Diritto di Internet 1/2019

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GIURISPRUDENZA PENALE L’analisi, peraltro, non risulta superflua poiché offre all’interprete la possibilità di compiere un primo bilancio sull’adeguamento del sistema processuale interno e della sua interpretazione alle novità in tema di digital evidence, dopo circa dieci anni dall’entrata in vigore della l. n. 48 del 2008, che ha ratificato la Convenzione di Budapest del 23 novembre 2001 del Consiglio d’Europa sulla criminalità informatica. In tale prospettiva può essere quindi verificato se i congegni processuali siano stati calibrati verso il necessario ammodernamento, funzionale ad adeguare il dato normativo al dirompente fenomeno della digital evidence (31). A valle della breve analisi condotta, due profili attinenti all’acquisizione della corrispondenza digitale risultano ancora critici. In primo luogo, l’acquisizione dei dati digitali da parte della polizia giudiziaria direttamente dal supporto tecnologico possono rivelarsi in contrasto con la tutela riservata al segreto epistolare dall’art. 15 Cost.: i messaggi digitali, fino quando sono dotati del carattere di attualità risultano tutelati dalla Carta costituzionale e come tali vanno assunti, con la conseguenza che la polizia giudiziaria può procedere all’apprensio-

(31) La necessità di sviluppare un’attenta riflessione sugli strumenti che potessero consentire di ammodernare il codice di rito allo sviluppo tecnologico digitale era stata posta alla base di uno dei primi studi dedicati alla legge attuativa della Convenzione di Budapest, Lupária, Premessa, in Sistema penale e criminalità informatica, a cura di Id., Milano, 2009, IX. Cfr. altresì Id., Il sistema penale ai tempi di internet, in Internet provider e giustizia penale, cit., 1. In precedenza, tra gli altri, si segnalano Alma - Perroni, Riflessioni sull’attuazione delle norme a tutela dei sistemi informatici, in Dir. pen. proc., 1997, 504 ss.; Di Giandomenico - Cuomo, Profili giuridici dell’informatica, Napoli, 2000, in particolare, 153 ss.

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ne della corrispondenza digitale soltanto se previamente autorizzata dal pubblico ministero procedente. Sotto un profilo “dinamico”, la giurisprudenza di legittimità, sulla base del dettato degli artt. 247, comma 1 bis, e 260, comma 2, c.p.p., ritiene sufficiente la creazione di una copia forense per assicurare la genuinità dei dati estratti. Come è stato rilevato, alla base del problema relativo alla acquisizione dei dati digitali si pone la difficoltà di conciliare categorie della tradizione con l’approccio normativo che il prototipo del documento digitale rivendica, adottando fenomeni probatori nuovi ed una cornice normativa ormai obsoleta che sottende realtà probatorie ontologiche diverse (32). Se si pone mente al fatto che non è possibile escludere che le indagini informatiche si svolgano senza mutare l’oggetto su cui cadono, l’esigenza di una tempestiva acquisizione dei messaggi elettronici potrebbe essere ottenuta, salvo l’effettivo pregiudizio per le investigazioni, attraverso l’accertamento tecnico nelle forme prescritte dagli artt. 359 e 360 c.p.p. Ne deriva che non può dirsi ancora completato l’aggiornamento degli strumenti processuali alla realtà digitale ed in particolare all’acquisizione della digital evidence.

(32) Del Coco, L’utilizzo probatori dei dati whatsapp tra lacune normative e avanguardie giurisprudenziali, cit., 532 ss.


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