crescita competitiva delle imprese e professionalità dei manager».
LE BUONE PRATICHE CENSITE RIGUARDANO UN AMPIO VENTAGLIO
DI PERCORSI REALIZZATI DA IMPRESE
DI DIVERSI SETTORI E TERRITORI
Il Catalogo raccoglie in tutto 47 esperienze aziendali realizzate in diversi ambiti e settori, dall’alimentare, all’abbigliamento, all’aerospa-
zio e ITC, passando per l’arredamento, il settore chimico e metalmeccanico, la consulenza e i servizi, suddivisi in quattro grandi macroaree: la gestione dei rischi finanziari, per migliorare la capacità delle imprese di reagire a crisi inattese, causate dalla pandemia e dall’instabilità geopolitica; la transizione digitale a supporto dell’introduzione di nuove tecnologie digitali, per innovare o riconvertire le organizzazioni, dai processi produttivi alle strategie di vendita; la sostenibilità ambientale e sociale per accompagnare modelli di crescita efficienti e sostenibili, sia a livello ambientale che sociale; le competenze per il cambiamento per rafforzare le soft skills necessarie a guidare il cambiamento, valorizzare le diversità e i talenti e migliorare le performance.
Le 47 iniziative sono state realizzate a cavallo tra il
2022 e 2023, attraverso il Conto formazione e due specifici Avvisi (1/2022 e 2/2022) dedicati alla transizione resiliente, a supporto del cambiamento del mindset manageriale e alle donne manager, in linea con le direttive di inclusione e coesione della Missione 5 del Pnrr. «Ampliando e arricchendo l’esperienza della precedente edizione, Fondirigenti prosegue il processo di analisi, valutazione e diffusione di buone pratiche e modelli innovativi di formazione - sottolinea il direttore generale di Fondirigenti Massimo Sabatini - condividendo testimonianze concrete di come la formazione sia stata utilizzata dalle imprese per affrontare le importanti sfide che hanno caratterizzato l’ultimo triennio. In questo modo, consolidiamo un’idea molto pratica del ruolo che la formazione continua può svolgere a sostegno di moderne politiche industriali, che potrà trovare già nel prossimo Avviso del Fondo l'occasione per una concreta sperimentazione».
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Il Presidente risponde
Tutto quello che volevi sapere sulla previdenza complementare e non hai mai osato chiedere.
A cura di Giuseppe Straniero, numero uno di Previndai
La lista della spesa tra previdenza e assistenza
Il contributivo puro, combinato con un ingresso ritardato nel mondo del lavoro e carriere discontinue, porterà alla creazione di una coorte di anziani indigenti. L’unica soluzione è una decisa accelerazione del secondo pilastro
Gentile Presidente, vorrei condividere con Lei una riflessione sulla previdenza pubblica in Italia. Si continua a ragionare sulla limitatezza delle risorse a disposizione per una riforma complessiva, eppure a pesare sui conti pubblici non è solo la spesa per previdenza ma in buona misura anche quella assistenziale. Possibile che non si riescano a separare le due voci?
Gentile lettore, la sua osservazione è del tutto pertinente e fa riferimento a una discussione in atto ormai da anni, sostenuta dall’evidenza di una dinamica decisamente accelerata della spesa per assistenza nel nostro Paese negli ultimi anni, cresciuta di oltre il 100%, contro un andamento di quella per prestazioni previdenziali decisamente più contenuta e in linea con la media europea.
Questo significa che l’Italia spende poco per le pensioni? No di certo, semplicemente l’ammontare complessivo risultante dalle voci di assistenza sommate a quelle della previdenza non restituisce un quadro chiaro della situazione; il che, nell’ottica di una futura e auspicabile riforma previdenziale complessiva, che ci si augura preveda un forte rilancio di quella complementare, potrebbe non essere un punto di partenza ottimale.
La questione non è però ‘di lana caprina’, tanto che, per dipanarla, il precedente esecutivo ha addirittura costituito un’apposita Commissione (Commissione Tecnica di studio sulla classificazione e comparazione, a livello europeo e internazionale, della spesa pubblica per finalità previdenziali e assistenziali). A questi esperti è stato dato il compito di valutare la possibile separazione delle due voci (previdenza e assistenza) all’interno della contabilità pubblica. Ebbene, con uno spoiler senza rimorsi, dico subito che la conclusione di quel lavoro è stata che “Non appare praticabile una separazione netta tra previdenza e assistenza”.
Sostanzialmente la tesi è che da una parte il sistema appare sempre più caratterizzato da prestazioni ‘ibride’ e dall’altra non si ritiene possibile applicare il criterio della fonte di finanziamento delle prestazioni (contributi o fiscalità generale) come unico spartiacque per le due tipologie di spesa. Quest’ultima affermazione è sostenuta da due osservazioni: alcune forme previdenziali (come gli sgravi contributivi ad esempio) sono finanziate appunto dalla fiscalità ge-
nerale e sono sempre le entrate fiscali a sostenere il bilancio Inps. Per altro, sottolinea la Commissione, nel 2019 i contributi hanno coperto solo il 76% della spesa previdenziale, un dato anche in riduzione rispetto al passato. Infine, si sottolinea che anche a livello europeo una separazione netta tra assistenza e previdenza non avrebbe riscontro in quanto non prevista dal sistema Esspross (European system of integrated social protecion statistics), unico strumento per una comparazione delle spese di protezione sociale nella Ue a 27. Quest’ultimo, infatti, distingue unicamente tra prestazioni il cui accesso è condizionato al reddito e prestazioni il cui accesso non è condizionato al reddito. Ciò non toglie che, come sottolineato dalla stessa Commissione tecnica, sia utile continuare a monitorare la distinzione generale delle due forme di spesa, grazie ai Conti della Protezione Sociale forniti dall’Istat.
Ciò detto, mi preme concludere con un pensiero al futuro: dobbiamo essere coscienti che l’applicazione del sistema contributivo puro, combinato con un ingresso più ritardato nel mondo del lavoro e le carriere sempre più spesso discontinue dei nostri giovani, porterà alla creazione di una coorte di anziani indigenti in un futuro non lontano a meno di altri interventi onerosi da parte dello Stato. L’unica soluzione per evitare il concretizzarsi di uno dei due scenari è una decisa accelerazione della diffusione della previdenza complementare, soprattutto tra i giovani. Per creare quella stampella all’assegno pubblico che è già oggi importante ma che a breve sarà indispensabile per garantire una vecchiaia dignitosa a tutti, a prescindere dai livelli di reddito con cui si è lasciato il lavoro.
Insomma, non sappiamo se un domani si arriverà alla possibilità di suddividere più nettamente la spesa previdenziale da quella assistenziale ma intanto pensare al futuro dei nostri giovani lavoratori, incrementando la diffusione delle ‘pensioni di scorta’, credo sia l’unico modo per evitare che in futuro la voce assistenziale diventi ancora più pesante sui conti pubblici italiani.
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GIUSEPPE STRANIERO
Tra Italia ed Emirati Arabi un ponte... di business
Appuntamento il 10 maggio a Milano con la seconda edizione di Investopia Europe, la piattaforma di investimento nata negli Eau che torna in Italia grazie a Efg Consulting
di Riccardo Venturi
Torna a Milano la Davos del Medio Oriente: si terrà il prossimo 10 maggio a Palazzo Mezzanotte la seconda edizione di Investopia Europe, la piattaforma d’investimento nata negli Emirati Arabi che arriva nuovamente in Italia grazie ad Efg Consulting, società di consulenza strategica in tematiche di marketing ed internazionalizzazione con focus verso i Paesi del Medio Oriente, che la organizza insieme al Ministero
dell’Economia degli Emirati Arabi Uniti. «Siamo davvero orgogliosi di riportare a Milano la seconda edizione di Investopia Europe, un luogo di confronto per imprenditori, investitori e istituzioni volto a definire il futuro degli investimenti e ad individuare concrete opportunità di business» dice Giovanni Bozzetti, presidente di Efg Consul-
UN LUOGO DI CONFRONTO PER IMPRENDITORI, INVESTITORI
E ISTITUZIONI VOLTO A DEFINIRE CONCRETE OPPORTUNITÀ DI BUSINESS
ting. «La sostenibilità, non solo ambientale ma anche economica e sociale, è un tema che sarà trasversale a tutte le discussioni, in quanto rappresenta per gli investimenti un obiettivo chiave per garantire condizioni di maggiore stabilità tra le Nazioni in una realtà geopolitica complessa» prosegue Bozzetti. «Confidiamo inoltre che Investopia Europe a Milano possa rappresentare anche l’innesco di un volano di investimenti da parte degli Emirati Arabi Uniti verso l’Italia». «L’appuntamento di Investopia Europe a Milano è molto importante per noi, viste anche le ottime relazioni di amicizia tra i nostri Paesi. Il programma sarà molto ricco ed interessante e aspettiamo tutti gli investitori ed imprenditori italiani il 10 maggio». Questo l’invito di Abdulla bin Touq Al Marri, Ministro dell’Economia degli Emirati Arabi Uniti, che sarà presente all’evento. «Il fatto che si si
I TEMI DEI QUATTRO PANEL
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Turismo e ospitalità
La crescita sostenibile nel campo della sostenibilità ci impone di riesaminare opportunità di investimento: quali destinazioni e segmenti offrono le migliori opportunità, quali modelli di partnership sono più adatti al mercato e come gestire la crescita considerando gli Esg?
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Sostenibilità
È una rivoluzione che tocca ogni paese, settore e classe di attività. Le aziende con visione, leadership e impegno per la sostenibilità sono al centro del cambiamento, per cui essa stessa diventa l’opportunità di investimento più grande di tutti i tempi. In che modo le aziende possono porsi dinanzi a tale sfda e come il tema della sostenibilità sta modifcando l’economia del domani?
Investimenti nelle Pmi
Le piccole e medie imprese sono la spina dorsale dell’economia italiana ed emiratina. Investire in robuste e promettenti Pmi che hanno il potenziale di crescita, fornendo loro i giusti strumenti per far sviluppare la loro competitività nei mercati globali, sarà la chiave per un’economia più resiliente?
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Creative economy
Nonostante il diffcile contesto economico e geopolitico, negli ultimi anni le aziende dell’economia creativa hanno potuto benefciare dalla continua crescita della domanda dei consumatori. Le aziende hanno adottato strategie di crescita come l’internazionalizzazione, lo sviluppo di nuove categorie di prodotto e l’innovazione degli Esg per continuare a far crescere i loro business. È abbastanza?
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Da sinistra: David Tabet, Coo Investopia; H.E. Abdulla Al Saleh, Sottosegretario Ministero dell’Economia, Emirati Arabi Uniti; Giovanni Bozzetti, Presidente Efg Consulting; H.E. Abdulla bin Touq Al Marri, Ministro dell’Economia degli Emirati Arabi Uniti e Chairman Investopia; H.E. Valentino Valentini, Viceministro delle Imprese e del Made in Italy; H.E. Lorenzo Fanara, Ambasciatore Italiano negli Emirati Arabi Uniti; Dr. Jean Fares, Ceo Investopia +8,53% Prodotti alimentari
EXPORT DALL’ITALIA AGLI EMIRATI (PRIMI 10 MESI NEL 2023)
5,2 miliardi di Euro
Tecnologie industriali
riggio l’evento sarà destinato in modo molto pragmatico a individuare opportunità di business e investimento tra imprenditori e investitori di questi 5 Paesi» spiega Bozzetti, «che interloquiranno tra di loro in 4 round table dedicati ai 4 argomenti. Vogliamo Investopia il più possibile concreta: l’anno scorso è stato siglato un accordo importante nel settore della logistica, quest’anno saranno firmati due ulteriori importanti accordi».
Design e arredo
L’Italia si attesta al SECONDO POSTO tra i Paesi UE nell’esportazione di componenti per l’industria estrattiva, con l’11,7% di valore in più rispetto al 2022.
SETTORI TOP
GIOIELLERIA 936 Milioni Euro
MODA 643 Milioni Euro
FONTE ICE / ITA Italian Trade Agency
sia scelta nuovamente l’Italia rappresenta certamente un ulteriore segno di riconoscimento da parte emiratina dell’importanza che l’Italia ha come partner commerciale privilegiato in Europa» rimarca Bozzetti. «Milano e l’Italia vengono considerate porta d’ingresso del Vecchio Continente, così come noi consideriamo gli Eau porta d’ingresso dei Paesi del Golfo e del Medio Oriente».
L’edizione 2023 di Investopia si è conclusa con numeri record: più di 400 partecipanti, 36 speaker, 3 ministri italiani e 3 di Paesi stranieri, 7 partner. Sono stati inoltre siglati importanti accordi commerciali, come quello tra la Retail Logistics Llc (Emirati Arabi) e la Samag Holding Logistics (Italia). Quella di quest’anno si presenta con ambizioni ancora più alte. «Saranno presenti imprenditori, investitori e istituzioni di cinque Paesi, inclusi Portogallo, Cipro e Malta» annuncia il presidente di Efg Consulting. «Inoltre ci spostiamo dall’Hotel Principe di Savoia in una sede più
TECNOLOGIE INDUSTRIALI
910 milioni Euro
FOOD 376 Milioni Euro
grande, la Borsa di Milano, uno dei partner dell’iniziativa insieme a Banca Intesa e Altagamma».
Quattro i panel su cui ruoteranno le riflessioni dell’edizione 2024: Turismo e ospitalità; Sostenibilità; Investimenti nelle Pmi; Creative economy, un ambito molto vasto che comprende moda, design, automotive, IT, meccanica di precisione. Il tema dell’internazionalizzazione delle imprese investirà i quattro panel in modo trasversale.
QUATTRO I PANEL SU CUI RUOTERANNO
Al mattino è prevista la sessione plenaria con una serie di importanti relatori: dal ministro delle Imprese e del Made in Italy
LE RIFLESSIONI: TURISMO E OSPITALITÀ, INVESTIMENTI NELLE PMI, CREATIVE ECONOMY E INTERNAZIONALIZZAZIONE
Adolfo Urso a quella del Turismo Daniela Santanché, dal Ministro dell’Economia degli Emirati Arabi Uniti Abdulla bin Touq Al Marri a imprenditori e investitori del livello di Alfonso Dolce, Matteo Lunelli e Sergio Dompè. «Altra grande novità è che nel pome-
«Investopia è un momento imperdibile per ogni imprenditore e investitore italiano ed europeo che si voglia affacciare a questo mondo così interessante e in sviluppo degli Emirati e della Penisola Arabica» mette in evidenza Bozzetti, «e al contempo è l’opportunità per investitori e businessmen di quel mondo di affacciarsi a Europa e soprattutto a Italia, un paese che amano molto: i nostri prodotti sono apprezzatissimi, gli emiratini amano il Made in italy, hanno una propensione marginale al prodotto italiano superiore». Giovanni Bozzetti è autore del libro "Emirati: nulla è impossibile”, edito da Mondadori e tradotto anche in inglese per volere emiratino, nel quale scandaglia la cultura degli Eau e ne sottolinea le affinità con la nostra. «Teniamo in considerazione un aspetto molto importante, i nostri due paesi hanno culture accomunate da due pilastri fondamentali: la famiglia sotto il profilo sociale; e le Pmi a gestione familiare da un punto di vista economico» conclude il presidente di Efg Consulting. «Questo fattore facilita moltissimo i rapporti imprenditoriali tra i nostri due paesi, il colloquio diretto tra l’imprenditore italiano e quello emiratino. L’aspetto personale diventa prevalente, scaturisce un rapporto umano, con la vecchia stretta mano che in Italia si faceva una volta e qualche volta si fa ancora. Lavoro da anni tra questi due Paesi, entrambi cerchiamo prima di tutto il rapporto umano, poi si può passare a quello di natura economica; ma se non si genera nulla da quel punto di vista ti è comunque rimasto un amico».
GESTIRE L'IMPRESA 41
+9,2% +6,4%
+17,8%
SUSTAINABILITY &CIRCULARECONOMY
CASE GREEN... MA CHI PAGA?
Per migliorare le prestazioni energetiche degli immobili servirebbero tra i 260 e i 320 miliardi di euro. Una sfida, ma anche un'occasione per creare lavoro, sviluppare nuove competenze e dare nuovo impulso alla filiera edilizia
miliardi di € DIRETTIVA EUROPEA costi stimati in Italia tra i 260 e i 320
sulle CASE GREEN
Il 68,5% delle abitazioni ha una classe ENERGETICA compresa tra la E e la G
di Riccardo Venturi
Stock edilizio nazionale 2022
12.539.173 edifici residenziali per un totale di
Il 72 degli edifici ha più di 43 anni %
32.302.242 abitazioni
OBIETTIVO dell’intero patrimonio edilizio entro il 2030 del 16% entro il 2035
del 20-22% far scendere il consumo medio
Abitazioni ogni mille abitanti :
• Italia 599
• Portogallo 582
• Norvegia 579
• Finlandia 576
• Francia 566
• Media europea 506
Una casa ristrutturata vale mediamente il 44,3% di una casa da ristrutturare inpiù
Il voto contrario dell’Italia all’ Ecofin dello scorso 12 aprile, insieme a quello dell’Ungheria di Orban, non è bastato: la direttiva europea sulle case green ( Epbd, Energy performance of buildings directive ) è stata approvata a maggioranza qualificata. Ora i Paesi membri hanno due anni di tempo per adeguarsi, presentando all'Ue un piano nazionale di ristrutturazione per raggiungere gli
TUTTI GLI EDIFICI PRIVATI DI NUOVA COSTRUZIONE DOVRANNO ESSERE A EMISSIONI ZERO
A PARTIRE DAL 2030
obiettivi. E che obiettivi: tutti gli edifici privati di nuova costruzione dovranno essere a emissioni zero a partire dal 2030, quelli delle autorità pubbliche già dal 2028. Per gli edifici residenziali non di nuova costruzione, i 27 dovranno garantire una riduzione dell'energia primaria media utilizzata rispetto al 2020 di almeno il 16% entro il 2030 e di almeno il 20-22% entro il 2035. Gli Stati membri dovranno inoltre ristrut-
43 SUSTAINABILITY & CIRCULAR ECONOMY
43
turare il 16% degli edifici non residenziali che hanno le peggiori prestazioni entro il 2030 e il 26% entro il 2033, introducendo requisiti minimi nazionali di prestazione energetica da rispettare per tutto il settore dell'edilizia; e garantire, se tecnicamente ed economicamente fattibile, l'installazione progressiva di impianti solari negli edifici pubblici e non residenziali, in funzione delle loro dimensioni, e in tutti i nuovi edifici residenziali entro il 2030. Gli edifici sono responsabili del 40% dei consumi energetici e del 36% delle emissioni di gas a effetto serra nell'Ue, secondo una valutazione della Commissione europea. Quindi agire è necessario: ciò non toglie che quelli dell’Epbd siano obiettivi particolarmente difficili da raggiungere, specie per un paese come l’Italia. Secondo il rapporto “Il valore dell'abitare. La sfida della riqualificazione energetica del patrimonio edilizio italiano” di Cresme, Fondazione Symbola, Assimpredil Ance e European Climate Foundation, il 72% dei nostri edifici ha più di 43 anni ed è stato costruito prima della legge sull’efficienza energetica (L. n.373/76); e il 68,5% delle abitazioni ha una classe energetica com-
presa tra la E e la G. «Il nostro patrimonio edilizio è caratterizzato da un lato da classi energetiche molto basse, ma allo stesso tempo da condizioni climatiche molto diverse» afferma Lorenzo Bellicini , direttore Cresme, «per migliorare le prestazioni energetiche degli immobili (ad esempio, migliorando di due classi energetiche attuali il nostro patrimonio edilizio) servirebbero tra i 260 e i 320 miliardi di euro. Occorre quindi pensare a modalità di intervento che garantiscano il raggiungimento degli obiettivi che ci vengono posti dall’Europa per gradi, partendo dagli edifici più energivori e con un percorso di medio-lungo periodo, che oltre a garantire un più corretto rapporto tra domanda e offerta, consentirebbe alle imprese di programmare investimenti in grado di porre le costruzioni alla testa del processo di innovazione». Secondo il rapporto, far salire di due classi energetiche il patrimonio edilizio residenziale permetterebbe la riduzione media del 40% della bolletta di una famiglia, pari a un risparmio annuo di 1.067 euro ai
costi del 2022, e allo stesso tempo un incremento del valore delle abitazioni. Una casa ristrutturata vale infatti mediamente il 44,3% in più di una casa da ristrutturare, fino al 50,8% in più fuori dalle aree metropolitane in luoghi non turistici, mentre nelle periferie, nelle corone delle aree metropolitane le case ristrutturate valgono il 40,5% in più di quelle non ristrutturate. Si tratta di aree dove si concentra la fascia più debole dal punto di vista energetico del patrimonio edilizio ed economicamente più fragile della popolazione.
FAR SALIRE DI DUE CLASSI ENERGETICHE IL PATRIMONIO
EDILIZIO
PORTEREBBE A UNA RIDUZIONE
«L’obiettivo sfidante di far scendere il consumo medio dell’intero patrimonio edilizio del 16% entro il 2030 e del 20-22% entro il 2035 deve rappresentare per il Paese una occasione per creare lavoro, sviluppare nuove competenze e dare nuovo impulso alla filiera edilizia, motore della crescita economica interna» si legge ancora nel rapporto di Cresme, Fondazione Symbola, Assimpredil Ance e European Climate Foundation. «Si stima infatti che ogni miliardo di euro di investimenti in costruzioni produca un valore aggiunto di un miliardo e 100 milioni e un effetto diretto e indiretto sull’occupazione di 15.132 nuovi posti di lavoro. In questo senso, gli obiettivi dell’Epbd costituiscono uno stimolo importante per lo sviluppo della filiera delle costruzioni, la diffusione di soluzioni impiantistiche come le pompe di calore elettriche anche in abbinamento con geotermico e fotovoltaico e nel mondo della progettazione la crescita del ruolo della termotecnica nella definizione delle scelte progettuali e costruttive. L’elettrificazione dei consumi favorirà il processo di crescita delle comunità energetiche e la creazione di figure professionali necessarie all’industria edilizia e dell’efficienza energetica».
Non pare pensarla così il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti , che a
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MEDIA DELLA BOLLETTA DEL 40%
TRA LA «E» E LA «G»: E LE BARRIERE ARCHITETTONICHE?
La questione dell’efficientamento energetico degli edifici è giustamente al centro dell’attenzione. Ma siccome nell’ormai abusata sigla Esg, per fortuna, c’è anche la S di social, sarebbe meglio ricordarsi di un fatto: il bonus per le barriere architettoniche è cosa ben diversa dal Superbonus per rifarsi la villetta al mare. Confabitare, da sempre attenta al tema, evidenzia
con preoccupazione l'impedimento nell'utilizzo dello sconto in fattura per gli interventi mirati alla rimozione di tali barriere, soprattutto per una fascia di persone con limitate capacità economiche. «Non è corretto paragonare il bonus barriere architettoniche ad altri bonus edilizi» commenta il presidente di Confabitare Alberto Zanni, «perché
quest’ultimo è un beneficio sociale fondamentale per coloro che affrontano difficoltà economiche nell'accesso all'abitazione. La possibilità di sconto in fattura per interventi di rimozione delle barriere architettoniche dovrebbe essere garantita: in genere sono gli anziani a richiedere questo incentivo, spesso privi di risorse finanziarie sufficienti per installare dispositivi di
accessibilità, per loro tale bonus rappresenta un'opportunità unica per una vita più indipendente e inclusiva. Rimuovere questa possibilità mina profondamente la dignità e i diritti fondamentali di chi vive una disabilità rendendo la sua vita ancora più difficile e isolata. È essenziale che la rimozione delle barriere architettoniche rimanga una priorità nella pianificazione e nella gestione urbana».
Lussemburgo dopo l’Ecofin del 12 aprile ha affermato: «Abbiamo votato contro la direttiva sulle Case Green, si è concluso l'iter. Il tema è chi paga. Abbiamo esperienze purtroppo note in Italia. È una direttiva bellissima, ambiziosa, ma alla fine chi paga? Noi abbiamo esperienze in Italia in cui pochi fortunelli hanno rifatto le case grazie ai soldi che ci ha messo lo Stato, cioè tutti gli altri italiani, e diciamo che è un'esperienza che potrebbe insegnare qualcosa». Il governo insomma teme che possa ripetersi la voragine nei conti pubblici dovuta al Superbonus. I rappresentanti delle imprese in effetti già chiedono incentivi utili a raggiungere gli obiettivi fissati da Bruxelles con buona pace di Roma: «Il recepimento in Italia della ver-
sione aggiornata della direttiva Energy performance of building directive è sicuramente una delle grandi sfide a cui saremo chiamati nei prossimi anni e il settore dell’edilizia è pronto» dice Regina De Albertis , presidente Assimpredil Ance , «ma per rispettare le tempistiche e gli obiettivi, sarà necessario prevedere incentivi fiscali adeguati e rimodulati anche in base alla qualità tecnica degli interventi da effettuare, senza accantonare la cessione del credito e lo sconto in fattura, pianificare gli interventi su un arco temporale congruo e porre attenzione sulla necessità di qualificazione delle imprese che devo-
VA PENSATA UNA DISTRIBUZIONE
EQUILIBRATA NEL TEMPO DI INTERVENTI
CON ADEGUATE MISURE ECONOMICHE
E FISCALI DI SOSTEGNO
no effettuare i lavori». Giorgio Spaziani Testa , presidente di Confedilizia, ricorda che le direttive europee vanno sempre calate nella realtà dei diversi paesi: «Le specificità del nostro patrimonio immobiliare sono note, così come quelle di chi lo detiene (piccoli proprietari, spesso in condominio). Occorre pensare a una distribuzione equilibrata nel tempo degli interventi e ad adeguate misure economiche e fiscali di sostegno. Il tutto, senza dimenticare che il nostro territorio ha una priorità che a Bruxelles non scalda i cuori quanto il green: quella del miglioramento sismico degli edifici».
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Comunità energetiche, occasione d'oro per le Pmi
Con il “decreto Cer” si aprono interessanti scenari anche per le imprese, sia sul fronte del risparmio sia su quello dell'efficienza. Ecco come Unioncamere affianca le aziende nel percorso di transizione
di Antonio Romeo*
Lo scorso 24 gennaio è entrato in vigore il tanto atteso “decreto Cer” (D.M. 414/2023) che stimola, attraverso dei meccanismi di incentivazione (tariffe incentivanti e contributo in conto capitale), la nascita e lo sviluppo delle Comunità energetiche rinnovabili, aprendo scenari interessanti nella transizione energetica del nostro Paese. Parallelamente il Piano nazionale di ripresa e resilienza ha destinato ingenti risorse per promuovere la sostenibilità e la decarbonizzazione nell’ambito della Missione 2 “Rivoluzione verde e transizione ecologica”, con un focus proprio sul sostegno alla nascita delle Cer, favorendo nuova capacità di generazione elettrica (circa 2.000 Mw) nell’ambito di comuni con popolazione fino a cinquemila abitanti. Lo sviluppo delle Comunità energetiche
rinnovabili è una delle risposte all'urgente necessità di ridurre le emissioni di gas serra e mitigare i cambiamenti climatici, che ha posto la questione energetica al centro dell'agenda politica ed economica mondiale degli ultimi anni. L'Unione Europea si è posta obiettivi ambiziosi, sia attraverso il pacchetto "Fit for 55", che mira a ridurre le emissioni di gas serra del 55% entro il 2030, aumentando in modo significativo la quota di energie rinnovabili, sia con il Green Deal che persegue l’obiettivo di un'Europa climaticamente neutra entro il 2050.
oggi disponibili, sia con riferimento a queste “configurazioni di comunità” che sono le Cer, sia incoraggiando interventi di risparmio ed efficienza energetica, propedeutici ad ogni forma di produzione di nuova energia.
UNIONCAMERE, CON L'ASSISTENZA DI DINTEC, HA AVVIATO ATTIVITÀ DI INFORMAZIONE E SOSTEGNO ALLA NASCITA DI NUOVE CER
In questo quadro è quanto mai urgente accompagnare le micro, piccole e medie imprese nella conoscenza delle opportunità
Proprio per raggiungere queste finalità, Unioncamere - con l’assistenza di Dintec - ha avviato attività di informazione e sostegno alla nascita delle Comunità energetiche rinnovabili già a partire dal 2021; tali azioni sono state ulteriormente implementate grazie alla progettuali-
LA TRANSIZIONE ENERGETICA SI GESTISCE ANCHE A LIVELLO REGIONALE: IL CASO DELLA TOSCANA
Un progetto che intende aiutare le imprese toscane e gli stakeholder ad orientarsi nel complesso quadro della transizione ecologica, dell’efficientamento energetico e dello sviluppo di modelli innovativi di produzione e consumo dell’energia ad iniziare dalle Comunità energetiche
rinnovabili. Si chiama Transizione energetica, è coordinato dalla Fondazione ISIInnovazione Sviluppo imprenditoriale con la collaborazione tecnica dell’Università di Pisa, ed è stato lanciato dalla Camera di commercio di Arezzo-Siena, assieme alle altre Camere della Toscana e all’Unione regionale. È nato
così, presso le cinque Camere della regione, lo “Sportello Energia”, servizio informativo che con il contributo di esperti finanziari e del settore energetico fornisce consulenze gratuite alle imprese in materia di efficienza e di risparmio energetico. Lo sportello, attivo ogni martedì mattina attraverso una
piattaforma web, offre assistenza su più temi come ad esempio l’identificazione degli strumenti di finanza agevolata dedicati alla transizione energetica, l’analisi economico-finanziaria propedeutica alla costituzione di una Cer o il supporto per la realizzazione di un audit energetico.
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tà di sistema del Fondo di Perequazione, a cui hanno aderito 20 Camere di commercio e 8 Unioni regionali. Questa azione di sistema ha consentito nel 2023 di raggiungere dei risultati rilevanti, non solo in termini di creazione di nuove competenze all’interno delle Camere di commercio - circa 400 funzionari formati -, ma anche attraverso un’importante attività di informazione e counseling delle imprese sulla transizione energetica: - oltre 100 eventi informativi per imprese e stakeholder territoriali;
- più di 90 desk di confronto con esperti; più di 20 tavoli di progettazione territoriale; - circa 130 use case con possibili configurazioni “tipo” delle Cer nelle filiere maggiormente rappresentative dei diversi territori. Le ultime settimane sono state dunque decisive per favorire lo sviluppo di un sistema energetico più sostenibile, resiliente e decentralizzato nel nostro Paese. Il decreto Cer stabilisce i requisiti per la costituzione delle comunità energetiche, le modalità di partecipazione, i diritti e doveri dei membri e il sistema incentivante. In data 24 febbraio il Mase ha approvato, con decreto direttoriale, le regole operative, che disciplinano le procedure per l'accesso ai due sistemi di sostegno previsti per promuovere lo sviluppo delle Cer: una tariffa incentivante sull’energia rinnovabile prodotta e condivisa e un contribu-
to a fondo perduto (fino al 40% dei costi ammissibili), finanziato dal Pnrr e rivolto agli impianti realizzati, come visto, nei Comuni sotto i cinquemila abitanti. I due benefici, tra loro cumulabili, mirano a favorire lo sviluppo di queste configurazioni, che consentono una partecipazione attiva al mercato energetico, non solo come “consumers” o “producer” ma anche come “prosumers”, attraverso cioè la promozione dell’autoconsumo e la condivisione di energia di fonti rinnovabili. Imprese, cittadini, autorità locali, enti religiosi, enti del terzo settore e altri stakeholder possono quindi diventare produttori e proprietari di impianti, capaci di generare valore economico, sociale e ambientale per il territorio di appartenenza. Per queste motivazioni le Cer rappresentano un potenziale di innovazione per l’autonomia energetica e la decentralizzazione del mercato energetico e per la decarbonizzazione e la transizione ecologica del nostro Paese. Alla luce del quadro normativo ormai definitivo, il Sistema camerale può svolgere un ruolo ancora più incisivo nella diffusione della conoscenza delle Comunità energetiche rinnovabili e dei meccanismi di incentivazione previsti. Per favorire la massimizzazione di questi benefici, infatti, è importante informare ed affiancare le Pmi e gli altri attori locali,
OLTRE A UNA TARIFFA INCENTIVANTE È PREVISTO UN CONTRIBUTO A FONDO PERDUTO FINANZIATO DAL PNRR
favorendo una partecipazione consapevole a queste comunità. Unioncamere proseguirà nell’azione informativa già avviata in questi anni attraverso le Camere di commercio, mettendo a disposizione piattaforme, guide informative e propri esperti che possano supportare le Pmi che decideranno di associarsi in una Cer. Con l’obiettivo di fornire un’informazione qualificata, proseguirà il roadshow “InsiemEnergia”, realizzato dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (Mase), in collaborazione con Unioncamere e con il Gse, un “giro d’Italia” partito da Bologna il 26 febbraio con la presenza, tra gli altri, del Ministro On. Gilberto
Pichetto Fratin. L’iniziativa, articolata in 21 appuntamenti in programma in ogni regione e provincia autonoma italiana, è proseguita con altre due tappe a Cosenza l’11 marzo e Torino il 18 marzo, che hanno consentito di incontrare numerosi imprenditori, professionisti e rappresentanti delle amministrazioni locali con l’obiettivo di diffondere la conoscenza e favorire la partecipazione a queste “configurazioni di comunità”. Seguiranno attività di affiancamento delle imprese per traguardare in modo consapevole la sfida della transizione energetica. *Direttore di Dintec (società del Sistema Camerale) e dell'Enea
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QUANDO LA SOSTENIBILITÀ DIVENTA «GENERATIVA»
Con l'iniziativa Imprendigreen, Confcommercio punta a qualificare imprese e associazioni che hanno investito nella transizione, a far emergere le buone pratiche più innovative e a replicare i comportamenti virtuosi di Riccardo Venturi
Sensibilizzare, qualificare, formare e accompagnare le imprese del terziario di mercato nella transizione ecologica. È quel che si propone Imprendigreen, l’iniziativa di Confcommercio realizzata in collaborazione con la Scuola Universitaria Superiore Sant’Anna di Pisa, e con il patrocinio del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica. Imprendigreen si inserisce nel più ampio progetto confederale “Confcommercio per la sostenibilità” con il quale la Confederazione vuole offrire il proprio contributo al raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’Onu, sensibilizzando e consolidando l'impegno del settore imprenditoriale.
In particolare, Imprendigreen punta a qualificare imprese e associazioni che hanno investito nella sostenibilità, a far emergere le buone pratiche più innovative e a diffondere e replicare comportamenti sempre più “green”. In questo modo si vogliono sviluppare e incentivare nuove imprenditorialità nella transizione da un modello di economia line-
are a uno circolare, far cogliere le opportunità messe in campo dal Green Deal Europeo e dal Pnrr italiano, promuovere l’innovazione e la sostenibilità nei processi di produzione, distribuzione e consumo. «Un progetto, un’azione, un’impresa dovrebbero essere valutati non solo perché “non sprecano”, ma anche per quanto “generano”, per quanto creano di nuovo e di migliore» dice il Presidente di Confcommercio Carlo Sangalli. «Questa mi piace chiamarla “sostenibilità generativa”, capace di generare, perché capace di innovazione. Possiamo allora dire che Imprendigreen certamente interpreta questo approccio alle strategie ambientali, anche solo partendo dal fatto che si impegna a diffondere informazione, consapevolezza e – soprattutto - competenze in un tema decisivo come la transizione ecologica». Secondo un’analisi di Confcommercio tra le imprese associate, oltre il 50% delle im-
prese del terziario, che investono in green, hanno tra i 7 e i 15 dipendenti, mentre per le più piccole la strada della transizione ecologica è ancora faticosa. Costi e burocrazia non aiutano a fare il grande salto: il 40% delle imprese, nonostante sia sensibile alle tematiche ambientali, afferma che i costi necessari per diventare sostenibili, ad oggi, sono ancora alti, il 25% lamenta eccesso di burocrazia e norme di difficile comprensione e interpretazione. Nonostante questo, da recenti ricerche risulta che il 90% dei giovani imprenditori o aspiranti imprenditori italiani dichiara di voler promuovere la sostenibilità come parte integrante delle proprie attività. Particolarmente attive le donne imprenditrici: 9 imprese femminili su 10 ritengono importante adottare misure green per ragioni di sostenibilità ambientale, e il 47% intende fare investimenti orientati a ridurre gli impatti dell’impresa sull’ambiente per il triennio 2022-2024.
Il sistema di qualificazione ambientale di Confcommercio si articola in una serie di strumenti, di servizi e di attività formative ad hoc con l’assegnazione di un marchio per le imprese e le associazioni che si sono maggiormente distinte sui temi della sostenibilità. Il riconoscimento sarà rilasciato con il raggiungimento di una soglia minima di punteggio determinata dalla Scuola Universitaria Superiore Sant’Anna di Pisa sulla base dei più autorevoli standard nazionali ed internazionali.
Per partecipare all’iniziativa occorre registrarsi al sito imprendigreen.confcommercio.it e seguire le istruzioni per la compilazione del questionario.
SUSTAINABILITY & CIRCULAR ECONOMY 49
IMPRENDIGREEN È REALIZZATO IN COLLABORAZIONE CON IL MINISTERO DELL'AMBIENTE E CON LA SCUOLA UNIVERSITARIA SUPERIORE SANT'ANNA
FINANZIAREL'IMPRESA
DUE TRANSIZIONI SONO MEGLIO DI UNA
Ci sono 6,3 miliardi di euro a disposizione delle imprese, a patto che investano nella riduzione dei consumi energetici e nella digitalizzazione. Ecco come si può accedere al credito d'imposta concesso dal Mimit attraverso il Gse
NQuota
di investimento
Unità produttiva: dal 3 al 6%
Processo: dal 5 al 10%
Riduzione consumi energetici
Unità produttiva: dal 6 al 10%
Processo: dal 10 al 15% Unità
on c'è molto tempo: poco più di un anno e mezzo per abbracciare il cambiamento (facendoselo finanziare). Il termine fissato è quello del 31 dicembre 2025, e vcalgono anche gli investimenti effettuato dal 1 gennaio di quest'anno, insomma, ben prima del decreto attuativo. L’obiettivo? La digitalizzazione e l’innovazione tecnologica delle imprese italiane per ridurne i consumi energetici. Il piano
(ambizioso ma non impossibile) si chiama
RIENTRANO NELLE AGEVOLAZIONI
GLI INVESTIMENTI EFFETTUATI
A PARTIRE DAL 1 GENNAIO 2024
FINO AL 31 DICEMBRE 2025
Transizione 5.0: soldi ci sono, il mezzo c’è (credito d’imposta), i dubbi e le perplessità anche. Ed è proprio per fare chiarezza sulle modalità operative del piano che Economy e CdO hanno organizzato un webinar da titolo: «Fino al 45% di contributi per gli investimenti 5.0: istruzioni per le imprese». «Le aziende si trovano ad un bivio e vanno preparate per una scelta» ha detto Sergio Serra, della
Cristina Giua
di
51
4.0
12,7 Mld 6,4 6,3 Transizione 5.0
5.0
Misura del beneficio
Industria
€
Transizione
-
produttiva:
da 2.5 mln a 10 mln da 10 mln a 50 mln 35% 15% 5% 40% 20% 10% 45% 25% 15%
almeno10% Processo: almeno 15% fino a 2,5 mln
CdO di Bergamo, introducendo i lavori del webinar. La guidare la platea virtuale nei meandri dell’articolo 38 del Transizione 5.0, decreto legge 2 marzo 2024 n. 19, Marco Calabrò, capo della Segreteria tecnica del Ministero delle Imprese e del made in Italy: «Il piano Transizione 5.0 – premette Calabrò – è uno strumento a disposizione di tutte le imprese, anche le micro. ll fattore guida è la transizione green, da attuare attraverso le risorse stanziate nell’ambito del REPowerEU». Queste risorse accantonate dall’Ue sono contenute, a livello italiano, nello stranoto Pnrr (Piano nazionale rilancio e resilienza): è importante spenderle tutte.
Il “monte premi”, se così si può dire, è 6,3 miliardi previsti dal piano Transizione 5.0, a cui sono sommabili altri 6,3 miliardi stanziati dal piano Industria 4.0. Complessivamente si tratta di 12,7 miliardi di euro a disposizione delle imprese. Questo il
meccanismo: il credito d’imposta spetta in base all’importo dell’investimento da parte dell’azienda e alla riduzione dei consumi energetici conseguiti. Il credito è compensabile in un’unica soluzione entro il 31 dicembre 2025. L'ammontare non compensato entro il 31 dicembre 2025 si può diluire in 5 quote annuali di pari importo, nel periodo 2026 a 2030.
Ampia la platea dei beneficiari, come riassume Marco Calabrò: «Sono tutte le imprese senza distinzione né di dimensione, né di forma societaria, né di regime fiscale, categoria produttiva o distinguo territoriale». Tutte-tutte le imprese, in realtà no: le imprese devono essere «residenti nel territorio italiano – precisa il testo di legge – incluse le stabili organizzazioni di soggetti non residenti. Sono escluse le imprese in stato di liquidazione volontaria, fallimento, liquidazione coatta amministrativa, concordato preventivo o altra procedura concorsuale».
Bitonci: «Un progetto estremamente importante»
Più di 13 miliardi di euro in due anni per le imprese, contributi importanti per la digitalizzazione e la transizione energetica. Soldi non facili, ma disponibili, per sostenere spese fondamentali per lo sviluppo delle imprese. Sono quelli del Piano Transizione 5.0, introdotto dal D.L. 19/2024 con i criteri del nuovo credito d'imposta per investimenti in transizione digitale ed energetica. «È un progetto di investimento e di sostegno alle politiche economiche industriale estremamente importante», spiega a Economy il Sottosegretario al Ministero delle Imprese del Made in Italy Massimo Bitonci.
Ci aiuti a capire bene come funziona. È una rivoluzione complessiva di tutti i progetti del Pnrr e del RepowerEu: all’articolo 48
di Sergio Luciano
c’è la Transizione 5.0 che era stata annunciata alla fne dello scorso anno. Una volta approvato il decreto attuativ, verrà aperto lo sportello presso il Gse. Nel decreto complessivamente vengono stanziati 13 miliardi di euro, inclusi i fondi di coesione, il piano complementare... però a noi interessa soprattutto il tema della Transizione 5.0: si tratta di un fnanziamento che viene dato a tutte le imprese, si parla quindi sia di Pmi che di small mid cap, cioè sia medie che grandi imprese, che serve a supportare il sistema produttivo sulla transizione, sia ecologica che digitale, un tema fondamentale per le nostre imprese. Un sostegno anche all’autoproduzione dell’energia: si potranno acquistare per autoproduzione pannelli fotovoltaici prodotti esclusivamente in Europa. Il piano è da 6,3
Sono escluse anche le imprese colpite da sanzioni interdittive, collegate a responsabilità amministrativa e penale per reati societari.
Cartellino rosso (comprensibile) anche per tutta le attività direttamente connesse ai combustibili fossili; per quelle che generano alte quantità di emissioni di gas a effetto serra; per quelle connesse alle discariche di rifiuti, agli inceneritori e per le attività che generano rifiuti speciali pericolosi. Fuori dal raggio d’azione del piano è anche il cosiddetto terzo settore (onlus e no profit).
«Nel suo complesso - riprende Calabrò - si tratta di una misura orizzontale, non selettiva e che di regola si può cumulare con altri interventi». Come per tutte le regole, ci sono le eccezioni. Il primo divieto di cumulo è per le “imprese Zes” (imprese che operano nelle cosiddette Zone economiche speciali, concentrate nel centro e sud del Paese, per le quali è già operativo un pacchetto di incen-
miliardi e passa attraverso il credito di imposta: signifca che viene poi scalato dalla tassazione dell’anno successivo. Vale esclusivamente per il 2024 ed il 2025: bisogna quindi approfttarne subito! L’ho fortemente voluto all’interno della delega sugli incentivi fscali... Ma ci saranno pure dei paletti... C’è una certifcazione ex-ante e una ex-post: è importante, perché questo eviterà il contenzioso di questi anni con l’Agenzia delle Entrate per quanto riguarda la ricerca di sviluppo e Industria 4.0. Il credito di imposta è sostanzioso: può andare dal 35% al 45% e serve per l’acquisto, l’autoproduzione e anche la formazione del personale. I macchinari sono quelli di Industria 4.0, quindi macchinari e software collegato, ma non solo: anche il software deve portare a una riduzione del consumo energetico. Si offrono questi incentivi proprio perché l’azienda vada verso una riduzione dei consumi delle più importanti economie di carattere aziendale, e a dimostrare il mi-
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tivi pubblici). Il secondo divieto di cumulo è per le imprese che hanno scelto di accedere alle risorse del piano Industria 4.0. Il “cuore” del piano è chiaro: l’acquisto dei beni ammessi all’agevolazione possono essere materiali e immateriali, strumentali all’attività di produzione e tecnologicamente avanzati (se l’indicazione di “tecnologicamente avanzati” non dovesse bastare, il rimando esplicito è l’elenco di beni contenuto nelle Tabelle A e B della “Finanziaria 2017”, legge n. 232/2016). Tra gli acquisti ammessi ci sono quindi software, sistemi, piattaforme o applicazioni per il monitoraggio e la visualizzazione dei consumi e della produzione energetica, ma anche per la raccolta e l’elaborazione dei dati con il supporto di tecnologie IoT (energy dashboarding). Il secondo filone di agevolazioni ammesse riguarda, come accennato, tutti quegli «gli investimenti in beni materiali - recita il decreto legge - finalizzati all’autoproduzione
di energia da fonti rinnovabili destinata all’autoconsumo, compresi gli impianti per lo stoccaggio dell’energia prodotta». Un’eccezione che farà discutere riguarda le biomasse, esplicitamente escluse dalle fonti rinnovabili a cui spettano gli incentivi. Va anche detto anche che sono “agevolabili” esclusivamente impianti “made in European Union”. Sono infatti ammessi i moduli fotovoltaici prodotti in eurozona con un’efficienza a livello di modulo almeno del 21,5%. Semaforo verde anche per i moduli fotovoltaici con celle, prodotto in Ue ed efficienza a livello di cella almeno del 23,5% e per moduli prodotti in Ue composti da celle bifacciali ad eterogiunzione di silicio o tandem, con un’efficienza di cella almeno del 24%.
PER OTTENERE GLI INCENTIVI OCCORRE QUANTIFICARE
IL RISPARMIO ENERGETICO
CHE L'IMPRESA PUÒ OTTENERE
Per ottenere gli incentivi la prima mossa è quantificare il risparmio energetico a cui
glioramento dei parametri energetici saranno proprio le certifcazioni ex-ante ed ex-post: man mano che migliorano i parametri, il credito di imposta aumenta. Il bonus è riconosciuto per i nuovi investimenti effettuati nel biennio 2024-2025 in strutture produttive ubicate nel territorio dello Stato, a patto che le innovazioni realizzate comportino una riduzione dei consumi energetici dell’unità produttiva di almeno il 3%, che sale al 5% se calcolata sul processo programmato per l’investimento...
Se superiamo il 6% e andiamo al 10%, quindi abbiamo avuto una riduzione molto consistente dagli investimenti che abbiamo fatto, si arriva anche al 45% sotto i 2 milioni e mezzo di investimento perché ovviamente c’è un décalage dai 2,5 milioni ai 10 milioni, e oltre i 10 milioni con un tetto massimo di 50 milioni: direi che le aliquote sono assolutamente
elevate e capiente perché 6,3 miliardi è un importo consistente.
Dal sito del Governo si legge che alle aziende verrà concesso un credito di imposta automatico senza alcuna valutazione preliminare e senza discriminazioni legate alle dimensioni di impresa, al settore di attività e la sua organizzazione. Come funzionerà? Perché non c’è più questa valutazione preliminare? Perché c’è la certifcazione. Nel decreto sono elencati gli enti e i professionisti certifcatori: nel momento in cui è un ente o un professionista a certifcare il progetto, poi a presentare il progetto e ad indicare quale sarà la riduzione dei consumi, se ne assume la responsabilità. Ecco perché una volta ottenuta la certifcazione preventiva si può attingere al credito d’imposta. Alla fne dell’investimento, il professionista, o l’ente certifcatore, dovrà certifcare che si è rag-
l’impresa può arrivare. La ratio la spiega ancora Marco Calabrò: «tanto più l’impresa riduce il consumo di energia – dice – tanto più potrà beneficiare del supporto pubblico. Da qui l’accordo con l’Unione europea per definire tre categorie di obiettivi di riduzione». La prima e seconda categoria prevedono un obiettivo di risparmio energetico suddiviso rispettivamente dal 3 al 6% e dal 6 al 10%, se si guarda all’unità produttiva. Dal 5 al 10% e dal 10 al 15%, se si guarda al processo produttivo. L’ultima categoria, la massima per efficienza, richiede una riduzione di almeno il 10% per base produttiva e almeno del 15% per processo. Esempio pratico: se con un investimento previsto di 2,5 milioni di euro, l’impresa riesce a raggiungere la prima categoria di risparmio energetico, otterrà un beneficio di 875mila euro; se riesce a raggiungere la
giunto quell’obiettivo, altrimenti si perde il credito d’imposta.
Se però questo è chiaro sul fronte degli interventi per la transizione energetica, lo è un po’ meno su quelli per la digitalizzazione perché lì la misurazione del benefcio è ovviamente molto aleatorio, dipende da come si utilizzano i sistemi...
R: È abbastanza chiaro ed è per questo che è stato legato a questo obiettivo, perché un difetto di Transizione 4.0 è che si comprava un macchinario digitalizzato e poi si usava magari manualmente. Ora invece si obbliga l'azienda ad investire nel macchinario per portare un effcientamento dal punto di vista energetico, che ovviamente migliora il mio processo produttivo ed è collegato ad un sistema software che lo digitalizza e anche qui porta delle economie importanti di scala. Mentre prima il problema era che veniva comprato un macchinario e magari veniva utilizzato manualmente, il che non portava di
FINANZIARE L'IMPRESA 53
seconda categoria di risparmio energetico beneficerà di 1 milione di euro, se la terza 1 milione e 125mila euro.
Oltre all’aspetto squisitamente tecnologico, a preoccupare gli imprenditori c’è la vecchia cara burocrazia, con i relativi oneri documentali e procedurali. L’interlocutore con cui le imprese dovranno dialogare è anzitutto il Mimit (ministero delle Imprese e del made in Italy) per quanto riguarda la verifica dei requisiti tecnico-qualitativi, a partire della riduzione del consumo energetico. Il Mimit si appoggerà al Gse (Gestore servizi energetici), che metterà a disposizione una piattaforma per lo scambio dei documenti, incluse la prima verifica della completezza documentale e la successiva comunicazione all’impresa della spettanza del credito d’imposta prenotato. Ottenuta questa comunicazione, l’impresa potrà procedere con il piano di investimento. L’iter parte dal progetto di innovazione, in cui è l’azienda
stessa a deve indicare quanto e come immagina di poter tagliare i consumi. Il progetto di risparmio energetico deve essere validato prima e dopo l’ottenimento delle agevolazioni. Le due certificazioni ex ante e ex post devono essere rilasciate da un valutatore indipendente. La dichiarazione ex ante deve fissare la riduzione dei consumi energetici conseguibili grazie gli investimenti nei beni agevolati. La dichiarazione ex post attesta l’effettiva realizzazione degli interventi previsti e apre le porte al credito d’imposta a favore dell’impresa.
Nota importante: «per le micro e per piccole medie imprese – riprende a spiegare Calabrò – abbiamo previsto un extra credito di imposta, ovvero un voucher di 10mila euro da destinare ai costi legati al certificatore. Nella certificazione ex post è prevista anche una certificazione dei costi: anche per questo adempimento la micro e piccola media impresa avrà un beneficio, extra credito
d’imposta, di ulteriori 5mila euro. In totale quindi 15mila euro di sostegno destinati agli adempimenti per gli oneri documentali».
Altra voce del piano Transizione 5.0 sono gli incentivi alla formazione del personale (su cui si sarebbe potuto puntare qualcosina in più). Il piano include l’aggiornamento di competenze in materia di transizione digitale ed energetica, ma con margini di manovra piuttosto ristretti sia per quantità che per qualità. Per quantità: gli investimenti in formazione non possono eccedere il limite del 10% degli incentivi ottenuti per le categorie di beni per il processo produttivo e beni per la autoproduzione di energia e, in ogni caso, non oltre i 300 mila euro complessivi. Il paletto qualitativo è riferito invece gli enti formatori: devono essere esterni all’impresa, mentre si rimanda al decreto attuativo per definire sia gli enti ammessi, che i tipi di attività di formazione ammesse.
certo verso quella transizione e quella digitalizzazione che tutti auspichiamo. Alcuni anni fa ci fu una stagione di incentivi importanti con il super ammortamento e l’iper-ammortamento per il rinnovo delle macchine utensili e quello funzionò abbastanza. Stiamo parlando però di una fase ormai lontana nel tempo, con tecnologie precedenti, e che creò comunque creò un onere fscale. Questi 13 miliardi equivarranno al 35/40% dei costi e quindi ne attiveranno 27/30% di spese? Non è che scopriremo poi, come per il 110%, un buco di bilancio come risultato?
No, questo è un decreto “mulinato” dalla ragioneria: c’è già la copertura perché sono i fondi del Repower Eu che sono stati dirottati alla Transizione 5.0. Ed è chiaro il massaggio: nel momento in cui viene aperto lo sportello Gse, le imprese dovranno essere pronte. I messaggio che noi diamo a chi ci ascolta è: preparatevi già guardando il Decreto, quindi
l’articolo 48 del Decreto Pnrr, individuate le tipologie dei macchinari, i software, la formazione, l'autoproduzione, e preparatevi. Questo è il momento di predisporre gli investimenti nell’ottica dell’innovazione che servirà a migliorare il processo produttivo, di pensare all’autoproduzione di energia per ridurre i consumi energetici attraverso la copertura dei tetti... ricordiamo che non è più necessaria una pratica di carattere edilizio complessa per coprire i tetti della propri azienda. E non c’è un limite all’autoproduzione e all’acquisto, mentre prima c’era un limite di 40 mila euro, che andava a colpire il mondo dei piccoli artigiani, ora questo limite è stato eliminato e quindi anche la piccola azienda che vuole acquistare pannelli fotovoltaici per un importo inferiore a 40 mila euro lo può fare, con la possibilità di avere il credito d’imposta anche importante se questa autoproduzione gli porta poi una riduzione dei consumi energetici superiore al 3%.
Se tutto andrà bene e le aziende approftteranno di questi supporti, a un certo punto il Gse contabilizzerà una mole di richieste tale da saturare i fondi che, quindi, a un certo punto fniscono se l’accettazione delle richieste sarà fermata, giusto?
Certo, anche se penso che per due anni un importo di 6,3 miliardi sia consistente, senza contare il moltiplicatore che sappiamo esserci ogni volta che il Governo offre una politica industriale di credito d’imposta: quindi il benefcio può anche essere superiore. Il moltiplicatore nell’impatto sul Pil economico è “n” volte superiore a quello che mette a disposizione il Governo: signifca acquisto di macchinari e sappiamo di avere i distretti che realizzano macchinari più importanti d’Europa e quindi, nel momento in cui parliamo di macchinari, sappiamo che una buona parte dei macchinari vengono prodotti in Italia. Vuol dire incentivare ulteriormente queste aziende... che poi pagheranno le tasse.
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«INVESTIAMO SULL'ITALIA FACENDO RETE»
Al Salone del risparmio Alessandro Binello, amministratore delegato di Quadrivio Group, ha provocato la platea: «Pochi di voi investirebbero in Italia! Eppure sappiamo fare grandi prodotti, dobbiamo diventare bravi a venderli» di Alessandro Faldoni
econdo voi, è un buon investimento investire in aziende italiane? Alzi la mano chi pensa questo. Siamo pochi!»: ha il senso dell’oratoria Alessandro Binello, amministratore delegato di Quadrivio Group. E quando prende la parola al convegno su “Investimenti Italia. Come risvegliare la bella addormentata” – organizzato dal nostro gruppo al Salone del risparmio – sa come provocare una platea di addetti ai lavori. «Siamo pochi – prosegue – eppure vi posso assicurare che noi facciamo questo lavoro da 25 anni e il risultato peggiore in termini di rendimento che abbiamo fatto è il 16% annuale. E non voglio dire che sia accaduto perché siamo stati bravi, probabilmente anche, ma di sicuro investire nelle aziende italiane è un buon investimento, perché culturalmente noi ci sottovalutiamo, ma in realtà l’Italia ha tanti campioni d’impresa».
soldi, che arrivino anche attraverso il supporto del risparmio pubblico, credere culturalmente che siamo bravi e dirlo, perché lo siamo molto più di quanto immaginiamo: tanto è vero che gli stranieri ci comprano. E lavorare sulla formazione».
IL MODELLO FRANCESE HA FUNZIONATO
BENE NEL CREARE GRANDI GRUPPI
NAZIONALI COLLEGANDO LE SOCIETÀ DI GESTIONE ALLE RETI DI VENDITA
Nel panel, Binello rappresenta l’industry del private capital – della quale Alessandra Bechi, vicedirettore generale di Aifi, riassume le cifre e gli obiettivi sistemici – e quindi la platea si attende da lui indicazioni strategiche. E Binello non delude: «Abbiamo aziende vincenti che possono fare molto bene, e altre che in futuro avranno difficoltà». La soluzione è creare «campioni nazionali di investimento che siano in grado di costruire grandi gruppi. Per riuscirci, però, i soldi servono ma non bastano, le nostre aziende sono molto profittevoli e vincenti, ma per crescere hanno bisogno di competenze. Dobbiamo creare una classe manageriale che sia in grado di prendere un’azienda che fa cento e portarla a miliardi di euro di ricavi. Dobbiamo creare quindi una cultura in cui il sistema ci permetta di crescere e quindi: trovare
Nel panel siede anche il segretario nazionale della First Cisl Riccardo Colombani, che rappresenta alla platea il progetto della sua confederazione di creare un grande fondo d’investimento pubblico-privati, il Finer, che investa sull’economia reale raccogliendo risparmi del pubblico indistinto e trovando il modo per attutire il rischio; e siede Alfonsino Mei, il presidente di Enasarco, tra i più attivi nel mondo dei vertici delle casse previdenziali private a sostenere la diversificazione di portafoglio verso l’azionario, pur nei limiti stretti che la normativa lascia. Binello, che da Londra lavora per Quadrivio su tutti i mercati, fa riferimento al modello francese, che ha funzionato assai meglio del nostro
nel creare grandi gruppi nazionali. «Abbiamo bisogno di persone dotate di una forte formazione internazionale – chiarisce – perché noi abbiamo il vantaggio di saper fare un grande prodotto ma siamo molto meno bravi nel fare reti che lo vendano. Dobbiamo creare delle reti di vendita che permettano ai prodotti italiani di essere venduti in tutto il mondo, che è il segreto del Made in France. Abbiamo tanti brand che sono italiani ma non sono più gestiti da italiani, ma noi possiamo cambiare questo trend credendoci, cambiando le condizioni di competenza che permettomo di gestire i processi complessi, e questo si fa attraverso la scuola, l’innovazione della scuola».
I francesi ci indicano la strada, dunque, ma qual è il loro segreto? «È che hanno fatto una pianificazione pluriennale, collegando le società di gestione alle reti di vendita; quindi, le società che prima facevano un paio di miliardi sono salite a 40/50/60 miliardi, oggi sono globali, e noi dobbiamo considerarci allo stesso modo.
Dobbiamo considerare il nostro mercato globale, non dobbiamo limitarci a quello locale».
FINANZIARE L'IMPRESA 55
«S
ALESSANDRO BINELLO, AMMINISTRATORE DELEGATO DI QUADRIVIO
Il broker del credito capisce la banca e anche l'impresa
È una bella storia aziendale, quella di FidoImpresa: ha intuito lo spazio di mercato che si creava nell’industria finanziaria per la consulenza creditizia “fatta sul serio”
di Sergio Luciano
«D
i fatto fungiamo da ufficio crediti “mobile” per conto delle banche: l’ultima parola sui finanziamenti spetta a loro, ma l’istruttoria la facciamo noi, e la facciamo sulla base della conoscenza diretta delle imprese, della visita in azienda e del rapporto costante con i clienti»: Giampaolo Ambrosi, direttore generale di FidoImpresa Spa, è un appassionato. Ama il suo lavoro, e si vede. «Lo riconosco, è un lavoro appassionante perché aiuta le imprese a crescere e creare posti di lavoro, l’economia a girare bene e le banche a fare impieghi sani e meritevoli».
che si creava nell’industria finanziaria per la consulenza creditizia “fatta sul serio”, stanti le regole sempre più severe di Basilea e la riluttanza crescente delle banche tradizionali a gestire il rapporto con i clienti. Oggi FidoImpresa Spa – pur abilitata a lavorare con ogni tipologia di banca – opera quasi esclusivamente con gli istituti di nuova generazione che il direttore Ambrosi ama definire «banche d’affari per piccole – medie – grandi imprese perché ci si concentra subito sulle necessità del cliente e sull’operazione richiesta».
NELLE BANCHE È VENUTA A MANCARE
FidoImpresa Spa incontra Economya LetExpo, la grande fiera di Verona della logistica e dei trasporti, organizzata da Alis, e il loro stand si nota tra gli spazi allestiti dai big dello shipping e dell’autotrasporto, dalle Autorità portuali e dagli Interporti. «La dimensione media dei nostri Clienti sta sistematicamente crescendo e - pur partendo dai due milioni di fatturato – sono presenti in quantità numerosa anche con oltre 250 / 300 milioni di ricavi – spiega il Direttore Credito Valentina Lazzarini – Questo perché operiamo in settori industriali come l’energy, il marittimo, l’aerospazio e la logistica. Pensi che tra i nostri principali Clienti ci sono anche società quotate in Borsa, perché trovano più efficiente rivolgersi a noi per le loro necessità di credito bancari».
LA FIGURA UMANA DI RIFERIMENTO, MA IL DENARO È UNA MERCE INTIMA CHE TOCCA LE LEVE EMOTIVE
FidoImpresa Spa ha uno specifico approccio alla clientela che realmente incrocia le esigenze di tante imprese che altrimenti, pur meritandolo, faticherebbero ad accedere al credito.
Intanto FidoImpresa Spa - che nel 2024 festeggia 15 anni di vita - ha già in effetti all’attivo il quarto di secolo d’esperienza dei suoi fondatori – Giampaolo Ambrosi, il direttore generale e Germano Zanella, ora responsabile compliance. «Nel 2010 è intervenuta una vera rivoluzione del settore, che ha introdotto l’Organismo agenti e mediatori vigilato da Banca d’Italia. E così gli operatori del settore si sono ridotti da circa 300 mila di quel periodo a… poco più di 300 società di mediazione creditizia».
È un’avvincente storia aziendale, quella di FidoImpresa Spa. La storia di un’Impresa che ha intuito ancora nel 2009 lo spazio di mercato
«Vede, quello che gli imprenditori lamentano – spiega il direttore credito Lazzarini - è la mancanza della figura di riferimento in banca. E anche quando c’è, viene continuamente cambiata. Il denaro è una merce “intima”, che tocca le leve emotive delle persone. Un imprenditore raramente dice: “mi serve denaro”. Non lo ammette. Per lui, quindi, è uno smacco sentirsi dire da una banca: non posso più farti credito. E fatica a confessarlo. In questo quadro, cosa facciamo noi? Interveniamo e facciamo davvero tutto il fattibile, applicando i nostri modelli di valutazione, visitando l’azienda, ascoltando il cliente e presentando le sue istanze all’istituto di credito di volta in volta più affine alla tipologia di pratica, rendendo stabile il rapporto».
La Banca d’Italia ha creato due registri: quello degli agenti in attività finanziaria e quello dei mediatori del credito, simili ai broker assicurativi: «E questo nei fatti è il nostro lavorospiega il direttore Ambrosi – cioè svolgere una consulenza qualificata che studia le caratteristiche e le esigenze delle aziende e le incrocia con la disponibilità delle banche a nuove linee di credito. Nell’insieme la stretta normativa è stata sfidante ma rigenerante. L’abbiamo vissuta come una grande opportunità ed ora siamo nell’olimpo. Siamo una delle poche “s.p.a.” del settore con un capitale sociale versato di 1 milione di euro, siamo dotati di una direzione credito interna che valuta le pratiche come l’ufficio fidi delle banche che significa conoscere i criteri operativi degli istituti con cui lavoriamo e capirne le esigenze e i parametri». Ed è proprio qui la capacità specifica di FidoImpresa Spa: capire le banche, ma capire anche le imprese. «Esatto: il lavoro è sentire l’azienda, capire cosa fa e di cosa ha bisogno. E una volta capita l’impresa, collocarne l’esigenza presso la banca più idonea. Fattore importantissimo, ci facciamo pagare esclusivamente con commissione di successo. Vogliamo che il viaggio verso il credito dei nostri clienti sia il più trasparente, lineare e agevole possibile. Anche perché un’operazione finanziaria può durare da qualche settimana a qualche mese»,
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precisa il direttore credito Lazzarini. E dunque quando un’impresa si rivolge a FidoImpresa Spa, la direzione credito valuta la pratica, ne estrae gli elementi di finanziabilità – ovviamente se ve ne sono – e li incrocia con la banca più appropriata. Un risultato estremamente complesso al quale arriviamo oggi con apparente facilità grazie ad un elevata qualità e quantità di lavoro, impegno e competenza da parte di tutta la struttura. Anche commerciale: «Sì, siamo strutturati con una rete di consulenti creditizi abilitati ad operare fuori sede e con selezionati advisor che hanno la conoscenza diretta del cliente – illustra Ambrosi - I collaboratori abilitati si dedicano sia all’attività commerciale sia a quella tecnica, verifiche comprese. E noi ci affidiamo a loro come facevano le banche quando, sul territorio, si informavano sulle imprese e sugli imprenditori richiedenti».
FidoImpresa Spa s’impegna a collaborare con ogni banca, perché ciascuna può essere quella
giusta per posizione di mercato, competenze, tradizioni e cultura. Quel che conta “è la parte fisica della relazione cliente-banca, che ormai manca, anche alle banche fintech, e per noi invece è un punto di forza. Visitiamo sempre le
UNO DEI PROSSIMI OBIETTIVI
DI FIDOIMPRESA È DOTARSI
DI UNA SGR PER POTER EROGARE
DIRETTAMENTE IL CREDITO
aziende. Anche se non c’è ancora un contratto, una visita di persona all’azienda che chiede finanza è sacrosanta ed utile. Non si può conoscere un’impresa restando dietro lo schermo. Bisogna vedere l’imprenditore nel suo regno”. E dunque - oltre alla storica direzione operativa di Verona, FidoImpresa Spa ha sedi a Roma, Napoli, Ancona, Reggio Calabria, Trapani, Vicenza, Milano, superando storiche barriere e pregiudizi.
Dietro l’efficienza di una società come questa c’è tanta tecnologia ed anni di attività di ricer-
Da sinistra Valentina Lazzarini, direttore credito di FidoImpresa, e Giampaolo Ambrosi, direttore generale
ca e sviluppo: «A breve – illustra il direttore credito Valentina Lazzarini – rilasceremo ai nostri Collaboratori una nuova applicazione informatica per avere in tempo reale una relazione di finanziabilità di una potenziale azienda. Questa app lavorerà sulla più recente versione del nostro modello valutativo sviluppato internamente. L’acquisizione dei clienti avviene, di solito, attraverso il passaparola ed una referenza; una conoscenza approfondita dei dati è – quindi - la prima necessità». Referenze commerciali che hanno condotto anche ad importanti accordi-quadro, come quello con Confindustria Cisambiente per il supporto creditizio alle aziende del settore ambiente – energia – economia circolare e quello con FederUnaComa per agevolare l’accesso al credito delle aziende produttrici di macchine agricole.
Il futuro? «Accelerare il raggiungimento del miliardo di euro di credito erogato, ampliare la rete commerciale fino a cento consulenti creditizi a disposizione delle aziende e – necessariamente - dotare il nostro gruppo di una Sgr (società di gestione del risparmio, ndr)», risponde Ambrosi: «Ci stiamo già lavorando. E’ il passo successivo con cui aumenteremo ulteriormente l’efficienza operativa perché con una Sgr erogheremo credito più velocemente nelle situazioni dove è evidente a prima vista la bontà dell’imprenditore e la fattibilità dell’operazione. La maggior parte dei nostri colleghi si occupa di mutui casa e cessioni del quinto, anche quello è un mercato. Noi vogliamo aumentare sempre di più la nostra specializzazione nel credito alle imprese, stante la crescente domanda in tal senso e la necessità di un approccio nuovo e di soluzioni innovative”, conclude Giampaolo Ambrosi: «Perché il credito è sviluppo, il credito è crescita, il credito sono posti di lavoro, il credito è… futuro».
FINANZIARE L'IMPRESA 57
A SCUOLA DI PRIVATE EQUITY
Il Master Universitario della Liuc Business School intende formare una figura di business analyst a 360° con competenze strategiche, finanziarie, di bilancio, di analisi e impostazione di operazioni straordinarie di Riccardo Venturi
l’unico percorso universitario focalizzato su private equity e M&A. Forte di quasi 25 anni di esperienza alle spalle, intende formare una figura di business analyst a 360° caratterizzata da competenze strategiche, finanziarie, di bilancio e di analisi ed impostazione di operazioni straordinarie, particolarmente richieste nel mercato.
Il Master Universitario in Private Equity della Liuc Business School continua ad aggiornarsi, proponendo una novità importante. «Il mercato del private equity e dell’M&A, per fortuna, cresce anche in Italia, anche attraendo operatori internazionali» dice Anna Gervasoni, direttore del Master. «Per aprire uffici in Italia con un proprio team c’è l’esigenza di immettere giovani preparati sul mercato. Allo stesso tempo abbiamo riscontrato l’esigenza di tantissimi giovani, che ho incontrato in tutta Italia, che vorrebbero capire meglio questo mondo. La nostra idea è stata quella di riformare questo master universitario in modo che valga come un anno di magistrale: chi lo segue accumula 60 crediti, e ha così la possibilità di accedere al secondo anno. Una possibilità molto gradita dagli studenti che escono dalla triennale e vogliono entrare in questo mondo. Ciò non toglie che si possa accedere al master anche dopo la magistrale».
GRANDE ENFASI VIENE RIVOLTA
AGLI ASPETTI PRATICI DEI TEMI TRATTATI, ATTRAVERSO LO STUDIO DI CASI CONCRETI
Come da tradizione della Liuc, grande enfasi viene rivolta agli aspetti pratici dei temi trattati, tramite lo studio di casi concreti ed un ampio ricorso alla modellistica. «Il master è un ponte tra insegnamento accademico e professione: in tutti i team di docenza ci sono sia accademici che practitioner» spiega Gervasoni. «La metodologia di insegnamento è
molto esperienziale, c’è la possibilità di dialogare con professionisti del settore. Ci occupiamo di trovare a tutti i nostri ospiti uno stage nella filiera del settore, che vale un terzo dei crediti: questo ci differenzia da altre formule. Avendo alle spalle 24 anni di storia, i nostri diplomati hanno raggiunto profili molto importanti e offrono stage perché vogliono giovani che stanno facendo la loro esperienza; alcuni di loro fanno parte dei docenti, anche questa è una nostra forza». Gli stage si svolgono in fondi di private equity, società di consulenza in M&A, oppure nelle banche, più precisamente nelle divisioni M&A investment banking che si occupano di finanza.
La finanza straordinaria, protagonista del corso, si è rivelata negli ultimi anni un fattore critico di successo, oltre che per le grandi realtà, anche per le imprese di piccole-medie
dimensioni che sempre più spesso accedono a strumenti di finanza innovativa, quale ad esempio il private capital. «La tendenza del private equity più radicata nel contesto italiano è quella del mid market, con investimenti nella media e piccola impresa» rimarca il direttore del Master Universitario in Private Equity della Liuc Business School. «L’anno scorso, caratterizzato dal crollo di tanti mercati, anche in Italia sono mancati volumi perché non sono stati fatte grandi operazioni. Ma i primi mesi di quest’anno stanno andando bene». Spesso si fa prima un passaggio nella consulenza M&A per poi approdare al private equity. «L’esperienza nell’M&A è propedeutica al private equity, lo dice l’esperienza di tanti che hanno fatto questo percorso» conclude Gervasoni. «L’inserimento dei nostri alunni in questa nicchia è sempre avvenuto, non vedo perché non debba continuare: non è un auspicio ma una ragionevole certezza, basata su quasi cinque lustri di storia».
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È
ANNA GERVASONI
Logistica e fnanza, attenti alla «catena»
Il Supply Chain Finance permette a un’azienda di finanziare il proprio capitale circolante, facendo leva anche sul ruolo che svolge all’interno della catena di fornitura in cui opera
di Avv. Antonio Gerardo Giso, Lexant SBtA
Il termine Supply Chain è, ormai, divenuto parte integrante del linguaggio aziendale e tutti riconoscono l’importanza della sua corretta gestione. Ma di cosa si tratta esattamente? La Supply Chain - detta anche «catena di approvvigionamento» - indica il processo che consente di portare sul mercato un prodotto o servizio nel trasferimento dal fornitore al cliente. Il Supply Chain Finance, invece, rappresenta l’insieme delle soluzioni che permettono a un’azienda di finanziare il proprio capitale circolante, facendo leva non solo sulle sue caratteristiche economiche, finanziarie o di business, ma anche sul ruolo che svolge all’interno della catena di fornitura in cui opera: il principale contributo di questo modello è la semplificazione dell’integrazione dei flussi fisici e
finanziari grazie all’impiego di tecnologie quali la Blockchain e i c.d. Smart Contract. Mentre la tecnologia Blockchain prevede una versione puramente peer-to-peer di denaro elettronico che permette di spedire direttamente pagamenti on-line da un’entità ad un’altra, senza passare tramite un’istituzione finanziaria (e, quindi, aggirando i relativi costi di transazione), i c.d. Smart Contract altro non sono che un negozio - tra due o più parti - i cui termini sono programmati attraverso un codice (insieme di istruzioni) memorizzato su di una Blockchain. Al verificarsi di determinate condizioni descritte nel codice, vengono eseguite automaticamente specifiche operazioni, anch’esse definite nel codice. Anche se la «catena di approvvigionamento» è essenziale per garantire la sopravvivenza del ciclo, specie in sistemi altamente tecnologici come quello che si sta prefigurando nel campo del Supply Chain Finance, il rischio di falle e/o di compromissioni all’interno della catena logistica potrebbe essere letale tanto quanto l’allarme liquidità che, ab origine, il modello si proponeva di debellare.
Supply chain, così la
digitalizzazione
trasforma l’attività finanziaria: impatti potenziali e rimedi possibili
1. La Supply Chain: non solo logistica.
Il termine Supply Chain è, ormai, divenuto parte integrante del linguaggio aziendale e tutti riconoscono l’importanza della sua corretta gestione. Ma di cosa si tratta esattamente? La Supply Chain - detta anche «catena di approvvigionamento» - indica il processo che consente di portare sul mercato un prodotto o servizio nel trasferimento dal fornitore al cliente. La catena si compone di varie fasi (pianificazione; esecuzione e controllo del flusso di materiali; informazioni prodotte a partire dalla ricezione di un ordine) che presuppongono il coinvolgimento di diverse figure professionali. Il termine Supply Chain può riferirsi anche agli aspetti manageriali del processo, meglio definiti dall'espressione Supply Chain Management (SCM), che guidano l'attività di coordinamento del flusso al fine di ottimizzare i singoli anelli della catena.
L’Artificial Intelligence (c.d. AI) e le tecnologie a essa correlate stanno trasformando in modo significativo la gestione della Supply Chain in ogni suo ambito applicativo. Questa veniva prima gestita con metodi tradizionali, basati soprattutto sull’esperienza umana, sull’analisi manuale dei dati e su strumenti meno sofisticati.
Molti aspetti di questi processi sono stati influenzati dall’AI come la previsione e la gestione del magazzino, in cui l’analisi dei dati storici e statistici richiedeva una finestra temporale non indifferente. Anche la visibilità su fornitori e trasporti era limitata, con la possibilità di non rilevare ritardi o colli di bottiglia nei processi di delivery.
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59 Aiti
Quanto valgono le aziende
Se nel primo trimestre le Borse hanno registrato ottime performance, rimangono tuttavia numerosi elementi di incertezza. Aumento dei costi energetici, inflazione, rialzo dei tassi, guerre impattano sui valori delle imprese
di Francesca Borgonovo *
Nel 2022 abbiamo assistito ad un forte aumento dei costi, in particolare dell’energia, con conseguente incremento dell’inflazione e dei tassi di interesse. Questi sono alcuni dei fattori che impattano sul valore delle aziende in modo negativo portando ad un generale abbassamento delle valutazioni aziendali, come evidenziato anche dalla diminuzione dei multipli di mercato tra la fine del 2022 e oggi.
La principale causa dell’inflazione è stata l’incremento dei costi generatosi dalla Pandemia da Covid-19 e poi dalla guerra russo-ucraina. Durante la Pandemia i governi hanno attuato pacchetti di stimolo per sostenere le loro economie e le banche centrali hanno portato i tassi di interesse a zero, implementando misure di politica monetaria espansive. Ciò ha portato ad un ingente afflusso di liquidità sul mercato e ad un elevata domanda di beni, ma molte aziende hanno avuto difficoltà a far fronte a questa maggiore domanda; infatti il lockdown ha causato blocchi produttivi e interruzioni della supply chain. Inoltre, nel febbraio 2022, l’inizio del conflitto russo-ucraino ha portato ad un’impennata dei prezzi dell’energia e delle materie prime incrementando in modo significativo l’inflazione nell’area euro. Per contrastare l’inflazione sono intervenute le banche centrali, le quali sono state costrette ad aumentare i tassi di interesse ad un ritmo molto più rapido di quanto previsto dagli investitori comportando un notevole incremento della volatilità dei mercati finanziari nel corso del 2022.
L’elevata inflazione, l’aumento dei tassi di interesse e l’elevata incertezza hanno avuto un riflesso sui multipli di mercato, che sono diminuiti, e sul costo del capitale delle aziende, che è aumentato. Tutto ciò ha portato a una riduzione del valore aziendale.
Uno studio recente sull’andamento dei multipli di mercato, di un panel di società quotate appartenenti a diversi indici suddivisi per settore, nel periodo 31.12.2021-31.10.2023, ha mostrato quanto segue. Al 31.12.2022 i multipli che hanno mostrato una maggiore riduzione rispetto al 31.12.2021 sono quelli di società appartenenti al settore informatico. Questo
è da ricondurre al fatto che le valutazioni di società appartenenti a questo settore apparivano particolarmente elevate nel 2021 e, nel corso del 2022 (anno caratterizzato da elevata volatilità), gli investitori hanno preferito spostare i propri investimenti da questo settore, che, generalmente, performa peggio quando i tassi di interesse sono alti e il costo del funding è maggiore, in altri settori. Nello stesso periodo, i multipli che hanno visto un maggiore aumento sono quelli delle società appartenenti al settore delle biotecnologie, settore ad elevata crescita e resiliente, e dell’aerospazio e difesa, che ha beneficiato dell’accelerazione data dal sostegno militare all’Ucraina a seguito dell’invasione russa. Al 31.10.2023 i multipli delle società del settore delle biotecnologie e del settore Life Science Tools and Services sono diminuiti di circa il 20% rispetto al 31.12.2022. In particolare, mentre il settore Life Science Tools and Services ha confermato il trend negativo riscontrato nel 2022, il settore delle biotecnologie, uno dei best performer dello scorso anno, ha registrato una performance negativa nel 2023. I multipli dell'industria Software e Consumer Staples Distribution & Retail sono quelli che crescono maggiormente nell’anno in corso. La crescita del settore Software è trainata da tecnologie sempre più avanzate e dagli ultimi progressi in materia di intelligenza artificiale. Nel corso del primo trimestre 2024, i più importanti listini azionari hanno registrato ottime performance raggiungendo massimi storici. Rimangono tuttavia numerosi elementi di incertezza che potrebbero rallentare i listini globali, tra cui: tensioni geopolitiche globali (Russia-Ucraina, Israele-Hamas, China-Taiwan, etc.); superciclo elettorale globale (60 elezioni, 7 nei paesi più popolosi al mondo tra cui le elezioni presidenziali e congressuali negli Stati Uniti); situazione geopolitica nel Mar Rosso, rischio di supply chain per l’occidente e rischio di prezzi più elevati; rinvio del taglio dei tassi da parte della Fed e della Bce.
* Associate Director, Kroll Advisory, membro del Comitato CorporateFinancediAndaf
COVERSTORY 60
Andaf
L'AUTRICE, FRANCESCA BORGONOVO
Fondi a caccia di... fondi
I dati presentati da Aifi e PwC – Deals mostrano un rallentamento nella raccolta di private equity e venture capital, in calo del 36% a 3,8 miliardi di euro e negli investimenti, che segnano un -66% a 8,2 miliardi di euro
di Anna Gervasoni*
Il mondo del private capital, nel 2023, ha subito un rallentamento ma non per questo dobbiamo essere pessimisti. I dati di private equity e venture capital, presentati da Aifi e PwC – Deals qualche giorno fa, mostrano un rallentamento nella raccolta, che scende del 36% a 3,8 miliardi di euro e negli investimenti, che segnano un -66% a 8,2 miliardi di euro mentre sono stati 23,7 miliardi nel 2022. Il mid market però nello scorso anno ha dimostrato di essere il focus principale degli operatori; nell’ultimo triennio sono state oltre 1.500 le società oggetto di investimento per un ammontare di circa 16 miliardi, una potenza di fuoco importante ma non ancora sufficiente per coprire tutte le opportunità presenti sul mercato. Pe questo motivo, occorre che, in fase di fundraising, aumenti la raccolta dei fondi così che si possano moltiplicare le iniziative di investimento. L’Italia si conferma attrattiva in questo segmento composto da imprese eccellenti; le operazioni di expansion si sono classificate al secondo posto per ammontare investito, pari a 941 milioni, quasi raddoppiato rispetto all’anno precedente, pari a 483 milioni, distribuito su 68 operazioni con un +48% rispetto alle 46 del 2022, segno che le aziende possono trovare nel private equity uno strumento valido per crescere e internazionalizzarsi. Le note dolenti però ci sono: il private equity, nell’ultimo triennio ha raccolto oltre 15 miliardi di euro ma non sono sufficienti per rispondere alle esigenze di investimento nella transizione ecologica e digitale. Serve per questo un maggior contributo da parte degli investitori istituzionali nonostante il loro impegno sia andato crescendo nell’ultimo periodo. Dai dati elaborati, l'Italia è caratterizzata da un tasso di risparmio, rispetto al reddito lordo disponibile, pari a 9,8, con un risparmio medio per famiglia italiana pari a circa 176 mila euro. La ricchezza italiana, tuttavia, è investita prevalentemente in immobili e titoli pubblici mentre è minore la quota destinata a supporto delle imprese che non siano di proprietà. Per questa ragione diviene fondamentale l’apporto
È
che casse, fondi, assicurazioni e investitori istituzionali in genere possono dare per veicolare tale risparmio a supporto delle attività imprenditoriali italiane. Il nostro è un paese ricco di famiglie imprenditoriali dove c'è un forte spazio, anche per il comparto del private banking, di investire in private capital così da alimentare i progetti di crescita e internazionalizzazione. Serve anche un sistema più ampio di soggetti che investano nell’economia italiana. Nell’associazione del private capital, l’Aifi, il 33% dei soci è di matrice internazionale, che significa che molti operatori arrivano nel nostro Paese per portare capitali da utilizzare nello sviluppo dell’economia reale; negli ultimi dieci anni, circa 200 operatori hanno realizzato almeno un investimento in Italia per circa 60 miliardi di euro investiti, pari al 65% del totale per un numero di oltre 750 deal. Insomma, i capitali arrivano anche dall’estero, sull’Italia si scommette e a giudicare dall’incremento degli investitori stranieri sul nostro territorio, queste scommesse vengono vinte. Occorre però fare ancora un passo in più in modo che aumenti l’apporto di capitale che tali investitori possano impegnare nella crescita e internazionalizzazione delle nostre eccellenze italiane.
* Prorettrice della Liuc – Università Cattaneo. È anche direttore generale di Aifi (Associazione italiana del private equity, venture capital e private debt)
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FONDAMENTALE L'APPORTO DEGLI INVESTITORI A SUPPORTO DELLE ATTIVITÀ IMPRENDITORIALI ITALIANE
IL PERCORSO A OSTACOLI DEL CREDITO R&D
Ve lo ricordate il Decreto Semplificazioni? Era l'estate del 2022, sono passati quasi due anni e, tanto per cambiare, siamo in ritardo sulla tabella di marcia. E l'Albo dei certificatori sta prendendo il via solo adesso
di Laura De Lisa
Ex tenebris ad lucem. Era il principio dell’estate del 2022, quando il “Decreto Semplificazioni”, il D.L. 73, all’articolo 23 interveniva sul tema della validazione delle attività di ricerca e sviluppo, per consentire (finalmente) alle imprese di operare in “condizioni di certezza operativa”.
Oggi, come allora, le frequenti contestazioni dell’Amministrazione finanziaria sull’inquadramento delle attività svolte nei periodi 2015-2019 nell’ambito della ricerca e sviluppo ammissibile al credito d’imposta ex articolo 3 D.L. 145/2013 e la conseguente possibilità offerta dalla stessa – pressoché contestualmente all’apertura del fascicolo del contribuente - di ricorre-
re al “condono” attraverso la procedura di riversamento spontaneo (leggi: fare cassa per l’Agenzia delle Entrate), rendevano improrogabile un intervento decisivo in tal senso.
In ottemperanza allo Statuto del Contribuente, il Decreto Semplificazioni delinea-
IL DECRETO ATTUATIVO DEL MIMIT
CHE INDICA LE MODALITÀ
PER L'ISCRIZIONE ALL'ALBO È STATO APPROVATO LO SCORSO 21 FEBBRAIO
va un vero e proprio sistema di certificazione degli investimenti in ricerca e sviluppo, innovazione tecnologica e ideazione estetica, incardinati nella disciplina dell’articolo 1, commi 198-207 della L. 160/2019.
LA CERTIFICAZIONE DELLA R&S&I&D
L’ambito applicativo della certificazione comprende tutte le attività ammissibili sia al “vecchio” (ex art. 3 del D.L. 145/2013 e ss.mm.ii.) che al nuovo credito d’imposta R&S&I&D (in vigore a decorrere dal periodo d’imposta 2020), ivi incluse le attività di innovazione tecnologica con obiettivi di innovazione digitale 4.0 e di transizione ecologica, già effettuate o da effettuarsi, purché non siano già state contestate violazioni relative all’utilizzo del credito o non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento in relazione alle quali l’autore o i soggetti solidalmente obbligati abbiano avuto formale conoscenza. Il contenuto della certificazione attiene alla qualificazione degli investimenti effettuati o da effettuare ai fini della loro classificazione nell’ambito delle attività ammissibili al credito d’imposta. Analogamente alla penalty protection della Patent Box, l’appeal del sistema risiede nell'effetto vincolante della certificazione nei confronti dell’Amministrazione finanziaria, che comporta la nullità degli atti, anche a contenuto impositivo o sanzionatorio, difformi da quanto attestato
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NELLA FOTO: L'AUTRICE, LAURA DE LISA, PARTNER - FUNDING & DEVELOPMENT LEADER RSM SOCIETÀ DI REVISIONE
ORGANIZZAZIONE CONTABILE S.P.A.
E
nelle certificazioni. Le imprese che intendono richiedere una certificazione che attesti la qualificazione degli investimenti effettuati o da effettuare, ammissibili al beneficio del credito d’imposta, dovranno fare richiesta al Ministero, indicando il soggetto incaricato, selezionato tra quelli iscritti all’Albo, e comunicando la dichiarazione di accettazione del certificatore.
LA TELA DI PENELOPE
Tutto risolto, quindi. Salvo che la definizione dell’impianto normativo è ancora un work in progress. Ma cominciamo dal principio. All’indomani del Decreto Semplificazioni, l’operatività della misura è demandata al consueto “successivo Dpcm”, che, su proposta dell’allora Mise e di concerto con il Mef - entro il mese successivo all’emanazione del decreto (cioè, entro il 22.07.2022) - avrebbe dovuto definire i requisiti dei certificatori, le modalità di vigilanza sulle attività esercitate, le modalità e le condizioni di richiesta della certificazione, nonché i relativi contenuti. La pubblicazione arriva, ma oltre un anno dopo le tempistiche previste, con il Dpcm approvato il 15 settembre 2023, che, finalmente, dava l’avvio al percorso di certificazione. Ma, come diceva Corrado Mantoni, “non finisce qui”. Il Dpcm del 15/09/2023, pur istituendo all’articolo 2 l’albo dei certificatori, demanda al Mimit – entro il entro il 31 dicembre 2023 (ma stiamo ancora aspettando) - l’elaborazione e pubblicazione di “Linee Guida” integrative, per la corretta applicazione del credito d’imposta e l’aggiornamento dell’evoluzione della prassi interpretativa e delle eventuali modifiche normative sopravvenute. L’emanazione del documento ad opera del Ministero è di cruciale importanza proprio perché contempla anche gli schemi di certificazione che potranno essere adottati per documentare le attività. Infine, ma stavolta con operatività nei tempi, con il Decreto Direttoriale Attuativo del Mimit approvato lo scorso 21 febbraio, vengono stabilite le modalità informatiche e i termini per la presentazione delle domande di iscri-
zione all’Albo, nonché le ulteriori regole e procedure per la verifica delle domande di iscrizione, la formazione, l’aggiornamento e la gestione dello stesso.
L’ALBO DEI CERTIFICATORI
L’albo consente l’iscrizione di dipartimenti universitari, centri di ricerca e trasferimento tecnologico, ma anche persone fisiche e imprese che svolgono attività di consulenza su progetti di ricerca e sviluppo, centri di competenza ad alta specializzazione e poli europei dell’innovazione digitale. La domanda di iscrizione per il 2024 può essere presentata solo in via telematica, attraverso il sito del Mimit, fino a fine agosto. A partire dal 2025, le finestre temporali sono aperte dal 1° gennaio al 31 marzo e dal 1° luglio al 30 settembre di ogni anno. Deve inoltre essere confermata annualmente – a pena di decadenza dall’iscrizione a partire dall’anno successivo – la volontà di mantenere l’iscrizione all’albo, tra gennaio e ottobre di ciascun anno.
L'AMBITO DELLA CERTIFICAZIONE COMPRENDE TUTTE LE ATTIVITÀ
AMMISSIBILI ANCHE AL VECCHIO CREDITO D'IMPOSTA
Per iscriversi, oltre al pagamento del bollo e diritti di segreteria, occorre dotarsi di: Pec attiva, firma digitale, Cie, Spid o eIdas. Di fondamentale importanza la Pec, unico canale di comunicazione diretto con il Ministero.
Nel presentare la domanda, conformemente all’articolo 4 del Decreto Direttoriale, gli iscritti devono dichiarare di:
- non aver subito condanne con sentenza definitiva;
- aver solto, nei tre anni precedenti, attività relative alla presentazione, valutazione o rendicontazione di almeno 15 progetti, indicandone i relativi riferimenti che ne consentano l'individuazione, collegati all'erogazione di contributi e altre sovvenzioni relative alle attività di ricerca, sviluppo e innovazione;
- l’eventuale pendenza di atti impositivi per
un ammontare superiore a 50.000 euro; - di possedere un titolo di laurea idoneo rispetto all’oggetto della certificazione, come richiesto dall’articolo 2 del Dpcm di settembre.
Quest’ultimo requisito, apparentemente, sembra diventare di più ampia interpretazione con il disposto del Decreto direttoriale che, al secondo capoverso dello stesso articolo 4, precisa che per titolo di laurea idoneo si intende “un titolo di laurea che consenta di attestare la qualificazione degli investimenti effettuati o da effettuare ai fini della loro classificazione nell’ambito di ricerca e sviluppo (…) ammissibili al beneficio”. In ragione di questo, con una Faq pubblicata sul proprio sito internet della piattaforma dei certificatori, lo scorso 5 marzo, il Mimit ha tuttavia precisato che, ai fini dell’iscrizione all’Albo dei certificatori, per “responsabile tecnico” si intende “il soggetto o i soggetti responsabili della certificazione competenti ed esperti per lo specifico settore o progetto di ricerca, inseriti stabilmente nell’impresa, università o ente di ricerca di cui all’art. 2, commi 4 e 5 del Dpcm del 15 settembre 2023”.
Ne deriva, conseguentemente, l'impossibilita di accedere all'Albo per le imprese di consulenza che si avvalgono di professionisti esterni per la valutazione dei progetti di R&S. Ai fini del mantenimento della iscrizione, è necessario dimostrare la continuità nello svolgimento dell’attività, integrando, in ciascun anno successivo, il requisito del completamento, nel triennio precedente, di idonee attività consistenti nella presentazione, valutazione, compresa la certificazione, o rendicontazione, di almeno 15 progetti collegati all’erogazione di contributi o altre sovvenzioni afferenti ad attività di ricerca e sviluppo. In caso di mancata integrazione del suddetto requisito per due anni consecutivi, il soggetto iscritto, valutate le attività svolte e la fattispecie concreta, è suscettibile di sospensione e successiva cancellazione ad opera del Ministero dall’inizio dell’anno successivo.
FINANZIARE L'IMPRESA 63
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ECONOMY-RSM AWARD 2024, ECCO LE IMPRESE ONESTE E VINCENTI
Premiate a Roma, nella sala capitolare del Senato della Repubblica, le aziende economicamente profittevoli che hanno ottenuto il rating di legalità. Un'occasione di confronto tra aziende, politica e istituzioni
Diciamolo, forte e chiaro: a chi non fa piacere ricevere un premio, veder riconosciuti i propri sforzi e sapere di aver compiuto i passi nella direzione giusta? Vale anche per Legalità e Profitto - Economy-Rsm Award 2024, ma concedete un’osservazione. In questo caso, la soddisfazione dei premiati è doppia. Non soltanto un’impresa può mostrare di stare a pieno titolo nel panorama di quelle economicamente solide –requisito fondamentale per stare a testa alta
LA MANCANZA DI LEGALITÀ È COME
IL DOPING NELLO SPORT: INQUINA
LA GARA E ALLA LUNGA NUOCE
ANCHE AGLI ATLETI CHE VI RICORRONO
sul mercato – ma anche nella ‘rosa’ di quelle virtuose e corrette, altro requisito non trascurabile. Non è un traguardo da poco, soprattutto in un Paese come il nostro nel quale uno scrittore come Corrado Alvaro non senza una bella dose di amarezza osservava che «la disperazione più grande che possa impadronirsi di una società è il dubbio che essere onesti sia inutile». Un riconoscimento che ha questo, di notevole: e cioè essere non soltanto un simbolo da poter esporre fieramente, ma
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2024 Rsm
IOLE ANNA SAVINI (TRANSPARENCY INTERNATIONAL ITALIA), SALVATORE TURRISI (SIELTE SPA), SIMONA ARDUINI (BANCA IFIS), ALFREDO ROBLEDO (SANGALLI SPA), GIOVANNI PELAZZI (ARGENTA SOA), MARINA MARINETTI (ECONOMY)
Da sinistra: Iole Anna Savini, Past President di Transparency International Italia; Salvatore Turrisi, Presidente Sielte S.p.A.; Simona Arduini, Vicepresidente del Consiglio di Amministrazione di Banca Ifs; Alfredo Robledo, Presidente Sangalli S.p.A., ex magistrato, e Giovanni Pelazzi, a.d. Argenta Soa
anche l’attestato di un legittimo orgoglio, rientrare tra imprese sanno essere “oneste e vincenti”.
Alla cerimonia, nella Sala capitolare del Senato, nella seicentesca piazza della Minerva a Roma, si è respirata l’atmosfera delle grandi occasioni, tra i flash dei fotografi agli imprenditori visibilmente emozionati e le strette di mano da parte di politici e colleghi. Il premio, vale la pena ricordare, è giunto alla sua terza edizione, è stato conferito a cento imprese (dai 2 ai 500 milioni di euro fatturato, che abbiano già ottenuto il rating di legalità), promos-
so da Economy Group, e da Rsm deputata alla revisione e certificazione contabile, con la partnership dell’Anac e con il patrocinio del Senato della Repubblica.
IL SENATORE ANTONIO DE POLI: «È POSSIBILE RISPETTARE
LE REGOLE E ALLO STESSO TEMPO COMPETERE SUL MERCATO»
A fare gli onori di casa, il questore di Palazzo Madama, Antonio De Poli, che ha salutato l’iniziativa spiegando che serve proprio a testimoniare come sia possibile rispettare le regole e allo stesso tempo competere sul mercato. «Ci fa piacere – ha esordito - ricevere nel contesto istituzionale del Senato questa conferenza che mette in evidenza quanto l’intelletto e la capacità di fare innovazione delle nostre im-
FINO A 10 MILIONI DI FATTURATO
RAGIONE SOCIALE
Altintech Srl
A.M.C. Spa
BSC Srl
C.d.a. di Cattelan Srl Società Benefit
Campoverde Srl
Codrafin Srl
CO.I.E.T. Srl
Costruzioni Generali Zoldan Srl
Csg Facility Società Cooperativa
De Vellis Servizi Globali Srl
Eco.Impresa Srl
CITTÀ
Roma (RM)
Casale Monferrato (AL)
Montefelcino (PU)
Flumignano (UD)
Milano (MI)
Roma (RM)
Guardiagrele (CH)
Roma (RM)
Jesi (AN)
Frosinone (FR)
Ostuni (BR)
SEN. ANTONIO DE POLI, QUESTORE DEL SENATO DELLA REPUBBLICA
prese siano aspetti fondamentali del nostro tessuto socio-economico».
Come ha evidenziato il direttore di Economy Sergio Luciano, già il fatto di partecipare alla graduatoria è un sintomo di integrità. «Se un’azienda si mette a nudo e si sottopo-
RAGIONE SOCIALE
Europolice Srl
FIDA Srl
G. Toniolo Impianti e Lavori Edili Soc. Coop.
Gada Spa
Gangi Impianti Srl
Gia.Ma Srl
I.S.A.P. Srl
Impresa Colombrita Srl
La Città Verde Soc. Coop. Sociale a r.l.
Leonardo Srl
Margherita+ Società Cooperativa Sociale
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ne ad una radiografia integrale - ha osservato - è un successo di per sé ed è importante avere un attestato che ne accerti la serietà e la correttezza. La legalità è un valore essenziale perché la sua mancanza è come il doping nello sport: inquina la gara, nuoce ai concorrenti onesto ma alla lunga danneggia anche gli atleti stessi cui vi ricorrono». In questo senso, ha fatto presente Giuseppe Caroccia - amministratore delegato di Rsm - queste imprese
PREMIO
“oneste e vincenti” vanno anche sostenute, perché «la correttezza e la legalità sono dei valori imprescindibili e requisiti da valorizzare».
IL NUOVO CODICE DEGLI APPALTI
AFFIDA ALL'ANAC L'ISTITUZIONE
DI UN NUOVO RATING BASATO
SULLA REPUTAZIONE DELL'AZIENDA
La legge ha istituito il rating di legalità definendolo un “indicatore sintetico del rispetto di elevati standard di legalità”. Lo ha introdotto nel 2012 e volto alla promozione e all’introduzione di principi di comportamento etico in ambito aziendale, in un prossimo
CITTÀ
futuro non sarà l’unico. In occasione della premiazione, il presidente dell’Anac Giuseppe Busia ha fatto un importante annuncio: il nuovo Codice degli Appalti prevede (e affida proprio all’Anac) l’istituzione di un nuovo “rating d’impresa” che prenda in considerazione anche la reputazione stessa dell’impresa, che tenga cioé conto dei comportamenti avuti in precedenza, della storia dell’azienda e del rispetto prestato alle regole. In tema di contratti pubblici, quindi, non basterà che un’impresa abbia i requisiti di legalità ma sarà necessario che dimostri che in passato, una volta ottenuto un appalto, abbia svolto i lavori nei tempi prefissati e
RAGIONE SOCIALE
Castel San Giorgio (SA)
Brugherio (MB)
Grosseto (GR)
Roma (RM)
Gangi (PA)
Roma (RM)
Termini Imerese (PA)
Sant’Agata Li Battiati (CT)
Pieve di Cento (BO)
Casalecchio di Reno (BO)
Arezzo (AR)
M.M.G. Service Srl
Pagliani Service Srl
Picalarga Srl
Polomarconi.it Spa
Presti Srl
Proge - Software Srl
Ser.Lu. Costruzioni Srl
Sevitalia Sicurezza Srl
Tecno Box Srl
Tedeschi Srl
CITTÀ
Roma (RM)
Guidonia Montecelio (RM)
Roma (RM)
Verona (VR)
Terme Vigliatore (ME)
Roma (RM)
Nuragus (SU)
Roma (RM)
Carini (PA)
Roma (RM)
67 “ECONOMY-RSM AWARD”
LEGALITÀ E PROFITTO
ALESSANDRO MORELLI, SOTTOSEGRETARIO DI STATO ALLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
GIUSEPPE BUSIA, PRESIDENTE ANAC
FRANCESCO PAOLO SISTO, VICEMINISTRO ALLA GIUSTIZIA
In alto, da sinistra: Raffaele Bonardi (Edison Next Government Srl), Fabrizio Cattelan (C.D.A. di Cattelan Srl
Società Beneft), Giuseppe e Francesco Antonio Squillante (Consorzio Progetto Multiservizi - Consorzio Stabile), Elisa Miglianti (Coswell Spa), Massimo Stronati (Csg Facility
Società Cooperativa)
A lato, da sinistra: Alessandro Russo (Cap Holding Spa), Antongiulio Bua (Cns Online), Zoldan Maximo e Zoldan Stefano (Costruzioni Generali Zoldan Srl)
con piena soddisfazione degli utenti. «Con criteri oggettivi – ha spiegato Busia – il nuovo rating diventerà un elemento chiave per le imprese che vogliano costruire ricchezza, che guardino lontano e che investano per i loro obiettivi un impegno nel lungo periodo, senza accontentarsi di un risultato nell’immediato ma che si siano adoperate a
costruire un rapporto di fiducia con le istituzioni pubbliche». In quest’ottica, ha detto dal canto suo il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alessandro Morelli, con delega al Cipess, e quindi
IL SOTTOSEGRETARIO ALESSANDRO MORELLI: «IL PRIVATO PUÒ RENDERE I SERVIZI PUBBLICI PIÙ EFFICIENTI»
al Fsc (Fondo per lo sviluppo e la Coesione), lo Stato mette a disposizione fondi per promuovere gli investimenti in modo tale che il privato «possa rendere i servizi pubblici più efficienti», con soddisfazione sia del mercato che del-
DA 10 MILIONI A 50 MILIONI DI FATTURATO
RAGIONE SOCIALE
Anese Srl
RAGIONE SOCIALE CITTÀ CITTÀ
Concordia Sagittaria (VE)
Autotrasporti Rutilli Adolfo Srl Castellucchio (MN)
B. & B. Service Società Cooperativa Pietrasanta (LU)
C.n. Costruzioni Generali Spa Modugno (BA)
Conceria Antiba Spa
Santa Croce sull’Arno (PI)
Consorzio Progetto Multiservizi Roma (RM)
Copma Soc. Coop Per Azioni Ferrara (FE)
Csp International Fashion Group Spa
D’Adiutorio Costruzioni Spa
Ecologia Oggi Spa
Ecomar Italia Spa
Elettrovit Srl
Fire Spa
Grassi Spa
Ceresara (MN)
Montorio al Vomano (TE)
Lamezia Terme (CZ)
Collesalvetti (LI)
Napoli (NA)
Milano (MI)
Lonate Pozzolo (VA)
Impresa di Costruzioni Albini e Castelli Srl Induno Olona (VA)
Inaz Srl
Ingegneria Costruzioni Colombrita Srl
Italgen Spa
Ivecos Spa
La Lucente Spa
Media One Srl
Mu.bre. Costruzioni Srl
Panichi Srl
Rdr Spa Società Benefit
S.P.D. Srl
Safety21 Spa
Sagad Srl
Samsic Italia Spa
Vigorplant Italia Srl
Wegh Group Spa
Milano (MI)
San Giovanni la Punta (CT)
Villa di Serio (BG)
Colle Umberto (TV)
Modugno (BA)
Roma (RM)
Colceresa (VI)
Ascoli Piceno (AP)
Concorezzo (MB)
Vimodrone (MI)
Roma (RM)
Roma (RM)
Rivoli (TO)
Fombio (LO)
Fornovo di Taro (PR)
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Uno spunto per esercitare buon senso e garantismo
Una “curiosità” – come giustamente il Corriere della Sera l’ha defnita, titolando la notizia – ha aggiunto un po’ di dibattito all’edizione 2024 del nostro award “Legalità & Proftto”. Alla pubblicazione dei nomi delle aziende selezionate, infatti, qualcuno si è accorto che, tra le altre, risultava la Maldarizzi Automotive (nella foto il titolare), azienda fnita poche settimane fa in amministrazione giudiziaria nel quadro dell’inchiesta “Codice interno” della Dda. Ebbene: alla data della cerimonia di consegna del premio, l’impresa fgurava ancora nell’elenco pubblico di quelle titolari di rating (tripla stella, il massimo), con validità fno al 4 agosto prossimo. Scandalo? Disdoro per lo strumento del rating? Riverberabile sull’Award? Non diciamo sciocchezze: niente di tutto questo. All’articolo 48 la nostra Costituzione stabilisce che “Ogni persona accusata di un reato è presunta innocente fno a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente accertata”: tanto per ricordarcelo. C’è, indubbiamente, una questione di opportunità: è opportuno che una sorta di “decorazione” istituzionale pregiata come il rating di legalità non sia meglio protetta da qualche speciale sistema di “alert” che reagisca istantaneamente a qualsiasi evento istituzionale (come anche un decreto di amministrazione giudiziaria) lesivo dei requisiti grazie ai quali il rating viene riconosciuto?
Sì ma anche no. Perché un decreto d’urgenza è come un regime di amministrazione giudiziaria, un sequestro cautelare, un avviso di garanzia: non implica alcun “legale accertamento” della sospettata colpevolezza. Quindi un alert su un sospetto è… sospetto: dargli peso oppure no diventa un pre-giudizio; e poi (e comunque) gli “alert” digitali su temi così delicati potrebbero mai scattare fulmineamente, in un Paese dove l’attesa media per avere un passaporto è di oltre sei mesi? Lecito dubitarne. Poi, diciamolo: quando una volpe ha la coda di paglia, sta alla larga dal fuoco. E se un’azienda si sobbarcasse alla trasparenza imposta dal rating, smaltendo tutta l’onerosissima procedura per documentare la propria legalità, pur essendo consapevole di praticare comportamenti scorretti, oltre che… scorretta sarebbe stupida. Stiamone certi: con i tempi ignobilmente biblici della nostra giustizia, sapremo comunque un bel giorno la verità; auguri intanto a Maldarizzi, che possa dimostrare l’estraneità alle accuse; e immutato apprezzamento per il rating di legalità e le istituzioni che vi presiedono.
P.S.: il giorno prima di fallire, la Lehman Brothers aveva ancora il massimo del rating delle tre grandi agenzie globali. Qualche anno dopo essere stato condannato a 32 anni per un assassinio a colpi di coltello, il camorrista Antonio Spavone fu graziato dal Quirinale per aver rischiato la vita salvando cinque persone dall’alluvione di Firenze. Per dire: la realtà è complessa, le leggi (ed anche i rating) sono utili per decifrarla e darle un ordine. Utili, non perfetti: di perfetto non c’è nulla. C’è però – ribadiamolo - la nostra Costituzione, che alla perfezione si avvicina molto. Proviamo a rispettarla? (s.l.)
In alto, da sinistra: Paolo Pagliarini (Daiichi Sankyo Italia Spa), De Vellis (De Vellis Servizi Globali Srl), Elisa Rustichini (G. Toniolo Impianti e Lavori Edili Soc. Coop.), Sara Briuglio (Hilti Italia), Gianmarco Orchi e Fabio Corti (M.M.G. Service Srl)
A lato, da sinistraGiancarlo Lulli (Ita.ca. Spa), Angelo Volpe (La Lucente Spa), e Andrea Ravelli (Media One Srl)
69 “ECONOMY-RSM AWARD” PREMIO LEGALITÀ E PROFITTO
Francesco Maldarizzi (Maldarizzi Automotive Spa)
la collettività stessa. Vale quindi la pena di rimboccarsi le maniche e di continuare a farlo tenendo la barra dritta. Ed è questo il messaggio lanciato dalla tavola rotonda tenutasi in occasione della cerimonia, moderata da Marina Marinetti, condirettore di Economy, alla quale sono intervenuti Simona Arduini, vicepresidente del consiglio di
amministrazione di Banca Ifis, Giovanni Pelazzi, amministratore delegato di Argenta Soa, Alfredo Robledo, Presidente della Sangalli Spa, Iole Anna Savini, Past president di Trasparency International Italia, Salvatore Turrisi, Presidente di Sielte. In questo contesto lo Stato, ha puntualizzato in chiusura il viceministro alla Giustizia
OLTRE 50 MILIONI DI FATTURATO
Da sinistra: Simona Bonfanti (Newlat Food Spa), Ennio Cesa (Pagliani Service Srl), Marco Picalarga (Picalarga Srl), Roberto Campisi (Safety21 Spa), Vincenzo
Elifani (Sagad Srl).
Sotto: Francesca
Marcucci e Marco
Perugini (Serfn 97 Srl)
RAGIONE SOCIALE RAGIONE SOCIALE CITTÀ
3M Italia Srl
Amplia Infrastructures Spa
Ar.co. Lavori Società Cooperativa Consortile
Butan Gas Spa
C.a.e.c. Società Cooperativa
Cap Holding Spa
Carraro Drive Tech Italia Spa
Carron Cav. Angelo Spa
Centrale del Latte D’Italia Spa
Circet Italia Spa
Consorzio Innova Società Cooperativa
Consorzio Integra Società Cooperativa
Consorzio Nazionale Servizi Società Cooperativa
Cooperativa O.S.A. Operatori Sanitari Associati
Coswell Spa
Daiichi Sankyo Italia Spa
EcoEridania Spa
Edison Next Government Srl
Ente Autonomo Volturno Srl
Pioltello (MI)
Roma (RM)
Ravenna (RA)
Milano (MI)
Comiso (RG)
Milano (MI)
Campodarsego (PD)
Zenone degli Ezzelini (TV)
Torino (TO)
San Giovanni Teatino (CH)
Bologna (BO)
Bologna (BO)
Bologna (BO)
Roma (RM)
Funo di Argelato (BO)
Roma (RM)
San Giuliano Milanese (MI)
Milano (MI)
Napoli (NA)
Gamenet Spa
Geosec Srl
Ghella Spa
Hilti Italia Spa
Impresa Percassi Spa
Irem Spa
Ita.ca. Spa
Iveco Orecchia Spa
Kimberly Clark Srl
Lucart Spa
Lutech Advanced Solutions Spa
Maldarizzi Automotive Spa
Manelli Impresa Spa
Marchiol Spa
Marini Pandolfi Spa
Markas Srl
Newlat Food Spa
Nippon Gases Industrial Srl
Orogel Società Cooperativa Agricola
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Francesco Paolo Sisto, farà la sua parte. Vero che la legalità è un valore, ma è altrettanto vero che spesso c’è chi lo dimentica. «Nessun dorma – ha spiegato Sisto – e nessuno si illuda che violando le regole, potrà contare su un ordinamento volto a perdonare chi approfitta di situazioni per un suo tornaconto personale. L’obiettivo è quello di offrire alle imprese l’idea di uno Stato-amico ma anche la sicurezza che si troverà di fronte ad un muro chi vorrà fare del mercato solo un gran bazar».
Peraltro essere onesti paga, non solo chi lo è ma anche tutti gli altri attori in campo, che della legalità si giovano.
RAGIONE SOCIALE CITTÀ CITTÀ
Roma (RM)
Parma (PR)
Roma (RM)
Sesto San Giovanni (MI)
Bergamo (BG)
Siracusa (SR)
Cave (RM)
Cornaredo (MI)
Torino (TO)
Porcari (LU)
Milano (MI)
Bari (BA)
Monopoli (BA)
Roncade (TV)
Pontedera (PI)
Bolzano (BZ)
Reggio Emilia (RE)
Milano (MI)
Cesena (FC)
Pewex Al.pa. Srl
Philips Spa
Romana Diesel Spa
Schindler Spa
Serenissima Ristorazione Spa
SGS S.C.P.A.
Sicuritalia Ivri Spa
Sielte Spa
Siemens Energy Srl
Società Italiana Acetilene e Derivati S.i.a.d. Spa
Società Metropolitana Acque Torino Spa
Spal Automotive Srl
V.e.r.i.t.a.s. Spa
Videndum Media Solutions Spa
Vimar Spa
Vivenda Spa
Wolters Kluwer Italia Srl
Roma (RM)
Milano (MI)
Roma (RM)
Concorezzo (MB)
Vicenza (VI)
Como (CO)
Como (CO)
Catania (CT)
Milano (MI)
Bergamo (BG)
Torino (TO)
Correggio (RE)
Venezia (VE)
Cassola (VI)
Marostica (VI)
Roma (RM)
Milano (MI)
71 “ECONOMY-RSM AWARD” PREMIO LEGALITÀ E PROFITTO
Da sinistra: Carlo Di Battista (Vimar Spa), due rappresentanti di Vivenda Spa e Marco Staccioli (Istituto di Ortofonologia Srl) insieme a Sergio Luciano
«LA CULTURA DELLA TRASPARENZA DEVE VINCERE»
«Il rating di legalità non è l'ennesimo quadretto da attaccare alla parete, ma un elemento qualificante in grado di fare la differenza». Parola di Salvatore Turrisi, Presidente di Sielte di Sergio Luciano
«DA QUELLO CHE ABBIAMO APPRESO DAL PRESIDENTE DELL’ANAC ALLA CERIMONIA DELL’AWARD LEGALITÀ&PROFITTO, SARÀ PER NOI UNA GRANDE OPPORTUNITÀ IL FATTO CHE ANCHE IL RATING DI LEGALITÀ POSSA ESSERE COMPRESO, ASSORBITO E INCLUSO NEL RATING DI IMPRESA PREVISTO DAL NUOVO CODICE
DEGLI APPALTI. Sarà un passo avanti fondamentale”: parola di Salvatore Turrisi, presidente di Sielte SpA, azienda leader nei settori della Service & System Integration nell’ambito delle reti di telecomunicazioni fisse e mobili, dell’impiantistica tecnologica evoluta e dell’information technology per ambiti civili, industriali e militari, che fornisce servizi sia alle PA, alle aziende private e ai cittadini, come Identity Provider. “Noi imprese che ci siamo dotate del rating non vogliamo che questa certificazione si ridimensioni all’ennesimo quadretto da attaccare alle pareti dei nostri uffici, un semplice abbellimento. Vogliamo che sia riconosciuta per quello che è, un elemento qualificante in grado di fare la differenza, soprattutto nelle gare e negli appalti pubblici, un ambito al quale noi guardiamo con molta attenzione. Il rispetto della legalità oggi crea un allineamento tra privato e pubblico, con un sistema di norme idoneo a combattere la corruzione sia in termini di prevenzione che di repressione, quindi con uguale finalità nei due ambiti”.
È stato difficile far sposare in pieno dall’azienda la cultura della trasparenza e della legalità?
Innanzitutto, la scelta della legalità – e della certificazione – per noi di Sielte è e resta un dato antropologico, un fattore identitario, da DNA. Significa rivendicare il diritto, il dovere e anche il
piacere di essere cristallini pur operando molto con il pubblico e di essere campioni di legalità. Far penetrare in azienda, fino in fondo, la cultura della trasparenza ha comportato un importante piano di investimenti: abbiamo creato, infatti, una struttura idonea e dedicata, focalizzata soprattutto sulla formazione. Perché la formazione è cultura e trasferire a tutte le risorse umane di un’impresa questa cultura della trasparenza e della legalità diventa sempre più importante, anzi fondamentale.
SIELTE HA AVVIATO UN PERCORSO DI DIGITALIZZAZIONE DEI PROCESSI
INTERNI PER FAR SÌ CHE TUTTE LE INFORMAZIONI SIANO CONDIVISE
Il rating – ogni rating! – costituisce il sistema per codificare e cristallizzare quell’atto elettivo, quella decisione, quella scelta che consiste nel dare o negare la fiducia a qualcuno. Funziona, questo sistema?
La fiducia è una scelta ed è chiaro che deve rispet-
tare e garantire le aspettative delle parti. Pertanto, se una linea di condotta legalmente irreprensibile viene certificata con un rating, deve garantire e rispettare sempre dei requisiti, anche molto stringenti e selettivi, che permettano poi di rientrare in una cerchia di imprese eccellenti. Noi portiamo avanti un percorso di digitalizzazione dei processi interni aziendali per far sì che tutto avvenga con la massima trasparenza, anche nel trasferimento delle informazioni da struttura a struttura, da linea di business a linea di business, in maniera tale da essere quanto più capillari possibile. Avere un solido sistema di comunicazione all’interno che porti trasparenza nell’informazione e nella cultura delle persone che lavorano nelle nostre aziende è una grande e avvincente sfida. È fondamentale
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Salvatore Turrisi, Presidente di Sielte Spa
vedere e credere in tutti questi percorsi, dalle prescrizioni della legge 231 a tutto un tema di progetti inclusivi, così come stiamo facendo rispetto ai valori sociali dell’impresa, come l’attenzione al lavoro carcerario. Lavoriamo da tempo, a questo proposito, con la Seconda Casa di Reclusione di Milano, il Carcere di Bollate, dove abbiamo attivato un progetto di formazione dei detenuti della struttura, attraverso attività di help desk di primo e secondo livello e di rigenerazione degli apparati di rete, per garantire loro le competenze tecniche specialistiche utili al fine del reinserimento nel mondo lavorativo.
Però fare tutto questo costa!
Sì, abbiamo dovuto mettere in piedi una struttura che, non lo nascondo, ha un costo. E’ molto impegnativo conseguire i livelli di qualificazione richiesti per arrivare al rating di legalità e in generale per essere in regola con la normativa. Occorre tempo, occorre formazione. Occorre una struttura che faccia le giuste verifiche. Anche applicare la 231 richiede impegno. Quindi dobbiamo bilanciare costi e benefici.
Ma è così complesso ottenere il rating?
Sì, ottenerlo comporta un grande impegno di
rappresentazione della realtà aziendale, oltre che naturalmente un rigore assoluto. Dunque, un costo che ne contiene tre: burocratico, formativo, comportamentale. Benissimo, però: ben vengano questi obblighi e i costi che comporta ottemperarvi. È giusto sostenerli, a patto che però non si riduca il tutto all’ennesimo certificato privo di effetti.
Comunque anche così avete dimostrato di voler fare un rilancio forte su un mercato difficile, le tlc in Italia…
si aggiungano a quelle che già sono con noi e che lavorano per noi. Spero che costruiscano con noi un futuro nel medio-lungo periodo, traguardando questo mondo che è sempre più aperto, più impegnativo e fortemente digitalizzato con una totale trasparenza dell’informazione al mercato e del rapporto col pubblico e col privato. Per noi è quindi fondamentale poter credere che la fiducia, se certificata e veramente qualificata, ci possa fare distinguere sul serio e che non si riduca a qualche punto in più in una gara…
Il Pnrr è un’opportunità importante anche per le telecomunicazioni?
Sì, una grande opportunità, ma occorrono correttivi metodologici per dispiegarne al meglio gli effetti. Bisogna circoscrivere l’applicazione della logica delle gare al massimo ribasso e guardare alla qualificazione delle imprese.
Voi avete anche lanciato un’Academy aziendale...
ANCHE IL MONDO
DELLA COMMITTENZA PRIVATA INIZIA
Sì, ma è il nostro Paese. E poi abbiamo fatto una scelta impegnativa: siamo stati tra i pochi a uscire dai mercati esteri per reinvestire in Italia. Abbiamo approfondito l’analisi delle opportunità e ritenuto di dover sviluppare le competenze di Sielte per i piani messi in atto per il nostro Paese. Abbiamo valutato che in Italia ci sia ancora veramente tanto da fare, e ci sia un capitale umano prezioso su cui puntare, che può fare la differenza. Tutto sta, lo ripeto, nell’investire, e credo che trasferire la cultura della trasparenza, della legalità e del profitto al mercato, sia un valore aggiunto e possa consentirci di fare la differenza per altri cento anni. Noi, l’anno prossimo, celebreremo appunto i 100 anni della nostra azienda e la nostra volontà è quella di costruire le basi affinché altre 5.000 famiglie, per altri cento anni e altri ancora,
L’Academy l’ho voluta fortemente e ho anche dovuto discutere con i dirigenti per convincerli, dimostrando che dobbiamo cambiare tante pratiche tecnologiche datate. E lo stiamo facendo. I corsi devono trasferire competenze nuove e forti. Per esempio, stiamo creando la figura professionale dei palificatori, essenziale nel nuovo mondo della rete a banda larghissima. Stiamo entrando nella manutenzione predittiva. Sono passi avanti importantissimi. La nascita dell’Academy Sielte risponde alla necessità di adattarsi a un mercato del lavoro in continua evoluzione. È essenziale investire nella formazione e nel reclutamento di talenti per garantire il nostro successo nel medio e lungo termine. Sono convinto, infatti, che al centro del fare impresa debbano esserci le persone perché sono loro, con le loro professionalità e competenze, a definire il successo delle aziende. Diventa, quindi, importante la capacità di fare reskilling e upskilling. La rapida evoluzione delle tecnologie richiede una forza lavoro altamente qualificata e adattabile. Investire nelle competenze dei dipendenti è essenziale per affrontare le sfide del settore e garantire una crescita sostenibile.
73 “ECONOMY-RSM AWARD” PREMIO LEGALITÀ E PROFITTO
OGGI A USARE LE STESSE CAUTELE DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
Edifci intelligenti per rendere più semplice la vita
Punto di riferimento per gli impianti tecnologici e la sicurezza degli edifici residenziali, commerciali e industriali, Altintech è una realtà all'avanguardia nel settore, con soluzioni innovative che rispondono a un preciso codice etico
di Vincenzo Petraglia
Trovare le soluzioni ideali a livello di impianti tecnologici e sistemi di sicurezza per gli edifici residenziali, commerciali e industriali. È questa la mission di Altintech, eccellenza italiana del settore che, fondata nel 1992 con sede a Roma, si è ritagliata un ruolo da protagonista nel panorama italiano con un'offerta davvero all'avanguardia. «In Altintech crediamo che ogni cliente abbia esigenze uniche e così offriamo soluzioni tailor-made, progettate e integrate per rispondere alle necessità tecnologiche più complesse, anche quando queste non trovano riscontro completo sul mercato», spiega il presidente Riccardo Festa. «Per questo il nostro approccio al business è dinamico e proattivo: nel panorama tecnologico in continua evoluzione, la formazione non è più un evento sporadico, ma un processo continuo, e nella nostra azienda abbiamo abbracciato appieno questa visione, alternando costantemente il lavoro con l'apprendimento. I nostri professionisti sono in
costante aggiornamento, pronti ad affrontare ogni nuova sfida e ad adottare le tecnologie più innovative per soddisfare le esigenze dei nostri clienti. Così davanti a un nuovo problema o a una nuova tecnologia, non ci tiriamo indietro. La curiosità e la voglia di mettersi alla prova sono valori fondamentali per noi e affrontiamo ogni sfida con entusiasmo e dedizione, trovando soluzioni creative e innovative per superare ogni ostacolo», sottolinea il presidente. L'azienda romana, oltre che per la sua eccellenza tecnica, si distingue anche per i suoi solidi valori, che vedono come fulcro la customer centricity, proprio per offrire una risposta completa e a 360° alle esigenze dei propri clienti. Un impegno per la qualità e l'affidabilità che è te-
stimoniato dalle numerose certificazioni aziendali ottenute, tra cui Soa, Iso e le certificazioni di sicurezza, che garantiscono ai clienti il rispetto degli standard più rigorosi in termini di progettazione e realizzazione di infrastrutture tecnologiche e manutenzione degli impianti. «Fondamentale per noi», spiega il presidente Riccardo Festa, « è creare anche un ecosistema sano e virtuoso all'insegna della legalità, base per il successo a lungo termine e per la costruzione di relazioni di fiducia con i nostri clienti, dipendenti e partner. Per questo motivo, poniamo la massima attenzione alla trasparenza e alla compliance con tutte le normative vigenti, adottiamo un sistema di governance solido ed efficace, basato su rigorosi codici di condotta etici e su un robusto sistema di controlli interni, e puntiamo molto sulla formazione continua dei nostri dipendenti, organizzando regolarmente corsi di formazione e sensibilizzazione su tematiche come l'anticorruzione, la tutela della privacy e la sicurezza informatica. Abbiamo inoltre implementato un canale di whistleblowing dedicato, che consente ai nostri dipendenti di segnalare in modo anonimo eventuali condotte illecite o irregolari, garantendo la massima riservatezza e tutela di chi effettua le segnalazioni».
Tutti elementi che concorrono a creare un clima favorevole alla relazioni e alla crescita sana dell'azienda, che mira a diventare un punto di riferimento per le aziende che cercano di implementare soluzioni IoT per la manutenzione predittiva dei propri impianti, con conseguente ottimizzazione dei costi e maggiore efficienza operativa, per promuovere così anche una maggiore sostenibilità economica e ambientale, «per un futuro nel quale», conclude Riccardo Festa, «la tecnologia possa contribuire a creare un mondo più giusto e a migliorare la vita delle persone, che è uno dei motori che muovono tutti i nostri sforzi in ricerca e innovazione».
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A DESTRA E IN BASSO, RICCARDO FESTA, PRESIDENTE DI ALTINTECH
Pulizia degli spazi (e dei conti) per vincere
Servizi a 360 gradi nel campo del cleaning professionale per enti pubblici e privati, ma non solo. La società romana Tedeschi è diventata in pochi anni, grazie a varie acquisizioni, una florida realtà entrata nell'Elite di Borsa Italiana
di Vincenzo Petraglia
artire da zero e creare una realtà florida e in forte crescita grazie a tutta una serie di acquisizioni di aziende in situazioni di difficoltà e poi risanate, oltre a una forte capacità di offrire soluzioni a 360 gradi nel campo dei servizi del cleaning professionale per enti pubblici e privati. È la storia della Tedeschi Srl, società romana che opera in un territorio, quello degli appalti pubblici, spesso pieno di insidie e dinamiche talvolta non proprio ortodosse.
P«Il nostro punto di forza da quando siamo nati nel 2009», spiega Alessandro Tedeschi, founder della società, nata dalla fusione per incorporazione di due aziende storiche del settore, la T.M.I. – Tecnologie Manutentive dell’Igiene, fondata a Roma nel 1977, e la Gebit, società di pulizie professionali, «è sempre stato quello di puntare sulla trasparenza e sull'applicazione di una strategia di prezzi aggressivi grazie alla nostra capacità di marginare bene ottimizzando i costi, e ponendo sempre forte attenzione a legalità e regolarità dei bilanci e relazioni sane con fornitori e subappaltatori, in un settore spesso caratterizzato da difficoltà soprattutto di tipo finanziario. Un altro elemento che ha caratterizzato la nostra crescita è stato il ricorso ottenuto dalla Corte Europea in merito al limite dei contratti in subappalto, chiamata per l'appunto "Sentenza Tedeschi", che ha cambiato successivamente il codice degli appalti, facendo giurisprudenza». Una strategia che ha pagano finora, visto che la Tedeschi conta oggi oltre 600 dipendenti e produce un fatturato annuo di 30
milioni di euro e che, con il patrocinio di Intesa San Paolo, dal 2022 è entrata a far parte anche della comunità di Elite di Borsa Italiana. Moltissimi i servizi offerti: dal cleaning, anche di grandi infrastrutture come le stazioni e gli impianti della rete ferroviaria italiana o di impianti che ospiti manifestazioni sportive e grandi eventi, alle sanificazioni e disinfestazioni ambientali tramite strumenti tecnologici all'avanguardia e sostenibili, come per esempio la saturazione nebbiogena, che consiste nel diffondere in ambiente e nei sistemi di trattamento aria, una “nebbia secca” mediante atomizzatore professionale di una miscela a base di acqua e agente biocida. E ancora, servizi di pest control, come per esempio le derattizzazioni, manutenzione di aree verdi, pubbliche e private, servizi di portierato e facchinaggio e movimentazione merci, anche tramite l’utilizzo di moderne macchine semoventi o a controllo automatizzato, oltre a sorveglianza e fornitura di
servizi antincendio con vigilanza e sicurezza attive con operatori specializzati dotati di idoneità tecnica antincendio. Ci sono poi anche i lavori in quota, quindi interventi in corda per la pulizia di siti e zone di difficile accesso che richiedono operazioni particolarmente impegnative, con operai specializzati, tramite funi e sistemi di protezione leggeri e versatili, che consentono di non impiegare ponteggi, carrelli elevatori e piattaforme aeree. E servizi a 360 gradi di facility management, attraverso la progettazione, pianificazione ed erogazione di servizi di supporto all’attività principale dei propri clienti, per accrescerne l’efficacia organizzativa e la capacità di adattarsi con maggiore facilità e rapidità ai cambiamenti del mercato, contenendo così anche gli sprechi e le spese.
«Il nostro modello di business», sottolinea Alessandro Tedeschi, «si basa sul total quality management, frutto di un know-how specifico costruito negli anni nel settore delle pulizie civili ed industriali e del facility management, che ci permette di erogare servizi efficaci, efficienti e sostenibili, nel pieno rispetto dei nostri dipendenti, dei clienti con cui lavoriamo e dell'ambiente, come testimoniano le numerose certificazioni che abbiamo ottenuto nel tempo. Un approccio che ci permette di espanderci, anche grazie al dialogo che stiamo portando avanti con alcuni fondi, per fare ulteriori acquisizioni». L'obiettivo, infatti, è di crescere ancora, avendo come leitmotiv un unico, chiaro comune denominatore: ristrutturare, risanare, crescere.
Qui di fanco e in alto: Alessandro Tedeschi, founder della Tedeschi Srl; in alto a destra: un'istantanea della Ryder Cup, uno degli eventi sportivi a cui la Tedeschi ha fornito i suoi servizi
75 “ECONOMY-RSM AWARD” PREMIO LEGALITÀ E PROFITTO
STRADE (E NON SOLO) SICURE E SOSTENIBILI
Soluzioni e materiali a basso impatto ambientale fanno della siciliana Isap una realtà molto interessante in diversi ambiti d'azione che vanno dalla viabilità all'edilizia, dalle infrastrutture ai rifiuti, fino al movimento terra di Vittorio Petrone
Quello dei lavori pubblici è un capitolo ancora molto problematico per il nostro Paese, a causa anche di una legislazione sugli appalti pubblici quantomeno migliorabile, per usare un eufemismo, dove troppo spesso si utilizzano materiali scadenti e le dinamiche che si vengono a creare non sono delle migliori. Isap, fondata nel 1987 a Termini Imerese, in Sicilia, ha fatto sin dall'inizio della sostenibilità a 360 gradi – ambientale certo, ma anche sociale e di governance – il suo marchio di fabbrica.
La società, che opera nel campo dell’edilizia, delle infrastrutture, degli impianti sportivi, della viabilità e del movimento terra, delle demolizioni e dello smaltimento e gestione dei rifiuti, nasce con la specializzazione nell’ambito delle pavimentazioni stradali, ma nel tempo effettua importanti scelte strategiche che le consentono di diventare più competitiva, guadagnare nuovi spazi di mercato e incrementare il fatturato, ampliando il proprio business alla produzione di conglomerati bituminosi e cementizi Fra questi ultimi rientrano le pavimentazioni a basso impatto ambientale realizzate con bitumi albini che consentono di mantenere indisturbato il colore naturale degli inerti.
In particolare, le pavimentazioni colorate si dividono in due tipologie: la prima è una miscela che prevede l’uso di ossidi in sede di impasto che consentono di ottenere diverse colorazioni a seconda del contesto in cui si realizzano; la seconda è una miscela di tipo tradizionale, ma con un indice di vuoti atto ad essere successivamente trattato con delle resine colorate in modo da presentare una superficie omogenea e della colorazione che meglio si inserisce nel contesto in cui viene realizzata. Soluzioni che le hanno finora permesso di realizzare lavori in siti di particolare
importanza paesaggistica, anche in collaborazione e sotto la guida della Soprintendenza ai Beni Culturali. Fra questi, il Villaggio Hapimag, ex villaggio Pierre&Vacance, sito nel territorio di Cefalù, in contrada Mazzaforno; Piazza Cristoforo Colombo, sempre a Cefalù; Via Ruggero Settimo, allora isola pedonale della città di Palermo; la strada di collegamento all’interno del Parco delle Madonie.
Oltre a svariate altre opere, come la realizzazione dei sottofondi in conglomerato bituminoso dei campi da tennis presso Atletic Center di Cefalù o i lavori di movimento terra finalizzati alla costruzione del campo da golf a 12 buche sito nel comune di Collesano, nel Palermitano. Il tutto secondo un modello di business che pone al centro la sostenibilità, l'innovazione e le persone, chiave vincente di una realtà in costante crescita fin dalla sua fondazione. Nel 2004 al core business aziendale si aggiunge il recupero ed il riciclo dei rifiuti provenienti da fresatura stradale e, nel 2005, a seguito di uno studio eseguito in collaborazione con l’Università degli studi di Palermo, dipartimento infrastrutturale di ingegneria, si è messo a punto un progetto innovativo per il recupero del fresato stradale, proveniente dalla dismissione della pavimentazione stradale, e la sua immissione nel ciclo di produzione del conglomerato bituminoso in percentuali elevate. Contemporaneamente l’azienda ha implementato l’attività produttiva in proprio assumendo nuovo personale, acquisendo ulteriori attrezzature
e realizzando con maestranze specializzate i lavori. Da ultimo è stato implementato il settore dedicato al trattamento di rifiuti. Nel 2014 ha ottenuto l’approvazione di un progetto per il recupero ed il riciclo di vari rifiuti speciali non pericolosi provenienti da scavi, da opere di demolizione e ricostruzione che vengono trasformati in materie prime secondarie da utilizzare per la propria attività o commercializzare. «Nel corso del tempo al prezioso know-how che abbiamo maturato in quasi quarant'anni di attività», sottolinea Pietro Matteo Iacuzzo, vicepresidente di Isap, «si è unita la ricerca continua dell’innovazione e dello studio del mercato, che hanno reso il nostro gruppo un punto di riferimento e un simbolo di qualità, eccellenza e professionalità nel settore delle costruzioni edili, civili, stradali, aeroportuali, ferroviarie e degli impianti sportivi. Tutto questo grazie a una politica aziendale e al mantenimento di un clima organizzativo approntato ad una forte coesione e diffusa collaborazione tra i soci, l’amministratore e tutto il personale, che ha permesso una piena condivisione dei valori aziendali, il raggiungimento di tutti gli obiettivi prefissati e la continua crescita aziendale e dei nostri partner».
76 2024 Rsm
DA SINISTRA, PIETRO MATTEO E SALVATORE IACUZZO E FABIO LUCERNA
QUALITÀ E SERVIZIO AL GIUSTO PREZZO
Una politica dei prezzi "democratica", in controtendenza rispetto agli aumenti registrati nella Gdo, e un livello di servizio molto alto, fanno di Pewex, del Gruppo Codrafin, l'insegna locale più apprezzata dai consumatori di Vincenzo Petraglia
In un contesto generale in cui i prezzi al consumo sono in costante aumento sugli scaffali della Gdo, il Gruppo Codrafin – di cui fanno parte i supermercati Pewex, diffusi con 29 punti vendita nella provincia di Roma – va in controtendenza, essendo riuscito a garantire ai propri clienti qualità al giusto prezzo. Non è un caso che l’insegna Pewex si sia classificata di recente al primo posto per il livello di soddisfazione degli italiani nei supermercati locali nell'indagine di Altroconsumo. «Il cliente al centro. Questa è la filosofia che, da sempre, ispira la nostra attività, con l’obiettivo di migliorare l’esperienza di acquisto dei nostri clienti e ottenere la loro piena soddisfazione in termini di qualità e prezzo e servizi di assistenza nei punti vendita», spiega il fondatore dell'azienda Paolo Cetorelli. «Grazie ai volumi di fatturato realizzati e un’attenta selezione dei fornitori», continua, «siamo riusciti a spuntare ottimi prezzi di acquisto. Una volta raggiunte le marginalità necessarie a coprire i costi di esercizio e garantire un minimo di mark-up aziendale, riserviamo la massima attenzione al cliente, nostro principale patrimonio, di cui apprezziamo la riconoscenza che riceviamo
quotidianamente». Un approccio vincente, a giudicare dai numeri: un fatturato nel 2022 di 507,7 milioni di euro (+14,4% rispetto all'anno precedente), 1.793 dipendenti con contratto a tempo indeterminato e determinato, di cui il 43% costituito da donne e il 21,3% da donne sotto i 30 anni (le società del Gruppo hanno ottenuto anche la certificazione sulla "Parità di Genere" rilasciata dalla nota società Bureau Veritas Italia, grazie a una serie di strumenti a favore delle lavoratrici e a supporto alla genitorialità). «Vogliamo offrire una spesa facile e piacevole, prodotti di eccellenza, insieme a servizi di qualità, prezzi convenienti e personale sempre sorridente e disponibile», spiega Cetorelli. «Alla nostra clientela offriamo ampia scelta di prodotti, con un occhio anche per chi è meno fortunato. Al riguardo, nel nostro mercato di riferimento, siamo stati i primi a proporre lo sconto, ogni martedì, per i pensionati, a cui si è poi aggiunto quello per i disoccupati il giovedì e l’iniziativa dei pullman per portare persone al supermercato, oltre a molte altre attività di solidarietà». Attenzione alla clientela dunque, ma anche alle proprie persone. Non a caso nel 2021 è stato avviato un percorso destinato a
sviluppare e valorizzare internamente le competenze dei lavoratori tramite una "Academy Pewex", per coinvolgere i giovani e creare percorsi di formazione gratuiti altamente specializzati per fornire competenze tecnico-pratiche per diventare specialisti nel settore food dei punti vendita e avviare una propria professionalità, con conseguenti benefici aanche a livello sociale. Molto forte è l'impegno anche per condizioni di lavoro sicure e sostenibili e per il rispetto dell’integrità fisica, morale e culturale delle persone. Un importante pillar aziendale riguarda la trasparenza delle relazioni con tutti gli stakeholder, attraverso l’adozione del Modello 231 che salvaguarda i principi di una corretta corporate governance e la lotta alla corruzione. Dal 2021, con l’introduzione del Codice Etico, è stato rafforzato l’impegno proprio in questo ambito tramite una politica di tolleranza zero verso qualsiasi comportamento connesso alla corruzione, sia attiva che passiva. Attraverso la formazione e informazione continua dei dipendenti sui contenuti e sui principi del Codice Etico, ci si pone l’obiettivo di rendere le proprie risorse consapevoli dei potenziali rischi legati alle loro mansioni, così da ffrontare qualsiasi situazione in piena trasparenza, correttezza e lealtà. Nel 2022 tutte le società del Gruppo hanno ottenuto il Rating di Legalità dall'Autorita Garante della Concorrenza e del Mercato – Agcm. Last but not the least, la sostenibilità ambientale. «Puntiamo», chiosa Cetorelli, «a una progressiva riduzione delle emissioni, aumentando la presenza di colonnine di ricarica, investendo in impianti fotovoltaici e strutture ad alta efficienza energetica e migliorando i processi di smaltimento dei rifiuti, recupero delle eccedenze alimentari e riduzione degli sprechi». Elementi che ormai nessuna impresa veramente virtuosa può più permettersi di ignorare.
77 “ECONOMY-RSM AWARD” PREMIO LEGALITÀ E PROFITTO
Cetorelli durante la premiazione dell'EconomyRsm Award "Legalità e Proftto" in Senato
UNO DEI 29 PUNTI VENDITA PEWEX DEL GRUPPO CODRAFIN
La sicurezza e la stabilità delle costruzioni prima di tutto
Soluzioni mininvasive, rapide ed ecocompatibili per risolvere i cedimenti di terreni e fondazioni, sempre più spesso dovuti ai cambiamenti climatici. È l'innovativa proposta del Gruppo Geosec di Vincenzo Petraglia
Risolvere problemi importanti per la stabilità e la sicurezza delle costruzioni, ma con soluzioni mininvasive, siano essi il consolidamento dei terreni o delle fondazioni. È la ragion d'essere di Geosec, gruppo italiano da quasi 50 milioni di euro di fatturato, presente in diversi Paesi europei con svariate sedi operative, circa 200 dipendenti (molti dei quali ingegneri, geologi, architetti), più di 40mila interventi eseguiti dalla sua fondazione, nel 2003. «Ci proponiamo come soluzione innovativa, mininvasiva ad alto contenuto tecnologico per risolvere i cedimenti dei terreni e delle fondazioni principalmente causati dai cambiamenti climatici in atto», spiega Marco Occhi, founder e Ceo della società. «Le nostre tecnologie consentono di intervenire in modo rapido ed efficace evitando i disagi dei cantieri tradizionali. Il supporto di strumentazioni di scannerizzazione dei terreni anche sotto le costruzioni ci consente di identificare dapprima le cause dei problemi, progettare e poi controllare in corso d’opera gli effetti degli interventi mirati di consolidamento dei terreni».
Compito che Geosec svolge tramite una continua innovazione e brevetti di nuove metodologie per iniezioni mirate di resine espandenti, ma anche con l'installazione di micropali attivi, che le hanno consentito di rivoluzionare in breve tempo l’offerta del settore migliorando la qualità e soprattutto l’efficacia delle iniezioni consolidanti nei terreni cedevoli, compresi quelli argillosi espansivi. A ciò si aggiunge anche una se-
rie di sistemi diagnostici che affiancano la fase di iniezione e che proprio attraverso la scannerizzazione del terreno permettono di osservare cosa succede prima, durante e dopo l'intervento. Un lavoro importante quello svolto da Geosec per preservare stabilità e sicurezza di case, scuole, industrie, strade, ferrovie, aeroporti, edifici di pregio storico, in un territorio molto fragile come quello italiano, reso ancora più instabile dagli effetti dei cambiamenti climatici: l'innalzamento delle temperature
GRAZIE A UNA SERIE DI TECNOLOGIE
BREVETTATE GEOSEC GARANTISCE
LA STABILITÀ E LA SICUREZZA DI SCUOLE, CASE, INDUSTRIE, STRADE E AEROPORTI
comporta, infatti, un disturbo dei terreni superficiali, quelli sui quali, nella grande maggioranza dei casi, vengono appoggiate le costruzioni; se il terreno perde acqua, si asciuga, si possono verificare cedimenti nelle costruzioni, quindi per esempio crepe nei muri, fessure e avvallamenti sui pavimenti, porte e finestre che non si chiudono, e così via. La società, che si è guadagnata una posizione di leadership europea nel settore, sta crescendo molto e ora punta oltreconfine. «Stiamo avviando un percorso di ingresso anche nei mercati extraeuropei», spiega Marco Occhi, «mentre dal punto di visto tecnologico stiamo già introducendo ulteriori soluzioni brevettate di proprietà, sia per contrastare i cedimenti dei suoli per causa dei cambiamenti climatici, ma anche per la sicurezza del terreni a rischio sismico con particolar riguardo a quelli liquefacibili. Oggi realizziamo ciò che abbiamo studiato ieri e studiamo oggi ciò che faremo domani. Il tutto sempre attraverso la condivisione quotidiana di un codice etico e deontologico che riceviamo in primis dal nostro essere ingegneri iscritti a un ordine professionale, che orienta costantemente la nostra azione, perché un ecosistema sano che valorizza comportamenti virtuosi nelle relazioni interne ed esterne al proprio business, genera valore e crediamo migliori di riflesso anche le performance di business».
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LAVORO DI GEOSEC SI BASA SU UN'ACCURATA FASE DIAGNOSTICA
IL
MARCO OCCHI, FOUNDER E CEO DI GEOSEC
ESSERI UMANI, NON "SEMPLICI" PAZIENTI
Era il 1985 quando in un garage della periferia romana un gruppo di giovani medici, infermieri, psicologi e assistenti sociali decise di fondare Osa, oggi uno dei top player italiani dell'assistenza domiciliare integrata di Vittorio Petrone
Da circa quarant'anni la storia di Osa – Operatori Sanitaria Associati si intreccia indissolubilmente con quella dell’assistenza domiciliare integrata in Italia. Era il 1985, infatti, quando un gruppo di giovani medici, infermieri, psicologi e assistenti sociali, appena laureati, decise di fondare in un garage di Tor Vergata, periferia est di Roma, quello che sarebbe diventato uno dei principali player nazionali dell’assistenza primaria. Gli inizi furono nelle case delle persone con Aids, nelle borgate capitoline. Un primo passo verso un viaggio che, ancora adesso, porta l’assistenza di Osa nelle case di tutto il Paese grazie ad oltre 3mila professionisti della salute dedicati a quasi 50mila pazienti e a una struttura organizzativa diffusa in Lombardia, Abruzzo, Lazio, Campania, Puglia, Sicilia e Sardegna. Se l’assistenza domiciliare integrata è la pietra angolare su cui Osa ha posato le sue fondamenta, nel corso degli anni, la cooperativa è stata capace di diversificare la sua offerta socio-sanitaria, sviluppando gli altri servizi assistenziali che quotidianamente assicura su tutto il territorio nazionale e che comprendono la riabilitazione, l’assistenza sociale, la gestione completa di residenze per anziani e persone con disabilità e i servizi sanitari per le aziende. Una crescita costante in termini di pazienti, soci lavoratori, attività e fatturato
sempre accompagnata dalla natura cooperativa, sussidiaria e mutualistica e coadiuvata da un metodo unico e riconoscibile nel fare assistenza. Un approccio scientifico e umano allo stesso tempo che idealmente unisce i primi pazienti e i primi professionisti di Osa con quelli che ancora oggi lavorano nella cooperativa o sono assistiti dai suoi operatori. Una rigorosa preparazione e aggiornamenti costanti per i suoi medici, infermieri, fisioterapisti, operatori socio-sanitari, logopedisti, assistenti sociali e terapisti della riabilitazione costituiscono il primo, fondamentale, tassello del metodo Osa. Chi lavora nella cooperativa, dall’assistenza al coordinamento, deve esse-
re in grado di rispondere in maniera efficace ai bisogni di salute di pazienti e familiari. Ogni operatore di Osa viene formato affinché conosca a fondo le tecniche e le competenze necessarie per assistere le persone fragili Per questo, la cooperativa si attesta tra le realtà più qualificate nella cura dei pazienti ad alta intensità assistenziale, affetti da patologie gravissime o bisognosi di terapie altamente specializzate. Al fianco delle équipe socio-sanitarie di Osa, c’è poi una realtà organizzata e radicata nelle comunità locali e nei rapporti con le istituzioni. In primis con una rete di Centrali Operative e di sedi di coordinamento che organizzano al meglio il lavoro degli operatori e forniscono un indispensabile punto di riferimento per utenti, familiari e caregiver Ma il metodo Osa si avvale anche di un’indispensabile dose di umanità, empatia, rispetto, ascolto e fa sì che la missione iniziata nel 1985 si rinnovi ogni giorno.
«Siamo una cooperativa di persone per le persone: oltre tremila professionisti che nell’ultimo anno si sono presi cura di 50mila persone in tutta Italia, più del 94% a domicilio», spiega il presidente Giuseppe Milanese. «Questa è la vera ricchezza di Osa che non ha mai abbandonato la sua natura cooperativa e si è sempre impegnata a capire i bisogni dei pazienti, stando accanto a loro e alle proprie famiglie».
79 “ECONOMY-RSM AWARD” PREMIO LEGALITÀ E PROFITTO
L'AD MASSIMO PROVERBIO E (SOTTO) IL PRESIDENTE GIUSEPPE MILANESE
SCACCO AL VIRUS (E AI DISINFETTANTI CHIMICI)
Copma è un'interessante realtà operante nella sanificazione e pulizia ambientale, sanitaria, civile e industriale che ha messo a punto un innovativo sistema basato sulla naturale competizione biologica per "spegnere" le infezioni di Vincenzo Petraglia
La pandemia ci ha aperto un mondo, in passato, almeno ai più, del tutto (o quasi) sconosciuto: quello dei virus e delle basilari regole igieniche per contrastarli. Una realtà tutta italiana che opera nel settore da più di 50 anni (fondata nel 1971) è Copma, costantemente impegnata, anche tramite la collaborazione con università e centri di ricerca, nella sanificazione e nella pulizia ambientale, sanitaria, civile e industriale per dare risposte concrete al mondo della salute e prevenire i rischi d’infezione. Una mission molto importante, se si considera che in Europa 3,2 milioni di pazienti negli ospedali si ammalano ogni anno di infezioni correlate all'assistenza e che di essi ben 37mila muoiono. Proprio in questo ambito Copma, sotto il cui cappello ricadono diversi brand verticali che rispondono ai bisogni delle singole tipologie di stakeholder, ha messo a punto una tecnologia molto innovativa, un sistema di igiene stabile, il PCHS, basato sulla naturale competizione biologica attivata con specifiche tecniche, per contrastare in modo concreto la proliferazione delle infezioni nosocomiali. L’obiettivo è duplice: produrre igiene e ridurre le infezioni, per rendere gli ospedali un luogo dove guarire e non più ammalarsi. I risultati pubblicati negli anni su autorevoli riviste scientifiche internazionali, documentano che il suo utilizzo riduce del 52% le infezioni ospedaliere e i relativi costi correlati. Questa tecnica di biostabilizzazione, che ben si adatta anche ad altri ambiti come
per esempio quello dei mezzi pubblici, sempre molto affollati, supera il tradizionale concetto di igiene temporanea a base di disinfettanti. Una bella innovazione, frutto di un preciso modello di business guidato da ricerca, innovazione e cura delle persone. «Siamo una cooperativa, e al di là della ragione sociale, siamo una vera famiglia di 1.500 persone, dove ogni lavoratrice e lavoratore può sentirsi parte integrante del proprio lavoro, potendone diventare socio e di conseguenza potendo determinare direttamente lo sviluppo futuro dell’azienda», spiega la presidente Silvia Grandi. «Ciò determina grande solidità patrimoniale e finanziaria, che permette forti investimenti in innovazione e garanzia di risultato per
i clienti». Un approccio che rientra nella forte attenzione dell'azienda ferrarese, messa nero su bianco nel proprio bilancio di sostenibilità, ai temi Esg. «Non solo abbiamo ridotto l'impatto ambientale della nostra sede e del nostro personale, lavorando sulla riduzione dei consumi, sull'utilizzo di materiali riciclabili ed ecosostenibili, e investendo sulle energie rinnovabili, ma abbiamo investito milioni di euro in ricerca per arrivare al nostro sistema di sanificazione PCHS, che porta una notevole riduzione dei consumi». Attenzione all'ambiente, anche tramite l'acquisto di crediti di sostenibilità che permette di compensare le emissioni di anidride carbonica, ma anche parità di genere. «Il 75% del personale è donna, siamo un’azienda a trazione femminile, e questa dimensione sarà attestata a breve dall’ottenimento della certificazione della parità di genere, grazie a buone prassi di welfare inclusivo. Lavoriamo costantemente per creare un ambiente lavorativo sereno, in cui le persone siano veramente al centro, in sintonia con una continua crescita aziendale».
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QUI SOTTO, SILVIA GRANDI, PRESIDENTE DI COPMA
LA MULTINAZIONALE «TASCABILE» DELL'ENERGIA
Il gruppo siciliano Irem opera nel settore energetico sia tradizionale che green e tramite un preciso modello di business è diventato partner di grandi player internazionali per progetti ad alto contenuto tecnologico di Vincenzo Petraglia
Gestire e affrontare la complessità del progetto come main contractor consegnando lavori chiavi in mano è il punto di forza del Gruppo Irem, società siciliana operante nel settore energetico tradizionale ed in quello green. Questo perché è in grado di eseguire le diverse fasi di costruzione di un impianto con una serie di società controllate. Fondata nel 1979 all’ombra del polo industriale di Siracusa, la Irem si è sviluppata rapidamente grazie a importanti investimenti in ambito commerciale ed è oggi attiva, oltre che nel mercato interno, anche in quello internazionale, dove realizza ormai quasi il 90% del turnover. Presente con sue branch o subsidiary in Ungheria, Olanda, Svezia, Oman, Egitto, Suriname, Francia, Grecia e Kazakistan, è definita da molti addetti ai lavori una multinazionale tascabile, abituata a lavorare a ogni latitudine incrociando le competenze dei suoi tecnici con quella di tecnici stranieri in una sorta di globalizzazione tecnologica produttiva in cui è davvero all’avanguardia. «Il know-how acquisito in tanti anni di positiva gestione, gli elevati standard qualitativi e tecnologici, oltre alla capacità mobilitare velocemente il personale - da 600 a 2mila persone per commessa - necessario per l'esecuzione dei lavori rispettando le consuetudini e le esigenze dei lavoratori da un lato e dall'altro rispettando il programma del progetto concordato con la committenza, fanno tutta la differenza del mondo», spiega Giovanni Musso, managing director dell'azienda.
i più apprezzati nomi del settore a livello internazionale con un riposizionamento sul mercato non più come semplice subappaltatore, ma ora come partner di grossi player internazionali per la realizzazione di grandi progetti ad alto contenuto tecnologico in giro per il mondo. Non è un caso che negli anni 2007-2020 abbia registrato un forte incremento del turnover, passando da 56 a 205 milioni di euro, con un aggregato di gruppo di 330 milioni di euro. Attualmente ha una forza lavoro di 5mila dipendenti e possiede attrezzature e una importante yard di 150mila metri quadri che serve per la realizzazione delle attività di prefabbricazione di manufatti che vengono trasportati via mare nei siti industriali del Nord Europa. Proprio il Nord svolge un ruolo chiave nell'economia del gruppo. «Stiamo iniziando i lavori relativi alla costruzione di una acciaieria in Svezia per la produzione di acciaio verde utilizzando idrogeno prodotto da fonti alternative», spiega Musso. «Questo progetto, in linea con le raccomandazioni dell'Ue, ha come obiettivo la decarbonizzazione in un settore definito hard to abate». La commessa in Svezia, a Boden, per la costruzione dell'acciaieria verde è con il cliente H2 Green Steel, che sta guidando una delle più grandi iniziative di impatto climatico a livello globale. L'azienda ha l'obiettivo di decarbonizzare le industrie hard to abate, iniziando con la produzione di acciaio con emissioni di CO2 inferiori fino al 95% rispetto all'acciaio realizzato con altiforni alimentati a coke
Grazie a tutto ciò e alla puntualità nella consegna dei lavori, la società è riuscita a collocarsi fra
Ci sono poi altri grandi lavori in corso d'opera: in Germania, sempre per la costruzione di una acciaieria alimentata ad idrogeno ver-
Giovanni Musso, Dg del Gruppo Irem
de; in Sicilia, dopo le relative autorizzazioni degli enti competenti, inizierà la costruzione di un impianto per la produzione di idrogeno rinnovabile a Priolo Gargallo, in provincia di Siracusa, frutto della ristrutturazione di un'area industriale dismessa. Il cuore dell’impianto è l’Elettrolizzatore, un'apparecchiatura che riceve input da energia elettrica e acqua e restituisce come output idrogeno e ossigeno. Il progetto, che si chiama H2-SR, prevede di produrre circa 170 ton/anno di idrogeno rinnovabile tramite l’energia elettrica generata da un impianto fotovoltaico dedicato di circa 5 MW di potenza; l’idrogeno rinnovabile prodotto potrà essere utilizzato per i mezzi di trasporto pubblico. Un modello di business, quello di Irem, che si fonda sull'innovazione continua, e sulle persone. «Stiamo dando vita a una Academy per formare giovani disoccupati che saranno poi assunti nei dipartimenti di project management, qualità e sicurezza. Oggi esiste un mismatch tra domanda e offerta che può non assicurare la continuità aziendale, è quindi importante puntare sulla formazione del personale e sulle competenze», spiega Musso. «Le risorse umane sono, d'altronde, un asset che concorre in maniera determinante al raggiungimento degli obiettivi e alla crescita aziendale».
81 “ECONOMY-RSM AWARD” PREMIO LEGALITÀ E PROFITTO
IREM È UNA DELLE AZIENDE PREMIATE IN SENATO DA ECONOMY-RSM
La rivincita dell'etica «conveniente»
Soluzioni tecnologiche all'avanguardia, ma anche un saldo e condiviso codice etico, hanno portato Proge-Software a varcare i confini nazionali in progetti ad alto valore aggiunto nel mondo dell'information technology
di Vittorio Petrone
"Costruiamo il futuro, oggi!”. Questo il motto aziendale, che fissa in modo chiaro l’obiettivo perseguito con determinazione dal vertice di Proge-Software e condiviso da tutto il personale. «Costruire il futuro significa accettare la sfida del cambiamento, investendo costantemente in ricerca e sviluppo, alimentando così la spinta virtuosa al rinnovamento continuo della cultura aziendale e alla contestuale ristrutturazione tecnico-organizzativa», spiega l'amministratore delegato Marco Meneo. «Grazie a questa determinata e coraggiosa scelta Proge-Software si è trasformata, nel giro di pochi anni, da società fornitrice di servizi body-rental a provider di soluzioni ad alto valore aggiunto, capaci di alimentare un mercato di larga scala sfruttando le potenzialità offerte dalle tecnologie più evolute».
«Abbiamo realizzato un sistema per il car rental che viene già fornito a livello europeo con la formula “Saas - Software as a Service”, per il quale è in corso il lancio commerciale transcontinentale», spiega Meneo. «La nostra soluzione “3P – Proge Power Platform” viaggia a gonfie vele nello sviluppo di forniture worldwide, avvalendosi anche di una solida partnership con uno dei principali gruppi multinazionali del pianeta. La nostra società svizzera “ProgeSwiss” ha ormai acquisito il giusto ritmo nell’assecondare e stimolare la nostra propensione all’internazionalizzazione. Le nostre sedi di Milano e Benevento danno la necessaria copertura tecnico-commerciale su base na-
zionale e la nostra presenza a Budapest ci consente di mettere a frutto le potenzialità tecniche degli ungheresi». Tutto ciò è reso possibile anche da un sistema di valori solidamente radicato nei gangli vitali della società, instillato fin dalla sua nascita dai fondatori. «Tali valori», spiega il manager, «vengono affermati con persistente intensità, producendo evidenti frutti a favore di tutti
PROGE-SOFTWARE SI È TRASFORMATA
NEL GIRO DI POCHI ANNI DA SOCIETÀ FORNITRICE DI SERVIZI BODY-RENTAL
A PROVIDER DI SOLUZIONI INNOVATIVE
i dipendenti, chiamati a condividere oneri e onori e a beneficiare della redistribuzione degli utili prodotti». Premi di produzione, premi di risultato individuali e collettivi, consistenti fondi stanziati per piani di welfare sono le misure in atto, reiterate di anno in anno. Il tutto in una cornice di rispetto rigoroso della legalità, attestato da diverse
specifiche certificazioni, metodicamente perseguito dalla direzione e quindi osservato con convinzione da tutto il personale. «La cosiddetta “Etica conveniente”, lascito morale dei fondatori, è un monito e un invito a perseguire il legittimo interesse delle persone e della società agendo sempre nel rispetto delle leggi e del nostro codice etico», sottolinea il Ceo. «L’Award Legalità & Profitto giunge a compimento, quindi, di un percorso virtuoso di crescita morale di tutta l’azienda e attesta la sedimentazione dei principi morali divulgati con determinazione dal vertice aziendale sia all’interno che all’esterno della società, che presto sfocerà nella redazione del Bilancio di Sostenibilità».
E il futuro? «Un proliferare di progetti volti ad asservire l’AI all’intelligenza umana nella generazione di automatismi sempre più spinti e a favorire la transizione costante a un paradigma organizzativo più efficace per affrontare al meglio la sfida del cambiamento», chiosa Meneo. «Proge-Software, nelle capaci mani della seconda generazione, continua così a costruire il futuro con progetti di R&S su cui forgia le competenze dei dipendenti, conferendo la linfa vitale dell’innovazione al solco profondo dei valori fondativi in cui è sedimentata la resiliente capacità di investire coraggiosamente sul cambiamento… di se stessi, prima ancora che degli altri, rispettando sempre i principi morali e di legalità».
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L'AWARD 2024 NELLA SALA CAPITOLARE DEL SENATO
MARCO MENEO, CEO DI PROGE-SOFTWARE
RIVOLUZIONE SOSTENIBILE ALL'OMBRA DEL VESUVIO
Lavori in corso in casa Eav, l'Ente Autonomo Volturno, che trasporta ogni anno oltre 57 milioni di passeggeri in Campania fra treni, mezzi gommati e sistemi funiviari. L'obiettivo è rendere la mobilità pubblica più efficiente e green di Vittorio Petrone
L'Ente Autonomo Volturno (EAV) rappresenta la principale realtà del trasporto pubblico locale campano, sia in termini di territorio servito che di popolazione interessata, e una delle principali di quello italiano; trasporta ogni anno circa 50 milioni di passeggeri con il servizio ferroviario regionale su 9 linee, 7 milioni con quello automobilistico affidatogli dalla Regione Campania e 100mila con il servizio funiviario. Inoltre gestisce il patrimonio infrastrutturale ferroviario regionale e fornisce supporto alla Regione Campania nelle attività di pianificazione, progettazione, programmazione e controllo dei progetti ed investimenti regionali relativi a mobilità e trasporto. Grazie all’impegno de suoi 3.100 dipendenti contribuisce alla mobilità dei cittadini di 73 comuni col servizio ferroviario e 77 comuni col servizio automobilistico. Le linee di EAV, infatti, mettono in comunicazione i paesi delle diverse Province campane con il centro di Napoli, arrivando nel cuore del centro storico di una città dall’indiscusso valore storico, culturale e artistico. Di particolare rilevanza poi i servizi turistici che assicurano i collegamenti con tante delle mete turistiche della regione Campania, dai siti archeologici di Ercolano e Pompei, con le linee
vesuviane che arrivano a Sorrento e con le linee flegree che permettono di raggiungere il patrimonio storico e le bellezze naturali dei Campi Flegrei.
Numerosi sono gli investimenti ed i progetti messi in campo per trasformare l’azienda e raccogliere la sfida di un trasporto pubblico efficiente e sostenibile. Per il futuro si disegna, infatti, un nuovo assetto delle reti ferroviarie e metropolitane nell’area napoletana. «Scontiamo un ritardo di venti anni ereditato dalle precedenti gestioni», spiega Umberto De Gregorio, presidente EAV, «ma oggi, grazie anche all’impegno della Regione Campania, abbiamo investimenti per 5 miliardi e 85 cantieri aperti. Tra gli investimenti di maggior rilievo possiamo elencare il rifacimento dell’infrastruttura ferroviaria sulla linea Benevento-Cancello-Napoli, il rinnovo del sistema di telecomando della circolazione sulle linee vesuviane e flegree, il raddoppio del tracciato della tratta Torre Annunziata-Castellammare sulla linea Napoli–Sorrento, e il nuovo collegamento con la stazione AV di Afragola». Inoltre è in corso la fornitura
per il rinnovo del parco treni con la commessa di 56 nuovi treni e un nuovo ordine che porterà a 100 il numero dei treni che andrà ad arricchire la flotta delle linee vesuviane. «Il primo di questi treni è stato ultimato in questi giorni dalla Stadler negli stablimenti di Valencia ed arriverà nelle prossime settimane a Napoli per entrare in esercizio nel 2025. L’intervento consentirà di dotare entro il 2027 le linee vesuviane di un parco rotabili completamente rinnovato, moderno ed affidabile», aggiunge De Gregorio. L’Ente Autonomo Volturno, tra le cento imprese a cui lo scorso 10 aprile è stato conferito il premio nazionale "Legalità e profitto" per la propria solidità economica e per la correttezza, l'etica e l'osservanza delle regole, è una società da sempre molto attenta anche al tema delle certificazioni e negli anni ne ha ottenuto svariate, legate soprattutto ai temi dell'ambiente, della qualità dei servizi offerti e del sistema di gestione sicurezza delle informazioni.
83 “ECONOMY-RSM AWARD” PREMIO LEGALITÀ E PROFITTO
UMBERTO DE GREGORIO, PRESIDENTE ENTE AUTONOMO VOLTURNO (EAV)
IL MARKETPLACE AL CENTRO DELLA CRESCITA
Una strategia ben precisa, accompagnata da uno sviluppo tecnologico continuo e mirato, quella di Horizon Automotive, che ha fatto dell’innovazione uno dei suoi punti di forza. Ne abbiamo parlato con Matteo Sarnataro a cura di Autoappassionati.it
TRA I PLAYER PIÙ IMPORTANTI OGGI NEL MONDO DEL NOLEGGIO A LUNGO TERMINE E DELLE NUOVE SOLUZIONI DI MOBILITÀ C’È HORIZON AUTOMOTIVE, CHE HA FATTO DELL’INNOVAZIONE UNO DEI SUOI PUNTI DI FORZA. L'obiettivo, fin dalla sua nascita, è stato quello di allontanarsi dal tradizionale concetto di proprietà dell'auto mediante lo sviluppo di nuove tecnologie - che sfruttano anche la potenza dell'Intelligenza Artificiale - e di una rete di concessionari capillare che si estende su tutto il territorio nazionale. Ne abbiamo parlato con Matteo Sarnataro, che dal 2022 è Head of Marketplace di Horizon Automotive, riportando direttamente al Ceo Luca Cantoni. Il suo ingresso ha dato ancora più centralità alla strategia di crescita e rafforzamento della rete di concessionarie partner dell’azienda.
Oggi Horizon Automotive è una realtà tra le più importanti e, soprattutto, innovative nel panorama del noleggio auto: in cosa si distingue dai competitor?
Horizon Automotive è la prima Tech Mobility Company che, unendo i punti di forza dei concessionari e dei broker, ha portato in Italia un modo nuovo di intendere il noleggio a lungo termine. Il nostro modello di business unisce appunto l’expertise delle concessionarie, come il know-how sul prodotto e sul post-vendita, e dei broker, come la competenza verticale sulla ‘nuova mobilità’ e un ampio portafoglio di soluzioni finanziarie. Il tutto attraverso l’utilizzo innovativo di tecnologia proprietaria che aiuta i venditori dei concessionari ad entrare velocemente nel mondo del noleggio a lungo termine, mettendo il cliente al centro della sua strategia in modo profittevole. Quello che da sempre ci
distingue sul mercato è appunto l’essere nati e cresciuti basandoci sul rapporto stretto con i concessionari, che rimangono il vero punto di contatto e di riferimento sul territorio per il cliente finale.
Se dovesse elencare tre punti di forza di Horizon Automotive, quali sarebbero?
La tecnologia è sicuramente il nostro primo punto distintivo, come dimostrano gli investimenti in strumenti come l’Horizon Mobility Platform, una piattaforma che consente ai concessionari di navigare senza problemi nel mondo del noleggio a lungo termine, mettendo in rete un'ampia gamma di veicoli in pronta consegna e soluzioni finanziarie, con il miglior canone calcolato in tempo reale attraverso algoritmi basati sull’intelligenza artificiale.
HORIZON AUTOMOTIVE
ATTUALMENTE CONTA 40 DEALER
CHE RAPPRESENTANO OLTRE
IL 95% DEI MARCHI AUTOMOBILISTICI
Inoltre, la continua evoluzione del sito web rivolto al cliente finale ci ha posizionati come il principale marketplace digitale italiano per il noleggio a lungo termine. Un altro elemento chiave è l'espansione continua della nostra rete di concessionarie: con oltre 40 dealer attualmente a bordo, che rappresentano oltre il 95% dei marchi automobilistici presenti sul mercato, possiamo vantare un forte radicamento sul territorio e attingere a tutto il patrimonio in termini di stock, know-how e tracciabilità del prodotto dei nostri dealer, nonché garantire una presenza territoriale capillare grazie a una rete di Store fisici in continua espansione. Infine, il fattore umano ci differenzia sicuramente sul mercato: siamo in grado, infatti, di offrire supporto alla nostra rete dealer a 360°, non solo a livello tecnologico ma coprendo tutte le
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MATTEO SARNATARO, HEAD OF MARKETPLACE DI HORIZON AUTOMOTIVE
aree operative, dal marketing alle vendite fino alle operations.
Concentriamoci sul Marketplace Horizon Automotive. Come funziona e quali sono i vantaggi per chi si unisce al network?
Con l’approccio Marketplace, mettiamo a disposizione dei concessionari che credono nel noleggio a lungo termine un’infrastruttura tecnologica digitale all’avanguardia, un pacchetto di soluzioni multi-brand e multiservizio e un'esperienza consolidata nel mondo del noleggio. Grazie a questo approccio unico, i dealer riescono ad entrare nel mondo del Nlt in pochissimo tempo, facilmente e in maniera profittevole. Horizon Automotive si pone quindi come acceleratore per il business dei dealer, andando a generare ricavi aggiuntivi su un segmento di mercato che non sempre il concessionario presidia adeguatamente, grazie anche ad un portafoglio tra i più ampi in termini di soluzioni di mobilità in grado di rispondere a qualsiasi esigenza sia di clienti corporate che privati.
Avete investito nel marketplace quando era ancora agli albori e vi sta portando vantaggio.
Siamo stati la prima azienda di mobilità sia ad investire nella tecnologia applicandola al noleggio a lungo termine sia a credere nel concessionario quale interlocutore ideale per vendere le nuove formule di mobilità, in primis il Nlt. Credo che questa sia la vera
differenza rispetto ad altri attori sul mercato: aver creduto nel concessionario quando ancora nessuno dava credito a questa figura e aver investito nella tecnologia come elemento abilitante per entrare nel mondo del Nlt. Tutto questo ci ha portato un grosso vantaggio competitivo, sia in termini di credibilitàoggi il nostro network cresce anche grazie al passaparola -, sia in termini di esperienza nel gestire gli stessi dealer. A livello di tecnologia, essere stati “pionieri” in termini di applica-
ALL'INTERNO DELLA MOBILITY
PLATFORM VI È ANCHE UN'AMPIA
AREA ACADEMY DEDICATA
AL MONDO DELLA FORMAZIONE
zione business dell’Intelligenza Artificiale ha permesso di creare un vantaggio difficile da replicare. Marketplace e tecnologia sono oggi un connubio indissolubile.
Horizon, come ha sottolineato, si definisce una Tech Mobility Company: cosa vuol dire e quali servizi offre?
Siamo una tech mobility company in cui il triplice ruolo della tecnologia è quello di connettere la rete di dealer partner, abilitare il dealer a entrare velocemente nel mondo del noleggio e accelerare la generazione di business in questo mercato. L’ecosistema tecnologico di Horizon Automotive è oggi rappresentato dall’“Horizon Mobility Platform”, il cui fulcro è la Mobility Platform stessa, nata con l’obiettivo di permettere ai concessionari del
nostro network di mettere in rete i veicoli in pronta consegna e soluzioni finanziarie, con il miglior canone calcolato in tempo reale attraverso algoritmi basati sull’ I.A.. All’interno della Mobility Platform vi è anche un’ampia Area Academy dedicata al mondo della formazione, proprio per fornire supporto alla nostra rete a 360°. A livello di utente finale, la continua evoluzione del sito web ci ha posizionati come il principale marketplace digitale per il noleggio a lungo termine, dove grazie a una serie di algoritmi proprietari denominati Horizon Index, viene dato all’utente un quadro chiaro e completo per orientarsi velocemente nel mondo del Nlt – sito che ha inoltre lo scopo di dare visibilità alla rete dealer e ai loro marchi. Inoltre, la tecnologia fa da padrone anche all’interno dei nuovi Horizon Store.
Quali sono gli obiettivi per il futuro?
Grazie ai continui investimenti in nuovi campi di applicazione dell’I.A., il 2024 vedrà importanti rilasci in termini di tecnologia. In particolare, a metà anno lanceremo il primo quotatore unico basato sull’Intelligenza Artificiale, in grado di calcolare il miglior canone attraverso uno screening molto preciso in tempo reale. E grazie al supporto del machine learning, doteremo i nostri venditori di nuovi strumenti in grado di proporre soluzioni di mobilità sempre più su misura, basate sulle specifiche esigenze del cliente finale. Inoltre, stiamo lavorando al lancio del nostro primo prodotto di mobilità non intermediato, che andrà a completare un portafoglio di soluzioni finanziarie oggi tra i più ampi del mercato. A livello numerico, abbiamo pianificato l’apertura di nuovi Horizon Store su tutta la penisola, per un totale di 20 punti fisici entro fine anno, e l’espansione del nostro network che secondo le nostre previsioni raggiungerà oltre 60 dealer, con l’obiettivo di essere sempre più presenti sul territorio italiano. Tutto questo cercando di presidiare segmenti ancora in parte inesplorati, come i clienti privati e le Pmi, e con l’ambizione di poter esportare il nostro modello di business all’estero, in mercati affini al nostro.
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Non c'è campo? Nel cantiere deve esserci per forza
In presenza di lavoratori isolati, solo la copertura di almeno un operatore garantisce che eventuali messaggi d'allarme arrivino a destinazione. Per verificarlo Cellnex ha ideato il sistema Teze
di Riccardo Venturi
Come garantire la sicurezza del lavoratore isolato , quello che è tenuto a lavorare senza una sorveglianza diretta e quindi la possibilità di un soccorso immediato in caso di necessità?
Trovare una riposta significa salvare vite umane, visto che non di rado purtroppo si legge di tragedie che si consumano in luoghi di lavoro difficilmente accessibili, nell’interesse delle stesse imprese che sono tenute a garantire gli standard di
sicurezza previsti dalla legge. Attrezzature e dispositivi sono fondamentali, ma possono non essere sufficienti: secondo l’articolo 45 del TU
Ovvio, si dirà? Magari lo fosse. Basti pensare che i telefoni cellulari prevedono la possibilità di eseguire la chiamata di emergenza 112 anche quando la copertura del proprio operatore è assente, oppure quando la Sim è mancante: ma è sempre necessaria la presenza del segnale di almeno un operatore , senza il quale la chiamata è impossibile.
SE NON È PRESENTE IL SEGNALE
81 del 2008 , infatti, il datore di lavoro deve garantire anche un mezzo di comunicazione idoneo ad attivare rapidamente il sistema di emergenza del Servizio Sanitario Nazionale.
DI ALMENO UN OPERATORE, È IMPOSSIBILE PERFINO EFFETTUARE
LA CHIAMATA D'EMERGENZA AL 112
Lo stesso si può dire dei sistemi di sicurezza più avanzati, quali i dispositivi con funzionalità uomo a terra e immobilità o isolato, che sono in grado di inviare un allarme in modo automatico ogni qualvolta il lavoratore si trovi più a lungo di un perio-
SCEGLIERE TEZE SIGNIFICA ADEMPIERE AGLI OBBLIGHI DI LEGGE IN
Cellnex ha chiesto allo studio legale Sciullo un parere sull’utilità dell’acquisizione del sistema tecnologico Teze da parte del datore di lavoro sotto il profilo della tutela della propria posizione giuridica al fine di esonerarlo dalle connesse responsabilità in tema di sicurezza sul lavoro. “Tale innovativo sistema tecnologico garantisce nel caso di ko della chiamata l’attivazione di un sistema di allarme” si legge nel parere. “Questa strumentazione diviene così fondamentale alla tutela della sicurezza del cosiddetto
lavoratore ‘isolato’, cioè colui che svolge la prestazione lavorativa senza una diretta sorveglianza e soccorso immediato. Il datore di lavoro è tenuto a proteggere i propri lavoratori isolati che svolgono un compito da soli, mettendo in atto misure di sicurezza adeguate per prevenire i rischi professionali. In tali condizioni, il c.d. ‘ultimo uomo’, essendo infatti da solo vede aumentare il rischio di infortuni ed isolato si trova in una situazione di maggiore stress. In caso di malore od infortunio, ad ogni evidenza, il rischio dello stesso diviene
MATERIA DI SICUREZZA
rilevante dovendosi allertare i soccorsi in una condizione di isolamento e limitata capacità ovvero piena impossibilità. Per tale motivo il sistema Teze tutelando il lavoratore isolato, la sua incolumità fisica e sicurezza psicologica, contribuirà alla tutela della posizione giuridica del datore di lavoro che, in caso di evento infortunistico, potrà essere esonerato da ogni responsabilità dimostrando di essersi per l’appunto attivato per garantire la massima sicurezza possibile del primo. Tale sistema infatti garantisce
il monitoraggio del segnale radiomobile e nel caso di un incidente o malore del lavoratore, il datore è in grado di attivare prontamente la chiamata di emergenza al fine così di determinare il tempestivo intervento dei soccorsi. È evidente dunque, che in tale delicata posizione lavorativa di isolamento, il sistema tecnologico de quo è dimostrativo dell’adempimento da parte del datore dell’obbligo giuridico di aver attivato un sistema organizzativo atto ad eludere i prevedibili rischi del settore”.
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do prestabilito in posizione orizzontale o comunque immobile. In tali casi viene avvisato il soccorritore tramite una chiamata/messaggio ad un sistema aziendale di gestione allarmi che, ancora una volta, necessita della presenza del segnale mobile per poter funzionare.
Per questo Cellnex , principale operatore europeo di infrastrutture di telecomunicazioni wireless, ha ideato e realizzato l’innovativo sistema Teze (Telecommuncations enhanced zone emergency-call, zona di telecomunicazioni potenziate per chiamate d’emergenza), un sistema in grado di verificare in modo costante la presenza del segnale di almeno un operatore nelle zone dove operano lavoratori isolati, prerequisito necessario perché le strumentazioni di sicurezza siano efficaci. «Abbiamo decine di migliaia di cantieri dove operano lavoratori isolati, da quelli dei tralicci dell’alta tensione sui fianchi delle montagne a quelli per la realizzazione di turbine eoliche fino alle bonifiche idrogeologiche, e così via» dice Gherardo Zei , direttore degli Affari Istituzionali di
I due ideatori del sistema Teze: Gherardo Zei, direttore degli
Affari Istituzionali di Cellnex Italia e presidente di Federmanager
Roma e Emilio Tenaglia
Cellnex Italia nonché presidente di Federmanager Roma. «In Italia ci sono tanti buchi di segnale anche in zone coperte, per esempio sull’autostrada
A12 ce n’è uno a Tolfa da 20 anni, figuriamoci se ci si avventura verso la zona collinare dei monti di Tolfa. Gli operatori cercano di evitare la presenza di zone ombra ma nelle zone collinari e montagnose, a meno che non si tratti di zone urbanizzate, se ne trovano spesso. Se parliamo di una zona dove si va a cercare funghi non se ne accorge nessuno e pazienza, ma se invece in quella zona c’è un cantiere il discorso è ben diverso . Con un lavoratore a terra dotato del dispositivo il segnale d’emergenza parte, ma senza copertura non va da nessuna parte».
re, in modo da garantire che nell’area ci sia la presenza del segnale radiomobile di almeno uno di essi: sarà così garantita la possibilità di effettuare la chiamata di emergenza 112 con il cellulare o con un dispositivo uomo a terra.
IL SISTEMA TEZE VERIFICA IN MODO COSTANTE LA PRESENZA DEL SEGNALE NELLE ZONE DOVE OPERANO LAVORATORI ISOLATI
Teze si compone di una sonda di monitoraggio, basata su Raspberry o piattaforma analoga, e di un modem per ogni operatore che si vuole monitorare. I modem eseguono misure di potenza del segnale ricevuto dall’impianto di ripetizione dell’operatore presente, ed effettuano chiamate verso altre sonde all’interno della stessa area o verso risponditori automatici, inviando i dati raccolti ad un centro di controllo del sistema di monitoraggio.
Nel caso di ko della chiamata si attiva un sistema di allarme . Gli operatori su segnalazione del sistema possono interveni-
«L’idea ci è venuta per garantire le chiamate di emergenza nei tunnel delle autostrade dove ci sono dei lavori» spiega Zei, «l’abbiamo testato, certificato – pubblicando anche un articolo scientifico con l’università di Roma 2 - e già utilizzato in 130 tunnel delle autostrade italiane. Poi abbiamo analizzato il tema della sicurezza dei lavoratori isolati che realizzano infrastrutture in zone remote, e ci siamo resi conto che può essere molto utile anche in quelle situazioni. Così lo stiamo proponendo a tutte le imprese che hanno cantieri in zone isolate: siamo la tower company delle telecomunicazioni, quindi possiamo capire perché il segnale è assente e realizzare una copertura provvisoria anche di qualche mese, come facciamo per esempio quando c’è un grande raduno in mezzo alla campagna». La domanda che ci si dovrebbe porre è semplice: in assenza del segnale di almeno un operatore, i cantieri con lavoratori isolati dovrebbero continuare ad operare? «Dovrebbero essere interrotti» dice Zei, «altrimenti puoi avere tutti i dispositivi che vuoi ma la comunicazione dell’emergenza è impossibile, quindi l’impresa e il suo responsabile della sicurezza sul lavoro non sono compliant con la normativa, con tutte le conseguenze che ne possono derivare. Adottando il Teze, invece, il datore di lavoro può garantire di aver dotato il dipendente di dispositivi tecnologici utili ed efficaci per le chiamate d’emergenza».
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L'ECOSISTEMA CHE RIVOLUZIONA LA CUSTOMER JOURNEY
Non più marketplace statici, ma luoghi dove si dialoga con la mediazione di algoritmi intelligenti. È il cuore di DBridge, destinato a sbarcare presto all'estero. Con Pasquale Orlando, uno dei founder, abbiamo parlato di questo e di futuro di Vincenzo Petraglia
PASQUALE ORLANDO È UNO CHE SA IL FATTO SUO, VISIONARIO MA CONCRETO ALLO STESSO TEMPO. UNO CHE HA MESSO IN CASCINA
STARTUP DI GRANDE SUCCESSO COME DEUS TECHNOLOGY, fondata nel 2010 insieme con Paolo Galli e specializzata nello sviluppare soluzioni software ad alto valore aggiunto per le banche, una fintech enable in grado, attraverso la messa a punto di tecnologie all'avanguardia, di aiutare gli istituti di credito a implementare modelli di business digitali e supportare l'evoluzione dei servizi di consulenza verso un Digital wealth advisory, con la creazione di un ecosistema digitale di prodotti, servizi e funzionalità per erogare consulenza personalizzata o standardizzata (roboadvisory). Una realtà che si è guadagnata la ribalta internazionale ed ha attirato l'attenzione (e i soldi) di importanti investitori, dai quali è stata infine acquistata nel 2019. Con un portfolio di questo calibro, Orlando ha lanciato una nuova startup, DBridge, una sorta di acceleratore di ecosistemi digitali intelligenti nata per creare un collegamento più veloce e sicuro tra servizi a valore aggiunto e aziende, soprattutto Pmi, immaginando "un portale delle innovazioni", come lui stesso lo definisce. Ne ha parlato in questa intervista a Economy, insieme con i possibili scenari che ci attendono, dove tecnologia e Intelligenza artificiale pervaderanno sempre di più le nostre vite e il business delle aziende.
Perché DBridge?
"Bridge" rappresenta il nostro impegno nel costruire ponti solidi tra fornitori di servizi e aziende in cerca di risposte di qualità ai propri bisogni: i nostri ponti verso ecosistemi digitali di successo. La “D” invece è nata dalla trasformazione del suono dell'articolo inglese "The" e rappresenta l’iniziale delle parole Digital e Disruption.
Ma l'idea com'è nata?
Dall’osservazione di un'esigenza: quella di piccoli imprenditori alla ricerca di servizi specifici, soprattutto nel campo digitale, come la sicurezza informatica. Queste persone, immerse in un mare di informazioni, non sapevano dove trovare risposte concrete alle loro esigenze. Ed è così che ho sviluppato l'idea di DBridge, cioè quella di creare un collegamento più veloce e sicuro tra servizi a valore aggiunto e le Pmi, immaginando un portale delle innovazioni, inizialmente focalizzato sulle banche e poi esteso ad altre industrie. Questa visione ha portato DBridge ad essere l'acceleratore di ecosistemi digitali che è oggi.
Ma in pratica cosa fate?
Creiamo ambienti interconnessi in cui le aziende che li creano/ospitano, i fornitori di servizi e i clienti finali interagiscono in modo sinergico ottenendo come risultato benefici reciproci. Offriamo tutte le componenti tecnologiche e di servizio per creare ecosistemi digitali di successo che trasformano il tradizionale marketplace, vetrina statica di prodotti e servizi, in un ambiente dinamico e personalizzato dove il cliente trova risposta ai suoi bisogni e viene accompagnato nel percorso di acquisto. Così le aziende clienti DBridge hanno la possibilità di aumentare le proprie fonti di ricavo e la customer satisfaction attraverso l’offerta di servizi di qualità erogati da aziende partner, i fornitori di servizi accedono alla base clienti dell’azienda “enabler” senza costi di acquisizione e il cliente finale trova risposta ad esigenze concrete che impattano il suo modo di lavorare e la qualità della vita.
Cambia l'esperienza d'acquisto?
Il marketplace è essenzialmente un punto vendita online, un luogo virtuale dove acquirenti e venditori si incontrano per effettuare
transazioni commerciali. È un ambiente statico, con un'esperienza utente standardizzata. L'accesso ai dati è limitato e le interazioni tra venditore e cliente tendono a essere brevi e superficiali. L'ecosistema è, invece, un ambiente dinamico, in continua evoluzione, dove l'esperienza utente è completa e personalizzata. Il cliente è accompagnato nella comprensione dei servizi proposti e le diverse piattaforme sono integrate garantendo una customer journey efficace. Ci piace parlare di smart concierge, perché l'esperienza d'acquisto che assicuriamo è frutto di tecnologie e umanità. Dopo aver identificato i bisogni dei clienti target, i nostri algoritmi selezionano e propongono ad ognuno i servizi più idonei, per offrire un'esperienza fluida e personalizzata, diretta a stimolare acquisti e fidelizzazione, destinata a evolversi continuamente. L'accesso ai dati è condiviso tra gli attori coinvolti, consentendo una visione più approfondita delle attività e delle relazioni. Inoltre, DBridge fornisce, oltre a layer tecnologico e algoritmi di IA per il matchmaking tra servizio giusto e cliente giusto, anche i servizi di contorno: dalla selezione dei fornitori più corretti da proporre alla specifica azienda fino alla gestione amministrativa di transazioni e adesioni. Ciò che è necessario insomma alla realizzazione e gestione nel tempo di un ecosistema in maniera efficace, a costi certi e in tempi ridotti.
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Privacy e sicurezza come vengono tutelate?
L'IA è il cuore della soluzione tecnologica a supporto dei nostri ecosistemi, la utilizziamo per personalizzare la proposta del servizio più adatto al cliente, garantire la scalabilità del servizio di conciergerie, in modo che il concierge possa indirizzare il cliente sul servizio che cerca o a cui potrebbe essere interessato, per poter fornire alle aziende che ospitano gli ecosistemi e ai Vas, tramite la nostra capacità di prediction, informazioni per evolvere i propri prodotti e servizi per massimizzare i risultati di vendita. Ma la privacy è per noi un tema cruciale e siamo predisposti alla gestione della problematica: non abbiamo interesse a raccogliere e conoscere nessuna informazione puntuale sul cliente, ma utilizziamo metadati e informazioni, quali ad esempio settore di appartenenza, dimensione, area geografica che ci consentono di indirizzarlo al meglio.
Chi è il vostro cliente tipo?
Qualunque azienda con base clienti attiva, aziende o clientela individuale, che abbia la visione e la necessità di offrire servizi innovativi e complementari alla propria proposta commerciale “core” e che desideri espandere i propri revenue streams e l’engagement e la fidelizzazione del cliente. Siamo partiti con le banche per questioni di opportunità e network derivante dall’esperienza precedente dei fondatori e del management team, ma grazie alla personalizzazione e interconnessione completa del pacchetto servizi, non c'è business che non possiamo supportare. Stiamo, infatti, dialogando con diversi player di altri settori. La necessità di ampliare la propria offerta commerciale e di servire sempre meglio il proprio cliente è un tema che tocca ormai qualunque industry. Ad oggi abbiamo sviluppato diversi progetti di ecosistemi, alcuni dei quali già attivi, con clientela e obiettivi diversi: dalla banca leader nei servizi al comparto delle piccole medie imprese con l’esigenza di porsi come partner a 360 gradi della crescita delle aziende clienti e di accompagnarle nei settori dell'innovazione, della sicurezza informatica e della trasformazione digitale, fino alla banca territoriale con focus sul settore agricolo con
una forte esigenza di rispondere alle richieste di consorzi agricoli con servizi d'avanguardia in ambito Agritech e offrire nuovi servizi alla clientela retail.
Prossimi step e obiettivi?
Consolidare la nostra presenza in Italia intensificando la penetrazione del settore bancario ed estendendoci quanto prima a nuovi settori. L’estero è la naturale evoluzione di esperienze di successo in Italia, dove siamo il primo player sul mercato specializzato verticalmente nella messa a terra di ecosistemi digitali in tempi rapidi e certi e nel supporto alla loro gestione nel tempo. La crescita organica con espansione all’estero è prevista a partire dal 2025 e riteniamo che stringere partnership strategiche con grandi realtà vocate a portare innovazione e tecnologia nelle aziende sia un fattore cruciale per uno sviluppo rapido e costante nel tempo. La nostra collaborazione con loro ci posiziona come partner e fornitore ideale in tutti i progetti di costruzione di marketplace “intelligenti”. Facendo un passo indietro, lei ha alle spalle la creazione di Deus Technology. Cosa le ha lasciato quell'esperienza e quanto di quel progetto vincente c'è oggi anche in DBridge? Sono stato co-fondatore di Deus Technology, in cui ho ricoperto il ruolo prima di chief mar-
keting officer e poi di Ceo. Ho imparato che la squadra è fondamentale nella riuscita di una iniziativa e per questo ho costruito un team in cui credo fortemente. Grazie all’esperienza Deus Technology ci siamo creati negli anni forte credibilità presso numerosi intermediari finanziari e investitori privati ed istituzionali, cosa estremamente importante nella fase di start-up e scale-up di una iniziativa.
Parlando, invece, più di futuro e di scenario, cosa possiamo e dobbiamo attenderci? Come sta cambiando il consumatore tipo e che genere di esperienza d'acquisto e servizi cercherà sempre di più negli anni a venire?
I consumatori cercano esperienze d'uso integrate e complete per accedere a sempre più beni e servizi con facilità e rapidità. Fornire risposte di qualità in un unico punto di accesso è cruciale per le grandi aziende alla frontiera dei loro settori ed è altrettanto cruciale per la piccola media impresa stabilire collaborazioni e partnership con le aziende più grandi per partecipare a nuovi processi di creazione di valore per il mercato e per acquisire competenze nuove.
Cambieranno anche i canali di vendita?
L'esperienza di acquisto virtuale sostituirà sempre di più quella fisica?
I canali di vendita hanno già subito un radicale cambiamento accelerato dalla pandemia, tuttavia la relazione personale e l’esperienza fisica continuerà ad esserci soprattutto in alcuni ambiti e settori. Sicuramente il Metaverso e la realtà aumentata potenzieranno l’esperienza di acquisto della clientela, sia essa fatta in negozio oppure da casa, rendendole uniche. L’attenzione all’evoluzione tecnologica per individuare come poter servire sempre meglio i nuovi clienti è cruciale...
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L'e-commerce cambia pelle grazie all'out of home
Rendere più sostenibile per le persone e per l'ambiente lo shopping online è la mission dell'azienda polacca InPost, che si sta espandendo a macchia d'olio anche in Italia rivoluzionando il mondo degli acquisti e delle consegne di Vincenzo Petraglia
Il mondo dell'e-commerce è cambiato molto negli ultimi anni, un mutamento accelerato anche dalla pandemia, e il suo sviluppo è stato rapidissimo anche in Italia, dove ormai gli scettici sono pochi. È in un tale scenario che abbiamo visto nascere gli “everyday shoppers” che, al di là dell’inglesismo usato per definirli, sono semplicemente tutti gli acquirenti digitali, che si sono abituati ad acquistare ovunque e in qualsiasi momento. Per inoltrare un ordine bastano davvero pochi clic, soprattutto se si tratta di siti e app dove siamo già registrati: comodità e velocità di azione sono ormai un nodo fondamentale del processo d'acquisto, insieme con la centralità dell’acquirente, a cui i player del settore danno sempre maggiore importanza, offrendo esperienze d'acquisto e servizi sempre più raffinati. Chi acquista dove vuole e quando vuole si aspetta un’esperienza di consegna altrettanto comoda e centrata sulle proprie necessità ed è in tal senso che sono nate società specializzate proprio
Nicola D'Elia, managing director Southern Europe InPost
nell'intercettare questo bisogno fornendo al mercato una congrua risposta. Come InPost, azienda fondata in Polonia nel 1999 e oggi tra i leader della logistica nelle consegne out of home, presente in nove Paesi (Regno Unito, Francia, Polonia, Italia, Spagna, Portogallo, Belgio, Lussemburgo, Paesi Bassi) con 892 milioni di pacchi (rispetto ai 745 milioni del 2022) consegnati in Europa solo nel 2023. «I
locker, cioè gli armadietti automatizzati, e gli InPost Point, ovvero i punti di ritiro presso gli esercizi commerciali, offrono una risposta ideale alle esigenze degli acquirenti, che non devono più aspettare il corriere a casa ma possono ritirare, o spedire, i propri pacchi mentre si occupano di altre commissioni, evitando lunghe attese a casa del corriere o in fila per spedire o ritirare un pacco», spiega
Nicola D’Elia, managing director Southern Europe InPost.
«Non è un caso, infatti che i locker all'interno della Gdo – supermercati, centri commerciali, grandi retailer, eccetera – abbiano il proprio picco di performance durante la pausa pranzo, dalle 12 alle 14. Semplicemente, come le persone trovano comodo utilizzare la lavanderia interna al supermercato, per esempio, così trovano facile sfruttare i locker installati nei parcheggi, prima o dopo aver fatto la spesa, o aver acquistato uno spuntino veloce.
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Allo stesso modo è interessante vedere come i locker installati ai distributori di benzina, abbiano un picco di performance dalle 18 alle 20, ovvero negli orari di traffico di punta per coloro che escono dagli uffici e, tornando a casa, fanno altre commissioni. Il 30% dei clienti che usano il locker, lo utilizzano insomma in pausa pranzo o dalle 19 in poi e questi numeri ci raccontano in modo molto concreto perché l’out of home sta prendendo sempre più piede in Italia: dare agli acquirenti la possibilità di gestire i propri pacchi nel pieno rispetto della privacy e del proprio tempo è un valore aggiunto non indifferente». La crescita dell'azienda polacca anche nel nostro Paese è, infatti, molto sostenuta: in meno di due anni si è passati da circa 100 a quasi 6mila punti di distribuzione su tutto il territorio nazionale, con una copertura di tutte le regioni, aggregando locker (oltre il 25%) e punti di ritiro presso gli esercizi commerciali di quartiere. Una crescita dovuta anche ad accordi commerciali con un numero sempre crescente di commercianti che ospitano i punti di spedizione e ritiro e con importanti partner: insegne della grande distribuzione, aziende di trasporto pubblico, aree di servizio, come per esempio EG Italia, parte del retailer inglese EG Group, che gestisce oltre 6.300 siti tra stazioni di servizio e fast food in dieci Paesi tra
Europa, Usa e Australia, per essere presenti nei distributori a marchio Esso.
Aggregando i dati di dieci tra le maggiori città italiane, InPost copre il 65% della popolazione, ovvero oltre 5 milioni e mezzo di persone che vivono in media a cinque minuti da un punto InPost in nuclei urbani come Roma, Milano, Napoli, Torino, Palermo, Genova, Bologna, Firenze, Bari e Catania. «Se pensiamo ai nuovi trend, come quello degli e-commerce di second hand, ci rendiamo facilmente conto che molte persone, soprattutto coloro che vendono sui canali c2c, preferiscono non far passare il corriere sul luogo di lavoro più
IN MENO DI DUE ANNI SI È PASSATI IN ITALIA DA CIRCA CENTO A QUASI SEIMILA PUNTI DI DISTRIBUZIONE SU TUTTO IL TERRITORIO NAZIONALE
volte a settimana. Ecco quindi che i locker e gli InPost Point permettono una gestione ottimale del proprio tempo, dei propri pacchi e della propria privacy». Non solo. «Installare nuovi locker o aprire nuovi InPost Point», continua D'Elia, «rappresenta una nuova opportunità anche per i negozi di quartiere e permette di dare nuovo slancio alle attività commerciali già presenti, rivitalizzandole e aiutandole a stare al passo con i cambiamenti che il mondo dell’e-commerce ha portato». Questo modello di business dunque funziona molto bene e ormai la rete nata a Cracovia, che quest'anno è anche partner ufficiale del Tour de France, che partirà per la prima volta dall’Italia (da Firenze), rappresenta il sistema automatico di ritiro e consegna di pacchi più grande d'Europa, con in totale oltre 35mila locker e più di 30mila punti di consegna e ritiro.
Numeri importanti non disgiunti dalla grande attenzione che l'azienda, che fornisce anche servizi logistici e di fulfillment agli e-commerce in Polonia, collaborando con circa 100mila rivenditori online, da sempre pone nei confronti del tema ambientale. La strategia di decarbonizzazione è, infatti, parte integrante della strategia aziendale: InPost è stato una delle prime aziende, sul mercato
polacco, ad aderire all'iniziativa SBTi (The science Based targets initiative), organizzazione globale che consente alle aziende di fissare obiettivi ambiziosi di riduzione delle emissioni, nata dalla collaborazione tra Cdp, l'organizzazione internazionale punto di riferimento per la rendicontazione ambientale, The United Nations Global Compact, Wri (World Resources Institute), Wwf e We Mean Business Coalition, altra organizzazione internazionale impegnata nella lotta ai cambiamenti climatici. Con l'obiettivo di raggiungere la completa neutralità climatica entro il 2040. Un goal perfettamente in linea con la ragion d'essere stessa di InPost, fautore di una modalità di consegna, che rispetto alla classica spedizione a domicilio, se da un lato garantisce agli utenti maggiore libertà, tranquillità ed efficacia al primo tentativo di consegna, evitando alle persone i disagi e lo spreco di tempo connessi a ulteriori tentativi di consegna (scene invece ricorrenti con le consegne a domicilio), dall'altra si traduce anche in un importante risparmio per l’ambiente. Ottimizzando i trasporti e riducendo il via vai dei mezzi su strada, scegliere la consegna fuori casa significa, infatti, anche abbattere le emissioni in atmosfera, ridurre l'inquinamento acustico e il rischio di incidenti, contribuendo a rendere quindi migliore la qualità della vita.
STORY-LEARNING 91
CASA SI EVITANO CODE E LUNGHE ATTESE DEL CORRIERE
CON LE CONSEGNE FUORI
Una lettura che piace alle donne, fortemente raccomandata agli uomini
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Disponibili in libreria da un’idea di
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APPROFONDIMENTI
NEL BUSINESS COME IN PISTA
A Marco Bianchini piace usare poco il freno, che sia alla guida della sua monoposto o della sua azienda, la Myo di Poggio Torriana, una delle realtà più performanti nel mercato delle forniture per ufficio, con cinquantamila clienti
Accelerare sempre. Che sia alla guida della sua azienda o della monoposto Shadow DN5 - appartenuta a Jean-Pierre Jarier, a bordo della quale il prossimo 12 maggio gareggerà al Grand Prix de Monaco Historique a Montecarlo – a Marco Bianchini piace usare poco il freno. «Impresa e sport – ama dire –sono due facce della stessa medaglia: stessi valori, stessa cura dei dettagli, stesso gioco di squadra per obiettivi condivisi e sfidanti». E così, subentrato con la sorella Simona al padre Ernesto fondatore dell’azienda nei primi anni Sessanta, ha fatto dell’attuale Myo – erede della Karnak - una delle realtà
MYO DISPONE DI MAGAZZINI
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più performanti nel mercato delle forniture per ufficio con cinquantamila clienti tra grandi medie e piccole imprese, studi professionali, comuni e ospedali in tutta Italia. Ampliata la gamma dei prodotti offerti fino a raggiungere le trentamila referenze, il fatturato supera i 120 milioni.
di Alfonso Ruffo
Con sede a Poggio Torriana in provincia di Rimini, Myo dispone di due enormi magazzini completamente automatizzati che consentono di evadere in tempo reale migliaia di ordini raccolti e organizzati ogni giorno da un sofisticato centro di logistica. Dalla cancelleria ai dispositivi di protezione individuale, dall’arredo per
uffici al noleggio delle stampanti, dall’oggettistica all’igiene nel campo del turismo, dalla formazione alla fornitura di software, non c’è esigenza che resti insoddisfatta. Impegnato nel sociale e soprattutto nel sostegno a numerose attività sportive – finanzia per esempio la Rinascita Basket Rimini che gareggia in serie A2 - Bianchini, oggi vicino ai 60 anni, è stato campione di rally in gioventù e di recente si è cimentato con successo anche in regate di vela. Ai nastri di partenza è già allineata la terza generazione con i figli Edoardo e Riccardo che si stanno appassionando alle imprese con barche e motori tanto quanto al mondo degli affari.
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ACQUA, OIL & GAS, TUTTI SOTTO LO STESSO PADIGLIONE
Dal 29 al 31 maggio 2024 negli spazi del Piacenza Expo la Pipeline & Gas Expo (Pge), l’unica mostra-convegno a livello europeo interamente dedicata a questi settori, organizzata da Mediapoint Exhibitions di Genova di Alessandro Faldoni
Riunire sotto lo stesso tetto, pardon, sotto gli stessi padiglioni tutti gli operatori che si occupano dei settori del mid-stream e delle reti distributive del “gas & oil”, ma anche di quelle idriche. È la scommessa (vinta) del Pipeline & Gas Expo (Pge), l’unica mostra-convegno a livello europeo interamente dedicata a questi settori, in programma dal 29 al 31 maggio 2024 negli spazi del Piacenza Expo. A organizzare l’evento, la società Mediapoint Exhibitions di Genova.
Giunto alla sua terza edizione, il Pipeline & Gas Expo, sotto la direzione di Fabio Potestà, si è imposto come il principale punto di incontro e raccordo fra le imprese che operano nella progettazione, costruzione e manutenzione di gasdotti, oleodotti e acquedotti, di reti distributive del gas (sia primarie che secondarie) e di quelle idriche, con i relativi fornitori di impianti, macchine attrezzature, materiali e software a loro necessari. Parliamo in prevalenza di grandi società di utilities pubbliche, quelle che ogni giorno portano nelle nostre case l’acqua corrente e il gas per ri-
ALLA PIPELINE & GAS EXPO
SI AFFIANCA LA CYBSEC EXPO
INTERAMENTE DEDICATA
ALLA SICUREZZA INFORMATICA
scaldarci. Ma sono anche quelle che trasportano milioni di litri di combustibile per tutta l’Italia e in giro per il mondo. Tecnologie ad alto tasso di investimento in ricerca ma, anche, in sicurezza, essendo settori altamente sensibili. Da qui la scelta di Mediapoint di affiancare al Pipeline & Gas Expo una novità assoluta: la prima edizione della Cybsec Expo, appuntamento interamente dedicato alla sicurezza informatica, alla protezione dei dati e delle infrastrutture critiche, che si svolgerà in contemporanea col Pge. Secondo l’Osservatorio Cybersecurity & Data Protection della School of Management del Politecnico di Milano, pur essendo la cybersecurity la principale priorità di investimento nel digitale in Italia (il 61% delle imprese ha aumentato il budget per la sicurezza informatica), il nostro Paese è ancora molto indietro rispetto al resto dell’Europa, considerando che viene destinato alla sicurezza informatica solo lo 0,10% del Pil. E, siccome ad essere prese di mira dai pirati informatici sono soprattutto le multiutilities, l’accoppiamento delle due fiere è apparso quasi automatico.
UN DOPPIO APPUNTAMENTO
«Rispondere e dare soluzioni innovative e di alto livello a tutte le problematiche emergenti che si affacciano sulla fliera di riferimento, e quello della sicurezza informatica è senz’altro un tema di stretta attualità per quanto riguarda appunto il mondo delle utilities». Spiega così, Fabio Potestà, presidente della Mediapoint Exhibitions, l’intuizione di affancare al Pipeline & Gas Expo la nuovissima fera interamente dedicata alla sicurezza informatica, Cybsec Expo. «Abbiamo pensato a questo doppio appuntamento, per far dialogare due mondi strettamente connessi. Questa del resto è la nostra flosofa e i numeri ci stanno dando ragione, in quanto le adesioni ad entrambe le manifestazioni sono già ad oggi oltre le aspettative”. Secondo Potestà, le due fere piacentine devono diventare il centro ideale per il confronto e la discussione su temi tanto impattanti e sempre più di estrema attualità. Infatti, durante i numerosi incontri in programma a margine delle manifestazioni, si affronteranno da un lato le principali tematiche della fliera del mid-stream e delle reti distributive del “Oil & Gas”, dall’altro i temi più attuali in materia di cyber sicurezza, come ad esempio l’evoluzione normativa riguardante la protezione delle infrastrutture critiche, le direttive EU, lo stato dell’arte nel campo della sicurezza informatica, la certifcazione dei prodotti Ict in ambito di cyber security. Un tema “caldissimo” se si considera che nel 2022 il mercato italiano della cybersecurity ha ragiunto il valore di 1,86 miliardi di euro, con un’accelerazione eccezionale del +18% rispetto al 2021.
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Quanti buchi alle pareti dell’Anagrafe Tributaria
Le cronache recenti lo dimostrano: le nostre banche dati sono troppo vulnerabili e il livello di protezione dalle intrusioni (anche dall'interno) non è adeguato. Ora serve un sistema di controllo trasparente
di Marco Cuchel, Presidente Anc
Il tema della sicurezza dei dati è tornato recentemente alla ribalta nel nostro Paese a seguito dei casi di accessi non autorizzati alle banche dati dell’anagrafe tributaria che, sebbene gli accertamenti sul piano giudiziario siano in ancora corso, dimostrano quanto il sistema, la cui gestione informatica è in capo alla società Sogei, sia di fatto vulnerabile e con un livello di protezione dalle intrusioni, sia dall’esterno che dall’interno, che appare essere non sufficientemente adeguato.
In una società ormai innegabilmente e incontrovertibilmente prossima (ma evidentemente non ancora pronta) alla simbiosi con l'intelligenza artificiale, alle opportunità che offre e ai rischi che implica, si profila l’urgenza di un intervento da parte del legislatore volto a proteggere la sicurezza e la privacy dei dati dei cittadini.
Tra le azioni che dovrebbero essere intraprese da parte del legislatore riteniamo ci sia l'approvazione di una legislazione mirata alla protezione dei dati personali e alla sicurezza informatica. Attualmente, l'Italia si basa sul Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (Gdpr) dell'Unione Europea per regolare la privacy e la sicurezza dei dati. Tuttavia, l'approvazione di leggi nazionali più specifiche potrebbe fornire un quadro normativo maggiormente rispondente alle peculiarità del Paese, garantendo una migliore protezione dei dati e norme più stringenti in materia di gestione dei sistemi informatici sensibili, come certamente è quello dell'anagrafe tributaria. Una maggiore trasparenza e accountability sono fondamentali perché da parte dei cittadini ci sia fiducia nel sistema, è quindi auspicabile una politica di trasparenza per quanto riguarda le misure adottate e le attività condotte dalla società Sogei come pure dalle altre autorità che nel nostro Paese hanno responsabilità in questo ambito. A beneficio della trasparenza ci sono anche azioni come la pubblicazione di report periodici sulla sicurezza informatica, audit indipendenti e consultazioni pubbliche per raccogliere feedback e suggerimenti dalla società civile e dagli esperti del settore.
L’Associazione Nazionale Commercialisti continua il suo impegno volto a tenere alta l’attenzione sul tema estremamente delicato della tutela dei dati dei cittadini, pronta a denunciare ogni situazione di criticità che può mettere a rischio la cor-
INSIEME AL FIANCO DELLE IMPRESE
Si sa: l'unione fa la forza. Specialmente quando si condivide un medesimo obiettivo: nel nostro caso, quello di affancare le imprese nel loro percorso di crescita. Così, la rete di Economy si arricchisce di una nuova relazione strategica: quella con l'Associazione nazionale
Commercialisti (Anc), che rappresenta, appunto, la categoria professionale che per eccellenza è partner dell'impresa. Insieme, offriremo un'informazione ancora più puntuale e di servizio, sulla carta, online e attraverso un ricco calendario di eventi.
retta gestione delle informazioni, sollecitando, ove necessario, l’intervento delle autorità preposte. Ciò è avvenuto sia con gli appelli rivolti in più occasioni al Garante della Privacy, sia più recentemente con la segnalazione indirizzata alla Commissione di Vigilanza sull’Anagrafe tributaria che ha determinato, da parte di quest’ultima, la decisione di avviare un’indagine conoscitiva nell’ambito della quale, lo scorso 20 marzo, ha avuto luogo l’audizione dei vertici di Sogei.
Come professionisti e ancor prima come cittadini aspettiamo di poter conoscere gli esiti dell'indagine conoscitiva condotta dalla Commissione parlamentare, che ci auguriamo possa dare risposta alle numerose domande che nel corso della suddetta audizione sono state formulate dagli On. Giulio Centemero, Emiliano Fenu, Augusto Curti e dal Presidente di Commissione Maurizio Casasco:
Come vengono tracciati gli accessi alle banche dati? Come funziona il sistema di “alert” nel caso in cui siano ripetuti in quantità anomala? Con quali criteri vengono definiti e segnalati gli accessi sospetti? Quando gli accessi sono effettuati da un soggetto esterno, ad esempio l'Autorità Giudiziaria, valgono gli stessi sistemi di tracciamento e di alert? In caso contrario ne esistono di alternativi in grado di non compromettere lo svolgersi di un'indagine? Le password di accesso in possesso dei funzionari Sogei hanno una validità illimitata o esistono verifiche periodiche per il loro rinnovo?
Sono domande che la stessa ANC rivolge alle autorità competenti, ritenendo fondamentale che ricevano risposte chiare ed esaurienti: in gioco c’è la sicurezza del patrimonio informativo del nostro Paese e quindi la tutela dei dati e delle informazioni di tutti i cittadini.
97 Associazione Nazionale Commercialisti
PER CHI SUONA LA CAMPANA DEI «FENOMENI» IN MOLISE
Nella piccola regione, sede di una delle imprese più antiche del mondo (mille anni!) fioriscono realtà di insospettabile resilienza, capaci di affermarsi nel mondo senza infrastrutture e con servizi inadeguati di Sergio Luciano
«S
e è difficile fare impresa in Italia, in tutta Italia, purtroppo qui da noi è ancora più difficile! Eppure il Molise è un territorio che ha un bisogno spasmodico di imprenditoria, senza imprese nessun territorio cresce, e dunque quest’iniziativa – i Fenomeni di Economy – fa bene
«IL MOLISE È UN TERRITORIO
CHE HA UN BISOGNO SPASMODICO
DI IMPRENDITORIA, SENZA IMPRESE NESSUN TERRITORIO CRESCE»
al nostro Molise»: così Vincenzo Longobardi , presidente di Confindustria Molise , ha esordito prendendo la parola alla tappa di Campobasso del tour della nostra testata tra le aziende “fenomenali” che fanno grande l’Italia. «Questa è un’occasione – ha proseguito – che ci dà la possibilità di valutare,
SERENA DI NUCCI, CASEIFICIO AGNONE
«La nostra è un’azienda che da 11 generazioni, che presto diventeranno 12, produce eccellenze alimentari, sia per qualità che per rapporto col territorio e l’ambiente. La nostra materia prima è tutta locale, utilizza solo latte vaccino locale prodotto in un raggio di 10 chilometri dal nostro caseifcio, coinvolgendo gli allevatori, sostenendoli dal punto di vista della retribuzione, secondo qualità del loro lavoro, e del loro latte»: così a Fenomeni di Campobasso Serena di Nucci, responsabile della comunicazione e del marketing del Caseifcio Agnone, ha sintetizzato l’identikit dell’azienda. «Questo invito qui a Fenomeni – ha aggiunto – ci
gratifca. Con Symbola abbiamo una lunga storia di amicizia, ci ha incluso tra le 100 eccellenze dell’artigianato italiano, condividiamo questa dimensione che ha forti criteri di sostenibilità intrinseci. Per noi il discorso sulla sostenibilità è anche fatto di impegno sociale, per far sì che le persone che possano vivere al meglio il loro mestiere. Nella nostra attività privilegiamo la manodopera storica, coinvolgendo i talenti, che è diffcile trovare, ma cerchiamo di formare nuove persone appassionate… Un nostro grande orgoglio sta proprio nelle nostre risorse, quasi tutte al femminile… oltre che nel mantenimento di una fertile fliera familiare».
ROSSELLA FERRO, LA MOLISANA
La Molisana, azienda leader nel settore della pasta alimentare, ha scelto da tempo la strada della massima trasparenza sui processi della sua catena del valore, sin dal 2011. Ha deciso di coniugare il business con l’attenzione alla sostenibilità e all’ambiente e ad azioni concrete che a partire dal 2020 l’azienda ha anche deciso di rendicontare con un bilancio di sostenibilità annuale. Lo ha piegato bene Rossella Ferro, resposabile marketing dell’azienda, in una testimonianza video, durante la giornata di “Fenomeni” a Campobasso. «Nel nostro processo di avvicinamento all’attuazione dei principi Onu, abbiamo defnitivo 16 percorsi verso 11 goals su 17. I nostri numeri confermano tutto ciò: nel solo 2022 abbiamo investito 27 milioni in innovazione, e 100 negli ultimi 10 anni. Abbiamo ridotto l’impronta carbonica investendo in tecnologia per autoprodurre energia e recuperare gli scarti nell’ottica dell’economia circolare. Oggi due impianti di generazione ci garantiscono l’85% del fabbisogno elettrico, abbiamo ridotto i rifuti del 24,5% di rifuti e abbiamo ridotto i rifuti da pallet del 77%».
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e ricordare, la capacità che ha il territorio di esprimere talenti, un’occasione non da poco. Inoltre qui in Molise dovremmo essere in grado di sviluppare la cultura d’impresa e di fare sistema», il che però non è facile perché «le imprese si sviluppano con successo quando c’è sinergia con la politica e le comunità. Qui soffriamo invece di un grave deficit infrastrutturale che deriva dall’incapacità di pianificazione
politica che abbiamo sempre avuto. Oggi le aziende devono essere aperte al sociale, i giovani hanno bisogno di riferimenti
«OGGI LE AZIENDE DEVONO ESSERE APERTE AL SOCIALE, I GIOVANI HANNO BISOGNO DI RIFERIMENTI RINNOVATI E LE PERSONE VANNO PIÙ COINVOLTE»
rinnovati rispetto a ieri, le persone vanno coinvolte di più, ci stiamo lavorando
In Molise, la cultura del welfare aziendale è molto avanzata, e il 78,8% delle imprese ha relazioni con i dipendenti volte ad iniziative di benessere condiviso; il 63,6% delle imprese ha instaurato relazioni con i dipendenti di miglioramento delle competenze.
ma è un impegno per una collettività che dev’essere consapevole dei propri obiettivi, delle proprie capacità. Per questo è bello che oggi, qui, avremo le testimonianze di alcuni imprenditori di qualità che possono oin qualche modo essere da guida e ispirazione per gli altri».
I dati economici presentati all’evento di Campobasso dal presidente della Camera di Commercio del Molise – che ospitava i
Il Molise è leader in Italia per quota di imprese attente al welfare aziendale, 78,8% (contro 69,6) a
cura dell'Istituto Tagliacarne
Secondo i dati del Centro Studi TagliacarneUnioncamere, in Molise la coesione socio-economica assume in molti casi tratti di rilievo: il 78,8% delle imprese ha relazioni con i dipendenti volte ad iniziative di welfare aziendale; il 63,6% delle imprese ha instaurato relazioni con i dipendenti in termini di miglioramento delle competenze; il 45,5% delle imprese ha legami, al di là del rapporto fnanziario, con le banche. Inoltre, il 36,4% delle imprese del Molise ha stretto
rapporti con i dipendenti per progetti di innovazione e il 30,3% ha rapporti con scuole e università.
Con altri tipi di stakeholder, invece, la percentuale di imprese molisane che ha dichiarato di avere relazioni è al di sotto del 20%: infatti, il 18,2% delle imprese ha legami con istituzioni territoriali, il 15,2% con associazioni di categoria, enti di ricerca e università e meno del 15% con comunità e non proft. Inoltre, meno del 10% delle imprese ha rapporti con altre imprese
e clienti.
Se confrontiamo i dati con il Mezzogiorno e l’Italia possiamo notare come in generale la regione registri un grado di relazionalità maggiore alla media del Mezzogiorno e solo in alcuni casi inferiore. Per quanto riguarda le relazioni con gli stakeholder interni, cioè i dipendenti, i punti di forza delle imprese del Molise riguardano i temi del welfare aziendale e dell’aumento delle competenze dei propri dipendenti: immaginando
un’ipotetica classifca regionale il Molise è prima in Italia per la quota delle imprese che ha dichiarato un’attenzione al tema del welfare aziendale, scelta presa dal 78,8% delle imprese contro il 70,1% nel Mezzogiorno e 69,6% in Italia, inoltre è prima per percentuale di imprese che hanno dichiarato di investire nella formazione per il miglioramento delle competenze e la qualifcazione personale (63,6% vs 50,6% e 55,4%). Per quanto riguarda la propensione delle imprese a favorire in azienda la partecipazione dei dipendenti allo sviluppo di progetti di co-innovazione (38,7% contro il 32,5% nel Mezzogiorno e 34,7%
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lavori – Paolo Spina , descrivono un tessuto economico che rappresenta appena lo 0,4% delle imprese italiane e 290 mila abitanti, quindi una massa critica molto
«L'INDICE DI NATALITÀ DELLA NOSTRA
REGIONE È TRA I PIÙ BASSI D'ITALIA
5,7 SU 100 ABITANTI, E QUESTO NON È UN BUON PRESAGIO SUL FUTURO»
modesta. «L’indice di natalità della nostra regione – ha detto – è tra i più bassi d’Italia, 5,7 su 1000 abitanti contro una media nazionale del 6,4 e questo non predice un futuro florido per il territorio. Negli ultimi quindici anni abbiamo perso l’11,1% delle imprese, e le 29 mila imprese attive hanno in media 2,4 dipendenti ciascuna, il
ARMANDO MARINELLI, MARINELLI
Valori in % È un’azienda-icona, in continuità di proprietà familiare da… 26 generazioni, 1000 anni! È la Marinelli di Agnone, che produce campane per tutto il mondo. «Non abbiamo mai usato le parole ‘strategie di mercato’ e ‘pianifcazione»”, ha spiegato Armando Marinelli, «perché nel nostro mestiere ci sentiamo già strateghi. Portiamo avanti un discorso antico, lavoriamo come nel Medioevo: stesse tecniche, stessi materiali. Potremmo far campane anche senza elettricità. Ma allo stesso tempo siamo stati la prima azienda a usare pannelli solari. Usiamo gli stessi materiali da sempre: la terra, che bruciamo in fonderia e poi restituiamo
ai campi. Questa nostra microimpresa –siamo 15 persone compresi i familiari – si rende conto che la sostenibilità fa parte di questa modernità. Negli Anni Ottanta non siamo riusciti a crescere, ma siamo riusciti a diventare moderni pur conservando le nostre tecniche di 1000 anni fa. Ed oggi vogliamo trasmettere ai giovani questa cultura della campana. Un messaggio che diamo ai ragazzi delle scuole: c’è un mondo diverso da quello del digitale, e dà modo di lavorare diversamente. Vive di intelligenza artigianale, anzi di intelletto. Ci sentiamo quasi in obbligo di fare questa testimonianza e anche per questo abbiamo creato un museo aziendale… E speriamo di dare nuove opportunità ai nostri giovani».
Indicatori di coesione socio-economica, Molise vs Mezzogiorno
competenze Dipendenti: progetti innovazione Dipendenti: welfare aziendale Altre imprese Scuole e università Enti di ricerca e Università
Associazioni di categoria Istituzioni territoriali Comunità Non prof Clienti
in Italia) la regione si posiziona sesta in Italia.
Analizzando gli stakeholder esterni, le imprese della regione mostrano un altro punto di forza nella relazione con il settore bancario locale, al di là del mero rapporto di fnanziamento (che sfocia ad esempio in attività di consulenza per progetti di innovazione): il Molise è la prima regione in Italia con il 45,5% delle imprese contro il 31,2% nel Mezzogiorno e
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Mezzogiorno Molise FONTE: CENTRO STUDI DELLE CAMERE DI COMMERCIO GUGLIELMO TAGLIACARNE
63,6 36,4 78,8 9,1 30,3 15,2 45,5 15,2 18,2 12,1 12,1 9,1 50,6 32,5 70,1 18,1 25,4 12,8 31,2 15,7 14,7 11,6 11,6 10,4
Sergio Sgambato, Alfredo Salvatore, Caterina Pastore, Mariangela Ceddia, Serena di Nucci, Vincenzo Longobardi, Alfonso Ruffo, Franco Ianelli, Sergio Luciano, Antonio Lucio Valerio, Pasquale e Armando Marinelli
Dipendenti:
Banche
CATERINA PASTORE, PRESTITER
«La nostra è una società per azioni, costituita come agenzia in attività finanziaria con un mandato di Prestitalia, del gruppo Intesa»,, ha spiegato Caterina Pastore di Prestiter: «Abbiamo compiuto 25 anni nel ’23 ma il fondatore è sul mercato da 50 anni, è tra i fondatori di Prestitalia. Sono fiera di far parte di Presiter, anche perché la nostra è una cultura d’impresa nata quasi spontaneamente. Abbiamo avuto molte certificazioni. La parità di genere, ad esempio: il 68% del personale in azienda, compreso il team manageriale, è donna. Quale contributo diamo alla nostra regione? Innanzitutto cerchiamo talenti, abbiamo 24 realtà locali e 167 persone. Oggi in Molise siamo 67, e assumeremo altre risorse anche fuori Regione. Dando opportunità a chi è emigrato di rientrare. Il nostro obiettivo è offrire un ambiente equilibrato fra lavoro e famiglia. Stiamo concedendo qualsiasi tipo di benefit, compreso lo smart working, buoni pasto ed altri benefit; utilizziamo pannelli solari per l’energia. Il nostro pay off è: “migliore sempre”; il mantra è “crescita costante». Pratichiamo un’intensa formazione motivazionale, per la crescita personale e utilizziamo l’intelligenza artificiale ma incrociandola con l’intelligenza artigianale… Ci piace essere un’azienda dall’alta responsabilità sociale».
che significa che in buona parte sono unpersonali. Il saldo commerciale con l’estero è attivo grazie ai prodotti chimici, con incremento rispetto a 22 del 76%, e agli autoveicoli, ai prodotti alimentari e alle bevande».
«UN’IMPRESA HA UN’INFLUENZA FORTISSIMA SUL SUO TERRITORIO, SULLE SUE RISORSE UMANE, CON L’UNICA VARIABILE DIMENSIONALE»
Su quel profilo particolare e ineludibile che è la sostenibilità – e che è una caratteristica ricorrente nelle imprese “fenomenali” che vengono presentate nella nostra
rassegna – si è poi pronunciato Sergio Sgambato , direttore generale di Diligentia , partner dell’iniziativa con l’ Istituto Tagliacarne (Gruppo Unioncamere) e con Symbola : «La vocazione della nostra associazione –ha spiegato – è promuovere la sostenibilità, e siamo una no-profit. Il criterio guida è quello della doppia materialità, che riflette e induce comportamenti sosteni-
il 31,6% in Italia. Altro punto di forza è il legame con le istituzioni territoriali, con il 18,2% delle imprese della regione contro il 14,7% nel Mezzogiorno e 15,8% in Italia. Un passo in più rispetto ai valori del Mezzogiorno e in linea con i valori della penisola si rileva nell’analisi della relazionalità con scuole e università per tirocini, stage, ecc.: scelta seguita dal 30,3% delle imprese molisane, contro il 25,4% del Mezzogiorno e una
media nazionale del 30,9%.
Quando si tratta di svolgere attività di Ricerca & Sviluppo e Open Innovation il grado di relazionalità delle imprese della regione con le università è migliore rispetto alla media del Mezzogiorno e al valore nazionale (15,2% vs 12,8% e 14,6%).
Per quanto riguarda la relazionalità con il no proft il 12,1% delle imprese molisane ha stretto rapporti con questi enti, contro una media nel
Mezzogiorno dell’11,6% e italiana del 13,2%. Inoltre, il 12,1% delle imprese in Molise ha dichiarato di aver investito in interventi di riqualifcazione e/o valorizzazione del proprio territorio a benefcio delle comunità, nel Mezzogiorno questo valore è dell’11,6% e in Italia del 12,2%. Meno bene invece i rapporti con il mondo associativo imprenditoriale. In Molise il 15,2% delle imprese, dichiara di avere rapporti
abitudinari con le associazioni di categoria territoriali; nel Mezzogiorno tale quota è del 15,7%, si evince un forte divario rispetto alla media nazionale del 21,2%. Valori inferiori si registrano anche nella quota di imprese che dichiara di avere relazioni con i clienti al di là del solo rapporto commerciale, scelta seguita dal 9,1% delle imprese contro il 10,4% delle imprese del Mezzogiorno e il 9,4% delle imprese italiane.
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La tavola composta da: Sergio Sgambato, Alfonso Ruffo, Vincenzo Longobardi, Paolo Spina e Sergio Luciano
ANTONIO LUCIO VALERIO, RES
«Siamo molto orgogliosi di lavorare qui – dice Antonio Lucio Valerio, amministratore delegato di Res – E cerchiamo di creare occupazione sviluppando il nostro business, che è nato sul riuso delle materie plastiche attraverso la pirolisi, e sottraiamo plastica dagli impianti di incenerimento. Poi, dopo l’acquisizione della Ittierre si è aggiunta l’altra nostra missione, quella di realizzare filati innovativi che poi – vantaggio importante – trovano utilizzo nel distretto industriale tessile del Molise. Rivitalizzare il patrimonio di competenze del distretto è l’ulteriore missione che ci siamo dati. Oggi un’azienda che gestisce rifiuti estrae risorse per la collettività: il rifiuto è un prodotto ad alto valore aggiunto, equivale ad una materia prima. Oggi Res rappresenta un anello importante nella catena della sostenibilità per tante aziende, copriamo a 360° il ciclo dei rifiuti. Ancora un’annotazione: una comunità energetica, un bel progetto per il territorio, capace di andare incontro alle utenze in condizione disagiata…».
Infine, si registra una minore propensione delle imprese molisane a stringere relazioni con altre
bili, perché un’impresa ha un’influenza fortissima sul suo territorio, sulle sue risorse umane, con l’unica variabile dimensionale del raggio d’azione, e d’altra parte il territorio ha a sua volta molta influenza sull’impresa. Oggi, però, le regole stanno imprimendo forti cambiamenti. E tra le regole c’è quella che impone alle imprese con oltre 500 dipendenti di fare il rapporto di sostenibilità e la certificazione del rapporto di sostenibilità. E anche le imprese sotto quella soglia, se sono fornitrici di imprese grandi, devono subire una due diligence di sostenibilità. In un’economia
imprese per partnership e rafforzamento dei rapporti di fliera, logistica e distribuzione, per attività di innovazione e
Nella foto a sinistra Paolo Spina, nella pagina accanto in alto Vincenzo Longobardi, sotto Sergio Sgambato
FRANCO IANNELLI, SECRETEL SERVICE
«Siamo un‘impresa tecnologica, da 22 anni attiva in Molise», dice Franco Iannelli, amministratore unico e fondatore di Secretel Service: «Ci siamo sempre mossi sulla tecnologia cercando di essere avanti. Abbiamo iniziato con i centralini ip, per offrire al mercato qualcosa che ancora non ci fosse e che fosse chiaramente utile. E abbiamo sempre cercato la qualità nei prodotti e nei servizi. Abbiamo brevettato anche uno sportello di servizi da remoto per mantenere un vero rapporto umano con la clientela. Ed oggi questo insieme di prerogative e di leadership sull’automazione ci ha permesso di vincere una gara per un ruolo importante nel progetto Polis delle Poste, con un nostro brevetto che troverà applicazione in 5.000 sportelli telematici del gruppo, decorrelando la funzionalità dal luogo fsico. È un orgoglio molisano!».
internazionalizzazione: scelta seguita dal 9,1% delle imprese contro il 18,1% nel Mezzogiorno e il 19,5% in Italia.
Molise
Italia
LA METODOLOGIA
La relazionalità con le imprese, istituzioni e soggetti locali aiuta la competitività. Perciò il territorio, come insieme delle relazioni con i diversi soggetti che vivono la comunità locale, è un fattore di snodo per lo sviluppo nel perseguire una crescita sostenibile dove la competitività si coniuga con la coesione sociale. E infatti l’OCSE ha defnito il territorio, nella sua dimensione di fattore di crescita, con il termine di “Capitale territoriale”.
Una misura della coesione
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FONTE: CENTRO STUDI DELLE CAMERE DI COMMERCIO GUGLIELMO TAGLIACARNE Dipendenti: competenze Dipendenti: progetti innovazione Dipendenti: welfare aziendale Altre imprese Scuole e università Enti di ricerca e Università Banche Associazioni di categoria Istituzioni territoriali Comunità Non prof Clienti 63,6 36,4 78,8 9,1 30,3 15,2 45,5 15,2 18,2 12,1 12,1 9,1 55,4 34,7 69,6 19,5 30,9 14,6 31,6 21,2 15,8 12,2 13,2 9,4 Indicatori di coesione socio-economica, Molise vs Italia Valori
in %
ALFREDO SALVATORE, SENSOR ID
«Siamo di Campochiaro, un piccolo centro tra Campobasso e Boiano, dove siamo nati solo 14 anni fa», racconta Alfredo Salvatore, amministratore delegato di Sensor Id: «Siamo partiti da un’esperienza fatta fuori dal Molise sia in Università che in laboratori di ricerca. E abbiamo deciso di tornare qui e far partire la nostra attività. Ci occupiamo di sviluppare e produrre sistemi Iot (Internet delle cose), in particolare nell’ambito della sensoristica, in tre ambiti essenziali: smart city, telemedicina, automazione dei processi. Abbiamo un approccio diverso dallo standard, perché
cerchiamo di sviluppare strumenti a servizio di sostenibilità. Per esempio utilizzando la tecnologia Rfd per la tracciabilità dei rifuti commercializzata in 19 regioni su 20, in 8 Paesi Ue e in 2 extra Ue. Quest’anno abbiamo iniziato un percorso di sviluppo di un sistema che deve avere come obiettivo la valutazione dell’impatto Esg. La ricerca è il core di tutto quel che facciamo. Dal punto di vista organizzativo ci ispira la ricerca del welfare aziendale. Siamo una microrealtà di 12 persone, oggi scarseggiano le risorse valide nei mestieri dell’It. Abbiamo un piano di incentivazione per i nostri collaboratori, e nessuno dei nostri se n’è mai andato via».
economica locale è nella propensione a relazionarsi con gli stakeholder sia interni che esterni all’azienda.
Attraverso l’indagine del Centro Studi TagliacarneUnioncamere è possibile esaminare il livello di relazionalità delle imprese con i vari attori locali.
Per quanto riguarda gli stakeholder interni la misurazione della coesione socio-economica considera il rapporto dell’imprenditore con i propri dipendenti in termini di: i) investimenti
come questa del Molise, la responsab uilità di ogni singola imprese è di essere d’esempio per l’intero territorio, diventare socialmente responsabili, e no di Diligentia le aiutiamo».
LA PROSSIMA TAPPA IL 17 MAGGIO NELLE
MARCHE AD ANCONA CON I PRESIDENTI
DELLE CONFINDUSTRIE LOCALI ROBERTO CARDINALI E PIERLUIGI BOCCHINI
Conclusa la parte introduttiva è stata la volta, come in ogni tappa, di una car-
nella formazione per il miglioramento delle competenze e la qualifcazione personale (competenze); ii) partecipazione dei dipendenti allo sviluppo di progetti di innovazione (progetti di innovazione); iii) investimenti per migliorare la salute e il benessere dei lavoratori, la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro dei suoi dipendenti (welfare aziendale).
Per gli stakeholder esterni, per la misurazione della coesione socio-economica sono stati considerati i
rellata di imprese (sul nostro sito www. economymagazine.it i contributi audiovideo)… in rigoroso ordine alfabetico: il Caseificio Agnone, La Molisana, l’Armando Marinelli, la Prestiter, la Res, la Secretel Service, la Sensor Id.
rapporti delle imprese con: i) Altre imprese per partnership e rafforzamento dei rapporti di fliera, logistica e distribuzione, per attività di innovazione e internazionalizzazione;
ii) Scuole e Università, per collaborazioni per stage/ tirocini di studenti e iniziative di alternanza scuola lavoro;
iii) Università e enti di ricerca, per realizzare ricerche utili al business dell’impresa e a progetti di Open Innovation;
iv) Banche, per migliorare la strategia fnanziaria e
aziendale, la competitività, accompagnamento con risorse e consulenza per progetti di innovazione; v) Non proft (soggetti del Terzo settore); vi) Clienti, per il coinvolgimento in “campagne di utilità sociale” (es. lotta allo spreco); vii) Associazioni di categoria settoriali/territoriali; iv) infne, Comunità, nel senso ampio del termine, che coglie tutte le imprese che investono in interventi di riqualifcazione e/o valorizzazione a benefcio delle comunità (es. sostegno ad attività culturali).
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Perché il futuro ci spaventa sempre di più
La caduta di razionalità lascia campo ad atteggiamenti e reazioni essenzialmente psicologiche che vanno nel senso di creare vissuti complessi e scettici sotto l’ombra di un pessimismo ormai calcificato
di Mario Abis
Insicurezza, ansia, paura… tutto ciò che alimenta l’incertezza su ciò che ci circonda e, presumibilmente, ci circonderà, cresce e nasconde ciò che è razionalità sociale. I dati “oggettivi” su condizioni economiche, lavoro, ambiente sono meno negativi di quello che si pensa: non siamo così poveri, l’occupazione guadagna qualche punto, la sostenibilità ambientale ed economica cresce di qualcosa….e tuttavia la società vede aumentare depressione (dati medici alla mano), paura e sfiducia (indagini d’opinione alla mano…).
Tutto questo è il portato del fatto che la caduta di razionalità lascia campo ad atteggiamenti e reazioni essenzialmente psicologiche che vanno nel senso di creare vissuti complessi e scettici sotto l’ombra di un pessimismo ormai calcificato. Ormai la categoria di ”clima sociale“ a designare questa combinazione di fattori…è sistematicamente utilizzata a designare che ciò che si è ..è meno importante di ciò che “si sente”. Anche se misurare ciò che si sente è un paradosso scientifico, si continuano a lanciare indagini su questo “clima“ che sono molto spesso banali convenzioni su ciò che si dice in termini di opinioni dichiarate sulla questioni del futuro e dell’ottimismo…e molto spesso queste banalità e distorsioni vengono utilizzate platealmente per orientare decisioni politiche ed economico/finanziarie.
Ma il clima sociale è ben altro ed è difficilmente rappresentabile con una misura lineare sull’ottimismo. È una combinazione complessa di vissuti psicologici, atteggiamenti e giudizi, fra sentimenti e intenzioni di comportamento, fra la dimensione del profondo individuale e collettivo e i meccanismi di appartenenza sociale, fra la sensazione del bisogno e quella del desiderio. Irresponsabile semplificare tutto questo, e soprattutto farlo in questo momento storico dove il contesto esterno influisce in modo violento sulla formazione del clima.Un contesto esterno alimentato soprattutto da due paure: quella individuale ( dopo il Covid) della malattia e quella collettiva che è la paura della guerra possibile. Questa centralità del clima sociale come mix incontrollabile di fattori non è recente o congiunturale ma nasce dalla storia (come sempre) recente della complessità sociale, con condizionamenti antropologici e culturali che hanno portato a consapevolezze sociali negative: quella di essere racchiusi in una dimensione generale di rischio (la società del rischio, come diceva Beck) di salute, di lavoro, di sicurezza e di falsificazione infor-
IL CLIMA SOCIALE È UNA
COMBINAZIONE DI VISSUTI, ATTEGGIAMENTI E GIUDIZI
mativa. Quest’ultimo aspetto, accentuato anche simbolicamente dalla gestione informativa di ciò che è guerra, si è consolidato nel tempo con la distorsione dell’uso dei social soprattutto fra i giovani. Effetto di sintesi: che nessuno crede più a niente, che la nuvola di incertezza/ falsità in cui ci si sente di vivere, alimenta un clima in espansione, dall’individuale al “comune “, in cui l’oggettività non c’è e contano soprattutto le percezioni. E sono queste che fanno il clima, non certo gli indicatori convenzionali di fiducia. E, in questo quadro, il clima cambia molto meno che nei passati di 15 20 anni fa, quando bastavano due o tre accadimenti per far passare dal + al - l’indice di fiducia. Oggi il complesso clima sociale ha un’indicatore sintetico, anno per anno, dopo il Covid, di andamento in lineare inclinazione, sempre negativo. E questa è l’unica misura plausibile.
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Altre migrazioni
Case green, ora stabilizziamo le agevolazioni
La vicepresidente Alessandrelli in audizione alla Camera: “la ricetta” delle tre “S” per raggiungere gli obiettivi fissati dall’Unione Europea: semplificazione, sistematicità e stabilizzazione delle misure agevolative
di Giovanni Francavilla
«Adistanza di quasi 4 anni dall’entrata in vigore del Superbonus 110%, dopo il trentaduesimo intervento di modifica e correzione delle misure agevolative nel settore edilizio e di efficientamento energetico, prendiamo atto che gli effetti positivi non sono tali da controbilanciare gli effetti che si rilevano a carico della finanza pubblica». Lo scorso 12 aprile, in audizione davanti alla Commissione Finanze e Tesoro del Senato, dove si sta discutendo il “decreto Agevolazioni fiscali edilizia” (Dl. 39/2024), la vicepresidente di Confprofessioni, notaio Claudia Alessandrelli, punta il dito sull’impatto economico del Superbonus 110% sulla finanza pubblica, che ha spinto il governo a eliminare ogni tipo di sconto in fattura e cessione del credito legati all’incentivo introdotto nel 2020 per non appesantire ulteriormente il bilancio dello Stato.
Secondo le previsioni iniziali, il Superbonus 110%, ideato come misura straordinaria, avrebbe richiesto l’impegno di 37 miliardi di euro e, invece, secondo i dati comunicati dall’Enea lo scorso marzo 2024, ha raggiunto la soglia dei 122 miliardi di euro. «Il Superbonus 110% può aver avuto un effetto positivo in un momento di recessione dell’economia, quale la fase pandemica e post-pandemica», sottolinea Alessandrelli. «Gli aumenti della spesa in deficit possono essere utilizzati per attutire gli effetti di una recessione o per accelerare la ripresa, ma prima o poi devono essere sospesi perché pesano in maniera significativa sul debito pubblico».
La svolta impressa dal Governo con i provvedimenti di “chiusura” del Superbonus impone, a questo punto, l’individuazione di una strategia alternativa per conseguire gli obiettivi della sostenibilità energetica del nostro patrimonio edilizio e
di sostegno al settore edile, al fine di recepire la cosiddetta Direttiva “Case green”, continua la vicepresidente di Confprofessioni. Un obiettivo particolarmente sfidante per l’Italia poiché si stima che nel nostro Paese circa 1,8 milioni di edifici residenziali sul totale di 12 milioni rientrino tra gli edifici più energivori (con classe energetica G), 9 milioni di edifici residenziali ricadono in classe E, F e G, mentre il Superbonus 110% ha riguardato sino ad ora meno di 500 mila edifici. Tra l’altro, dei 12 milioni di edifici residenziali circa il 70% è stato costruito prima dell’emanazione delle norme antisismiche (1974) e sull’efficienza energetica (1976).
«In sede di recepimento della Direttiva», sostiene Alessandrelli, «non si potrà prescindere dalla contestualizzazione, e, dunque, dalla necessità di distinguere a seconda delle diverse aree geografiche del Paese caratterizzate da differenti condizioni climatiche, oltre che della tipologia degli immobili». In un’ottica propositiva, proprio in vista del recepimento della Direttiva, Alessandrelli detta la ricetta delle tre “S”: semplificazione, sistematicità e stabilizzazione delle misure agevolative. «In questa fase, diventa indispensabile accorpare tutti i bonus sotto un’unica detrazione fiscale di portata inferiore, eventualmente rimodulando i meccanismi, con modalità di incentivazione differenziata. Infine», conclude Alessandrelli «è imprescindibile definire un sistema di norme chiare e di facile interpretazione ed applicazione da parte degli operatori economici e dei cittadini beneficiari, evitando, in particolare, modifiche della disciplina troppo ravvicinate alle scadenze, oltre che prevedere per le misure agevolative un orizzonte temporale di riferimento sufficientemente stabile nel medio e lungo periodo».
Claudia Alessandrelli, vicepresidente di Confprofessioni
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Confprofessioni
OBIETTIVO
LA DIRETTIVA «CASA GREEN» È UN
MOLTO SFIDANTE PER IL NOSTRO PAESE
La riparazione della Bancarotta Non dimentichiamoci del cuneo fscale
di Alessandro Arrighi
Funzione del diritto penale è quella di assicurare la conservazione e la tranquillità della “res publica”, mediante barriere che evitino che un cittadino possa violare la sfera privata invalicabile dell'altro o compiere azioni nocive per la società. Ma, mentre per la maggior parte dei reati il reo è conscio, o quantomeno potrebbe e dovrebbe avere la consapevolezza di compiere il reato, nel caso della bancarotta, in genere non è possibile, perché il reato diventerà tale solo se si apre una procedura concorsuale. Perché un’operazione economica possa essere bancarottiera è necessario valutare, ex post, che abbia determinato un danno prevedibile ex ante, per l’impresa fallita, e che abbia concorso a determinare lo stato di insolvenza. In pratica, a seconda dell’effetto che un’azione avrà determinato sul patrimonio, anche in relazione a tutta una serie di fatti esogeni, potrà essere qualificata come imprudente, e quindi reato, o avere salvato l’impresa. Dal punto di vista giuridico, il reato è quel fatto che infrange la legge penale al quale l'ordinamento giuridico ricollega, come conseguenza, una pena. Il Pm dovrà scoprire se sia stata infranta la legge e proporre al giudice una pena da applicare. La legge penale, per come è concepita, non ha la funzione di determinare un risarcimento per i creditori danneggiati, ma semplicemente quella di applicare la giusta pena, per i fini detti. È un approccio, di derivazione medioevale, anacronistico in un sistema economico fluido, in cui l’interesse della comunità sarebbe quello di non distruggere valore e provocare, la più alta riparazione possibile, per quanto parziale, per i creditori. Perché ciò avvenga è necessario novellare la normativa e prevedere, o favorire, un sistema di risarcimento penale dei creditori, che possa esimere il reo dall’applicazione delle pene o ridurle, utilizzando le competenze delle Procure, per valutare quale possa essere il miglior risarcimento ottenibile. Impregiudicate le azioni civili, si tratta di introdurre nell’ordinamento penale un nuovo istituto, per certi versi simile a quello del patteggiamento, che consenta, appunto, di “patteggiare” il rischio di una pena detentiva, trasformandola in un risarcimento dei creditori, ristabilendo le condizioni iniziali di tranquillità della res publica, in modo che l’effetto nocivo della azioni, che hanno determinato una violazione e quindi una perturbazione, possa essere rimosso, a beneficio del sistema di impresa e della collettività.
Qdi Carlo M. Ferro
ando queste riflessioni saranno pubblicate la corsa alla presidenza di Confindustria sarà conclusa con la designazione di Emanuele Orsini. La tempistica consente di affrontare il tema delle priorità per le imprese senza entrare nel merito di candidati e programmi, che sono fatti privati degli associati. Individuerei: innovazione, costo del lavoro, formazione e produttività. Il successo di un sistema manifatturiero che esporta il 45% della sua produzione dipende da innovazione e competitività, che è il prodotto del costo dei fattori per la loro produttività.
Sul fronte dei costi, è il costo medio orario del lavoro a fare la differenza: in Italia €29,8, rispetto alla media UE di €31,8. Ma pesano il divario fra stati membri - con i Paesi dell’est fra 9 e 13 € - e, sui mercati globali, il gap dell’Europa verso l’Asia. In Italia 1 € di retribuzione costa 38 centesimi aggiuntivi di contributi, mettendo il nostro Paese al quinto posto nelle classifiche di maggior incidenza del cuneo fiscale in Europa. Per questo - e per le sue implicazioni sociali - porrei l’abbattimento strutturale del cuneo fiscale in cima alla lista di priorità. Insieme al tema della produttività, considerato l’andamento pressoché stazionario in Italia della produttività totale dei fattori, misurata in termini di valore aggiunto per ora lavorata (Istat 1995-2024). Questo indice migliora quando la ricerca tecnologica e gli investimenti rendono più efficienti i processi produttivi e lo sviluppo accresce il valore aggiunto di prodotto. L’Italia investe in ricerca e sviluppo 1.45% del Pil, 2/3 della media europea (2,2%), per quanto la nostra imprenditoria supplisca: è il fenomeno del calabrone che vola nonostante la sproporzione delle sue ali.
Se guardiamo i dati in dettaglio, il divario più significativo è nella produttività del lavoro, mentre dal 2014 la produttività del capitale è in recupero. Da un lato l’allarme lanciato da tutte le categorie produttive riguarda il gap formativo tra offerta e domanda di lavoro, cruciale per le giovani generazioni. Dall’altro, i positivi risultati di industria 4.0 nella modernizzazione dei processi manifatturieri (come dimostra il turnaround della produttività del capitale) dovrebbero innescare “Impresa 5.0”. Una nuova fase di intervento allargata ai processi gestionali delle imprese, oltre la manifattura, estesa all’intelligenza artificiale, dopo big data e IoT, e che abbracci le Pmi per farle crescere. Riconoscere che Industria 4.0 è nata su iniziativa di Confindustria, in una fase di luna di miele col governo, e con l’impegno della sua rete territoriale è la premessa per una nuova fase. Buon lavoro al neo-eletto Presidente di Confindustria!
COVERSTORY 106 Il Salvaimprese Notepad
Debugging
La lacuna culturale imbottisce il materasso
Gli italiani risparmiano molto, ma investono poco: così mettono a rischio i propri capitali. Al Salone del Risparmio riflettori accesi su sfide e opportunità del settore in un contesto di incertezza e continua evoluzione di Silvia
IVianello
l Salone del Risparmio, giunto alla sua quattordicesima edizione, ha acceso i riflettori sulle sfide e le opportunità che si prospettano per l'industria del risparmio gestito in un contesto di incertezza e continua evoluzione.
Con un patrimonio complessivo che supera i 2.300 miliardi di euro (superiore al Pil italiano del 2023!), il risparmio gestito rappresenta una componente fondamentale del sistema economico italiano. L'industria ha attraversato fasi complesse in termini di qualità e trasparenza, fin ad arrivare ad offrire agli investitori una gamma sempre più ampia di prodotti e servizi. Il dato di oltre 11 milioni di italiani che investono stabilmente in fondi comuni è un indicatore importante della crescente fiducia dei cittadini verso questo tipo di investimento. Tuttavia, c'è ancora molto da fare per colmare il gap di competitività dell'Unione Europea rispetto alle altre economie mondiali. In particolare per una profonda assenza di cultura finanziaria della popolazione.
L'inflazione, l'andamento dell'economia globale e le tensioni geopolitiche sono solo alcune delle sfide che il settore del risparmio gestito dovrà affrontare nei prossimi anni. A queste si aggiungono la necessità di completare la Capital Market Union e di semplificare il quadro normativo perchè disomogenità nelle normative rischiano di portare i risparmi italiani al di fuori dell’UE. Imbarazzante anche il dato che 1.500 miliardi di liquidità delle famiglie restino esposte all’inflazione proprio per assenza di cultura finanziaria. Bisogna agire concretamente al più presto su questo fronte.
Assogestioni, l'associazione italiana delle societò che gestiscono capitali – in inglese “asset manager”, in italiano Sgr, Società di gestione del risparmio - ha individuato cinque priorità per il futuro del settore: centralità del cliente, innovazione con le sfide del digitale, attenzione all'evoluzione normativa, educazione finanziaria, sostegno al ciclo economico sostenibile. Il risparmio gestito può giocare un ruolo chiave per la crescita e lo sviluppo economico del Paese. Diventa sempre più importante per i cittadini investire in modo efficiente il proprio risparmio, invece di lasciare capitali ingenti nei conti correnti. Per rafforzare il settore, Assogestioni propone diverse misure, tra cui: il completamento della Capital Market Union europea;
la riforma del Testo Unico della Finanza (Tuf), un po’ stagionato; la promozione dell'educazione finanziaria, a tutti i livelli; lo sviluppo di prodotti e servizi innovativi; e un’opportuna evoluzione del quadro fiscale. Nonostante le sfide da affrontare, il futuro del risparmio gestito appare promettente solo se sarà in grado di venire incontro anche alle esigenze dei più giovani e ad abbracciare l’intelligenza artificiale. L'industria ha dimostrato di essere resiliente e capace di adattarsi alle nuove esigenze del mercato, ci riuscirà anche questa volta? Con il sostegno delle istituzioni e il continuo impegno degli operatori, il risparmio gestito può continuare a svolgere un ruolo fondamentale per la crescita del Paese. Sono convinta che il Salone del Risparmio 2024 abbia rappresentato un momento importante per il settore e abbia contribuito a tracciare la rotta per un futuro di successo.
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CI SONO 1.500 MILIARDI DI LIQUIDITÀ DELLE FAMIGLIE ESPOSTE ALL'INFLAZIONE
È UN «PIANO» MATTEI
DI NOME E DI FATTO
Al progetto - più che condivisibile - ideato dal governo italiano manca concretezza. E non considera le vere necessità degli africani: un tetto sopra la testa e un lavoro col quale sostentarsi di Umberto Capelli *
Il «Piano Mattei», ideato dal governo italiano, è un progetto più che condivisibile. «Aiutiamoli a casa loro», però, non deve restare uno slogan. Deve tramutarsi in opere. E deve farlo presto, anzi subito, perché lo impone una gara contro il tempo e contro avversari agguerriti. Negli ultimi anni, buona parte dell’Africa è caduta sotto l’influenza politica ed economica di Cina e Russia, mentre Europa e Stati Uniti non hanno fatto molto per aiutare il progresso dell’Africa più povera.
Battere la concorrenza delle grandi autarchie è strategico anche perché in Africa le impese cinesi costruiscono strade e ponti, ospedali e aeroporti, e in cambio strappano il diritto di sfruttare risorse locali. Ma gran parte delle infrastrutture «made in China» vengono realizzate male, tanto che diventano fatiscenti in poco tempo. Lo sfruttamento delle risorse in cambio di opere, inoltre, è stato spesso favorito dal bisogno e garantito dalla corruzione. Molti Stati africani, invece, stanno cercando di crescere con regole nuo-
ve, più democratiche e corrette. Per aiutarli davvero, però, è necessario mettere i loro governi nelle condizioni di poter scegliere tra chi corrompe e poi sfrutta, e chi invece cerca di lavorare meglio e più onestamente, e dispone anche di tecnologie più avanzate. Il «Piano Mattei», insomma, arriva al momento giusto e va nella direzione giusta. Eppure non corre. Perché gli manca concretezza. Quello che sembra essere stato dimenticato,
SERVIREBBE MENO BUROCRAZIA E UNA BUONA DOSE DI ELASTICITÀ IN PIÙ. EPPURE MOLTE INIZIATIVE SAREBBERO GIÀ PRONTE A PARTIRE
per esempio, è che un progetto così ambizioso ha senso solo se offre risposte concrete ai bisogni primari dell’Africa. Il Piano, invece, pare non considerare che molti degli abitanti del Continente al momento hanno due grandi necessità: una casa in cui vivere e un lavoro per sostentarsi. Noi italiani dovremmo ricordarlo bene, perché nel Dopoguerra l’edilizia fu il vero motore della nostra crescita.
Oggi è esattamente così in gran parte dell’Africa, a partire dal Senegal, un Paese che conosco bene. Il governo di Dakar ha lanciato un «Piano per l’emergenza» che ha l’obiettivo di creare 100.000 case, che equivalgono a 100.000 posti di lavoro, e quindi il sostentamento per 500.000 persone (su un totale di 17 milioni di abitanti). Il «Piano Mattei» sembra essere fatto apposta per il Senegal, e potrebbe dare una risposta fondamentale. Ma la rapidità di risposta è fondamentale: lo è per le necessità del Senegal così come per quasi tutto il resto dell’Africa.
Al contrario, il «Piano Mattei» non riesce ad applicarsi a questo tipo di iniziative perché sembra ignorare che molti imprenditori hanno già progetti o iniziative che potrebbero diventare operative molto velocemente, in certi casi anche in pochi giorni. Il problema è che questi imprenditori non hanno nemmeno accesso al sostegno dello Stato italiano, perché continua a misurare la validità dei progetti basandosi sulle condizioni dei promotori. Mi spiego meglio: nessuna start-up può presentare tre bilanci consolidati da analizzare, così come nessuna iniziativa sviluppata sulla base delle risorse dei soci potrà mai avere bilanci «premiati» da una tripla A. Molte iniziative, molti progetti, possono però sottoporre al vaglio delle istituzioni italiane i loro business plan e i contratti già sottoscritti. E molti di questi progetti e di queste iniziative potrebbero produrre effetti importanti in tempi brevi, con la creazione di migliaia di posti di lavoro. Servirebbe meno burocrazia, insomma, e una buona dose di elasticità in più. Lo Stato italiano ha le sue agenzie per lo sviluppo estero e ha straordinarie competenze: le usi per valutare anche le proposte dei piccoli e medi operatori. E il «Piano Mattei» si metterà a correre.
(*) Umberto Capelli è un noto architetto milanese, progettista di strutture importanti come le stazioni della linea 3 della Metropolitana di Milano, e di infrastrutture internazionali tra cui l’ampliamento dell’aeroporto di Bucarest.
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Il gl balista
Se il mondo resta senza vino (e avocado)
Al di qua e al di là dell'Oceano Atlantico, l'allarme è il medesimo: occorre arrestare il riscaldamento globale, altrimenti dovremo trovarci a ridisegnare completamente due settori strategici per l'economia
di Giuseppe Corsentino
Niente più Brunelli di Montalcino e Baroli e niente più Champagne e rossi Saint Emilion. E probabilmente bisognerà pure rinunciare ai Rioja spagnoli e ai Malbec argentini. Il mondo globale del vino, che vale 250 milioni di ettolitri con 80 milioni di tonnellate di uve prodotte e 7,4 milioni di ettari di vigneto (dati dell’Oiv, l’Organizzazione internazionale della vigna e del vino che sta, ça va sans dire, a Parigi), rischia di sparire o di cambiare radicalmente le sue caratteristiche (agricole ed economiche) se non si riuscirà a fermare (o rallentare) quei famosi due gradi di riscaldamento che a suo tempo furono indicati dalla Cop21 di Parigi come la “dead line” climatica invalicabile per la salvezza del pianeta.
Se questo non accadrà – ed è l’allarme lanciato dai ricercatori dell’Inrae, l’istituto pubblico francese che si occupa di ricerca in agricoltura, e dai tecnici di Bordeaux Sciences Agro che mette insieme e gestisce il lavoro delle università di Bordeaux e di Borgogna – se questo non avverrà, com’è purtroppo probabile, tutto il sistema agroindustriale della viticoltura - quello che anni fa il nostro “Gambero Rosso” definì con felice espressione la “wine economy” - cambierà profondamente con conseguenze pesanti sia dal punto di vista agronomico sia da quello economico (basti dire che solo in Italia la wine economy vale due punti di Pil e che il 65% del vino che circola nel mondo è prodotto in Europa, soprattutto in Italia e in Francia).
Insomma, il riscaldamento globale ridisegnerà le caratteristiche della viticoltura globale. Come si legge nei paper degli agro-scienziati di Bordeaux e della Borgogna, lo scenario è il seguente: i vigneti spariranno dai paesi storicamente vocati alla viticoltura come Italia Francia e Spagna e – forse – compariranno nelle pianure della Polonia o sulle colline della Gran Bretagna. Una vera rivoluzione agraria con conseguenze che gli esperti dell’Oiv di Parigi sintetizzano in una battuta: non è che la vigna non resista al caldo, anzi; sono i viticoltori e tutto il sistema produttivo della wine economy che non resisteranno al crollo dei rendimenti con i grappoli che rinsecchiscono, le uve che perdono aromi e acidità e quindi non sono più adatte alla fermentazione. E quindi diventare vino. Infatti, per dirla con madame Agnès Destrac, ingegnere dell’Inrae di Montpellier, con il riscaldamento globale e quei due gradi in più non sarà più conveniente coltivare la vigna e fare il vino in tutta l’Europa mediterranea e in California. Resisteranno (forse) le aziende di Bordeaux affacciate sull’Atlantico e che possono godere
della frescura oceanica ma la gran parte delle aziende costiere in Spagna e in Italia sono destinate a sparire (mentre i vigneti potrebbero trasferirsi, entro la fine del secolo, sulle coste del Mar Nero, Crimea e Ucraina, grazie al clima più fresco). E per dirla ancora con le parole degli enologi di Bordeaux, si assisterà alla più grande migrazione viticola della storia con le vigne che riempiranno le pianure della Polonia e della Biolorussia, le colline della Danimarca e dell’Inghilterra (qui, per dire, la viticoltura è già cresciuta del 400% negli ultimi vent’anni con 3.200 ettari coltivati che oggi fanno concorrenza agli Champenois francesi).
In ogni caso non sarà un cambiamento semplice perché l’industria del vino ha regole precise e al momento intangibili con severissimi disciplinari di produzione per cui è impossibile impiantare vigneti e fare il vino fuori dal perimetro delle zone indicate nei disciplinari pena la perdita della denominazione d’origine (che, come si sa, ha un importante valore economico). Bisognerà riscrivere tutto e rifare tutto mentre gli agronomi cercheranno di mettere a punto vitigni in grado di resistere al calore eccessivo pur conservando aromi e acidità come si diceva prima.
È quello che l’industria del vino francese, tecnicamente la più avanzata del mondo insieme con quella californiana, sta cercando di fare con i progetti Vitadapt e GreffAdapt lavorando con la tecnologia degli innesti (greff in francese) che generano vitigni che hanno bisogno di meno acqua anche perché la semplice irrigazione dei vigneti, dicono gli agronomi dell’Istituto delle scienze della vite e del vino dell’università di Bordeaux, un’eccellenza del settore, non è la soluzione ideale alla luce dei problemi, anche sociali che potrebbero sorgere in futuro con il riscaldamento globale, per il corretto uso dell’acqua.
L’oro verde del Messico
Volete un esempio? Spostiamoci nel Michoacan, uno dei 31 Stati del Messico, che si affaccia sull’Oceano Pacifico ed è il primo produttore mondiale di avocado, il frutto che in questa stagione quasi estiva non manca mai nelle insalate (e nelle diete ipocaloriche). Partiamo da questo dato: per fare un chilo di avocado ci vogliono almeno mille litri (un metro cubo) di acqua. Ora se si pensa che la produzione di avocado in Messico, quindi nella zona di Michoacan che ne rappresenta i sette decimi, è arrivata a 2,5 milioni di tonnellate l’anno...
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Continua online
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MARKETING CONTROPELO SU UNA NUOVA NECESSITÀ… CON TANTO HUMOR
Nel consumer market più grande al mondo, gli Usa, è costante la ricerca nel voler essere creativi e cercare nuovi bisogni dei consumatori, alcuni dei quali possono sembrare non primari e, una volta individuati, riescono a diventare un nuovo “must have” e generare anche un business e un fatturato multimilionario
È
il caso qui negli Stati
Uniti di Manscaped, azienda fondata nel 2016, con sede a San Diego in California e specializzata in prodotti per la cura dell’area del corpo maschile “below the waist”, sotto la cintura.
L’idea è di Paul Tran, giovane imprenditore visionario nato in Vietnam ed emigrato negli Usa, per offrire ad un target di consumatore maschile una serie di prodotti per il benessere dell’area pubica-genitale e quindi trimmer, crema depilatoria, balsamo dopo rasatura, deodorante esclusivamente per i “gioielli di famiglia”. Necessita’ divenuta oggi un must in quanto un abstract pubblicato sull’American Journal of Men’s Health indica che l’87% degli uomini americani in età tra 18 e 65 anni si depila l’area pubica, il 66% lo scroto e il 57% l’organo genitale maschile esterno.
Inizio turbolento come per tutte le start up, inizialmente supportata anche dall’attore Channing Tatum (Step Up e la trilogia di Magic Mike) e con una ricerca fondi su Shark Tank, il reality di business trasmesso dalla emittente televisiva Abc, oggi alla quindicesima stagione, attirando l’interesse di investitori quali l’imprenditore miliardario Mark Cuban, proprietario della squadra dei
Dallas Maverick, e di Lori Greiner, la “Queen of Qvc”, il canale televisivo americano di shopping. L’idea è diventata un successo conclamato perchè Manscaped in solo tre anni è passata da un fatturato di 3 milioni di dollari a oltre 300 milioni e oggi ha una valore di mercato di oltre 800 milioni di dollari sulla base del forte posizionamento di mercato e della proiezione di crescita che per il 2024 prevede un fatturato di 550 milioni di dollari.
Il successo si fonda sull’avere identificato una nuova necessità concentrandosi su
un nuovo bisogno a lungo considerato negativamente come soggetto altamente sensibile e fortemente stigmatizzato e aprendo così quello che oggi risulta essere un vasto mercato mai sfruttato in precedenza. Oggi Manscaped è distribuito in 39 paesi ed è market leader nei 5 mercati di lingua inglese: Usa, Canada, UK, Australia e New Zealand. Il brand ha sviluppato ancor piu’ consistency e con lo slogan “We Save Balls” è partner della Testicular Cancer Society, con la missione di educare veicolando il messaggio sulla prevenzione e sul self screening per la patologia oncologica più comune tra i giovani tra i 18-35 anni.
E il successo continuerà a crescere perchè, come sostiene il fondatore Tran, gli utilizzatori nelle 2 categorie dei Millennials e della Gen Z con l’avanzare dell’età continueranno a considerare il “manscaping” una nuova abitudine socialmente richiesta.
Nell’american english si crea così anche il neologismo “manscaping” dalla sintesi di “man” e di “landscaping” (che si utilizza per l’architettura del paesaggio e il disegno di giardini) per indicare il taglio o la rasatura dei peli del corpo di un uomo in modo da migliorarne l’aspetto – in sintesi la nuova
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di Antonio Acunzo, Ceo di Mtw Group-Foreign Market Entry Advisors
Mtw Group Usa è una società di advisory di international business con sede a Miami in Florida dal 2005 che offre consulenza manageriale strategica per l’Internazionalizzazione nel mercato Usa integrata con servizi di Marketing Communication, Brand Marketing, Business Development e Corporate, e ItalyUs è la divisione di Mtw Group Usa dedicata alle aziende Pmi e Mid-Market del Made-in-Italy che guardano al mercato Usa per la propria crescita ed espansione attraverso piani di internazionalizzazione strutturata come Joint-Venture, M&A, Fdi e Direct Export. antonio.acunzo@mtw.group www.mtw.group
necessità. Nel 2019 quando Manscaped era ancora un brand sconosciuto, investiva ben 80/100.000 dollari ogni mese in attività di marketing mommunication per promuovere brand e prodotto.
IL MONDO SOLIDALE
Una aggressiva campagna di Marketing il cui content è stato studiato e focalizzato su un unico concetto trainante: lo humor, perchè ancora più importante delle peculiarità del prodotto bisognava sgretolare un tabù fortemente radicato nel maschio americano e che intaccava la propria virilità. Il primo video promo del 2017 ha registrato ben 48 milioni di visualizzazioni e la campagna si è propagata via YouTube, Facebook e i principali social networks per poi sbarcare sui commercials televisivi e nei billboards. Considerando il basso fatturato di allora, 1,5 milioni di dollari, è palese quanto l’investimento in marketing risultasse fondamentale pur nella perdita operativa del momento. Oggi il brand Manscaped è presente qui in Usa nei principali retailers americani, da Macy’s a Target a Best Buy a Walmart, così come disponibile in e-commerce su Amazon.
L’etica della cura alla base delle relazioni
In questo secolo umanesimo e anti-umanesimo coesistono? Un fatto è certo e ormai appurato: alla ricerca fnalizzata si valorizza di riscontro una metafsica impoverita, che considera ogni cosa come un’entità da conoscere con sempre maggiore sicurezza ed esattezza e da manipolare con sempre maggiore sofsticazione. Ma c’è anche un percorso opposto. Nei più recenti studi sulla flosofa della natura, questa non coincide con l’antropologia a matrice esclusivamente umana e si fonda invece sul principio che tutto ciò che sente è vita. Tra gli innumerevoli studi su questa tonalità a intensità crescente e dunque endemica, l’esperienza conoscitiva non si limita all’atti-
vità pensante ma integra i dati sensibili, i flosof direbbero gli aspetti pre-categoriali dell’esperienza sensibile. Attraverso il sentire ogni specie fa vibrare il piano espressivo della vita in modo differente ma comprensibile nelle linee essenziali anche ad altre specie. Il vettore di tale connessione non è la razionalità, ma l’intelligenza affettiva e le sue forme di manifestazione, tra le quali l’empatia, in una sorta di “sintonizzazione espressiva” a cui collaborano diverse risorse conoscitive, di comunicazione, di introspezione, di comprensione dell’alterità e dei contesti. Il sentire e le sue forme espressive è ciò che connette ogni organismo vivente alla vita ma è anche
il modo in cui la vita si esprime
Tutto frutto dell’utilizzo costante e continuativo del marketing e del mix di communication, content marketing e advertising. Marketing che fa parte da sempre della cultura imprenditoriale americana come driver del business development e, vorrei ricordare, che le Pmi americane dedicano ogni anno mediamente un budget pari all’8%-12% del fatturato per le attività di marketing a sostegno di brand e prodotto. Marketing che non crea un nuovo bisogno bensì individua una nuova necessità per poi soddisfarla e per far ciò trasforma prodotti e servizi per renderli quanto più rispondenti alle necessità, anche nuove, del consumatore dimostrando di essere in grado di soddisfarle, spesso anche influenzando un desiderio che può diventare una nuova necessità.
di Giuliana Gemelli
in ogni individualità, non necessariamente umana, ma anche inter-specifca. Da questo punto di vista ogni nostra esperienza è un innesto di nuovi orizzonti che migliorano la coesistenza tra le specie, e sviluppano il lato meno aggressivo e oppressivo della nostra umanità. Dall’emergere di un’antropologia non meramente umanistica, al predominio di categorie cosiddette maggiquali, razionalità, sistematicità, riproducibilità, riduttivismo sperimentale ha fatto riscontro l’affermarsi di altre forme di approccio conoscitivo, che potremmo defnire, seguendo il flosofo Rocco Ronchi, “canoni minori”, quali vitalità, vulnerabilità, empatia Quest’ultima non è solo la capacità di rispondere all’altro
ma anche di rendere l’altro capace e di rispondere. Negli ultimi decenni questo approccio si è sviluppato in ambiti trans-discipinari vieppiù complessi che includono in primis l’etica della cura, come base fondamentale per lo sviluppo di relazioni non solo inter-personali ma anche inter-specifche. Questo processo ha affancato, per strade diverse, ma con una certa simultaneità, il consolidarsi di un nuovo orientamento, non più solo bio-medico, ma bio-socio-medico che ha generato, non un nuovo paradigma alla Khun, ma piuttosto una nuova poiesis, alla Maturana e Varela, che connette in modo sempre più consapevole, guarigione ed eudemonia, salute e benessere.
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SHORT STORIES
Consumi
Se il robot diventa personal shopper
Un italiano su tre ritiene che entro il 2030 l’IA potrebbe essere utilizzata per offrire consigli per gli acquisti personalizzati e che il servizio clienti potrebbe essere interamente gestito dall’intelligenza artifciale. Il dato emerge da “ServiceNow Consumer Voice Report 2024: Tackling the brand loyalty crisis”, l’ultima ricerca ServiceNow, leader globale in workfow digitali. L’intelligenza artifciale sarà il futuro: i clienti italiani optano per diversi canali di servizio, in base al motivo contingente e i motori di ricerca intelligenti sono considerati i migliori per le prime informazioni generali (28%). Nel momento in cui si ha bisogno di risolvere un problema specifco, però, il consumatore italiano preferisce ancora una telefonata con un rappresentante umano (44%).
I TEMI DEL LAVORO
NEI CONTENUTI EXTRA SUL CANALE DIGITALE
I consulenti del lavoro italiani e il loro Ordine, presieduto da Rosario De Luca, sono in prima linea con le imprese che fanno il Pil del nostro Paese, che con l’iniziativa autonoma generano anche lavoro subordinato, cioè la cinghia di trasmissione del benessere dall’attività d’impresa al resto della società.
Economy ogni mese ospita – in un’edizione digitale dedicata alla categoria, ma accessibile a tutti i lettori interessati attraverso un QR che ormai costituisce uno snodo della carta stampata verso il multimediale– un’ampia sezione dedicata ai temi specifici e specialistici del settore, in collaborazione con l’Ordine e il suo ufficio studi.
Interessante notare come il 21% riconosca e cominci a premiare l’utilizzo di chatbot, riconosciuti come un servizio importante che l’azienda deve offrire, per il 62% del campione. Gli italiani che non vorrebbero utilizzare l’intelligenza artifciale o l’intelligenza artifciale generativa, almeno per alcuni servizi, spiegano che il motivo principale è il timore che questa sostituisca i posti di lavoro umani (37%). A seguire la mancanza di personalizzazione (28%), il desiderio di scuse o risposte sincere piuttosto che una risposta standard (23%), il non fdarsi della correttezza della risposta e non sapere bene come interfacciarsi con questa tecnologia (entrambe le opzioni 21%). Guardando al futuro però, un italiano su tre (29%) è consapevole che entro il 2030 l’IA potrebbe essere utilizzata per offrire raccomandazioni di acquisto personalizzate e che il servizio clienti potrebbe essere interamente gestito dall’intelligenza artifciale (22%).
Space economy
Così l’Italia va alla conquista del Pianeta Rosso
Real estate Immobili, investimenti in crescita a doppia cifra
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Thales Alenia Space, Joint Venture tra Thales 67% e Leonardo 33%, ha siglato con l’Agenzia Spaziale Europea (Esa), un contratto del valore complessivo di circa €522mln, diviso in tranche, per la continuazione delle attività necessarie al completamento della missione ExoMars 2028. Il contratto include la realizzazione del Modulo di Ingresso, Discesa e Atterraggio su Marte (Edlm, Entry, Descent and Landing Module) e le attività di manutenzione e riconfgurazione dei veicoli già costruiti per la missione del 2022. Questa missione, il cui lancio è previsto dal Kennedy Space Center, nella fnestra compresa tra ottobre e dicembre del 2028, ambisce alla ricerca di tracce di vita sulla superfcie di Marte. Guidata dall’Esa, con la partecipazione della Nasa e con il sostegno dell’Agenzia
Secondo l’analisi del Team Research di Dils, il volume degli investimenti immobiliari in Italia nel primo trimestre del 2024 risulta pari a circa 1,9 miliardi di euro, una performance doppia (+98%) rispetto allo stesso periodo del 2023. Il maggiore contributo per il raggiungimento di questo risultato è arrivato dal closing di due importanti operazioni nei mercati di Milano e Roma, che attraggono oltre due terzi dei capitali investiti in Italia nel trimestre. Il settore Alternative e la componente Mixed-use in ambito nuovi sviluppi rappresentano insieme la voce più rilevante nel volume di investimenti del Q1 2024, con quasi 600 milioni di euro. Il settore degli Uffci dà continuità alla positiva chiusura del 2023, registrando nel primo trimestre 2024 investimenti per circa 530 milioni di euro. Nel primo
Spaziale Italiana, la missione ExoMars 2028 fornirà un rover europeo capace di guida autonoma sulla superfcie del pianeta. Il rover, dotato di una trivella sviluppata da Leonardo, nello stabilimento di Nerviano (Milano), raccoglierà campioni di terreno perforando il suolo marziano, fno a 2 metri di profondità. Ne analizzerà le proprietà chimiche, fsiche e biologiche utilizzando il suo laboratorio analitico (Analytical Laboratory Drawer) sviluppato da Thales Alenia Space. Uno degli obiettivi della missione è la ricerca di batteri nel sottosuolo, viventi o fossilizzati. Nel frattempo, il Trace Gas Orbiter (Tgo), protagonista della prima parte della missione ExoMars, realizzato in qualità di primo contraente da Thales Alenia Space, è attivo in orbita attorno a Marte, con il compito di rilevare gas nell’atmosfera marziana, in particolare metano. Thales Alenia Space Italia conferma così il suo ruolo di prime contractor industriale della missione ExoMars 2028 ed è inoltre responsabile dell’integrazione delle attività di test e della campagna di lancio. «Siamo davvero onorati della rinnovata fducia dell’Esa nella nostra azienda affdandoci le attività
trimestre il volume investito nel settore della Logistica equivale a circa 300 milioni di euro, registrando quindi una crescita (+15%) rispetto allo stesso periodo del 2023. Dopo aver dimostrato una notevole resilienza nel corso del secondo semestre 2023, il settore Hospitality registra un ulteriore risultato positivo nel Q1 2024, con investimenti per un totale di 240 milioni di euro e una crescita di oltre il 90% rispetto al Q1 2023. Il Living continua a dimostrarsi un’asset class in ascesa nelle preferenze degli investitori, con volumi pari a quasi 140 milioni di euro nel Q1. Di questi, oltre l’80% è concentrato a Milano. Per quanto riguarda il mercato delle compravendite, a livello italiano il 2023 si chiude con quasi 710.000 transazioni, in calo del 9,5% rispetto al 2022 sebbene ancora saldamente al di sopra della media annua preCovid (circa 535.000 transazioni normalizzate dal 2015 al 2019). Il valore totale è stimato poco sotto i 100 miliardi di euro. Infne, il settore Retail ha attirato circa 80 milioni di euro di investimenti nel corso del Q1 2024, un volume in contrazione rispetto al quarto trimestre 2023, ma migliore rispetto al primo trimestre dello scorso anno (+90%).
per il ripristino e la continuazione di questa sfdante missione alla scoperta di tracce di vita su Marte - ha dichiarato Massimo Comparini, Amministratore Delegato di Thales Alenia Space Italia. – La tecnologia avanzata, il know-how e l’esperienza di Thales Alenia Space ci rendono protagonisti dell’esplorazione spaziale. Siamo pronti per i mesi cruciali che ci attendono e fduciosi nella nostra capacità di continuare ad ampliare i confni dell’esplorazione dell’universo, grazie al lavoro costante dei nostri ingegneri e tecnici specializzati, impegnati ogni giorno a portare avanti sfde come queste».
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ExoMars Rover and TGO ©Thales Alenia Space, Master Images Programmes
Marketing Gaming, quanto valgono gli Esports
Gli Esports e il gaming emergono come protagonisti delle attività di marketing digitale delle aziende italiane. È quanto rivela la ricerca “Marketing ed Esports: Investimenti in Italia” condotta dall’Osservatorio Italiano Esports ed Isi Spa. L’indagine ha coinvolto brand (50%), federazioni sportive (21%), agenzie (17%), organizzatori di tornei (7%) e publisher content (3%). L’82% delle intervistate ha attivato almeno un progetto tra il 2022 a oggi e la maggior parte di queste (43,4%) ha destinato budget superiore ai 50.000 euro. L’ulteriore classe di investimento prevalentemente
scelta è quella dai 5.000 ai 10.000
Bilanci
euro (26,1%). Signifcativo è il fatto che il 71% delle aziende considera ampiamente strategico destinare parte del budget marketing agli Esports e al gaming, mentre solo una quota minore lo considera poco strategico (21,4%). Nel delineare le strategie di investimento, le aziende hanno identifcato soprattutto le collaborazioni con infuencer e content creator come principali ambiti di allocazione del budget (64%). Seguono campagne di comunicazione, sponsorship e creazione di team Esports. «Far sviluppare il settore Esports in Italia signifca indagare a fondo in primis quali sono gli ostacoli che impediscono questa crescita –commenta Luigi Caputo, founder dell’Osservatorio Italiano Esports -. Con questa ricerca sveliamo per la prima volta quali sono gli ambiti con più potenziale e cosa vogliono le aziende. È uno strumento prezioso per gli operatori del settore, perché per la prima volta abbiamo dato voce ai brand per esprimersi circa i loro investimenti nel settore».
Luigi Caputo
Per le imprese Sace “vale” 145 miliardi
Nel corso del 2023, Sace ha sostenuto con garanzie, liquidità, servizi assicurativi, formazione e iniziative di business matching 54,6 miliardi di euro di progetti (+13% rispetto al 2022), al fanco di circa 50.000 imprese, la quasi totalità di dimensioni piccole e medie. Un impegno che ha generato un impatto sull’economia italiana pari a circa 145 miliardi di euro, consentendo di sostenere 950mila addetti. «I risultati raggiunti nel 2023 sono il rifesso tangibile dell’impegno di tutte le persone di Sace, One Company al servizio delle esigenze di evoluzione sostenibile delle imprese italiane nell’ambito del Piano Insieme2025»
ha dichiarato Alessandra Ricci, amministratore delegato di Sace. «Con Insieme2025 abbiamo posto al cuore della strategia di Sace la sostenibilità, la centralità delle imprese e delle persone abbracciando un nuovo stile di leadership diffusa e un nuovo modello organizzativo agile e skill-driven che coglie le opportunità offerte dall’innovazione tecnologica per liberare il potenziale delle persone, potenziare la capacità di ascolto e la velocità di risposta, con il fne ultimo di creare benessere e crosperità per la Comunità». Quattro gli abilitatori fondamentali: le tecnologie – come Intelligenza Artifciale e Blockchain – che Sace sta implementando nell’offerta e nei processi; l’ascolto di partner e stakeholder attraverso iniziative di co-design per far evolvere la value proposition; il cambiamento culturale, che si è concretizzato con un nuovo stile di leadership diffusa e sostenibile, basata su competenze quali il coraggio, la passione, la capacità di ispirare e di essere connessi; e, infne, un nuovo modello organizzativo skill-driven.
Alessandra Ricci
Finanziamenti
A Pmi, MidCap e professionisti garanzie fno a 2,25 milioni
Pmi, professionisti e small MidCap possono presentare domande al Fondo di garanzia fno a 2,25 milioni ai sensi degli “Aiuti di importo limitato” – Sezione 2.1 del Temporary Crisis and Transition Framework (Tctf), ampliando così le possibilità di accesso alla garanzia pubblica. La novità, comunicata dalla Circolare n. 7/2024 del Gestore Mediocredito Centrale, consente l’accesso al Fondo di garanzia da parte delle small MidCap (imprese, diverse dalle Pmi, con un numero di dipendenti compreso tra 250 e 499), non ammissibili ai sensi dei Regolamenti “de minimis” o dei Regolamenti di esenzione, data l’assenza di un metodo di calcolo dell’Esl ad hoc per questa tipologia di imprese. Per Pmi e professionisti, invece, il Tctf costituirà un’opzione in più per incrementare l’importo garantito, fermo restando il tetto di
Retail
Frodi nei pagamenti, il record dell’Italia
Dalle rilevazioni che Adyen ha condotto in collaborazione con il Centre for Economic Business and Research (Cebr), è emerso che nel 2023 il settore retail ha perso circa €32,2 miliardi a causa delle frodi nei pagamenti, la cifra più alta registrata in Europa lo scorso anno. In media, le imprese italiane hanno perso €1,77 milioni in seguito ad attacchi fraudolenti, considerando, però, che i retailer dell’ambito luxury fashion e i brand del food retail hanno perso rispettivamente €3,11 milioni e €2,58 milioni ciascuno. Complessivamente, il 32% delle aziende italiane è stato vittima di attività fraudolente, attacchi cyber o ha subito fughe di dati negli ultimi 12 mesi, con un aumento del 19% rispetto al 2022. Il report ha anche rivelato che le aziende che hanno
la garanzia del Tctf non sono previsti vincoli sull’importo e sulla durata del fnanziamento, ma sono stabilite specifche condizioni di ammissibilità, indicate dalla Circolare n. 7 di Mediocredito Centrale. La Sezione 2.1 del Temporary Crisis and Transition Framework, al netto di eventuali proroghe, sarà operativa fno al 30 giugno 2024. Nel complesso, il Fondo di garanzia può operare facendo ricorso a un quadro articolato di regimi di aiuto per massimizzare l’importo garantito dei benefciari. A favore delle small MidCap, il Fondo interviene esclusivamente ai sensi della Sezione 2.1 del Tctf, garantendo fno a 2,25 milioni per singola impresa (per le imprese dell’agricoltura l’importo è limitato a 280 mila euro mentre per quelle della pesca e dell’acquacoltura a 335 mila euro). Per Pmi e professionisti, invece, oltre a utilizzare la suddetta Sezione del Tctf, il Fondo può intervenire con garanzie fno a 2,5 milioni, calcolando l’aiuto con il metodo “standard”, e fno a 5 milioni di euro, calcolando l’aiuto con il metodo dei “premi esenti” (in entrambi i casi ai sensi dei Regolamenti “de minimis” o dei Regolamenti di esenzione).
previsto una crescita dei ricavi pari o superiore al 100% nel 2024, sono anche quelle che hanno perso la somma più alta a causa di attacchi fraudolenti negli ultimi 12 mesi (pari a €13,9 miliardi). Le attività fraudolente hanno un impatto anche sul portafoglio degli acquirenti. Più precisamente, lo scorso anno il 31% dei consumatori italiani è stato vittima di frodi nei pagamenti, in aumento rispetto al 16% del 2022. Defnite anche come furto d’identità, le frodi nei pagamenti si verifcano quando un truffatore ruba il numero della carta di credito o di debito o i dati del conto corrente di qualcuno e utilizza le informazioni di pagamento per effettuare un acquisto non autorizzato.
I consumatori vittime di frodi nei pagamenti nel 2023 hanno perso in media €494,58 ciascuno in Italia, un valore che è aumentato del 225% rispetto all’ultima indagine condotta da Adyen per il 2022. Nonostante l’aumento signifcativo delle attività fraudolente, poco più della metà delle aziende (il 59%) ha dichiarato di disporre di sistemi effcaci di prevenzione delle frodi, con un incremento di soli 3 punti percentuali rispetto ai dati del 2022 (56%).
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COMUNICAREL'IMPRESA
TUTTA COLPA DELLA PUBBLICITÀ
Da angeli del focolare a paladine della diversity: ecco come l'industria dell'advertising ha condizionato il ruolo delle donne nella società... e continua un po' a farlo (anche se sta per cedere il testimone all'intelligenza artificiale)
'80-'90
'50-'60
«L
e parole sono importanti» diceva Nanni Moretti. Ma anche le immagini e i messaggi che veicolano. La pubblicità, oltre a essere lo specchio della società in cui viviamo, influisce da sempre sul nostro modo di vedere la realtà, come nel caso della rappresentazione del genere femminile. Dagli stereotipi rigidi degli anni ‘50 fino alla maggiore inclusione
DAL 2000 a oggi
LA PUBBLICITÀ, OLTRE A ESSERE LO SPECCHIO DELLA SOCIETÀ, INFLUISCE DA SEMPRE SUL NOSTRO MODO DI VEDERE LA REALTÀ
di oggi, la pubblicità ha attraversato un percorso significativo nel rappresentare le donne in modo più autentico e rispettoso, anche se c’è ancora molta strada da fare. Ripercorrendo le tappe di un percorso che va dalla nascita della società dei consumi fino a oggi, vedremo come si è evoluta l’immagine della donna, una campagna dopo l’altra.
di Serena Di Bruno*
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NEGLI ANNI ‘50
L'immaginario pubblicitario è dominato da stereotipi tradizionali di genere, che ritraggono le donne come “angeli del focolare” dediti alla cura della famiglia e della casa. La raffigurazione della donna è spesso legata a un linguaggio ambiguo, che la descrive come “debole” e “incapace”. Nel corso del decennio il gioco dei ruoli diventa sempre più esplicito, sottolineando la dipendenza delle donne agli uomini e il loro ruolo subordinato nella società. La pubblicità in quegli anni dice senza mezzi termini: “è un mondo per uomini”. Anche l’aspetto fisico delle donne è sempre sotto ai riflettori e con l’unico scopo di compiacere l’uomo. Un fisico femminile imperfetto, o addirittura, il mancato utilizzo di un rossetto o di un deodorante intimo possono essere dei buo-
ni motivi per essere lasciate: se la donna si trascura, il suo uomo è legittimato ad andarsene.
NEL CORSO DEGLI ANNI ‘60
L'EMANCIPAZIONE FEMMINILE
HA VISTO UN'EVOLUZIONE DEI MESSAGGI PUBBLICITARI, MA ANCHE
IL RADDOPPIO DEL CARICO DI LAVORO
Avviene un grande cambiamento sociale, che segna l’inizio dell’emancipazione femminile: le donne iniziano a lavorare. Vediamo quindi un’evoluzione dei messaggi pubblicitari, pur all’interno degli stessi codici di comunicazione. Molti marchi iniziano a promuovere oggetti che aiutano la donna a ridurre il tempo passato a curare casa e famiglia e dedicarsi al lavoro, proprio come gli uomini. Appaiono le prime pubblicità che “liberano la don-
90
na” dalle incombenze di casa (spoiler: in realtà permettono loro solo di svolgerle in minor tempo). Qui sta infatti il paradosso: un messaggio che sembra emancipante nasconde in realtà una profonda ingiustizia che, si badi bene, esiste ancora oggi. Le donne iniziano ad avere un doppio carico di lavoro: oltre a lavorare fuori casa come gli uomini, continuano a occuparsi anche della famiglia, della cucina e delle pulizie domestiche. Fanno insomma due lavori, ma di cui uno solo viene retribuito.
CON L’ARRIVO DEGLI ANNI ‘70
Assistiamo alla totale mercificazione del corpo della donna, che viene raffigurata come un’icona sexy, riducendola a mero oggetto sessuale. Il suo corpo, spesso nudo, viene usato per pubblicizzare qualsiasi prodotto e, alle volte, per impersonare il prodotto stesso. Con il passare del tempo la donna viene persino “fatta a pezzi”: si utilizzano cioè immagini che ritraggono solo alcune parti del suo corpo, specialmente gambe, glutei o labbra, svestendola di qualsiasi profondità umana o intellettuale.
Il ventennio degli '70- '
tro la ricerca osses siva della perfezione. Le donne iniziano finalmente a essere rappresentate come donne, e basta. Niente stereotipi o ruoli da assolvere, solo infiniti modi di essere una donna.
E OGGI?
Sono stati fatti enormi progressi, soprattutto da parte dei grandi brand che, qualche scivolone a parte, sono ormai molto attenti al tema dell’inclusività. Tuttavia, è importante continuare a interrogarci sul modo di rappresentare ciò che ci circonda. I bias di genere, infatti, possono essere anche molto sottili e nascosti, come quando diamo per scontato che una donna non voglia fare la scienziata da grande, ma al massimo, la ballerina. Inoltre, nonostante gli avanzamenti fatti fin qui, molte pubblicità di marchi minori continuano a utilizzare immagini sessualizzate o stereotipate per vendere i propri prodotti. Insomma, rimane ancora tanta strada da fare per promuovere una rappresentazione più autentica e rispettosa delle donne nei media. Ma non solo, anche le altre dimensioni della diversità meritano una maggiore rappresentazione, libera dai preconcetti e attenta
I BIAS DI GENERE POSSONO ESSERE
ANCHE MOLTO SOTTILI E NASCOSTI
E ANCORA OGGI MOLTI MARCHI MINORI UTILIZZANO IMMAGINI SESSUALIZZATE
all’intersezionalità. Ne è un esempio la bassa rappresentazione in pubblicità della fascia di popolazione più anziana, nonostante in Italia sia particolarmente consistente e quella con il maggior potere d’acquisto. Immagini e parole sono importanti, perché ci aiutano a cambiare la realtà, oltre che a rappresentarla. Più l’industry pubblicitaria e i brand saranno consapevoli della complessità che li circonda, più potranno rappresentarla in modo inclusivo e rispettoso, educando il pubblico sui temi della diversity e incoraggiando la riflessione e il cambiamento sociale. Per questo parlarne è un primo passo verso il cambiamento. Raddrizzare la narrativa è possibile, e sta nelle nostre mani. Un passo alla volta, una campagna alla volta.
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d a l 2 0 0 0 a o g g i
*Executive Creative Director Dlv Bbdo
IL LETTORE NON È COME LO SI DIPINGE
Contrariamente a quel che si crede, solo il 13,2% si ferma al titolo. E se i quotidiani continuano a perdere copie, settimanali e mensili reggono: segno che il pubblico preferisce approfondire. Ecco l'indagine del Censis di Paola Belli
Ma chi l'ha detto che i lettori si fermano al titolo? Dall'ultima analisi Censis sulla comunicazione in Italia emerge un quadro un po' differente, in particolare rispetto a chi consulta le notizie su smartphone (circa l'83%). Solo il 13,2% dei lettori, infatti, si ferma al titolo: il 25,4% legge l'intero articolo, il 28,2% consulta le notizie da più fonti per farsi un quadro completo, il 37,9% fa delle ricerche mirate su ciò che gli interessa, il 12,3% legge anche i commenti dei lettori, ma solo poco più del 5% commenta a sua volta. E ancora: il 12,1% guarda prevalentemente i video, il 3,7% approfondisce tramite i podcast.
Inoltre, si consolida il paradigma biomediatico: stabili gli utenti di Internet, smartphone e social network. Il 79,3% dei giovani usa YouTube, il 72,9% Instagram, il 56,5% TikTok, mentre scendono Spotify, Twitter e Snapchat. E tornano a salire i lettori di libri (+3,1%). Sarà forse perché, secondo il 68,3% degli utenti, con l’Intelligenza Artificiale aumenteranno le notizie non verificabili e non sapremo più di-
stinguere il vero dal falso? L’analisi del sistema dei media che viene proposta nel 19° Rapporto sulla comunicazione evidenzia che, nell’era biomediatica, a raccogliere intorno a sé un vasto pubblico sono ancora i media tradizionali, in particolare la televisione: nel 2023 a guardarla è complessivamente il 95,9% degli italiani (+0,8%). La percentuale dell’utenza è la somma di più componenti: la stabilità del numero di telespettatori della tv tradizionale (il digitale terrestre: +0,9% rispetto al 2022), una lieve crescita della tv satellitare (+2,1%), il continuo rialzo della tv via internet (web tv e smart tv passano al 56,1% di utenza, ovvero oltre la metà della popolazione, con un +3,3% in un anno) e il boom della mobile tv, che è passata dall’1,0% di spettatori nel 2007 al 33,6% di oggi (più di un terzo degli italiani). Anche la radio resta nel cuore (e nel quotidiano): complessivamente, i radioascoltatori sono il 78,9% degli italiani, con una lieve flessione da un anno all’altro (-1,1%). La ascoltano a casa (45,6% di utenza, in auto (69,1%), ma anche
via internet con il pc (18,2% degli utenti) e con lo smartphone (24,1%). Internet, manco a dirlo, si consolida, con un 89,1% di utenza, in crescita dell'1,1%.
E la carta stampata? I quotidiani in edicola vendono sempre meno (nel 2007 erano letti dal 67,0% degli italiani, ridottisi al 22,0% nel 2023), mentre i settimanali e i mensili reggono, registrando solo un lieve calo (rispettivamente -1,7% e -2,8%).
Quanto al politically correct, il 76,9% della popolazione è favorevole a una regolamentazione quando si parla dell’aspetto fisico delle persone, il 74,0% nel caso di differenze religiose e di genere, il 73,7% quando si tratta di orientamento sessuale, il 72,6% se è coinvolta l’identità di genere, il 72,5% in rapporto alle differenze etniche e culturali. Peccato che poi, quando si esce dal mondo dei media e si passa alla vita quotidiana, il 69,3% degli italiani risulta infastidito dal fatto che ci sia sempre qualcuno che si offende se si pronuncia qualche frase ritenuta inopportuna...
Come si utilizza lo smartphone per informarsi, per sesso e livello d'istruzione (val. %)
Faccio prevalentemente ricerche mirate su quello che mi interessa
Consulto le notizie su diverse fonti per avere un quadro completo e corretto
Leggo interamente articoli e post
Leggo solo i titoli di articoli e post
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Non uso lo smartphone per informarmi
COMUNICARE L'IMPRESA 119
37,9 36,8 39,0 27,9 45,2 Popolazione totale Maschi Femmine Licenza elementare e media Diplomati e laureati 28,2 29,0 27,4 23,7 31,6 25,4 26,7 24,1 19,4 29,8 13,2 12,0 14,5 14,6 12,3 12,3 11,0 13,6 13,4 11,5 12,1 13,9 10,3 14,7 10,2 8,1 7,4 8,7 8,9 7,5 5,2 5,5 4,9 4,9 5,4 4,6 3,2 6,1 3,4 5,5 3,7 4,4 3,1 1,9 5,0 16,3 16,2 16,4 24,7 10,2
Fonte: Indagine Censis, 2023
VITADAMANAGER
DALLA S.P.A. ALLA SPA
Un quarto dei consumi di cosmetici in Italia viene assorbito dai maschi. Che ormai sono nel mirino dell'industria del benessere, con formule per rigenerare (anche esteticamente) imprenditori, manager e professionisti
La voglia di bellezza non conosce limiti: né di sesso, né di religione. E regala alle aziende del settore fatturati in continua crescita. «L’industria cosmetica sta attraversando un momento entusiasmante - dice Gianpiero Calzolari, Presidente di BolognaFiere, in occasione di Cosmoprof Worldwide Bologna, la principale manifestazione dedicata ai professionisti della bellezza. - Secondo il report della società di analisi
McKinsey, il settore ha totalizzato nel 2023 un fatturato di 427 miliardi di dollari e si prevede che nel 2027 raggiungerà i 580 miliardi, con una crescita annua del 6%”.
SECONDO L'ANALISI DI MCKINSEY
IL SETTORE DELLA COSMETICA
HA TOTALIZZATO NEL 2023 UN GIRO
D'AFFARI DI 427 MILIARDI DI DOLLARI
L’Italia è in pole position. «I dati 2023 ci indicano che il fatturato totale dell’industria cosmetica in Italia ha raggiunto i 15 miliardi di euro», evidenzia Benedetto Lavino, presidente di Cosmetica Italia, l’associazione nazionale imprese cosmetiche. Quasi la metà della
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di Carla Serra
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DALL'ALTO A SINISTRA: TERME DI MERANO (9), ADLER THERMAE (1), CAPE OF SENSES (4), CYPRIANRHOF (5), SONNWIES (7), SOUTHERN OCEAN LODGE (8), PALAZZO BELVEDERE (6)
produzione vola all’estero. «Nei primi dieci mesi del 2023 l’export ha segnato una crescita a doppia cifra (+21,9%) rispetto all’anno precedente, in controtendenza rispetto alla media nazionale (+0,7%)», sottolinea Matteo Zoppas, presidente di Agenzia Ice.
In particolare, cresce a vista d’occhio in tutto il mondo la cosmetica maschile: quasi + 10% nel 2023 rispetto all’anno prima, secondo Euromonitor International. Grazie al mutevole concetto di mascolinità, non stupisce che la rude stella del basket Nba LeBron James abbia appena lanciato una linea di bellezza maschile.
Il trend sembra promettente: non solo quarantenni preoccupati delle prime rughe, ma ragazzi sempre più attenti alla propria bellezza fisica, come i cosiddetti looksmaxxers, i giovani che su TikTok cercano risposte per migliorare il proprio aspetto.
L’Italia non fa eccezione. Si stima che il consumo di cosmetici da parte dei maschi italiani sia circa il 25% del totale. Si è ancora lontani dalla parità di genere, ma il settore sta vivendo una rapida evoluzione: non solo le tradizionali proposte mass-market per la rasatura o le fragranze, ma anche linee skincare e per la cura dei capelli studiati per l’uomo e soggiorni nelle spa con programmi ideali per lui. Chi ha detto che per esser belli bisogna soffrire?
10 VACANZE ALLA SPA
Forse la passione maschile per le spa risale ai tempi dei Romani. Comunque sia, secondo l’International Spa Association oggi i maschi costituiscono quasi la metà dei frequentatori di spa a livello mondiale.
E il sondaggio di Barceló Hotel Group ha rivelato che più della metà dei viaggiatori nel 2024 programmerà vacanze con l’obiettivo di prendersi cura di sé. Ecco 10 resort dove trovare i trattamenti specifici per lui e godersi qualche giorno di relax rigenerante da soli, in coppia, con gli amici o con la famiglia.
Adler Thermae
Sulle colline toscane della Val d’Orcia, il resort beneficia dell’acqua termale di Bagno Vignoni, ricca di minerali e principi attivi. La villa di charme è circondata da un parco con oltre 1000 mq di piscine e la spa offre un’ampia scelta di proposte personalizzate, dall'ayurveda alla vinoterapia. Per lui, Cm Slim rimodella il corpo e aumenta la forza muscolare attraverso l’energia elettromagnetica. Senza fatica, il muscolo risulta tonico come dopo 20 mila squat. Poi il massaggio endodermico di stimolazione meccanica della pelle riattiva il naturale metabolismo cellulare eliminando gli accumuli adiposi e stimolando la produzione di collagene, elastina e acido ialuronico. www.adler-thermae.com
Aquardens Terme Verona
Alle porte di Verona, Aquardens è il parco termale più grande d’Italia: un susseguirsi di vasche e lagune, grotte e cascate per un totale di 5.200 mq d’acqua salso-bromo-iodica, che sgorga a 47°C. Con vista sulle colline della Valpolicella, ci si sposta da una vasca all’altra, tra idromassaggi, musico-cromoterapia e pool bar.
Per lui, l’Aufgussmeister, il maestro di sauna, dispone sopra il braciere le sfere di ghiaccio aromatizzato con oli essenziali i cui vapori vengono diretti in movimenti ritmici verso l’ospite. Il rito accompagnato da un sottofondo musicale favorisce il rilassamento muscolare, la stimolazione del sistema linfatico e l’eliminazione delle tossine.
www.aquardens.it
Bad Moos Aqua Spa Resort
A Sesto, ai piedi delle Tre Cime di Lavaredo, il Bad Moos offre una full immersion rigenerativa per il corpo e lo spirito. A cominciare dalle camere con vista sulle Dolomiti fino all’area di wellness di 2500 mq con la sorgente d’acqua sulfurea attiva dal 1765.
Per lui, il Rituale Detox Body è un percorso multisensoriale che inizia con uno scrub del corpo seguito da un impacco di fango aromatico e personalizzato e l’applicazione di oli aromatici per rilassare la muscolatura. Segue il Massaggio Manager per eliminare le tensioni di cervicale, spalle e schiena, conseguenza di ore seduti alla scrivania o al computer.
www.badmoos.it
Cape of Senses
Inaugurato un anno fa, il 5 stelle di design adults only sorge su una terrazza naturale sopra Torri del Benaco, sulla sponda veneta del lago di Garda. La vista è superba anche dalla Senses SPA, 2000 mq aperti sull’oliveto secolare.
Per lui, l’Oro del Mediterraneo è un trattamento nutriente a base di olio d’oliva, succo di aloe e oli essenziali di rosmarino, ginepro e mirto con peeling e massaggio che dona alla pelle vitalità ed elasticità.
www.capeofsenses.com.
Cyprianerhof
Dalla spa la vista abbraccia le splendide cime dolomitiche del Catinaccio. Qui a Tires, si tramandano i rituali legati alla quarzite argentea, una delle pietre naturali più dure al mondo, particolarmente efficace per vei-
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AQUARDENS TERME VERONA
colare le essenze e gli oli floreali impiegati nei trattamenti antistress.
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Per lui, nel Mineral Sport Detox il magnesio e il potassio, contenuti nella quarzite argentea e nei sali che vengono massaggiati su tutto il corpo, contrastano l’iperacidità. I reni vengono stimolati con impacchi di erbe detossinanti. Infine, la pelle viene esfoliata e levigata mentre la mente è portata in un profondo stato di rilassamento grazie alle musiche binaurali.
https://www.cyprianerhof.com/it
Palazzo Belvedere
Simone Galligani, patron dell’hotel 5 stelle, nel 2022 non solo ha rinnovato la storica struttura di Montecatini, ma anche l’approccio remise en form. Infatti le quattro fonti termali, scelte da Madonna per la sua prima linea cosmetica, a Palazzo Belvedere si arricchiscono di programmi dedicati al benessere olistico e alla naturopatia. Biologico e personalizzato è il menu gourmet.
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Per lui, Vitaliter Season è il percorso di riequilibrio attraverso il bilanciamento delle quattro qualità della medicina ippocratica: caldo, freddo, umido e secco. I retreat variano da 3 a 21 giorni con programmi messi a punto con Lumen, una delle scuole di naturopatia più note d’Italia. palazzobelvedere.com
Sonnwies
A Luson in vacanza alla spa si va con la famiglia in una delle ville dotate di piscina riscal-
data, idromassaggio e sauna privati, oltre a tutti servizi tipici del family hotel, compresa la sauna organica con cinema per tutta la famiglia.
Per i papà c’è la spa adults only con trattamenti per le esigenze maschili. Compreso il mal di schiena combattuto con la digitopressione ai piedi, un massaggio per il rilassamento muscolare, la rigenerazione dei dischi intervertebrali e lo scioglimento di blocchi muscolari.
www.sonnwies.com
Southern Ocean Lodge
dorle, schiarisce le imperfezioni della pelle ed allevia tensioni e dolori. Al termine, l'esfoliazione del corpo alla lavanda dona luce e morbidezza alla pelle. southernoceanlodge.com
Terme Merano
Merano gode di un microclima mite e di un’acqua termale rigenerativa. La città è un enorme giardino ai piedi dello spettacolare parco di Castel Trauttmansdorff. Ritrovare la propria bellezza in mezzo a tanta bellezza è facile. La struttura delle terme a forma di cubo trasparente è stata ideata dall’architetto bolzanino, Matteo Thun.
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Fino all’altro capo del mondo per rigenerarsi nella natura primordiale e farsi coccolare. Kangaroo Island a 14 chilometri dalla costa meridionale dell’Australia è un paradiso intatto con le più belle spiagge del continente. La spa sull’Oceano utilizza prodotti dell’isola dalle virtù uniche.
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Per lui, il programma di pressomassaggio abbinato al fango, ricco di minerali, ippocastano, estratto di fieno e menta, aiuta a depurare la pelle e stimolare il metabolismo. www.termemerano.it
Villa Agrippina
Villa Agrippina Gran Meliá è l’urban resort nel cuore di Roma. Affacciata sul parco, la SPA Clarins & My Blend è una delle 12 al mondo frutto dell’unione dei due marchi per la creazione in tempo reale di un mix unico e personalizzato.
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Il miele, ricavato dall'unico ceppo puro di ape ligure al mondo, combinato con man-
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Per lui, il trattamento Viso Energizzante è formulato per la pelle maschile, soggetta a stress e irritazioni da rasatura. Dopo 90 minuti rughe e occhiaie sono ridotte e la pelle è purificata e idratata.
https://www.melia.com/it/hotels/italia/roma/villa-agrippina-gran-melia
123 VITA DA MANAGER
BAD
VILLA AGRIPPINA PALAZZO BELVEDERE MONTECATINI
MOOS AQUA SPA RESORT
PRODOTTI: BEAUTY TREND
Tramontato il tempo in cui il dopobarba era l’unico cosmetico maschile in bagno. Oggi bisogna fare spazio a una gamma quasi infinita di prodotti per l’uomo, trucchi compresi. Secondo la ricerca di McKinsey sui consumi beauty della Generazione Z, in Asia un terzo degli uomini utilizzata make-up, contro il 10% in Europa.
Dalla medicina
In Italia, c’è una forte interesse per i prodotti sviluppati da case farmaceutiche e dai professionisti della salute. Fidia Farmaceutici, multinazionale farmaceutica italiana da 60 anni leader nella ricerca e produzione di prodotti a base di acido ialuronico, ha brevettato ConnettivinaViso che idrata la pelle, e grazie agli estratti di zenzero ed altre sostanze sinergiche protegge dalle radiazioni solari e dalla luce blu di smartphone e computer. Nata nel 1978 come primo laboratorio francese di medicina estetica, Filorga Cosmétiques, è oggi il brand N°1 nel settore anti-aging in Italia, con una quota pari a 8,2%. «Filorga è riconosciuto come un brand premium, efficace, con formule ricche di attivi ad alta scientificità ispirati alla medicina estetica», afferma Emidio Croce, direttore generale di Filorga Cosmétiques Italia. Cuore di tutte le formule Filorga è l’Ncef, un complesso composto da Acido Ialuronico rimpolpante e 50 attivi poli-rivitalizzanti. Perfetta come dopobarba, la crema Hydra Hyal incorpora 5 tipi di acido ialuronico per donare alla pelle una nuova compattezza e idratazione.
dopo 28 giorni le dimensioni dei pori sono ridotte, le rughe levigate e la pelle appare più luminosa.
Le farmaciste Elena Aceto di Capriglia e Camilla D’Antonio hanno creato nel 2012 il brand di cosmeceutica Miamo. Per la beauty routine maschile, l’Oil free gel Ultra Mattifier ad alta concentrazione di Acido Ialuronico, estratti di Alga Rossa e Sarcosina aiuta a riequilibrare la produzione di sebo in pelli a tendenza acneica. Il passo successivo è stato creare le Miamo Lounge. Come spiega Elena Aceto di Capriglia: «Un ambiente accogliente e tranquillo, la professionalità del personale e prodotti ad alta innovazione scientifica: questa è la ricetta ideata da Miamo per le sue Lounge».
A Km 0
Dall’intuizione di una farmacista di Londra, Margo Marrone, nasce 25 anni fa The Organic Pharmacy. I prodotti sono formulati con oltre 250 attivi naturali estratti da piante ed erbe. Ingrediente superstar per gli uomini è la niacinamide, rigenerante con effetto anti età. Con il nuovo siero Niacinamide Ultra 5 Serum,
Il km 0 piace non solo a tavola. La nutraceutica e la cosmesi di lusso sono le due anime di Bhica, la startup fondata da due giovani calabresi per valorizzare i prodotti del Parco del Pollino. Accanto agli integratori di frutta biologica della Calabria, è nata la linea per la beauty routine quotidiana. «L’obiettivo è nutrire il corpo dall’interno e dall’esterno simultaneamente», spiega Simone Botta, Ceo di Bhica. Nelle Marche, la startup fondata da Fabiano Verdecchia ha puntato sullo zafferano, un vero elisir per la pelle. Dopo anni di ricerche, Red Saffron Milano ha creato una linea completa anti-age, che sfrutta la tecnologia del liposoma naturale per veicolare e preservare le proprietà dello zafferano.
I Classici
Anche i brand storici hanno creato extension line per la skin-care maschile. Appena arrivata in profumeria è la nuova linea Dior Mencare Sauvage, il trattamento a base dei potenti principi attivi estratti dal cactus coltivato a Lanzarote. Creato a Barcellona nel 1932, l’iconico flacone del dopo barba Floïd oggi si
abbina alla linea di prodotti grooming, dal balsamo al body wash.
In testa
Per molti uomini i capelli sono il tallone d’Achille. Chi non ha invidiato il look di Matthew McConaughey e di Robert Downey Jr. sfoggiati la notte degli Oscar? Tutto merito di American Crew, la linea di prodotti per la cura e il fissaggio delle chiome maschili. La cura del cuoio capelluto parte anche dall’interno. Terme di Saturnia ha liofilizzato l’acqua termale unendola a un mix vitaminico, zinco, collage e Biotina, “l’ormone della bellezza”.
Fa bene alla testa e al pianeta il nuovo shampoo solido Keramine H Bio: senza acqua e plastiche con estratti bio di carota e papaya per rigenerare, lime e salice bianco per purificare. Se non basta trattare ma occorre trattenere i capelli rimasti, l’Istituto Elevetico Sanders da 40 anni è l’esperto in materia con tecnologie all’avanguardia. «Partendo dall’analisi della biologa, si lavora sia sulla cute che sui capelli e poter individuare gli interventi per contrastare il diradamento», spiega la dottoressa Luisa Conforti, coordinatrice dei 24 centri Sanders dove la prima visita è gratuita.
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ROBERT DOWNEY JR.
MATTEW MCCONAUGHEY
DI MEETING IN MEETING L'AZIENDA SI SPEGNE
Le riunioni sono lo specchio delle organizzazioni: dove non c'è la cultura del risultato e non si è abituati a decidere, si rischia l'inconcludenza. E se non c'è leadership diffusa si perde tempo
di Marina Capizzi e Tiziano Capelli*
Tutti si lamentano delle riunioni ma tutti continuano a farle nello stesso modo. Perché? La risposta ci viene dai molti progetti sviluppati nelle organizzazioni. Ci sono due ragioni per cui non riusciamo a cambiarle: le riunioni sono lo specchio delle organizzazioni, e non sappiamo come farle diversamente. Se volete capire come funziona un’azienda, osservate le sue riunioni. Vedrete, ad esempio, che: dove non c’è la cultura del risultato e non si è abituati a decidere, le persone non sanno perché sono invitate e le riunioni sono inconcludenti. Dove non c’è leadership diffusa, i capi, essendo oberati, mandano alla riunione i collaboratori senza delega decisionale -“vai, e poi mi racconti”- così tutti perdono tempo. Nelle aziende dove i silos sono molto presenti, le riunioni sono campi di battaglia; dove non ci si ascolta, fiumi di parole tra persone che pensano agli affari propri. Dove è importante evitare conflitti, alle riunioni vengono invitate intere folle; e se la sicurezza psicologica è bassa, le persone hanno paura ad esporsi: quando chi tiene la riunione chiede “ci sono domande?”, cala il silenzio e la riunione finisce. E potremmo continuare… Tutte queste disfunzioni, se ci pensate, sono figlie della cattiva gerarchia che ci arriva dal passato. Quindi, si muore di riunione perché si muore di cattiva gerarchia e, per cambiare, occorre intervenire sulla cultura dell’organizzazione. Non sappiamo come farle diversamente. Aiutando le organizzazioni abbiamo scoperto che non esistono manuali e non si fa formazione per realizzare riunioni efficaci, anche se i meeting occupano gran parte delle agende. Ma le aziende non dichiarano sempre la loro
BASTA UN MINUTO PER CONDIVIDERE
LE INFORMAZIONI UTILI E SE EMERGE
UN TEMA IMPORTANTE MEGLIO
ORGANIZZARE UNA RIUNIONE AD HOC
attenzione all’ottimizzazione delle risorse? Considerando lo spreco di denaro, tempo ed energie, è davvero incredibile… e si capisce come mai, da tutte le ricerche, emerge che circa il 50% delle riunioni sia ritenuto inutile e che il 75% dei partecipanti dichiara di fare altro quando è in riunione. Per questo abbiamo scritto un manuale illustrato Non Morire di riunioni (ed. Franco Angeli) che propone un metodo strutturato e semplice per fare solo riunioni utili: TheMeetingCircle. Le riunioni per mandare avanti le cose devono essere finalizzate, focalizzate e facilmente valutabili. Per questo il nostro manuale è strutturato come un kit che guida chi organizza il meeting a comprendere se la riunione serve davvero e, se sì, a chiarire qual è l’obiettivo: prendere decisioni? Informare? Allinearsi? Partendo da qui, il kit aiuta a identificare le persone da coinvolgere, i tempi, i materiali. E poi il meeting viene costruito mettendo in fila diversi
“mattoncini” (chiamati “supporti” e “cerchi”) in modo da produrre l’obiettivo atteso. Ciascun mattoncino è uno step del meeting che ha il proprio obiettivo specifico e una durata predefinita, che non supera i dieci minuti.
Qualche esempio di “mattoncino”? Presentazione, raccolta di domande, raccolta di proposte, discussione, silenzio (silenzio? Sì, silenzio, perché aiuta a riflettere dopo una discussione o prima di prendere una decisione), votazione… Si scelgono solo i mattoncini che servono. Ad esempio, possiamo fare un meeting di allineamento anche con uno solo: usiamo un “cerchio” dove ciascuno condivide con i colleghi, in 30-60 secondi, le informazioni che servono. Fine della riunione, dieci minuti in tutto. Fatto con un’alta frequenza, questo meeting di allineamento abbatte in maniera significativa il numero delle riunioni lunghe.
E se nel cerchio emerge un tema importante?
Gli dedichiamo un meeting specifico. In questo modo la durata delle riunioni va da dieci minuti a max un’ora, le persone sanno sempre perché sono state invitate e come contribuire in ogni step del meeting per raggiungere il risultato. Inoltre, grazie all’uso di “cerchi” arriva per tutti il momento in cui dare il proprio contributo. Questo aiuta chi organizza la riunione ma anche chi vi partecipa a stare focalizzati e a finalizzare i propri contributi.
In sintesi, fare riunioni produttive è un modo concreto per far evolvere la cultura. Giorno per giorno. Le riunioni inutili fanno male alla salute delle persone e del business. Invece le riunioni utili liberano energie, coltivano connessione e sicurezza psicologica alimentando il benessere delle persone e del business. Altro che morire di riunioni!
*autori di “Non Morire Di Riunioni” (FrancoAngeli)
125 VITA DA MANAGER
MAI PROVATO IL «BIOHACKING»?
Aiuta a gestire lo stress, rallenta il processo di invecchiamento, consente di vivere una vita più longeva e attiva, migliora la qualità del sonno, la propria forma fisica e le proprie prestazioni... anche mentali. Ecco come funziona di Paola Belli
Dici “hacker” e corri a spegnere il computer... ma anche il corpo si può hackerare. E non è detto che sia una cosa negativa, anzi: aiuta a gestire lo stress, rallenta il processo di invecchiamento, consente di vivere una vita più longeva e attiva, migliora la qualità del sonno, la propria forma fisica e le proprie prestazioni... anche mentali. Parola di Stefano Santori, biohacker, appunto, ma anche “manager dell’innovazione” riconosciuto dal Mimit (Ministero delle Imprese e del Made in Italy), docente nei Master Unimercatorum e Luiss, formatore dell’Accademia Olimpica del Coni, Presidente di Asso Coaching e consigliere di Asso Pnl. Uno, insomma, che la sa lunga: ha formato oltre 40mila persone, lavora con atleti olimpionici e tra i suoi clienti figurano brand come Enel, Ferrari, Maserati e Poste Italiane. Per fare qualche nome, clienti diretti di Santori sono l'amministrtatore delegato del Gruppo
Gabetti, Roberto Busso, o gli imprenditori e agenti di Generali Italia Andrea Peruzzi e Simone Lunghi, che hanno persino aperto per l’azienda e i loro collaboratori un biohacking corner).
AL BIOHAKING RICORRONO SIA
GLI ATLETI SIA I TOP MANAGER DI AZIENDE DEL CALIBRO DI ENEL, FERRARI, MASERATI E POSTE ITALIANE
«Manager e imprenditori sanno che lo stress è un nemico pericoloso, perché danneggia la salute sotto molteplici punti di vista», spiega a Economy Santori: «è importante imparare a padroneggiarlo, riducendone i picchi ed evitare che diventi cronico». Più facile a dirsi che a farsi. Perché si fa presto a parlare di potenzialità del corpo umano e della mente, di nuovi livelli di benessere, di empower ment individuale, di longevità... ma in concreto, di che si tratta? «Una delle tecniche più incisive nel biohacking riguarda l’hackeraggio del sistema nervoso, prendendone il con trollo per ridurre il sistema simpatico che innalza lo stress e libera il cortisolo», risponde Santori. «Una delle tecniche più facili da insegnare è quella del cosiddetto “respiro quadrato”: utilizzato in tutto il mondo anche dai reparti speciali degli eserciti e in generale da tutte le categorie che devono fronteggiare picchi di stress molto elevati, ad esempio i vigili del fuoco, consiste nel padroneggiare gli atti della respirazione». Di che si tratta? La dinamica è tanto semplice quanto efficace: inspirazione, mantenimento del respiro (assenza di qualunque atto respiratorio), espirazione, mantenimento del respiro e così via. Questi quattro momenti, da cui il nome di “respiro quadrato”, devono avere la stessa durata e si parte generalmente con 4 secondi per ogni atto. «Sono sufficienti 4
o 6 cicli, 10 per i più stressati, per raggiungere un ottimo autocontrollo», sottolinea il coach: «sul piano fisico, infatti, diminuisce il battito cardiaco, la pressione si abbassa e si tiene sotto controllo il sistema simpatico. Questa particolare tecnica è davvero straordinaria, perché le sue facilità di esecuzione ed efficacia la rendono adatta a qualsiasi momento della vita aziendale, prima di convegni o discorsi o riunioni, in quanto invisibile da fuori. Si tratta di un atto di concentrazione interiore e di autocontrollo». Provare per credere.
IL JOURNALING
E per quanto riguarda la produttività? «Nel biohacking si lavora molto sul concetto di massimizzare le nostre doti cercando di minimizzare i disturbi», spiega Santori. Una delle tecniche più importanti in tal senso è quella del journaling, che, tradotto in italiano, significa tenere traccia delle attività che svolgiamo. In parole povere, un diario, ma volendo fare i sofisticati, una mappatura di quante cose sono state fatte in relazione a un atto preciso, e con quante interruzioni. «Se si sta lavorando a un progetto, si potrà quindi prendere nota di quante volte sono stati effettuati degli switch mentali e non solo, come leggere una mail, rispondere a una telefonata, scrivere un messaggio per poi tornare di nuovo sul progetto ma essere interrotti da un flash», sottolinea il coach. La prima parte del journaling consiste quindi nel tracciare, per qualche giorno, i propri punti di distrazione per comprendere quanto sia esteso e diffuso il nostro fenomeno di distrazione. La seconda parte prevede invece l’utilizzo di un cronometro, ma esistono anche tante app adatte allo
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STEFANO SANTORI
scopo, per impegnarsi in micro-task non esageratamente lunghe ma svolte con il massimo focus possibile. «Una delle modalità più celebri è la cosiddetta “tecnica del pomodoro”, che prevede 25 minuti di concentrazione assoluta senza distrazioni e 5 minuti di stacco. Sarà quindi importante tenere traccia di quante volte si ottiene questo risultato. Sempre più manager e imprenditori, malati di multitasking, scoprono quanto sia difficile fare questa cosa apparentemente banale. Sebbene sia una delle tecniche più facili da implementare, è necessaria una presa di coscienza in grado di ribaltare i paradigmi contemporanei della produttività». Anche perché è ormai dimostrato scientificamente come il multitasking significhi, per il cervello, un susseguirsi continuo di accendimenti e spegnimenti rapidissimi con conseguenze importanti su stress e affaticamento mentale.
LA NUTRIZIONE
LA “TECNICA DEL POMODORO” PREVEDE
25 MINUTI DI CONCENTRAZIONE
ASSOLUTA SENZA DISTRAZIONI
ALTERNATI A 5 MINUTI DI STACCO
Se è vero che “siamo quello che mangiamo”, per il mondo professionale, manageriale e imprenditoriale, la nutrizione strategica assume un aspetto a dir poco cruciale. Ma perché “strategica”? «Si definisce strategica perché non rappresenta una dieta, che è una prerogativa di dietologi e nutrizionisti, ma un modo di nutrirsi secondo scelte ad hoc in base alle esigenze personali, e di riflesso anche aziendali», risponde Santori, facendo l'esempio di un manager chiamato ad affrontare una giornata
estremamente impegnativa che si concluderà con la partecipazione come ospite in un evento pubblico, durante il quale dovrà tenere un discorso. «In questo caso specifico, oltre a essere preparato, sarà chiamato anche a gestire in maniera intelligente e strategica ciò che mangia, il modo in cui lo fa e il “quando” per riuscire a rendere al meglio. Un’ingestione esagerata di carboidrati, magari troppo zuccherati e raffinati, potrebbe ad esempio generare danni all’attenzione perché i picchi glicemici hanno un impatto molto significativo a livello cognitivo», specifica il coach. Evitare carboidrati o mantenerli su livelli bassi, al contrario, consente di mantenere il cervello estremamente libero e performante, evitando la cosiddetta “nebbiolina mentale” (per i feticisti dell'inglese, si tratta di “brain fog”). «Per chi è abituato si può anche pensare a un digiuno intermittente, passando per una colazione senza alimenti che generano picchi glicemici veloci, saltando il pranzo (ma portando energia con grassi sani come le mandorle) e consentendo una maggiore lucidità generale. In aggiunta a ciò, si possono anche unire tecniche di respirazione per centrarsi, ridurre lo stress o fare un micro-sonnellino (il cosiddetto “power nap”) ad altre di nutrizione strategica per riuscire a performare al massimo».
La scelta del cibo, così, diventa figlia dell’obiettivo e non più dell’abitudine.
IL SONNO
Il medesimo approccio si applica anche al riposo, che procede su binari paralleli e interconnessi alla nutrizione e alla respirazione. Se un manager, imprenditore o libero professionista, dovesse prendere all’indomani un volo alle 5 del mattino, alzandosi addirittura qualche ora prima, dovrebbe attuare una strategia che inizi già dal giorno prima.. prestando quindi attenzione ai ritmi circadiani, applicando un digiuno intermittente serale (saltando volutamente la cena) per permettere al corpo di non avere lo stress della digestione, garantendosi un recupero decisamente migliore nonostante le poche ore di sonno. «In alternativa, è comunque possibile mangiare in modo leggero avendo cura di farlo almeno due o tre ore prima di coricarsi, azzerando gli schermi luminosi attorno alle ore 21 e utilizzando occhiali schermanti o app che rendono la luce arancione anziché blu», spiega Santori. «Le luci soffuse e basse, unite a una temperatura leggermente più bassa in camera da letto, generano un clima ideale per favorire il sonno. E se si ha ugualmente dormito poco, si possono fare 10 minuti di rilassamento e respirazione per ricentrarsi: questa è una strategia di recovery attivo e consapevole, da abbinare al sonno che rappresenta invece la principale forma di recupero passivo... cui provvede l’organismo in modo del tutto autonomo».
VITA DA MANAGER 127
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Milano pesa troppo per l'Alfa Romeo
Sull'ultima nata in casa Stellantis si era scatenato il finimondo: il ministro Adolfo Urso aveva evocato la legge sull'Italian Sounding mentre l'a.d. Carlos Tavares aveva dato i numeri... dei costi di produzione. Ora si chiamerà Junior di Franco Oppedisano
Fermi tutti, abbiamo scherzato. Carlos Tavares, ceo di Stellantis, dopo aver presentato in pompa magna la nuova Alfa Romeo Milano, ha cambiato idea e ha deciso che si il piccolo Suv si chiamerà Junior. Meno male perché di milanese non aveva niente, se non il nome. È stata progettata a Torino, viene prodotta a Tichy in Polonia e non ha mai visto Arese neanche in cartolina, anche perché in quel luogo storico per la marca c’è rimasto solo un bel museo. Chiamarla Alfa Romeo Milano era ridicolo perché di entrambi i nomi ha poco o nulla. Non è un’Alfa come gli appassionati di motori hanno in mente perché da decenni non se ne vedono più uscire dagli stabilimenti, prima di Fca ora di Stellantis. Unica eccezione la 2C, ma è stata soltanto una meteora, un "vorrei ma non posso (proprio farlo davvero)" di Sergio Marchionne.
L'AUTO È STATA PROGETTATA A TORINO, VIENE PRODOTTA A TICHY IN POLONIA E NON HA MAI VISTO ARESE NEANCHE IN CARTOLINA
Il piccolo Suv presentato dal Ceo Carlos Tavares è un incrocio rosso tra una piccola Jeep e una 600 Fiat con uno scudetto sulla calandra che non merita e scarsa personalità, esattamente come le auto della marca di cui prende idealmente il posto, Giulietta e Mito. Sotto il vestito niente, per restare in tema milanese. Il cambio repentino di idea è dovuto
per stessa ammissione di Stellantis per le polemiche: «Un’auto chiamata ‘Milano’ non si può produrre in Polonia» aveva commentato il ministro delle Imprese, Adolfo Urso spiegando che chiamare “Milano” quel modello è vietato ai sensi della “legge italiana che nel 2003 ha definito l’Italian Sounding, per evitare di dare indicazioni che inducano in errore il consumatore, indicazioni fallaci legate in maniera esplicita alle indicazioni geografiche».
Prima di annunciare il cambio del nome «per promuovere un clima di serenità e distensione», la replica di Tavares al ministro aveva lasciato perplessi. Dopo avere negato di voler lasciare i siti produttivi italiani aveva detto: «Se l’avessimo costruita in Italia avremmo dovuto farla pagare 10 mila euro in più. Sarebbe stato impossibile offrire questo modello a meno di 30 mila euro». Non ci permetteremo di mettere in discussione le capacità matematiche di una persona che guadagna 36,5 milioni di euro all’anno, ma qualcosa non torna. L'Alfa Romeo Milano ibrida costa 31.900 euro e la versione elettrica 41.500 euro. Se fosse prodotta in Italia, secondo Tavares, l’ibrida costerebbe 41.900, qualche centinaio di euro in più rispetto alla Alfa Romeo Tonale, prodotta in Italia a Pomigliano, che è più grande, ha un motore più potente ed è un’auto di altra categoria rispetto alla Milano. C’è qualcosa che non torna. Esattamente come i fasti di una marca che ha fatto la storia dell’automobile e che, semplicemente, non esiste più.
129 VITA DA MANAGER
CI PIACE
PHILIP MORRIS RIABILITA
LA SECONDA VITA DEI PRODOTTI
Oltre ad aver rinunciato alla sigaretta classica, il colosso lancia i prodotti rigenerati
di Sergio Luciano
Immaginatevi se la Apple dicesse: “Signori cari, le onde elettromagnetiche dei telefonini fanno male, entro vent’anni smetteremo di produrli”. Sarebbe rivoluzionario (per carità, pare proprio che quelle onde radio siano innocue…). Ebbene, c’è una multinazionale, la Philip Morris, che una cosa del genere l’ha fatta sul suo prodotto storico, la sigaretta. Avviando una metamorfosi profondissima del prodotto e del consumo, eliminando la combustione e larga parte delle sostanza tossiche con l’introduzione dei device “riscaldatori”, i cosiddetti “prodotti senza fumo”. Bene, bravi, ma fn qui, tutto noto.
In occasione del Salone del Mobile, in una sua installazione milanese aperta dal 15 al 21 aprile scorso, Philip Morris ha fatto di più: ha ricordato al mondo che buttar via ogni pochi mesi qualsiasi aggeggio elettronico ci sia capitato in tasca per cambiarlo con un altro più nuovo non è proprio un obbligo, e non è sempre intelligente.
Dunque la Pmi (così si chiama in sigla) ha lanciato due progetti: uno serio e utile, anche se – come dire - più ovvio: cioè il programma di economia “Rec” per riciclare entro l’anno fno a 500 mila rifuti di dispositivi Iqos e recuperando l’80% delle materie prime utilizzate. E l’altro davvero culturalmente rivoluzionario: il progetto “IQOS Refreshed”, cioè la valorizzazione dei dispositivi usati dismessi dalla clientela che ispezionati, puliti, sanifcati e testati, aggiornati nel frmware e, con le eventuali componenti logore come la batteria sostituite… vengono rivenduti. Vivaddio. Come si usava sempre, prima del consumismo.
Ci piace, non ci piace
La multinazionale ha varato il riciclo dei materiali e il riuso dell’usato ancora in grado di funzionare
Tesla ha vissuto per anni di sovvenzioni indirette ed ora piagnucola perché patisce la concorrenza
Tesla taglierà oltre il 10 per cento della sua forza lavoro a livello globale, 14 mila persone, nel tentativo di contenere le perdite legate al rallentamento delle vendite dei veicoli elettrici. Lo ha annunciato a metà aprile il patron Elon Musk in una email interna inviata ai dipendenti.
Fermi tutti: non scandalizziamoci, in questa bizzarra epoca se c’è una cosa facile negli Stati Uniti è cambiare lavoro, e c’è da scommettere che i licenziati troveranno subito un altro posto, anche migliore (non è diffcile) dell’azienda parastatale inventata dal Cappellaio Matto della tecnologia mondiale.
Già: perché il mito Tesla si regge sui certifcati energetici venduti per anni grazie a leggi statali compiacenti, e non certo alla competitività di vetture belle ed effcienti – per carità, è innegabile! – però mai competitive. E adesso Musk, approfttando del fatto che dietro la straordinaria competitività delle auto cinesi (“sono avanti di una generazione” ha sentenziato in merito l’europeo più competente in materia, Luca De Meo) piagnucola e dice di dover tagliare l’organico: “Non c’è niente che odio di più, ma deve essere fatto. Ciò ci consentirà di essere snelli, innovativi e desiderosi di affrontare il prossimo ciclo di fase di crescita”. La verità è un’altra. Tesla, e Musk, vivono da sempre di azzardo morale e di incompetenza previsionale, non è bastata evidentemente tutta l’intelligenza artifciale della Silicon Valley per evitare al Cappellaio i suoi clamorosi errori di calcolo. Resta il mistero di come un tipo del genere sia diventato un’icona tecnologica mondiale. È davvero un’epoca buffa.
Il cosiddetto guru ha sbagliato le previsioni e si è fatto mettere fuori mercato dai cinesi IL
COVERSTORY 130
BLUFF
PER
I SUOI ERRORI PREVISIONALI NON CI PIACE
DI MUSK
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