Inside Lombardia Giugno

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magazine mensile / distribuzione gratuita in lo mbardia / anno iv / n. 5 / GIUGNO 2 0 0 9 / w w w . i n s i d el o m b a r d i a . i t

n. 5 / GIUGNO 2009

oltre l’ego la solidarietà oggi PANAmErA la PORSCHE quattro porte make up il trucco passa dalla rete cucina molecolare emozioni del cibo

IVAN BASSO la bicicletta insegna a vivere





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Marco Ravasi

e ditoriale

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elle ultime settimane si è registrato in Messico un aumento di casi di influenza acuta fra uomini provocata dal virus H1N1 e sospetti casi di infezione sarebbero stati constatati anche negli Stati Uniti ed in Nuova Zelanda con casi simili accertati anche in Scozia e in Spagna (tuttavia con controanalisi negative). Importante è sapere che questo virus si diffonde o per contatto fra suini vivi ed esseri umani o per contatto fra un essere umano contagiato dal virus ed altri esseri umani sani, ma bisogna assolutamente specificare che non si diffonde attraverso la carne cotta di suino Tra l’altro l’ Europa non importa suini vivi dal Messico e che dunque non vi è il rischio di un’estensione dell’epidemia agli animali del nostro continente. L’opinione pubblica teme a torto che turisti e viaggiatori in transito da un continente all’altro possano trasformare l’epidemia scoppiata in Messico in una pandemia e che sia difficile debellarla con i vaccini esistenti. Già sette orsono fu seminato il terrore per la SARS, una forma atipica di polmonite apparsa in Cina e poi diffusasi in Oriente e un panico ancora maggiore fu provocato dall’influenza aviaria, un’infezione virale che colpisce sia uccelli selvatici che domestici infettando anche mammiferi e uomini che portò a fare strage di poveri volatili domestici. Ebbene, entrambe queste due malattie sono ora sotto controllo in tutto il mondo e non hanno causato tutti quei danni che venivano paventati. Per quanto riguarda l’influenza suina, le autorità europee si sono immediatamente attivate sia attraverso un coordinamento dei ministeri della sanità dei 27 paesi membri, sia utilizzando gli strumenti del nuovo Centro Europeo per il Controllo delle Malattie che è stato istituito nel 2005 e che ha ora sede a Stoccolma. In Italia, inoltre disponiamo già di ben 40 milioni di dosi di vaccino. Occorre quindi che gli organi d’informazione non diventino di ‘disinformazione’, usando termini appropriati evitando di fare sensazionalismo procurando allarmi ingiustificati che possano ribaltarsi sul mondo economico e sulla vita di tutti i giorni. Inside Lombardia è in prima linea nell’utilizzo trasparente dell’ informazione

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lombardia in pillole

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cose, fatti e persone

solidarietà oggi oltre l’ego

ivan basso

la bicicletta insegna a vivere

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sguardo sul mondo

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fiat e chrysler, l’unione perfetta

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approccio dell’etica d’impresa

economia

la password a orecchio

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sorpassata l’impronta digitale

less is more

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s ommario

n. 5 / GIUGNO 2009

semplicità e imperfezione

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s ommario

il gioiello democratico la crisi si combatte così

quadroupage

emozioni d’immagini

ila

LA felicità porta fortuna

largo ai giovani

il futuro del ciclismo è verde 6

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panamera

la porsche quattro porte

make up

il trucco passa dalla rete

cucina molecolare emozioni del cibo

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l’olanda in bici diario di viaggio

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LOMBARDIA IN PILLOLE COSE, FATTI E PERSONE

____________________________________________________________________________________________ NOVITÀ, PREMIAZIONI, APPROFONDIMENTI. LA REGIONE LOMBARDIA PROTAGONISTA SU PIÙ FRONTI: DAL SOCIALE ALLA SALUTE TOCCANDO I TEMI ECONOMICI CHE CI AFFLIGGONO LE INIZIATIVE SOLIDALI DELLA REGIONE LOMBARDIA IN FAVORE delL’ABRUZZO, COLPITO DAL TERREMOTO

Piano carburanti, via libera in consiglio

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istributori di carburante con servizi sempre più diversificati, maggior presenza di sistemi di videosorveglianza nelle aree di servizio, incremento della rete distributiva di metano e incentivi a chi sceglie di aprire impianti in aree di montagna: punta su questi aspetti il piano di riqualificazione della rete dei carburanti approvato il 12 maggio 2009 dal Consiglio regionale della Lombardia. Il documento, di cui è stato relatore il consigliere Alessandro Colucci (FI–Pdl), ha ottenuto il via libera nonostante l’astensione dell’opposizione e il voto contrario di Stefa-

no Zamponi (Italia dei Valori). Il testo «punta a incrementare gli standard di qualità dei distributori di carburante – ha precisato Colucci – l’efficienza e la capillarità della rete, soprattutto nelle zone di montagna». Proprio per questo motivo sono previsti agevolazioni e incentivi per chi apre impianti «in zone carenti di questo tipo di servizio». Con il documento, ha precisato Colucci, la Lombardia si impegna anche a «sviluppare una più capillare rete di distribuzione del metano», che oggi conta 77 impianti. È proprio sul versante delle fonti alternative che l’opposizione ha definito però

il piano «un’occasione persa». «La Regione – ha detto Riccardo Sarfatti (Pd) – approva lo status quo anziché assumere una posizione avanzata di incentivo all’idrogeno, all’auto elettrica, al gpl e al metano». Anche per Osvaldo Squassina, esponente Prc, «manca nel piano l’impegno a migliorare la rete nelle zone montane e a sviluppare impianti eco–compatibili». Critico Zamponi: «Il piano non cambia nulla, è pieno di luoghi comuni e buone intenzioni, ma di volontà politica di cambiare le cose ben poca».


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a Regione Lombardia annuncia la pubblicazione di un corposo libro sulla medicina complementare: 250 pagine per uno Studio sull’implementazione delle linee guida Oms per lo sviluppo dell’informazione al consumatore e per l’utilizzo appropriato della medicina complementare in Lombardia, a cura dell’Istituto regionale di ricerca della Lombardia (Irer). Ed è subito polemica. A mettere in guardia dai «gravi rischi» di iniziative come il volume targato Pirellone, o ancora la Guida all’omeopatia lanciata dal Comune di Milano, sono gli scienziati del Gruppo 2003 per la ricerca scientifica. Gli esperti lanciano l’allarme: queste pubblicazioni, scrivono in una nota, «con l’autorevolezza di istituzioni preposte alla tutela della salute come

sono l’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms), la Regione e il Comune, attribuiscono di fatto credibilità a un insieme molto disomogeneo di teorie e di pratiche, per lo più prive di fondamento scientifico e di prove di efficacia e di sicurezza, col risultato di sviare i cittadini dall’uso appropriato delle cure mediche e di confondere le idee anziché chiarirle». In particolare l’omeopatia, spiegano, «si basa su principi che contraddicono quanto la chimica, la fisica e la biologia hanno accertato negli ultimi due secoli». Gli scienziati del Gruppo 2003 «desiderano informare l’opinione pubblica e la classe politica dei rischi che la diffusione delle cosiddette medicine complementari e alternative produce per quei cittadini che, affetti da malattie organiche bisognose di cure

efficaci, abbandonano i presidi della medicina scientifica e si affidano a terapie che, nella massima parte dei casi, possono contare soltanto su un effetto placebo». Alcune di queste medicine, incalzano, «prevedono la somministrazione di sostanze vegetali di origine poco conosciuta o del tutto ignota. Prassi non priva di seri pericoli: nella letteratura medico– scientifica sono già apparse comunicazioni di gravi effetti tossici provocati da tali preparazioni». Su questo tema gli scienziati hanno persino lanciato un appello, diffuso attraverso il sito www.lascienzainrete.it, e invitano i ricercatori e i cittadini che condividono loro preoccupazioni a sottoscriverlo.

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In Lombardia nel 2008 1,5 mld recupero evasione, +15%

AMBIENTE: Ecomafia 2009; Lombardia a rischio per Expo

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ella classifica dell’illegalità ambientale la Lombardia si piazza al 10° posto con 886 infrazioni accertate dalle Forze dell’Ordine nel 2008, 866 persone denunciate e oltre 300 sequestri effettuati». Questi i numeri degli ecoreati lombardi nella foto del rapporto Ecomafia 2009 di Legambiente, presentato oggi a Roma, nel corso di una conferenza stampa. «L’ecomafia al nord meno visibile, ma ugualmente pericolosa e devastante – dichiara

Sergio Cannavò, vicepresidente di Legambiente Lombardia –, lo testimonia il dato secondo il quale, da quando esiste il reato di organizzazione di traffico illecito di rifiuti (2002), delle 66 grandi inchieste condotte in Italia ben 22 sono state coordinate da Procure del Nord Italia (6 in Lombardia). Inoltre Milano e la Lombardia sono al centro degli appetiti criminali che già si sono manifestati verso i miliardi che l’Expo del 2015 porterà nella nostra regione». Ma più che i dati complessi-

vi delle infrazioni ambientali, a saltare agli occhi sono 261 i casi di illegalità accertarti in Lombardia durante il 2008 per quanto riguarda il ciclo del cemento, con ben 400 denunce e 26 sequestri effettuati. E a rischiare di più l’infiltrazione criminale, secondo Legambiente, sono gli appalti pubblici, compresi quelli per l’Expo di Milano del 2015 che saranno sicuramente quelli più vulnerabili.

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SICUREZZA: in Lombardia patto per evitare nuova Seveso

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nclude anche una serie di esercitazioni con l’intervento di vigili del fuoco, 118 e Arpa il protocollo d’intesa firmato dalla Regione Lombardia con Federchimica e Confindustria per la prevenzione dei rischi che derivano dalle merci pericolose. Più di un quarto delle aziende italiane a rischio di incidente rilevante (come quello accaduto a Seveso nel 1976), infatti, si trovano in Lombardia, e un quinto delle merci pericolose transita in Regione. Si tratta di 129 aziende a rischio medio e 141 a rischio maggiore concentrate soprattutto nella fascia Pedemontana. Per questo il protocollo riguarda sia le aziende (fra l’altro con la creazione di uno sportello telematico per semplificare la bu-

rocrazia) sia il monitoraggio dei trasporti di merci pericolose, per cui la Regione nei giorni scorsi ha deciso di stanziare un milione di euro. «Questo protocollo è una certezza in più per la sicurezza e la salute dei residenti lombardi», ha osservato l’assessore alla Protezione civile Stefano Maullu spiegando che i sindaci avranno il compito di informare gli abitanti sui comportamenti da tenere e i piani di emergenza esterni, già approvati dalle Prefetture, saranno concretizzati con «esercitazioni che coinvolgono popolazione e industrie per migliorare la risposta delle strutture di soccorso in caso di emergenza». In realtà, alcune esercitazioni sono già state fatte anche prima della firma del pro-

tocollo, come ha ricordato il direttore regionale dei Vigili del Fuoco Alberto Monaco. Nessuna intenzione di cedere agli allarmismi: nella classifica di incidenti e malattie professionali, ha sottolineato il presidente di Federchimica Giorgio Squinzi, il settore chimico è al secondo posto fra quelli più sicuri. E per rendere sempre più sicuro il trasporto delle merci pericolose, oltre al monitoraggio, Federchimica ha anche ideato un libretto il 27 lingue con i termini tecnici e pratici per permettere a tutti, a partire da Protezione civile e Asl, di comunicare con le persone che del trasporto si occupano fisicamente.

SCUOLA: protesta addette mensa Lombardia fuori da Pirellone

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rotestano fuori dal Pirellone le lavoratrici delle mense scolastiche di materne, elementari e medie della Lombardia. Motivo della contestazione, promossa dalle rappresentanze sindacali delle cosiddette “scodellatrici”, è la richiesta alla Regione Lombardia di un sostegno al reddito immediato, attraverso gli ammortizzatori sociali, nei mesi tra giugno e settembre, cioè quando la scuola è chiusa. Le addette mensa, infatti, sono «assunte dalle cooperative o società esterne – ha spiegato Giorgio Ortolani, segretario Filcams– Cgil – con un contratto di lavoro part–time verticale misto, la cui durata è legata all’anno scolastico. Ma la retribuzione, in media 400 euro al mese, copre di fatto solo il periodo di apertura delle scuole quindi nove mesi all’anno». Questo significa che durante le vacanze estive le lavoratrice «non solo non percepiscono lo stipendio – ha aggiunto Ortolani – ma non hanno nemmeno diritto agli ammortizzatori sociali o a indennità di disoccupazione come avviene ad esempio per gli stagionali». Con la protesta, dunque, le scodellatrici hanno chiesto al Pirellone sia di «sollecitare una modifica della legislazione nazionale in materia di ammortizzatori sociali», sia di «mettere loro a disposizione da subito – ha concluso Ortolani – una parte del miliardo e mezzo di euro per gli ammortizzatori in deroga, di cui dispone la Lombardia» e che rientra negli otto miliardi

di euro previsti dall’accordo Stato– Regioni. Le addette delle mense scolastiche, che in tutta la regione sono seimila, tre mila solo nella provincia di

Milano, hanno aperto la protesta davanti al Pirellone per poi concluderla davanti all’assessorato regionale al lavoro e formazione, in via Melchiorre


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ombardia e Sassonia–Anhlat (Germania) avvieranno rapporti di collaborazione nei campi della ricerca, dell’alta formazione e del turismo. L’accordo fra le due Regioni è stato sancito nel corso di un incontro tra le due delegazioni che si è svolto nella sala dei Capigruppo di Palazzo Pirelli. Per il Land tedesco c’erano i componenti della Commissione Economia e Lavoro guidati dal Presidente Tilman Togel, mentre la Lombardia era rappresentata dal Presidente del Consiglio Regionale Giulio De Capitani (Lega Nord), dai vicepresidenti Enzo Lucchini (Fi–Pdl) e Marco Cipriano (Sd), dal Consigliere Segretario Battista Bonfanti e da alcuni componenti delle Commissioni Attività Produttive e Formazione e Lavoro, Edgardo Arosio, Gianfranco Concordati, Mario Sala, Luciana Ruffinelli e Osvaldo Squassina. Regione

Lombardia e Sassonia–Anhalt attualmente sono partner all’interno della Rete europea delle Regioni Chimiche (ECRn), ma questa collaborazione è destinata ad accentuarsi nei prossimi mesi perché le due Regioni hanno riscontrato diversi punti di convergenza. Le due delegazioni infatti hanno trovato nell’alta formazione e nella ricerca due aspetti delle politiche comuni da affrontare con azioni sinergiche e scambi di esperienze. «Tre pilastri – ha detto il presidente lombardo – nei quali crediamo fortemente e che definiscono le ragioni del fare impresa. Settori nei quali si concentrano le materie sulle quali abbiamo deciso di puntare, la ricerca, le università, le biotecnologie, l’industria farmaceutica, l’Information and Communication Technology (a Toronto sorge la Rim il colosso che produce i BlackBerry) e l’aerospazia-

le solo per citare le più importanti. Un’economia moderna non può farne a meno, a maggior ragione in un momento di grande crisi a livello internazionale». «È la terza volta che incontro il ministro Pupatello – ha spiegato poi Formigoni – la seconda volta ci siamo visti al Palazzo della Regione Lombardia due anni fa e per la prima volta ci siamo incontrati a Mumbay, in India, dove eravamo entrambi impegnati in missioni istituzionali allora non proprio ben viste dai rispetti governi nazionali». Un «aneddoto» che il presidente ha voluto ricordare per sottolineare proprio quanto sia importante anche per le Regioni poter fare attività internazionale e accrescere così la propria competitività. «Incentivare collaborazioni con Paesi avanzati ed evoluti come il Canada e le sue Province – ha concluso Formigoni – è per noi di estremo interesse, ed è anche per questo motivo che fanno parte della nostra delegazione qualificati rappresentanti di importanti aziende e imprese lombarde, come noi interessate a presentarsi e a far conoscere i livelli di eccellenza raggiunti». Ad accompagnare la delegazione lombarda ci sono infatti rappresentanti delle principali Camere di commercio e delle imprese della Lombardia, come Italcementi, Farmindustria, Bracco, Mapei e Pirelli. Prima di concludere la giornata con la visita ad uno dei più importanti centri di ricerca del Canada – il Medical and Related Sciences (Mars) – Formigoni si è recato all’Art Gallery of Ontario, recentemente assurto anche alle cronache nazionali per la bellissima «Galleria Italia» in cui sono esposte le opere dell’italiano Giuseppe Penone.

Da Regione Lombardia 787mila Euro a comunità montane

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di 787.000 euro il contributo assegnato dalla Giunta regionale, su proposta dell’assessore alle Risorse, Finanze e Rapporti Istituzionali Romano Colozzi, alle Comunità Montane della provincia di Varese e al Comune capoluogo per iniziative a sostegno dello sviluppo della montagna. Gli interventi regionali in questo settore puntano all’eliminazione degli squilibri di natura sociale ed economica tra le zone montane e

il resto del territorio nazionale, alla difesa del suolo e alla protezione della natura mediante una serie di interventi. Si tratta di dotare i territori montani, con l’esecuzione di opere pubbliche e di bonifica montana, delle infrastrutture e dei servizi idonei a consentire migliori condizioni di abitabilità e a costituire la base di un adeguato sviluppo economico; di sostenere, attraverso opportuni incentivi, le iniziative di natura economica ido-

nee alla valorizzazione di ogni tipo di risorsa attuale e potenziale. Gli interventi sono poi finalizzati a fornire alle popolazioni residenti nelle zone montane, riconoscendo alle stesse la funzione di servizio che svolgono a presidio del territorio, gli strumenti necessari e idonei a compensare le condizioni di disagio derivanti dall’ambiente montano, e a favorire la preparazione culturale e professionale delle popolazioni montane.

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Accordo tra Regione e Sassonia per ricerca e turismo

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SOLIDARIETà oggi oltre l’ego

____________________________________________________________________________________________ Il primo passo nell’evoluzione dell’etica è un senso di solidarietà con altri esseri umani. RACCONTO DI UNA TRAGEDIA CHE HA COLPITO L’ITALIA INTERA

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gni viaggio comincia con un primo passo dicono. E per Albert Schweitzer, come per molti altri, questo primo passo è la solidarietà. Solidarietà e filantropia, amore per l’essere umano e volontà di impegnarsi per qualcosa che vada oltre sé stessi, per fare qualcosa che sopravviva al nostro breve passaggio sulla terra. Oggi come all’inizio del Novecento, negli anni in cui è vissuto questo personaggio, musicista e scrittore, medico e teologo, missionario e Premio Nobel per la Pace nel 1952. Dopo un’iniziale carriera nella musica e studi religiosi, Schweitzer a trentatre anni si iscriverà a medicina, specializzazione in malattie tropicali. Poco dopo partì per l’Africa, Lam-

baréne, dove fondò un ospedale per la cura della lebbra e della malattia del sonno, un progetto che avrebbe portato avanti tutta la vita, insieme alla passione per la musica: con sè in Gabon infatti si era portato anche un pianoforte speciale costruito per resistere alle termiti e all’umidità del continente. Ed è proprio viaggiando per l’Africa che formulò la base della sua etica filosofica del Rispetto per la vita, una cultura che fosse capace di maggiore energia e profondità etica, un principio che sta alla base della solidarietà, che considera l’esistenza di ogni uomo sacra e che spinge un singolo a volersi impegnare in qualcosa che vada oltre il suo diretto interesse o il suo mondo più prossimo. Come

ha fatto Princess Inyang Okokon o Selene Verri di Youth Action for Change o il clown franco–algerino Miloud e la sua Parada, sostenuta da Enel Cuore, o il regista Ermanno Olmi con il suo documentario su Terra Madre, che insieme agli altri è stato tra i vincitori del Premio Takunda del Cesvi, la manifestazione che ogni anno premia l’eccellenza nella cooperazione internazionale e che per il 2009 ha riconosciuto a Rita Levi Montalcini la Menzione d’Onore per la sua omonima Fondazione, con cui il Nobel per la Medicina sostiene l’accesso all’istruzione alle giovani ragazze nel Sud del mondo, come mezzo per raggiungere l’emancipazione sociale. E senza essere Premi Nobel, ognuno


APPROFONDIMENTI Associazione Donatori Midollo Osseo – www.admo.it Associazione Italiana Donatori Organi, Tessuti e Cellule – www.aido.it

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può fare qualcosa, come i migliaia di italiani di ogni razza e cultura, che scelgono volontariamente di donare il proprio sangue o permettere ai medici di espiantare organi, tessuti e cellule dopo la propria morte. O come Selene Verri, la ventiseienne italiana che ha fondato Youth Action for Change, un’associazione che ha ricevuto riconoscimenti dalle Nazioni Unite e dalla Banca Mondiale e che si è aggiudicata il Premio Takunda 2009 per Forgotten Diaries. Una piattaforma web che offre ai giovani che vivono nelle zone di conflitto la possibilità di raccontasi attraverso video, fotografie e testi. Un atto di solidarietà e di apertura al dialogo interculturale, che parte dal web, per allargarsi a attività formative online, campagne di sensibilizzazione e progetti sul campo nei Paesi coinvolti parte di Forgotten Diaries.

Associazione Volontari Italiani Sangue – www.avis.it Centro Nazionale Trapianti – www.trapianti.ministerosalute.it CESVI – www.cesvi.it Clownterapia – www.clownterapia.it Comicoterapia – www.comicoterapia.it Forgotten Diaries – www.forgottendiaries.org Parada Italia – www.parada.it Safe Sex Long Life – www.piam–onlus.org Premio Takunda – www.takunda.org

[Serena Valietti]

Youth Action For Change – www.youthactionforchange.org

Una risata vi salverà 13

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poi ci sono i filosofi poco seri che pensano che gli spaghetti sono già buoni, ma che si possono migliorare. Questi filosofi buffoni sono sempre stati pochi e le persone serie hanno sempre cercato di strozzarli». La risata e la buffonaggine di cui parla Jacopo Fo nel suo libro Guarire ridendo sono tutt’altro che frutto di stupidità: sono una mano tesa verso chi soffre, sdraiato a letto in corsia o nelle fogne di una città. Tra le flebo e la luce verdognola dei reparti degli ospedali di tutto il mondo, Italia e Lombardia compresa, ci sono medici col naso rosso e volontari che regalano momenti di svago ai piccoli degenti, seguendo l’esempio di Patch Adams, il dottore che Robin Williams ha portato sul grande schermo presentando al grande pubblico Clownterapia e Comicoterapia. Una risata vi guarirà. E un’altra invece accompagnerà bambini e ragazzi di strada sulla via del reinserimento sociale. Merito di Parada, un’onlus con sede anche in Italia che sostiene Miloud, il clown franco–algerino che oltre dieci anni fa ha cominciato a lavorare con i bambini delle fogne di Bucarest. Dalla Romania il suo progetto si è allargato all’Europa intera, offrendo accesso all’istruzione e al mon-

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do del lavoro ai ragazzi di strada e coinvolgendone oltre 50 in uno spettacolo di clownerie itinerante, che tra scuole, piazze e ospedali racconta sogni, successi e difficoltà di chi ha lasciato i canali di scolo

della capitale rumena. E il merito va tutto a un clown dagli abiti coloratissimi e l’aria scanzonata.


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Donare sè stessi

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a Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti» secondo l’articolo 32 della Costituzione Italiana. Ma lo Stato non può tutto. Ognuno può contribuire in prima persona, con scelte consapevoli e di amore verso il prossimo. E senza perderci nulla. Se non qualche capogiro mattutino, da combattere con un’ottima fiorentina per chi dona il sangue. «Un atto volontario e gratuito, una manifestazione concreta

di solidarietà verso gli altri – si legge sul sito dell’Avis – esalta il valore della vita, abbatte le barriere di razza, religione o ideologia e rappresenta uno dei pochi momenti di vera medicina preventiva. Proprio il fatto che il sangue sia raro implica la necessità di metterlo a disposizione di altri individui che potrebbero trovarsi in situazione di bisogno». Pensa di essere tu al loro posto. Non spereresti forse nel gesto disinteressato di qualcuno? E se chi ami si trovasse in pericolo di vita? Unica soluzione il trapianto, di organi, tessuti o cellule. Anche qui la

generosità di chi non c’è più darebbe una speranza di salvezza a chi ami. Admo, Aido e Ministero della Salute offrono la possibilità di iscriversi al database di donatori sul sito del Ministero, presso le ASL o le sedi locali delle due associazioni. «Sono favorevole al prelievo dei miei organi dopo la mia morte». Una dichiarazione che oltre a salvare vite, se fatta preventivamente e comunicata ai propri cari, eviterà loro di dover interpretare la nostra volontà in un momento di dolore come quello della nostra scomparsa.

La testimonianza: Princess Inyang Okokon

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rima vittima, poi attivista. Prima sfruttata, ora impegnata a combattere lo sfruttamento delle altre donne, in particolare quelle del suo paese d’origine, la Nigeria. Lei si chiama Princess Inyang Okokon e Safe Sex Long Life è il nome del progetto di cui si è fatta promotrice: «Il mio impegno è rivolto al contrastare la diffusione dell’AIDS e delle Malattie

Sessualmente Trasmissibili fra le prostitute in Nigeria – spiega la vincitrice della sezione Protagonista sul Campo del Premio Takunda 2009 – Prima abbiamo cominciato a lavorare con le nigeriane in Italia, poi abbiamo pensato di intervenire direttamente in Nigeria, collaborando con le Ong e le strutture sanitarie locali, contribuendo anche alla formazione di opera-

tori sociali specializzati del posto e puntando a rendere autonomo il progetto. Il canale Italia Nigeria resta sempre aperto, dato che le mediatrici culturali nigeriane che vivono qua periodicamente tornano nel proprio paese, per trasferire le competenze professionali acquisite in Europa alle loro connazionali».



i n tervista

ivan basso

la bicicletta insegna a vivere

____________________________________________________________________________________________ «ho imparato a conoscere cos’è la fatica, cosa significa salire e scendere – non solo dalle montagne, ma anche nelle fortune e nei dispiaceri –. Il ciclismo è un lungo viaggio alla ricerca di se stessi VERA DIFFICOLTà E’ CONFERMARSI SEMPRE A CERTI LIVELLI: L’UMILTA’ NON DEVE MAI MANCARE»

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a bicicletta insegna cos’è la fatica, cosa significa salire e scendere – non solo dalle montagne, ma anche nelle fortune e nei dispiaceri – insegna a vivere. Il ciclismo è un lungo viaggio alla ricerca di se stessi». Tutto si è fermato a tre anni fa anche se in mezzo molto è successo. Ivan Basso e il Giro si ritrovano. Allora fu amore, dopo una serie nemmeno troppo lunga di approcci e un’edizione che è ancora scolpita nella testa di molti, anche dei suoi avversari. Bookmakers e addetti ai lavori da settimane lo mettono in testa ai pronostici. Lui non ci fa troppo caso anche se in cuor suo sa di avere un conto aperto, nonostante eventuali errori e sbagli di percorso infilati in mezzo. Ora Basso proverà a rispondere e a rispondersi e confida così, ad “Inside Lombardia” le sue emozioni nel vivo del Giro d’Italia. «Il mio fisico sta bene e sono contento di essere pronto a giocarmi qualcosa d’importante – dice il campione –. I miei tifosi non mi hanno mai tradito, di questo ero sicuro. Dagli altri, giustamente, mi attendevo diffidenza ma piano piano ci siamo riavvicinati ed è stata una bella sensazione». «Sono in condizioni ottime – sottolinea nuovamente –, quelle che cercavo e volevo quando ho stilato il programma di lavoro verso il Giro d’Italia». Il suo ottimismo è tale che carica al punto giusto anche chi lo ascolta, anche noi della Redazione. Prima ha partecipato a Jesolo alla presentazione della sua Liquigas–Doimo, poi è stato coinvolto


i n tervista

ivan basso

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van Basso (Gallarate, 26 novembre 1977) è un ciclista italiano. Vive a Cassano Magnago (Varese), è sposato con Micaela e ha due figli, Domitilla e Santiago. Nelle categorie giovanili del ciclismo ha raccolto molti successi: dopo il 2° posto al mondiale juniores di San Marino del 1995, vince a Valkenburg nel 1998 il titolo mondiale Under 23. Diventa professionista nel 1999 e nello stesso anno ottiene la sua prima vittoria: una tappa del Regio Tour. Nel 1999 partecipa per la prima volta al Giro d’Italia, ma si ritira dopo 7 tappe; l’anno successivo è nuovamente iscritto alla corsa rosa e conclude 52°. Ha ottime doti da scalatore, pur non essendo un grimpeur, e mette in mostra queste sue doti al Mont Faron, dove nel 2001 vince una tappa del Giro del Mediterraneo. Inizialmente sembrava soffrire le gare a cronometro, ma nelle ultime stagioni ha dimostrato buone doti anche in questa specialità. Appunto in virtù di queste doti che ne fanno un atleta pressoché completo si è ben comportato nelle ultime stagioni al Tour de France. Palmarès

2000 2 tappe al Regio Tour, una in linea e una a cronometro 2001 Tappa al Giro del Mediterraneo (Mont Faron) Tappa alla Bicicletta Basca Tappa al Giro d’Austria

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2002 Classica Rominger Classifica giovani al Tour de France 2004 Criterium di Surhuisterveen Criterium di Rhede Grand Prix Jyske Bank Acht van Chaam Tappa al Tour de France: Castelsarrasin–La Mongie 3° nella classifica finale del Tour de France Giro dell’Emilia 2005 Trofeo Città di Borgomanero (Crono a coppie con A. Peron)

Ru Cup Criterium Emmen (Gouden Pijl) 4 tappe Giro di Danimarca Classifica finale Giro di Danimarca Dernyspektakel Wolvertem Circuito di Stiphout 17a tappa Giro d’Italia (Varazze–Limone Piemonte) 18a tappa Giro d’Italia (Chieri–Torino) 2006

2007/2008

GP Formaggi Guffanti (gara scratch) Gran Premio SBS Circuito di Salò Tappa e classifica finale del Criterium International 1 tappa al Circuit Sarthe Giro d’Italia (13 giorni in maglia rosa) 4 tappe del Giro d’Italia: crono squadre Piacenza–Cremona, Civitanova–Passo Lanciano, Rovato–Trento/Monte Bondone, Trento–Aprica. Cronoscalata Miasino–Mottarone Squalificato

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con altri sette grandi campioni nel “vernissage” organizzato da Rcs Sport.. «Sono entusiasta e tranquillo al tempo stesso – ha proseguito il campione di Cassano Magnago – anche perché credo che la Liquigas abbia portato al Giro la miglior formazione possibile, a eccezione come noto di Bennati che si è infortunato». Basso rimarca l’importanza di avere al suo fianco Franco Pellizzotti, un altro capitano. «Non avrò alcun problema a far tagliare per primo il traguardo della cronometro a squadre a Franco, una colonna di questa squadra e un ragazzo con cui non avrò alcun dualismo. Anzi, mi pare che tutte le 5/6 squadre più forti presenti al Giro abbiano più di un capitano e anche per questo motivo potranno controllare meglio la corsa». Tra i favoriti, oltre ai soliti nomi e a quelli appartenenti alle squadre come Astana (Armstrong, Leipheimer), Lampre (Cunego, Bruseghin) e Diquigiovanni (Simoni, Scarponi), Basso ricorda anche quegli atleti che fanno da unica punta alle proprie formazioni: «Di Luca è in grande forma così come Sastre, ma gente come Menchov e Garzelli può infiammare la corsa in ogni momento». Tornando indietro di qualche passo, il 30 giugno 2006, dopo uno scandalo scoppiato in Spagna relativo al doping chiamato “Operación Puerto”, Basso viene estromesso dalla partecipazione al Tour de France, che sarebbe iniziato il giorno successivo: alla vigilia era considerato uno dei favoriti per la vittoria finale della corsa con Jan Ullrich, anche lui coinvolto nello scandalo. Il Tour viene vinto dall’ americano Floyd Landis ma la vittoria dell’americano è stata annullata, e così il Tour viene assegnato allo spagnolo Oscar Pereiro Sio. In seguito a questo scandalo, viene sospeso dalla propria squadra, e anche il suo direttore sportivo Bjarne Riis prende le distanze da lui. Successivamente, la mancanza di sviluppi della vicenda porta lo stesso Rijs a una riapertura e a un possibile ritorno del corridore nella Csc. Il 7 maggio 2007 ammette le proprie responsabilità, nonostante prima fosse stato riabilitato alle corse e decide di collaborare con la procura antidoping del Coni, primo in Italia a compiere una simile scelta. Dopo due anni di squalifica, Ivan Basso è tornato con la carica di chi l’adrenalina vincente ce l’ha nel sangue. «La mia “Operacion Puerto” è finita il 24 ottobre dello scorso anno, in contemporanea con la squalifica


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[FOTO: Carlo Vaj]


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– taglia corto Basso –. Da allora ci ho tirato una riga sopra, non ci voglio più pensare e comunque non cambierebbe nulla di quanto mi è successo. Ora penso al giro e a correre». Il Giro tocca i suoi 100 anni, un evento già di per sé spettacolare. «Spettacolare e incerto sono le parole giuste per descrivere questa competizione – spiega –, questo è quanto piace al pubblico. Più difficile di quello che ho vinto tre anni fa. Più duro quel giro là? «Vero, però allora mi ero segnato quelle cinque o sei tappe nelle quali fare attenzione e si risolveva così. Quest’anno il percorso è vario, spettacolare, credo che ci divertiremo». Rispetto a tre anni fa la pressione è ancora la stessa. «Sento forse più responsabilità – ammette –. La squadra ha creduto in me, nel mio ritorno e in questi mesi mi è stata sempre vicina consentendomi di preparare al meglio gli obiettivi stagionali. Devo trovare il modo di ripagarla». Il campione di ciclismo rivela che la famiglia lo ha aiutato ad uscire dal periodo di crisi. Gambe allenate, fiato da vendere e piedi ben infilati nei pedali della bicicletta.«Se non avessi avuto questa famiglia non so come avrei superato i due anni di squalifica. Loro sono stati il mio carburante. Mia moglie Micaela, mia figlia Do-

mitilla e il piccolo Santiago sono stati il motivo per trovare quell’energia necessaria per rimettere la benzina nel serbatoio e superare il momento di crisi che mi ha travolto: i primi giorni erano frastornati tutti, me compreso. Micaela mi guardava in silenzio – ricorda –, Domitilla non capiva che cosa facesse a casa papà. Santiago era troppo piccolo per farsi domande». A quei primi momenti di imbarazzo sono seguiti quelli delle parole: «Alla bambina ho raccontato di un gioco dove io avevo sbagliato mossa. Dopo la squalifica potevo smettere o continuare, ho deciso di continuare e mi sono comportato come se dietro l’angolo ci fosse una gara ad aspettarmi».Ivan ha deciso di non farsi vincere dallo sconforto e di continuare a portare avanti il sogno di tornare ad essere il grande campione di una volta: «Salivo in bicicletta la mattina, tornavo a pranzo a casa, seguivo una dieta corretta, facevo massaggi e ginnastica. Quello era il mio lavoro, ho continuato a farlo». Impegno, devozione, voglia di non mollare e un amore forte a sostenerlo. «Adesso lascio che a parlare siano i risultati». [Lorenzo Casalino]

IL GIRO

Detto, fatto. Ivan Basso, dopo la sua intervista alla nostra rivista, ricopre con risultati eccellenti il Giro d’Italia e infiamma di spettacolo quello che alla vigilia è stato definito il Giro del Centenario. «Sono molto contento del mio avvio al Giro – confida dopo aver scalato le Alpe di Siusi –. Questa difficile salita era per me pericolosa: tappa corta e secca e ci stava perdere qualcosa rispetto ai miei avversari. Invece ho tirato tutti gli ultimi 4 chilometri. Bisogna vivere alla giornata, le premesse sono buone. Fare la differenza ora non è facile, però in salita c’ero solo io e i rivali dietro».




DENARO, SVILUPPO E CRESCITA

____________________________________________________________________________________________ FIat e chrysler, l’unione perfetta

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l mondo economico ed industriale italiano è lieto di annunciare il matrimonio tra FIAT, la nostra maggiore industria automobilistica e la americana Chrysler, che negli ultimi tempi viveva sull’orlo della bancarotta. Anche lo stesso Presidente Obama ha vivamente caldeggiato l’operazione presentata da Sergio Marchionne, già artefice delle rinascita della casa del Lingotto, accettata con soddisfazione anche dai sindacati americani, nonostante preveda una riduzione dei posti di lavoro e un cospicuo taglio agli stipendi. Il modus operandi prevede una bancarotta lampo per fare incassare almeno in parte i creditori (sistema già adottato con Alitalia), al termine della quale nascerà una nuova compagnia, dove inizialmente FIAT acquisirà il 20% del patrimonio azionario, insediando 3 membri nel CDA (1/3 del totale). La peculiarità dell’acuta operazione di Marchionne sta nel

fatto che la casa Italiana non dovrà mettere di tasca sua nemmeno un dollaro, ma sarà fornitrice di Tecnologia d’avanguardia, la stessa che negli ultimi tempi l’ha portata a realizzare auto economiche ma tecnologicamente e ecologicamente assai evolute, senza tralasciare il famoso stile italiano che il mondo ci invidia. E’ inoltre previsto che l’azienda torinese, da qui al 2016, avrà l’opportunità di ‘colonizzare’ maggiormente Chrysler immettendo anche del denaro fino ad acquisire il 51% del pacchetto azionario della casa americana. Ma quali sono i punti di forza che FIAT e Chrysler portano in dote in questo matrimonio e che possono venire a vantaggio di entrambe? L’azienda torinese ha dalla sua l’eccellenza nella costruzione di auto piccole, equipaggiate con motori relativamente di bassa cilindrata, dal modesto consumo, dal basso impat-

to ecologico, dalla lunga durata e dal prezzo contenuto, unita ad una ampia rete distributiva non solo in Europa ma anche in America Latina; mentre invece i pregi di Chrysler sono una enorme potenza produttiva e la possibilità di contare su una formidabile rete di vendita in tutto il Nord America. Per questo possiamo affermare che sarà un’unione di sicuro successo! Ma non è finita, ora il management torinese sta guardando in Germania mostrando interesse nei confronti del gruppo che fa capo a Opel. Anche l’azienda tedesca sta attraversando un periodo di crisi ma potenzialmente ha grandi capacità. Anche questa operazione accrescerebbe il prestigio e la forza di FIAT, che potrebbe diventare una vera e propria multinazionale italiana dell’automobile. [Marco Ravasi]

business

SGUARDO SUL MONDO

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economia

approccio dell’etica d’impresa

____________________________________________________________________________________________ per Milton Friedman «L’unico obiettivo dell’impresa è fare i più alti profitti possibili, nel rispetto delle leggi, dei costumi e dei valori etici»

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gli inizi degli anni ‘70, il Premio Nobel per l’economia Milton Friedman scriveva: “il vero dovere sociale dell’impresa è ottenere i più elevati profitti (ovviamente in un mercato aperto, corretto e competitivo), producendo così ricchezza e lavoro per tutti nel modo più efficiente possibile”. La posizione dell’economista era molto chiara: l’unica legittimazione, sia etica che sociale, del fare impresa è operare per massimizzare il profitto, ma – si badi bene – nel rispetto di tutte le regole del gioco. Altrettanto chiara era la motivazione di un’asserzione così impegnativa: poiché il

profitto è un riconosciuto indicatore di efficienza, per massimizzare il profitto l’azienda dovrà fare il miglior uso possibile delle proprie risorse; tenendo conto che le risorse sono scarse, l’impresa è quindi spinta ad operare con molta attenzione al bene comune, creando cioè “ricchezza e lavoro per tutti”. Accade frequentemente di sentire citare solo la prima parte di una delle frasi più famose di Friedman: “L’unico obiettivo dell’impresa è fare i più alti profitti possibili” e allora purtroppo, nel mondo degli affari ci si sente autorizzati a tutto, anche ad azioni senza alcuno scrupolo. Ma è proprio

la seconda parte del concetto “...nel rispetto delle leggi, dei costumi e dei valori etici.” che introduce il rapporto stretto ed essenziale tra etica ed economia. In quest’ottica, che vede lavoro e affari come parti integranti e imprescindibili della vita delle collettività, la ragione economica e la ragione in termini sociali coincidono, determinando un’unica catena del valore. La maggiore sensibilità e consapevolezza degli individui, accentuate dalla rapida diffusione delle informazioni nel mondo globalizzato, sono causa di accresciuti livelli di aspettative, così come ognuno di noi può constatare,


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ripensando anche solo a come tutto ci appariva più semplice qualche decennio fa. Non ci si ponevano domande sulle origini di ciò che acquistavamo, non si sentiva la necessità di sapere tutto su ogni prodotto; ci bastava insomma la fiducia nei confronti del negoziante sotto casa. Dobbiamo anche tener conto dei nuovi modelli di benessere e giustizia che si sono delineati, ad indicare l’esigenza diffusa di eticità e valori immateriali, oltre ad equità e legalità. Ciò significa che ora non ci accontentiamo più di acquistare un oggetto od un servizio, per le sue funzioni specifiche, ed il suo valore non è dato solo dalla qualità intrinseca, ma richiediamo che il prodotto sia corredato da valori immateriali, quali il marchio, il Made in Italy, la garanzia di rispetto per l’ambiente, la garanzia che non sia stato prodotto sfruttando il lavoro minorile ... Sono i valori che generano Valore. I comportamenti etici producono infatti valore tangibile ed intangibile, mentre le scelte non virtuose scatenano instabilità, costi e perdite. Le organizzazioni imprenditoriali sono quindi chiamate alle loro responsabilità di tipo sociale ed ambientale, nel rispetto dei valori e delle convinzioni delle diverse culture. E’ abbastanza facile individuare le motivazioni economiche dell’impresa, ma quali sono invece gli aspetti sociali della catena del valore ? e qual è l’approccio giusto per rispettarli ? Per lo studio di questi argomenti, nel corso degli ultimi decenni – prima negli USA e poi nei Paesi Europei – si è sviluppata la Buisenss Ethics (Etica degli Affari, o Etica d’Impresa o Re-

25 sponsabilità Sociale d’Impresa). E’ una forma di etica applicata, che supporta nell’interpretazione dei principi etici e morali, o dei problemi etici connessi al mondo degli affari. La Buisenss Ethics propone ai manager le linee guida per una moderna interpretazione dell’impresa e si applica a tutti gli aspetti della gestione degli affari e delle organizzazioni, nel loro complesso. Gli aspetti sociali della catena del valore, per la Buisenss Ethics sono identificati con il termine Stakeholders. In inglese, stakeholder è chi tiene il palo mentre qualcun’altro con il martello cerca di conficcarlo in terra; e ovviamente spera che l’altro non sbagli la mira ... Stakeholders sono quindi persone o entità coinvolte – in modi più o meno diretti – nelle attività delle imprese; in altri termini sono i portatori di interesse. Sono gli individui singoli, o le categorie sociali, che hanno un interesse rilevante in gioco nella conduzione dell’azienda, sia a causa degli investimenti specifici che intraprendono, sia a causa dei possibili effetti esterni – positivi o negativi – delle transazioni effettuate dall’impresa, che ricadono su di loro. Gli Stakeholders primari sono: – I Clienti chiedono qualità dei pro-

dotti, attenzione agli aspetti ecologici, garanzia del servizio, assistenza e informazione. – I Dipendenti chiedono garanzia del posto di lavoro, giusta retribuzione, rispetto dei contratti, opportunità di crescita professionale. – I Fornitori chiedono garanzia del rispetto di contratti equi e continuità del rapporto. – Gli Azionisti chiedono continuità dell’azienda, equo ritorno sull’investimento. – La Comunità locale chiede opere di interesse pubblico, trasporti, attenzione alla salute e agli aspetti ecologici. – Per l’Ambiente ci si aspetta tutela ambientale, sostenibilità per arginare l’esaurimento di risorse naturali. In occasione dell’European Business Ethics Forum, tenutosi a Parigi dal 21 al 23 gennaio 2009, il Segretario Generale dell’OCSE, Angel Gurria, muovendo dalla considerazione che la mancanza di etica è stata una delle cause della grave crisi in corso, ha sottolineato la necessità di riscrivere le regole del mercato e di adottare nuovi standard etici tali da riportare trasparenza, obiettività, affidabilità, onestà e prudenza e con esse la fiducia e, di conseguenza, la crescita economica.

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Il Segretario Generale ha ricordato che l’OCSE è da decenni impegnata nella costruzione di principi e standard etici per gli operatori economici, creati attraverso processi multilaterali e adottati da un numero crescente di Paesi. In particolare egli ha menzionato le Linee guida destinate alle imprese multinazionali, unico strumento a coprire tutte le aree dell’etica imprenditoriale, “adottate” da 42 Stati di cui 11 non–OCSE, poste a base della cooperazione tra OCSE e Cina in materia di condotta responsabile ed utilizzate da circa il 40% delle multinazionali come modello per l’elaborazione del proprio codice di condotta. Anche l’Unione Europea da anni si esprime a favore della visione etica d’impresa; nel Libro Verde sulla Responsabilità Sociale raccomandava questo tipo di approccio, definendo la responsabilità sociale delle imprese come “l’integrazione su base volontaria dei problemi sociali ed ambientali

delle imprese nelle loro attività commerciali e nelle loro relazioni con le altre parti” in quanto imprese e società sanno che un comportamento responsabile è la premessa di un successo commerciale durevole. Adottando comportamenti socialmente responsabili, le imprese intendono gestire il cambiamento in modo consapevole sul piano sociale, cercando di trovare un compromesso equilibrato tra le esigenze e i bisogni delle parti interessate in termini che siano accettabili per tutti. Se le mutazioni saranno gestite con responsabilità e consapevolezza, l’impatto a livello macroeconomico sarà sicuramente positivo. La responsabilità sociale delle imprese era stata indicata per contribuire, entro il 2010, al raggiungimento dell’obiettivo strategico fissato dal Consiglio europeo di Lisbona del marzo 2000, vale a dire “diventare l’economia della conoscenza più competitiva e più dinamica del mon-

do, capace di una crescita economica sostenibile accompagnata da un miglioramento quantitativo e qualitativo dell’occupazione e da una maggiore coesione sociale”; essa potrà inoltre servire a rafforzare la strategia europea di sviluppo sostenibile. (Da Comunicazione della Commissione Europea relativa alla Responsabilità sociale delle imprese: un contributo delle imprese allo sviluppo sostenibile. 2002). Pur essendo molto importanti le responsabilità delle multinazionali, anche le aziende di dimensioni inferiori, comprese le PMI, sono chiamate a dare il loro contributo in modi adeguati al loro ruolo nei mercati e sul territorio. Nell’epoca della mondializzazione, infatti ogni impresa non può più prescindere dalle interconnessioni di tipo globale delle proprie azioni. Dobbiamo essere consapevoli che il calo diffuso di risorse, i vincoli imposti dalle norme Comunitarie e la forte competitività selezioneranno le aziende, premiando quelle che si rinnoveranno in ottica di sostenibilità e responsabilità, garantendo prodotti e servizi di alta qualità. Va evidenziato che la risposta responsabile da parte delle imprese rappresenta quindi un’opportunità strategica, sicuramente vincente anche in termini economici. Il tema, ripulito dell’effetto moda e di coloro che cercano di rifarsi il look a buon mercato, è una cosa seria, perché c’è più consapevolezza del fatto che l’etica d’impresa sia diventata una questione fondamentale della società civile. La responsabilità sociale paga. Esiste una relazione statisticamente significativa, e quindi un impatto concreto e misurabile, tra prestazione sociale e prestazione finanziaria, sia che venga misurata in termini contabili sia come profitto per gli investitori; i due aspetti si rinforzano a vicenda soprattutto grazie alla maggior competenza manageriale e alla migliore reputazione delle aziende. Tra gli studiosi del settore si è diffusa l’opinione che Il periodo attualmente vissuto dal mondo occidentale è paragonabile, per molti aspetti, al Rinascimento Italiano. Il Rinascimento nacque in risposta al decadimento politico e militare, come affermazione di una pienezza vitale e naturale, in nome del valore dell’uomo. Ora come allora, le avanguardie si muovono per sensibilità e convinzioni personali, stimolando il cambiamento e mettendolo in atto, con la loro volontà e mettendosi in gioco in prima persona.

[Silvia Boatti, Ethics Officer]



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una password a orecchio sorpassata l’impronta digitale

____________________________________________________________________________________________ la sicurezza elettronica di domani potrebbe essere affidata all’unicità dell’orecchio interno

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mpronte digitali e scansione dell’iride sono ormai roba vecchia: la sicurezza elettronica di domani potrebbe essere affidata all’unicità dell’orecchio interno. Nel giro di qualche mese la sicurezza elettronica potrebbe essere tutta questione… di orecchio. Un team di ricercatori dell’Università britannica di Southampton (Gran Bretagna) ha infatti messo a punto un rivoluzionario sistema di identificazione biometrica basato sul riconoscimento dell’orecchio interno. O meglio, sul riconoscimento del rumore prodotto dalla vibrazione

dell’aria all’interno della coclea, un organo osseo la cui funzione è quella di ritrasmettere, sottoforma di impulso elettrico, le vibrazione raccolte dal padiglione auricolare. L’impronta auricolare. Secondo gli scienziati inglesi questo suono, il cui nome tecnico è emissione otoacustica, sarebbe unico ed univoco per ogni essere umano e potrebbe quindi essere utilizzato come sistema di riconoscimento biometrico, proprio come le impronte digitali o la scansione dell’iride. Potrebbe per esempio essere stimolato con una serie di click emessi dal telefonino e

captato da microfoni super sensibili posizionati sull’auricolare. Aziende in pole position. Lo studio dovrebbe concludersi entro la metà del 2010 e, se si dimostrerà valido, potrà di sicuro interessare i produttori di cellulari. Restano ancora da chiarire alcuni punti: per esempio se l’emissione otoacustica rimane identica nel corso della vita o se malattie banali come otite o raffreddore la possono modificare. [Alessandro Bolla]


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ai bit ai batteri: la nuova frontiera dell’informatica è la biologia. In Giappone è stato realizzato il primo computer che fa uso di proteine naturali al posto dei classici dischi. Addio ai dvd e agli hard disk? È presto per dirlo, ma adesso le premesse per realizzare “computer organici” ci sono tutte. Le proteine sono indispensabili agli organismi viventi e tra qualche anno lo saranno forse anche per i computer. è infatti allo studio un innovativo sistema di archiviazione dati che potrebbe sostituire gli attuali dischi fissi e persino i dvd e le schede di memoria con sistemi che faranno uso di speciali proteine naturali. Con una dimostrazione a effetto, Tetsuro Majima (Università di Osaka, Giappone) ha mostrato che già oggi è possibile realizzare “periferiche” di archiviazione di massa che superano in capienza gli ormai comunissimi dvd grazie a una speciale proteina fluorescente. Applicando la Alexa Fluor 532N streptavidina, una proteina derivata da un batterio e resa fluorescente, su un supporto e attivandola con sostanze chimiche fotosensibili e fasci luminosi, Majima è stato in grado di ricreare microscopici

tecnologia

BIO PC: Prende forma il computer “complesso”

“disegni” corrispondenti alle informazioni da immagazzinare. Letti da un’interfaccia informatica, i disegni proteici vengono poi reinterpretati dal software e utilizzati come dati. Stando a Majima, il computer a proteine può essere veloce quanto si vuole. Ma il vero vantaggio sarebbe la stabilità delle informazioni registrate, insensibili alle interferenze magnetiche (pericolose, invece, per le attuali schede di memoria e i vecchi floppy). I “computer organici” non sono però una novità: già quasi dieci anni fa una ricerca del Georgia Institute of Technology aveva prodotto un computer senza processori, funzionante con i “semplici” neuroni di una lumaca. E l’anno scorso scienziati israeliani hanno impiegato due enzimi umani per rimpiazzare i microchip in silicio ed è dagli anni ‘90 che l’Istituto Weizmann è all’avanguardia nelle ricerche sul computer biologico. L’obiettivo di questi studi? Creare macchine affidabili capaci di sfruttare a proprio vantaggio le complessità della natura.

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[Andrea Porta–]

1999: BIO–PC sul pianeta Terra Il 1999 è l’anno di nascita ufficiale dei computer biologici. Tra gennaio e giugno sono stati presentati ben due bio–computer: il primo, americano, sviluppato a partire da filamenti di Dna, appena nato sapeva... fare le somme! Il secondo (nella foto all’Istituto Weizmann), israeliano, non ha mai avuto aspirazioni “filosofiche”: è una macchina molecolare che dovrebbe servire a modificare altre molecole.



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Less is more

semplicità e imperfezione

____________________________________________________________________________________________ per Lev Tolstoj «Tutte le idee che hanno enormi conseguenze sono sempre idee semplici»

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abi sabi o l’estetica dell’appassire delle cose, si esprime nella tradizionalissima cerimonia del tè. E sta per diventare una moda. Diventerà una moda, peccato. Perché il wabi sabi si meriterebbe forse più rispetto, visto che è un’estetica giapponese nata nel 1500. Ma ha tutto per piacere a global chic e fashion victim. Poi è un ritorno al minimal, dopo anni di eccessi barocchi. Un po’ in linea con la ricerca della purezza delle cose. È austero, perfetto in questo periodo cupo in cui anche le modelle sfilano a lutto. E infine, ma non ultimo, perché wabi sabi suona bene, quattro sillabe facili da far scivolare nel discorso con l’aria di saperla lunga – attenzione però a non confonderlo con il wasabi, la pasta di colore verde e dal sapore particolarmente piccante usata nella cucina giapponese, potreste entrare in un discorso piccante. Ma facciamo un piccolo passo indietro. “Less is more” la celebre citazione dell’architetto tedesco Mies van der Rohe sintetizza alla perfezione il concetto di semplicità e di minimalismo che questa antica dottrina ci vuole insegnare. Certo è che progettare e realizzare un prodotto complesso da utilizzare è più comodo che renderlo più facile. Nel senso che più mette, più infarcisce, più carica, più è contento. Di solito invece il valore d’uso intuitivo, lo user friendly richiede certamente un grosso investimento di tempo, di studio a monte. In due parole fare una cosa complicata è alla portata di tutti, mentre fare una cosa semplice è potere di pochi. Richiede talento

e volontà di rispetto dell’utente finale. Richiede attenzione, pazienza e capacità di sintesi. In sostanza, è più facile aggiungere che togliere, è più facile complicare che semplificare! E quindi… Scremare, scremare, scremare. Perché l’Olimpo dei designer è uno spazio moltro ristretto. Il mondo della produzione è popolato di prodotti inutilmente complessi da utilizzare, col risultato di scoraggiare

buona parte degli utilizzatori. Il designer in questa battaglia per la semplicità ha un ruolo chiave, in quanto è l’unico anello della catena produttiva a mettersi nella pelle dell’utente finale. Il minimalismo è un atteggiamento mentale, una filosofia di vita da applicare nel quotidiano. Come il risparmio energetico. Passo dopo passo offre i suoi meravigliosi risultati.

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Ottenere il massimo del risultato col minimo dei mezzi o delle risorse, è un atteggiamento sano nei confronti della cultura dominante odierna dello spreco, figlia della società dei consumi. Lo stesso consumismo ci vanta la possibilità di scegliere tra tanti prodotti, ma se devo comprare una fotocamera digitale tra una cinquantina di modelli, non è più libertà di scelta, ma l’angoscia della scelta! La semplicità è un autentico valore.

L’importante è che non si trasformi in banalità. Per Munari la semplificazione è il segno dell’intelligenza. Egli aveva sempre la semplicità nel mirino: semplicità nel pensare, semplicità nel progettare, semplicità nel parlare. Ci ha regalato oggetti quotidiani essenziali come portaritratti, lampade, ciotole, sottovasi, occhiali, impressi dalla filosofia del “togliere”, fuori dal tempo e dall’ossessione di essere in sinto-

nia con le tendenze, perché “niente passa tanto di moda, come la moda” come amava dire, e ricordava che “ogni momento della vita può essere correttamente progettato: una ricetta, un viaggio, un discorso”. “Tutte le idee che hanno enormi conseguenze sono sempre idee semplici” scriveva in “Guerra e Pace” Lev Tolstoj, e, forse, visto il personaggio, sarebbe meglio credergli . Infatti, le idee semplici possono a volte cam-


immediatamente. Semplice è sinonimo di facile, elementare, lineare, basilare, conprensibile, evidente, ovvio, comprensibile. Semplice è come bere un bicchiere d’acqua. Indispensabile. L’importante non è il contenitore ma il contenuto. Perché progettare una libreria per esempio non vuole dire dare importanza alla libreria ma esaltare i libri. E da questo concetto estremo di sem-

plicità, di facilità di approccio nasce il wabi sabi. La purezza. Come l’autenticità del difetto. La leggenda di questa dottrina giapponese trae le sue origini circa la realizzazione di ciotole per consumare il riso, realizzate dall’uomo in modo talmente perfetto da creare sdegno. Perché solo ciò che è realizzato dagli dei può essere perfetto. Quindi, per non attirare su di sé le ire dall’alto cielo, un uomo pensò di

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biare il mondo. “Ciò che è semplice è efficace” amava dire invece Marcel Dassault. Le idee semplici sono spesso le più efficaci! La semplicità non è solo un concetto intellettuale, ma è anche un’emozione, una sensazione, con tutto il suo valore estetico di armonia, che comunica intensamente a prima vista. Semplice non vuole dire povero, ma essenziale, anche nel feedback visivo che l’oggetto comunica

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segnare con la propria impronta un semplice tocco del dito quelle ciotole. Rendendole per sempre imperfette. Ma perfette appunto perché difettose. Perché irrimediabilmente uniche. Da sapere c’è anche questo: che il wabi sabi è l’arte del trovare bellezza nell’imperfezione, e profondità di contenuti nella semplicità. Che è culto dell’autenticità. Wabi sabi è un’antitendenza, quanto di più lontano possibile da una cultura efficientista e tecnologica. È cogliere il valore della fragilità, dell’instabilità, della deperibilità, di una smagliatura. Il gusto malinconico dell’inevitabile appassire delle cose. Il coraggio di accettarle per come sono, il piacere di tenersi un vaso sbrecciato. Del non voler rinunciare ad un peluche ormai corroso e consumato dalle notti. Come scrive Leonard Koren, autore di Wabi sabi for artists, designers, poets and philosophers (Stone Bridge Press, Berkeley, California), è (anche) “ la bellezza delle cose imperfette, fragili, incomplete; umili e modeste; non convenzionali“ . Insomma, un’antiestetica, e per questo seducente e preziosa per la nostra società dell’immagine. Come il neo di Marilyn. Imperfezione innegabile.

Wabi sabi può essere tutto. Dalle ciotole spartane ispirate all’estetica zen, che portano armonia in tavola, al brucia incenso per la cerimonia del tè . Wabi sabi è un’estetica legata, appunto, all’arte del tè. “Wabi” vuol dire quiete, tranquillità, protezione, mentre “sabi” è silenzio, solitudine, malinconia. Entrambi i termini sono legati allo zen, filosofia buddista che si sviluppa nel 1500, epoca caratterizzata, in Giappone, da guerre tra famiglie militari. In un momento così tormentato, sorprendentemente si afferma la filosofia della quiete, dell’armonia, dell’essenzialità. Che si compie nel delicato e ritmico momento della “cerimonia del tè”. Nella sua liturgia perfetta, i guerrieri stanchi e tormentati, ritrovavano la pace dopo tante battaglie e violenza. Wabi sabi è estetica e morale, esperienza di vita totale che si fonda sulla ricerca della semplicità e della verità, non fuori ma dentro l’uomo. I giapponesi sono un popolo strano ma concreto: non cercano verso l’alto, ma intorno a sé. Nello zen l’uomo è un microcosmo che riflette le leggi universali: guardando in se stessi si guarda anche fuori. Si va alla ricerca facendo vuoto dentro di sé. Ecco l’essenzialità del wabi sabi, quel ripro-

durre nell’uomo la semplicità della natura. I materiali usati nella cerimonia del tè sono poveri, le linee essenziali, gli spazi il più possibile vuoti: è un’esperienza artistica nella ricerca, la riproduzione di un’armonia estetica, sociale, umana. Di vita. La degustazione stimola tutti i sensi (il gusto, l’olfatto, l’udito – attraverso i suoni della natura che entrano nella casa – il tatto, la vista, il senso estetico), ma in una cornice di estrema sobrietà, necessaria perché il significato delle cose, dei gesti, dei rapporti non sia inquinato da nulla. Una dinamica degli opposti: wabi sabi è tensione verso la perfezione che passa attraverso il culto dell’imperfezione, perché, per i giapponesi, la bellezza assoluta coincide con la morte. Agli occhi di tanti occidentali, questa filosofia è affascinante, quasi come fosse una cura disintossicante dagli eccessi della nostra società. Va oltre: il principio di profonda semplicità che c’è nella cerimonia è zen. Uno spirito che non va confinato nello spazio fisico e temporale dell’evento, ma va portato nella vita quotidiana, come attenzione verso gli altri. È appassionante la ricerca interiore che c’è dietro. Nella pratica zen si trova un’idea di disciplina che affascina. Nello zen la vera libertà è responsabilità. Che, nella cerimonia del tè, è scandita da quattro principi: armonia, rispetto, purezza e tranquillità. Armonia: con gli ospiti e con la natura. Per questo, se si sceglie un fiore, deve avere la modestia di un fiore di campo. Un tempo le case del tè erano costruite nella natura, affinché il vento, la pioggia e il canto degli uccelli creassero atmosfera, accentuassero l’intimità tra le persone. La cerimonia si teneva nelle prime ore del mattino, quando luce e suoni non frastornano i sensi. Rispetto: per gli ospiti (offrendo il tè, si offre loro se stessi) e gli oggetti, tramandati da maestro ad allievo, tanto più preziosi quanto più invecchiati. Purezza: si comincia con la pulizia della stanza per creare un ambiente adatto, che è anche purificazione interna. L’ospite, prima di entrare, si sciacqua bocca e mani. Tranquillità: ci si mette sempre in relazione con l’altro. Per noi occidentali è facile utilizzare le parole, ma un gesto può esprimere molto di più. Solo il modo di appoggiare una tazza rivela emozioni profonde: per questo è importante “ascoltare” l’atmosfera, sospendere la razionalità. L’essenzialità – less is more – ci seduce ma non ci appartiene fino in fon-


Così come il Sintetismo c’è anche l’istituto d’arte e mestieri del Bauhaus che fu fondato a Weimar dall’architetto Walter Gropius nel 1919 e nel decennio successivo divenne il centro del design in Germania. Riprendendo alcuni temi del socialismo, la filosofia del Bauhaus voleva portare arte e design nell’ambito della vita quotidiana. Gropius considerava artisti e architetti come artigiani e sosteneva che le loro creazioni dovessero essere pratiche e abbordabili. Gli allievi dell’istituto erano pittori, architetti, ceramisti, tessitori, scultorie e designer, impegnati in attività di gruppo come gli artisti e gli artigiani del Rinascimento. Lo stile caratteristico del Bauhaus era semplice, geometrico e accurato. Nel 1933 la scuola fu chiusa dai nazisti con l’accusa di essere un centro di intellettuali comunisti. Malgrado l’abolizione dell’istituto, le sue idee si propagarono nel resto del mondo a seguito dell’emigrazione di molti suoi esponenti. Infine possiamo trovare anche il minimalismo, che è una tendenza artistica nata principalmente degli Stati Uniti negli anni sessanta e settanta. L’arte minimalista, come da definizione, si basa sulla riduzione della realtà: l’arte è puramente astratta, oggettiva ed anonima, priva di decorazioni superficiali o caratteri espressivi. Nella pittura e nel disegno minimalista le rappresentazioni sono mono-

cromatiche, spesso realizzate su griglie e matrici di tipo matematico. Le elaborazioni di arte minimalista sono in grado di evocare, seppure astratte in forma e contenuto, emozioni e stati esistenziali. Nella scultura vengono impiegati materiali e procedimenti industriali per ottenere forme geometriche, spesso riproposte in serie. I materiali maggiormente utilizzati sono acciaio, perspex e tubi fluorescenti. Il messaggio che gli scultori vogliono dare a queste opere non punta sulla perfezione visiva, ma sull’esperienza di un contatto fisico con l’osservatore. Il minimalismo può considerarsi una reazione all’espressionismo astratto, corrente d’arte moderna di fine anni cinquanta. Nel mondo dell’immagine e della rappresentazione la semplicità è un oggettivo dato di fatto, quindi apprezzabile o meno, ma che bisogna imparare a vedere come un valore aggiunto. Non vedere la banalità ma l’essenzialità. Notare l’imperfezione delle cose e della materia. Giocare con le cose semplici. Un po’ come fanno i bambini che, in fondo, si divertono anche con il nulla. Ricordarsi che da un ramo e un filo possono nascere storie e leggende di guerriri ed eroi alla “Robin Hood”. Con semplicità.

design

do. Sempre alla ricerca di qualcosa di più. Wabi snobby, più che wabi sabi, era anche lo scrittore viaggiatore Bruce Chatwin, che aveva dato incarico all’architetto minimalista per antonomasia, John Pawson, di ideare una casa che fosse solo “un posto in cui appendere il cappello”. Peccato che Chatwin non vivesse con la frugalità professata: le spoglie credenze trovate in giro per il mondo erano piene di posate russe d’oro. Predicare bene e razzolare male, insomma. Con il concetto di less is more si possono comprendere anche alcune tradizioni artistiche, come il Sintetismo che si riferisce all’orientamento assunto dai pittori della scuola di Pont– Aven, riuniti intorno alla personalità di Gauguin che, in opposizione all’impressionismo, affermano la necessità di superarne il carattere aleatorio della visione e di ridurre questa ad una sintesi in cui siano compresi tutti gli aspetti della rappresentazione: dalla costruzione prospettica, alla definizione lineare, alla campitura cromatica. Una nuova superficie bidimensionale, realizzata attraverso nette campiture di colore come negli smalti cloisonné, esprime una nuova visione della realtà, profondamente influenzata dalle concezioni simboliste pronunciate da Gauguin.

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m oda

il gioiello democratico la crisi si combatte così

____________________________________________________________________________________________ lAVORAZIONI LEGGERE, PIETRE SINTETICHE,PICCOLI DIAMANTI La gioielleria contrasta la crisi del mercato globale e la conseguente diminuzione della domanda a colpi di creatività

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a gioielleria contrasta la crisi del mercato globale e la conseguente diminuzione della domanda, a colpi di creatività, inventando il gioiello democratico. Non si tratta in questo caso di gioielli “poveri” anzi, di soluzioni creative che contengono i prezzi, come dimostrano le nuove tendenze di VicenzaOro Charm, fiera della gioielleria che si è tenuta a Vicenza dallo scorso 16 maggio. Lavorazioni leggere, tanto colore, pietre più piccole per comporre i pavè, pietre dai tagli personalizzati, quarzi sintetici, oro giallo e rosa, materiali alternativi all’oro come il bronzo indicano chiaramente la tendenza: per combattere la crisi, i designer italiani hanno dovuto met-

tere in campo la sola arma vincente in questi casi, la creatività. Del resto anche il legame con la moda, che privilegia forme semplici per far risaltare gli accessori, impone ai design di gioielli una maggiore fantasia. Fatta eccezione per l’alta gamma, nelle nuove proposte l’estro si muove all’interno di canoni che impongono leggerezza, spesso ottenuta con raffinati trafori, e qualche rinuncia alle grandi carature. Così, il brillante oltre il carato può essere sostituito da sette pietre più piccole, montate con incassatura invisibile. Quarzi idrotermali di misura oversize sono spesso preferiti alle più costose pietre naturali. Alla filosofia che coniuga il massimo risultato estetico

con il giusto prezzo, corrisponde la diffusione di micropavè di diamanti o di zaffiri, dal setaccio finissimo, la cui laboriosa incassatura consente di ottenere splendidi tappeti di pietre. In alcuni modelli, sui pavè di diamanti s’inseriscono pietre sfaccettate dai colori forti, che contribuiscono a contenere il prezzo rendendo più accattivante il disegno. È un omaggio al moderno concetto di lusso accessibile, dove il disegno e la qualità di manifattura rendono esclusivo anche il più democratico dei gioielli. Ma tutto questo non deve far pensare a un impoverimento della gamma: si tratta al contrario di un ampliamento verso l’alto, come nel caso delle griffe di gioielli–moda che hanno lanciato le prime collezioni in oro. Cresce comunque la diffusione delle pietre colorate dai tagli personalizzati, soprattutto briolette. Sugli anelli compaiono pietre centrali, tagli cabochon dal profilo rilevato. L’oro giallo trova sempre più consensi, tanto che persino qualche grande gioielliere inizia a legare la propria immagine ad anelli in oro giallo con pavè di diamanti bianchi, e molto spesso le collezioni sono proposte anche in oro rosa. A questa tendenza fa eco, in una fascia più accessibile, la moda del bronzo, del bronzo dorato e dell’argento dorato. Meno diffuso l’oro rodiato chocolate o nero. Le amanti dell’oro bianco comunque non sono out. Nei gioielli alla moda è abbinato agli altri colori dell’oro e continua a essere il più diffuso per i solitari. [Lorenzo Casalino]


Gioiello-Scultura

w w w. a r a n d o. c o m

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Quadroupage

emozioni d’immagini

____________________________________________________________________________________________ Partendo dalla tecnica del decupage, passando per il collage, ecco nascere una nuova arte per parlare con le immagini.

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l mistero e l’oscuro, questi gli argomenti da sempre al centro della curiosità popolare. Ciò che non si capisce da sempre è stato oggetto di ricerche o di ricostruzioni, più o meno veritiere per-

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sino in una società “tecnologica”, avanzata o disincantata come la nostra. Già, perché la voglia di scoprire in un mondo dove tutto pare raggiunto e soprattutto semplificato, è più

che comprensibile. Un mondo dove tutto appare limpido, ma che in realtà ha infinite chiavi di lettura. Per questo motivo non ci si deve stupire nel momento in cui a farla da padrone nelle classifiche di film e libri sono temi come la ricerca di tesori perduti, meglio ancora se attraverso codici o strane iscrizioni. Un linguaggio arcaico, che compenetra alla perfezione il termine dell’arte. L’arte come linguaggio, certo, ma su più livelli, ognuno di essi più profondo, tra cui il più affascinante è senza dubbio quello simbolico. Una simbologia religiosa e popolare, antico retaggio di culture che via via sono andate scomparendo, sostituite lentamente, ma inesorabilmente, da quelle legate alle religioni del libro. Un sussurro che è stato immortalato nel tempo, in quadri e sculture ammirate e quotate. Un sussurro udibile solo a chi nell’opera d’arte cerca anche l’essenza di chi l’ha progettata. È il caso dell’arte rinascimentale: guardando nel profondo di un quadro di Leonardo o di una scultura di Michelangelo si potranno scoprire alcune tracce delle culture passate, rappresentate con emblemi riconoscibili, ma ben amalgamati al contesto. Sfere, triangoli, sinistra e destra, rose sono solo alcuni degli elementi ereditati dal cosiddetto paganesimo, assorbito per molti aspetti dal cristianesimo e, di conseguenza, rappresentato nelle sue maggiori opere, dall’architettura alla pittura.


occupava la punta della stella rivolta verso l’alto. Ai lati aria ed acqua, alla base quelli più materiali, rappresentati da fuoco e terra. Insomma, una sorta di croce pagana. È pure è curioso evidenziare come le sue proporzioni diano origine al cosiddetto numero d’oro, una cifra identificata come emblema dell’equilibrio nell’antichità, alla base di parecchi e famosi componimenti musicali, come gran parte delle opere prodotte da Debussy, in epoca moderna. La quercia, altresì, è considerata come un elemento negativo, retaggio di una lotta sfrenata alle religioni rurali: se prima, infatti, la quercia era il simbolo della natura, luogo di ritrovo per i vecchi saggi o per le levatrici, dal Medioevo in avanti è stata considerata come luogo maligno, su tutti come ritrovo delle streghe durante i Sabba. Considerate poi per esempio l’uso

del bianco e del nero: il nero, nell’antichità associato all’essere femminile, il bianco, al contrario, all’essere maschile. Analizzatene gli utilizzi: chiaramente il nero è il simbolo delle tenebre, il bianco della luce, della purezza e della redenzione. Di bianco ci si sposa per tradizione, di nero ci si veste per un funerale. A voi le conclusioni. Guardatevi intorno e cercate. Anche solo per il gusto di osservare un quadro, una scultura o un affresco e pensare che qualcosa di magico quanto l’evoluzione e la relazione tra culture c’è dietro a quel dipinto. Culture che in immagini ferme da millenni convivono, nonostante i movimenti d’opinione o le lotte di religione.

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In una qualsiasi chiesa, se non costruita in anni recenti, guardando in alto, troverete il Rosone che, a prescindere dalle raffigurazioni incastonate nel vetro, richiama chiaramente il simbolo della rosa, che in epoca romana, veniva appoggiata sopra le porte quando nella stanza si svolgeva un incontro importante, intimo o riservato. Vale a dire la descrizione di quanto avviene in chiesa. Lo stesso vale per il triangolo con la punta rivolta verso l’alto, in epoca romana associata all’uomo e in epoca rinascimentale e medievale utilizzato come rappresentazione di Dio. Al contrario, uno dei simboli grafici mai raffigurato in sculture o quadri è quello del pentacolo, la stella a cinque punte inserita nel cerchio. Da sempre associata al satanismo, non appare in alcuna rappresentazione. In realtà, all’origine il pentacolo rappresentava l’equilibrio, simbolicamente ritratto dal cerchio, tra i cinque elementi, di cui lo spirito

[Elisa Capitanio]

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Serie e Fuori Serie

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l design italiano come un essere vivente, ricco di pulsioni, che evolve ad ogni batter di ciglio, che si muove e muta così come tutto ciò che lo circonda. In mostra in questo mese, all’interno dell’esposizione “Serie Fuori Serie”, le sperimentazioni più astratte associate ai prodotti commerciati nel grande Serie e Fuori Serie Luogo: Triennale Design Museum a Milano Quando: fino alla fine del mese Info: www.triennaledesignmuseum.it

mercato massificato del design, quello disponibile ai più. Tecnologie ed artigianato si fondono per dare al visitatore l’idea di quanto il panorama merceologico sia vasto, di quanto le tendenze forse si affossino di fronte ad un’offerta così variegata e contrastante tra una proposta e l’altra. Un ciclo di alimentazione continuo, spunti che provengono da tutti i settori dell’industria, sia essa di dimensioni soprannazionali, sia il suo esatto contrario. I visitatori potranno accedere alla mostra selezionando l’area prediletta: Grande Serie, Piccola Serie, Sperimentazione e Fuori Serie, a seconda del gusto. Il costo del biglietto è di 9,00 €.

L’Arte…in giardino

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a chi l’ha detto che l’arte dev’essere solo tela, scultura, bassorilievo? L’arte è in tutto, è sufficiente guardare ciò che ci sta attorno con occhi forse un po’ più critici. Per mixare diverse forse di arte e cura degli ambienti, appuntamento ideale è dettato dall’apertura di Castello Quintini,

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L’arte…in giardino

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Luogo: Castello Quintini a Rovato (BS) Quando: fino al 26 luglio Info: www.castelloquistini.com

a Rovato. Non solo sono previste visite guidate all’interno degli antichi saloni del maniero, ma i turisti potranno anche ammirare la collezione di rose, che vanta circa 1500 esemplari tra rose antiche ed inglesi, stile a cui è ispirata anche l’architettura del giardino stesso. Per l’apertura di quest’anno, poi, l’organizzazione ha allestito anche una vera e propria mostra di sculture tra le rose, manufatti in ferro dai soggetti animali, quali aironi, mostri preistorici, grilli e aragoste, realizzati da Marco Mazza con materiali di riciclo. E’ possibile visitare Il Castello e i suoi giardini tutte le Domeniche e festivi dalle ore 15,00 alle 18,00. Ingresso 8,00 Euro con visita guidata.

Dialogo nel silenzio Dialogo nel silenzio Luogo: Galleria Lazzaro a Milano Quando: fino al 7 giugno Biglietti: www.gallerialazzaro.it

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l silenzio come filo conduttore di una mostra che, a sua volta lega due artisti. Nelle sedi di Milano e Forte dei Marmi, la Galleria Lazzaro allestisce fino al 7 giugno un’esposizione con 80 opere, tra oli e pastelli, volte a scoprire un colloquio interiore, silente, tra artista e natura. Al centro degli sguardi dei visitatori

saranno 40 opere di Walter Lazzaro e altrettanti ritratti di Angiolo Volpe, paesaggi e nature morte in cui si percepisce riflessione e fusione tra pensiero e realtà. Dolcezza e ricerca accomunano dunque i due pittori ed ammalieranno gli appassionati con un’atmosfera suggestiva, allusiva e carica di emozioni.



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«la felicità porta fortuna»

____________________________________________________________________________________________ in attesa del suo nuovo album la giovane artista si confida e si racconta...

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appy go lucky, la felicità porta fortuna. Così recita il titolo di un film di Mike Leigh, uscito non molto tempo fa. La fortuna viene da cose positive, sentimenti puri ed emozioni. Quelle stesse emozioni che Ila riesce a trasmettere nelle sue canzoni. Originaria di Genova, città di cui non vedeva quasi mai il mare, adottata prima da Milano, con cui c’è “un sentimento di odio amore”, poi da Bergamo dove vive ormai da anni. A Genova i primi passi con la chitarra stretta tra le braccia, tra scuola e amici, poi il passaggio a Milano che, come dice lei, l’ha costretta a svegliarsi. “Quando a 21 anni ho deciso di trasferirmi a Milano per suonare, mia madre diceva “non andare a Milano, c’è l’uomo nero, e poi cosa credi di concludere?” dopo 3 giorni me ne sono andata di casa, ho cambiato 34325 musicisti fino a trovare quelli giusti e ho suonato un po’ qua e un po’ là”. “Perché Milano è una città densa che ti da molto ma ti toglie anche tanta libertà e finché ci stai te ne accorgi poco. Fare musica all’ombra della Madonnina è poi un’esperienza particolare. Tra i musicisti c’è molto fervore ma anche un comportamento particolare, di aiuto e comprensione un po’ illusori. Tutti sono bravi e tutti se lo dicono. Un po’ di ipocrisia forse. Poi ti allontani da quella cerchia, e solo a quel punto capisci”. Ma da qui, da quest’esperienza, si può solo uscire più forti, con le idee più chiare e con una direzione in testa e tra le note da seguire. “Quando ho deciso di non volere un

contratto a tempo indeterminato in un’azienda qualunque, mio padre diceva “come pensi di mantenerti? Lascia perdere, scrivi canzoni per altri… “ dopo anni mi fermo a constatare che ho fatto la web designer, la fotografa, la cameriera, la decoratrice d’interni, la promoter, l’autrice di format tv, la runner, l’assistente di produzione,

l’imbianchina, la disoccupata… e non sono ancora morta. Quando ho deciso di essere semplicemente una cantautrice, nessuno lo ha saputo. Ho preso una chitarra e ho cominciato a cantare.” Ma Ila non è solo questo. Perché per lei ogni scusa è buona per creare. Una necessità fisica. Il documentario “La guerra dei poveri” girato nel 2008, nasce con la voglia di far conoscere e di condurre chi non è del mestiere, in una realtà difficile da immaginare. Musica e riflessioni sulle gioie e dolori del fare musica in Italia. Una denuncia per come è, che ci mostra e ci apre gli occhi a come dovrebbe essere. “Mi avevano detto che l’Italia era il Paese del bel canto. Quindi avevo pensato che tutti in Italia sapessero cantare. Avevo otto anni…”. Con queste parole ci si addentra ne “La guerra dei poveri”. In un susseguirsi di domande (la prima: ti piaceva fare musica a scuola? Pensateci e forse vi troverete d’accordo con quel che di seguito è raccontato…) e di interviste a musicisti e tecnici del mestiere per portarci all’interno di una realtà molto particolare. Ma è inutile però starlo a raccontare quando lo si può vedere, giusto? Lo si trova sul web. Sia su myspace, con una pagina dedicate (www.myspace.com/laguerradeipoveri) sia sul sito personale di Ila – che inutile dirlo, ha creato e gestisce lei – www.ilamusic. it. Tra i pensieri che le frullano in testa c’è pure un nuovo documentario. Ma è ancora presto per tracciarne una linea definita. Sempre musica, sempre crescita. Sempre tante domande.


La formazione attuale della band è composta da: Ila (chitarra e voce) Teo Marchese (batteria) Stefano Galli (chitarra) Teo Airoldi (basso)

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ila

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antautrice genovese giramondo, Ila comincia a suonare a 17 anni durante un’occupazione scolastica. Dopo il liceo artistico capisce che la sua strada sarebbe stata quella musicale e si trasferisce a Milano in cerca di “fortuna”. Nel 2000, la sua prima chattata e il casuale incontro con Fabrizio Brocchieri, label manager della cinicodisincanto, grazie al quale nel settembre 2004 esce il primo singolo “Penso troppo” Nel 2005, dopo l&8217; ennesima coincidenza, conosce Paolo Filippi e Teo Marchese del Cavò Studio di Azzano S. Paolo (Bergamo) grazie ai quali registra il suo primo disco “Malditesta” che verrà pubblicato nel 2007 e che porta in tour con la “Malditesta Band” (Teo Marchese, Andy Ronchi e Teo Airoldi) tra il 2007 e inizio 2008. “Malditesta” è un progetto carico di ricordi, sensazioni vissute da trasmettere e far ascoltare, a cui hanno collaborato musicisti del calibro di Fabrizio Bosso, Massimo Moriconi, Mauro Negri, Israel Varela, Marco Bianchi e molti altri. Un album in cui traspaiono suggestioni, grinta, la semplicità di ogni giorno e una forte voglia di musica. Una miscela di suoni dal sapore rock, pop, world e di testi visionari che hanno la sola presunzione di regalare emozioni. A marzo 2007 Ila è stata protagonista a Sanremoff come ospite del M.E.I. di Faenza (Meeting delle Etichette Indipendenti); ad Aprile 2007 si è conquistata un posto fra gli undici finalisti delle selezioni nazionali di Primo Maggio Tutto l’Anno, vincendo, con il brano Pallottolion, il Premio ecoradio. Ha aperto i concerti di: Ayo, Daniele Silvestri, Hera & Adam Masterson, Nordgarden, Brychan e altri. Attualmente Ila vive a Bergamo dove ha appena finito un piccolo tour estivo e si prepara alla registrazione del nuovo disco per l’etichetta Tube Jam Records

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E anche delle buone risposte. Aspettiamo solo che una notte si svegli guidata dall’istinto, lo stesso che la porta a scrivere canzoni e musica, e ci racconti a modo suo un nuovo pezzo di mondo. Esperienze di ogni tipo per Ila. Alcune belle altre meno ma da tutte s’impara qualcosa. Si creano reti di contatti, nuovi amici, ci si confronta, si lavora e si suda. Ma alla fine con piacere. Come è successo la scorsa estate quando, accantonando la chitarra, ha preso tra le braccia le sorti di un festival estivo. E poi ha fatto di tutto per farlo vivere e sopravvivere. Non è andata al meglio ma nemmeno poi così drastica insomma. Anche perché se tra gli incontri che si fanno dietro il palcoscenico c’è Cristina Donà ci si può passare sopra a tante cose. Documentari, concerti, ma anche quadri, pupazzi, tessuti, fotografia, cartoni animati, grafica web, siti internet. Tutto ciò che serve per comunicare un’emozione. E poi la musica. Che si è importante, “ma a fare solo quello nella vita non mi ci vedo proprio”. Da sempre un filo conduttore: l’emicrania, punto di dolore, punto di forza. Che la costringe a pensare, ad esser costantemente presente con i pensieri. L’emicrania come compagna di viaggio, che fa nascere nel 2004 il primo singolo: “Penso troppo”. Nel 2007, dopo una serie di incontri fortuiti e del tutto dettati dal caso finisce a registrare, nei caldi ed accoglienti locali del Cavò Studio di Azzano San Paolo, a Bergamo, il suo primo disco. Malditesta. Appunto. Musica pop–rock. Seguito da un estremamente ironico “Va tutto bene”. “Nel senso… ci siamo. Ancora qui. Nonostante tutto, nonostante i pensieri, nonostante il mal di testa… “. E ora, dopo tanta chitarra, imbracciati ukulele e banjo s’è lanciata in una nuova avventura. Quella della ricerca della felicità. Ma non fine a se stessa. E nemmeno per se stessa, anche se quello non lo si disdegna mai. L’importante per Ila è suscitare e far scaturire nell’ascoltatore buone emozioni. Durante le registrazioni di “Va tutto bene” qualcosa s’è inceppato. Ila ha capito che quella non era la strada che stava cercando, che si, era tutto bello ma mancava qualcosa. E quel qualcosa è esploso in un pianto tra lacrime e sorrisi ascoltando, in auto, una canzone “Feel” (di Jesse Harris) come nei migliori film e un po’ ce la immaginiamo anche. Una canzone liberatoria “che è stata una vera e propria illuminazione”. Perché alcune idee c’erano già ma ogni tanto serve uno scossone per imboccare

una strada nuova. E Ila l’ha trovato. “Va tutto bene” doveva contenere dodici pezzi. Ma visto il necessario cambio di rotta le registrazioni si sono fermate a sei. Nel frattempo ben diciotto nuovi pezzi sono usciti dalla testa e dalle mani (e dalla voce, ovviamente) di Ila. E vengono suonati, cantati e ripetuti per trovare il suono che renda felice chi ascolta. Perché la felicità è l’unica cosa che si può provare. Lasciato un po’ l’italiano da parte, “perché è una la lingua che più mi appartiene ma è meno fluida dell’inglese e le emozioni non seguivano

quella strada ”. “L’inglese s’è rivelato perfetto. Perché è semplice, immediato e si accosta a questi suoni puliti”. Alla scoperta quindi non solo di un nuovo modo di fare musica ma anche di un nuovo modo per esprimersi. Che comunica gioia e piacere. Ci si sente leggeri alla fine e non vediamo l’ora che l’album si faccia, per poter godere di queste emozioni pulite. Perché chi scrive ha avuto la fortuna di sentire in anteprima un paio di pezzi. E la reazione era tutta espressa in un sorriso. Tante esperienze, come suonare in una scuola elementare davanti ad


di così diverso. “Si perdano un po’ i confini di certe emozioni. Ci si dimentichi di quanto era bello (e sano) giocare in un prato piuttosto che vivere di fronte ad uno schermo. Perché la tecnologia ti offre un sacco di cose, conosci tanto e in fretta. Ma conosci quello che ti sta lontano, dimenticando che è più importante ciò che sta accanto”. Nel frattempo, mentre attendiamo l’uscita di questo nuovo album – “la copertina me la sono immaginata come un disegno molto semplice, con una capra in un bosco, che mi ricorda tanto una canzone che can-

tavo da piccola con mio nonno, ma vedremo poi…” – possiamo solo immaginarla passare da uno strumento all’altro, seduta davanti al suo pc, a fare siti internet, grafica, oppure a dipingere le pareti di casa sua, perché ogni tanto c’è da fare anche questo. Immaginiamocela mentre registra un nuovo pezzo, accendendo di notte la videocamera, per non perdere nemmeno un secondo dei suoi pensieri. Immaginiamola così, il resto sarà solo musica.

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un pubblico di soli bambini. Forse gli spettatori perfetti. Che si emozionano davvero e davvero te lo fanno sentire. Ti comunicano che loro ci sono e tu sei li per loro. A vederli applaudire e seguire i ritmi con le mani. In un’esplosione di gioia. E poi, alla fine di ogni pezzo a seguito di un applauso entusiasta, Ila ringrazia e i bimbi si scatenano in un “prego” in coro. E lì forse si può solo sorridere e domandarsi come sia possibile che crescendo si perda questa spontaneità. Che diventando grandi, “in quel periodo orribile che è l’adolescenza”, si diventi qualcosa

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SAMUEL JACKSON PREPARA FILM SUI NUOVI PIRATI

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er Hollywood i pirati non sono più solo quelli leggendari dei Caraibi che grazie a Johnny Depp – Jack Sparrow hanno fatto per anni scintille ai botteghini. Ora l’attenzione dei produttori è rivolta anche alla pirateria moderna, quella sta infestando da qualche tempo gli Oceani, in particolare a largo delle coste somale, con ripetuti attacchi a panfili e navi mercantili. Samuel L. Jackson, l’indimenticabile interprete di Pulp Fiction, ha unito le forze della sua Uppity Films con la H20 Motion Pictures del produttore Andras Hamori per assicurarsi i diritti sulla vita di Andrew Mwangura, un personaggio chiave della pirateria moderna, l’uomo che ha fatto da tramite tra i pirati e tanti proprietari di navi abbordate al largo delle coste africane. Sarà lo stesso Jackson a interpretare Mwangura, che di mestiere fa il giornalista freelance ed è una delle fonti primarie di informazioni sulla moderna pirateria

al largo delle coste africane grazie anche alla East African Seafarers Assistance Programme (Easap), un gruppo non profit che offre assistenza umanitaria a tutti i naviganti, che lui dirige da anni. Hamori è volato a Mombasa, in Kenya, nel febbraio scorso per acquistare i diritti

cinematografici sul personaggio Mwangura mentre lui negoziava con i pirati il rilascio dell’equipaggio e delle merci della nave ucraina Faina per circa tre milioni e 200 mila dollari, un prezzo piuttosto alto perché era stato scoperto un nascondiglio segreto contenente carri armati russi. «Mwangura gode della fiducia dei pirati e dei proprietari delle navi, ed è noto per la sua lealtà nei confronti degli equipaggi sequestrati», ha detto Hamori. Jackson e Hamori avevano già prodotto insieme Formula 51 ed ora stanno preparando un film dal racconto di J.G. Ballard Running Wild, di cui Jackson sarà protagonista. Jackson sta attualmente girando Iron Man 2 di Jon Favreau. Hamori ha recentemente prodotto il film di Stephen Frears Cheri, che la Miramax farà uscire il 26 giugno. [Lorenzo Casalino]


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orna ad esibirsi sul palcoscenico il rapper italiano più conosciuto ed apprezzato degli ultimi anni. Dopo l’uscita del suo ultimo album, “Rap N’ Roll”, J–Ax riproporrà dal vivo le ultime canzoni prodotte, così come quelle che hanno fatto la storia della sua carriera. Il nuovo tour partirà proprio da Morbegno il 5 giugno: un appuntamento imperdibile per tutti i fan dell’artista, che lo potranno ascoltare durante l’ultima prova, al Polo Fieristico, prima dei concerti effettivi. Uno stile diverso quello che proporrà al pubblico, ovviamente rap, così com’è nella sua natura di musicista, ma con evidenti vene rock, emblema della sua “seconda” pas-

sione musicale. Dopo aver ottenuto il disco di platino con “Di Sana Pianta” ed aver vinto gli MTV Music Award in qualità di Best Italian Act, J–Ax continua la sua crescita artistica. I biglietti, validi per un posto unico intero, costano 20,00 €.

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J–Ax, Rap N’Roll

rap N’Roll Artista: J–Ax Luogo: Polo Fieristico di Morbegno Quando: venerdì 5 giugno Info: www.j–ax.it Biglietti: www.ticketone.it

Lenny Kravitz, 20 anni di musica e non sentirli

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distanza di quasi un anno, torna in Italia Lenny Kravitz che festeggia, anche in occasione del suo concerto organizzato all’interno del Brescia Summer Festival, l’importante traguardo dei 20 anni di carriera musicale. Considerato uno dei più eclettici artisti sulla piazza ed il migliore musi20 anni di musica e non sentirli Artista: Lenny Kravitz Luogo: Piazza Duomo a Brescia Quando: sabato 6 giugno Info: www.lennykravitz.com Biglietti: www.ticketone.it

cista rock nell’ambito della musica black, vanta la pubblicazione di nove album che hanno ricevuto indistintamente riconoscimenti internazionali, oltre che essere stati certificati come multiplatino. In particolare, l’ultimo suo lavoro “It’s time for a love revolution” si ricollega al primo album che ne ha tracciato l’esordio ed il successo, “Let love rule”, per temi e ritmi. Tra le sue collaborazioni ci sono quelle con artisti del calibro di Madonna, degli Aerosmith e di Alicia Keys. Come sempre accompagnato da ottimi musicisti, per assistere al suo concerto, il posto unico intero costa 40,00 €.

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ono passati alla storia per le loro melodie, una su tutte “Hotel California”, a distanza di anni ancora ben nota, programmata e canticchiata dai più. Gli Eagles, dopo il loro ennesimo successo, ottenuto con l’ultimo album “Long road out of Eden” ripercorrono sul palcoscenico del Forum Eagles Artista: Eagles Luogo: Mediolanum Forum ad Assago Quando: sabato 13 giugno Info: www.eaglesband.com Biglietti: www.ticketone.it

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Eagles il loro percorso artistico, da sempre premiato e riconosciuto con dischi di platino, primi posti nelle top chart e milioni di copie vendute. In particolare l’ultimo lavoro ha già ricevuto ben 7 dischi di platino e venduto 800.000 copie. Unica tappa italiana del tour, il concerto è un’occasione imperdibile per gli ammiratori di questi mostri della musica. Glen Frey, Don Henley, Joe Walsh e Timothy B. Schmit si riproporranno dunque in tutta la loro storia, passando da pezzi classici come “Desperado” a brani incisi da poco, come “How Long”. I biglietti spaziano da 66,00 per il parterre, € 130,00 € per il primo anello.



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largo ai giovani

il futuro del ciclismo è verde

____________________________________________________________________________________________ nuovi talenti alla ribalta e tutti di marca lombarda

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argo ai giovani della nuova generazione. Le strepitose e autorevoli vittorie di Mark Cavendish alla Sanremo e Andy Schleck alla Liegi Bastone Liegi hanno portato alla ribalta due delle nuove leve più promettenti dell’intero panorama ciclistico mondiale. Due fenomenali azioni degne di grandi atleti, su cui gli addetti ai lavori sono disposti a scommettere anche nell’ottica delle grandi corse a tappe: del resto le volate dell’inglese al Giro e al Tour del 2008 (sei vittorie in totale) sono già ben note agli addetti ai lavori, così come la tenuta sulle tre settimane del giovane Schleck, che potrebbe diventare ben presto l’alternativa numero 1 in ottica classifica generale ad Alberto Contador o al rientrante Ivan Basso. Ma le gesta di questi due promettenti atleti hanno fatto spostare la riflessione su quali siano i giovani nostrani su cui il movimento italiano può guardare con fiducia. Attualmente, due sono gli atleti di punta su cui si è già parlato a lungo in chiave azzurra: il siciliano Vincenzo Nibali e Giovanni Visconti. Questi due corridori si sono già tolti qualche bella soddisfazione, soprattutto Visconti, già maglia rosa per sei giorni nel Giro del 2008 e campione italiano nel 2007. Allo squalo dello stretto, invece, manca ancora la grande affermazione, ma alla Liquigas sembra potersi ritagliare il giusto spazio, magari già al prossimo Tour de France. Tuttavia anche la Lombardia sta sfornando alcuni corridori di belle speranze e con ampi margini di miglioramento, in tutte le specialità.

Se per gli sprint la Lombardia può contare sulle ruote veloci del bresciano Mattia Gavazzi, figlio d’arte che a fine aprile vantava già sei successi stagionali (tra cui la terza tappa alla Settimana Bergamasca), per le corse a tappe si punta lo sguardo ormai da qualche anno sul bergamasco Morris Possoni, il ventiquattrenne di Ponte San Pietro in forza alla Columbia High Road: per il momento lo scalatore orobico insegue ancora il primo successo tra i professionisti ma, viste le due affermazioni sfiorate lo scorso anno al Giro dei Paesi Baschi, l’appuntamento con il traguardo dovrebbe essere solo rimandato. Molto ci sarebbe da dire anche sui neo professionisti lombardi passati quest’anno, come lo sprinter Paolo Tomaselli

(passato alla corte di Beppe Martinelli al Team Aeronautica Militare–Amica Chips–Knauf) o lo scalatore bresciano Michele Gaia, ora in maglia CSF Group Navigare. Tuttavia in questa rassegna delle promesse del ciclismo lombardo, vogliamo fare un ulteriore passo indietro, scendendo nella categoria dei Dilettanti. Un ampio bacino di corridori dai 19 ai 26 anni, costituito sia da molti atleti che, terminata la gavetta giovanile, disputano le loro ultime stagioni prima del ritiro, ma anche da alcuni giovani le cui qualità hanno permesso loro di entrare nel mirino dei team professionistici. In questo primo scorcio di stagione (nel momento in cui stiamo scrivendo si è chiuso il mese di aprile), il giova-

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ne che si è messo maggiormente in luce risponde senza dubbio al nome di Stefano Locatelli (UC Bergamasca), capace di ottenere due affermazioni in sette giorni tra il 14 e il 21 aprile. Se martedì 21 lo scalatore di Berbenno si è imposto con il consueto affondo in salita nel “15° Trofeo Pizzeria Rosalpina”, gara riservata a Elite e Under 23 disputatasi a Villazzano (TN), la vera perla nel palmares del camoscio bergamasco è sicuramente la vittoria nella 48° edizione del Palio del Recioto, prova Internazionale disputatasi nel veronese. Sulle strade della Valpolicella la punta della UC Bergamasca ha compiuto una grande azione, andandosene tutto solo a 20 km dall’arrivo sulla salita del Montecchio e arrivando in perfetta solitudine sul traguardo di Negrar. Il suo nome sarà quindi affiancato nell’albo d’oro della manifestazione a quelli di Francesco Moser, Giovanni Battaglin, Fabian Cancellara e Yaroslav Popovich. Ma del resto le doti di Stefano Locatelli erano già emerse durante la scorsa stagione quando, al suo primo anno da Under, colse due vittorie in prove nazionali (alla Ciriè – Pian della Mussa e alla Zanè – Monte Cengio). Senza contare poi quanto fatto nella categoria Juniores dove, vestendo la divisa della For 3 Milram, ottenne una sfilza di vittorie tra cui le due affermazioni alla Tre Giorni Orobica, breve corsa a tappe (in quegli anni ancora di caratura nazionale) che lo scalatore di Berbenno dominò sia nel 2006 che nel 2007. Se Locatelli ha già monetizzato in questo primo scorcio di stagione, attendiamoci qualche acuto anche da parte di un altro ventenne terribile, ossia Daniele Ratto, un altro bergamasco che sembra essere nato per correre in bicicletta. L’atleta vertovese è considerato da molti il futuro del ciclismo bergamasco. Atleta completo, forte su ogni terreno, intelligente in corsa e, soprattutto, in grado di esaltarsi nelle occasioni che contano. Il suo palmares è infatti di primissimo livello. Nel biennio passato tra gli Juniores ha portato a casa: un Giro della Lunigiana come primo anno (sfiorando uno storico bis nel 2007), il Tour du Pays de Vaud in maglia azzurra, il secondo posto ai mondiali messicani di Aguascalientes, oltre a un secondo posto al Paganessi di Vertova. Da ricordare anche la vittoria da Allievo al GP L’Eco di Bergamo del 2004, altro pezzo da novanta del calendario italiano giovanile. Al suo primo anno da Under (in maglia UC Bergamasca), nonostante la mononucleosi che lo colpì in primavera, Ratto trovò il tempo di rifarsi

con gli interessi a fine stagione, con l’affermazione al Piccolo Giro della Lombardia, prova internazionale che vantava al via il gotha della categoria dilettantistica. Per lui quest’anno già alcuni piazzamenti di rilievo, come il terzo posto al Palio del Recioto (alle spalle di Locatelli e il russo Silin), oppure il settimo posto in volata al GP Liberazione, la classicissima romana che si corre il 25 aprile e che viene ormai considerata come il mondiale di primavera. Ha già timbrato il cartellino in questo 2009 anche Giacomo Nizzolo, il poderoso velocista milanese capace di portare alla Bottoli Nordelettrica Ramonda ben cinque successi. Po-

tenza e occhio da falco le sue qualità migliori, affinate anche grazie all’attività su pista, specialità che lo ha già visto protagonista in maglia azzurra ai campionati Europei del 2007 a Cottbus, in Germania. Per questione di spazio e per non annoiare eccessivamente il lettore, ci limitiamo a questi tre nomi, anche se di altri giovani promettenti ce ne sono molti altri. Il vice campione del mondo Juniores Mattia Cattaneo per esempio, al suo primo anno nella categoria Under, oppure lo scalatore di Osio Enrico Barbin; senza dimenticare i vari Fabio Fadini (già secondo alla gara di apertura della Firenze–Empoli) e Paolo Locatelli, al momento


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bloccato dalla mononucleosi ma da tenere sempre e comunque in considerazione. Scusandoci con chi non abbiamo nominato (Giorgio Brambilla per esempio, autore dell’insolito record dei 400 km no stop al velodromo di Dalmine nel 2008), lasciamo che siano gli atleti a far parlare di loro, ma soprattutto auguriamo loro tante soddisfazioni e tanto divertimento: perché è sul divertimento che si basa il ciclismo e saranno proprio questi giovani ad avere il compito di far innamorare della bicicletta le prossime generazioni, riparando anche a quegli scandali attuali che stanno togliendo credibilità al ciclismo. Intanto, per chi volesse passare qual-

che pomeriggio seguendo queste giovani promesse, diamo qualche appuntamento chiave di questi primi mesi estivi. Per quanto riguarda la categoria Elite e Under 23, tre sono gli appuntamenti internazionali di spessore. Il primo si terrà a Brescia il prossimo sabato 4 luglio in occasione della 26° cronoscalata Gardone Val Trompia – Prati di Caregno, appuntamento fatto su misura per i grimpeur vecchio stampo. Martedì 7 luglio, invece, si terrà la tredicesima edizione del trofeo Città di Brescia. Domenica 26 luglio, invece, a Varese si svolgerà la 47° edizione del GP Inda, prestigiosa prova in linea organizzata dalla SC Caravatese vinta, tra gli altri, anche

da Giovanni Visconti nel 2003. Breve parentesi anche per la categoria Juniores, in quanto a luglio si correranno due delle manifestazioni principe del calendario lombardo. Il 1 luglio si alzerà il sipario sulla 30° edizione della 3Tre, breve corsa a tappe bresciana, vetrina internazionale che da anni lancia i migliori giovani del movimento. Ha una tradizione più recente ma è comunque altrettanto interessante anche la 3 Giorni Orobica, altra breve challenge che si correrà sulle strade bergamasche dal 22 al 26 luglio. [Roberto Amaglio]


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panamera

LA PORSCHE quattro porte

____________________________________________________________________________________________ può addirittura diventare una station wagon, con un vano di carico completamente piatto. sarà sul mercato a partire dal prossimo giugno, con motore V8 a iniezione diretta da 400 Cv

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ualche tempo dopo la comparsa del Cayenne, prima auto non prettamente sportiva costruita da Porsche, la casa di Stoccarda ha sfornato la Panamera, berlina a 4 posti dalla prerogativa corsaiola. Costruita negli stabilimenti di Lipsia, è stata concepita sia per

viaggi di lavoro che per famiglie (benestanti) con bambini : quattro posti singoli e bagagliaio da 432 litri accessibile da un ampio portellone posteriore. Ripiegando gli schienali dei posti posteriori e il bracciolo centrale, la Panamera può addirittura diventare una station wagon, con un

vano di carico completamente piatto. Definirla una Porsche tutta casa e famiglia non è propriamente corretto, viste le prestazioni e la conformazione dell’abitacolo, dove i posti sono simili alla mitica 911 (ora 997), con la quale condivide anche la posizione di guida, la grafica della strumenta-


m otori zione, il volante, la leva del cambio, le distanze dal bracciolo, i comandi delle luci, lo specchietto retrovisore e la maniglia apriporta . Il tutto per non smentire la vocazione sportiva delle auto fabbricate da Porsche. Guidare una Panamera infatti, ci si sente come al volante di una 997, la vera differenza la vivono i passeggeri posteriori, che si trovano per la prima volta a godere di una sportiva con una abitabilità eccezionale, caratteristica fortemente voluta dal presidente della Porsche Wendelin Wiedeking, che ha patecipato egli stesso attivamente alla preparazione del prototipo di studio. I sedili posteriori singoli ricalcano, nella struttura e nel-

la funzionalità, quelli anteriori. Sono comandati elettricamente e regolabili in altezza, oltre che riscaldabili e dotati di condizionamento estivo. L’interno è illuminato con luci indirette e un tavolino estraibile, in grado di sostenere un laptop, è ospitato nella console centrale. Ovviamente è disponibile una climatizzazione a quattro zone e, dal sedile posteriore destro, può essere regolato elettricamente il sedile anteriore corrispondente. Possono inoltre essere scelti e sintonizzati i programmi audio. Il motore è collocato in posizione anteriore–centrale (cioè dietro l’asse anteriore) per ottimizzare il bilanciamento delle masse e non mancano, come

da tradizione Porsche, le versioni a trazione integrale (la 4S e la Turbo). La nuova Porsche Panamera sarà sul mercato a partire dal prossimo giugno, con motore V8 a iniezione diretta da 400 Cv. Per la S, a trazione solo posteriore, sarà di serie un cambio manuale a sei rapporti: opzionale il PDK a doppia frizione e sette rapporti derivato da quello della 911. Nella top di gamma, la Panamera Turbo la potenza salirà a quota 500 Cv. Tutte le versioni dispongono dei particolari ‘sistemi attivi’ della Casa (tutti di serie, però, solo nella Turbo): l’assetto regolabile in tre modalità (Normal, Sport, Sport Plus) con sospensioni pneumatiche con regolazione dell’assetto e dell’altezza (PASM, Porsche Active Suspension Management), il sistema di regolazione del telaio (PDCC, Porsche Dynamic Chassis Control). Già in Normal l’assetto della Panamera mostra una certa rigidità, ma con lo Sport si ha un contatto più diretto con la strada, grazie allo sterzo e agli ammortizzatori che usufruiscono di una taratura più rigida. Il programma Sport Plus è consigliabile quando il pilota viaggia da solo, in tale modalità infatti, il comportamento è tale e quale quello della 997. Un altro punto impeccabile della Panamera è l’impianto frenante: la chicca è il PCCB, Porsche, Ceramic Composite Brake, freni ceramici opzionali che pesano il 50 per cento in meno e hanno una durata sei volte maggiore. Alla Porsche assicurano che lo spazio di frenata da 100 a 0 km/h della Panamera così equipaggiata è inferiore ai 40 metri. Le ruote possono essere fornite con cerchi da 19”, miglior compromesso tra comfort, guidabilità e rumorosità, oppure da 20”, migliori dal punto di vista estetico, ma che non aggiungono nulla alle qualità dinamiche. Nonostante il peso e la mole imponente, la quattro porte si muove agile e leggera e stupisce per le reazioni dirette, fino a oggi sconosciute in una berlina: una ripresa fantastica, lo sterzo eccezionalmente

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preciso e un infinito comfort di marcia. Viaggiando tranquilli la Panamera è anche eccezionalmente silenziosa, ma anche schiacciando a fondo l’acceleratore e scatenando i cavalli la rumorosità non è di casa. Per gli amanti del sound Porsche è presente sul cruscotto il Sound Button, che attiva o disattiva il sistema di filtraggio del rumore da sotto il cofano, particolarità già presente sulla 997. La velocità che è possibile raggiungere con la prima berlina Porsche è veramente ‘scabrosa’ e non la riportiamo, ma possiamo affermare che sia da vera sportiva, come lo sono i materiali che la compongono: cofano, porte e passaruota sono in alluminio, come gran parte del motore. Le parti strutturali sono in magnesio e tutti i componenti posizionati davanti all’asse anteriore sono in lega leggera. La

Panamera Turbo a trazione integrale pesa meno di due tonnellate, mentre la V8 aspirata a trazione posteriore e con cambio manuale a sei marce pesa 1.770 kg. Come nelle 997, nella Turbo è presente un sofisticato spoiler posteriore che fuoriesce automaticamente quando la macchina supera gli 80 km/h e fino a 180 km/h non cambia né posizione né conformazione. Quando si accelera ulteriormente, lo spoiler si allarga lateralmente e l’aumento della superficie schiaccia ulteriormente la l’asse posteriore. Concludendo si può affermare che la casa di Stoccarda con la Panamera è riuscita nell’ intento di trasferire il carattere della 997, vettura sportiva per eccellenza in una comoda ma grintosa vettura ‘da famiglia’. [Marco Ravasi]

VERSIONI E PREZZI PANAMERA S (6 marce): € 96.569,00 PANAMERA 4S (PDK 7 marce): € 104.309,00 PANAMERA TURBO (PDK 7 marce): € 137.489,00 optionals: cambio pdk freni in ceramica

€ 3.540,00 € 8.100,00



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make up

il trucco passa dalla rete

____________________________________________________________________________________________ ora la moda “tutorial” sbarca su YouTube. Consigli sui prodotti migliori a seconda di pelle e caratteristiche somatiche vengono scambiati a migliaia ogni giorno

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l nuovo make–up passa dalla rete. Consigli sui prodotti migliori a seconda di pelle e caratteristiche somatiche vengono scambiati infatti a migliaia ogni giorno. Ma se fino a qualche anno fa le rubriche di settore o semplicemente quelle redatte da qualche meticolosa appassionata del genere rimanevano nero su bianco, correlate magari da qualche foto, ora la moda “trucco tutorial” sbarca su YouTube. Quale metodo più efficace di spiegare la tecnica di uno smooky eyes o di un effetto neon se non quello di riprendersi mentre si effettua il make up? E così la moda ed i colori vengono trasmessi sul canale video più popolare al mondo, producendo una reazione a catena di commenti e video risposta. Come sempre gli utenti oltre oceano hanno scoperto da tempo il nuovo utilizzo di questo strumento, ma da un anno tutte coloro che vorranno rifarsi gli occhi o seguire una sorta di mini corso on line ed a distanza potranno farlo anche in italiano. Il prossimo 2 luglio, infatti, il canale di Clio, una ragazza italiana che attualmente vive a New York con il marito compirà un anno. Clio, da sempre appassionata di trucco e prodotti per la cosmesi, ora lavora nella Big Apple come make up artist ed a Natale pubblicherà un libro edito in Italia dalla Rizzoli, che ha scoperto il suo talento proprio grazie a YouTube. “Il mio primo tutorial” scrive “nasce dalla voglia di condividere le mie esperienze quotidiane e quanto appreso nel primo istituto di make up,


Clio, che trova stimolante e creativo riproporre il make up in video, una passione trasmessale dalla madre fin da piccola. Che sia il bisogno comunemente sentito di coccolarsi e prendersi cura di sé? Secondo Onorina, che ha partecipato con i suoi video e riproponendo un make up anche ad alcune trasmissioni televisive, sì. Ed a tutte le ragazze che amano il make up, ma si limitano perché suppongono di non essere in grado di gestire cipria, ombreti, eye liner, fondotinta, rossetto, blush e gloss dice “Non bisogna essere dei professionisti per avere un bel trucco: serve solo un po’ di passione, senza pensare al make up come un insieme di regole, ma solo come un modo per esprimersi al meglio”. Signore, siete avvisate.

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oltre che al lavoro. Amo fare tutorial ed avere un contatto continuativo e diretto con la gente. Credo di aver imparato a conoscere meglio le donne, attraverso i commenti che ricevo ogni giorno”. Ed i commenti ai video sono veramente tantissimi, nell’ordine delle centinaia: addirittura supera il milione il numero di visualizzazioni del suo canale. E se Clio è stata una sorta di antesignana di questa nuova tendenza, non si creda che per fare tutorial si debba per forza essere una professionista del settore. Sono moltissimi infatti i canali nati in questi mesi che si occupano di tutorial e review di prodotti, spesso curati da ragazze che semplicemente sostengono di amare il trucco, senza per questo occuparsene professionalmente. È questo il caso di Onorina, 25 anni di Lodi, che circa sei mesi fa ha aperto un canale analogo a quello di

[Elena Peracchi]

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cucina molecolare

incontro con lo chef Danile Facen

____________________________________________________________________________________________ «da qualche anno molti grandi chef giocano con le consistenze degli alimenti più che con il gusto, stupendo i loro clienti con piatti che hanno consistenze molto diverse da quelle originarie del prodotto»

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rmai da qualche anno molti grandi chef giocano con le consistenze degli alimenti più che con il gusto, stupendo i loro clienti con piatti che hanno consistenze molto diverse da quelle originarie del prodotto. Uova crude con la consistenza della ricotta, gelati al gusto di sigaro, cocktail solidi, sono solo alcune delle proposte che vanno molto di moda di questi tempi. Questa innovazione è stata possibile grazie all’applicazione di teorie e tecnologie fino a quel momento utilizzate solo nei laboratori di fisica e chimica. La gastronomia molecolare o cucina molecolare è quella disciplina scientifica che insegna a comprendere i meccanismi che stanno alla base delle trasformazioni che avvengono negli alimenti durante la loro preparazione. L’inventore della gastronomia molecolare è Pierre Gilles De Gennes, premio nobel per la fisica nel 1991. Il luminare, a partire dal 1992, ha riunito chimici, biologi e cuochi con lo scopo di realizzare esperimenti scientifici in cucina per arrivare ad elaborare una “teoria della pietanza”. Il francese Hervè This, autore di diversi libri sulla gastronomia molecolare, è stato il primo chef a mettere sulla carta innovativi piatti elaborati con metodi scientifico/culinari. Da un punto di vista applicativo, la gastronomia molecolare ha portato all’invenzione ed alla sperimentazione di molto particolari modalità per la preparazione, cottura, abbinamento, assortimento e presentazione dei cibi: nasce la possibilità di congelare i cibi attraverso l’uso dell’azoto liquido, l’uso alimentare del tabacco, la “frit-

tura” nello zucchero, ecc. Inoltre si è avuto un miglioramento della comprensione di tutti quei fenomeni alla base delle trasformazioni delle pietanze cucinate, i quali hanno portato sia alla confutazione di alcune “credenze popolari” (i famosi consigli della nonna, giusto per intenderci) sulla gastronomia, sia al miglioramento delle tecniche di preparazione, basandosi, ad esempio, sul pH o sulle proprietà

fisiche e chimiche degli alimenti. Insomma, la gastronomia molecolare non è solo piatti stravaganti o un nuovo modo di cucinare il cibo: molecolare è sinonimo di cura dei disturbi nell’alimentazione, ad esempio sindromi allergiche, mediante la preparazione di piatti dal sapore unico e ricchi di sostanze nutrienti grazie all’assenza di condimenti che potrebbero provocare allergie. Gastronomia molecolare vuol dire scoprire un nuovo modo di nutrirsi, forse oggi ancora troppo lontano dagli schemi tradizionali in cui noi siamo ancorati, ma utile a migliorare la nostra salute e al contempo di godere appieno il sapore dei cibi in quanto tali. A questo proposito è molto esplicativo il “manifesto della cucina molecolare italiana” che spiega, in quattro semplici punti, il chiaro intento di questo tipo di pratica di ricercare i propri scopi nel pieno rispetto della qualità dei prodotti e della salute del cliente. Eccovi riportati i quattro punti fondamentali del manifesto: – Ogni novità deve ampliare la tradizione gastronomica italiana. – Le nuove tecniche di cottura e preparazione e i nuovi piatti sono studiati e pensati per valorizzare gli ingredienti naturali e le materie prime italiane di qualità. – La cucina molecolare italiana sarà attenta ai valori nutrizionali e al benessere di chi mangia. – La cucina molecolare italiana realizzerà i suoi scopi creando nuove texture di ingredienti scelti in base ai criteri di questo manifesto, studiando le proprietà fisiche e chimiche degli ingredienti e progettando nuove architetture microscopiche.


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Ma ora… Tutti a tavola, pronti a giocare con il cibo. Si gioca con le forme, sapori, profumi, ma anche con colori. Si impara a smontare un piatto, come in un quadro cubista, e a rimontarlo sotto nuove spoglie, cambiando forme e consistenze, ma mantenendo inalterati i sapori, anzi, esaltandoli. Ed è così che il prosciutto e melone assomiglia sempre più ad un tuorlo d’uovo. Ma solo forma e consistenza mutano. Il gusto è quello. Il prosciutto e melone. Il gusto inequivocabile del prosciutto e melone. Impossibile sbagliarsi. Anche se trovandoselo davanti uno non lo direbbe mai. Scetticismo accompagnato però al desiderio di scoprire qualcosa di nuovo. Il trucco? Un mago non lo svelerebbe mai, ma dietro i fornelli è tutta un’altra storia. Il cuoco svela, ci mostra, ci incanta. Azoto liquido. Ed il gioco è fatto. Ecco apparire davanti ai nostri nasi piatti molecolari. L’incredulità, come in tutte le cose nuove, è da tenere in conto. Una volta superato quell’ostacolo però, tutto diventa un vero e proprio gioco da ragazzi. Un gioco di sensi. Una danza sul palato. La cucina smette gli abiti tradizionali e si fa laboratorio dove sperimentare colori e forme inusuali. Dove una deliziosa lasagna ci appare in forma di mousse. Certo… parlare di azoto liquido in cucina fa sorgere diverse domande. Anche perché il classico immaginario del cuoco circondato dai fumi di bollenti padelle e pentole in questo modo svanisce un po’. Sembrerebbe quasi assumere una veste più da chirurgo con tanto di guanti in lattice. Quella dell’azoto liquido in cucina non è un’invenzione recente. Era già conosciuto nell’Ottocento ma poi, chissà per quali motivi, è sparito. Ma per le cose ci vuol tempo, si sa. E talvolta aspettare è solo un bene. Purtroppo l’idea di utilizzare reazioni chimiche in cucina viene visto da molti come un aspetto negativo. La realtà è un’altra. La verità è che ciò che potrebbe apparire come negativo è soltanto un utilizzo differente dal solito di materie prime reperibili in natura. Il termine cucina molecolare, quindi, potrebbe essere riduttivo. Grazie a questo processo innovativo e creativo che questi brillanti cuochi hanno portato avanti, il cibo diventa forma di espressione, capace di esaltare più di un senso, e capace di farlo in modo a dir poco sorprendente. Grazie a questo tipo di cucina l’attenzione si sposta verso “l’interno” del cibo. Si guarda ai processi che avvengono durante la sua preparazione,e si studiano modi per “creare” grazie a queste conoscenze

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supplementari. Un vero e proprio ribaltamento della concezione tradizionale del cibo. Perché se per molti cucinare significa rendere il più appetibile (e commestibile) possibile un elemento fornito dalla natura, per questi veri e propri artisti, la cucina diventa occasione di studio e sperimentazione, alla ricerca non più solo del gusto perfetto, ma della sua forma perfetta, unita al suo processo “creativo” perfetto che si traduce in tecniche nuove e, aspetto assolutamente non da sottovalutare, “utili”. In un mondo dove le mode sembrano essere modelli irrinunciabili da seguire, questo modo di cucinare sorprende per la sua capacità di essere “tendenza del momento” in maniera intelligente, sperimentale e assolutamente ricercata. Una moda che crea se stessa, si auto alimenta, senza compromessi ma con l’unico scopo di migliorarsi continuamente, per offrire le soluzioni migliori e al tempo stesso più all’avanguardia. Dare nuova forma ai piatti che conosciamo. Danile Facen, chef del Ristorante Anteprima di Chiuduno a Bergamo ci confessa che “tutto questo è la necessità di esprimersi in altro modo. Unire

cucina, tecnica ed esperienza. Spingersi oltre per emozionare il cliente. Perché non sempre un piatto nasce dalla logica, anzi nasce dall’armonia dei sensi. Tutti i sensi. Non solo gusto e olfatto”. Tra le idee che presto ci troveremo davanti anche un piatto accompagnato da una poesia, in piena tradizione futurista. Offrire qualcosa che scatenerà sicuramente curiosità. E poi piacere. Perché il cibo, in qualunque forma si presenti sotto i nostri occhi, rimane questo. Un piacere. L’accostamento perfetto non è solo quello tra sapori e consistenze ma anche tra colorazioni e volumi, l’equilibrio estetico del piatto è un tutt’uno con la sperimentazione tecnica. Tutto questo per stupire il cliente, andando ben oltre le solite aspettative. “Perché la tecnica e la cucina molecolare conducono il cliente in un’emozione” come ci dice lo chef Facen. Un’esperienza imperdibile, per palati curiosi. [Elisa Capitanio]


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l’olanda in bici diario di viaggio

____________________________________________________________________________________________ una vacanza originale da cui prendere spunto per uscire dalla routine delle solite mete

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ra fine Marzo sulla solita panchina e, con la primavera, era arrivato il momento di decidere la meta delle ormai prossime vacanze estive. Pensavamo che quell’estate sarebbe stato bello provare una vacanza diversa; ma cosa poteva essere il diverso? Magari associare all’idea di vacanza un po’ di sport! Per qualche giorno abbiamo preso in considerazione diverse mete e modi di fare sport in vacanza. Quello che ci vedeva più d’accordo era il giro dell’Olanda in bici, forse perché siamo sempre stati appassionati di bicicletta; e quale posto meglio dell’Olanda? Per chi non lo sapesse il Paese dei mulini è l’ideale per questo tipo di esperienza vista la sua conformazione completamente pianeggiante e la sua eccellente rete di piste ciclabili. Decisa la meta, abbiamo pensato che una vacanza di dodici giorni sarebbe stata perfetta: non troppo lunga e faticosa ma sufficiente per vedere le cose principali. Prima di partire abbiamo fatto una breve lista dei luoghi e delle città che ci sarebbe piaciuto vedere: Rotterdam, Utrecht, la campagna olandese famosa per i fiori e i mulini, la Frisia, regione a nord e fiore all’occhiello del Paese, e infine, immancabile, Amsterdam. Questo sarebbe stato il nostro itinerario, da percorrere il più possibile in bicicletta e, quando necessario, servendoci dei treni olandesi sempre efficienti e puntuali. I voli economici della Ryanair hanno influenzato la nostra città di partenza: Eindhoven. Qui la ricerca di biciclette con rap-

porti (assolutamente consigliate a causa del forte vento che si può incontrare) non è stata così semplice; ci siamo muniti inoltre di grosse borse da legare al portapacchi per evitare di portare zaini in spalla. L’itinerario non era vincolante: la filosofia è sempre stata quella di fermarsi a dormire ovunque ci trovassimo verso metà pomeriggio; avevamo deciso di non portare tende e sacchi a pelo visto il peso eccessivo che avrebbero comportato. Trascorsa la prima notte a Eindhoven, siamo partiti in direzione Rotterdam distante circa 170 km. E’ stato quindi necessario pernottare una notte a Tilburg, cittadina non particolarmente affascinante, a metà strada. Molto bello è invece il parco di DeBlesbosch e dintorni, il cui passaggio è quasi obbligato visto che si trova esattamente sulla strada che collega Tilburg a Rotterdam. Rotterdam, visto il suo dinamismo culturale e il suo magnifico porto, è una città assolutamente da vedere; per questo motivo abbiamo deciso di fermarci due notti. La mattina del quarto giorno, siamo partiti per quello che forse sarebbe stato il giorno più bello della vacanza: la strada che collega Rotterdam a Utrecht infatti è assolutamente da non perdere. E’ qui che si trovano i famosi mulini, si iniziano a vedere i veri pascoli olandesi e piccoli centri storici di assoluto fascino (in particolare Gouda, famosa per il suo formaggio e Oudewater, paese delle streghe). Questa indimenticabile strada porta


v iaggi a Utrecht, bellissima città universitaria dal fascino antico. Passata qui la notte, abbiamo preso per la prima volta il treno (40 km circa) per dirigerci verso il grandissimo parco nazionale “De Hoge Veluwe” che abbiamo girato per tutta la giornata. I due giorni seguenti, dopo 120 km di treno per raggiungere l’estremo nord, li abbiamo trascorsi girando il bellissimo territorio della Frisia e visitando Sneek e Harlingen, due cittadine che meritano assoluta attenzione. Trascorso il nono giorno sull’isola di Terschelling (raggiungibile tramite

traghetto da Harlingen), siamo partiti per quella che sarebbe stata la pedalata più faticosa della vacanza! Infatti, dopo aver percorso in bici e controvento tutta la diga che collega la Frisia al North Holland (37 km, anch’essa munita di pista ciclabile), abbiamo pedalato per altri 60 km (di cui 30 sotto una pioggia torrenziale) alla ricerca di un posto dove dormire, che abbiamo trovato solo a Shagen a notte fonda. Il giorno dopo, abbiamo deciso di fare una grossa tirata di 70 km per arrivare ad Amsterdam e godercela per tre giorni.

Siamo tornati a Eindhoven con il treno e da lì, solita Ryanair, a Bergamo. Che dire, una vacanza diversa dal solito, più faticosa e impegnativa (sia dal punto di vista mentale che fisico) ma proprio per questo unica. Alzarsi la mattina, fare colazione, non sapere dove dormirai la notte successiva e percorrere strade stupende sempre circondati da una campagna fiabesca… decisamente si, appaga lo sforzo di 600 km di pedalata! [Elena Peracchi]

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