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Contratto e impresa Europa

Direttore Scientifico Nadia Zorzi Galgano

• I diritti umani nel diritto privato

• Il diritto privato europeo creato dal giudice e la costruzione della politica europea

• L’Unione europea, gli stati membri e la responsabilità per danni

• Obbligazioni e contratti

– L’acquis dell’UE nel diritto contrattuale inglese

• Impresa e società

– La responsabilità sociale delle imprese

n. 3 | 2024

Settembre/Dicembre

Pubblicazione quadrimestrale

ISSN 2785-0633

Direttore

Nadia Zorzi Galgano

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Guido Alpa, Mads Andenas, Luigi Balestra, Andrea Biondi, Achille Antonio Carrabba, Vincenzo Cuffaro, Luca Di Donna, Raffaele Di Raimo, Matt Dyson, Thomas Genicon, Michele Graziadei, Stefan Grundmann, Martijn Hesselink, Marcello Maggiolo, Maria Rosaria Maugeri, Daniela Memmo, Raffaella Messinetti, Hans-Wolfgang Micklitz, Elise Poillot, Giorgio Resta, Francesco Armando Schurr, Alessandro Somma, Matthias Storme, Stefano Troiano, Nadia Zorzi Galgano.

Hanno partecipato alla rifondazione della Rivista Contratto e Impresa Europa i Professori Francesco Capriglione, Aida Kemelmajer de Carlucci e Carlos Lasarte.

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Enrico Al Mureden, Maria Annunziata Astone, Andrea Barenghi, Giovanni Basini, Donato Carusi, Cristiano Cicero, Claudio Colombo, Massimo Confortini, Giovanni De Cristofaro, Giusella Finocchiaro, Massimo Franzoni, Andrea Fusaro, Enrico Gabrielli, Giuseppe Grisi, Marco Lamandini, Mario Libertini, Emanuele Lucchini Guastalla, Vincenzo Meli, Giovanni Meruzzi, Lorenzo Mezzasoma, Aurelio Mirone, Andrea Mora, Andrea Nervi, Luca Nivarra, Mario Notari, Stefano Pagliantini, Andrea Perrone, Armando Plaia, Vincenzo Ricciuto, Carlo Rimini, Pierpaolo Sanfilippo, Claudio Scognamiglio, Giuliana Scognamiglio, Roberto Senigaglia, Gianluca Sicchiero, Pietro Sirena, Marina Timoteo, Francesco Vella, Marco Ventoruzzo, Maria Carmela Venuti, Vincenzo Zeno-Zencovich.

I contributi destinati alla pubblicazione sono sottoposti alla procedura di referaggio con il metodo c.d. double-blind peer review, a cui provvede un apposito Comitato di Revisione, formato da professori italiani e stranieri di prima fascia esterni alla Direzione, il cui elenco è riportato nella presente pagina e sul sito Internet della Rivista.

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Il periodico “Contratto e impresa europa” è stato iscritto al n. 8620 R.St. in data 27/03/2024 sul registro stampa periodica del Tribunale di Bologna.

Direttore responsabile: Nadia Zorzi Galgano

Contratto e impresa Europa 3/2024

INDICE

DIBATTITI

Chantal Mak, I diritti umani nel diritto privato. pag. 387

SAGGI

hans W. MiCklitz e Betül kas, Il diritto privato europeo creato dal giudice e la costruzione della politica europea (Parte I)

Mads andenas, aleC stone sWeet, Wayne sandholtz, Sul tentativo di minare l’autorità della Corte europea dei diritti dell’uomo: 2010-2018

Paul Craig, L’Unione europea, gli stati membri e la responsabilità per danni

»409 » 439 »485

Christian tWigg-Flesner, Chi sa cosa ci riserva il futuro? Il destino dell’acquis dell’UE nel diritto contrattuale inglese » 519

diMitri de rada, La responsabilità sociale delle imprese ed il suo valore come obbligo giuridico » 547

Contratto e impresa Europa 3/2024

I diritti umani nel diritto privato

Chantal Mak

soMMario: 1. Introduzione: gli attori privati e l’interesse pubblico. –2. Contesto giuridico: costituzionalizzazione del diritto privato. – 2.1. La dignità come base. – 2.2. Costituzionalizzazione del diritto privato. – 3. Rilevanza sociale: il potere immaginativo del diritto privato. – 3.1. La posta in gioco giuridicopolitica nel diritto privato. – 3.2. Prima prospettiva: niente di nuovo? – 3.3. Seconda prospettiva: la giustizia sociale nel diritto privato europeo. – 3.4. Terza prospettiva: ripensare l’Europa attraverso il diritto privato. – 4. Spunti di riflessione.

aBstraCt

Questo lavoro esplora i modi in cui la dignità può fornire un fondamento per estendere la tutela dei diritti umani ai rapporti giuridici privati e delinea il contesto giuridico in cui si è sviluppata la “costituzionalizzazione del diritto privato”, sia a livello nazionale che europeo. Successivamente, la rilevanza sociale di questi sviluppi giuridici viene analizzata e mappata in base a tre filoni del discorso accademico in materia: uno che ritiene che la costituzionalizzazione non fornisca una nuova visione del diritto privato, un secondo che vede un ruolo per i diritti umani nel perseguire la giustizia sociale nel diritto privato e un terzo che ritiene che il diritto privato contribuisca all’immaginazione costituzionale dell’Europa.

1. Introduzione: gli attori privati e l’interesse pubblico

Sebbene il binomio “diritti umani” e “diritto privato” a prima vista possa sembrare in contrasto con le divisioni sistemiche esistenti, l’impatto dei diritti umani sui rapporti giuridici privati

DIBATTITI

è diventato parte integrante del sistema giuridico nazionale1 ed europeo2.

Sebbene i diritti umani siano spesso collocati nella sfera del diritto pubblico, dove proteggono i cittadini contro le autorità pubbliche, è stato riconosciuto che essi influiscono anche sulle questioni giuridiche private3. I tribunali nazionali, ad esempio, hanno esteso il ragionamento sui diritti umani a temi diversi come l’accesso a beni e servizi4, contratti di mutuo5 e la responsabilità per i cambiamenti climatici6. La Corte di giustizia dell’UE (CGUE) e la Corte europea dei Diritti dell’Uomo (ECtHR) hanno contribuito all’estensione dei diritti umani a tali questioni giuridiche priva-

1 BrüggeMeier, ColoMBi CiaCChi e CoMandé (eds), Fundamental Rights and Private Law in the European Union, Volumes 1 and 2, Cambridge, Cambridge University Press, 2010; CherednyChenko, Fundamental Rights, Contract Law and the Protection of the Weaker Party: A Comparative Analysis of the Constitutionalisation of Contract Law, with Emphasis on Risky Financial Transactions, Munich, Sellier, 2007; Mak, Fundamental Rights in European Contract Law: A Comparison of the Impact of Fundamental Rights on Contractual Relationships in Germany, the Netherlands, Italy and England, Alphen a/d Rijn, Kluwer Law International, 2008; BusCh and h. sChultenölke, EU Compendium - Fundamental Rights and Private Law, Munich, Sellier, 2011; Walkila, Horizontal Effect of Fundamental Rights in the EU, Groningen, Europa Law Publishing, 2016.

2 Collins (a cura di), European Contract Law and the Charter of Fundamental Rights, Cambridge/Anversa: Intersentia, 2017; MiCklitz (a cura di), Constitutionalization of European Private Law, Oxford, Oxford University Press, 2014; grundMann (a cura di), Constitutional Values and European Contract Law, Deventer, Kluwer Law International, 2008.

3 Collins, “On the (In)compatibility of Human Rights Discourse and Private Law”, in Micklitz 2014, p. 26-60, che esamina le questioni dottrinali e teoriche che questi sviluppi sollevano.

4 Si veda il contributo di Betül Kas ibidem.

5 van duin, Justice for Both: Effective Judicial Protection under Article 47 of the EU Charter of Fundamental Rights and the Unfair Contract Terms Directive (tesi di dottorato Università di Amsterdam 2020), https://hdl. handle.net/11245.1/8f36d07e- 603e-42e8-883a-e2a01f9a46eb.

6 Burgers, Justitia, the People’s Power and Mother Earth: Democratic Legitimacy of Judicial Law-making in European Private Law Cases on Climate Change (tesi di dottorato Università di Amsterdam 2020), https:// hdl.handle.net/11245.1/0e6437b7- 399d-483a-9fc1-b18ca926fdb5.

te, stabilendo il potenziale per la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea (EUCFR)7 e la Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU)8 di imporre obblighi alle parti private. Questi sviluppi sollevano la questione della misura in cui gli attori privati dovrebbero tenere conto dell’interesse pubblico che si riflette nel ragionamento sui diritti umani. Sebbene i principi dell’autonomia privata e della libertà contrattuale offrano agli individui e alle imprese lo spazio per prendere decisioni autonome sui loro rapporti giuridici, la loro libertà non è assoluta9. Questo è insito nell’idea di autonomia, poiché la libertà di una persona trova i suoi limiti nella libertà degli altri10, che meritano uguale attenzione e rispetto11. Tenere conto delle preoccupazioni della so-

7 Causa C-176/12, Association de Médiation Sociale v Union locale des syndicats CGT e altri, CGUE 15 gennaio 2014 ECLI:EU:C:2014:2; cause riunite C-569/16 e C-570/16, Stadt Wuppertal v Maria Elisabeth Bauer e Volker Wilmeroth v Martina Broßonn, CGUE 6 novembre 2018, ECLI:EU:C:2018:871. Si veda anche E. Frantziou, “(Most of) the Charter of Fundamental Rights is Horizontally Applicable”, European Constitutional Law Review 2019, p. 306-323.

8 Ad esempio, Corte europea dei diritti dell’uomo 13 luglio 2004, ricorso n. 69498/01, ECLI:CE:ECHR:2004:0713JUD006949801, Pla e Puncernau contro Andorra. Si noti che la Corte europea dei diritti dell’uomo non si pronuncia direttamente sulle controversie giuridiche private. La sua giurisprudenza, tuttavia, ha avuto un impatto indiretto sui rapporti giuridici privati, attraverso la valutazione della conformità delle leggi private nazionali alla Convenzione; A.S. hartkaMP, European Law and National Private Law, Cambridge/Anversa, Intersentia, 2016, p. 188-192.

9 Marella, “The Old and the New Limits to Freedom of Contract in Europe”, European Review of Contract Law 2006, p. 258. È importante aggiungere che le diverse tradizioni giuridiche europee tracciano i limiti alla libertà contrattuale in modo diverso; sulle tradizioni francese, tedesca e inglese, e su ciò che può offrire una prospettiva comparativa, si veda MiCklitz, “On the Intellectual History of Freedom of Contract and Regulation”, Penn State Journal of Law & International Affairs 2015, http:// elibrary.law.psu.edu/jlia/vol4/iss1/3.

10 Berlin, ‘’Two Concepts of Liberty’’, in Berlin, Four Essays on Liberty, Oxford, Oxford University Press, 1969, p. 171-173.

11 dWorkin, Sovereign Virtue: The Theory and Practice of Equality, Cambridge, Massachusetts: Harvard University Press, 2000, p. 121-122, 182-

cietà può anche andare oltre e richiedere alle parti di considerare le conseguenze della loro condotta, ad esempio, sulla parità di accesso all’occupazione e all’alloggio12. e all’alloggio13, la protezione dell’ambiente14 o sulla sicurezza della sfera digitale15. Negli ultimi decenni, queste preoccupazioni sono state sempre più spesso riconosciute come interessi talmente fondamentali da dover essere tutelati anche nei rapporti giuridici privati16. I diritti umani offrono una via d’accesso a tali preoccupazioni nei casi giuridici privati. In quanto diritti individuali, possono offrire protezione contro gli equilibri unilaterali degli interessi nel diritto privato17. Allo stesso tempo, gli interessi sociali che i diritti umani rappresentano possono indurre un ripensamento più radicale delle responsabilità degli attori privati18. Resta comunque oggetto di dibattito fino a che punto si spinga la responsabilità degli attori privati per i diritti umani.

Questo contributo esplora il quadro giuridico e ripercorre i dibattiti politico-giuridici sull’impatto dei diritti umani nel diritto

183, e Justice for Hedgehogs, Cambridge, Massachusetts: Harvard University Press, 2011, p. 364-371.

12 Collins, “Discrimination, Equality and Social Inclusion”, The Modern Law Review 2003, p. 16-43.

13 doMurath, Consumer vulnerability and Welfare in Mortgage Contracts, Oxford: Hart Publishing, 2017.

14 Hamburger 2020.

15 davola, “Fostering Consumer Protection In The Granular Market: The Role Of Rules On Consent, Misrepresentation And Fraud In Regulating Personalized Practice”, Technology And Regulation (Techreg) 2021, p. 76-86.

16 Per una panoramica dei casi in cui sono stati riconosciuti tali effetti dei diritti umani, si veda ColoMBi CiaCChi, “European Fundamental Rights, Private Law, and Judicial Governance”, in Micklitz 2014, p. 102-136.

17 ColoMBi CiaCChi, “La costituzionalizzazione del diritto contrattuale europeo: Convergenza giudiziaria e giustizia sociale”, European Review of Contract Law 2006, p. 178-179.

18 Mak 2008, p. 294-295, basandosi sull’idea che i diritti (fondamentali) mediano tra diritto e politica, come elaborato da kennedy, A Critique of Adjudication {fin de siècle}, Cambridge, Massachusetts: Harvard University Press, 1997, p. 125, 305, 319-320.

privato europeo. I “diritti umani” sono intesi in senso ampio, includendo sia le norme costituzionali nazionali sia i diritti internazionali che tutelano i bisogni fondamentali delle persone. La domanda principale è quali fattori determinano se e in che misura i rapporti giuridici privati debbano essere ripensati in termini costituzionali. Per rispondere a questa domanda, in primo luogo, verrà fornita una breve descrizione della storia della graduale estensione dei diritti umani al regno del diritto privato, nelle leggi nazionali e nell’ambito della CEDU e dell’EUCFR. Successivamente, verranno approfondite le implicazioni politico-giuridiche del ragionamento sui diritti umani nel diritto privato. Sebbene la mia opinione sulla potenziale influenza dei diritti umani nel diritto privato sia per lo più favorevole, il contrasto con le voci più scettiche presenta una panoramica delle sfumature del dibattito. In linea con questo atteggiamento riflessivo, il contributo si concluderà con alcuni spunti per ulteriori riflessioni su quella che può essere definita “la dimensione pubblica del diritto privato”.

2. Contesto giuridico: costituzionalizzazione del diritto privato

2.1. La dignità come base

Da un punto di vista legale e filosofico, una base per la protezione dei diritti umani è spesso trovata nella dignità umana19 L’articolo 1 della Dichiarazione universale dei diritti umani delle Nazioni Unite (1948) stabilisce che “tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti”. Il riferimento alla dignità è ripetuto nei preamboli di strumenti vincolanti come il Patto internazionale sui diritti civili e politici (1966) e il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali (1966). L’EUCFR, così come molte Costituzioni europee riconoscono la dignità come principio fonda-

19 haBerMas, “The Concept of Human Dignity and the Realistic Utopia of Human Rights”, in The Crisis of the European Union: A Response, Cambridge: Polity Press, 2012, p. 71-100.

mentale o talvolta addirittura come diritto umano autonomo20. Nei casi giuridici con una forte dimensione morale, come quelli relativi alla prostituzione, alla maternità surrogata o allo sfruttamento ingiusto, non sorprende quindi che si faccia spesso riferimento a questo concetto21. Il crescente impatto dei diritti umani sui rapporti giuridici tra attori privati potrebbe quindi essere visto come ispirato dal desiderio di proteggere la dignità umana.

La questione è tuttavia più complessa. In primo luogo, come ha sostenuto Marella, può esistere una tensione tra gli ideali di dignità umana e di dignità sociale22. I casi di forme di lavoro controverse lo illustrano bene. Nel famoso caso Wackenheim/Francia23, ad esempio, l’idea di dignità umana era in tensione con una lettura più sociale della dignità. Il caso riguardava il divieto dei cosiddetti “eventi di lancio dei nani”, in cui uomini forti gareggiavano nel lanciare una persona affetta da nanismo attraverso una sbarra su un letto ad aria.

La Francia aveva proibito tali giochi, poiché avrebbero violato la dignità umana. Il signor Wackenheim, affetto da nanismo e desideroso di partecipare agli eventi, ha contestato queste decisioni. Una delle sue argomentazioni era che queste attività gli avrebbero permesso di guadagnarsi da vivere e quindi sarebbero state effettivamente vantaggiose per lui24. Sebbene la richiesta del signor Wackenheim sia rimasta senza esito, il suo affidamento alla dignità sociale merita un’ulteriore riflessione sulla possibilità di trovare soluzioni diversificate per contratti moralmente controversi.

20 Per una panoramica, si veda https://fra.europa.eu/en/eu-charter/ article/1-human-dignity#TabNational (ultima consultazione 28 maggio 2021).

21 ColoMBi CiaCChi, Mak e Mansoor (a cura di), Immoral Contracts in Europe, The Common Core of European Private Law Series, Cambridge, Intersentia, 2020.

22 Marella 2006, p. 272-274.

23 Comitato ONU per i diritti umani 15 luglio 2002, Comunicazione n. 854/1999, Manuel Wackenheim contro Francia, http://hrlibrary.umn. edu/undocs/854-1999.html.

24 Ibidem, punto 4) Argomenti giuridici.

In secondo luogo, i nuovi sviluppi, ad esempio nei casi di responsabilità per i cambiamenti climatici, non possono essere facilmente spiegati sulla base della dignità umana. In una sentenza innovativa del 26 maggio 2021, il Tribunale distrettuale dell’Aia ha ordinato alla multinazionale petrolifera Royal Dutch Shell di ridurre le proprie emissioni di gas serra del 45% entro il 2030 rispetto al 201925. La decisione si è basata sul dovere di diligenza di Shell ai sensi della legge olandese sugli illeciti civili, che era stato invocato dalla ong Milieudefensie in un’azione di interesse pubblico26. Analogamente al noto caso Urgenda27, il tribunale ha inserito il dovere di diligenza nel diritto alla vita e nel diritto al rispetto della vita privata e familiare, tutelati rispettivamente dagli articoli 2 e 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU). Mentre Urgenda ha stabilito obblighi ambientali senza precedenti per il governo olandese, la sentenza nel caso Shell estende tali obblighi alle imprese28. Potrebbe sembrare difficile spiegare casi come Urgenda e Milieudefensie contro Shell solo sulla base della dignità umana. Sebbene la base di queste sentenze sia stata individuata nei diritti umani, la tutela di tali diritti dipende in larga misura dalla conservazione dell’ambiente (pulito) in cui le persone vivono. Di conseguenza, Burgers solleva giustamente la questione se e come includere gli interessi ed eventualmente i diritti di entità non umane, come animali, piante, fiumi e montagne – attraverso la tutela dei diritti umani o mecca-

25 Rb. (tribunale distrettuale) L’Aia 26 maggio 2021, ECLI:NL:RBDHA:2021:5339 (Milieudefensie/Shell). Per un primo commento sui casi si veda questo blogpost di Laura Burgers: https://transformativeprivatelaw.com/friends-of-the-earth-netherlands-versus-royaldutch-shell-all-companies-must-act-against-climate-change/.

26 L’articolo 3:305a del Codice civile olandese consente a fondazioni o associazioni che rappresentano interessi pubblici di intentare tali azioni.

27 Hoge Raad (Corte suprema olandese) 20 dicembre 2019, ECLI:NL:HR:2019:2007 (Stato dei Paesi Bassi/Urgenda).

28 Va notato che è attualmente pendente un appello contro la sentenza del tribunale distrettuale. Tuttavia, Shell è già obbligata a conformarsi a questa sentenza in primo grado, poiché il tribunale ha dichiarato l’ordinanza provvisoriamente esecutiva; si veda il paragrafo 4.5.7 della sentenza.

nismi giuridici privati come la personalità giuridica29. Un modo per risolvere l’enigma, proposto da Townsend, sarebbe quello di includere la protezione di queste entità nella nozione di dignità umana, ritenendo che le persone danneggerebbero la loro stessa dignità se mostrassero una mancanza di rispetto per le entità non umane30. Una soluzione più ampia potrebbe essere quella di estendere i diritti alla natura stessa31. Questi sviluppi non richiedono solo un ripensamento fondamentale dell’ambito di applicazione dei diritti umani e protezione dei diritti umani, ma avrà anche un impatto sull’applicazione di tali diritti attraverso meccanismi giuridici privati, come la legge sulla responsabilità civile32.

In terzo luogo, e spostando leggermente la prospettiva, la dignità umana può essere intesa come un concetto di status, che definisce la dignità in relazione all’agency delle persone sotto la legge. Questa visione è stata elaborata da Waldron, secondo il quale gli aspetti sostanziali e procedurali della legge possono essere intesi per consentire alle persone di fare le proprie scelte e di essere riconosciute come uguali nella società33. Ad esempio, la legge fornisce garanzie di natura procedurale (ad esempio, il diritto di essere ascoltati) e cerimonie o rituali che riconoscono l’uguaglian-

29 Burgers 2020, p. 283-297; stone, Should Trees Have Standing? Law, Morality and the Environment (Oxford: Oxford University Press 2010).

30 toWnsend, Prendere sul serio la dignità? Un approccio alla dignità nelle controversie ambientali davanti ai tribunali per i diritti umani, in Journal of Human Rights and the Environment, 2015, p. 220-221.

31 ngaire naFFine, “Legal personality and the natural world: on the persistence of the human measure of value”, Journal of Human Rights and the Environment 2012, p. 68-83. Si veda anche Burgers 2020, p. 291-294, che fa riferimento, tra l’altro, al Klimaatzaak (caso climatico) belga, in cui gli avvocati hanno incluso un reclamo per conto di 82 alberi. Il 17 giugno 2021, il tribunale di prima istanza ha accolto la domanda contro lo Stato belga, ma non ha riconosciuto la legittimazione degli alberi; Tribunal de première instance francophone de Bruxelles, Section Civile-2015/4585/A.

32 hinteregger, La responsabilità civile e le sfide del cambiamento climatico: A Functional Analysis”, in Journal of European Tort Law, 2017, p. 238-260.

33 Waldron, “How Law Protects Dignity”, Cambridge Law Journal, 2012, p. 202.

za e l’autonomia di coloro che sono soggetti alla legge34. Nel diritto privato, il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva può essere letto in quest’ottica, in quanto costituisce una base per l’accesso alla giustizia e a un rimedio equo35.

Sebbene la dignità umana sembri fornire una base convincente per la tutela dei diritti umani, le osservazioni precedenti non rispondono pienamente alla domanda sul perché questi diritti dovrebbero estendersi ai rapporti giuridici privati. Perché gli attori privati dovrebbero preoccuparsi degli ideali sociali di dignità umana nelle relazioni contrattuali, nei casi di possibile responsabilità civile o nelle rivendicazioni relative ai diritti di proprietà? Per comprendere meglio le ragioni che giustificano la relazione tra i diritti umani e il diritto privato, è necessario fare riferimento allo sviluppo della “costituzionalizzazione del diritto privato”.

2.2. Costituzionalizzazione del diritto privato

Da una prospettiva giuridica dottrinale, l’impatto dei diritti umani sui rapporti giuridici privati può essere spiegato e valutato in almeno due modi. In primo luogo, nei sistemi giuridici nazionali europei, i tribunali hanno interpretato alcuni diritti costituzionali nel senso che essi non riguardano solo il rapporto tra lo Stato e i suoi cittadini, ma in una certa misura anche le relazioni dei cittadini tra loro36. In secondo luogo, l’influenza del diritto europeo sui sistemi nazionali di diritto privato ha introdotto un altro filone dei diritti umani, che sta diventando sempre più importante37

Un caso tedesco sulle fideiussioni personali illustra molto bene la prima dinamica. Il caso Bürgschaft38 riguardava una giovane donna che aveva accettato di fornire una garanzia per il prestito

34 Waldron parla di “ortopedia morale”, p. 219.

35 Van Duin 2020, p. 15, 202.

36 Per le relazioni nazionali su Inghilterra, Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Spagna e Svezia, si veda Brüggemeier, Colombi Ciacchi e Comandé 2010, vol. 1.

37 Collins, Cosmopolitanism and Transnational Private Law, European Review of Contract Law 2012, p. 315-316, 318-319.

38 BVerfG 19 ottobre 1993, BVerfGE 89, 214 (Bürgschaft).

commerciale del padre presso una banca. Al momento della firma del contratto di fideiussione, la ragazza aveva 21 anni, non aveva un’istruzione superiore ed era spesso disoccupata39. Quando l’azienda del padre si è trovata in difficoltà finanziarie, la banca ha chiesto alla figlia di pagare l’importo della fideiussione. La figlia non era in grado di farlo e, data la sua situazione finanziaria, era improbabile che potesse estinguere il debito40. Il contratto di fideiussione è stato tuttavia confermato nel corso di un procedimento civile che è arrivato fino al più alto tribunale tedesco per le cause civili, il Bundesgerichtshof. Poiché la figlia aveva raggiunto la maggiore età al momento della stipula del contratto, la Corte ha ritenuto che avrebbe dovuto essere consapevole dei rischi connessi al contratto41. Secondo le norme di diritto privato che regolavano il contratto, quindi, non sembrava esserci alcun rimedio per lei. A questo punto il caso ha preso una piega costituzionale, in quanto la figlia ha presentato un ricorso individuale alla Corte costituzionale tedesca, il Bundesverfassungsgericht, sostenendo che le sentenze dei tribunali civili violavano i suoi diritti costituzionali. In una sentenza ormai famosa, il Bundesverfassungsgericht ha stabilito che la sentenza del Bundesgerichtshof aveva effettivamente violato l’autonomia privata della figlia, tutelata dall’articolo 2, paragrafo 1, della Costituzione tedesca, il Grundgesetz (GG), in combinazione con il principio dello Stato sociale tutelato dagli articoli 20, paragrafo 1, e 28, paragrafo 1, del GG42. In particolare, i tribunali civili non avevano affrontato lo squilibrio strutturale di potere tra le parti, che avrebbe dovuto essere risolto attraverso l’interpretazione della norma aperta dei “buoni costumi e dell’ordine pubblico” del § 138 del Codice civile tedesco, il Bürgerliches Gesetzbuch (BGB)43. La complessità del contratto era difficile da valutare anche per clienti più esperti della figlia ventunenne e l’impiegato della banca che aveva stipulato il contratto aveva minimizzato il rischio

39 BVerfGE 89, 214, 218.

40 BVerfGE 89, 214, 220-221.

41 BVerfGE 89, 214, 219.

42 BVerfGE 89, 214, 234-235.

43 BVerfGE 89, 214, 234.

invece di informarla bene44. Pertanto, il Bundesverfassungsgericht ha ritenuto che i tribunali civili non avessero interpretato e applicato correttamente il § 138 BGB alla luce della Costituzione. A seguito di questa sentenza, il Bundesgerichtshof ha stabilito la nullità del contratto. La lettura costituzionale del Codice civile ha quindi modificato il quadro giuridico delle fideiussioni personali. Sebbene la protezione delle parti più deboli, come la sfortunata figlia nel caso Bürgschaft, non sia spesso messa in discussione, sentenze come queste richiedono un’ulteriore riflessione sulla misura in cui i rapporti giuridici privati sono e dovrebbero essere regolati da diritti costituzionali fondamentali che sono stati scritti per il rapporto Stato/cittadino. Nel dibattito accademico nazionale tedesco relativo alla sentenza Bürgschaft, è stata affermata la necessità di definire confini più chiari per la portata del controllo sostanziale dei contratti alla luce della Costituzione45. A quasi trent’anni dalla sentenza, ci si chiede ancora se la legge sia sufficientemente chiara su quando e come applicare i principi definiti nel caso Bürgschaft46. Dubbi simili sulla possibilità che i diritti costituzionali e umani guidino l’interpretazione del diritto privato sono stati espressi nel dibattito accademico internazionale47. Tuttavia, è stato anche riconosciuto il potenziale del ragionamento sui diritti umani per arricchire la gamma di rimedi giuridici privati48. Il caso Bürgschaft, quindi, rimane un importante punto di riferimento, in quanto fornisce un’apertura per i diritti umani nel diritto

44 BVerfGE 89, 214, 234, 235.

45 WiedeMann, “BVerfG, 19.10.1993 - 1 BvR 567 u. 1044/89. Zur verfassungsrechtlichen Inhaltskontrolle von Verträgen”, JuristenZeitung 1994, pp. 412-413; sChaPP, “Privatautonomie und Verfassungsrecht”, Zeitschrift für Bankrecht und Bankwirtschaft 1998, p. 33. Per una panoramica del dibattito, si veda anche Mak 2008, p. 75-82, con ulteriori riferimenti.

46 kähler, Caso 12: fideiussioni immorali - Germania, in Colombi Ciacchi, Mak e Mansoor 2020, p. 677.

47 CherednyChenko, Subordinare il diritto contrattuale ai diritti fondamentali: Towards a Major Breakthrough or towards Walking in Circles?, in grundMann (a cura di), Constitutional Values and European Contract Law, Deventer: Kluwer Law International, 2008, p. 35-60; Collins 2012, p. 316.

48 Mak 2008, p. 294-295, 311.

privato, ma non stabilisce pienamente le condizioni per l’applicazione di tali diritti nei casi concreti.

La complessità della questione è ulteriormente aumentata da una seconda dinamica, che riguarda l’influenza dei diritti umani europei nel diritto privato. Le fonti principali di questo sviluppo sono la CEDU e la Carta europea dei diritti dell’uomo, che hanno trovato entrambe applicazione nei rapporti giuridici privati49. Sebbene le strutture istituzionali che circondano i due strumenti siano molto diverse, l’estensione della Convenzione europea e della Carta dell’UE al diritto privato solleva questioni simili sull’interazione tra diritto pubblico e privato e sull’intensità degli effetti dei diritti umani tra gli attori privati.

Un esempio è dato dalla giurisprudenza in materia di edilizia abitativa, dove la privatizzazione ha sollevato la questione della misura in cui gli inquilini e i proprietari di casa possono invocare la parità di protezione nel rapporto “orizzontale” con i proprietari privati e le banche, come farebbero nel rapporto “verticale” con i fornitori di alloggi (semi)pubblici e lo Stato50. Consideriamo, ad esempio, un proprietario di casa che ha ottenuto un prestito ipotecario da una banca, per il quale la casa costituisce una garanzia. Se la banca ha imposto condizioni standard che le consentono di invocare la garanzia a condizioni che favoriscono in modo piuttosto unilaterale i suoi interessi, in che misura tali condizioni possono essere contestate sulla base del diritto umano all’alloggio? Sulla base di un’analisi giurisprudenziale, Irina Domurath ed io abbiamo scoperto che, in base alla CEDU, a differenza dell’EUCFR, la risposta dipende in larga misura dall’equilibrio raggiunto nelle leggi nazionali51. Sebbene uno sfratto basato sul contratto di mutuo rientri nell’ampio ambito della nozione di “casa” tutelata dall’articolo 8 della CEDU52, l’esame

49 Per una panoramica, si veda Hartkamp 2016.

50 doMurath e Mak, Private Law and Housing Justice in Europe, The Modern Law Review 2020, p. 1188-1220.

51 Ibidem, p. 1204-1206.

52 Corte europea dei diritti dell’uomo 24 aprile 2012, ricorso n. 25446/06, ECLI:CE:ECHR:2012:0424JUD002544606, Yordanova e altri c. Bulgaria.

da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo di una legislazione che limita legittimamente il diritto all’abitazione non comporta un test di proporzionalità se si tratta della regolamentazione del mercato immobiliare privatizzato53. Il motivo è che il legislatore nazionale ha già trovato un equilibrio tra gli interessi delle parti contraenti, con il quale la CEDU non intende interferire54. Di conseguenza, la protezione della CEDU non si estende completamente alla fornitura di alloggi privati. Ai sensi del diritto dell’UE, tali restrizioni non esistono, poiché la direttiva sulle clausole abusive è stata armonizzata in tutti gli Stati membri. Il diritto all’alloggio (articolo 7 della CEDU) e il diritto a un’effettiva tutela giurisdizionale (articolo 47 della CEDU) hanno implicitamente55 ed esplicitamente56 influenzato l’applicazione della direttiva alle condizioni standard delle banche nei procedimenti di esecuzione ipotecaria. Di conseguenza, il ragionamento sui diritti umani può ridisegnare la revisione sostanziale dei contratti ipotecari attraverso il diritto dell’UE57.Allo stesso tempo, resta da chiedersi se il quadro del diritto dei consumatori dell’UE fornirà una protezione sufficiente, poiché si basa su uno standard relativamen-

53 Corte europea dei diritti dell’uomo 12 luglio 2016, domanda n. 43777/13, ECLI:CE:ECHR:2016:0712JUD004377713, Vrzić contro Croazia.

54 Corte europea dei diritti dell’uomo Vrzić, par. 107; Corte europea dei diritti dell’uomo 6 novembre 2018, ricorso no. 76202/16, ECLI:CE:ECHR :2018:1106DEC007620216, F.J.M. c. Regno Unito, para. 42-46.

55 Causa C-415/11, Mohamed Aziz contro Caixa d’Estalvis de Catalunya, Tarragona i Manresa (Catalunyacaixa), CGUE 14 marzo 2013, ECLI:EU:C:2013:164, para. 60-61, in cui la Corte sottolinea l’importanza della protezione della casa familiare.

56 Causa C-169/14, Sánchez Morcillo e Abril García contro Banco Bilbao, CGUE 17 luglio 2014, ECLI:EU:C:2014:2099, par. 48-50; causa C-34/13, Monika Kušionová v SMART Capital, CGUE 10 settembre 2014, ECLI:EU:C:2014:2189, par. 65-66.

57 La potenziale influenza dell’EUCFR è stata ulteriormente accresciuta dalla sentenza della CGUE secondo cui i diritti della Carta possono comportare obblighi per gli attori privati, nella misura in cui tali diritti sono “di natura obbligatoria e incondizionata”; CGUE Bauer e Broßonn, par. 85, 87.

te elevato di “consumatore medio”58. Il contrasto tra gli approcci alla fornitura di alloggi privatizzati ai sensi della CEDU e del diritto dell’UE contiene quindi, in poche parole, due grandi domande sul ragionamento dei diritti umani nel diritto privato. Analogamente ai dibattiti nazionali, viene messa in discussione la divisione tra sfera giuridica pubblica e privata: fino a che punto si può fare affidamento sulla stessa protezione dei diritti umani (che si tratti di occupazione, prodotti finanziari, alloggi o cambiamenti climatici) nei confronti di un attore privato come si può fare nei confronti delle autorità pubbliche? Inoltre, la dimensione europea crea diverse sfere di sostanza e competenza: in che misura i diritti umani europei possono guidare lo sviluppo delle leggi private nazionali? Gli sviluppi della giurisprudenza precisano ulteriormente questi interrogativi per le diverse questioni sostanziali, contribuendo così alla costituzionalizzazione del diritto privato ed esplorandone i limiti.

3. Rilevanza sociale: il potere immaginativo del diritto privato

3.1. La posta in gioco giuridico-politica nel diritto privato

Probabilmente non è una coincidenza che il ragionamento sui diritti umani nel diritto privato avvenga per lo più in casi con una delicata dimensione politico-giuridica, dati i valori fondamentali a cui questi diritti fanno riferimento. Pertanto, nonostante le difficoltà dottrinali di integrare questo tipo di ragionamento nel diritto privato, i diritti umani hanno il potenziale per contribuire alla soluzione di problemi sociali, che vanno dall’accesso al credito (ipotecario) a condizioni eque alle misure necessarie per prevenire il cambiamento climatico.

La posta in gioco politica non è sempre immediatamente visibile, soprattutto nei casi che riguardano questioni tecniche,

58 rutgers, The Right to Housing (Article 7 of the Charter) and Unfair Terms in General Conditions, in Collins 2017, p. 136-137.

ad esempio la validità dei termini contrattuali59. Nel caso della Bürgschaft, ad esempio, durante la controversia iniziale, le preoccupazioni relative alla validità della fideiussione sono state ignorate in quanto erano stati soddisfatti i requisiti formali per la stipula di un contratto. Solo quando il caso è stato sottoposto a revisione costituzionale, la tensione è diventata più chiara tra gli interessi delle banche e dei potenziali fideiussori con un rapporto personale con il debitore principale. La sentenza del Bundesverfassungsgericht ha quindi consentito un riequilibrio degli interessi sottostanti ai sensi del § 138 del Codice civile tedesco. Questi e altri esempi giurisprudenziali dimostrano come i diritti umani siano in grado di rendere esplicite le considerazioni politico-giuridiche più fondamentali alla base dell’equilibrio che nelle norme giuridiche private è stato trovato tra gli interessi delle parti60. Resta tuttavia aperta la questione di come e in che misura questa ripoliticizzazione delle dottrine giuridiche private alla luce dei diritti umani possa servire a risolvere i problemi della società. Nel mondo accademico e nel dibattito, si può trovare una gamma di opinioni diverse. Senza voler fornire una panoramica esaustiva, si possono individuare almeno tre prospettive distinte.

3.2. Prima prospettiva: niente di nuovo?

In primo luogo, un filone relativamente scettico della letteratura sostiene che il ragionamento sui diritti umani non aggiunge molto al diritto privato. Cherednychenko ha sostenuto, ad esempio, che i diritti umani sono troppo vaghi per fornire una guida ai processi di bilanciamento nel diritto privato61. Le consolidate

59 kennedy, The Political Stakes in “Merely Technical” Issues of Contract Law, Rivista europea di diritto privato. 2011, p. 7-28.

60 Mak 2008, p. 220, 229, sulla base di Kennedy 1997, p. 305. Si veda anche kennedy, Form and Substance in Private Law Adjudication, Harvard Law Review 1976, p. 1724, 1766-1767.

61 Cherednychenko 2008. In senso analogo, de vos, Horizontale werking van grondrechten: een kritiek, Apeldoorn, Maklu, 2010. In un lavoro più recente, Cherednychenko indica un certo potenziale per i diritti umani nel definire i rimedi individuali di diritto privato ai sensi delle direttive

clausole generali del diritto privato verrebbero sostituite o addirittura subordinate a vaghi standard di natura giuridica pubblica62. La gestione di questioni sensibili per la società non verrebbe quindi semplificata, ma piuttosto complicata.

Inoltre, nella misura in cui entrambe le parti di una controversia possono invocare i diritti umani, i tribunali dovranno affrontare un compito molto difficile per stabilire quale debba prevalere63. In questo contesto, Collins ha sostenuto che ai tribunali civili sarà richiesto di effettuare un “doppio test di proporzionalità” per trovare un equilibrio tra i diritti in conflitto64. In linea con il test di proporzionalità sviluppato nel diritto pubblico, i tribunali dovranno valutare fino a che punto una restrizione di un diritto umano possa essere giustificata. L’equilibrio diventa doppio nei casi di diritto privato in cui entrambe le parti possono invocare i diritti umani65. La difficoltà di condurre un tale “test di bilanciamento finale” fornisce un altro argomento contro l’effetto (diretto) dei diritti umani nei rapporti giuridici privati e per rimanere all’interno delle dottrine e dei principi consolidati del diritto privato66.

3.3. Seconda prospettiva: la giustizia sociale nel diritto privato europeo

In secondo luogo, e in parte in risposta alle opinioni scettiche sulla costituzionalizzazione delle questioni giuridiche private, è stata avanzata una prospettiva di giustizia67. Questa prospettiva

UE; Rediscovering public/private divide in EU private law, in European Law Journal, 2019, p. 29.

62 Cherednychenko 2004, p. 16 e 2008, p. 44.

63 Cherednychenko 2008, p. 43-44.

64 Collins, p. 50-51.

65 Collins, p. 50.

66 Collins, p. 51.

67 Gruppo di studio sulla giustizia sociale nel diritto privato europeo, “Social Justice in European Contract Law Law: a Manifesto”, European Law Journal 2004, p. 653-674; Colombi Ciacchi 2006, p. 178; lurger, “The “Social” Side of Contract Lawand the New Principle of Regard and Fairness”, in hartkaMP, hesselink, hondius, Mak e du Perron (a cura

si basa sull’idea che, nonostante le sue complessità tecniche, il ragionamento sui diritti umani nel diritto privato possa contribuire all’elaborazione di un’agenda di giustizia sociale per l’Europa. In un manifesto del 2004, il Gruppo di studio sulla giustizia sociale nel diritto privato europeo ha evidenziato questa dimensione della giustizia come una delle “vere questioni” su cui il legislatore europeo dovrebbe concentrarsi per quanto riguarda l’ulteriore armonizzazione del diritto contrattuale68. Il lavoro di uno degli autori del Manifesto, Colombi Ciacchi, trova ispirazione per l’elaborazione di questa dimensione di giustizia sociale in un’analisi comparativa della giurisprudenza dei tribunali civili nazionali in Europa. L’autrice osserva che l’applicazione dei diritti umani nel diritto dei contratti non è politicamente neutrale69: i tribunali si affidano a questi diritti per proteggere le parti contraenti più deboli da quelle più forti (ad esempio, consumatore contro impresa, lavoratore contro datore di lavoro) e per salvaguardare i valori democratici fondamentali (ad esempio, uguaglianza, libertà di parola, libertà di religione)70. Più di recente, nel contesto della riforma del Codice Civile francese, Fabre-Magnan ha aggiunto che un moderno diritto dei contratti dovrebbe estendere il ragionamento sui diritti umani di), Towards a European Civil Code (quarta edizione riveduta e ampliata; Nijmegen/Alphen aan den Rijn: Ars Aequi Libri/Kluwer Law International 2011), p. 353-386.

68 Gruppo di studio sulla giustizia sociale nel diritto privato europeo 2004, p. 656.

69 In questo senso anche hesselink, “The Justice Dimension of the Relationship between Fundamental Rights and Private Law”, in Collins 2017, p. 167-196.

70 Colombi Ciacchi 2006, p. 177. Si veda anche Brüggemeier, Colombi Ciacchi e Comandé 2010, Vol. 2, p. 12.

ai casi di discriminazione sulla base delle risorse sociali e finanziarie71 e alla contrattazione sostenibile72.

Questa visione giustizialista, tuttavia, non sfugge completamente alle difficoltà evidenziate da coloro che sono scettici sull’applicazione dei diritti umani nel diritto privato. In particolare, resta da chiedersi quali siano gli obiettivi da perseguire. Valutando gli effetti del Manifesto della giustizia sociale, Caruso osserva che esso ha certamente influenzato il discorso sulla dimensione sociale del diritto contrattuale europeo73. Tuttavia, poiché non è stata stabilita una chiara definizione degli obiettivi distributivi, molte delle ambizioni del Manifesto non si sono concretizzate in effetti conclusivi74. Sebbene la critica di Caruso riguardi principalmente lo sviluppo di strumenti legislativi, la sua analisi può essere facilmente estesa alla giurisprudenza in cui i diritti umani sono stati invocati per proteggere interessi sociali e distributivi. Mentre l’esame della giurisprudenza nazionale di Colombi Ciacchi fornisce alcuni punti di partenza comuni per la concettualizzazione della giustizia sociale, questi non hanno ancora trovato una traduzione indiscussa a livello europeo. Infatti, l’interpretazione prevalentemente orientata al mercato del diritto (privato) dell’UE da parte della CGUE è percepita come un rischio per quanto riguarda la costituzionalizzazione del diritto privato: se la sentenza Aziz ha fatto sperare nello sviluppo di una dimensione sociale del diritto privato europeo, l’approc-

71 FaBre-Magnan, What is a Modern Law of Contracts? Elements for a New Manifesto for Social Justice in European Contract Law, in European Review of Contract Law 2017, p. 381. Sul potenziale dei diritti umani nel promuovere l’inclusione sociale nei rapporti giuridici orizzontali, si veda anche H. Collins 2003; Frantziou, The Horizontal Effect of Fundamental Rights in the European Union, Oxford, Oxford University Press, 2019, p. 167; kas, “Transforming the European “Legal Field” by Strategic Litigation, in de alMeida, Cantero gaMito, djuroviC, Purnhagen (eds), The Transformation of Economic Law, Hart Publishing, 2019, p. 366.

72 Fabre-Magnan, p. 385. Si veda anche Caruso, “Qu’ils mangent des contrats: Rethinking Justice in EU Contract Law”, in koChenov, de BúrCa & WilliaMs (eds), Europe’s Justice Deficit?, Oxford, Hart Publishing, 2015, p. 375.

73 Caruso, p. 370.

74 Caruso, p. 371.

cio favorevole alle imprese della Corte in casi come Alemo-Herron ha mostrato che il ragionamento sui diritti umani potrebbe anche andare nella direzione opposta75.

3.4. Terza prospettiva: ripensare l’Europa attraverso il diritto privato

In terzo luogo, la ripoliticizzazione del diritto privato può essere collegata al dibattito sui fondamenti costituzionali dell’Europa76. Da questo punto di vista, l’attenzione non si concentra più principalmente sul contributo dei diritti umani al ragionamento giuridico privato – “la costituzionalizzazione del diritto privato”, ma si sposta piuttosto su ciò che il diritto privato può contribuire alla formazione di una società europea o addirittura di una comunità politica – ciò che chiamerei “la capacità di fare Europa del diritto privato”77. Questo sviluppo è ancora in una fase relativamente iniziale, rispetto alle idee nazionali sul rapporto tra diritti umani e diritto privato78. Tuttavia, alcune osservazioni nella letteratura

75 Bartl & Leone, Minimum Harmonisation and Article 16 of the CFREU. Difficult Times Ahead for Social Legislation?, in Collins 2017, p. 113-124; Collins, Introduction, in Collins 2017, p. 20; hesselink, in Collins 2017, p. 188-189, che considera questa interpretazione dell’art. 16 «partisan and therefore illegitimate form the perspective of the principles of justice that should prevail in a pluralist society».

76 Ad esempio Weiler, The Constitution of Europe: “Do the New Clothes Have an Emperor?” and Other Essays on European Integration (Cambridge: Cambridge University Press 1999); i contributi a de BúrCa e Weiler (eds), The Worlds of European Constitutionalism, Cambridge, Cambridge University Press, 2012; tuori, European Constitutionalism, Cambridge: Cambridge University Press, 2015.

77 Si pensi a loughlin, The Constitutional Imagination, in The Modern Law Review 2015, p. 1-25. Questa idea è ulteriormente elaborata in Mak, “Reimagining Europe through Private Law Adjudication”, in Mak e kas (eds), Civil Courts and the European Polity: The constitutional role of private law adjudication in Europe, Oxford, Hart Publishing.

78 MiCklitz, “Il consumatore: Marketised, Fragmentised, Constitutionalised”, in leCzykieWiCz e Weatherill (eds), The Images of the Consumer in EU Law: Legislation, Free Movement and Competition Law, Oxford, Hart Publishing, 2016, p. 25-26.

accademica sul tema lasciano intravedere questo potere immaginativo del diritto privato in Europa.

Le origini di questa prospettiva sulla rilevanza sociale del diritto privato possono essere rintracciate nel legame che si è creato tra cittadinanza e rapporti giuridici privati nello sviluppo del diritto dell’UE79. Il diritto dei consumatori ne è un esempio. In questo campo, l’uso strumentale del diritto privato da parte dell’UE per migliorare il funzionamento del mercato europeo ha portato all’idea ibrida del “cittadino consumatore”80. Questa concettualizzazione dei partecipanti al mercato ha ricevuto notevoli critiche per la sua emarginazione delle preoccupazioni sociali, nella misura in cui il diritto dell’UE intende il consumo principalmente in termini economici81. Come risposta, in parte ispirata da ideali di giustizia sociale, i consumatori hanno iniziato a fare affidamento sui diritti umani per controbilanciare gli effetti dannosi di una commercializzazione troppo spinta della loro posizione giuridica82. I casi ipotecari spagnoli, con Aziz come portabandiera, testimoniano questa tendenza. Mentre i consumatori, quindi, devono “lottare per i loro diritti”83, la costituzionalizzazione del diritto privato europeo nei casi di consumo ha iniziato a fornire elementi costitutivi di una società europea in via di sviluppo84.

Sotto questa voce si possono classificare diversi punti di vista sul contributo del diritto privato alla (ri)creazione di una comunità europea. Tutti pongono una notevole enfasi sul ruolo dei tribunali in questo processo. Colombi Ciacchi, ad esempio, ritiene che le sentenze di diritto privato contribuiscano al “policy-making della società”,

79 MiCklitz, The Politics of Justice in European Private Law: Social Justice, Access Justice, Societal Justice, Cambridge: Cambridge University Press, 2018, p. 392-393.

80 Su questo sviluppo, si veda Benöhr, EU Consumer Law and Human Rights, Oxford, Oxford University Press, 2013, p. 37-39.

81 Si veda ad esempio davies, “The Consumer, the Citizen and the Human Being”, in leCzykieWiCz e Weatherill 2016, p. 325-338; Benöhr 2013, p. 38.

82 MiCklitz 2016, p. 35-37.

83 MiCklitz 2018, p. 393.

84 MiCklitz 2018, p. 392.

nella misura in cui bilanciano interessi e obiettivi politici attraverso l’applicazione dei diritti umani85. Comandé individua l’emergere di una “cittadinanza ombra” nella giurisprudenza della CGUE in materia di diritto privato, sostenendo che un diritto privato europeo può servire a sviluppare un modello sociale europeo86. Gerstenberg legge la giurisprudenza alla luce di una teoria dello sperimentalismo democratico, proponendo che l’aggiudicazione può fornire un forum per la deliberazione di questioni politico-giuridiche87. Nessuno di questi punti di vista è incontestato, poiché richiedono nuovi modi di comprendere il ruolo dei tribunali e della deliberazione politica88. In conclusione, l’aspetto del ragionamento sui diritti umani nel diritto privato necessita di ulteriori elaborazioni e costruzioni teoriche. Per alcuni, l’applicazione ad ampio raggio dei diritti umani nel diritto privato rimane l’ultima spiaggia. Per altri, la tutela dei diritti umani in relazioni giuridiche private così diverse come quelle riguardanti l’alloggio, la non discriminazione o il cambiamento climatico può servire a includere coloro la cui voce è meno prominente nei quadri giuridici privati89. Quest’ultimo punto di vista è particolarmente importante quando la legislazione è in ritardo e, come ha osservato Rodotà, “nel silenzio della politica, i giudici fanno l’Europa”90.

85 ColoMBi CiaCChi, La governance giudiziaria nel diritto privato europeo: Three Judicial Cultures of Fundamental Rights Horizontality, in European Review of Private Law 2020, p. 935.

86 CoMandé, La quinta libertà dell’Unione europea: Aggregare la cittadinanza... intorno al diritto privato, in Micklitz 2014, p. 61-101.

87 gerstenBerg, Euroconstitutionalism and its Discontents, Oxford, Oxford University Press, 2018.

88 Ad esempio CherednyChenko e reiCh, “The Constitutionalization of European Private Law: Gateways, Constraints, and Challenges”, European Review of Private Law 2015, p. 827, i quali osservano che il giudizio su questioni politico-giuridiche sensibili può minare la legittimità della CGUE.

89 Frantziou 2019, p. 167; Mak, Reimagining Europe through Private Law Adjudication.

90 rodotà, Il diritto di avere diritti, Roma-Bari, Laterza, 2012, p. 96, riferendosi a un precedente saggio intitolato “Nel silenzio della politica i giudici fanno l’Europa”.

4. Spunti di riflessione

Questo contributo ha tracciato il dibattito sull’impatto dei diritti umani nel diritto privato lungo tre direttrici: il fondamento nella dignità umana di un’estensione della tutela dei diritti umani ai rapporti giuridici privati; la costituzionalizzazione del diritto privato a livello nazionale ed europeo; le dimensioni politico-giuridiche di questi sviluppi, compreso il ruolo dei tribunali nell’elaborazione del ragionamento sui diritti umani nel diritto privato. Analizzando le tendenze generali, non ci si chiede più se i diritti umani debbano trovare spazio nel diritto privato. Sia le corti nazionali che quelle europee hanno incorporato nelle dottrine di diritto privato la possibilità di fare affidamento su tali diritti generali o di sfondo, espandendo lentamente ma costantemente la portata dei diritti umani. Le questioni attuali riguardano quindi la comprensione degli effetti sostanziali e trasformativi che derivano da queste dinamiche: da un lato, la reimmaginazione del diritto privato alla luce dei diritti umani e, dall’altro, le trasformazioni della società a cui il diritto privato può contribuire.

Contratto e impresa Europa 3/2024

Il diritto privato europeo creato dal giudice e la costruzione della politica europea (Parte I)

soMMario: A. Le teorie costituzionali e il diritto privato mancante. – B. Costituzionalizzazione del diritto privato. – C. Società europea, comunità epistemica e diritto privato. – D. La polity europea. – E. Il corpo delle sentenze della CGUE. – F. Il numero di giudizi per settore. – G. Il numero di sentenze per Paese. – H. Tipi di contenzioso.

aBstraCt

When public lawyers speak about the EU, the autonomous legal order, or the constitutional legal order, they discuss to what extent the EU can be compared with a nation-state or whether it should be regarded as a sui generis institution. When private lawyers speak about the EU in constitutional language, they speak about the economic or social constitution, private law society or the constitutionalisation of private law. The purpose of this chapter is to bring the two strands of discourses together and to relate them to the phenomenon of judge-made European private law, here being equated with the more than 300 judgments that the Court of Justice of the European Union (CJEU) rendered between 2002 and mid2022 in the field of Secondary European Private Law. The chapter thus investigates whether the CJEU-made private law may be understood as an integral part of the process of European polity-building. The chapter unfolds in three steps: First, the elaboration of the conceptual and theoretical framework in which the idea of an EU polity needs to be embedded. This requires a deeper look into constitutional theories to justify why the link between CJEU-made private law and the European polity looks promising. Secondly, the stock-taking and systematisation of the CJEU case-law, which brings the debate down to earth as a counterpoint

to high-flying constitutional theories. Thirdly, merging the two togetherthe theoretical strands and the realities of CJEU-made private law - with a view to clarify the added value of the European polity paradigm in private law.

Quando i giuspubblicisti parlano dell’Unione europea (UE), dell’ordinamento giuridico autonomo o dell’ordinamento giuridico costituzionale, discutono in che misura l’UE possa essere paragonata a uno Stato nazionale o se debba essere considerata un’istituzione sui generis.

Quando i giusprivatisti privati parlano dell’UE nel linguaggio costituzionale, discorrono di costituzione economica o sociale, di società di diritto privato o di costituzionalizzazione del diritto privato. Lo scopo di questo contributo è unire questi due filoni di pensiero e metterli in relazione con il fenomeno del diritto privato europeo creato dal giudice, che qui viene identificato con le oltre 300 sentenze che la Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE) ha emesso tra il 2002 e la metà del 2022 nel campo del diritto privato europeo secondario1. Questo contributo indaga, dunque, se il

1 Una panoramica delle sentenze pronunciate tra il 2002 e la metà del 2018 si trova in MiCklitz, “Rechtsprechungsübersicht zum Europäischen Verbraucherrecht: Vertrags- und Deliktsrecht” (2006) Europäisches Wirtschafts- und Steuerrecht (EWS) 1; MiCklitz, “Rechtsprechungsübersicht zum Europäischen Verbraucherrecht: Vertrags- und Deliktsrecht” (2008) EWS 353; kas e MiCklitz, “Rechtsprechungsübersicht zum Europäischen Vertrags- und Deliktsrecht (2008-2013) - Teil I” (2013) EWS 314; kas e MiCklitz, “Rechtsprechungsübersicht zum Europäischen Vertragsund Deliktsrecht (2008-2013) - Teil II” (2013) EWS 353; kas e MiCklitz, “Rechtsprechungsübersicht zum Europäischen Vertrags- und Deliktsrecht (2014-2018) - Teil I” (2018) EWS 181; kas e MiCklitz, “Rechtsprechungsübersicht zum Europäischen Vertrags- und Deliktsrecht (20142018) - Teil II” (2018) EWS 241. Abbiamo raccolto e aggiunto le sentenze che sono state pronunciate tra la metà del 2018 e la metà del 2022. Queste sintesi non sono pubblicate. La nostra raccolta di giurisprudenza è limitata alle “sentenze” della CGUE. Bisogna osservare che la Corte si sta avvalendo sempre più della possibilità di rispondere ai rinvii pregiudiziali con “ordinanza motivata” nel settore del diritto privato europeo secondario, in particolare per quanto riguarda la direttiva 93/13/CEE sulle clausole abusive ([1993] GU L95/29). Ai sensi dell’art. 99 del Regolamen-

diritto privato prodotto dalla CGUE possa essere inteso come parte integrante del processo di costruzione della polity europea. La giurisprudenza si concentra sulle questioni relative ai consumatori, le sentenze della CGUE hanno effetti giuridici che vanno ben oltre l’ambito del diritto privato in generale. Questo è vero per due motivi. In primo luogo, dal punto di vista dottrinale molte delle questioni sostanziali riguardano le piccole e medie imprese (PMI) in un modo o nell’altro e quindi sollevano la questione se il diritto dei consumatori possa servire anche come standard per la protezione delle PMI contro le grandi imprese. In secondo luogo, e forse ancora più importante, il tipo di polity che la CGUE sta costruendo non si limita al diritto dei consumatori, ma più in generale al “campo” del diritto privato nell’accezione di Pierre Bourdieu, come svilupperemo di seguito. Il contributo si sviluppa in tre fasi. La prima è l’elaborazione del quadro concettuale e teorico in cui inserire l’idea di una polity europea. Ciò richiede uno sguardo più approfondito alle teorie costituzionali per giustificare il motivo per cui il legame tra il diritto privato prodotto dalla CGUE e la polity europea sembra promettente. Questa parte si baserà su tre fonti: The Politics of Judicial Co-operation in the EU (La politica della cooperazione giudiziaria nell’UE)2, The Politics of Justice in European Private Law to di procedura della Corte di giustizia ([2012] GU L265/1), la Corte può rispondere con ordinanza quando una questione pregiudiziale è identica a una questione sulla quale la Corte si è già pronunciata, quando la risposta a tale questione può essere chiaramente dedotta dalla giurisprudenza esistente o quando la risposta alla questione pregiudiziale non ammette alcun dubbio ragionevole. Dato il numero crescente di decisioni, per motivi pratici abbiamo dovuto escludere le “ordinanze” dalla nostra panoramica. Per una visione interessante di cosa possa significare il crescente uso delle ordinanze di aggiudicazione, si veda Šadl, naurin, lóPez zurita e Brekke, “That’s an Order! The Orders of the CJEU and the Effect of Article 99 RoP on Judicial Cooperation” (2020) iCourts Working Paper Series n. 219: “I risultati suggeriscono che la Corte utilizza le ordinanze di rinvio a giudizio per disimpegnarsi dai problemi “locali” e chiudere unilateralmente le conversazioni con i tribunali nazionali risoluti”.

2 MiCklitz, The Politics of Judicial Co-operation in the EU: Sunday Trading, Equal Treatment and Good Faith, Cambridge, Cambridge University

(La politica della giustizia nel diritto privato europeo)3 e l’articolo di recensione “The European Union Project” (Il progetto dell’Unione europea)4. La seconda fase consiste nell’inventario e nella sistematizzazione della giurisprudenza della CGUE, che riporta il dibattito con i piedi per terra, in contrapposizione alle teorie costituzionali di alto livello. Nella terza fase, questi due aspetti – i filoni teorici e le realtà del diritto privato prodotto dalla CGUE – vengono fusi insieme al fine di chiarire il valore aggiunto del paradigma della polity europea nel diritto privato.

A. Le teorie costituzionali e il diritto privato mancante

Da quando la CGUE ha affermato che l’UE è governata da un ordinamento giuridico autonomo, successivamente trasformato in ordinamento costituzionale, la dottrina giuridica ha dibattuto su come classificare l’UE. Questa discussione ha sollevato la questione se l’ordinamento giuridico autonomo comprenda il diritto privato. Va ricordato che la CGUE non ha mai usato lo stesso linguaggio per quanto riguarda il diritto privato. Non c’è un solo caso in cui la CGUE parli di “ordinamento giuridico privato europeo autonomo”. In pochi casi la Corte ha fatto riferimento a “principi generali del diritto civile”5, anche se ciò non è stato ripetuto in sentenze successive. Il diritto privato europeo si è sviluppato in modo frammentario e non sistematico attraverso l’adozione di norme di Press, 2005.

3 MiCklitz, The Politics of Justice in European Private Law: Social Justice, Access Justice, Societal Justice, Cambridge, Cambridge University Press, 2018.

4 MiCklitz, “The European Union Project, Review Article on diCkson and eleFtheriadis (a cura di), The Philosophical Foundations of European Union Law” (2013) 32 Yearbook of European Law 538.

5 Causa C-277/05 Société thermale d’Eugénie-les-Bains contro Ministère de l’Économie, des Finances et de l’Industrie [2007] ECR I-6415; Causa C-412/06 Annelore Hamilton contro Volksbank Filder eG [2008] ECR I-2383; Causa C-489/07 Pia Messner contro Firma Stefan Krüger [2009] ECR I-7315; Causa C-215/08 E Friz GmbH contro Carsten von der Heyden [2010] ECR I-2947; Causa C-174/12 Alfred Hirmann contro Immofinanz AG EU:C:2013:856.

diritto derivato dell’UE che regolano le attività di mercato in diversi settori per raggiungere vari obiettivi politici. La sua attuazione e categorizzazione all’interno degli ordinamenti giuridici nazionali è lasciata agli Stati membri. Pertanto, non è necessario che il diritto privato dell’UE diventi parte degli ordinamenti giuridici privati nazionali definiti dagli Stati membri6.

Gli ultimi anni hanno dimostrato con forza il continuo interesse accademico per la corretta classificazione dell’UE come organismo statutario o quasi statutario. Nel suo articolo di recensione del libro di Pavlos Eleftheriadis “A Union of Peoples”7, Massimo Fichera fornisce un’analisi approfondita della questione.

Egli distingue tra paradigma gerarchico e paradigma eterarchico. Coloro che si concentrano sul paradigma gerarchico devono decidere se al vertice della gerarchia si trova l’ordinamento giuridico nazionale o quello dell’UE. Il loro approccio è centrato sullo Stato o, in un modo o nell’altro, federalista. Coloro che aderiscono a un paradigma eterarchico rifiutano sia il monismo che il dualismo e sostengono che le particolarità dell’UE non possono essere racchiuse in categorie gerarchiche.

Qualunque sia il linguaggio utilizzato – l’UE come costituzione, stato sovranazionale o polity – e qualunque sia il concetto giuridico di stato e la filosofia giuridica di riferimento (con Kelsen e Hart come attori chiave), colpisce il fatto che il ruolo e la funzione del diritto privato nella comprensione del carattere costituzionale dell’UE siano più o meno assenti, anche se si utilizzano vere e proprie categorie di diritto privato, come fa Eleftheriadis8. Forse

6 Per un recente resoconto del dibattito sul rapporto tra diritto dell’UE e diritto privato nazionale, si veda CherednyChenko, “Islands and the Ocean: Three Models of the Relationship between EU Market Regulation and National Private Law” (2021) 84 MLR 1294.

7 FiChera, “Solidarity, Heterarchy, and Political Morality” (2020) 2 Jus Cogens 301.

8 Egli fa riferimento alla tort law e alla giustizia correttiva come elementi chiave della sua concettualizzazione dell’UE come internazionalismo progressivo; si veda eleFtheriadis, A Union of Peoples: Europe as a Community of Principle (Oxford, Oxford University Press, 2020), capitoli 8 e 9.

la lacuna è dovuta al fatto che l’intera idea di un mercato comune e successivamente di un mercato interno si basa implicitamente sull’esistenza del diritto privato che consente ai privati di realizzare le quattro libertà. Le grandi teorie si concentrano sull’UE come costituzione, sul costituzionalismo e sulla costruzione della polity, nonostante il fatto che fin dagli anni ‘20 la teoria del diritto privato abbia discusso l’idea di una “costituzione economica” e di una “società di diritto privato”, nozione che ha avuto un forte impatto sulla concettualizzazione dell’UE nel discorso politico e teorico. Kaarlo Tuori è uno dei pochi teorici costituzionali che ha ripreso questo filone delle “molte costituzioni”, dove la costituzione economica, ma non ancora quella sociale, costituisce un elemento costitutivo della sua concettualizzazione dell’UE9.

Tuttavia, ciò che è vero per il discorso costituzionale è altrettanto vero per il discorso del diritto privato. Non c’è molta connessione tra le grandi teorie costituzionali da un lato e i tentativi dei giuristi privati di affrontare il diritto privato al di là dello Stato nazionale dall’altro. L’unico collegamento tra i due sembra essere la “costituzione economica”, dove riappare il problema dell’ordine giuridico dell’UE come ordine gerarchico. Per quanto riguarda il paradigma eterarchico, la teoria del diritto privato si concentra non tanto sul diritto privato europeo quanto sul diritto privato transnazionale, di cui l’ordinamento giuridico europeo è esplicitamente o implicitamente parte integrante. Rodotà ha mostrato come le codificazioni del diritto privato abbiano svolto un ruolo essenziale nella costituzione di un’identità collettiva nello sviluppo dello Stato-nazione e ne ha illustrato il ruolo “nella transizione da un’Europa del mercato a un’Europa dei diritti”10. In questo modo, il fallimento della costruzione di una Costituzione europea e di un

9 tuori, European Constitutionalism, Cambridge, Cambridge University Press, 2015.

10 rodotà, “The Civil Code within the European “Constitutional Process”, in hesselink (a cura di), The Politics of a European Civil Code, The Hague, Kluwer Law International, 2006, 115, 121.

Codice civile europeo11 ha reso ancora più difficile la creazione di un’identità collettiva europea omogenea. Uno degli autori di questo capitolo ha cercato di concettualizzare l’eterarchia dell’ordinamento giuridico privato europeo concentrandosi su quattro parametri costitutivi: l’autosufficienza, la convergenza, l’ibridazione e il conflitto12. Questa concettualizzazione del diritto privato europeo si avvicina alla comprensione di un ordinamento giuridico basato sulla ragion pratica morale. L’affermazione è che il diritto privato offre la giustizia dell’accesso e la giustizia sociale come valori unici che tengono insieme l’ordinamento giuridico privato europeo13. È un ordinamento eterarchico di pezzi e pezzetti, perché non c’è un’autorità centrale che detenga tutto il potere. Questa posizione chiave rimane vuota14. La nostra analisi del diritto privato prodotto dalla CGUE e del suo impatto sulla costruzione della polity completa il quadro generale.

B. Costituzionalizzazione del diritto privato

Da oltre tre decenni i teorici del diritto privato discutono della costituzionalizzazione del diritto privato, prima a livello nazionale e poi a livello europeo. Un chiarimento è necessario per due motivi: in primo luogo per un possibile legame tra la costituzionalizzazione del diritto privato e il discorso giuridico-costituzionale sull’UE e, in secondo luogo, perché il diritto privato elaborato dalla CGUE gode di rango costituzionale, almeno se si aderisce a una concezione gerarchica dell’UE, più chiaramente nella visione federale dell’UE.

La costituzionalizzazione del diritto privato è un termine che lascia a bocca aperta. In primo luogo, la costituzionalizzazione

11 MiCklitz, “Failure or Ideological Preconceptions - Thoughts on Two Grand Projects: The European Constitution and the European Civil Code” (2010) EUI LAW Working Paper 2010/04.

12 Si veda il progetto ERC sul “Diritto privato normativo europeo” all’indirizzo: www.cordis.europa.eu/project/id/269722/it.

13 Micklitz (n. 3).

14 Micklitz (n. 4) 551.

può significare la materializzazione del diritto privato attraverso i diritti fondamentali e umani. Questo è di gran lunga il discorso dominante, in particolare per quanto riguarda l’idea che la costituzionalizzazione dovrebbe porre rimedio ai deficit di giustizia nel diritto privato, sia nazionale che europeo. Il più recente passo della CGUE verso il riconoscimento dell’effetto diretto orizzontale dei diritti fondamentali nella Carta dell’UE ha persino rafforzato queste aspettative15. In secondo luogo, la costituzionalizzazione del diritto privato è sancita dall’idea di una società di diritto privato (Privatrechtsgesellschaft), presentata nella teoria sociale di Franz Böhm di una costituzione economica per uno Stato nazionale16. Nell’UE l’idea di una costituzione economica ha innescato un dibattito sulla costituzionalità delle quattro libertà e del diritto della concorrenza. Questa è la seconda forma di costituzionalizzazione del diritto privato. In terzo luogo, la costituzionalizzazione si riferisce all’autocostituzionalizzazione del diritto privato al di là dello Stato nazionale. Questo filone del dibattito conduce alle teorie giuridiche transnazionali e soffre della differenziazione tra il diritto privato transnazionale e il diritto privato transnazionale europeo (con o senza “privato”)17. Sono stati fatti pochi tentativi di scollegare il diritto privato europeo dall’ampio filone delle teorie giuridiche transnazionali per cercare eventuali caratteristiche distintive del diritto privato europeo18.

Molto spesso, la costituzionalizzazione si limita all’analisi delle sentenze della CGUE che fanno riferimento esplicito o implicito ai diritti umani e fondamentali. Nel campo del diritto privato, questo tipo di riferimenti sono l’eccezione alla regola e non sembra che la CGUE sia pronta a fare ampio uso dei diritti fondamentali

15 Cause riunite C-569/16 e C-570/16 Stadt Wuppertal contro Maria Elisabeth Bauer e Volker Willmeroth contro Martina Broßonn EU:C:2018:871.

16 BöhM, “Privatrechtsgesellschaft und Marktwirtschaft” (1966) 17 ORDO: Jahrbuch für die Ordnung von Wirtschaft und Gesellschaft 75.

17 Si veda BeCkers, MiCklitz, vallejo garretón e letto-vanaMo (eds), The Foundations of European Transnational Private Law, Oxford, Hart Publishing, 2023.

18 Un esempio è niglia (a cura di), Pluralism and European Private Law, Oxford, Hart Publishing, 2013.

e umani nelle decisioni di diritto privato. L’impatto della “costituzione economica” – come definita da Böhm e Mestmäcker – sul diritto privato è forte, ma spesso trascurato. La CGUE ha interferito senza sosta nei rapporti giuridici privati attraverso le quattro libertà, trasformando così i concetti di diritto privato, come il soggetto giuridico, il contratto, l’illecito e i rimedi19.

Ma c’è una questione in sospeso nel dibattito sulla costituzionalizzazione del diritto privato, che è importante per il nostro esame del diritto privato creato dalla CGUE nel diritto privato europeo secondario. Già nel 1978 la CGUE ha affermato, nella sentenza Simmenthal20, che non solo il diritto primario dell’UE ma anche il diritto secondario dell’UE gode di supremazia. In Marshall21 la CGUE ha concesso al diritto secondario dell’UE un effetto diretto orizzontale. La lotta sul potenziale effetto diretto orizzontale delle direttive UE è in corso. Sebbene la CGUE vi si avvicini sempre di più, finora ha respinto l’effetto diretto orizzontale delle direttive. Il trasferimento del linguaggio costituzionale al diritto privato ha suscitato interrogativi e resistenze a partire dagli anni Novanta. La domanda chiave era ed è cosa accadrebbe per gli ordinamenti giuridici privati nazionali qualora il diritto secondario dell’UE godesse della supremazia sul diritto privato. Il dibattito su questo tema è molto ampio. È sufficiente fare riferimento a Teubner e Joerges, che hanno ampiamente dimostrato come l’interferenza gerarchica nei sistemi giuridici nazionali porti a “irritazioni” o “conflitti diagonali”22.

19 MiCklitz e sieBurgh (a cura di), Primary EU Law and Private Law Concepts, Cambridge, Intersentia, 2017.

20 Causa C-106/77 Amministrazione delle Finanze dello Stato contro Simmenthal SpA [1978] ECR. 629.

21 Causa C-152/84 MH Marshall contro Southampton and South-West Hampshire Area Health Authority [1986] ECR 723.

22 teuBner, “Legal Irritants: Good Faith in British Law or How Unifying Law Ends up in New Divergences” (1998) 61 MLR 11; C. joerges, “The Impact of European Integration on Private Law: Reductionist Perceptions, True Conflicts and a New Constitutional Perspective” (1997) 3 European Law Journal 378.

Ci terremo lontani dalla retorica costituzionale e collegheremo invece l’analisi a filoni più recenti della ricerca dell’anima europea, a cui il diritto privato prodotto dalla CGUE può essere più facilmente collegato. I candidati sono tre: il ruolo e la funzione del diritto privato nella costruzione di una società europea, la comprensione del diritto privato europeo come una comunità epistemica (o più comunità) e il collegamento del diritto privato europeo a una polity europea. Per chiarezza, i primi due saranno abbozzati sommariamente prima di passare alla polity europea, che sembra essere la strada più promettente e innovativa.

C. Società europea, comunità epistemica e diritto privato

Mettere in primo piano il diritto privato nella ricerca dell’anima europea riporta in primo piano l’idea di una “società di diritto privato”, che è racchiusa nell’idea di una costituzione economica. La società di diritto privato – Privatrechtsgesellschaft – non ha molto senso se non si spiegano il background di Sinzheimer, Böhm, Mestmäcker e Schweitzer, i fautori (la teoria liberale del contratto di Dagan e Heller)23 e la critica (in Justifying Contract in Europe di Hesselink)24 o il conflitto molto più profondo tra Mestmäcker che difende una costituzione economica basata sull’autonomia privata e sul diritto della concorrenza e il tentativo di Wiethölter di democratizzare l’economia attraverso il diritto.25 Ai nostri fini, potrebbe essere sufficiente ricordare che il dibattito sulla società di diritto privato e sulla costituzione economica (democratica) è ancora un resoconto unico in termini di sviluppo di un concetto giuridico di società, una

23 dagan e heller, The Choice Theory of Contracts, Cambridge, Cambridge University Press, 2017; si veda anche dagan, A Liberal Theory of Property, Cambridge, Cambridge University Press, 2021.

24 hesselink, Justifying Contract in Europe. Political Philosophies of European Contract Law, Oxford, Oxford University Press, 2021.

25 Si vedano i contributi in grégoire e Miny (a cura di), The Idea of Economic Constitution in Europe (Leiden, Brill, 2022), in particolare MiCklitz, “Discussion: Society, Private Law and Economic Constitution in the EU” 380.

questione che di solito è lasciata alla scienza politica e alla sociologia. I giuristi e persino la teoria giuridica tendono a fare riferimento alla “società” senza cercare di chiarire cosa si intenda. L’essenza del concetto è che i privati sono i primi detentori della responsabilità dell’ordine sociale. Ciò che conta nel nostro contesto è la forte interazione tra il “diritto” (in questo caso il diritto privato) e la “società”, che è ancora molto concepita nel contesto nazionale. Quando si passa al livello dell’UE, si distinguono due filoni che abbracciano la società di diritto privato (europea): da un lato, c’è la comprensione della concorrenza e del diritto della concorrenza come parte costitutiva di una democrazia26, che offre una prospettiva innovativa sull’interazione tra il diritto privato e il diritto della concorrenza nella costituzione economica europea; dall’altro, ci sono i tentativi di guardare a come la CGUE contribuisce alla costruzione di una società europea attraverso il diritto27. Questo dibattito ha suscitato l’interesse di politologi e sociologi28. Vauchez si spinge ad affermare che «nell’Unione europea, ancor più che altrove, non è possibile distinguere tra “diritto” e “società”. Non c’è settore della politica, dell’economia, della burocrazia o della società civile europea che non sia stato prodotto o co-prodotto in qualche misura dai giuristi»29. Sebbene queste siano strade promettenti per combinare diritto e società, resta da chiedersi se “diritto” e “società” possano integrare il “politico” e costituire una politica europea.

26 deutsCher, “Of Masters, Slaves, Behemoths and Bees: The Rise and Fall of the Link between Competition, Competition Law and Democracy” (tesi di dottorato, Istituto Universitario Europeo, 2020).

27 CoMandé, “The Fifth European Union Freedom: Aggregating Citizenship ... around Private Law” in HW Micklitz (a cura di), Constitutionalization of European Private Law (Oxford, Oxford University Press, 2014); Carr, “Regulating the Periphery: Shaking the Core European Identity Building Through the Lens of Contract Law” (2015) EUI Working Paper LAW 2015/40.

28 MünCh, “Constructing a European Society by Jurisdiction” (2008) 14 European Law Journal 519; vauChez, Brokering Europe. Euro-Lawyers and the Making of a Transnational Polity (Cambridge, Cambridge University Press, 2015) 4.

29 Vauchez (n 28) 4.

Prima di passare alla “polity”, dobbiamo chiarire il rapporto tra società e comunità (o comunità) epistemica – un’idea o un concetto che non ha origine nel diritto dell’UE, ma nel diritto transnazionale30. Vista attraverso le lenti delle teorie giuridiche transnazionali, l’UE diventa semplicemente una variante del diritto transnazionale. Coloro che si impegnano nel dibattito si concentrano sulla regolamentazione privata e sull’ordinamento privato, su attori privati che stabiliscono regole tipicamente per particolari scopi commerciali o settori economici31. Pertanto, potrebbe essere più appropriato parlare di comunità epistemiche al plurale. Ci chiediamo cosa possa aggiungere l’idea di comunità epistemica per chiarire il significato e l’importanza del diritto privato dell’UE prodotto dal giudice. Esiste una differenza cruciale tra l’ordinamento giuridico europeo e quello transnazionale. Le comunità epistemiche europee – ammesso che esistano – sono diverse dalle comunità epistemiche transnazionali. Al di là dello Stato-nazione e dell’Europa, il diritto transnazionale è in genere equiparato alla regolamentazione privata nella costruzione delle istituzioni e nella definizione delle transazioni private. L’UE promuove tipicamente la regolamentazione o la coregolamentazione attraverso il diritto derivato dell’UE. Inoltre, contrariamente al livello globale, la CGUE ha il potere di interpretare la legge.

D. La polity europea

Fichera ha individuato nella “sicurezza” e nei “diritti fondamentali” le meta-razionali del costituzionalismo europeo32. Questo

30 klaBBers, “Setting the Scene” in klaBBers, Peters e ulFstein, The Constitutionalization of International Law (Oxford, Oxford University Press, 2009) 1.

31 Bernstein, “Opting out of the Legal System: Extralegal Contractual Relations in the Diamond Industry” (1992) 21 Journal of Legal Studies 115; shaFFer, “Theorizing Transnational Legal Ordering” (2016) 12 Annual Review of Law and Social Science 231.

32 FiChera, The Foundations of the EU as a Polity (Cheltenham, Edward Elgar, 2018).

sembra un punto di riferimento elevato, che richiede di collegare il diritto privato al diritto della società.

Se questo è vero, siamo tornati al punto di partenza, al diritto privato costituzionalizzato. Per il momento, potrebbe essere sufficiente partire da una comprensione più generale di cosa sia una polity e collegare tale comprensione al diritto privato europeo. La Parte II di questo studio, che sarà in seguito pubblicata, si proporrà di ricondurre l’analisi del diritto privato prodotto dalla CGUE al quadro più ampio del costituzionalismo europeo. La politica europea viene intesa come un’entità politica identificabile con un’identità collettiva, legata da relazioni sociali istituzionalizzate.

Sebbene tale definizione possa avvicinarsi al senso comune nel settore, ci sono molti punti in sospeso in relazione all’idea di una polity europea che va oltre il diritto pubblico (costituzionale).

Tre degli elementi definitori non sono necessariamente collegati alla prospettiva del ruolo del diritto privato nella costruzione della polity – le nozioni di “istituzione”, “politica” e “identità collettiva”33 – sebbene il diritto privato aggiunga ulteriori difficoltà all’idea di polity europea. La difficoltà sta nel metro di giudizio implicito o esplicito con cui viene misurata l’UE. I parametri per definire la polity sono presi dal contesto dello Stato-nazione e dalla teoria costituzionale basata sullo Stato-nazione. Spostare la prospettiva dallo Stato-nazione fa emergere una serie di difficoltà, che si differenziano in base alla posta in gioco: l’istituzione, la politica o l’identità collettiva.

L’UE può essere considerata un’entità che istituzionalizza le relazioni sociali? La risposta sembra essere affermativa, sebbene questo contributo non discuta se l’UE possa essere considerata un’entità democratica sovranazionale. Il diritto privato di matrice giurisprudenziale evidenzia il ruolo e la funzione particolari del diritto derivato dell’UE, nonché il ruolo e la funzione che il diritto privato

33 Stefano Bartolini cerca di districarsi tra le diverse accezioni di “politico” e di “istituzioni”: Bartolini, The Political (London, Rowman & Littlefield International, 2018). Nel contesto dell’UE l’identità è discussa molto più spesso come argomento per difendere l’identità nazionale dall’intrusione dell’UE.

svolge all’interno dell’ordinamento giuridico europeo. L’elemento istituzionale non pone ostacoli insormontabili, poiché ciò che vale per il diritto primario dell’UE vale in linea di massima anche per il diritto secondario dell’UE, forse con l’eccezione del voto a maggioranza. La Simmenthal è stata decisa prima dell’Atto Unico Europeo del 1986, che ha introdotto il voto a maggioranza e quindi ha facilitato il diritto derivato. Sebbene non fosse più richiesta l’unanimità, la CGUE ha continuato a sottoporre tutte le direttive adottate dopo il 1986 alla dottrina della supremazia del diritto dell’UE e ha riconosciuto l’effetto diretto verticale del diritto secondario dell’UE, pur continuando a rifiutare l’effetto diretto orizzontale – mettendo da parte la dottrina dell’interpretazione conforme. La zoppicante istituzionalizzazione delle relazioni di diritto privato attraverso la CGUE influisce necessariamente sulle relazioni sociali. Il disegno istituzionale lascia strutturalmente più spazio ai tribunali degli Stati membri nella procedura di rinvio pregiudiziale ai sensi dell’articolo 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE). L’idea di “polity” sembra beneficiare di questa apertura, poiché l’interazione è meno gerarchica rispetto al diritto primario dell’UE.

Ma dov’è la dimensione politica nel diritto privato prodotto dalla CGUE? È facile stilare un lungo elenco di sentenze della CGUE che hanno una forte dimensione politica, a partire da Van Gend en Loos34 e Costa contro ENEL35, che hanno gettato le basi per l’autonomia dell’ordinamento giuridico europeo, qualificato in Les Verts come ordinamento costituzionale36. Ci sono molte decisioni di diritto privato che hanno avuto un effetto duraturo sulla comprensione dei diritti, libertà e rimedi. Tuttavia, non esiste una controparte di Van Gend en Loos o di Costa contro Enel che rivendichi l’esistenza di “un ordine di diritto privato europeo autentico e autonomo”. Non c’è un big bang nel diritto privato e non c’è

34 Causa C-26/62 NV Algemene Transport- en Expeditie Onderneming van Gend & Loos contro l’Amministrazione fiscale olandese, ECR 1963, pag. 3.

35 Causa C-6/64 Flaminio Costa contro ENEL [1964] ECR 1141.

36 Causa C-294/83 Parti écologiste “Les Verts” contro Parlamento europeo [1986] ECR 1339.

nemmeno un’indagine simile a quella di A. Vauchez sul carattere di polity-building di Van Gend en Loos37. La maggior parte delle sentenze di diritto privato rimane piuttosto tecnica, anche se il tecnicismo può nascondere la politica38. Le sentenze di diritto privato che hanno attirato l’attenzione del pubblico e hanno scatenato discussioni politiche nelle sedi democratiche sono un’eccezione. Nella causa Commissione/Francia39, la CGUE ha stabilito che la direttiva sulla responsabilità per danno da prodotti mira alla piena armonizzazione e limita la competenza degli Stati membri. La sentenza ha provocato una risoluzione del Consiglio europeo con una forte critica politica all’ipotesi di piena armonizzazione, anche se senza effetti duraturi40. La grande maggioranza delle controversie di diritto privato europeo non soddisfa questo parametro. Tuttavia, in linea con Bourdieu, si può concepire il contenzioso di diritto privato come un “campo”41. Ciò richiederebbe un tipo di ricerca che esamini non solo le sentenze, ma anche il ruolo chiave svolto dagli “euro-avvocati” all’interno e all’esterno del campo giuridico in esame, indipendentemente dal loro ruolo e dalla loro funzione specifici nel contenzioso42.

Tuttavia, esiste un altro modo per introdurre la politica nel diritto privato europeo davanti alla CGUE. Si può intendere la concezione della procedura di rinvio pregiudiziale ai sensi dell’articolo 267 del TFUE come un meccanismo politico, per il modo in cui è costruita. La CGUE non risolve una controversia concreta appli-

37 Vauchez (n 28) 116-50.

38 kennedy, “The Hermeneutic of Suspicion in Contemporary American Legal Thought” (2014) 25 Law and Critique 91.

39 Causa C-52/00, Commissione/Francia, ECR 2002.

40 Risoluzione del Consiglio del 19 dicembre 2002 sulla modifica della direttiva sulla responsabilità per danno da prodotti difettosi [2003] GU C26/2.

41 Bourdieu, “La Force du droit. Élément pour une sociologie du Champ Juridique’ (1986) Actes de la recherches des sciences sociales 3.

42 La tesi di dottorato di B. Kas potrebbe essere intesa come un tentativo di applicazione pratica della “field theory”, si veda Kas, ‘”Hybrid” Collective Remedies in the EU Social Legal Order” (tesi di dottorato, European University Institute, 2017).

cando il diritto dell’UE ai fatti del caso, ma fornisce orientamenti sull’interpretazione del diritto dell’UE con effetto erga omnes. Questo meccanismo sta aprendo uno spazio per l’azione politica, almeno in alcuni tipi di controversie, in cui il destinatario della sentenza della CGUE non è necessariamente il tribunale nazionale di riferimento, ma il legislatore nazionale, la società nazionale (o le società) o le istituzioni dell’UE. In tali conflitti, le parti potrebbero essere intese come “mandatarie” degli interessi collettivi, cioè di tutti coloro che sono direttamente interessati dalla decisione. Il fatto che un caso del genere raggiunga la politica europea dipende dal peso dell’interesse collettivo. Un candidato promettente per superare questa soglia è il contenzioso di interesse pubblico. In questo caso, il ricorrente strumentalizza la procedura di rinvio pregiudiziale per portare in tribunale questioni politiche di alto livello43. Su questa base, sembra che l’idea di un’entità politica europea tenuta insieme dalle istituzioni sociali consenta l’integrazione del diritto privato o almeno di particolari forme di controversie private, come le controversie di massa e le controversie di interesse pubblico.

Tuttavia, per quanto riguarda l’identità collettiva, il diritto privato europeo è parte di un’identità collettiva europea o può essere o (forse meglio) può trasformarsi in qualcosa di simile a una polity europea? I padri fondatori del Trattato di Roma non hanno considerato il ruolo e la funzione del diritto privato nell’integrazione europea. Si sono affidati a quello che F. Wieacker ha definito il “patrimonio comune” del diritto privato in Europa: individualismo, legalismo e intellettualismo44.

L’ambizioso progetto di un Codice civile europeo non è andato oltre una bozza accademica. Il tentativo della Commissione euro-

43 Con un occhio critico alle conseguenze per la professione legale, si veda MiCklitz e roethe, “Public Interest Litigation, Legal Professionalism and the ECJ: Deciding a Case or Managing Politics?” in leCzykieWiCz et al (a cura di), Liber Amicorum Stephen Weatherill (di prossima pubblicazione)

44 WieaCker, “Foundations of European Legal Culture”, tradotto e annotato da Edgar Bodenheimer (1990) 38 American Journal of Comparative Law 1.

pea di sviluppare almeno un diritto comune europeo della vendita (CESL), promosso con forza dal Parlamento europeo, è fallito a causa della resistenza di sei Stati membri. Tutto ciò che l’UE è riuscita a realizzare negli ultimi tre decenni è un diritto privato europeo a pezzi e bocconi, composto dal diritto orizzontale dei consumatori, dal diritto del lavoro e dal diritto di non discriminazione, e dal diritto verticale del mercato regolamentato, integrato da una fitta rete di diritto internazionale privato sul foro competente, la legge applicabile e il riconoscimento e l’esecuzione delle sentenze straniere. Un diritto privato europeo a pezzi non esclude l’esistenza di un’identità collettiva, anche se questa potrebbe esistere solo nei settori in cui il diritto dell’UE è abbastanza denso e potrebbe essere un’identità divisa, divisa tra nazionale ed europea.

Analizziamo ora il diritto privato prodotto dalla CGUE e il modo in cui il corpus giurisprudenziale può essere collegato alle grandi teorie del costituzionalismo europeo, con particolare attenzione alla polity europea.

E. Il corpo delle sentenze della CGUE

La nostra raccolta della giurisprudenza della CGUE in materia di diritto privato europeo mostra che la Corte ha emesso circa 300 sentenze in circa 20 anni45. I casi sono stati selezionati attraverso il modulo online “ricerca avanzata” del sito web della CGUE46. I nostri risultati si basano su una doppia ricerca: da un lato, abbiamo condotto una ricerca ristretta utilizzando il modulo “riferimenti alla giurisprudenza o alla legislazione” e inserendo gli strumenti di diritto secondario pertinenti nel settore del diritto del consumo dell’UE; dall’altro, abbiamo condotto una ricerca più ampia utilizzando il modulo “testo” per cercare tutte le sentenze contenenti la parola chiave “consumatore”. Tra queste, abbiamo selezionato le sentenze che hanno rilevanza per i rapporti giuridici privati tra consumatori e professionisti. Abbiamo classificato le decisioni in

45 Per i dettagli si veda il n. 1.

46 Cfr. www.curia.europa.eu/juris/recherche.jsf?language=en.

base ai vari settori del diritto privato che sono stati europeizzati attraverso il diritto derivato dell’UE a partire dal 1984: diritto dei contratti (clausole abusive, vendita diretta e a distanza, vendite e servizi ai consumatori), diritto dei viaggi (diritti dei passeggeri, viaggi “tutto compreso” e informazioni sulle tariffe aeree), credito al consumo, finanziamenti e assicurazioni, responsabilità per danno da prodotti, questioni relative ai consumatori nel diritto privato internazionale europeo (PIL) e risoluzione alternativa delle controversie (ADR). Le pratiche commerciali sleali sono state trattate solo nella misura in cui esiste una forte connessione con il diritto contrattuale.

Nella nostra analisi ogni caso è stato presentato seguendo lo stesso schema: i fatti del caso, gli argomenti portati davanti alla CGUE e un tentativo di collocare il caso in questione nell’acquis comunitario. La nostra analisi soffre di tre principali carenze. In primo luogo, non esamina la sentenza finale del giudice del rinvio o, se necessario, la reazione del legislatore nazionale. In secondo luogo, non indaga in che misura i casi abbiano innescato uno scambio transfrontaliero tra tribunali nazionali e/o tra attori/ convenuti su questioni simili. In terzo luogo, non analizza un potenziale scambio triangolare tra la CGUE, il tribunale nazionale di riferimento e i tribunali nazionali interessati in altri Stati membri.

In termini positivi, il modo in cui è stata costruita l’analisi fornisce una visione verticale dell’interazione tra il tribunale nazionale e la CGUE, e tra il diritto nazionale e le parti pertinenti del diritto privato armonizzato.

Pur non potendo affrontare sistematicamente tutte le menzionate questioni nel presente contributo, offriremo un’analisi affinata delle sentenze pronunciate dalla CGUE in via pregiudiziale, a seguito di rinvio da parte dei tribunali nazionali negli ultimi 20 anni. La nostra analisi si baserà sul numero di sentenze per sottocampo giuridico (sezione F), sulla distribuzione tra gli Stati membri da cui sono sorti i rinvii (sezione G) e sul tipo di conflitti alla base dei rinvii pregiudiziali (sezione H)47.

47 Come indicato, la nostra ricerca mostra che nel settore del diritto privato europeo la Corte ha emesso circa 300 sentenze in circa 20 anni.

F. Il numero di giudizi per settore

La categorizzazione delle sentenze in base agli strumenti legislativi di diritto privato europeo secondario mostra che si distinguono alcuni sottocampi. Circa un terzo di tutte le sentenze riguarda le clausole standard abusive. In particolare, 95 sentenze riguardano la direttiva 93/13 sulle clausole abusive48. Il diritto europeo sulle clausole abusive standard si è quindi affermato in modo simile a quello degli Stati membri con una lunga tradizione di controllo giudiziario, come Austria, Francia e Germania49. Nel settore del diritto dei viaggi abbiamo raccolto 67 sentenze. I diritti dei passeggeri aerei hanno fatto una rapida carriera. La maggior

In questa nuova analisi del materiale empirico escludiamo le sentenze emesse nel contesto di procedure di infrazione. Come dimostrato dalle nostre panoramiche della giurisprudenza (n. 1), la rilevanza di queste ultime come fonte per le sentenze della CGUE è gradualmente diminuita nel tempo, mentre i rinvii pregiudiziali sono costantemente aumentati. Le nostre panoramiche hanno riportato in totale circa 21 sentenze derivanti da azioni per violazione. Vanno segnalate altre due questioni relative al materiale empirico presentato nelle sezioni F e G di questa analisi: le (poche) sentenze che riguardano più di uno strumento legislativo o che hanno unito riferimenti di tribunali di diversi Stati membri sono state contate più volte. Tuttavia, quando le sentenze hanno unito più rinvii di tribunali degli stessi Stati membri, sono state conteggiate una sola volta. Ad esempio, la sentenza nella causa C-485/19 LH/Profi Credit Slovakia sro EU:C:2021:313 riguardava le direttive sulle clausole abusive e sui contratti di credito ai consumatori ed è stata quindi conteggiata due volte rispetto al numero di sentenze per settore giuridico. La sentenza nelle cause riunite C-146/20, C-188/20, C-196/20 e C-270/20 AD e altri/ Corendon Airlines e altri EU:C:2021:1038, che ha unito un rinvio da parte di un tribunale austriaco e tre rinvii da parte dei tribunali tedeschi, viene conteggiata come un rinvio dall’Austria e un rinvio dalla Germania per quanto riguarda il numero di sentenze per paese.

48 Le sentenze riguardano la direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori [1993] GU L95/29.

49 MiCklitz e reiCh, “The Court and Sleeping Beauty: The revival of the Unfair Contract Terms Directive (UCTD)” (2014) 51 Common Market Law Review 771.

parte delle sentenze in questo settore – 44 – riguarda il Regolamento n. 261/200450. Insieme, i due sottocampi – clausole abusive e diritto dei viaggi – coprono oltre il 50% di tutte le sentenze. Essi costituiscono aree autonome del diritto dell’UE. Lo stesso vale per il diritto internazionale privato europeo, che storicamente ha vissuto di vita propria nei commenti e negli articoli delle riviste periodiche. In questo campo, spicca il Regolamento Bruxelles I (rifusione)51. Abbiamo raccolto 24 sentenze che trattano della giurisdizione per le controversie relative ai diritti dei consumatori ai sensi del Regolamento Bruxelles I (rifusione), integrate da due recenti sentenze sulla Convenzione di Lugano II52. Solo tre sentenze

50 Regolamento (CE) n. 261/2004 in materia di compensazione ed assistenza ai passeggeri in caso di negato imbarco, di cancellazione del volo o di ritardo prolungato [2004] GU L46/1; sette sentenze riguardano i diritti dei passeggeri aerei internazionali ai sensi della Convenzione di Montreal e una sentenza ai sensi della Convenzione di Varsavia; tre sentenze riguardano il regolamento (CE) n. 1371/2007 relativo ai diritti e agli obblighi dei passeggeri nel trasporto ferroviario [2007] GU L315/14; una sentenza riguarda il regolamento (UE) n. 1177/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, relativo ai diritti dei passeggeri che viaggiano via mare e per vie navigabili interne [2010] GU L334/1; cinque sentenze riguardano la direttiva 90/314/CEE del Consiglio concernente i viaggi, le vacanze e i circuiti “tutto compreso” [1990] GU L158/59; e sei sentenze rientrano nel campo di applicazione del regolamento (CE) n. 1008/2008, recante norme comuni per la prestazione di servizi aerei [2008] GU L293/3.

51 Regolamento (CE) n. 44/2001 concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale [2001] GU L12/1; Regolamento (UE) n. 1215/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2012, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale [2012] GU L351/1.

52 In totale 15 sentenze riguardano il regolamento n. 44/2001 e nove sentenze riguardano il regolamento n. 1215/2012. Inoltre, due sentenze recenti riguardano la Convenzione di Lugano II sulla competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione di sentenze in materia civile e commerciale, firmata il 30 ottobre 2007, la cui conclusione è stata approvata a nome della Comunità europea con la decisione 2009/430/CE del Consiglio del 27 novembre 2008 [2009] GU L147/1.

trattano questioni relative alla legge applicabile nelle controversie in materia di consumo53. Accanto a queste aree in gran parte autonome, possiamo individuare tre settori che stanno gradualmente emergendo: l’area del diritto delle vendite al consumo, che copre 41 sentenze54; le norme sui contratti di credito al consumo, che sono state oggetto di 23 sentenze55; e la responsabilità per prodotti difettosi, che comprende 13 sentenze56. Le restanti sentenze sono

53 In particolare, si tratta del Regolamento (CE) n. 593/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 giugno 2008 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (Roma I) [2008] GU L177/6, e del Regolamento (CE) n. 864/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 luglio 2007 sulla legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali (Roma II) [2007] GU L199/40.

54 Sei sentenze riguardano la direttiva 85/577/CEE del Consiglio sulla tutela dei consumatori in caso di contratti negoziati fuori dei locali commerciali [1985] GU L372/31; cinque sentenze riguardano la direttiva 97/7/CE sulla protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza [1997] GU L372/31; dieci sentenze riguardano la direttiva 1999/44/CE su taluni aspetti della vendita e delle garanzie dei beni di consumo [1999] GU L171/12; 17 sentenze riguardano la direttiva 2011/83/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011, sui diritti dei consumatori, che modifica la direttiva 93/13/CEE del Consiglio e la direttiva 1999/44/ CE del Parlamento europeo e del Consiglio e abroga la direttiva 85/577/ CEE del Consiglio e la direttiva 97/7/CE del Parlamento europeo e del Consiglio [2011] GU L304/64; e tre sentenze riguardano la compatibilità delle disposizioni nazionali in materia di tutela dei consumatori con le disposizioni sulla libera circolazione. Queste ultime sono state aggiunte anche se, a rigore, non rientrano nell’ambito del diritto derivato dell’UE.

55 Direttiva 87/102/CEE del Consiglio, del 22 dicembre 1986, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di credito al consumo [1987] GU L42/48; Direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, relativa ai contratti di credito ai consumatori e che abroga la direttiva 87/102/CEE del Consiglio [2008] GU L133/66.

56 In totale 11 sentenze riguardano la direttiva 85/374/CEE del Consiglio, del 25 luglio 1985, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri in materia di responsabilità per danno da prodotti difettosi [1985] GU L210/29; una sentenza riguarda l’interpretazione della direttiva 93/42/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1993, relativa ai dispositivi medici [1993] GU

sparse in vari settori, come le assicurazioni, i servizi (telecomunicazioni, energia, finanza), l’accesso non discriminatorio a beni e servizi e l’ADR.

G. Il numero di sentenze per Paese

Se si considerano le sentenze relative alle clausole abusive, colpisce il fatto che il 60% si basa su rinvii pregiudiziali provenienti da tre paesi, ovvero Spagna (26), Ungheria (18) e Polonia (13)57. I rinvii dagli Stati membri dell’Europa centrale e orientale svolgono un ruolo cruciale. Insieme all’Ungheria (18), alla Polonia (13), alla Romania (8), alla Slovacchia (7), alla Repubblica Ceca (1) e alla Slovenia (1), il 50% di questi casi proviene dai nuovi Stati membri (cioè quelli che hanno aderito all’UE dopo la caduta del muro di Berlino). È sorprendente vedere che i rinvii pregiudiziali dei vecchi Stati membri – Francia (5), Austria (3), Paesi Bassi (3), Belgio (2), Germania (2) e Italia (2) – costituiscono complessivamente la base di meno del 20% delle sentenze della CGUE sulle clausole abusive.

I tribunali di Lituania, Repubblica Ceca, Slovenia, Grecia, Croazia e Bulgaria hanno presentato un rinvio ciascuno negli ultimi 20 anni. Cipro, Irlanda, Lussemburgo, Portogallo, Regno Unito, Malta, gli Stati baltici (tranne la Lituania) e i Paesi nordici (Danimarca, Finlandia e Svezia) non sono affatto rappresentati. Complessivamente, quindi, i tribunali di 17 Stati membri hanno deferito un caso alla Corte di Lussemburgo.

Gli altri settori mostrano una distribuzione molto diversa. Nell’ambito del diritto dei viaggi, i rinvii pregiudiziali dei tribunali tedeschi (19) e austriaci (14) rappresentano circa il 50% del totale.

L169/1; è stata aggiunta la causa C-581/18 RB contro TÜV Rheinland

LGA Products GmbH e Allianz IARD SA EU:C:2020:453, che riguarda la compatibilità con l’art. 18 TFUE di una clausola contrattuale stipulata in un contratto concluso tra una compagnia di assicurazione e un fabbricante di dispositivi medici.

57 Rispetto alla Spagna e all’Ungheria la Polonia è stata una ritardataria – la maggior parte dei rinvii pregiudiziali è avvenuta negli ultimi cinque anni.

Seguono Spagna (7), Belgio (5) e Paesi Bassi (4). Pochi rinvii provengono da Regno Unito (3), Portogallo (3), Finlandia (3), Repubblica Ceca (3) e Irlanda (2). Italia, Lussemburgo, Svezia, Polonia, Romania, Lettonia e Cipro hanno sollevato un caso ciascuno. Complessivamente, i rinvii dai Paesi dell’Europa centrale e orientale sono solo quattro, di cui tre dalla Repubblica Ceca e uno dalla Romania. Come nel campo delle clausole abusive, le sentenze della CGUE si basano su rinvii da parte dei tribunali di 17 Stati membri.

Le 29 sentenze che trattano questioni relative ai consumatori in ambito PIL sono dominate da rinvii provenienti dall’Austria (11) e dalla Germania (6), che insieme rappresentano quasi il 60% di tutte le sentenze in questo settore. Seguono la Repubblica Ceca (4) e l’Italia (2). Come nel settore del diritto dei viaggi, la Repubblica Ceca si distingue quindi dagli altri Paesi dell’Europa centrale e orientale. Spagna, Slovenia, Polonia, Romania, Lussemburgo e Croazia hanno presentato un rinvio pregiudiziale ciascuno. Pertanto, i tribunali di 10 Stati membri hanno contribuito a questo settore.

Nel settore del diritto delle vendite ai consumatori, emerge che la Germania è in testa con 22 rinvii, che rappresentano più del 50% di tutte le sentenze in questo settore. Seguono Austria (5), Belgio (4), Spagna (3), Bulgaria (2), Paesi Bassi (2), Regno Unito (1), Lituania (1) ed Estonia (1). In totale, quindi, le magistrature di nove Stati membri hanno sottoposto questioni alla CGUE.

Le sentenze sui contratti di credito al consumo non mostrano tendenze chiare. La Polonia ha rinviato cinque casi, seguita da quattro rinvii da parte di Francia e Slovacchia. Seguono Germania, Romania e Repubblica Ceca, che hanno rinviato due casi ciascuna. Italia, Austria, Belgio e Lettonia hanno presentato un rinvio ciascuno. Complessivamente, sono state raccolte 23 sentenze provenienti da 10 Stati membri.

Nel campo della responsabilità civile da prodotto, quattro rinvii provengono dalla Germania, tre dalla Francia e due dal Regno Unito. Spagna, Austria, Finlandia e Danimarca hanno presentato un rinvio ciascuno. Ciò significa che i tribunali di sette Stati membri hanno contribuito a questo settore.

La panoramica mostra che il diritto privato europeo creato dai giudici si basa su una diffusione disomogenea dei rinvii da parte dei tribunali degli Stati membri. Combinando gli approfondimenti dei sei settori, i primi in termini di rinvii pregiudiziali sono i tribunali di Germania, Spagna e Austria, seguiti da Polonia, Ungheria e Romania. Soltanto i tribunali maltesi non hanno fatto ricorso alla procedura di rinvio pregiudiziale nel periodo esaminato. Complessivamente, secondo la classificazione di A. Colombi Ciacchi58, i tribunali delle vecchie e delle giovani democrazie europee continentali sono al posto di guida. Esse fanno largo uso della procedura di rinvio pregiudiziale, lasciando così una profonda impronta nella formazione del diritto privato europeo, mentre le corti delle democrazie insulari nordiche hanno partecipato raramente alla formazione del diritto privato europeo.

H. Tipi di contenzioso

Lo studio dei riassunti dei casi produce spunti significativi sui tipi di controversie che i tribunali nazionali portano davanti alla CGUE. Si possono distinguere tre tipi, anche se possono sussistere sovrapposizioni: in primo luogo, conflitti collettivi con una forte dimensione sociale; in secondo luogo, conflitti con un forte contesto giuridico nazionale; in terzo luogo, questioni di interpretazione giuridica rilevanti per l’intero diritto privato europeo.

Finora la CGUE ha dovuto affrontare per due volte conflitti collettivi sorti in Germania e Spagna e nei Paesi dell’Europa centrale e orientale, che hanno portato a tutta una serie di rinvii, in cui la CGUE è stata spinta a chiarire la propria posizione e/o a reagire agli sviluppi negli Stati membri dopo la sua prima sentenza. Il primo è la saga di Heininger, una storia da 10 miliardi di euro59. Dopo la riunificazione tedesca, i consumatori

58 ColoMBi CiaCChi, “Judicial Governance in European Private Law: Three Judicial Cultures of Fundamental Rights Horizontality” (2020) 28 European Review of Private Law 931.

59 Causa C-481/99 Georg Heininger e Helga Heininger contro Bayerische Hypo- und Vereinsbank AG [2001] ECR I-9945. La CGUE ha succes-

tedeschi dell’ex Repubblica Democratica Tedesca (DDR) sono stati spinti ad acquistare beni immobili finanziando l’acquisto attraverso un contratto di mutuo negoziato fuori dei locali commerciali (porta a porta). Il sistema di investimento non ha funzionato e i consumatori investitori si sono ritrovati con immobili troppo costosi per i quali il reddito da locazione non era sufficiente a coprire il mutuo. Nella causa Heininger, la CGUE ha stabilito che l’allora direttiva 85/577/CEE sulla vendita a domicilio concede un diritto di recesso eterno, incoraggiando così i consumatori/investitori a sbarazzarsi della loro “proprietà spazzatura” (Schrottimmobilien).

Il secondo evento è stata la crisi finanziaria del 2007/2008. In Spagna i consumatori avevano acquistato immobili privati spesso al limite o al di là di quanto potessero permettersi. Sia le banche che i consumatori facevano affidamento sul costante aumento dei prezzi degli immobili. La crisi ha innescato una spirale negativa. I consumatori persero il lavoro e non riuscirono più a pagare il mutuo60. La sentenza della CGUE nella causa Aziz è diventata un punto di riferimento per dimostrare il potenziale della Direttiva 93/13 sulle clausole abusive per alleviare le ripercussioni della crisi finanziaria sui debitori consumatori61. Nei Paesi dell’Europa centrale e orientale le banche offrivano prestiti agganciati al franco svizzero. Quando la crisi ha portato alla svalutazione della moneta nazionale, i consumatori si sono trovati di fronte a un debito molto più alto di quello che avevano originariamente previsto al momento della stipula del contratto62

sivamente affrontato il conflitto nella causa C-350/03 Elisabeth Schulte e Wolfgang Schulte contro Deutsche Bausparkasse Badenia AG [2005] ECR I-9215; causa C-229/04 Crailsheimer Volksbank eG contro Klaus Conrads e altri [2005] ECR I-9273; e E Friz (n. 5).

60 góMez PoMar e lyCzkoWska, “Spanish Courts, the Court of Justice of the European Union, and Consumer Law” (2014) Revista para el Análisis del Derecho (InDret) 4.

61 Causa C-415/11 Mohamed Aziz contro Caixa d’Estalvis de Catalunya, Tarragona i Manresa (Catalunyacaixa) EU:C:2013:164.

62 Parlamento europeo, Briefing, “Unfair Terms in Swiss Franc Loans: Overview of European Court of Justice Case Law”, EPRS (European Par-

Quasi tutti i rinvii provenienti da Spagna, Ungheria, Slovacchia, Polonia, Romania, Slovenia e Repubblica Ceca nel campo delle clausole abusive hanno origine dagli effetti della crisi sui contratti di mutuo e sui prestiti al consumo. I rinvii pregiudiziali che invocano la direttiva 93/13/CE sulle clausole abusive per affrontare le conseguenze della crisi non si sono ancora attenuati.

Un conflitto collettivo meno noto è lo scandalo PIP. Per molti anni il produttore francese di protesi mammarie PIP ha utilizzato gel di silicone industriale di qualità inferiore rispetto al gel medico richiesto. Quando la frode è stata scoperta nel 2010, milioni di donne in tutto il mondo avevano già ricevuto protesi mammarie non conformi agli standard e potenzialmente pericolose63. Schmitt64 e TÜV Rheinland65 dimostrano che il diritto dell’UE non è ancora arrivato ad aiutare le molte donne che hanno ricevuto protesi mammarie difettose66.

Un altro conflitto di massa in corso è lo scandalo Dieselgate, scoperto nel 2015 dall’Agenzia statunitense per la protezione liamentary Research Service), autore: Rafał Mańko, PE 689.361 - marzo 2021.

63 van leeuWen, “PIP Breast Implants, the EU’s New Approach for Goods and Market Surveillance by Notified Bodies” (2014) 5 European Journal of Risk Regulation 338. Si veda anche verBruggen e van leeuWen, “The Liability of Notified Bodies under the EU’s New Approach: The Implications of the PIP Breast Implants Case” (2018) 43 European Law Review 394.

64 Causa C-219/15 Elisabeth Schmitt contro TÜV Rheinland LGA Products GmbH EU:C:2017:128.

65 TÜV Rheinland (n. 56); sulla sentenza si veda van leeuWen, “The Scope of Application of the Free Movement Provisions and the Role of Article 18 TFEU: Allianz” (2021) 58 Common Market Law Review 1249.

66 La direttiva 85/374/CEE sulla responsabilità per danno da prodotto difettoso non poteva essere invocata a causa della liquidazione del PIP. Nella causa Schmitt la Corte ha affermato che la Direttiva sui dispositivi medici 93/42/CEE non regola le condizioni in cui un organismo notificato può essere ritenuto responsabile per l’eventuale mancata esecuzione delle ispezioni del fabbricante con sufficiente competenza e cura. Nella causa Allianz la Corte ha chiarito che le disposizioni sulla libera circolazione non regolano le condizioni di responsabilità civile degli assicuratori per i danni causati da prodotti difettosi.

dell’ambiente. Le organizzazioni dei consumatori di tutta Europa stanno richiamando l’attenzione sul fatto che non tutti i proprietari di auto europee colpite sono stati ancora risarciti67. La Corte ha recentemente rafforzato la posizione dei consumatori chiarendo che gli acquirenti di veicoli diesel dotati di un software che riduce l’efficacia del sistema di controllo delle emissioni a temperature normali hanno il diritto di recedere dal contratto di vendita in base alla direttiva 1999/44. I veicoli dotati di dispositivo di manipolazione illecito non presentano la qualità normale per i prodotti dello stesso tipo e che il consumatore può ragionevolmente aspettarsi. Secondo la Corte, una tale mancanza di conformità non può essere classificata come “minore”68.

Si potrebbero intendere questi due ultimi scandali come il terzo e il quarto conflitto di massa, che – a differenza dei due precedenti – hanno una marcata dimensione transnazionale.

Il secondo tipo di contenzioso riguarda i problemi dei consumatori che hanno un contesto nazionale molto particolare e in cui i tribunali, spesso i tribunali di grado inferiore del paese, invocano la Corte di Lussemburgo per rimediare alle carenze nazionali con l’aiuto del diritto privato europeo. Esempi sono le clausole di giurisdizione e di arbitrato nei contratti di consumo spagnoli69, le clausole di aumento dei prezzi nei contratti di fornitura di ener-

67 BEUC Report, Five Years of Dieselgate 2015-2020: A long and bumpy road towards compensation for European consumers, disponibile all’indirizzo www.beuc.eu/publications/beuc-x-2020- 081_five_years_of_dieselgate_a_bitter_anniversary_report.pdf; A Biard, ‘Retour sur 6 ans de Dieselgate en Europe du point de vue des consommateurs’ (2021) Droit de la consommation - Consumentenrecht (DCCR) 3.

68 Causa C-128/20 GSMB Invest GmbH & Co KG contro Auto Krainer GesmbH EU:C:2022:570; causa C134/20 IR contro Volkswagen AG EU:C:2022:571; causa C-145/20 DS contro Porsche Inter Auto GmbH & Co KG, Volkswagen AG EU:C:2022:572.

69 Cause riunite da C-240/98 a C-244/98 Océano Grupo Editorial SA contro Roció Murciano Quintero e altri [2000] ECR I-4941; causa C-168/05 Elisa María Mostaza Claro contro Centro Móvil Milenium SL [2006] ECR I-10421; causa C-40/08 Asturcom Telecomunicaciones SL contro Cristina Rodríguez Nogueira [2009] ECR I-9579.

gia tedeschi70 e le procedure di risoluzione delle controversie in Italia71. In Spagna esisteva una politica piuttosto liberale in materia di clausole di giurisdizione, che impediva ai consumatori di far valere i propri diritti perché sarebbero stati obbligati a recarsi presso il giudice della sede della società. Le clausole di aumento nei contratti di fornitura di energia hanno provocato forti reazioni da parte dei consumatori tedeschi, che volevano riavere indietro il loro danaro72. Sebbene clausole contrattuali simili possano esistere in tutti gli Stati membri, esse godono di un particolare contesto economico, sociale e giuridico nel paese di origine. In Italia, l’accesso al tribunale è facile ed economico, ma la durata media dei procedimenti a carico dei consumatori è dissuasiva. Per questo motivo le procedure di risoluzione delle controversie svolgono un ruolo fondamentale e il legislatore italiano è all’avanguardia nel promuovere l’ADR, subordinando l’accesso al tribunale a un preventivo tentativo di conciliazione extragiudiziale. Il terzo tipo di controversie è caratterizzato da elevata tecnicalità giuridica, questioni dottrinali molto complicate che suscitano forti reazioni nella rispettiva comunità giuridica. Tra i campi di applicazione spiccano la vendita diretta e a distanza, le vendite al consumo e la responsabilità per danno da prodotto. Ad esempio, se non è previsto un termine di prescrizione per il diritto di recesso, significa che non vi è alcun termine? Come interpretare il fatto che il consumatore può restituire il prodotto acquistato onli-

70 Causa C-92/11 RWE Vertrieb AG contro Verbraucherzentrale Nordrhein-Westfalen eV EU:C:2013:180; causa C-359/11 Alexandra Schulz contro Technische Werke Schussental GmbH e Co KG e Josef Egbringhoff contro Stadtwerke Ahaus GmbH EU:C:2014:2317.

71 Cause riunite da C-317/08 a C-320/08 Rosalba Alassini contro Telecom Italia SpA, Filomena Califano contro Wind SpA, Lucia Anna Giorgia Iacono contro Telecom Italia SpA e Multiservice Srl contro Telecom Italia SpA, [2010] ECR I-2213; causa C-75/16 Livio Menini e Maria Antonia Rampanelli contro Banco Popolare - Cooperativa EU:C:2017:457.

72 reiCh, “”I want my money back” - Problems, Successes and Failures in the Price Regulation of the Gas Supply Market by Civil Law Remedies in Germany” (2015) EUI Working Paper LAW 2015/05.

ne “senza costi”?73 Significa che può utilizzare il prodotto senza alcuna compensione per il venditore?74 I consumatori possono restituire un materasso acquistato online anche se hanno rimosso la pellicola protettiva o il diritto di recesso può essere limitato per motivi igienici?75 Il diritto di recesso deve essere concesso se i beni ordinati devono essere realizzati secondo le specifiche del consumatore o sono personalizzati, ma non sono stati ancora prodotti?76 Se la sostituzione dei beni difettosi è l’unico rimedio, il venditore è obbligato a rimuovere i beni difettosi e a installare i beni sostitutivi a proprie spese?77 Un dispositivo medico è un prodotto e basta a far scattare la responsabilità se il dispositivo medico incorporato nel corpo è solo potenzialmente difettoso?78 Tutti questi riferimenti e molti altri hanno in comune la circostanza che l’esito del caso dipende dall’interpretazione di un particolare concetto giuridico. Di solito ci sono argomenti giuridici pro e contro e il tecnicismo nasconde le implicazioni economiche e sociali più profonde: fino a che punto arriva il diritto di restituire senza costi i prodotti acquistati online? Chi deve sostenere i costi di un potenziale uso improprio o eccessivo durante il periodo di restituzione? Il produttore di valvole cardiache deve coprire i costi dell’intervento chirurgico di un prodotto potenzialmente difettoso o questi costi sono lasciati all’assicurazione sanitaria, qualora li copra?

73 Causa C-511/08 Handelsgesellschaft Heinrich Heine GmbH contro Verbraucherzentrale NordrheinWestfalen e.V. [2010] ECR I-3047.

74 Messner (n 5).

75 Causa C-681/17 slewo - schlafen leben wohnen GmbH contro Sascha Ledowski EU:C:2019:255.

76 Causa C-529/19 Möbel Kraft GmbH & Co KG contro ML EU:C:2020:846.

77 Cause riunite C-65/09 e C-87/09 Gebr. Weber GmbH contro Jürgen Wittmer, Ingrid Putz contro Medianess Electronics GmbH [2011] ECR I-5257.

78 Cause riunite C-503/13 e C-504/13 Boston Scientific Medizintechnik GmbH contro AOK Sachsen-Anhalt - Die Gesundheitskasse e Betriebskrankenkasse RWE EU:C:2015:148.

Contratto e impresa Europa 3/2024

Sul tentativo di minare l’autorità della Corte europea dei diritti dell’uomo: 2010-2018

Alec Stone Sweet, Wayne Sandholtz, Mads Andenas

soMMario: 1. Introduzione. – 2. Questioni teoriche ed empiriche. –3. Le determinazioni dottrinali dell’autorità della Corte. – 4. Il fallimento degli sforzi di riforma: Da Brighton (2012) a Copenhagen (2018). – 4.1. La Dichiarazione di Brighton. – 4.2. La Dichiarazione di Copenhagen. – 5. La Corte non ha “rinunciato ai diritti”. – 5.1. Valutazione delle sentenze e dei pareri dissenzienti della Grande Camera. – 6. Il dilemma dell’efficacia: Sovraccarico, dialogo e proceduralizzazione. – 6.1. La proceduralizzazione come sostituto (imperfetto) delle constatazioni di violazione. – 6.2. Proceduralizzazione dialogica – 6.3. Istituzionalizzare il dialogo intergiudiziale. – 7. Conclusione.

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Nel periodo 2010-2018, alcuni Stati membri del Consiglio d’Europa si sono impegnati in un tentativo senza precedenti di minare l’autorità della Corte europea dei diritti dell’uomo. Il Regno Unito e la Danimarca, sostenuti dai critici del mondo accademico, hanno cercato in particolare di istituzionalizzare i principi di “sussidiarietà” e “margine di apprezzamento” come dottrine di deferenza formale. In una serie di Conferenze ad alto livello, un’ampia maggioranza di Stati membri ha ripudiato questi sforzi, lasciando intatte le basi dei poteri della Corte. Nonostante gli studiosi si sforzino di dimostrare il contrario, la nostra analisi non conferma che la Corte abbia “abbandonato” i diritti o si sia ritirata dai suoi orientamenti giurisprudenziali di base. Piuttosto, la Corte ha cercato di affrontare il suo “dilemma dell’efficacia” attraverso il dialogo tra le corti e forme complesse di proceduralizzazione.

1. Introduzione

La Corte europea dei diritti dell’uomo è il tribunale per i diritti umani più attivo e influente del mondo. Dagli anni ‘90, ha ricevuto ogni anno un numero maggiore di ricorsi individuali, ha prodotto un numero maggiore di sentenze di merito ed è citata più spesso di qualsiasi altra corte al mondo. Alte corti come la Corte Suprema canadese, la Corte d’Appello di Hong Kong e le Corti Costituzionali colombiana e sudafricana tengono abitualmente conto della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo quando decidono in merito alle carte dei diritti nazionali. La Corte interamericana dei diritti dell’uomo e le varie Corti costituzionali, i tribunali regionali africani non emettono praticamente mai una sentenza importante senza consultare le sentenze pertinenti della Corte europea. In effetti, la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo è oggi un punto focale per il coordinamento tra le corti all’interno di un bene comune basato sui diritti di portata e significato globali1.

L’importanza della Corte di Strasburgo si basa sulla sua giurisprudenza, caratterizzata da un impegno costante a massimizzare l’efficacia della Convenzione europea all’interno degli ordinamenti giuridici nazionali. Il suo successo dipende in ultima analisi dalla volontà dei giudici nazionali di applicare la Convenzione, che a sua volta dipende dalla tolleranza dei funzionari legislativi ed esecutivi nei confronti di modalità altamente intrusive di controllo giudiziario. Nessuno dei due risultati era preordinato. Infatti, prima degli anni ‘90, il diritto costituzionale e le dottrine sulla separazione dei poteri della maggior parte degli Stati europei limitavano strettamente, o proibivano del tutto, il controllo giudiziario delle leggi da parte della maggior parte o di tutti i tribunali nazionali2.

1 stone sWeet e MatheWs, Proportionality Balancing and Constitutional Governance. A Comparative and Global Approach (2019).

2 stone sWeet, “Un ordine giuridico cosmopolita: Pluralismo costituzionale e giurisdizione dei diritti in Europa”, 1 Costituzionalismo globale (2012), 53.

Sebbene il presente documento si concentri sulla progressiva giurisprudenza della Corte, i funzionari statali hanno partecipato attivamente all’espansione dell’autorità della Corte. In primo luogo, gli Stati hanno adottato il Protocollo n. 11 (1998), che ha conferito agli individui un diritto illimitato di citare in giudizio a Strasburgo uno Stato membro per presunta violazione dei diritti della Convenzione, una volta esaurite le vie di ricorso interne. In secondo luogo, in parte in risposta alle richieste della Corte, a metà degli anni Duemila i funzionari di ogni Stato membro del Consiglio d’Europa avevano “incorporato” la CEDU nel diritto interno3, in modo che potesse essere invocata e applicata dai normali giudici nazionali4. Queste riforme strutturali, combinate con la giurisprudenza integrativa della Corte, hanno portato a un’ulteriore riduzione del numero di casi di violazione della CEDU e a istituire un sistema di protezione dei diritti a più livelli. Come la Corte europea dei diritti dell’uomo ha sottolineato a lungo, ogni funzionario nazionale – compresi i giudici – ha il dovere positivo di interpretare e applicare i diritti della Convenzione, in linea con la giurisprudenza della Corte europea. Questo processo ha “costituzionalizzato” il regime in tutto e per tutto. Ha anche generato un’esplosione quasi catastrofica di petizioni individuali, spingendo la Corte (con il sostegno del Comitato dei Ministri) a sviluppare nuovi rimedi e poteri di supervisione, tra cui la “sentenza pilota”. Ma ha anche provocato contraccolpi e sforzi per limitare i poteri della Corte, tra vari politici, avvocati e accademici.

Tra il 2010 e il 2018, gli Stati membri del Consiglio d’Europa hanno organizzato una serie di “Conferenze ad alto livello” straordinarie, il cui scopo era valutare le prestazioni della Corte e le

3 L’incorporazione è avvenuta attraverso uno dei tre percorsi: (i) emendamento costituzionale; (ii) legislazione; (iii) decisioni giudiziarie che interpretano lo status della CEDU nell’ordinamento interno. Ibidem, Appendice 1.

4 keller e stone sWeet (a cura di), A Europe of Rights: The Impact of the ECHR on National Legal Systems (2008); andenas e Bjorge, “National Implementation of ECHR Rights”, in Føllesdal, Peters e ulFstein (a cura di), Constituting Europe: The European Court of Human Rights in a National, European and Global Context (2013), 181-262.

potenziali riforme. L’ordine del giorno era dominato da due questioni: (i) come gestire un carico cronico di lavoro, che minacciava di travolgere completamente il sistema post-Protocollo n. 11; e (ii) se smantellare le componenti della supremazia giudiziaria che erano state stabilite attraverso i precedenti della Corte europea dei diritti dell’uomo. Quest’ultima questione è stata posta all’ordine del giorno da coloro che cercano di forzare o persuadere la Corte ad ammorbidire il controllo e a concedere maggiore deferenza alle preferenze politiche dei governi. Il presente documento fornisce un resoconto del diritto e della politica delle Conferenze di alto livello e dello spettacolare fallimento nel limitare l’autorità della Corte.

Procediamo come segue. La prima sezione discute brevemente i materiali teorici in gioco nelle analisi della Corte europea dei diritti dell’uomo. La seconda fornisce una panoramica sinottica delle dottrine, dei principi e delle presunzioni più importanti della Corte europea che hanno consentito la governance giudiziaria del regime, suscitando al contempo reazioni negative. Analizziamo poi le Conferenze ad alto livello come processo formale di riforma del regime. Le Conferenze non sono riuscite a mettere in riga la Corte; anzi, hanno prodotto dichiarazioni in cui gli Stati parte hanno espresso un forte sostegno collettivo agli approcci esistenti della Corte in materia di protezione dei diritti. Abbiamo anche affrontato punti di vista alternativi. In un recente articolo pubblicato sull’European Journal of International Law, Helfer e Voeten ammettono che la Conferenza ad alto livello non ha indotto la Corte europea dei diritti dell’uomo a ridurre esplicitamente le tutele; tuttavia accusano la Corte di averlo fatto in modo surrettizio, tradendo i propri impegni dottrinali e mentendo al riguardo5. Respingiamo queste affermazioni. L’ultima sezione espone la nostra teoria della governance giudiziaria nella CEDU, evidenziando i fattori che i modelli Stato-centrici marginalizzano o ignorano. La nostra attenzione si concentra sulle varie strategie che la Corte mette in atto per gestire il “dilemma dell’efficacia” con cui si confronta quotidia-

5 helFer e voeten, “Walking Back Human Rights in Europe?”, 31 European Journal of International Law (2020), 797.

namente: come svolgere la propria missione – elevare gli standard di tutela dei diritti in Europa – mantenendo il sostegno di coloro da cui la Corte dipende maggiormente per il proprio successo.

2. Questioni teoriche ed empiriche

Esiste una vasta e importante letteratura che sottolinea i contributi positivi della Corte alla politica europea, tra cui il mantenimento della pace6, nel migliorare i sistemi nazionali di protezione dei diritti7, e nel guidare le transizioni democratiche nell’Europa post-comunista8. Allo stesso tempo, la Corte è stata criticata per il suo essere troppo “attivista” o per la sua passività su questioni di sicurezza e altre questioni politicamente sensibili9, per le riforme procedurali che hanno minato l’accesso individuale alla giustizia10, e per non essere riuscita a forgiare un’identità europea stabile e un senso di cittadinanza basato sui diritti, nonostante gli

6 nussBerger, “Promuovere la pace e l’integrazione tra gli Stati: Conferenza 70th Anniversario della Convenzione europea dei diritti dell’uomo”, Corte europea dei diritti dell’uomo, 18th settembre 2020, disponibile su https://echr.coe.int/Documents/Speech_20200918_Nussberger_Conference_70_years_Convention_ENG.pdf.

7 Bjorge, Domestic Application of the ECHR: Courts as Faithful Trustees (2015); helFer e voeten, “International Courts as Agents of Legal Change: Evidence from LGBT Rights in Europe”, 68 International Organization (2014), 77.

8 Buyse e haMilton (a cura di), Transitional Jurisprudence and the ECHR (2011); haMMer e eMMert (a cura di), The European Convention on Human Rights and Fundamental Freedoms in Central and Eastern Europe (2011); MotoC e zieMele (a cura di), The Impact of the ECHR on Democratic Change in Central and Eastern Europe: Judicial Perspectives (2016).

9 Breitegger, “Sacrificing the Effectiveness of the European Convention on Human Rights on the Altar of the Effective Functioning of Peace Support Operations: A Critique of Behrami & Saramati and Al Jedda”, 11 International Community Law Review (2009), 155.

10 vogiatzis, “The Admissibility Criterion under Article 35(3)(b) ECHR: A ‘Significant Disadvantage’ to Human Rights Protection?”, 65 International and Comparative Law Quarterly (2016), 185.

sforzi aggressivi11. Queste letterature sottolineano quanto il diritto e la politica della CEDU siano salienti e pervasivi nell’Europa multilivello di oggi.

Ai fini attuali, ciò che è fondamentale è la teoria e i risultati empirici relativi agli sforzi di alcuni Stati per indurre la Corte a invertire il suo processo decisionale evolutivo e la sua giurisprudenza progressiva.

Non c’è dubbio che le posizioni della Corte sull’interpretazione evolutiva, sul trattamento delle richieste di asilo e sul diritto di voto dei detenuti abbiano portato a una politicizzazione e a un “contraccolpo”, anche in democrazie occidentali consolidate come l’Austria e la Svizzera12, i Paesi nordici13 e il Regno Unito14. Sebbene una parte della ricerca empirica pubblicata si basi sull’aspettativa che la politicizzazione interna della Corte europea dei diritti dell’uomo debba indurre la Corte a ritirarsi, rinunciando ai suoi precedenti e ai suoi impegni, la maggior parte dei casi è stata in grado di dimostrare che la Corte non è in grado di gestire i propri diritti.

Gli studiosi hanno riconosciuto che la Corte ha mantenuto la sua posizione. In effetti, la ricerca più dettagliata sull’impatto delle Conferenze di alto livello dal 2010 in poi ha documentato attentamente la resistenza della Corte a una riforma radicale15, aiutata dalle altre istituzioni del Consiglio d’Europa e dagli Stati che la sostengono.

11 dell’olio, L’europeizzazione della cittadinanza: Tra ideologia della nazionalità, immigrazione e identità europea (2005).

12 aCherMann e dingWerth, “Helping v. Hindering Sovereignty: The Differential Politicization of the European Court of Human Rights in the Austrian and Swiss Quality Press”, 33 Temple International and Comparative Law Journal (2019), 340.

13 husa, “Nordic Constitutionalism and European Human RightsMixing Oil and Water?”, 55 Scandinavian Studies in Law (2010), 101.

14 Bates, “Analysing the Prisoner Voting Saga and the British Challenge to Strasbourg”, 14 Human Rights Law Review (2014), 503.

15 glas, “Da Interlaken a Copenhagen: What Has Become of the Proposals Aiming to Reform the Functioning of the European Court of Human Rights?”, 20 Human Rights Law Review (2020), 121.

La letteratura esplicativa sulle Conferenze ad alto livello contiene alcune eccezioni.

Madsen ha dichiarato che gli sforzi del Regno Unito e della Danimarca alle Conferenze ad alto livello sono stati un successo, in quanto le Conferenze di Brighton e Copenaghen “hanno raggiunto esattamente gli obiettivi che si erano prefissate”16. La seconda è l’affermazione di Helfer e Voeten secondo cui la politicizzazione, in parte manifestatasi attraverso le Conferenze, ha portato la Corte a “retrocedere” nella tutela dei diritti, compiendo un importante arretramento17. Accuse simili sono state respinte dal presidente della Corte europea dei diritti dell’uomo18, e dal suo recente vicepresidente19. Da parte loro, Helfer e Voeten basano le loro affermazioni teoriche quasi esclusivamente su un articolo di Carrubba et al. che sostiene che gli Stati membri dell’UE controllano strettamente il processo decisionale della CGUE20. Carrubba et al., tuttavia, non contengono un solo esempio di un caso in cui la CGUE sia stata ‘vincolata’ dalle preferenze degli Stati membri; e l’articolo è stato confutato dall’American Political Science Review21 . Di seguito esaminiamo più dettagliatamente le affermazioni di Helfer e Voeten.

16 rask Madsen, “Rebalancing European Human Rights: Has the Brighton Declaration Engendered a New Deal on Human Rights in Europe?”, 9 Journal of International Dispute Settlement (2018), 199, 199.

17 Helfer e Voeten, nota 5.

18 sPano, “Universalità o diversità dei diritti umani? Strasbourg in the Age of Subsidiarity”, 14 Human Rights Law Review (2014), 487.

19 nussBerger, “Procedural Review by the ECHR: View from the Court”, in gerards e BreMs (eds.), Procedural Review in European Fundamental Rights Cases (2017), 161-176.

20 CarruBBa, gaBel e hankla, “Judicial Behavior under Political Constraints: Evidence from the European Court of Justice”, 102 American Political Science Review (2008), 435.

21 stone sWeet e Brunell, “The European Court of Justice, State Noncompliance, and the Politics of Override”, 106 American Political Science Review (2012), 204.

3. Le determinazioni dottrinali dell’autorità della Corte

Gli Stati parti della CEDU hanno organizzato le Conferenze ad alto livello per valutare collettivamente l’approccio della Corte europea all’applicazione della Convenzione e per prendere in considerazione riforme per gestire il sovraccarico di lavoro della Corte. Qui riassumiamo le basi dell’approccio dottrinale della Corte alla Convenzione, concentrandoci su gruppi di precedenti che si intrecciano tra loro per definire l’autorità della Corte come “corte costituzionale” de facto del regime22.

Una prima stabilisce lo scopo generale del regime: guidare un processo continuo di innalzamento degli standard di protezione in Europa. In uno dei suoi primi casi, la Corte ha respinto le affermazioni secondo cui l’“intento originario” di uno Stato convenuto nel firmare la Convenzione, o un’ideologia di “minimalismo dei diritti”, dovrebbe controllare l’interpretazione23. Al contrario, la Corte ha dichiarato che la CEDU è uno “strumento vivente”, che dovrebbe evolvere, alla luce dei cambiamenti della società, attraverso l’“interpretazione evolutiva” della Corte stessa24. Nel 1995, la Corte ha iniziato a definire la Convenzione “come uno strumento costituzionale di ordine pubblico europeo”25. Un secondo gruppo comprende le dottrine del processo decisionale basato sui precedenti, che sono state adattate per “adat-

22 Sebbene lo “status costituzionale” della Corte sia contestato, il dibattito è oggi parte integrante della politica della Corte europea dei diritti dell’uomo. Si veda greer e WildhaBer, “Revisiting the Debate about ‘constitutionalising’ the European Court of Human Rights”, 12 Human Rights Law Review (2012), 655; e infra, nota 35.

23 Tyrer v. Regno Unito, 25th aprile 1978, Applicazione n. 5856/72, disponibile su https://hudoc.echr.coe.int/eng?i=001-57587.

24 dzehtsiarou, “European Consensus and the Evolutive Interpretation of the European Convention on Human Rights”, 12 German Law Journal (2011), 1730; gerards, General Principles of the European Convention on Human Rights (2019), 51-59.

25 Loizidou c. Turchia, 23rd marzo 1995, Applicazione n. 15318/89, Obiezione preliminare, par. 75, disponibile su https://hudoc.echr.coe. int/eng?i=001-57920.

tarsi” alla visione della Corte della Convenzione come strumento costituzionale vivente. Sebbene l’art. 46(1) CEDU imponga agli Stati solo l’obbligo di “attenersi alla sentenza definitiva della Corte in ogni caso in cui essi siano parti”, le prime decisioni più importanti della Corte26 implicavano che le sue principali decisioni fossero vincolanti per tutti gli Stati membri, non solo per le parti della specifica controversia. Dopo l’entrata in vigore del Protocollo n. 11 il 1° novembre 1998, la Corte è diventata sempre più esplicita sugli effetti erga omnes (applicabili a “tutti gli Stati”) della sua giurisprudenza, compreso il requisito che i giudici nazionali interpretino i diritti della Convenzione come fa la Corte europea dei diritti dell’uomo. Queste rivendicazioni di autorità indicavano una concezione costituzionale dell’autorità della Corte, basata sulla presunzione che sia responsabilità della Corte legiferare, progressivamente. per il regime nel suo complesso.

Sebbene la Corte europea dei diritti dell’uomo presti un’attenzione particolare al ruolo della giurisprudenza nel garantire “la certezza del diritto e l’ordinato sviluppo della [sua] giurisprudenza”, essa abbandonerà i precedenti che ostacolano una missione più grande, quella di “garantire che l’interpretazione della Convenzione rifletta i cambiamenti della società e rimanga in linea con le condizioni attuali”27. Centinaia di sentenze hanno innalzato gli standard europei, come quando la Corte riconosce un “nuovo” diritto, oppure estende e rafforza le tutele esistenti. La Corte si basa molto su una fitta rete di “principi generali del diritto” (creati dai giudici), che ha riconosciuto (o scoperto) e sancito come precedenti vincolanti. I giuristi accademici, da parte loro, hanno prodotto una sofisticata ricerca sullo sviluppo della Corte e sull’uso di tali principi28.

Un terzo gruppo riguarda il ruolo del bilanciamento della proporzionalità nella valutazione dei “diritti qualificati”. Per compren-

26 Dudgeon v. Regno Unito, 22nd ottobre 1981, Applicazione n. 7525/76, disponibile su https://hudoc.echr.coe.int/eng?i=001-57473.

27 Cossey v. Regno Unito, 27th settembre 1990, Applicazione n. 10843/84, disponibile su https://hudoc.echr.coe.int/eng?i=001-57641.

28 Gerards, nota 24.

dere l’importanza della proporzionalità nella governance giudiziaria della CEDU, è necessario fare una breve digressione. I fondatori della CEDU erano in disaccordo tra loro su questioni relative alla concezione e allo scopo del regime. Una prima fazione, guidata dal governo britannico all’interno del Comitato dei Ministri, ha inteso le disposizioni in materia di diritti come espressione di un nucleo “indiscutibilmente minimalista”, un limite al di sotto del quale nessuno Stato membro dovrebbe essere autorizzato a scendere. Secondo questa visione, il regime funzionerebbe come un sistema di allarme antincendio, una “polizza assicurativa contro la dittatura”29. – che allerterebbe il Consiglio d’Europa in caso di minacce imminenti alla democrazia e alla sicurezza. Un secondo gruppo, probabilmente la fazione dominante dell’Assemblea consultiva, ha lavorato per sancire la Convenzione come un nuovo tipo di trattato “costituzionale” che avrebbe guidato la ricostruzione democratica in Europa. Alcuni delegati speravano addirittura che la Convenzione avrebbe costituito “il primo passo sulla strada che porta a un’Europa unita”30. Versioni aggiornate di questi dibattiti hanno animato le deliberazioni delle Conferenze ad alto livello. La questione centrale, allora come oggi, è quanta deferenza la Corte debba concedere ai funzionari nazionali nel controllare la legittimità delle misure statali. I fondatori hanno modellato la CEDU (entrata in vigore nel 1953) sulla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (adottata nel 1948), anche se con una differenza fondamentale.

La CEDU enumera un piccolo numero di diritti “assoluti”, che gli Stati non possono limitare per alcuno scopo pubblico, tra cui il divieto di tortura, di trattamenti crudeli e disumani e di schiavitù, e alcune garanzie di giusto processo e accesso alla giustizia. Ma la maggior parte dei diritti – compresi quelli alla privacy e alla famiglia, alla libertà di pensiero, coscienza e religione e alla libertà di espressione, riunione e associazione – sono “qualificati”

29 niCol, “Original Intent and the European Convention on Human Rights”, Public Law [2005], 152, 154.

30 Ibidem, 156.

da una “clausola di limitazione”31. La clausola di limitazione che accompagna l’art. 8 è rappresentativa: gli Stati possono limitare il godimento dei diritti alla privacy, ma solo a partire da una clausola di limitazione. 8 è rappresentativa: gli Stati possono limitare il godimento del diritto alla privacy, ma solo se “prescritto dalla legge”, e solo nella misura in cui le restrizioni sono: necessario in una società democratica nell’interesse della sicurezza nazionale, della pubblica sicurezza o del benessere economico del paese, per la prevenzione di disordini o crimini, per la protezione della salute o della morale, o per la protezione dei diritti e delle libertà altrui. Le clausole di limitazione sollevano questioni cruciali di interpretazione e applicazione. Sono gli Stati stessi a stabilire se il criterio del “necessario in una società democratica” è stato soddisfatto? Se così fosse, la clausola di limitazione potrebbe essere trasformata in una scappatoia per i governi, un risultato che conforterebbe i minimalisti dei diritti, che da tempo sostengono che la Convenzione non deve intromettersi in una scelta virtualmente “illimitata di politiche” a disposizione di coloro che sono impegnati nella “normale politica di partito”32. D’altra parte, una corte impegnata a innalzare gli standard di protezione avrebbe ragione di esaminare rigorosamente la “necessità”, richiedendo agli Stati di giustificare le violazioni con ragioni verificabili.

La Corte, che ha iniziato la sua attività solo nel 1959, non sembra aver mai pensato seriamente di adottare un approccio minimalista ai diritti. Nel suo primo intenso impegno con una clausola di limitazione33, la Corte ha dichiarato che gli Stati, nel trovare un equilibrio tra un diritto e un interesse pubblico contrastante, godono di un “margine di apprezzamento”, pur insistendo sul fatto che tale margine va “di pari passo” con la supervisione della Corte.

31 La Corte ha letto una clausola di limitazione nei diritti contenuti nell’art. 12 (matrimonio) e nel Protocollo n. 1 (protezione della proprietà, diritti all’istruzione e alla democrazia), laddove non esisteva. 12 (matrimonio) e nel Protocollo n. 1 (protezione della proprietà, diritti all’istruzione e alla democrazia), laddove non esisteva.

32 Ibidem, 164.

33 Handyside v. Regno Unito, 7th dicembre 1976, Applicazione n. 5493/72, disponibile su https://hudoc.echr.coe.int/eng?i=001-57499.

Tale controllo riguarda sia l’obiettivo della misura contestata sia la sua “necessità”; riguarda non solo la legislazione di base ma anche la decisione che la applica, anche se emessa da un tribunale indipendente34.

Alla fine degli anni ‘90, la Corte ha sancito una versione dell’analisi di proporzionalità [PA] come approccio obbligatorio ai diritti qualificati. In effetti, il mancato utilizzo dell’analisi di proporzionalità da parte dei giudici nazionali nei casi che riguardano i diritti qualificati costituisce, di per sé, una violazione dell’art. 13 CEDU (diritto a un “ricorso giurisdizionale effettivo”). La Corte ha quindi vietato agli Stati di applicare dottrine di deferenza che avrebbero protetto gli atti dal principio di proporzionalità, tra cui forti presunzioni di legalità (ad esempio, l’“irragionevolezza Wednesbury”), nonché le dottrine delle “questioni politiche” e della “sicurezza nazionale” che precludevano la giustiziabilità di alcune controversie35.

L’AP pone a carico dello Stato convenuto l’onere di dimostrare che le misure in esame non limitano i diritti del richiedente più di quanto sia necessario per raggiungere un interesse pubblico sufficientemente importante (ossia, il cui contributo al bene pubblico supera il danno per il firmatario). Nella forma in cui è stata utilizzata dalla Corte, l’AP fonda anche una strategia di “attivismo maggioritario”, il cui scopo è quello di innalzare gli standard di protezione. L’attivismo maggioritario si riferisce alla disposizione della Corte di produrre sentenze che riflettono le politiche che gli Stati probabilmente accetterebbero in base a regole decisionali maggioritarie, ma non all’unanimità36. Affinché questa strategia abbia successo, la Corte deve essere in grado di valutare le preferenze degli Stati membri a favore di una determinata politica.

34 Ibidem, par. 49.

35 stone sWeet e ryan, Un ordine giuridico cosmopolita: Kant, Constitutional Justice, and the European Convention on Human Rights (2018), 103108.

36 stone sWeet e Brunell, “Trustee Courts and the Judicialization of International Regimes: The Politics of Majoritarian Activism in the ECHR, the EU, and the WTO”, 1 Journal of Law and Courts (2013), 61, 63-64.

Per aiutarli a farlo, la Corte si impegna in una valutazione comparativa di come, se mai, gli Stati contraenti limitano un diritto invocato in una causa in corso. Come istituzionalizzato negli anni ‘90, l’“analisi del consenso” è un processo partecipativo: “I firmatari, lo Stato convenuto e le parti terze (organizzazioni non governative e Stati che si presentano come amici) raccolgono e riportano le prove della prassi statale [mentre] il personale della Corte... intraprende le proprie indagini”37. Queste prove hanno spesso un peso notevole nelle procedure di bilanciamento, cioè nel determinare se la misura in esame sia effettivamente “necessaria”. Come la Corte ricorda regolarmente al suo pubblico, il margine di apprezzamento è destinato a ridursi con l’espandersi del consenso all’interno dell’Europa, cioè quando un numero crescente di Stati avrà scelto di ritirare le giustificazioni di interesse pubblico per limitare il diritto invocato.

In modo controverso, la Corte europea dei diritti dell’uomo utilizza due versioni nettamente incompatibili della dottrina del margine di apprezzamento, secondo la terminologia di Letsas: “sostanziale” e “strutturale”38. La prima, quella dominante, aggiunge poco di interessante: il bilanciamento all’interno della PA, che avviene alla luce dell’analisi del consenso, determina l’entità del margine di apprezzamento. Al contrario, la versione “strutturale” assomiglia a una dottrina di deferenza a sé stante, altrimenti evitata, dietro la quale la Corte si nasconde per ragioni prudenziali. Pur essendo utilizzato raramente, è stato oggetto di enormi critiche, dato che la Corte lo invoca apparentemente in casi molto delicati39.

In questo processo di costruzione delle basi dottrinali dei propri poteri, la Corte beneficia di alcuni vantaggi strutturali. In primo luogo, occupa una posizione di supremazia giudiziaria: le sentenze possono essere scavalcate solo dal voto unanime degli Stati membri (cosa che non si è mai verificata), o attraverso successivi

37 stone sWeet e ryan, op. cit., 170-171.

38 letsas, “Two Concepts of the Margin of Appreciation”, 26 Oxford Journal of Legal Studies (2006), 705, 706.

39 stone sWeet e ryan, op. cit., 184-196.

cicli di giudizio davanti alla Corte. In secondo luogo, la Convenzione riconosce alla Corte la facoltà di determinare le proprie competenze, un potere utilizzato con grande efficacia nella creazione di nuovi rimedi, tra cui lo sviluppo di doveri positivi dello Stato per evitare violazioni dei diritti assoluti. In terzo luogo, in quanto corte internazionale, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha giurisdizione sui principi generali del diritto: norme giuridiche elaborate dal giudice che oggi permeano ogni aspetto importante della Convenzione.

In prospettiva, è anche vero che se la Corte ha potuto costruire un edificio così imponente, può anche smantellarlo. Attraverso le Conferenze ad alto livello, i detrattori della Corte hanno cercato di far rivivere il minimalismo dei diritti, non da ultimo ampliando il dominio della versione “strutturale” del margine di apprezzamento. Se ci fossero riusciti, la giurisprudenza appena esaminata sarebbe stata fatalmente compromessa.

4. Il fallimento degli sforzi di riforma: Da Brighton (2012) a Copenhagen (2018)

A partire dalla Conferenza di Interlaken del 2010, gli Stati membri della CEDU hanno avviato una serie di discussioni ad alto livello dedicate al dibattito sul funzionamento del regime e sulle possibili riforme. Il Regno Unito e la Danimarca hanno preso l’iniziativa di proporre riforme che, nelle loro speranze, avrebbero ridotto l’indipendenza della CEDU e l’avrebbero indotta a essere più deferente nei confronti degli Stati membri. Il progetto di ridurre la Corte europea dei diritti dell’uomo è stato realizzato dai partiti conservatori (Regno Unito) e di destra (Danimarca). Nel Regno Unito, la riforma della Corte europea dei diritti dell’uomo è stata legata all’euroscetticismo di destra40 e rappresenta un aspetto dei tentativi dei conservatori nel Regno Unito di “riprendere il controllo”

40 sMyth, “Tory Europhobia Targets Human Rights”, The Irish Times, 18th ottobre 2014, 15.

delle istituzioni europee41. In Danimarca, i partiti politici di destra hanno spinto la questione, soprattutto per quanto riguarda i diritti dei rifugiati e dei migranti42. Altri Stati che la Corte europea dei diritti dell’uomo ha ripetutamente giudicato in violazione dei diritti della Convenzione europea, in particolare la Russia e l’Ungheria (e talvolta la Polonia), hanno espresso il loro sostegno alle proposte di riforma.

4.1. La Dichiarazione di Brighton

I britannici hanno preso l’iniziativa di proporre riforme volte a rafforzare la Corte europea dei diritti dell’uomo in occasione della conferenza di Brighton (2012), mentre i danesi hanno fatto lo stesso in occasione della conferenza di Copenaghen (2018). Ciascuna di esse ha prodotto una dichiarazione finale che non è stata

41 MCtague, “Boost for Cameron as top judge says MPs should decide British laws NOT the European Court of Human Rights”, MailOnline, 25th maggio 2015, disponibile su https://www.dailymail.co.uk/news/ article-3096237/Boost-Cameron-Britain-s-former-judge-slams-powerEuropean-human-rights-court-Parliament.html; Martin, “British justice should not be over-ruled by the European Court of Human Rights”, The Telegraph, 21st gennaio 2012, consultabile all’indirizzo https://www.telegraph.co.uk/news/uknews/terrorism-in-the-uk/9029711/British-justice-should-not-be-over-ruled-by-the-European-Court-of-Human-Rights. html; hannan, “Gove vs the Eurojudges”, The Spectator, 23th maggio 2015, consultabile all’indirizzo https://www.spectator.co.uk/article/gove-vsthe-euro-judges; o’Brien, “Ecco perché la Gran Bretagna deve riprendere il controllo della legge sui diritti umani”, The Telegraph (Blog), 9th febbraio 2011.

42 hartMann e White, “The Alleged Backlash Against Human Rights: Evidence from Denmark and the UK”, in MCCall-sMith, Birdsall e Casanas adaM (a cura di), Human Rights in Times of Transition: Liberal Democracies and Challenges of National Security (2020), 139-163; hartMann, “A Danish Crusade for the Reform of the European Court of Human Rights”, EJIL: Talk! Blog of the European Journal of International Law, 14th novembre 2017, disponibile all’indirizzo https://www.ejiltalk.org/a-danish-crusade-for-the-reform-of- the-european-court-of-human-rights/; davidson ladly, “Why Denmark is No Cosy Place for Migrants”, Irish Independent, 26th maggio 2018.

all’altezza delle aspirazioni dei rispettivi ospiti: né la dichiarazione di Brighton né quella di Copenaghen hanno ridotto l’autorità della Corte europea dei diritti dell’uomo. Anzi, entrambe hanno registrato alti livelli di sostegno collettivo da parte degli Stati all’attuale approccio della Corte nel giudicare la Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU). Le conferenze hanno prodotto alcune riforme relativamente minori della Corte, spesso in linea con le riforme approvate dalla Corte stessa al fine di ridurre l’eccessivo arretrato di cause. Tuttavia, nel complesso, le dichiarazioni emerse dalle conferenze hanno riaffermato l’indipendenza della Corte, invitando al contempo gli Stati a svolgere un ruolo più decisivo nel rendere giustizia alle violazioni dei diritti in Europa.

Il Regno Unito, spinto da elementi del Partito Conservatore e dal Partito per l’Indipendenza del Regno Unito, ha preso l’iniziativa alla Conferenza di Brighton del 2012. Il Primo Ministro Theresa May ha fatto del ritiro dalla Corte europea dei diritti dell’uomo una parte fondamentale della sua campagna elettorale43 e l’idea di una riforma, o addirittura di un ritiro, ha occupato un posto di rilievo nei manifesti dei partiti conservatori e dell’UKIP nelle ultime elezioni. Sebbene le proposte britanniche che hanno preceduto la Conferenza di Brighton mirassero a ridurre sostanzialmente l’indipendenza della Corte, il progetto è fallito.

La Dichiarazione di Brighton (2012) dichiara che la Corte ha dato “un contributo straordinario alla protezione dei diritti umani in Europa per oltre 50 anni”44. Essa (i) sottolinea che “la Corte interpreta autorevolmente la Convenzione”45; (ii) riconosce la natura vincolante dei precedenti della Corte46; (iii) approva il rafforzamen-

43 Walters, “Un grande giorno per la giustizia britannica: Theresa May giura di far uscire il Regno Unito dalla Corte europea dei diritti dell’uomo”, MailOnline, 4th marzo 2013.

44 Conferenza di alto livello sul futuro della Corte europea dei diritti dell’uomo, “Dichiarazione di Brighton” (2012), paragrafo 2, disponibile su https://www.echr.coe.int/Documents/2012_Brighton_FinalDeclaration_ENG.pdf.

45 Ibidem, par. 10, 26.

46 Ibidem, par. 9(c), 35(c).

to e l’espansione di nuovi rimedi47; e (iv) sottolinea che i funzionari nazionali “devono attenersi alla sentenza definitiva della Corte”48. Queste affermazioni sono rafforzate dal riferimento alle responsabilità degli Stati di assicurare un’osservanza “effettiva” delle sentenze della Corte, sotto una maggiore supervisione del Comitato dei Ministri49. In altre parole, Brighton esprime approvazione per il modo in cui la Corte ha portato avanti la sua missione e rafforza la responsabilità degli Stati di garantire il rispetto dei diritti della CEDU nella pratica.

La maggior parte di Brighton 2012 riguarda il problema del sovraccarico di documenti, attribuendone la responsabilità principalmente agli Stati membri. Sebbene la Dichiarazione non critichi direttamente il sistema della Corte europea dei diritti dell’uomo, l’approccio all’interpretazione della CEDU, esprime una certa insoddisfazione nei confronti della Corte e suggerisce di sviluppare, “dare grande rilievo” e “applicare coerentemente” i principi di sussidiarietà e di margine di apprezzamento50. Ma lo stesso considerando ribadisce i fondamenti della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo.

Il margine di apprezzamento va di pari passo con la supervisione. A questo proposito, il ruolo della Corte è quello di verificare se le decisioni prese dalle autorità nazionali sono compatibili con la Convenzione, tenendo in debito conto il margine di apprezzamento dello Stato51.

Queste dichiarazioni, che “invitano” la Corte “a garantire” che la sua giurisprudenza “continui a concedere agli Stati parte un adeguato margine di apprezzamento”52, sono quanto di più vicino alla critica dell’approccio della Corte alla tutela dei diritti. La stragrande maggioranza della Dichiarazione di Brighton 2012 afferma essenzialmente il ruolo e le pratiche consolidate della Corte.

47 Ibidem, par. 9(c), 7, 20(c) e (d).

48 Ibidem, par. 3, 26.

49 Ibidem, par. 20(c).

50 Ibidem, par. 11, 12(a).

51 Ibidem, par. 11.

52 Ibidem, par. 25(c).

In definitiva, la Dichiarazione risulta “anodina” rispetto alla bozza britannica precedente alla conferenza53.

Le delibere di Brighton hanno portato alla fine a due emendamenti alla CEDU. Il Protocollo n. 15, entrato in vigore nel 2021, aggiunge nel preambolo un riferimento alla sussidiarietà e al margine di apprezzamento.

Affermando che le Alte Parti Contraenti, in conformità con il principio di sussidiarietà, hanno la responsabilità primaria di garantire i diritti e le libertà definiti nella presente Convenzione e nei Protocolli e che in tal modo godono di un margine di apprezzamento, soggetto alla giurisdizione di controllo della Corte europea dei diritti dell’uomo54.

La relazione esplicativa ufficiale dichiara che questa riforma “intende essere coerente con la dottrina del margine di apprezzamento sviluppata dalla Corte nella sua giurisprudenza”55. A questo proposito, il documento accetta e rafforza l’interpretazione consolidata della Corte sul margine di apprezzamento. Il secondo, il Protocollo n. 1656, ha conferito alla Corte europea dei diritti dell’uomo il potere di emettere pareri consultivi su rinvio delle corti supreme nazionali. Il Protocollo n. 16 non sminuisce il ruolo della Corte come corte costituzionale del regime, anzi può potenziarlo, raf-

53 helFer, “The Burdens and Benefits of Brighton”, ESIL Reflections, 8th giugno 2012, disponibile su http://esil-sedi.eu/node/138.

54 Protocollo n. 15 che modifica la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, relativo ai criteri di ammissibilità, alla rimessione di un caso alla Grande Camera e alla nomina dei giudici (2013), CETS n. 213.

55 Relazione esplicativa al Protocollo n. 15 alla CEDU (2013), disponibile su www.echr.coe.int/Documents/Protocol_15_explanatory_report_ENG.pdf. L’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa ha sottolineato che il “riferimento al principio di sussidiarietà e alla dottrina del margine di apprezzamento” significa rigorosamente “come sviluppato nella giurisprudenza della Corte”: Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, parere 283 (2013), disponibile su http://assembly.coe.int/nw/ xml/XRef/Xref-XML2HTML- en.asp?fileid=19723&lang=en.

56 Protocollo n. 16 alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, relativo alle richieste di pareri consultivi (2013), CETS n. 214.

forzando al contempo la visione della Corte sull’importanza del dialogo intergiudiziale per il principio di sussidiarietà. La maggior parte degli Stati continua a rifiutare la ratifica. Nel frattempo, la riforma della Corte europea dei diritti dell’uomo in Danimarca è stata motivata principalmente dall’opposizione della destra all’immigrazione e ai rifugiati. Il governo di centrodestra in carica in Danimarca (dal 2015 al 2019), che dipende dal partito nazionalista del popolo danese (DPP), ha istituito un blocco quasi totale delle ammissioni di rifugiati57. Il successo politico del DPP, in particolare, ha permesso a questi partiti di formare la coalizione di governo di centro-destra e di spingere per la riforma della Corte europea dei diritti dell’uomo. In vista delle elezioni di Copenaghen del 2018, la Danimarca si è concentrata sul “dialogo rafforzato” tra la Corte europea dei diritti dell’uomo e gli Stati membri, intendendo con ciò una maggiore enfasi sul margine di apprezzamento e sulla sussidiarietà58, concepiti come principi di deferenza nei confronti delle autorità nazionali da parte della Corte59.

4.2. La Dichiarazione di Copenhagen

Mentre Brighton 2012 non è riuscita a rafforzare la Corte, Copenaghen 2018 ha seppellito del tutto quel progetto. La Dichia-

57 hartMann e White, op. cit., , 4.

58 Ministero degli Affari esteri della Danimarca, “Priorities of the Danish Chairmanship of the Committee of Ministers of the Council of Europe” (2017), disponibile all’indirizzo https://um.dk/en/foreign-policy/ the-danish-chairmanship-of-the-committee-of-ministers-of-the-councilof-europe-2017-2018/.

59 hartMann, op. cit.; laMBreCht, “Undue Political Pressure is Not Dialogue: The Draft Copenhagen Declaration and its Potential Repercussions on the Court’s Independence”, Strasbourg Observers, 2nd marzo 2018, disponibile su https://strasbourgobservers.com/2018/03/02/undue-political-pressure-is-not-dialogue-the-draft- copenhagen-declaration-and-itspotential-repercussions-on-the-courts-independence/; Helga MolbækSteensig, “Something Rotten in the State of Denmark?”, Verfassungsblog, 26th aprile 2018, disponibile su https://verfassungsblog.de/author/helga-molbaek-steensig/.

razione di Copenaghen sottolinea che il “fine ultimo” della Corte europea dei diritti dell’uomo è quello di migliorare “l’effettiva protezione dei diritti umani in Europa”60. Afferma che la Corte “interpreta autorevolmente la Convenzione... tenendo in debito conto le considerazioni attuali”61, un riferimento alla costruzione dinamica e basata sui precedenti del trattato come “strumento vivente”62. Respinge con forza qualsiasi suggerimento che i principi di sussidiarietà e margine di apprezzamento debbano essere rimodellati come dottrine di deferenza formale. In effetti, Copenaghen 2018 “ribadisce” che “il rafforzamento del principio di sussidiarietà non intende limitare o indebolire la tutela dei diritti umani, ma sottolineare la responsabilità delle autorità nazionali nel garantire i diritti e le libertà” della Corte europea dei diritti dell’uomo63. E mentre “il margine di apprezzamento va di pari passo con la supervisione nell’ambito del sistema della Convenzione”, la Dichiarazione di Copenaghen insiste sul fatto che “la decisione se vi sia stata una violazione della Convenzione spetta in ultima istanza alla Corte”64. Copenaghen 2018 si rivolge alle mancanze degli Stati membri, non a quelle della Corte europea dei diritti dell’uomo. È “l’inefficace attuazione nazionale della Convenzione che rimane la sfida principale che il sistema deve affrontare”65. Pertanto, i funzionari statali devono continuare a: rafforzare “l’attuazione della Convenzione a livello nazionale”, creare “ricorsi interni efficaci” e garantire che “le politiche... siano pienamente conformi alla Convenzione, anche verificando, in modo sistematico e in una fase

60 Conferenza di alto livello di Copenaghen sulla riforma del sistema della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, “Dichiarazione di Copenaghen” (2018), para. 6, disponibile all’indirizzo https://www. coe.int/en/web/human-rights-rule-of-law/events/-/asset_publisher/ E5WWthsy4Jfg/content/copenhagen-declaration-on-the-reform-of-theeuropean- convention-on-human-rights-system. La Dichiarazione di Copenaghen evoca l’”efficacia” 30 volte nei suoi 67 paragrafi.

61 Ibidem, paragrafo 26.

62 Ibidem, paragrafo 27.

63 Ibidem, par. 10 (corsivo aggiunto).

64 Ibidem, par. 28(d).

65 Ibidem, par. 12.

precoce del processo, la compatibilità dei progetti di legge e delle prassi amministrative alla luce della giurisprudenza della Corte”66. La Dichiarazione di Copenaghen, piuttosto che “reinserire” la Corte reinterpretando la sussidiarietà e il margine di apprezzamento, afferma essenzialmente l’uso che la Corte fa di questi principi. Il documento rileva che il principio di sussidiarietà “continua a svilupparsi... nella giurisprudenza della Corte” e che “il sistema della Convenzione è sussidiario alla salvaguardia dei diritti umani a livello nazionale”67. Ma la Dichiarazione ribadisce l’approccio della Corte al margine di apprezzamento.

La giurisprudenza della Corte sul margine di apprezzamento riconosce che nell’applicazione di alcune disposizioni della Convenzione, come gli articoli 8-11, può esistere una gamma di soluzioni diverse ma legittime che potrebbero essere compatibili con la Convenzione a seconda del contesto... Quando a livello nazionale è stato effettuato un esercizio di bilanciamento in conformità con i criteri stabiliti dalla giurisprudenza della Corte, quest’ultima ha generalmente indicato che non sostituirà la propria valutazione68.

Discutiamo il contesto di quest’ultima frase più avanti.

In occasione di un evento organizzato a Copenaghen, Goldston ha riassunto senza mezzi termini quanto accaduto come “tentativi inopportuni... di usare il linguaggio della ‘riforma’ come maschera per restringere il ruolo della Corte”, e di sovvertire l’idea che “la portata del margine di apprezzamento deve essere determinata dalla Corte, non dagli Stati”69. Questi tentativi sono falliti.

Il tenore delle dichiarazioni deve essere considerato insieme alle proposte formali di riforma del regime. Le Alte Conferenze hanno prodotto un totale di almeno 29 proposte. La maggior parte di esse comprendeva modifiche procedurali volte a ridurre il

66 Ibidem, par. 16.

67 Ibidem, par. 28, 28(d).

68 Ibidem, par. 28(c).

69 goldston, “Remarks on the Copenhagen Declaration on Reform of the ECHR”, Open Society Foundations, 11th aprile 2018, disponibile all’indirizzo https://www.justiceinitiative.org/uploads/72b8dbe7-dd22-4df2a687- fc7bb3ad5b34/james-goldston-remarks-on-copenhagen-declaration-on-reform-of-the-echr-20180411.pdf.

carico di lavoro, molte delle quali proposte in precedenza dalla Corte stessa. Come ha documentato Glas, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha respinto o ignorato la maggior parte delle proposte aggiuntive70. Il Protocollo n. 15, prevede Glas, avrà “un’importanza principalmente simbolica”, per buone ragioni: “In primo luogo, la Corte si è opposta all’emendamento, e solo la Corte può garantire che [esso] non sia solo simbolico”. In secondo luogo, il riferimento alla giurisprudenza della Corte... significa [che] può essere interpretato come un’istruzione alla Corte di non cambiare assolutamente nulla”71.

La posta in gioco delle Conferenze era alta. Alcuni Stati – almeno il Regno Unito e la Danimarca, a cui si sono aggiunti Ungheria, Polonia e Russia – hanno cercato di limitare l’autorità della Corte. Le Conferenze non hanno generato una minaccia credibile ai poteri e all’autorità della Corte, e quindi non avrebbe potuto costringere la Corte a una posizione più deferente. Affermazioni contrarie, la Corte non ha abbandonato i suoi impegni in modo trasparente o onesto.

5 La Corte non ha “rinunciato ai diritti”

I programmi di riforma avanzati a Brighton e a Copenaghen non sono riusciti a limitare la Corte europea dei diritti dell’uomo in termini formali. Tuttavia, è possibile che la Corte europea dei diritti dell’uomo abbia risposto alle critiche che le sono state rivolte auto-limitandosi, cioè “ritirando” la propria giurisprudenza a tutela dei diritti, come sostengono Helfer e Voeten72. Per verificare

70 glas, op. cit.

71 Ibidem, 147.

72 helFer e voeten, op. cit., 800, 827. Helfer e Voeten sostengono che i pareri separati della Corte europea dei diritti dell’uomo forniscono “prove suggestive da parte di un gruppo di attori particolarmente ben informati che la [Corte] sta, di fatto, facendo marcia indietro sui diritti umani in Europa”. Nella loro conclusione, tuttavia, avanzano un’affermazione di più ampia portata, ovvero che la Corte europea dei diritti dell’uomo “sembra stia... facendo marcia indietro sui diritti umani in Europa” ribaltando “ta-

questa possibilità, abbiamo esaminato le sentenze della Grande Camera che il loro articolo identifica come contenenti dissensi al “walking back” nel periodo 2012-2017. In altre parole, Helfer e Voeten classificano almeno un giudice dissenziente che accusa la maggioranza in queste decisioni di essere più restrittiva dei diritti di quanto sarebbe consentito dai precedenti della Corte. Abbiamo cercato di confermare le codifiche dei casi di cui Helfer-Voeten parlano per illustrare le loro argomentazioni, e le loro codifiche dei 23 casi avrebbero la maggiore probabilità di sostenere la loro tesi: ogni sentenza che ha invocato l’interpretazione evolutiva, il margine di apprezzamento o l’analisi esplicita del consenso. Questi casi offrono il contesto in cui una maggioranza della Corte potrebbe più facilmente ritirarsi da interpretazioni espansive dei diritti della Convenzione. Ciascuno di noi ha valutato in modo indipendente se, in queste 23 sentenze, la Corte abbia effettivamente raggiunto una sentenza che offrisse un’interpretazione più restrittiva dei diritti della Convenzione.

L’analisi di queste 23 sentenze ci permette di valutare in che misura la Grande Camera abbia cercato di placare gli Stati insoddisfatti arretrando rispetto alle tutele dei diritti stabilite dalla Corte di giustizia.

È possibile che la Corte non ribalti esplicitamente i precedenti o “ritorni indietro” rispetto alla giurisprudenza che promuove i diritti, ma che lo faccia senza annunciarlo. La Corte potrebbe semplicemente ignorare o applicare in modo errato i precedenti, oppure potrebbe applicare il margine di apprezzamento o l’analisi del consenso in modo tale da estendere l’autonomia normativa degli Stati e allontanarsi dai diritti.

Abbiamo riscontrato che in un solo caso su 23 – S.A.S. c. Francia73 – la Corte europea dei diritti dell’uomo ha “rinunciato” a interpretazioni precedentemente annunciate di una sentenza della Grande Camera. In quel caso, la Corte ha confermato una legge francese che vietava l’uso di coperture integrali del viso (burqa) citamente” i suoi precedenti.

73 S.A.S. v. France, 1st luglio 2014, Application No. 43835/11, disponibile su https://hudoc.echr.coe.int/eng?i=001- 145466.

negli spazi pubblici. Sebbene la Corte abbia respinto tutte le altre motivazioni addotte dalla Francia per giustificare il divieto, ha accettato una nuova giustificazione: “il rispetto dei requisiti minimi della vita in società”, cioè rendere significativa la “convivenza”74. Due di noi hanno interpretato questa sentenza come un arretramento rispetto alle precedenti interpretazioni della CEDU. Secondo questa visione, la Grande Camera ha aggiunto una ragione per limitare un diritto qualificato, una ragione non inclusa tra le clausole di limitazione della Convenzione, che sono presuntivamente esaustive. Questi due codificatori hanno contestato il tentativo della maggioranza di collegare la nuova giustificazione alle clausole di limitazione che autorizzano gli Stati a prendere misure necessarie per proteggere “i diritti e le libertà” degli altri. Uno di noi non era d’accordo, sottolineando che la sentenza non aveva annullato la protezione dei diritti esistenti e che il dissenso non aveva accusato la maggioranza di averlo fatto. Dopotutto, la Grande Camera non aveva mai riconosciuto il diritto di una donna a indossare coprirsi il volto in base alla religione negli spazi pubblici, pur sostenendo l’autorità statale di vietare i foulard islamici in un caso precedente75.

Nelle altre 22 sentenze, la Corte non si è allontanata dalle sue posizioni precedenti. In alcuni casi, la Grande Camera ha rifiutato di ampliare i diritti. In un’altra sentenza, la Corte ha stabilito che i tribunali nazionali hanno condotto correttamente l’analisi di proporzionalità, in conformità con gli standard stabiliti dalla Corte stessa. Quando i tribunali nazionali hanno applicato i principi della Corte nell’effettuare l’analisi di proporzionalità, la Corte europea dei diritti dell’uomo di norma non ne discute i risultati (vedi sotto). In breve, non abbiamo individuato alcuna tendenza post-Brighton della Corte a ritirarsi dai diritti.

74 Ibidem, par. 121-122.

75 Leyla Şahin c. Turchia, 10th novembre 2005, Applicazione n. 44774/98, disponibile su https://hudoc.echr.coe.int/fre?i=001-70956.

5.1. Valutazione delle sentenze e dei pareri dissenzienti della Grande Camera

Qui discutiamo ulteriormente i nostri disaccordi con Helfer e Voeten, in particolare il loro trattamento dei “dissensi a piedi” [WBD] e potenzialmente delle “sentenze a piedi” [WBJ]. I risultati e le conclusioni di Helfer e Voeten dipendono interamente dal modo in cui hanno “codificato” – letto e classificato – i casi nel loro set di dati. La classificazione è binaria: o la sentenza (i) contiene una WBJ, o (ii) non contiene una WBJ.

Abbiamo pubblicato online le nostre note di codifica, che illustravano in dettaglio le ragioni per cui abbiamo codificato una sentenza, in modo che qualsiasi studioso o giudice interessato potesse valutare le decisioni di codifica sul proprio sito n76. Come si è detto, ciascuno dei presenti autori ha codificato i casi in modo indipendente, seguendo un “protocollo di codifica” comune: criteri espliciti per identificare i dissensi [WBD] e le sentenze [WBR] “a piedi indietro”. Abbiamo cercato di garantire che queste regole di codifica fossero chiaramente indicate e corrispondessero alle definizioni e agli scopi analitici di Helfer e Voeten77.

76 Si vedano i dati supplementari in stone sWeet, sandholtz e andenas, “Dissenting Opinions and Rights Protection in the European Court A Reply to Laurence Helfer and Erik Voeten”, 32 European Journal of International Law (2021), 907, disponibile su https://academic.oup.com/ejil/art icle/32/3/897/6433418#supplementary-.

77 Gli elementi che contano a favore della codifica di un parere separato come WBD includono: (i) un’accusa esplicita o un’argomentazione secondo cui la maggioranza avrebbe “fatto marcia indietro” sulla protezione dei diritti, (ii) affermazioni secondo cui la maggioranza avrebbe violato precedenti specifici, e/o (iii) argomentazioni secondo cui la maggioranza avrebbe ampliato l’autonomia normativa da concedere agli Stati nel limitare l’ambito di applicazione di un diritto qualificato, rispetto alla situazione in essere prima dell’adozione della decisione. la sentenza. In assenza di almeno uno di questi tre elementi, le obiezioni dei dissenzienti secondo cui la maggioranza (i) avrebbe dovuto innalzare gli standard esistenti o estendere la portata di un diritto qualificato (ad esempio, perché era stato raggiunto un livello sufficiente di consenso statale), o (ii) avrebbe commesso un errore metodologico (ad esempio, la Grande

Qui discutiamo una selezione di quattro decisioni di codificazione, con l’obiettivo di stimolare un ulteriore dibattito, anche critico. Iniziamo con A, B e C contro Irlanda (2010)78, una nota sentenza della Grande Camera emessa molto prima della Conferenza di Brighton del 201279. Le domande contestavano la legge irlandese che vietava l’aborto tranne che per salvare la vita della madre, una restrizione che rifletteva il risultato di un referendum costituzionale adottato nel 1983. Anche i successivi tentativi di liberalizzare l’accesso all’aborto erano stati respinti nei referendum del 1992 e del 2002. Di conseguenza, ciascuna delle ricorrenti si era recata nel Regno Unito per interrompere la gravidanza, subendo gravi danni alla propria salute fisica e mentale.

La Grande Camera ha riconosciuto pienamente la delicatezza del caso in esame. Erano in gioco disposizioni fondamentali della Costituzione irlandese e questioni spinose riguardanti la protezione della vita non ancora nata.

Alla fine, la Grande Camera ha scelto di evitare le questioni più controverse sollevate dai ricorrenti, nascondendosi dietro una versione “strutturale” del margine di apprezzamento. L’analisi del consenso aveva fortemente favorito la liberalizzazione: la grande maggioranza degli Stati del Consiglio d’Europa consentiva l’aborto, pur regolando la procedura nell’interesse della salute o del diritto alla vita del feto. La Grande Camera ha concluso che questo

Camera [d’ora in poi “CG”] avrebbe dovuto attribuire pesi diversi ai fattori da bilanciare, o valutare i fatti in modo diverso), non valevano di per sé a favore della codifica di un parere come comprendente un’opinione, la Grande Camera [d’ora in poi “CG”] avrebbe dovuto attribuire pesi diversi ai fattori da bilanciare, o valutare i fatti in modo diverso), non contavano di per sé a favore della codifica di un parere come comprendente un WBD”: Ibid. Per essere accettata come WBJ, la sentenza della Grande Camera deve aver (i) violato un precedente esistente, o (ii) ristretto la portata di un diritto qualificato, rispetto alla situazione esistente prima della sentenza, e/o (iii) ampliato l’autonomia normativa dei funzionari statali per limitare la portata di un diritto qualificato”.

78 78 A, B e C c. Irlanda, 16th dicembre 2010, Applicazione n. 25579/05, disponibile su https://hudoc.echr.coe.int/eng?i=001-102332.

79 Si veda stone sWeet e ryan, op. cit., 190-195.

consenso aveva lasciato un sostanziale margine di apprezzamento, da concedere all’Irlanda, intatto80. La Grande Camera ha tuttavia continuato a criticare le carenze della legge irlandese in vigore, condannando la sua incapacità di garantire il rispetto del diritto di una donna a chiedere un aborto (quando la sua vita sarebbe in pericolo portando a termine il feto). Ha quindi ordinato all’Irlanda di rivedere la sua legge e ha stabilito le linee guida per farlo81. In un caso del 2012 sull’aborto – P. e S. contro la Polonia – la Corte ha utilizzato una modalità simile di “lettura delle garanzie procedurali” nella Convenzione, rifiutando però di riconoscere il diritto di interrompere la gravidanza ai sensi della CEDU82.

Come abbiamo codificato A, B e C? Ognuno di noi ha concluso che la sentenza non contiene una WBD né comprende una WBJ. Di particolare interesse è il dissenso dei giudici Rozakis, Tulkens, Fura, Hirvelä, Malinverni e Poalelungi, che sottolineano che: [Nelle situazioni in cui la Corte constata l’esistenza di un consenso tra gli Stati europei... di solito conclude che tale consenso restringe in modo decisivo il margine di apprezzamento che potrebbe altrimenti esistere se tale consenso non fosse dimostrato... Nel caso in esame esiste un consenso europeo (e, in effetti, un forte consenso). Riteniamo che questa sarà una delle rare volte nella giurisprudenza della Corte in cui Strasburgo riterrà che tale consenso non restringe l’ampio margine di apprezzamento dello Stato interessato... [Inoltre, è la prima volta che la Corte non tiene conto dell’esistenza di un consenso europeo sulla base di “profonde opinioni morali”83. I dissenzienti – correttamente, a nostro avviso – non affermano che la Corte sia vincolata dai risultati dell’analisi del consenso; piuttosto, sottolineano la presunzione della Corte stessa secondo cui un consenso sufficiente influisce normalmente sulle decisioni di bilanciamento, e in modo decisivo. Inoltre, nessuno dei dissensi nelle sentenze A, B e C afferma che la Grande Camera abbia an-

80 A, B e C c. Irlanda, nota 78, parr. 233-241.

81 Ibidem, par. 264-266.

82 P. e S. c. Polonia, 30th ottobre 2012, ricorso n. 57375/08, disponibile su https://hudoc.echr.coe.int/eng?i=001-114098.

83 A, B e C contro l’Irlanda, nota 78, parr. 5, 6 e 9.

nullato le protezioni consolidate riconosciute dalla Corte. Naturalmente, la sentenza ha deluso coloro che avevano sperato che la Corte avrebbe riconosciuto chiaramente il diritto di una donna di interrompere la gravidanza. Tuttavia, A, B e C non hanno “rinunciato ai diritti”; al contrario, la Grande Camera ha rifiutato di fare un significativo passo avanti.

L’esame di A, B e C rivela un semplice esempio di errore di codifica, mentre altre sentenze pongono sfide più difficili. Animal Defenders v. the UK (2013)84 è un esempio lampante. In questo caso eravamo d’accordo con la codifica di Helfer e Voeten, secondo cui il caso includeva un WBD85 ma non abbiamo ritenuto che la sentenza comprendesse una WBJ.

Nella causa Animal Defenders, la Grande Camera ha confermato il divieto britannico di trasmettere pubblicità politica. La ricorrente – una ONG – ha sostenuto che avrebbe dovuto essere concessa un’eccezione al divieto, per motivi di libertà di espressione. La pubblicità incriminata contestava l’allevamento e l’esposizione di primati, in particolare il loro utilizzo nella pubblicità televisiva. La pubblicità si apriva con l’immagine della gabbia di un animale in cui una ragazza in catene emergeva gradualmente dall’ombra. Poi lo schermo si oscurava e venivano trasmessi tre messaggi in sequenza: “Uno scimpanzé ha l’età mentale di un bambino di quattro anni”; “Anche se condividiamo il 98% del nostro patrimonio genetico, vengono ancora ingabbiati e maltrattati per farci divertire”; e “Per saperne di più e per sapere come potete aiutarci a fermarlo, ordinate il vostro pacchetto informativo educativo da 10 sterline”. Nello scatto finale, uno scimpanzé ha preso il posto della ragazza86.

La Grande Camera (par. 28) ha citato la baronessa Hale, che ha iniziato la sua sentenza alla Camera dei Lord (Corte Suprema) sottolineando l’”elefante nella stanza”, ovvero il dominio della

84 Animal Defenders v. United Kingdom, 22nd aprile 2013, Application No. 48876/08, disponibile su https://hudoc.echr.coe.int/eng?i=001-119244.

85 Il codificatore 3 ha espresso il dubbio che il dissenso nella causa Animal Defenders fosse una “T” - un “toss-up”.

86 Animal Defenders, nota 84, par. 9.

SAGGI

pubblicità nelle elezioni negli Stati Uniti. In assenza di una regolamentazione, il Regno Unito rischiava una profusione di gruppi “non profit” che, sostenuti da interessi facoltosi, avrebbero portato avanti continue controversie87.

L’Alta Corte e la Camera dei Lord hanno ampiamente esaminato la proporzionalità del divieto, hanno tenuto conto del sostenuto processo decisionale parlamentare e dell’esame del disegno di legge del governo e hanno discusso la pertinente giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo. Sebbene una sentenza della Camera nella causa VgT contro Svizzera (2001)88 avesse lasciato alle autorità nazionali uno stretto margine di apprezzamento, Lord Bingham ha ritenuto che la sentenza VgT avesse lasciato spazio al Parlamento per regolamentare la pubblicità politica, almeno durante i periodi elettorali.

La Grande Camera si è divisa in nove contro otto. Nella sua sentenza, la maggioranza ha rilevato la qualità delle deliberazioni del Parlamento (paragrafi 114 e 115) e ha elogiato il Regno Unito per aver applicato correttamente la giurisprudenza e i principi della Convenzione, tenendo conto della rilevanza della sentenza VgT. Alla fine, una leggera maggioranza della Grande Camera ha accettato la legislazione in quanto “necessaria per prevenire la distorsione di dibattiti cruciali di interesse pubblico e, quindi, la compromissione del processo democratico” (par. 116).

Due dissensi hanno condannato la qualità degli sforzi di bilanciamento della Grande Camera. Cinque giudici (Ziemele, Sajo, Kalaydjiyeva, Vučininć e De Gaetano) hanno suggerito (par. 9) che

87 Si veda roWBottoM, “Una sentenza a sorpresa? Strasburgo conferma il divieto di pubblicità politica a pagamento su TV e radio”, UK Constitutional Law Blog, 22nd aprile 2013, disponibile all’indirizzo http://ukconstitutionallaw.org; e il riassunto della sentenza di Strasburgo. Diverse posizioni accademiche in king, “Deference, Dialogue and Animal Defenders International”, UK Constitutional Law Blog, 25th aprile 2013, disponibile su https://ukconstitutionallaw.org/2013/04/25/jeff-king- deferencedialogue-and-animal-defenders-international/.

88 VgT, Verein Gegen Tierfabriken v. Svizzera, 28th giugno 2001, domanda n. 24699/94, disponibile su https://hudoc.echr.coe.int/ eng?i=001-59535.

la maggioranza avesse annullato il VgT. In un secondo dissenso, il giudice Tulkens (affiancato dai giudici Spielmann e Laffranque) si concentra anch’egli sulle sottigliezze del bilanciamento, sostenendo inoltre che gli sforzi della maggioranza erano incompatibili con i precedenti, dato che il divieto nel caso in esame era più ampio di quello che la camera piccola aveva ritenuto eccessivo nella VgT (par. 12). Entrambi i dissensi hanno criticato la deferenza mostrata ai funzionari britannici.

La sentenza della maggioranza nella causa Animal Defenders, tuttavia, non costituisce un WBJ. In primo luogo, come sostiene il giudice britannico della Grande Camera (il giudice Bratza) in un’opinione concorrente, la VgT è facilmente distinguibile da una successiva sentenza della Camera – Murphy c. Irlanda (2003)89 –che riguardava una misura generale (anziché specifica). È proprio il ruolo della Grande Camera quello di scegliere tra alternative quando i precedenti esistenti porterebbero a risultati incoerenti. Ci si potrebbe anche chiedere se la VgT (in quanto sentenza di una Camera, piuttosto che della Grande Camera), possa costituire una giurisprudenza costante, nonostante l’esistenza di Murphy (che probabilmente rende la questione irrilevante). In ogni caso, è chiaro che Animal Defenders mostra la Grande Camera disposta, persino desiderosa, di dimostrare la sua capacità di impegnarsi in un dialogo giudiziario attivo (discusso di seguito) con le autorità nazionali.

Nella causa Biao c. Danimarca90, la Grande Camera ha ritenuto che la legge danese sugli stranieri violasse il divieto di discriminazione (articolo 14 CEDU), ma non i diritti alla privacy e alla vita familiare (articolo 8 CEDU). In questo caso, i giudici dissenzienti hanno criticato la maggioranza per non aver rafforzato le norme di protezione per l’unificazione familiare. Secondo la legge danese sugli stranieri, il ricongiungimento familiare richiedeva che un coniuge fosse cittadino danese da

89 Murphy v. Irlanda, 10th luglio 2003, Application No. 44179/98, disponibile su https://hudoc.echr.coe.int/eng?i=001- 61207.

90 Biao v. Denmark, 24th maggio 2016, Application No. 38590/10, disponibile su https://hudoc.echr.coe.int/eng?i=001- 163115.

almeno 28 anni o, per i non cittadini, che un coniuge vivesse in Danimarca da almeno 28 anni. I ricorrenti lamentavano che la regola dei 28 anni discriminava tra chi era nato cittadino danese e chi, come il ricorrente, aveva acquisito la cittadinanza danese più tardi nella vita. In realtà, la norma era stata adottata come misura anti-immigrazione, con un forte sostegno politico, ma con scarsa considerazione dei diritti della Convenzione.

La Corte Suprema danese si è pronunciata per 4 a 3; la maggioranza ha ritenuto che la regola dei 28 anni fosse conforme all’articolo 14 della CEDU, basandosi su Abdulaziz c. Regno Unito (1988)91, che aveva ritenuto proporzionate alcune norme restrittive sul ricongiungimento familiare. La maggioranza aveva fatto ampio riferimento alle relazioni di un esperto gruppo di lavoro nominato dal Ministero dell’Integrazione danese, mentre la minoranza, tra cui il Presidente della Corte Suprema, Torben Melchior, riteneva che la regola dei 28 anni violasse i diritti della Convenzione e dovesse essere invalidata come tale.

Una camera della Corte europea dei diritti dell’uomo ha ritenuto all’unanimità che la sentenza di 28 anni non violasse l’articolo 8 e si è divisa in 4 contro 3 per scagionare i funzionari danesi. Inoltre, come nel caso della Corte suprema danese, i pareri della maggioranza e della minoranza si basavano su criteri di bilanciamento nettamente diversi. Da parte sua, la Grande Camera si è divisa 12 a 5, ritenendo che vi fosse una violazione dell’articolo 14, anche se non dell’articolo 8 in sé. 8 di per sé.

È fondamentale sottolineare che nessun membro della Grande Camera ha affermato che la maggioranza ha esplicitamente, implicitamente o tacitamente ribaltato una precedente sentenza della Corte; nessuno ha accusato la maggioranza di interpretare la giurisprudenza passata in modo troppo restrittivo o troppo ampio, o di ignorare un precedente rilevante. Due dei giudici concordanti sono stati critici: il giudice Pinto de Albuquerque ha affermato che: «mi sembra che sia giunto il momento di rivedere le conclusioni

91 Abdulaziz, Cabales e Balkandali contro Regno Unito, Serie A n. 94, 28th maggio 1985, Domande n. 9214/80; 9473/81; 9474/81, disponibile su https://hudoc.echr.coe.int/eng?i=001-57416.

e il ragionamento esposti in Abdulaziz»92. In dissenso, il giudice

Jäderblom (a cui si sono uniti i giudici Villiger, Mahoney e Kjølbro) ha sostenuto che la maggioranza non ha spiegato adeguatamente come ha interpretato i precedenti rilevanti. Anche il giudice

Yudkivska avrebbe assolto la Danimarca, temendo che una conseguenza involontaria della sentenza sarebbe stata la riduzione delle tutele, data la propensione danese per le interpretazioni minimaliste dei diritti della Convenzione. In ogni caso, è difficile capire come i codificatori di Helfer e Voeten abbiano potuto classificare Biao come contenente un WBD. Concordiamo anche sul fatto che Biao non può essere letto come un WBJ.

Un quarto esempio è Al-Dulimi contro Svizzera (2016)93. Il caso ha attirato un’ampia attenzione, dato che le famose sentenze Kadi dei tribunali dell’UE erano state innescate dallo stesso regime di sanzioni stabilito da una serie di risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite94. Il signor Al-Dulimi, proprietario di una società il cui conto bancario era stato confiscato, ha affermato che l’attuazione delle sanzioni ONU da parte della Svizzera gli aveva negato il giusto processo previsto dall’art. 6 della CEDU. 6 CEDU. In precedenti casi della Corte europea dei diritti dell’uomo che sollevavano la questione di una presunta gerarchia tra la Carta delle Nazioni Unite e la Convenzione (ad esempio, Bosphorous95 e AlJeddah96), la Corte aveva eluso la questione attraverso tecniche interpretative che evitavano il conflitto. Nella causa Al-Dulimi, la Grande Camera si è basata su un approccio simile, sostenendo che, poiché il Consiglio di Sicurezza non aveva specificato le modalità di supervisione dell’attuazione del regime sanzionatorio, le

92 Ibidem, par. 1.

93 Al-Dulimi and Montana Management Inc. v. Switzerland, 21st giugno 2016, Application No. 5809/08, disponibile su https://hudoc.echr.coe. int/eng?i=001-164515.

94 Si veda stone sWeet e ryan, op. cit., 236-245.

95 Bosphorus Hava Yollari Turizm Ve Ticaret Anonim Sirketl contro Irlanda, 30th giugno 2005, Applicazione n. 45036/98, disponibile su https:// hudoc.echr.coe.int/eng?i=001-69564.

96 Al-Jedda v. Regno Unito, 7th luglio 2011, domanda n. 27021/08, disponibile su https://hudoc.echr.coe.int/eng?i=001-105612.

sue risoluzioni non potevano “essere intese come preclusive del controllo giudiziario”97. La Grande Camera ha quindi ritenuto che gli Stati membri potessero applicare le risoluzioni solo dopo che i loro tribunali avessero assicurato che gli individui soggetti alle sanzioni (il congelamento o la confisca dei conti bancari) non fossero stati presi di mira arbitrariamente98.

Degno di nota è l’intervento del giudice Pinto de Albuquerque (a cui si sono uniti tre suoi colleghi), che ha sviluppato un modello alternativo della struttura basata sui diritti dell’ONU, focalizzando l’attenzione sulla natura incompleta del sistema della Carta delle Nazioni Unite, che ha conseguenze sul riconoscimento delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza.

Le ragioni del buco nero costituzionale all’interno dell’ONU sono due. Da un lato, la Corte internazionale di giustizia [non sottopone] gli organi e i funzionari dell’ONU, e in particolare... il Consiglio di sicurezza, a un effettivo controllo costituzionale. Dall’altro lato, il sistema [della Carta manca] di un sistema giudiziario di protezione dei diritti umani non facoltativo e vincolante... Fino al giorno in cui non esisterà una Corte mondiale dei diritti dell’uomo, con giurisdizione obbligatoria sia sugli organi che sui funzionari delle Nazioni Unite e dei suoi membri, o la Corte internazionale di giustizia non otterrà una giurisdizione obbligatoria su tali questioni, l’ONU non avrà natura costituzionale. Poiché la Carta... non ha ancora acquisito il carattere costituzionale, e natura di Costituzione per la comunità internazionale... non esiste un rapporto gerarchico tra gli obblighi della Carta e gli obblighi derivanti da altri accordi internazionali, in particolare i trattati sui diritti umani99.

La scelta dello standard di controllo della Grande Camera –“arbitrarietà” – ha comportato la decisione di non sottoporre il processo decisionale del Consiglio di sicurezza a uno standard più rigoroso: il controllo della proporzionalità. Sebbene il principio di proporzionalità permei la CEDU, nessuna decisione precedente della Corte ne prevede l’applicazione in

97 Ibidem, par. 148.

98 Ibidem, par. 149.

99 Ibidem, paragrafo 8.

relazione all’attuazione delle decisioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite da parte degli Stati. La Corte ha rinunciato a compiere questo passo, che avrebbe esteso la portata della giurisprudenza esistente, a nostro avviso in modo difendibile.

Nel testo del loro articolo, Helfer e Voeten annunciano che, in Al-Dulimi, la “sentenza di maggioranza è incoerente con precedenti sentenze che affrontano potenziali conflitti tra la Convenzione e gli obblighi di attuazione delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza”100. È da notare che Helfer e Voeten non specificano queste “sentenze precedenti”, né descrivono la natura e la portata delle incoerenze giurisprudenziali che sarebbero state riscontrate.

Nelle sue note di codificazione pubblicate, Andenas ha respinto l’opinione che Al-Dulimi costituisse un WBJ o contenesse un WBD, affermando che:

[Helfer e Voeten] collegano una sentenza precedente a [un principio non nominato], ma non affermano che la Corte abbia ribaltato tale principio o [qualsiasi] sentenza in cui esso [compare]. Un giudice concorda sia con il risultato che con il ragionamento, a cui si aggiungono “riflessioni” (Concurring Opinion of Judge Sicilianos, par. 1); un altro osserva che “la Corte ha perso un’occasione per chiarire” la legge (Concurring Opinion of Judge Keller, par. 15).

Un giudice parzialmente dissenziente ritiene che la sentenza del Tribunale non “migliori il processo decisionale”, né invii “messaggi corretti”... (opinione concordante del giudice Ziemele, paragrafo 15). L’unico giudice (parere dissenziente del giudice Nussberger) che non trova alcuna violazione è anche il meno espansivo in materia di diritti tra gli autori di questi pareri separati, accettando che [una] risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite debba prevalere sulle protezioni basate sulla Convenzione101.

L’opinione concorrente del giudice Pinto de Albuquerque (et al.) esprime disappunto per le disposizioni della Grande Camera, ma non accusa la Corte di aver rovesciato i precedenti esistenti.

100 Helfer e Voeten, nota 5, 819.

101 Appendice D e appendici supplementari a Stone Sweet, Sandholtz e Andenas, nota precedente.

6. Il dilemma dell’efficacia: Sovraccarico, dialogo e proceduralizzazione

La Corte si trova di fronte a un dilemma esistenziale: come ridurre un carico catastrofico di lavoro, rimanendo al contempo fedele ai suoi impegni di rafforzare la tutela dei diritti in Europa. In questo dilemma è insito un dato di fatto: la Corte non può raggiungere nessuno dei due obiettivi senza il sostegno attivo e costante dei funzionari nazionali, in particolare dei giudici delle alte giurisdizioni nazionali. Allo stesso tempo, la giurisprudenza progressista della Corte ha stimolato la domanda di protezione dei diritti, che non solo ha generato un maggior numero di controversie sui diritti della Convenzione, ma ha portato alcuni funzionari ed élite a mettere in discussione la legittimità del suo approccio all’applicazione della CEDU. Semplificando un argomento complesso, la Corte ha cercato di affrontare il dilemma attraverso l’innovazione procedurale.

Molto presto nella vita del nuovo sistema del Protocollo n. 11, i principali membri della Corte si sono resi conto che il regime non poteva sopravvivere sulla base di una visione ristretta della sua funzione di rendere la “giustizia individuale”, che enfatizza il pieno esame del merito di ogni richiesta ammissibile caso per caso. Per salvare il regime dal collasso102 richiederebbe una concezione della giustizia più integrata, manageriale e “costituzionale”103. Per riprendere il controllo degli atti occorrerebbe una riforma procedurale interna104, e un impegno più formale con il diritto e i tribunali nazionali. Nei primi anni 2000, Strasburgo ha iniziato a emettere “sentenze pilota”, sentenze che impongono allo Stato destinatario di adottare misure generali specifiche entro un periodo di tempo stabilito, al fine di arginare il flusso di petizioni clone. La Corte ha codificato la procedura nel 2009, con il forte sostegno del Comitato dei Ministri. Nello stesso periodo, la Corte ha sviluppato

102 hunt, “The European Convention on Human Rights”, 22 Yearbook of European Law (2003), 483.

103 Stone Sweet e Ryan, op. cit., 138-146.

104 Ibidem.

nuove regole che disciplinano le richieste di misure provvisorie (ingiunzioni) e ha snellito le procedure di ammissibilità, consentendo di respingere le petizioni in modo più efficiente (ben oltre il 90% nell’ultimo decennio).

La Corte ha anche lavorato per migliorare la propria capacità gestionale in quanto Corte costituzionale di un sistema giuridico transnazionale e multilivello. Dal suo punto di vista, il principio di sussidiarietà significa che il dovere primario di proteggere i diritti della Convenzione spetta ai funzionari nazionali, seguendo le linee guida stabilite dalla Corte. In pratica, queste linee guida si sviluppano nelle interazioni – sia cooperative che conflittuali – tra gli organi della Corte europea dei diritti dell’uomo e i rami nazionali dei governi. In altre parole, il principio viene istituzionalizzato attraverso il processo di incorporazione nazionale, che la Corte supervisiona. È fondamentale sottolineare due punti. In primo luogo, la Corte non aveva praticamente alcuna speranza di attenuare il suo dilemma dell’efficacia senza investire in meccanismi di dialogo e coordinamento. Ha iniziato a farlo prima che le Conferenze ad alto livello fossero concepite. In secondo luogo, le pratiche a cui ora ci rivolgiamo non hanno comportato un disfacimento della giurisprudenza della Corte. Esse riflettono le forti difficoltà che la Corte incontra, a volte, nel moderare i propri disaccordi interni e nel creare partenariati con i giudici nazionali quando le logiche di collaborazione intergiurisdizionale sono tese.

6.1. La proceduralizzazione come sostituto (imperfetto) delle constatazioni di violazione

Abbiamo riscontrato, contrariamente a Helfer e Voeten, che la Corte non ha “fatto marcia indietro” sulla tutela dei diritti in un senso sistemico e significativo, né ha abbandonato i principi fondamentali della sua giurisprudenza. Allo stesso tempo, riconosciamo che il processo decisionale della Corte europea dei diritti dell’uomo è condizionato da divisioni interne e dalle preferenze dei suoi interlocutori più importanti: i giudici delle corti supreme nazionali. Questi vincoli si rivelano in modi diritto qualificato, anche quando sembrerebbe esserci un forte consenso di regime per farlo diversi, come quando la Corte si oppone ad ampliare la portata sostanziale di un caso.

In questi casi, la Corte può comunque rafforzare le tutele, come quando ordina a uno Stato convenuto di rivedere la propria legge per garantire meglio la disponibilità e l’efficacia dei diritti esistenti, in base alla giurisprudenza esistente. Si veda la discussione di A, B e C contro l’Irlanda.

La Corte europea dei diritti dell’uomo ricorre a questo tipo di “proceduralizzazione” – in cui “legge” le garanzie procedurali nelle disposizioni sui diritti105 – per gestire quelli che Gerards chiama “casi dilemmatici”106. I risultati prodotti deluderanno sempre coloro che non sono riusciti a convincere la Grande Camera ad ampliare la tutela dei diritti dichiarando una violazione e riconoscendo un “nuovo” diritto. La sua funzione strategica, tuttavia, è quella di consentire alla Corte di evitare di prendere decisioni che, secondo la maggioranza della Grande Camera, danneggerebbero l’istituzione, riaffermando al contempo un impegno costante a migliorare l’efficacia.

6.2. Proceduralizzazione dialogica

Un secondo tipo di proceduralizzazione – che definiamo “dialogica” – prevede il controllo giurisdizionale della qualità delle ragioni addotte per giustificare la limitazione di un diritto nel diritto interno. Nella causa Hirst contro Regno Unito (n. 2)107 la Corte ha notoriamente censurato il Regno Unito per il fatto che il Parlamento non aveva fornito una motivazione proporzionalmente congruente per un divieto generalizzato di voto per i detenuti, senza tener conto delle peculiarità delle singole situazioni. Nelle sentenze emesse sia prima che dopo Hirst, le Grandi Camere hanno concesso una sostanziale deferenza ai parlamenti che considerano positivamente la giurisprudenza della Corte quando legiferano.

105 Ibidem, 196.

106 gerards, “Procedural Review by the ECtHR: A Typology”, in gerards e BreMs (eds.), supra nota 19, 127, 146.

107 Hirst v. Regno Unito (No. 2), 6th ottobre 2005, Application No. 74025/01, disponibile su https://hudoc.echr.coe.int/eng?i=001-70442.

Nella causa Animal Defenders v. UK108, la Corte ha elogiato la serietà e la completezza delle deliberazioni dei funzionari nazionali109. Nell’esaminare misure generali come la legislazione, la Grande Camera ha osservato che “valuterà principalmente le scelte legislative alla base” dello statuto, concentrandosi sulla “qualità del controllo parlamentare e giudiziario”. Il risultato è che “quanto più convincenti sono le giustificazioni generali della misura generale... tanto meno la Corte attribuirà importanza al suo impatto nel caso specifico”110. Come suggerisce Kleinlein, “esiste ora un legame diretto tra il grado di proceduralizzazione e l’ampiezza del margine di apprezzamento” da concedere, nel senso che ci si può aspettare che la Corte sia meno severa con i funzionari nazionali che bilanciano in buona fede, alla luce dei principi giurisprudenziali pertinenti111

La Corte ha anche formalizzato la presunzione relativa al controllo dell’analisi di proporzionalità effettuata dai tribunali nazionali, che ha avviato nel contesto di un conflitto con la Corte costituzionale federale tedesca112. Questo conflitto è sfociato in una soluzione negoziata113, il cui nucleo è espresso dalla seguente dichiarazione:

Quando l’esercizio di bilanciamento è stato effettuato dalle autorità nazionali in conformità con i criteri stabiliti dalla giurisprudenza della Corte, quest’ultima avrebbe bisogno di forti ragioni per sostituire la sua opinione a quella dei giudici nazionali114. In effetti, la Grande Camera ha detto ai giudici nazionali che, anche se nel bilanciamento saremmo potuti arrivare a una conclu-

108 Animal Defenders contro Regno Unito, nota 84.

109 kleinlein, “L’approccio procedurale della Corte europea dei diritti dell’uomo: Between Subsidiarity and Dynamic Evolution”, 68 International and Comparative Law Quarterly (2019), 91, 96-98.

110 Animal Defenders, supra 84, 108-109.

111 Kleinlein, op. cit., 95.

112 Van Hannover c. Germania (n. 2), 7th febbraio 2012, Ricorso n. 40660/08 e 60641/08, disponibile su https://hudoc.echr.coe.int/ eng?i=001-109029.

113 stone sWeet e ryan, op. cit., 196-201.

114 Van Hannover c. Germania (n. 2), op. cit., par. 107.

sione diversa, accettiamo la vostra sentenza come una resa difendibile dei principi giurisprudenziali rilevanti per questi casi115.

Contrariamente alle supposizioni di Helfer e Voeten, la procedimentalizzazione dialogica non riduce direttamente l’autorità della Corte. Piuttosto, ridispone le procedure per quello che è diventato un sistema giuridico multilivello, quasi federale. Sebbene l’”attenzione alla sussidiarietà” delle Conferenze ad alto livello possa aver accelerato la “svolta procedurale”, Kleinlein conclude che:

[Questa mossa... non riduce gli obblighi sostanziali in materia di diritti umani. Piuttosto, rende la tutela dei diritti più efficace e flessibile e riflette la “responsabilità condivisa” della Corte europea dei diritti dell’uomo e delle istituzioni nazionali per l’effettiva tutela dei diritti umani in Europa116

Robert Spano, attuale presidente della Corte europea dei diritti dell’uomo, osserva che:

[La Corte ha dimostrato la sua volontà di rimettersi alla valutazione ragionata e ponderata da parte delle autorità nazionali degli obblighi derivanti dalla Convenzione. [Questo sviluppo non introduce... alcuna novità nella giurisprudenza di Strasburgo, ma costituisce... un ulteriore perfezionamento o riformulazione di dottrine preesistenti, influenzate dalle recenti dichiarazioni degli Stati membri, soprattutto per quanto riguarda la necessità di rafforzare la natura sussidiaria della Corte di Strasburgo117.

In tali circostanze, il rispetto del principio di sussidiarietà da parte della Corte è virtualmente privo di costi. Angelika Nussberger, vicepresidente della Corte (2017-2019), ha sottolineato che la proceduralizzazione non costituisce necessariamente una modalità di controllo più “morbida” e può talvolta esacerbare i conflitti con i funzionari nazionali118.

115 gerards, “The Prism of Fundamental Rights”, 8 European Constitutional Law Review (2012), 173, 198.

116 kleinlein, op. cit., 92.

117 sPano, op. cit., 491.

118 nussBerger, op. cit., 161-163.

Vale la pena di sottolineare che le corti costituzionali nazionali più efficaci al mondo si affidano in larga misura a modalità analoghe di proceduralizzazione; esse evitano abitualmente e consapevolmente le sentenze controverse di incostituzionalità (attraverso, ad esempio, interpretazioni che evitino i conflitti), leggere nelle carte dei diritti rigorosi doveri procedurali e stabilire linee guida sostanziali per la creazione e l’applicazione della legge in futuro119. Nei rapporti tra una Corte costituzionale nazionale e le corti supreme della giurisdizione ordinaria, la proceduralizzazione è un importante “mezzo per evitare conflitti di competenza”120, e per costruire una comità dialogica. Come nei contesti costituzionali nazionali, il controllo procedurale non preclude il controllo sostanziale di una misura impugnata; pertanto, la Corte europea dei diritti dell’uomo può mettere in sequenza il controllo procedurale e quello sostanziale come giudizi o fasi di indagine interdipendenti. Probabilmente dovrebbe farlo quando il controllo procedurale nazionale è risultato carente121.

La proceduralizzazione aiuta le potenti corti costituzionali a gestire la loro versione del “dilemma dell’efficacia”. Ma non è una panacea. A nostro avviso, una corte che tutela i diritti può attenuare – ma mai risolvere – il dilemma dell’efficacia. Nella Corte europea dei diritti dell’uomo, una letteratura sempre più sofisticata ha dimostrato122, che la proceduralizzazione è oggi parte integrante della governance del regime.

119 stone sWeet e MatheWs, op. cit., cap. 5.

120 nussBerger, op. cit., 165.

121 gerrards, Nota 106.

122 Mjöll arnardóttir, “The ‘Procedural Turn’ under the European Convention on Human Rights and Presumptions of Convention compliance”, 15 International Journal of Constitutional Law (2017), 9; BreMs e gerards (eds.), Shaping Rights in the ECHR: The Role of the European Court of Human Rights in Determining the Scope of Human Rights (2014); Kleinlein, supra nota 109.

6.3. Istituzionalizzare il dialogo intergiudiziale

Il Protocollo n. 11 (1998) e la graduale incorporazione della CEDU come legge nazionale direttamente applicabile hanno imposto ai giudici e agli studiosi di diritto di riconsiderare la tutela dei diritti in Europa. Dopo il 1998, è diventato insostenibile studiare la CEDU in modo restrittivo, come una specie di diritto e pratica internazionale.

Chiaramente, il processo decisionale della Corte europea dei diritti dell’uomo non poteva essere separato dalle attività dei tribunali nazionali, essendo ciascuno parte integrante di un “sistema” giuridico più ampio. L’incorporazione ha anche rivelato pienamente lo stato di “pluralismo costituzionale” che esisteva in molti ordinamenti giuridici nazionali, smentendo l’idea che ogni sistema giuridico dovesse presentare un’autorevole “parola finale” per risolvere i conflitti di legge o tra giurisdizioni123. In Europa, il pluralismo – come proprietà incorporata del regime multilivello nel suo complesso – è stato riconosciuto dagli studiosi, di solito per essere celebrato o criticato, a seconda dei rispettivi impegni normativi degli analisti. Il pluralismo costituzionale si riferisce alla situazione in cui (i) più tribunali di vertice avanzano richieste di autorità sovrapposte riguardanti (ii) l’interpretazione e l’applicazione di più carte dei diritti124.

Allo stesso tempo, i tribunali hanno lottato per dare alle caratteristiche pluraliste del regime una parvenza di stabilità sistemica, essendosi dimostrati incapaci o non disposti a risolvere i conflitti di legge e di autorità che, si poteva presumere, sarebbero sorti cronicamente. In una situazione giuridica in cui un’alta corte (x) non è in grado di imporre le proprie posizioni giurisprudenziali preferite a un’altra alta corte (y), il sistema giuridico prospererà solo nella misura in cui i giudici delle corti x e y dimostreranno di essere aperti a essere persuasi a cambiare la propria giurisprudenza. Anche nella CEDU la vitalità del regime è dipesa dallo sviluppo di norme di rispetto e riconoscimento reciproco. Negli ultimi due decenni, gli

123 Stone Sweet, nota 2; Andenas e Bjorge, nota 4.

124 Stone Sweet e Ryan, nota 35, 82-101.

studiosi hanno identificato e analizzato in dettaglio le dinamiche del pluralismo costituzionale. Da parte loro, la Corte europea dei diritti dell’uomo e le alte corti nazionali sono consapevolmente impegnate in intense interazioni, sia cooperative che conflittuali, e tali “dialoghi” sono ora essenziali per capire come si evolve questa “comunità di corti”125. evolve questa “comunità di tribunali”.

Dopo l’esplosione del suo fascicolo in seguito all’entrata in vigore del Protocollo n. 11, la Corte europea dei diritti dell’uomo si è resa conto di poter (sperare di) gestire la crisi solo con un maggiore affidamento su partnership con i tribunali nazionali. In modo ottimale, i tribunali nazionali adotterebbero la posizione di forti e “fedeli fiduciari” della Convenzione, secondo l’eloquente espressione di Bjorge; quest’ultimo dimostra che i giudici di Francia, Germania e Regno Unito non si limitano ad applicare la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, ma applicano le proprie interpretazioni dei diritti della Convenzione, con effetti espansivi e generatori di giurisprudenza126. Le logiche di adozione di una CEDU incorporata e le dinamiche di empowerment giudiziario si applicano presumibilmente a gran parte del Consiglio d’Europa. Nel 2014, la Corte ha dedicato le sue cerimonie annuali di apertura al tema del dialogo “intergiudiziale”. I lavori sono stati caratterizzati da un discorso cautelativo del Presidente della Corte costituzionale federale tedesca, che ha sottolineato le caratteristiche pluralistiche della CEDU, sminuendone i risultati costituzionali127. Nel 2015, la Corte europea ha fondato la Rete delle Corti Superiori [SCN], un’organizzazione formale progettata per “arricchire il dialogo e l’attuazione della Convenzione”128. Nel 2020, il

125 Rete delle Corti superiori della Corte europea dei diritti dell’uomo, “Messaggio del Presidente Spano”, 25th agosto 2020, disponibile su https://www.echr.coe.int/Pages/Home.Aspx?P=Court/Dialoguecourts/ Network&C.

126 Bjorge, nota 7.

127 Discorso del Prof. Dr. Andreas Voßkuhle, On-line all’indirizzo: https://www.echr.coe.int/Pages/home.aspx?p=events/ev_sem&c=.

128 Corte europea dei diritti dell’uomo, “Superior Courts Network”, disponibile all’indirizzo https://www.echr.coe.int/Pages/home.aspx?p=court/ dialoguecourts/network&c.

Presidente della Corte non ha sorpreso nessuno dichiarando che “il dialogo tra i giudici europei” è il “fondamento del sistema della Convenzione”129. Lo scopo esplicito del dialogo, ovviamente, è quello di rafforzare la “sussidiarietà” del regime, come la Corte intende questo principio, e di migliorare l’efficacia dei diritti della Convenzione negli ordinamenti giuridici nazionali130.

L’SCN, gestito da funzionari della Corte, comprende oggi novantotto alte corti di quarantatré Stati. Il suo scopo è quello di fornire ai giudici una piattaforma per lo scambio di giurisprudenza e di opinioni in merito a questioni di interesse comune. Il forum riduce i costi della comunicazione intergiudiziaria e, cosa più importante, rende una “comunità di giudici” una realtà organizzativa131. I restanti non aderenti rappresentano una piccola minoranza: i tribunali di Danimarca, Estonia, Finlandia e Svizzera. Aderendo all’SCN, le corti apicali sperano di rafforzare la loro influenza sul processo decisionale della Corte europea dei diritti dell’uomo. Nella Corte europea dei diritti dell’uomo, il dialogo non potrà mai portare all’eliminazione del conflitto intergiudiziario, ma può ridurre la probabilità che le decisioni giudiziarie si basino su errori di valutazione e incomprensioni reciproche.

Il Protocollo n. 16 istituzionalizza ulteriormente il dialogo132. Come si è detto, il Protocollo n. 16133 consente agli organi giurisdizionali nazionali di richiedere un parere consultivo alla Corte europea, anche in riferimento a controversie in corso presso i tribunali

129 Corte europea dei diritti dell’uomo, Relazione annuale 2020 (2021), 133, disponibile su https://www.echr.coe.int/Documents/Annual_report_2020_ENG.pdf.

130 J gerrards, Principi generali della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (2019), 160-165.

131 Spano, nota 125.

132 Si veda glas, “The Boundaries to Dialogue with the European Court of Human Rights”, in Benedek, CzeCh, hesChl, lukas e noWak (eds.), European Yearbook on Human Rights (2018), 287-318.

133 gerards, “Advisory Opinions, Preliminary Rulings and the New Protocol No. 16 to the European Convention of Human Rights: A Comparative and Critical Appraisal”, 21 Maastricht Journal of European and Comparative Law (2014), 630.

nazionali, in cui l’interpretazione dei diritti della Convenzione è rilevante per l’esito. Se la Corte accetta la richiesta, una Grande Camera (17 membri) procederà alla redazione di un parere motivato. Il parere consultivo non è vincolante, anche se ci si aspetta che i ragionamenti che compongono tali pareri siano ancorati ai precedenti della Corte, che sono vincolanti. La revisione della CEDU è entrata in vigore nell’agosto 2018, dopo la ratifica da parte di dieci Stati membri. Alcuni Stati, forse la maggior parte, temono che il Protocollo n. 16 rafforzi ulteriormente l’autorità “costituzionale” della Corte. È importante sottolineare che questi progetti estendono piuttosto che dare origine a procedure dialogiche. Il dialogo, del resto, è parte integrante delle deliberazioni ordinarie della Corte. In genere, la Corte si preoccupa di tracciare con attenzione il modo in cui le istituzioni nazionali hanno considerato il caso del richiedente, ovvero il processo di esaurimento delle vie di ricorso nazionali. Inoltre, l’applicazione del principio di proporzionalità da parte della Corte, compresa l’analisi del consenso è partecipativa e coinvolge le parti in causa e i terzi interessati (ONG e Stati che non sono parte in causa). Queste discussioni focalizzano l’attenzione sul diritto e sulla prassi transnazionale, sulla giurisprudenza esistente della CEDU e sulla futura traiettoria della giurisprudenza in materia. La sensibilità alle procedure dialogiche non si esaurisce con la sentenza. Il monitoraggio dell’osservanza delle sentenze pilota e, più in generale, delle sentenze che mettono in luce gravi carenze sistemiche nei sistemi nazionali di tutela dei diritti, porta regolarmente la Corte a negoziare in modo delicato e sfaccettato con i funzionari statali la natura e la portata delle riforme necessarie. Il Dipartimento per l’esecuzione delle sentenze della Corte, in collaborazione con il Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa, si consulta con i funzionari statali e le altre parti interessate allo scopo di rimuovere gli ostacoli all’attuazione; questi negoziati portano in genere allo sviluppo di “piani d’azione” formalizzati per ottenere la conformità134.

134 Per una panoramica, cfr. Dipartimento dell’esecuzione delle sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo, Relazione annuale 2020 (2021), disponibile all’indirizzo https://rm.coe.int/2020-cm-annual-report-eng/1680a1f4e8.

Tali fattori sottolineano continuamente il fatto che nessun tribunale nazionale è solo quando giudica i diritti nel sistema della Convenzione. Le ricerche che si concentrano eccessivamente sulle posizioni politiche di governi e partiti politici transitori, ignorando l’importanza delle parti in causa e dei giudici nazionali, non colgono i fattori determinanti dell’evoluzione della CEDU come sistema giuridico.

7. Conclusione

Ci sono diverse ragioni evidenti per il fallimento degli Stati e dei riformatori nel limitare i poteri della Corte. In primo luogo, le regole decisionali che governano la revisione dei trattati (unanimità basata sul consenso) proteggono la Corte e la sua autorità. In secondo luogo, solo una minoranza di Stati si è impegnata a ridurre la giurisprudenza progressista della Corte europea dei diritti dell’uomo. La maggioranza degli Stati ha riconosciuto e sostenuto i risultati ottenuti dalla Corte, che comprendono l’aiuto al mantenimento della pace in Europa, il sostegno alle transizioni verso una democrazia basata sui diritti, la gestione di un sistema di monitoraggio e applicazione dei diritti umani e l’innalzamento degli standard di sicurezza e protezione. In terzo luogo, gli Stati si sono dimostrati disposti a pagare l’imposta per questi beni collettivi, il che comporta la tolleranza di una maggiore supervisione delle proprie attività di tutela dei diritti. Naturalmente, gli Stati possono protestare contro le sentenze che accertano violazioni in aree politiche sensibili e i giudici delle alte corti saranno insoddisfatti di sentenze che non avrebbero emesso da soli. Da parte sua, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha preso atto e risposto a queste reazioni, pur mantenendo i suoi impegni fondamentali.

Nei primi anni del XXI secolo, la Corte europea dei diritti dell’uomo era sommersa da un arretrato di cause. Prima della serie di Conferenze ad alto livello, la Corte stessa ha avviato dei cambiamenti che avrebbero ridotto l’arretrato e preservato la sua credibilità: sentenze pilota, dialogo con i tribunali nazionali e proceduralizzazione. La Corte europea dei diritti dell’uomo ha chiarito che avrebbe valutato in che misura le istituzioni nazionali avessero preso in considerazione la giurisprudenza della Corte e avessero

effettuato un corretto bilanciamento; laddove i tribunali nazionali avessero effettuato un bilanciamento in conformità con i principi annunciati dalla Corte, le loro scelte avrebbero meritato rispetto. La Corte europea dei diritti dell’uomo stava diventando una corte costituzionale per l’Europa.

Sebbene la Corte sia stata periodicamente assalita da “crisi” politiche ben prima delle Conferenze ad alto livello, queste ultime hanno fornito sedi in cui alcuni Stati membri hanno potuto esprimere le loro insoddisfazioni nei confronti del regime. I governi britannici hanno talvolta minacciato di abolire la legge sui diritti umani del 1999 e di ritirarsi dalla Corte. Tuttavia, gli sforzi del Regno Unito a Brighton e della Danimarca a Copenaghen sono falliti. Alla fine, l’interpretazione e l’applicazione della sussidiarietà e del margine di apprezzamento restano nelle mani della Corte.

Contratto e impresa Europa 3/2024

L’Unione europea, gli Stati membri e la responsabilità per danni

soMMario: 1. Introduzione. – 2. Responsabilità per danni nell’UE: Ragionamento e risultato. – 2.1. Ragionamento e risultato: Il legame simbiotico. – 2.2. Annullamento e danni: Disaggregazione. – 2.3. Atti discrezionali e non discrezionali: Disaggregazione. – 2.4. Stato di diritto superiore: Scelta normativa. –2.5. Violazione flagrante/violazione grave: Scelta normativa. – 2.6. Atti illeciti e leciti: Disaggregazione e scelta normativa. – 2.7. Responsabilità per danni nell’UE: valutazione. – 3. Responsabilità dello Stato nel risarcimento del danno: ragionamento e risultato. – 3.1. Ragionamento e risultato: Il legame simbiotico. – 3.2. Responsabilità dello Stato e responsabilità dell’UE: Collegamento. – 3.3. Danni ed effetti diretti: Disaggregazione. – 3.4. L’imputazione della responsabilità dello Stato: La concezione unitaria dello Stato. – 3.5. Condizioni per la responsabilità dello Stato: Affinare i criteri. – 3.6. Interpretazione e applicazione: Il divario malleabile. – 3.7. Responsabilità dello Stato: Una valutazione. – 4. Conclusione.

aBstraCt Questo lavoro esamina la responsabilità per danni dell’UE e degli Stati membri ai sensi dei Trattati. Si tratta di un argomento di notevole interesse intellettuale e pratico. La responsabilità per danni, insieme alla revisione, costituisce uno dei due principali meccanismi per chiedere conto agli attori pubblici. La Corte di giustizia europea ha elaborato le norme relative alla responsabilità sia dell’UE che degli Stati membri e ha avuto una notevole libertà nel farlo, dato che il Trattato forniva indicazioni sostanziali molto limitate. La discussione che segue identifica

le caratteristiche principali che hanno guidato il pensiero giudiziario in questo settore.

1. Introduzione

È istruttivo tornare alle basi quando si pensa alla responsabilità per danni dell›UE e alla responsabilità dello Stato per danni da violazione del diritto dell›UE. L›evoluzione della giurisprudenza è particolarmente interessante se si considera che in entrambi i casi la Corte stava lavorando su una sorta di tabula rasa. L›articolo 215 CEE ha conferito alla Corte di giustizia europea un’ampia discrezionalità nel definire la responsabilità extracontrattuale comunitaria in conformità con i principi generali comuni alle leggi degli Stati membri, e il testo è rimasto invariato in termini sostanziali. Il margine di manovra per delineare i contorni della responsabilità dello Stato in materia di danni era ancora più ampio, dato che il Trattato taceva su questo tema, con il corollario che spettava alla Corte articolare la logica di tale responsabilità e quindi specificare le modalità di applicazione.

Lo sviluppo della giurisprudenza in entrambe le aree è servito, quindi, come laboratorio per l’esplicitazione giudiziaria di quali dovessero essere i principi della responsabilità extracontrattuale in un ordinamento giuridico emergente. Questo lavoro esamina la giurisprudenza ed evidenzia le caratteristiche principali che hanno dato forma ai due corpi di dottrina giuridica.

La discussione inizia con la responsabilità per danni nell’UE. Essa evidenzia la connessione simbiotica tra ragionamento e risultato nella giurisprudenza. La parte restante della sezione elabora le caratteristiche chiave che hanno caratterizzato questo corpus normativo, ovvero la disaggregazione di annullamento e danni; la disaggregazione di atti discrezionali e non discrezionali; la scelta normativa che trova espressione nella definizione di norma di legge superiore per la protezione dell’individuo; la scelta normativa inerente al significato attribuito alla flagrante violazione del diritto comunitario; e la disaggregazione e la scelta normativa nel trattare i danni derivanti da azioni illegittime e legittime.

L’attenzione si sposta poi sulla responsabilità dello Stato in materia di danni. La discussione inizia ribadendo il legame simbiotico tra ragionamento e risultato in questo corpus giuridico.

Vengono quindi esaminati i principi fondamentali che hanno caratterizzato questo corpus normativo. Si tratta del collegamento tra la responsabilità dello Stato in materia di danni e la responsabilità dell’UE in materia di danni; della disaggregazione tra danni ed effetti diretti; della concezione unitaria dello Stato che è alla base dell’ascrizione della responsabilità dello Stato; dell’accresciuta sofisticazione delle condizioni per la responsabilità dello Stato; della divisione malleabile tra interpretazione e applicazione che ha plasmato la ripartizione delle responsabilità tra la CGUE e i tribunali nazionali nell’applicazione dei criteri giuridici in questo settore.

2. Responsabilità per danni nell’UE: Ragionamento e risultato

2.1. Ragionamento e risultato: Il legame simbiotico

È assiomatico che esista una relazione integrale tra ragionamento giuridico e risultato nella creazione e nello sviluppo delle norme giuridiche. Il ragionamento giuridico dà per forza forma alla norma giuridica risultante, anche se può essere coerente con molteplici formulazioni di essa. Il ragionamento giuridico può anche essere vincolato sotto vari aspetti. I vincoli possono derivare, tra l’altro, dalle norme giuridiche esistenti, dalla tradizione giuridica come si è sviluppata in quel sistema giuridico, da considerazioni pratiche o da una miscela di tutte queste considerazioni. Ciò che è degno di nota è la relativa libertà concessa alla CGUE nella definizione della responsabilità per danni delle istituzioni dell’UE. Ciò era evidente nella formulazione contenuta nell’articolo 340, paragrafo 2, del TFUE, che non ha subìto modifiche sostanziali dall›inizio della CEE. In caso di responsabilità extracontrattuale, l›Unione risarcisce, conformemente ai principi generali comuni ai diritti degli Stati membri, i danni causati dalle sue istituzioni o dai suoi agenti nell’esercizio delle loro funzioni.

La CEE, ora UE, è semplicemente incaricata di sviluppare il diritto della responsabilità extracontrattuale tenendo conto dei principi generali comuni al diritto degli Stati membri. È istruttivo, alla luce di questa discrezionalità del Trattato, identificare le principali linee di ragionamento che hanno dato forma al diritto in questo settore.

2.2. Annullamento e danni: Disaggregazione

L’annullamento e il risarcimento dei danni sono i due meccanismi giuridici attraverso i quali gli enti pubblici sono chiamati a rispondere del loro operato. Il primo serve ad annullare gli atti che sono ultra vires o illegali. Il secondo rende l’ente pubblico responsabile del risarcimento dei danni subiti dalla parte lesa. Non esiste una relazione a priori tra di essi. Non c’è nulla che stabilisca se essi operino come motivi di impugnazione indipendenti o se siano collegati. La scelta spetta al sistema giuridico specifico. Nella misura in cui opta per il collegamento, questo assume normalmente la forma di richiedere l’annullamento come condizione preliminare alla responsabilità per danni.

Questa era la posizione iniziale della CGUE, che nella causa Plaumann ha ritenuto che l’annullamento della norma pertinente fosse una condizione necessaria per l’utilizzo dell’articolo 340, paragrafo 2, del TFUE. Se questo requisito fosse stato mantenuto, l’articolo 340(2) sarebbe stato poco utile, data la difficoltà che i richiedenti non privilegiati incontravano nel dimostrare il locus standi per l’annullamento. Questa condizione, tuttavia, è stata generalmente scartata e l’azione di risarcimento danni è considerata indipendente e autonoma. Il fatto che la disposizione contestata non sia stata annullata non impedirà quindi di norma un’azione di risarcimento danni. Questa regola generale è tuttavia soggetta a eccezioni. Pertanto, un’azione di risarcimento danni sarà inammissibile se è finalizzata a ottenere la revoca di un provvedimento divenuto definitivo, laddove l’azione di risarcimento danni annullerebbe di fatto gli effetti giuridici di tale provvedimento. Questo sarebbe il caso in cui il richiedente chiedesse il pagamento in un’azione di risarcimento danni di un importo esattamente pari a un dazio da lui pagato in virtù di una misura divenuta definitiva. Fatta salva questa avvertenza, un’azione di risarcimento danni può essere intrapresa anche se la misura in questione non è stata annullata. Sarà tuttavia necessario che il ricorrente dimostri una qualche illegittimità, poiché questa è, come si vedrà in seguito, una condizione necessaria, anche se non sufficiente, per un’azione di risarcimento danni1.

1 Causa 25/62 Plaumann/Commissione [1963] Racc. 95.

2.3. Atti discrezionali e non discrezionali: Disaggregazione

Una seconda caratteristica centrale del ragionamento dei tribunali dell’UE è la disaggregazione tra atti discrezionali e non discrezionali. Non si tratta di una scelta preordinata. Rappresenta una scelta normativa delle circostanze e delle condizioni in cui deve sorgere la responsabilità per danni. In teoria, sarebbe perfettamente possibile applicare lo stesso test a casi in cui l’illegalità risieda nell’errata applicazione di un potere discrezionale e di un potere non discrezionale. L’impulso normativo alla base dell’attribuzione di tale responsabilità sarebbe che l’ente pubblico ha commesso l’illecito giuridico in entrambi i casi, con il corollario che dovrebbe sostenere il rischio monetario se le cose vanno male, piuttosto che imporlo alla parte privata. Questo è in effetti il pensiero normativo che sta alla base delle norme sulla responsabilità in alcuni sistemi giuridici di civil law, come quello francese, dove il punto di partenza è che l’illegalità porta prima facie alla responsabilità per danni, anche se con alcune eccezioni.

Tuttavia, nonostante la notevole prevalenza numerica dei regimi di diritto civile all’interno dell’ordinamento giuridico comunitario, e nonostante anche la relativa ascesa dell’ordinamento giuridico francese nei primi anni della Comunità, la CGUE ha segnalato nella sentenza Schöppenstedt che la responsabilità per danni nei casi in cui vi sia stata una discrezionalità insignificante richiederebbe non solo l’illegalità, ma anche una violazione sufficientemente grave di una norma di legge per la protezione dell’individuo. Nel caso di specie, la responsabilità extracontrattuale della Comunità presuppone quanto meno la natura illecita dell’atto che si presume essere la causa del danno. Quando si tratta di un’azione legislativa che comporta misure di politica economica, la Comunità non incorre in responsabilità extracontrattuale per i danni subiti dai singoli in conseguenza di tale azione, in virtù delle disposizioni contenute nell’articolo 215, secondo comma, del Trattato, a meno che non si sia verificata una violazione sufficientemente flagrante di una norma di diritto superiore a tutela dell’individuo. Per questo motivo la Corte, nel caso di specie, deve innanzitutto valutare se tale violazione si sia verificata.

Sebbene questo test si applichi più comunemente quando la discrezionalità è contenuta nella legislazione dell’UE, non è così

limitato, come chiarito nella causa Bergaderm. La ricorrente ha chiesto il risarcimento dei danni subiti a causa dell’approvazione di una direttiva che vietava l’uso di determinate sostanze nei cosmetici. La ricorrente ha sostenuto che la direttiva doveva essere considerata un atto amministrativo, poiché riguardava solo la ricorrente, e quindi doveva essere sufficiente dimostrare l’illegittimità di per sé, invece di dover provare una violazione sufficientemente grave. La CGUE ha respinto l’argomentazione, affermando che “la natura generale o individuale di una misura adottata da un’istituzione non è un criterio decisivo per individuare i limiti del potere discrezionale di cui gode l’istituzione in questione2.

Molte misure amministrative implicano scelte discrezionali che sono altrettanto difficili di quelle fatte nel contesto dell’azione legislativa3, e la linea di demarcazione tra le due può essere difficile da tracciare.

La natura della disaggregazione tra atti discrezionali e non discrezionali è stata tuttavia modificata dopo Bergaderm. Prima di quel caso, l’approccio tradizionale era che, quando la misura contestata non comportava alcuna scelta discrezionale significativa, sarebbe stato normalmente sufficiente dimostrare l’illegittimità, il nesso di causalità e il danno. La formulazione post-Bergaderm è leggermente diversa. In tutti i casi, il ricorrente deve dimostrare che la norma di legge era intesa a conferire diritti agli individui, una violazione sufficientemente grave e un nesso causale tra la violazione e il danno che ne è derivato4. Persiste tuttavia la diffe-

2 Craig e de Búrca (2020), cap. 16.

3 Causa 5/71 Aktien-Zuckerfabrik Schöppenstedt/Consiglio, Racc. 1971, pag. 975; cause 9 e 11/71 Compagnie d’Approvisionnement de Transport et de Crédit SA e Grands Moulins de Paris SA/Commissione, Racc. 1972, pag. 391; causa T-178/98 Fresh Marine Company SA/Commissione, Racc. 2000, pag; Causa T-99/98 Hameico Stuttgart GmbH contro Consiglio e Commissione [2003] Racc. II-2195, [37]-[38]; Causa 234/02 P Mediatore europeo contro Frank Lamberts [2004] Racc. I-2803; Causa T-47/02 Danzer e Danzer contro Consiglio [2006] Racc. II-1779, [27]; Causa T-193/04 Hans-Martin Tillack contro Commissione [2006] Racc. II-3995, [97]-[98].

4 Causa 543/79 Birke/Commissione [1981] Racc. 2669, [28]; cause C-199 e 200/94 Pesqueria Vasco-Montanesa SA (Pevasa) e Compania

renza tra atti discrezionali e non discrezionali, poiché in quest’ultimo caso la mera violazione del diritto dell’UE può essere sufficiente a stabilire la violazione sufficientemente grave5. Non è chiaro il motivo di questo cambiamento, in base al quale gli atti discrezionali e quelli non discrezionali vengono differenziati in modo diverso rispetto al passato. La logica di circoscrivere la responsabilità per gli atti discrezionali, tuttavia, è familiare ai regimi di common law sulla responsabilità per danni delle autorità pubbliche, nonostante la predominanza dei regimi di civil law nell’ordinamento giuridico dell’UE. Il ragionamento della CGUE nella causa Schöppenstedt/Bergaderm è espressivo del fatto che il legislatore/amministrazione può spesso disporre di un’ampia discrezionalità che richiede scelte difficili, che implicano il bilanciamento di diverse variabili. Questo potere discrezionale è comunque soggetto a controlli di legalità e la decisione sarà annullata se viola tali precetti procedurali e sostanziali. La semplice constatazione di tale illegittimità non dovrebbe tuttavia essere sufficiente per la responsabilità per danni, dato che le implicazioni per le finanze pubbliche potrebbero essere molto gravi. Tale responsabilità dovrebbe dipendere dalla dimostrazione di una violazione sufficientemente grave. Non è un caso che molte sentenze fondamentali sull’attuale articolo 340(2) siano state emesse nel contesto della Politica Agricola Comune. Sono state emanate molte iniziative legislative in questo settore, che sono state fatte in base alle disposizioni del trattato, gli articoli 39-40 del TFUE6.

Questi articoli richiedevano al legislatore dell’UE di bilanciare una serie di obiettivi diversi, che potevano essere in conflitto tra loro, e queste scelte dovevano spesso essere fatte entro limiti temInternacional de Pesca y Derivados SA (Inpesca)/Commissione [1995] Racc. I-3709, [27]-[28]; causa T-93/95 Laga/Commissione [1998] Racc; Causa C-310/97 P Commissione contro AssiDomän Kraft Products AB [1999] Racc. I-5363, [59]; Causa T-178/98 Fresh Marine (n 3) [50]; Cause T-44, 119, 126/01 Eduardo Vieira SA, Vieira Argentina SA e Pescanova SA contro Commissione [2003] Racc. II-1209, [214]-[216]; Mead (1997).

5 Causa 5/71 Aktien-Zuckerfabrik Schöppenstedt (n 3) [11].

6 Causa C-352/98 P Laboratoires Pharmaceutiques Bergaderm SA e Goupil/Commissione [2000] Racc. I-5291.

porali ristretti. Non sorprende che la Corte sia riluttante a imporre una responsabilità per danni solo sulla base di una constatazione di illegalità di per sé.

Gli obiettivi della politica agricola comune sono i seguenti: (a) aumentare la produttività dell’agricoltura promuovendo il progresso tecnico e assicurando lo sviluppo razionale della produzione agricola e l’utilizzazione ottimale dei fattori di produzione, in particolare della manodopera; (b) garantire un tenore di vita equo alla comunità agricola, in particolare aumentando il reddito individuale delle persone impegnate in agricoltura; (c) stabilizzare i mercati; (d) assicurare la disponibilità delle forniture; (e) garantire che le forniture raggiungano i consumatori a prezzi ragionevoli.

Nell’elaborazione della politica agricola comune e dei metodi specifici per la sua applicazione, si terrà conto di quanto segue: (a) la natura particolare dell’attività agricola, che deriva dalla struttura sociale dell’agricoltura e dalle disparità strutturali e naturali tra le varie regioni agricole; (b) la necessità di effettuare gli opportuni aggiustamenti per gradi;

(c) il fatto che negli Stati membri l’agricoltura costituisce un settore strettamente legato all’economia nel suo complesso.

2.4. Stato di diritto superiore: Scelta normativa

La CGUE ha chiarito fin dall’inizio che una condizione necessaria per la responsabilità è l’esistenza di una norma di legge superiore per la protezione dell’individuo. La Corte non ha fornito ulteriori e migliori dettagli sulle norme che si sarebbero qualificate per questo status. La Corte non ha fornito ulteriori e migliori dettagli sulle norme che si sarebbero qualificate come tali, ma ha lasciato che fosse la giurisprudenza ad ampliare ed esemplificare le norme che sarebbero state sufficienti a tal fine. La giurisprudenza che ne è scaturita ha operato scelte normative in merito alle norme che avrebbero dovuto valere ai fini della responsabilità per danni. In termini negativi, è emerso chiaramente che le norme dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) non potevano essere generalmente invocate in questo contesto. In termini positivi, la giurisprudenza rivela che “superiore” è talvolta equiparato

a “importante”, e talvolta a una concezione più formalistica di una norma gerarchicamente superiore a un’altra7. Pertanto, molte disposizioni del Trattato rientrano in questa categoria. Un motivo comunemente citato è il divieto di discriminazione di cui all’articolo 40, paragrafo 2, del TFUE, nel contesto della Politica agricola comune (PAC). Ciò non sorprende, dato che molte azioni di risarcimento danni sono intentate in base a regolamenti emanati nell’ambito della PAC. Un ricorrente può anche sostenere che un regolamento viola un regolamento gerarchicamente superiore8, o che viola alcuni principi generali del diritto come la proporzionalità, la certezza del diritto o il legittimo affidamento9. L’obbligo di motivazione non sembra rientrare in questa categoria10, così come il principio di buona amministrazione, a meno che non costituisca l’espressione di diritti specifici, come il diritto a una gestione imparziale, equa ed entro un termine ragionevole, il diritto al contraddittorio, il diritto all’ accesso agli atti

7 Ibidem [46]. Si veda anche la causa C-390/95 P Antillean Rice Mills NV/Commissione [1999] Racc. I-769, [56]-[62]; la causa C-472/00 P Commissione/Fresh Marine A/S [2003] Racc.

8 Si veda, ad esempio, nel contesto britannico, X (Minori) contro Bedfordshire CC [1995] 2 AC 633.

9 Si veda, ad esempio, Cause 44-51/77 Union Malt/Commissione [1978] Racc. 57; Causa 26/81 Oleifici Mediterranei/Cee [1982] Racc. 3057, [16]; Causa C-146/91 KYDEP/Consiglio e Commissione [1994] Racc. I-4199; Cause C-258 e 259/90 Pesquerias de Bermeo SA e Naviera Laida SA/Commissione [1992] Racc. I-2901; Causa T-336/94 Efisol/ Commissione [1996] Racc. II-1343, [30]; Causa T-178/98 Fresh Marine (n 3) [54]; Cause T-79/96, 260/97, 117/98 Camar Srl e Tico Srl/Commissione [2000] Racc. II-2193, [204]-[205]; Causa T-333/03 Masdar (UK) Ltd/ Commissione [2006] Racc. II-4377, [59]-[62].

10 Si veda, ad esempio, Causa C-352/98 P Laboratoires Pharmaceutiques Bergaderm (n 6) [42]-[44]; Causa C-472/00 P Fresh Marine A/S (n 7) [26]-[27]; Causa C-312/00 P Camar (n 7) [54]-[55]; Causa T-283/02 EnBW Kernkraft GmbH/Commissione [2005] Racc. II-913, [87]; Causa T-139/01 Comafrica SpA e Dole Fresh Fruit Europe Co Ltd/Commissione [2005] Racc. II-409, [142]; Causa C-440/07 P Schneider (n 7) [160].

o l’obbligo di motivare le decisioni, ai sensi dell’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali11.

2.5. Violazione flagrante/violazione grave: Scelta normativa

È chiaro, come abbiamo visto da Schöppenstedt, che l’individuo deve provare non solo che c’è stata una violazione di una norma di legge superiore per la protezione dell’individuo, ma anche che la violazione è stata flagrante. È stato il dispositivo di controllo più significativo utilizzato dai tribunali. Il significato attribuito a questo termine incarna una scelta normativa sulle condizioni più particolari che dovrebbero essere sufficienti per imporre la responsabilità per danni dell’UE. Il significato non è rimasto costante nel tempo. Al contrario, la giurisprudenza rivela il modo in cui il suo contenuto è cambiato nel tempo e i valori concorrenti che hanno informato questa scelta.

La giurisprudenza più antica ha rivelato due accezioni del termine “violazione flagrante”, che era la formulazione utilizzata in Schöppenstedt. La Corte di giustizia europea ha negato il recupero quando il danno non è stato ritenuto sufficientemente grave, come esemplificato da Bayerische HNL12. Il concetto di violazione flagrante si riferiva anche alla gravità della violazione, come esemplificato da Amylum13, dove il recupero è stato negato perché l’errore istituzionale non rasentava l’arbitrarietà14. Queste condizioni erano cumulative. Il richiedente doveva dimostrare sia che

11 Causa C-149/96 Portogallo/Consiglio [1999] Racc. I-8395; Causa T-18/99 Cordis Obst und Gemuse Grosshandel GmbH/Commissione [2001] Racc. II-913; Causa C-377/02 Leon Van Parys NV/BIRB [2005] Racc. I-1465; Causa T-383/00 Beamglow Ltd/Parlamento europeo, Consiglio e Commissione [2005] Racc. II-5459; Cause C-120-121/06 P FIAMM/Consiglio e Commissione [2008] Racc. I-6513, [111]-[112].

12 Causa 74/74 Comptoir National Technique Agricole (CNTA) SA/ Commissione, Racc. 1975, pag. 533.

13 Ibidem.

14 Causa 106/81 Julius Kind KG contro la CEE [1982] Racc. 2885; causa C-119/88 Aerpo (n 84) [19]; cause T-466, 469, 473, 474, 477/93 O’Dwyer contro il Consiglio [1996] Racc. II-207, [72]; cause T-64 e 65/01

Afrikanische Frucht-Compagnie GmbH contro il Consiglio e la Commissione [2004] Racc.

l’“effetto” della violazione fosse grave, in termini di entità15 del danno subito e che le “modalità” della violazione erano state arbitrarie. Se la responsabilità risarcitoria dell’UE avesse continuato a basarsi sulla prova di queste due condizioni, pochi ricorrenti avrebbero avuto successo. Sono rari i casi in cui l’UE ha promulgato un regolamento del tutto estraneo ai fini generali che aveva il diritto di perseguire, ad esempio in ambito agricolo. Gli errori si sono verificati più spesso nell’attuazione di politiche legittime in modo errato.

La giurisprudenza più recente risale a Bergaderm16. La Corte di giustizia europea aveva stabilito nella causa Brasserie du Pêcheur/Factortame17 che il test per la responsabilità dello Stato non dovrebbe essere diverso in linea di principio da quello utilizzato per determinare la responsabilità dell’UE ai sensi dell’articolo 340(2). Il significato più ampio del caso per il rapporto tra la responsabilità dell’UE in materia di danni e la responsabilità dello Stato in materia di danni sarà discusso di seguito. Per il momento è sufficiente dire che questo incrocio tra il test per la responsabilità dell’UE per i danni e quello degli Stati membri è stato portato avanti nella sentenza Bergaderm, in cui la Corte di giustizia europea ha completato il cerchio attingendo esplicitamente ai fattori menzionati nella sentenza Brasserie du Pêcheur/Factortame per determinare il significato di violazione flagrante ai fini della responsabilità ai sensi dell’articolo 340(2). Non è stato un caso che il linguaggio si sia spostato da “flagrante violazione” a “grave violazione”. Il cambiamento linguistico ha comportato un ripensamento sub-standard delle condizioni che devono essere soddisfatte per rendere l’UE responsabile dei danni.

Nella causa Bergaderm, la Corte di giustizia europea ha affermato che le regole per la responsabilità ai sensi dell’articolo 340, paragrafo 2, tengono conto, come quelle relative alla responsabi-

15 Causa T-193/04 Tillack (n. 3) [116]-[117].

16 Causa C-352/98 Laboratoires Pharmaceutiques Bergaderm (n. 6).

17 Cause C-46 e 48/93 Brasserie du Pêcheur SA contro Germania; R. contro Secretary of State for Transport, ex p Factortame Ltd [1996] ECR I-1029.

lità statale per danni, della «complessità delle situazioni da regolare, delle difficoltà di applicazione o di interpretazione dei testi e, più in particolare, del margine di discrezionalità di cui dispone l’autore dell’atto in questione»18. La Corte ha affermato che il criterio per la responsabilità per danni è in generale lo stesso, indipendentemente dal fatto che sia l’Unione o lo Stato membro a causare il danno: la norma di legge violata deve essere destinata a conferire diritti ai singoli, deve esserci una violazione sufficientemente grave e deve esistere un nesso causale diretto tra la violazione e il danno19. La possibilità che un gran numero di ricorrenti chieda il risarcimento dei danni a causa della stessa illegalità non preclude un’azione ai sensi dell’articolo 340, paragrafo 220, e l’arbitrarietà non è più richiesta per la responsabilità21.

La gravità della violazione ai fini dell’articolo 340, paragrafo 2, dipenderà quindi da fattori articolati nella giurisprudenza sulla responsabilità dello Stato, quali la relativa chiarezza della norma violata, il grado di discrezionalità lasciato alle autorità competenti, la scusabilità o meno dell’errore di diritto e l’eventuale.

violazione sia stata intenzionale o volontaria. Se lo Stato membro o l’istituzione dell’UE ha solo una discrezionalità notevolmente ridotta, o addirittura nulla, la semplice violazione del diritto dell’UE può essere sufficiente per stabilire l’esistenza di una violazione sufficientemente grave. La questione decisiva ai fini della responsabilità per danni non è la natura individuale o generale dell’atto adottato, ma la discrezionalità di cui disponeva l’istituzione al momento della sua adozione. Questo approccio è stato seguito in casi successivi22

18 Causa C-352/98 P Laboratoires Pharmaceutiques Bergaderm (n 6) [40].

19 Ibidem [41]-[42].

20 Cause C-104/89 e 37/90 Mulder contro Consiglio e Commissione, Racc. 1992, I-3061.

21 Causa C-220/91 P Stahlwerke Peine-Salzgitter AG/Commissione [1993] Racc. I-2393; Causa C- 282/90 Industrie-en Handelsonderneming Vreugdenhil BV/Commissione [1992] Racc. I-1937, [17]-[19].

22 Causa C-472/00 P Fresh Marine A/S (n 7); Causa C-312/00 P Camar (n 3); Causa C-198/03 P Commissione contro CEVA Santé Animale SA e Pfizer Enterprises Sàrl [2005] ECR I-6357; Causa T-16/ 04 Arcelor

È possibile che vi siano opinioni diverse riguardo al test attuale. Come abbiamo visto in precedenza, la sua logica è che le istituzioni dell’UE devono spesso compiere scelte discrezionali difficili. Un criterio di responsabilità basato sull’illegittimità di per sé renderebbe i responsabili delle decisioni suscettibili di una responsabilità potenzialmente ampia e correrebbe il rischio che la Corte «controlli» le decisioni del Consiglio e della Commissione su come bilanciare le variabili relative alla discrezionalità in un caso specifico. Un test così rigoroso per la responsabilità per danni potrebbe anche dissuadere i tribunali dall’accertare l›illegalità. Tuttavia, l’interpretazione di «violazione flagrante» nella prima giurisprudenza era troppo restrittiva, soprattutto per quanto riguarda la necessità di dimostrare qualcosa di simile a un›azione arbitraria. L’approccio di Brasserie du Pêcheur/Factortame, adottato in Bergaderm, è da preferire. Quando il danno è stato causato da un’azione illegale sufficientemente grave, il richiedente non dovrebbe tuttavia dimostrare che il danno era particolarmente grave. Il richiedente dovrebbe dimostrare che l’illegalità ha causato il danno, ma non dovrebbe esserci alcun requisito aggiuntivo23.

2.6. Atti illeciti e leciti: Disaggregazione e scelta normativa

La discussione finora ha riguardato la responsabilità per danni da atti illeciti. Il problema del danno causato da un’azione governativa legittima è endemico a tutti gli ordinamenti giuridici, ognuSA contro Parlamento europeo e Consiglio [2010] Racc. II-211, [141][143]; Causa C-282/ 05 P Holcim (Deutschland) AG contro Commissione [2007] Racc. I-2941; Causa T-304/01 Julia Abad Pérez contro Consiglio e Commissione [2006] Racc. II-4857; Causa T-364/03 Medici Grimm KG contro Consiglio [2006] Racc. II-79; Cause T-3/00 e 337/04 Athanasios Pitsiorlas contro Consiglio e BCE [2007] Racc. II-4779; Causa T-94/98 Alfonsius Alferink/Commissione [2008] Racc. II-1125; Causa T-212/03

My Travel Group plc/Commissione [2008] Racc. II-1967; Causa T-79/13 Accorinti/Banca Centrale Europea, EU:T:2015:756, [64]-[67]; causa C-810/15 Ledra Advertising Ltd contro Commissione e Banca centrale europea, EU:C:2016:701, [63]-[64].

23 Causa T-57/00 Banan-Kompaniet AB e Skandinaviska Bananimporten AB contro Consiglio e Commissione, Racc. 2003, II-607, [70].

no dei quali decide se concedere un risarcimento e le condizioni necessarie per tale recupero. Così, il diritto francese riconosce un principio di égalité devant les charges publics24 . il diritto tedesco prevede il concetto di Sonderöpfer, che consente di recuperare i danni causati da un’azione governativa legittima, anche se in circostanze limitate25.

La Corte di giustizia europea ha dovuto decidere se ammettere tali richieste di risarcimento e le condizioni che dovevano essere soddisfatte a questo proposito. Non è stato facile per i ricorrenti avere successo e la maggior parte delle richieste di risarcimento per danni legittimamente causati sono state respinte26. I criteri per il recupero sono stati elaborati più chiaramente nella causa Dorsch Consult27. La CE, agendo in base a una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, ha approvato un regolamento che vietava il commercio con l’Iraq. Il governo iracheno ha reagito con una legge che ha congelato i beni delle società operanti in Iraq, le quali avevano sede nei Paesi che avevano imposto l’embargo. Il richiedente ha chiesto di essere risarcito per la perdita subita, anche se la CE aveva agito legal-

24 Bronkhorst (1997).

25 Ibidem 155-159.

26 Si veda, ad esempio, Cause 9 e 11/71 Compagnie d’Approvisionnement de Transport et de Crédit SA e Grands Moulins de Paris SA contro Commissione [1972] Racc. 391, [45]; Cause 54-60/76 Compagnie Industrielle et Agricole du Comté de Loheac contro Consiglio e Commissione [1977] Racc. 645, [19]; Causa 59/83 SA Biovilac NV contro CEE [1984] Racc. 4057, 4080-4081; Causa 265/85 Van den Bergh Jurgens BV contro CEE [1987] Racc. 1155; Causa 81/86 De Boer Buizen contro Consiglio e Commissione [1987] Racc. 3677.

27 Causa T-184/95 Dorsch Consult Ingenieurgesellschaft mbH contro Consiglio [1998] ECR II-667, confermata in appello, causa C-237/98 P Dorsch Consult Ingenieurgesellschaft mbH contro Consiglio [2000] ECR I-4549. Si veda anche la causa T-170/00 Forde-Reederie GmbH contro Consiglio e Commissione [2002] Racc. II-515, [56]; le cause T-64-65/01 Afrikanische Frucht-Compagnie GmbH e Internationale Fructimport Gesellschaft Weichert Co contro Consiglio e Commissione [2004] Racc. II-521, [150]-[156]; Causa T-383/00 Beamglow Ltd contro Parlamento europeo, Consiglio e Commissione [2005] Racc. II-5459, [173]-[174]; Cause C-120121/06 P FIAMM contro Consiglio e Commissione [2008] Racc. I-6513.

mente. Il Tribunale di primo grado ha sottolineato che per accertare la responsabilità per atti legittimi nel diritto comunitario, è necessario che il richiedente dimostri il danno e il nesso di causalità. Tale responsabilità poteva sussistere solo se il danno colpiva una particolare cerchia di operatori economici in modo sproporzionato rispetto ad altri (danno anomalo) e superava i rischi economici inerenti all’attività nel settore interessato (danno speciale) laddove la misura legislativa che ha dato origine al presunto danno non era giustificata da un interesse economico generale. Il Tribunale di primo grado ha concluso che il richiedente non aveva soddisfatto questi requisiti.

La natura provvisoria e condizionale di questi requisiti è stata sottolineata in appello alla Corte di Giustizia Europea28. Essi sono stati ulteriormente enfatizzati in FIAMM29, dove la Corte di Giustizia Europea è stata ancora più cauta nell’ammettere l’esistenza di un simile principio di responsabilità nel diritto dell’UE. Ha ribadito che non esiste ancora un principio di questo tipo nel diritto dell’UE e che, se sussistesse, sarebbe soggetto alle rigorose condizioni di cui sopra. La CGUE ha inoltre osservato che non vi è consenso nelle legislazioni degli Stati membri in merito all’esistenza di una responsabilità per atti legittimi di natura legislativa30.

Questa cautela e circospezione sull’esistenza di una responsabilità per danni causati legalmente non sorprende. La legislazione spesso avvantaggia una parte della popolazione a scapito di un’altra. La responsabilità per le perdite derivanti da una legislazione legittima richiede di tracciare una difficile linea di demarcazione tra i casi in cui lo svantaggio era l’obiettivo della legislazione, o un suo effetto necessario, e quelli in cui è stata approvata una legislazione che incidentalmente colpisce una particolare impresa in modo grave, ma in cui non vi è alcuna obiezione legislativa a risarcire la perdita subita. Le difficoltà nel tracciare questa linea di demarcazione sono particolarmente marcate nell’UE, dove molte politiche legittime possono avere un impatto distributivo su alcuni settori della società.

28 Causa C-237/98 P Dorsch Consult (n 30) [19].

29 Cause C-120-121/06 P FIAMM (n 30) [164]-[176].

30 Ibidem [175]; causa T-79/13 Accorinti (n 25) [117]-[122].

2.7. Responsabilità per danni nell’UE: valutazione

La Corte di giustizia europea ha preso la laconica formulazione dell’attuale articolo 340(2) e ha elaborato un criterio di responsabilità che ha perfezionato negli anni successivi. La CG svolge ora un ruolo sempre più importante nella sua interpretazione. La giurisprudenza ha una storia travagliata. Il test di Schöppenstedt applicato nei primi anni rendeva estremamente difficile il successo di qualsiasi richiesta risarcitoria. La necessità di dimostrare un danno grave e una violazione che rasentava l’arbitrarietà significava che le casse dell’UE raramente dovevano pagare quando le perdite erano causate da misure legislative che comportavano il bilanciamento di variabili economiche. Gli attori hanno avuto più successo quando non c’era discrezionalità, a condizione che potessero dimostrare l’illegalità, il nesso di causalità e il danno che ne era risultato, ma anche in questo caso molte domande sono state respinte perché l’attore non era riuscito a dimostrare il nesso di causalità o il danno richiesto.

La giurisprudenza, tuttavia, è diventata meno restrittiva dopo Bergaderm. La CGUE ha sottolineato la parità tra i test per affermare la responsabilità dell’Unione e la responsabilità dello Stato e ha applicato alla responsabilità dell’UE il test della violazione grave in Brasserie du Pêcheur/Factortame. Nella causa Bergaderm, la CGUE ha inoltre chiarito che il criterio decisivo per l’applicazione di questo test è l’esercizio del potere discrezionale da parte dell’istituzione, e non la forma in cui questo viene espresso. Si tratta di sviluppi positivi.

Resta da vedere se i tribunali dell’Unione intendono modificare il loro approccio in relazione agli atti non discrezionali. Finora il test per la responsabilità era costituito da tre fattori, l’illegalità, il nesso di causalità e il danno. La formulazione di Bergaderm e delle cause successive è leggermente diversa. La Corte continua a distinguere tra responsabilità per atti discrezionali e non discrezionali, ma ciò nell’ambito del test della violazione sufficientemente grave. In assenza di discrezionalità o con una discrezionalità notevolmente ridotta, la mera violazione del diritto dell’UE “può” essere sufficiente per stabilire che la violazione è rilevante. Sarebbe deplorevole se questa nuova formulazione rendesse più difficile ottenere il risarcimento dei danni in caso di illegalità e di assenza di discrezionalità.

3. Responsabilità dello Stato nel risarcimento del danno: ragionamento e risultato

3.1. Ragionamento e risultato: Il legame simbiotico

La discussione finora ha riguardato i fattori che hanno plasmato la responsabilità per danni ai sensi dell’articolo 340 del TFUE e la connessione simbiotica tra ragionamento e risultato. La stessa interconnessione è evidente nella giurisprudenza sulla responsabilità degli Stati in materia di risarcimento dei danni, che è al centro di questa sezione. In effetti, la latitudine concessa alla CGUE è ancora maggiore in questo caso, poiché i Trattati dell’UE non hanno nulla di equivalente all’articolo 340 del TFUE in relazione alla responsabilità per danni imputabile allo Stato per la violazione di norme comunitarie.

La Corte ha gettato le basi di tale responsabilità in Francovich31. I ricorrenti hanno citato in giudizio lo Stato italiano per la mancata attuazione della direttiva 80/987 sulla tutela dei lavoratori in caso di insolvenza del datore di lavoro. Il loro datore di lavoro era diventato insolvente, ma loro non potevano recuperare i loro salari perché l’Italia non aveva attuato la direttiva. Essi sostenevano che lo Stato fosse tenuto a versare loro le somme dovute.

La Corte di giustizia europea ha ritenuto che, sebbene la direttiva non fosse sufficientemente precisa per essere direttamente efficace, era comunque destinata a conferire diritti ai singoli e ha affermato che «la piena efficacia delle norme comunitarie sarebbe compromessa e la tutela dei diritti da esse garantiti sarebbe indebolita se i singoli non potessero ottenere un risarcimento quando i loro diritti sono lesi dalla violazione del diritto comunitario di cui uno Stato membro può essere ritenuto responsabile»32.

31 Cause C-6/90 e C-9/90 Francovich e Bonifaci contro Italia [1991] Racc. I-5357; Curtin (1992), Caranta (1995), Ross (1993), Craig (1993) e Steiner (1993).

32 Cause C-6/90 e C-9/90 Francovich (n 35) [33].

Ne consegue che «il principio della responsabilità dello Stato per i danni causati ai singoli da violazioni del diritto comunitario di cui lo Stato può essere ritenuto responsabile è insito nel sistema del trattato»33. Un ulteriore fondamento di tale obbligo è stato individuato nell’articolo 10 del trattato CE, che impone agli Stati membri di adottare tutte le misure idonee a garantire l’adempimento dei loro obblighi comunitari, compreso «l’obbligo di annullare le conseguenze illegali di una violazione del diritto comunitario»34.

3.2. Responsabilità dello Stato e responsabilità dell’UE: Collegamento

Ci sono questioni centrali riguardanti la natura di un’azione che possono essere facilmente dimenticate, soprattutto quando diventano parte del modello di pensiero accettato.

È tuttavia importante ricordare le scelte che la Corte ha compiuto nello sviluppare i contorni della responsabilità statale per danni e il modo in cui li ha risolti. Nessuna era più importante, dal punto di vista politico e normativo, del rapporto tra responsabilità dello Stato e responsabilità dell’UE in materia di danni. Nella sentenza Brasserie du Pêcheur/Factortame la Corte si è trovata di fronte a una vera e propria scelta: distinguere i criteri per la responsabilità dello Stato da quelli per la responsabilità dell’UE o applicare lo stesso criterio giuridico generale in entrambi i casi. La risposta non era preordinata. L’Avvocato generale Léger nella causa Lomas ha suggerito che le due specie di responsabilità dovessero essere trattate come distinte, mentre l’Avvocato generale Tesauro nella causa Brasserie du Pêcheur/Factortame ha sostenuto che dovevano essere collegate. Egli ha sostenuto che le condizioni di responsabilità dell’UE ai sensi dell’articolo 215 CE sono troppo restrittive e dovessero essere liberalizzate. Torneremo sulla questione più avanti. Alla luce di quanto sopra, ritengo che non vi sia motivo di applicare criteri diversi, naturalmente in situazioni simili, a se-

33 Ibidem [35].

34 Ibidem [36].

conda che la violazione del diritto comunitario in questione sia imputabile a uno Stato o a un’istituzione comunitaria. Al contrario, situazioni diverse possono e devono portare a conclusioni diverse per quanto riguarda i criteri utilizzati per accertare la sussistenza dei presupposti della responsabilità, sia che la presunta responsabilità sia imputabile agli Stati membri sia che sia imputabile alle istituzioni comunitarie. In particolare, in prima approssimazione, ritengo assolutamente ragionevole che la responsabilità degli Stati – sia ben chiaro, indipendentemente dal fatto che la disposizione violata abbia o meno un effetto diretto – sia soggetta alle stesse condizioni restrittive che si applicano alle istituzioni comunitarie ogniqualvolta esse abbiano un margine di discrezionalità o non siano chiari i limiti imposti alla loro azione dalle disposizioni comunitarie, magari in settori che rientrano (in parte) nella loro sfera di competenza. Al contrario, gli Stati membri dovrebbero essere ritenuti più facilmente responsabili quando la violazione non è associata all’esercizio di un’ampia discrezionalità. In ultima analisi, ciò che si dovrebbe ottenere è un sistema di responsabilità differenziato a seconda che le istituzioni comunitarie (e le autorità nazionali) dispongano o meno di un’ampia discrezionalità. A mio avviso, questo è il modo più corretto e coerente per realizzare l’essenziale armonizzazione dei presupposti della responsabilità, in quanto sarebbe quantomeno strano ritenere gli Stati membri responsabili, per fatti equivalenti, di violazioni del diritto comunitario a condizioni diverse (meno rigorose) di quelle che la Corte applica alla responsabilità delle istituzioni comunitarie. In una Comunità di diritto, in cui l’obiettivo è che gli atti e i comportamenti di tutti i partecipanti al sistema siano passibili di controllo giurisdizionale senza privilegi per nessuno, l’esigenza di una tutela effettiva dei diritti rivendicati dai singoli in base al diritto comunitario non può variare – a parità di situazioni – a seconda che il danno sia stato causato da uno Stato membro o dalla Comunità.

La Corte ha seguito questo approccio nella causa Brasserie du Pêcheur/Factortame. Ha ritenuto che le condizioni per la responsabilità dello Stato debbano essere in linea con la giurisprudenza dell’articolo 340 del TFUE, poiché la protezione che i singoli traggono dal diritto dell’UE non può, in assenza di una particolare

giustificazione, variare a seconda che la violazione sia imputabile a un’autorità nazionale o a un’istituzione dell’UE35.

Le norme in materia di responsabilità di cui all’articolo 340, paragrafo 2, tengono conto, ha affermato la Corte, dell’ampio margine di discrezionalità di cui dispongono le istituzioni dell’UE nell’attuazione delle politiche comunitarie. Gli Stati membri non dispongono sempre di tale discrezionalità quando agiscono nell’ambito del diritto dell’UE, ma quando lo fanno le condizioni per la responsabilità per danni devono essere le stesse che si applicano all’UE36. Nei casi in questione, secondo la CGUE, i legislatori nazionali disponevano di un’ampia discrezionalità nelle aree pertinenti e si trovavano di fronte a scelte paragonabili a quelle effettuate dalle istituzioni dell’Unione quando queste ultime adottavano misure legislative in base a una politica dell’UE37

L’approccio della Corte, seguendo quello dell’Avvocato generale, è stato corretto sia dal punto di vista politico sia normativo. In termini politici, sarebbe stato criticabile assoggettare gli Stati membri alla responsabilità per danni sulla base di criteri nettamente più severi di quelli applicabili all’UE. In termini normativi, non vi era alcuna giustificazione per farlo. La questione chiave, come correttamente individuato dall’Avvocato generale Tesauro, era la natura della norma comunitaria violata, e se essa comportasse l’esercizio di un potere discrezionale che richiedeva scelte complesse, non se il torto fosse stato commesso dall’UE rispetto agli Stati membri38.

3.3. Danni

ed effetti diretti: Disaggregazione

Una seconda questione riguardante i contorni della responsabilità dello Stato è il rapporto tra effetto diretto e danni. La questione principale alla luce di Francovich era se la responsabilità per danni esistesse solo in relazione a disposizioni del diritto comunitario prive di effetto diretto. In Francovich la Corte di giustizia eu-

35 Ibidem [42].

36 Ibidem [47].

37 Ibidem [48]-[50].

38 Craig (1997).

ropea ha ritenuto che l’articolo pertinente della direttiva non fosse sufficientemente preciso per l’effetto diretto, ma ha ritenuto che lo Stato potesse comunque essere responsabile per i danni. Per questo motivo, alcuni sostenevano che la responsabilità per danni esistesse solo per colmare una lacuna nel sistema generale di diritti e rimedi a disposizione degli individui. Secondo questo punto di vista, se una disposizione del diritto comunitario ha effetto diretto, non ci sarebbe bisogno di un rimedio per il risarcimento dei danni, poiché l’individuo potrebbe fare affidamento sul diritto derivante dalla norma direttamente efficace per salvaguardare la propria posizione. Questo è il punto di vista adottato dagli Stati membri nella causa Lomas e nella causa Brasserie du Pêcheur/Factortame39 . Questo punto di vista è stato tuttavia respinto con forza dall’Avvocato generale Léger nella causa Lomas. L’avvocato generale Léger ha affermato che l’azione di risarcimento del danno può costituire un utile rimedio nei casi in cui la disposizione comunitaria sia priva di effetto diretto e che può costituire un incentivo per uno Stato membro a recepire una direttiva40. Ciò non significa, ha affermato l’avvocato generale Léger, che la responsabilità per il risarcimento del danno sia inapplicabile in relazione alle disposizioni del diritto comunitario che hanno effetto diretto. L’effetto diretto è solo una garanzia minima, che non assicura necessariamente una protezione completa per un individuo che si affida al diritto comunitario. Inoltre, se il principio della responsabilità dello Stato si applica a un diritto privo di effetti diretti conferito da una direttiva, dovrebbe applicarsi a maggior ragione a un diritto soggettivo conferito da disposizioni dotate di effetti diretti. Un individuo che abbia intentato un’azione di risarcimento danni a causa della violazione di una disposizione di diritto comunitario con effetto diretto può, per definizione, dimostrare che i diritti erano stati concessi a suo vantaggio e che il loro contenuto era identificabile, soddisfacendo così le prime due condizioni per la responsabilità

39 Si veda, ad esempio, la causa C-46 48/93 Brasserie du Pêcheur/ Factortame (n. 20) [18].

40 Causa C-5/94 Lomas (n 40) [75]-[84], AG Léger.

nella sentenza Francovich41. Un’azione di risarcimento dei danni è quindi un corollario dell’effetto diretto42. La mia conclusione è che un’azione di risarcimento danni contro uno Stato non è solo un rimedio per un effetto diretto imperfetto. Non è limitata alla situazione di Francovich. È una componente essenziale della tutela giurisdizionale dei singoli che fanno affidamento sul diritto comunitario, dal momento in cui la disposizione o la decisione che ha causato il danno è in grado di far sorgere diritti in capo ai singoli. Per questo motivo la sentenza Francovich ha reso il principio di responsabilità un principio generale del diritto comunitario. L’avverbio “in particolare” al punto 34 della sentenza ci dice che la Corte non esclude tale responsabilità in casi diversi da quello della mancata trasposizione di una direttiva. Spetta alla Corte delimitare i confini di questo principio di responsabilità dello Stato per violazione del diritto comunitario.

Questa conclusione è stata ripresa dall’Avvocato generale Tesauro nella causa Brasserie du Pêcheur/Factortame, secondo cui «nella misura in cui si riferiscono alla posizione giuridica che un individuo deve rivestire per poter rivendicare un diritto alla riparazione, le condizioni stabilite dalla Corte nella causa Francovich sono manifestamente necessarie e soddisfatte anche nel caso di disposizioni del Trattato aventi effetto diretto»43. La CGUE ha seguito il consiglio degli Avvocati generali e ha respinto inequivocabilmente l’argomentazione secondo cui la responsabilità per danni era applicabile solo ai casi in cui la disposizione comunitaria non avesse effetto diretto. La Corte ha ritenuto che il diritto dei singoli di avvalersi di disposizioni di diritto comunitario direttamente efficaci dinanzi ai tribunali nazionali costituisse solo una forma minima di tutela44: l’effetto diretto non poteva necessariamente garantire che i singoli non subissero danni in conseguenza di una violazione del diritto co-

41 Ibidem [85]-[93].

42 Ibidem [94].

43 Cause C-46 48/93 Brasserie du Pêcheur/Factortame (n 20) [57], AG Tesauro.

44 Cause C-46 48/93 Brasserie du Pêcheur/Factortame (n 20) [57], AG Tesauro.

munitario imputabile a uno Stato membro. Il diritto alla riparazione era considerato un corollario dell’effetto diretto45.

3.4. L’imputazione della responsabilità dello Stato: La concezione unitaria dello Stato

È assiomatico che lo sviluppo della responsabilità dello Stato per danni richieda una certa concezione di ciò che costituisce lo Stato a questi fini. La questione è stata lasciata aperta in Francovich, ma è stata affrontata in Brasserie du Pêcheur/Factortame, dove la CGUE ha adottato una concezione unitaria dello Stato: la responsabilità poteva essere imposta indipendentemente dall’organo dello Stato responsabile della violazione, il legislatore, l’esecutivo o la magistratura46. Questo approccio concettuale al significato di “Stato” ai fini della responsabilità dello Stato in materia di danni era estremamente ragionevole.

Dal punto di vista della Comunità, non c’è nulla da guadagnare se si cerca di individuare il particolare organo dello Stato responsabile della violazione. In questo modo, la Corte sarebbe stata coinvolta in un’infinita serie di controversie sulla ripartizione della responsabilità all’interno di un determinato Stato per l’azione che avesse causato la perdita. La risoluzione di tali questioni avrebbe, a sua volta, lasciato la Corte esposta all’accusa di essersi intromessa in un terreno che esulava dalle sue competenze, delineando i confini della responsabilità all’interno di uno Stato per il danno cagionato. Dal punto di vista della CGUE era sufficiente affermare che lo Stato era responsabile per gli atti di tutti gli organi, legislativi, esecutivi e giudiziari, lasciando che le conseguenze più particolari della responsabilità tra questi organi fossero determinate dallo Stato stesso. Tuttavia, l’affermazione che la responsabilità dello Stato potesse riguardare tutti gli organi dello Stato ha generato interessanti questioni concettuali.

Ciò è risultato evidente in relazione alla responsabilità legislativa nella causa Brasserie du Pêcheur/Factortame, poiché nel

45 Ibidem [22].

46 Ibidem [32].

primo caso il danno subito dai ricorrenti è stato causato dalla mancata modifica da parte del legislatore tedesco di una legge contraria al diritto comunitario, mentre nel secondo caso è stato causato dall’approvazione di una legge britannica incompatibile con il diritto comunitario. Dai riferimenti in entrambi i casi è emerso chiaramente che i tribunali nazionali non potevano concedere il risarcimento del danno. La Corte di Giustizia europea ha tuttavia ritenuto che lo Stato potesse essere responsabile per il risarcimento dei danni47. A questo proposito è stata influenzata dall’Avvocato generale Tesauro, che ha avanzato una serie di argomentazioni per spiegare perché questo limite nazionale alla responsabilità legislativa non dovrebbe precludere la responsabilità dello Stato per il risarcimento dei danni in caso di violazione del diritto comunitario. Egli si è basato, tra l’altro, sul diritto internazionale, che adotta anch’esso una concezione unitaria della responsabilità dello Stato, nel senso di non distinguere tra i casi in cui la violazione è il risultato di un atto legislativo e quelli in cui è il risultato di un atto esecutivo48. Egli ha anche avanzato una tesi contrattualistica razionale49: gli Stati membri hanno aderito alla CE con un accordo internazionale che mirava a promuovere l’integrazione; la supremazia del diritto comunitario e l’effetto diretto facevano parte di questo schema generale; gli individui erano parte dell’ordinamento giuridico comunitario, con diritti propri; ne consegue, ha detto Tesauro AG, che la responsabilità per gli atti legislativi che violavano gli obblighi che gli Stati stessi avevano contrattualmente accettato era perfettamente coerente con l’ordinamento giuridico comunitario50.

Sono emerse anche interessanti questioni concettuali sul significato di “esecutivo” ai fini della responsabilità dello Stato. Sebbene gli Stati membri possano accettare più facilmente il principio della responsabilità per gli atti esecutivi rispetto a quelli legislativi, rimane ancora da risolvere il significato di esecutivo. La questione non è

47 Ibidem [34]-[36].

48 Ibidem [38], AG Tesauro.

49 Ibidem [39], AG Tesauro.

50 Ibidem [41], AG Tesauro. I

problematica in relazione ai dipartimenti governativi tradizionali o alle agenzie pubbliche che fanno chiaramente parte della macchina governativa. Può sorgere più acutamente in relazione ad altri organismi, come le aziende di servizi privatizzate, che continuano a godere di una qualche forma di speciale status di monopolio, de jure o de facto, o le istituzioni a cui un dipartimento governativo sceglie di appaltare l’esecuzione di poteri o doveri statutari. Tuttavia, la Corte non solo ha adottato una concezione unitaria dello Stato, ma ha anche riservato al diritto comunitario la determinazione ultima se una particolare istituzione possa essere considerata parte dello Stato ai fini della responsabilità per danni. Pertanto, uno Stato membro non avrebbe potuto negare la responsabilità per danni sostenendo che una determinata istituzione non era considerata parte dell’esecutivo in base al diritto nazionale. La CGUE ha dovuto affrontare questo problema in altri contesti, in particolare in relazione alla distinzione tra effetto diretto verticale ed effetto diretto orizzontale delle direttive. A tal fine ha adottato una visione ampia dello Stato. La questione principale non è se la Corte di giustizia europea adotterà esattamente la stessa definizione di esecutivo ai fini della responsabilità statale per danni. È piuttosto il fatto che la Corte prenderà la decisione finale su questo tema, piuttosto che lasciare la determinazione al diritto nazionale di un particolare Stato membro. Questo in parte per garantire l’uguaglianza nel significato di “esecutivo” in tutti gli Stati membri, e in parte per evitare che uno Stato membro cerchi di eludere la responsabilità giocando in fretta e furia con una definizione ristretta di esecutivo.

Le questioni relative alla responsabilità degli organi giudiziari dello Stato sono state ancora una volta diverse. La CGUE ha chiarito che la responsabilità dello Stato può essere applicata in linea di principio anche quando la violazione del diritto comunitario in questione è attribuibile all’azione della magistratura51. Questo potrebbe essere una sorpresa, forse persino uno shock, per coloro che sono abituati all’immunità giudiziaria da tale responsabilità. La logica dell’inclusione della magistratura non era tuttavia difficile da intuire. In termini dottrinali, i tribunali nazionali sono tra

51 Ibidem [34].L’UE, gli Stati membri e la responsabilità per danni 827

quelli soggetti all’obbligo di cui all’attuale articolo 4, paragrafo 3, del TUE, che richiede che gli Stati membri adottino tutte le misure appropriate per garantire l’adempimento degli obblighi del trattato. In termini pragmatici, l’affermazione che i tribunali nazionali possono portare alla responsabilità dello Stato per danni ha fornito un importante controllo sulle loro azioni: se si rifiutassero di applicare il diritto comunitario, o dessero un’interpretazione indebitamente restrittiva, allora tale azione potrebbe avere letteralmente un prezzo in termini di possibilità di una conseguente causa di risarcimento danni intentata da un individuo contro lo Stato. Ciononostante, si era diffusa la sensazione che la Corte di giustizia europea, quando si fosse trovata ad affrontare la questione, si sarebbe tirata indietro, avrebbe rivalutato la sua precedente giurisprudenza e avrebbe trovato una qualche giustificazione per escludere l’azione giudiziaria dall’ambito della responsabilità dello Stato. La questione si è infine presentata nella causa Köbler52 e la Corte di giustizia non si è tirata indietro, nonostante gli interventi dei governi nazionali che mettevano in guardia dalle terribili conseguenze di tale responsabilità. La Corte ha riaffermato che la responsabilità può sorgere per gli atti della magistratura, anche se ha chiarito che la responsabilità sorge solo nel caso eccezionale in cui il tribunale nazionale abbia violato in modo manifesto il diritto dell’UE53. Inoltre, nella causa Traghetti del Mediterraneo54 ha affermato che, sebbene il diritto nazionale possa definire i criteri relativi al tipo di violazione che porterebbe alla responsabilità dello Stato per la violazione del diritto dell’UE attribuibile a un tribunale nazionale di ultima istanza, tali criteri non possono imporre requisiti più severi di quelli di una violazione manifesta del diritto applicabile, come stabilito in Köbler.

52 Causa C-224/01 Köbler/Austria, Racc. 2003, p. I-10239.

53 Ibidem [52]-[55]; Anagnostaras (2006) e Beutler (2009).

54 Causa C-173/03 Traghetti del Mediterraneo SpA contro Repubblica italiana [2006] Racc. I-5177. Si veda anche la causa C-379/10 Commissione contro Italia, EU:C:2011:775; la causa C-168/15 Tomášová contro Slovenská republika, EU:C:2016:602.828.

3.5. Condizioni per la responsabilità dello Stato: Affinare i criteri

La Corte di giustizia europea nella causa Francovich ha fornito indicazioni relativamente scarse sulle condizioni specifiche necessarie per affermare la responsabilità dello Stato. Ha affermato che esse possono variare a seconda della natura della violazione del diritto comunitario. In relazione alla mancata attuazione di una direttiva, il risultato prescritto dalla direttiva dovrebbe comportare la concessione di diritti agli individui; dovrebbe essere possibile identificare il contenuto di tali diritti dalla direttiva; e dovrebbe esserci un nesso causale tra la violazione dell’obbligo dello Stato e il danno subito dalle parti lese. Spetta poi al diritto nazionale determinare le norme procedurali dettagliate per tali procedimenti giudiziari, con l’avvertenza che tali norme non devono essere meno favorevoli di quelle relative ad analoghe richieste interne e non devono essere così inquadrate da rendere virtualmente impossibile o eccessivamente difficile ottenere il risarcimento. Le condizioni per la responsabilità dello Stato sono state elaborate in modo più dettagliato e sofisticato nella causa Brasserie du Pêcheur/Factortame. Si ricorderà che nella causa Brasserie du Pêcheur una società francese ha citato in giudizio il governo tedesco per le perdite subite a causa dell’impossibilità di vendere birra in Germania, essendo tale divieto contrario al diritto dell’UE sulla libera circolazione delle merci. Nella causa Factortame, i ricorrenti hanno citato in giudizio il Regno Unito per i danni subiti a causa dell’impossibilità di pescare in determinate aree a causa del Merchant Shipping Act 1988, che era contrario al diritto dell’UE sulla libertà di stabilimento. La Corte di giustizia europea ha chiarito la natura e la portata della responsabilità dello Stato55, ritenendo che essa dipenda da tre condizioni56.

In primo luogo, la norma di legge violata deve essere destinata a conferire diritti ai singoli. Tale requisito è stato ritenuto soddisfatto nei casi in esame, poiché gli attuali articoli 34 e 49 del TFUE

55 Ibidem [22].

56 Ibidem [51].

erano intesi a conferire diritti ai singoli57. Il fatto che l’articolo del Trattato, il regolamento, la direttiva o la decisione fossero intesi a conferire diritti è stato determinato dall’interpretazione della relativa disposizione58.

In secondo luogo, la violazione di questa norma di legge deve essere sufficientemente grave. Il criterio decisivo per decidere se la violazione fosse sufficientemente grave, sia per quanto riguarda la responsabilità dell’UE ai sensi dell’articolo 340, paragrafo 2, sia per quanto riguarda la responsabilità dello Stato per il risarcimento dei danni, è se l’UE o lo Stato membro abbiano manifestamente e gravemente ignorato i limiti del proprio potere discrezionale59. I fattori da prendere in considerazione sono i seguenti 60: la chiarezza e la precisione della norma violata; il margine di discrezionalità lasciato dalla norma alle autorità nazionali o dell’UE; se la violazione e il danno conseguente siano stati intenzionali o volontari; se l’eventuale errore di diritto sia scusabile o inescusabile; se la posizione adottata da un’istituzione dell’UE abbia contribuito all’atto o all’omissione che ha causato il danno commesso dalle autorità nazionali; e se, in base ai fatti, le misure nazionali siano state adottate o mantenute in contrasto con il diritto dell’UE. Una violazione del diritto dell’UE sarebbe sufficientemente grave se lo Stato persistesse nel suo comportamento nonostante una sentenza della Corte di giustizia europea che accerta la violazione. Lo sarebbe anche se esistesse una giurisprudenza consolidata della Corte di giustizia europea che dimostrasse chiaramente che l’azione dello Stato membro violava il diritto dell’UE61. Inoltre, non vi è alcun obbligo di provare la colpa oltre alla constatazione di una violazione grave62.

57 Ibidem [54].

58 Si veda, ad esempio, la causa C-222/02 Peter Paul, Sonnen-Lutte e Christel Morkens contro la Bundesrepublik Deutschland, Raccolta 2004, p. I-9425.

59 Cause C-46 48/93 Brasserie du Pêcheur/Factortame (n 20) [55].

60 Ibidem [56].

61 Cause C-46 48/93 Brasserie du Pêcheur/Factortame (n 20) [57].

62 Ibidem [78]-[79]; causa C429/09 Fuss contro Stadt Halle [2010] Racc. I-12167, [65]-[70].

In terzo luogo, deve esistere un nesso causale diretto tra la violazione dell’obbligo imposto allo Stato e il danno subito dalle parti lese63. Spetta ai tribunali nazionali stabilire se il nesso causale fosse stato stabilito64. Il risarcimento deve essere commisurato alla perdita o al danno subito65. In assenza di norme dell’UE, spetta agli Stati membri stabilire i criteri per determinare l’entità della riparazione, nel rispetto dei criteri di equivalenza e di effettività66

La CGUE, tuttavia, ha fornito orientamenti interpretativi su questioni specifiche riguardanti il risarcimento dei danni, quali l’attenuazione67; il tipo di danno risarcibile68; la disponibilità di danni esemplari69; e la data di decorrenza dell’obbligo di riparazione70.

La sentenza nella causa Brasserie du Pêcheur/Factortame ha apportato una gradita chiarificazione e sofisticazione ai criteri per la responsabilità dello Stato. Ciò è particolarmente vero in relazione alla seconda parte del test, la determinazione della violazione grave. Si tratta della “sala macchine” della legge sulla responsabilità dello Stato. I fattori specificati per determinare l’esistenza di una grave violazione sono proprio le considerazioni di cui dovremmo essere consapevoli a questo proposito.

L’esistenza di ambiti di discrezionalità è fondamentale per questa determinazione. In presenza di un significativo potere discrezionale, la sussistenza di una grave violazione sarà determinata dai fattori precedenti. Inoltre, è la discrezionalità ad essere rilevante, piuttosto che l’organo che la esercita. Il fatto che la misura contestata sia, in termini formali, legislativa, esecutiva, amministrativa o giudiziaria non è determinante, come affermato nella sentenza Bergaderm71. Questo è sicuramente giusto in linea di principio. La stessa classificazione di azione legislativa, amministrativa o esecutiva

63 Smith e Woods (1997), p. 925.

64 Cause C-46 48/93 Brasserie du Pêcheur/Factortame (n 20) [65].

65 Ibidem [82].

66 Ibidem [83].

67 Ibidem [85].

68 Ibidem [86]-[87].

69 Ibidem [89].

70 Ibidem [94].

71 Causa C-352/98 P Bergaderm (n 6) [40]-[46].

è irta di difficoltà. Può essere del tutto casuale che uno Stato operi attraverso un mezzo o un altro, e l’esercizio del potere discrezionale dell’esecutivo o dell’amministrativo può essere altrettanto complesso della scelta discrezionale operata dal legislatore.

La possibilità di un dubbio interpretativo è altrettanto significativa nella specificazione da parte della Corte dei fattori rilevanti per la determinazione della violazione grave. Essa trova espressione nel riferimento alla “chiarezza e precisione della norma violata” e al fatto che “l’errore di diritto era scusabile o inescusabile”. Questo coglie l’idea del giudizio interpretativo. Le norme dell’UE possono essere formulate in termini generali e può quindi essere discutibile la loro applicazione a una situazione particolare72. Possono esserci difficoltà interpretative anche quando la norma contestata è più dettagliata. Il significato di particolari disposizioni di un regolamento o di una direttiva può essere poco chiaro e aperto a una serie di interpretazioni ragionevoli. Queste difficoltà interpretative possono affliggere le autorità dell’UE, come riconosciuto nella causa Bergaderm, in cui la CGUE ha parlato del test dell’articolo 340 che riflette “difficoltà nell’applicazione o nell’interpretazione dei testi”73. Possono anche affliggere gli Stati membri, come esemplificato da British Telecom e Brinkmann. Il giudizio interpretativo può comportare la ponderazione di variabili complesse al fine di decidere quale sia l’interpretazione migliore per attuare la disposizione in questione. L’esercizio del potere discrezionale legislativo o esecutivo, inoltre, sarà spesso influenzato, esplicitamente o implicitamente, da giudizi interpretativi sul significato delle variabili da bilanciare.

3.6. Interpretazione e applicazione: Il divario malleabile

Una differenza fondamentale tra la responsabilità dell’UE ai sensi dell’articolo 340 TFUE e la responsabilità dello Stato in ma-

72 Causa C-524/04 Test Claimants in the Thin Cap Group Litigation v Commissioners of Inland Revenue [2007] ECR I-2107, [121]; Causa C-446/04 Test Claimants in the FII Group Litigation [2006] ECR I11753, [215].

73 Causa C-352/98 P Bergaderm (n 6) [40].

teria di danni è che mentre la prima è giudicata esclusivamente dalla CGUE, la seconda è biforcata tra il tribunale nazionale che effettua il rinvio ai sensi dell’articolo 267 TFUE e la CGUE che esamina il rinvio preliminare. Ciò a sua volta mette in gioco la tradizionale divisione di funzioni tra la CGUE e i tribunali nazionali ai sensi dell’articolo 267 del TFUE, secondo cui la prima interpreta il diritto dell’UE e il secondo applica tale interpretazione ai fatti del caso.

La malleabilità di questa divisione è stata tuttavia evidente quando la CGCE ha dichiarato nella causa Brasserie du Pêcheur/ Factortame che sarebbe stato utile per i tribunali nazionali se essa avesse indicato una serie di circostanze che i tribunali nazionali avrebbero dovuto prendere in considerazione. Questa “guida” ha effettivamente risolto questioni cruciali nei due casi. Nel caso della Brasserie du Pêcheur, la Corte di Giustizia ha ritenuto che la violazione del diritto dell’UE non potesse essere ritenuta scusabile, poiché la giurisprudenza precedente aveva chiarito che le leggi tedesche sulla purezza della birra erano incompatibili con l’articolo 34 del TFUE. Nella causa Factortame, la Corte di Giustizia ha dichiarato che la condizione di nazionalità prevista dal Merchant Shipping Act del 1988 era direttamente discriminatoria e manifestamente contraria al diritto dell’UE, e che anche le condizioni relative alla residenza e al domicilio dei proprietari di navi erano prima facie contrarie all’articolo 49 del TFUE.

La realtà è che, pur continuando a riconoscere che l’applicazione dei criteri della Brasserie du Pêcheur/Factortame spetta ai tribunali nazionali, in molti casi la CGUE ha effettivamente risolto la questione della responsabilità decidendo se vi sia stata una violazione grave e, in alcune occasioni, ha anche deciso in merito alle questioni di causalità, anziché lasciarle ai tribunali nazionali. La CGUE ha quindi mantenuto il controllo sullo sviluppo della causa d’azione, affermando che determinerà da sola la gravità della violazione laddove dispone di tutte le informazioni necessarie per farlo. Ciò è esemplificato da British Telecom, dove la Corte ha ritenuto che l’errore nell’interpretazione di un articolo di una direttiva non costituiva una grave violazione, dato che l’articolo era formulato in modo impreciso ed era ragionevolmente in grado di assumere il significato attribuitogli dal Regno Unito e da altri governi e non vi era alcuna guida derivante da precedenti

sentenze della Corte o della Commissione74. Il mantenimento del potere di decidere se vi è stata una grave violazione ha anche portato la Corte a concludere che vi è stata una tale violazione. Così, nella causa Dillenkofer75 la Germania non aveva attuato la Direttiva 90/314 sui pacchetti turistici. La Corte di giustizia europea ha stabilito che Francovich ha stabilito che il mancato recepimento di una direttiva entro i termini previsti costituisce di per sé una violazione sufficientemente grave76. La Corte di giustizia europea ha raggiunto lo stesso risultato nella causa Rechberger77, anche se in questo caso si trattava di un recepimento non corretto della direttiva 90/314. Vi sono, invece, casi in cui la CGUE sceglie di lasciare ai tribunali nazionali la risoluzione del test della violazione grave. Tenderà a farlo quando non c’è una risposta ovvia all’esistenza di tale violazione alla luce dei fattori stabiliti nella sentenza Brasserie du Pêcheur/Factortame. Così, nella causa Evans, il ricorrente ha sostenuto che il Regno Unito aveva attuato in modo difettoso la direttiva 84/5 relativa alla responsabilità civile obbligatoria per i veicoli a motore e, in particolare, le disposizioni relative ai danni causati da veicoli non identificati. La Corte di giustizia europea ha ritenuto che spettasse al giudice nazionale stabilire, alla luce dei criteri della Brasserie du Pêcheur, se vi fosse stata un’attuazione

74 Ibidem [43]-[45]. Si vedano anche le cause C-283, 291, 292/94 Denkavit International contro Bundesamt für Finanzen [1996] Racc. I-5063; causa C-319/96 Brinkmann (n. 85) [30]-[32]; causa C-224/01 Köbler (n. 62) [101]-[102].

75 Cause C-178-179, 188-190/94 Dillenkofer contro Repubblica Federale di Germania, Racc. 1996.

76 Ibidem [21]-[27].

77 Causa C-140/97 Rechberger (n 87) [51]-[53]. Si veda anche la causa C-5/94 Hedley Lomas (n. 40); causa C-470/03 A.G.M.-COS.MET Srl contro Suomen valtio e Tarmo Lehtinen [2007] Racc. I-2749; causa C-452/06 R, ex parte Synthon BV contro Licensing Authority of the Department of Health [2008] Racc. I-7681. 93 Causa C-63/01 Evans contro Secretary of State for the Environment, Transport and the Regions and the Motor Insurers’ Bureau [2003] Racc. I-14447, [84]-[88]; Causa C-127/95 Norbrook Laboratories Ltd contro Ministry of Agriculture Fisheries and Food [1998] Racc. I-1531, [105]-[112]; Causa 278/05 Robins e altri contro Secretary of State for Work and Pensions [2007] Racc. I-1053, [69]-[77].

difettosa e, in caso affermativo, se questa fosse sufficientemente grave ai fini della responsabilità per danni.

3.7. Responsabilità dello Stato: Una valutazione

La Corte di giustizia europea ha dato prova di grande creatività in questo campo, ragionando in modo teleologico quando ha creato il principio in Francovich e quando lo ha ulteriormente definito in Brasserie du Pêcheur/Factortame. Non sorprende che vi siano divergenze di opinione sulla cogenza del ragionamento di Francovich e sull’auspicabilità del risultato. Il ragionamento di Francovich era teleologico e basato su principi ampi, ma questo è frequente per la nuova giurisprudenza. I principi che hanno ispirato la sentenza sono fondamentali. La necessità di rimedi efficaci per salvaguardare i diritti dell’UE riflette il principio ubi ius, ibi remedium, presente in molti sistemi giuridici nazionali. Il dovere degli Stati membri di adottare tutte le misure appropriate per garantire l’adempimento degli obblighi dell’Unione è particolarmente importante in una polity come l’UE, ma risuona con obblighi analoghi nei sistemi federali o confederali. Il criterio di responsabilità, che distingue tra atti discrezionali e non discrezionali, ha una base solida. La CGUE ha perfezionato il criterio nella successiva giurisprudenza sulla responsabilità dello Stato. Inoltre, si è dimostrata abile nel mantenere il controllo del caso quando lo desiderava, in modo da poter esprimere l’importantissimo giudizio sull’esistenza di una violazione grave. Ci saranno casi in cui i commentatori non saranno d’accordo con il modo in cui il test è stato applicato in un caso particolare. È inevitabile. Qualsiasi valutazione di Francovich e della sua progenie dovrebbe anche tenere conto dell’insistenza sulla parità tra la responsabilità degli Stati membri e quella dell’UE. La Corte di giustizia europea ha opportunamente resistito alle richieste di alcuni, in occasione del contenzioso Brasserie du Pêcheur/Factortame, secondo cui la responsabilità degli Stati membri dovrebbe essere più estesa di quella dell’Unione. Tali richieste erano ingiustificate in termini normativi e poco sagge in termini di politica pratica, per le ragioni sopra esposte. In realtà, la causa di azione per la responsabilità dello Stato si è sviluppata in modo simbiotico con quella per la responsabilità dell’Unione. Nella sentenza Brasserie du Pêcheur/Factortame la Corte di giustizia euro-

pea ha fatto l’importante scelta politica di mettere in parallelo le condizioni per la responsabilità dell’Unione e quelle per la responsabilità dello Stato, attingendo quindi alla giurisprudenza sulla responsabilità dell’Unione quando ha elaborato i criteri per la responsabilità dello Stato. Nel caso di Bergaderm si è verificato il contrario, con la CGUE che ha importato il test più sofisticato per la violazione grave sviluppato per la responsabilità statale e lo ha applicato alla responsabilità dell’UE ai sensi dell’articolo 340(2). Esistono tuttavia delle differenze tra le due cause, che derivano principalmente dal fatto che la responsabilità dell’UE sarà risolta direttamente dai tribunali dell’Unione ai sensi dell’articolo 340(2). L’applicazione dei principi della responsabilità dello Stato sarà invece lasciata ai tribunali nazionali. Va inoltre riconosciuto che ci sarà inevitabilmente un certo grado di diversità, proprio perché la CGUE ha chiarito che il test per la responsabilità dello Stato è un minimo e non impedisce a uno Stato membro di imporre alle proprie autorità statali norme di responsabilità più ampie, se decide di farlo78.

4. Conclusione

In molti ordinamenti giuridici nazionali la responsabilità extracontrattuale è il risultato di un’evoluzione di centinaia di anni. La dottrina è il risultato di una pletora di fattori che includono concezioni normative della responsabilità e input legislativi. È raro poter osservare lo sviluppo di un analogo corpus normativo in un ordinamento giuridico emergente in un breve lasso di tempo, soprattutto quando la latitudine giudiziaria per definire la dottrina è ampia. È quindi interessante e istruttivo, in egual misura, prendere le distanze dal corpus giuridico che ne è scaturito e discernere le caratteristiche chiave che hanno plasmato la dottrina nel corso del tempo. Le scelte normative che hanno caratterizzato il diritto risultante sono, come si è visto in questo lavoro, particolarmente significative.

78 Cause C-46 48/93 Brasserie du Pêcheur/Factortame (n 20) [66]; Causa C-224/01 Köbler (n 62) [57].

Contratto e impresa Europa 3/2024

SAGGI

Chi sa cosa ci riserva il futuro? Il destino dell’acquis dell’UE nel diritto contrattuale inglese

Christian Twigg-Flesner

soMMario: 1. Introduzione. – 2. Integrazione dell’acquis dell’UE in materia di diritto contrattuale prima del processo di recesso. – 3. Ritiro dall’UE. – 4. Conclusioni, e cosa ci aspetta?

aBstraCt

This paper examines the fate of the EU contract law acquis (mainly the consumer contract law acquis) within English contract law, following the completion of the UK’s withdrawal from the European Union in 2020.

1. Introduzione

Il presente contributo esamina il destino dell’acquis comunitario in materia di diritto contrattuale dell’Unione europea (principalmente l’acquis in materia di diritto contrattuale dei consumatori) all’interno del diritto contrattuale inglese, dopo il completamento del recesso del Regno Unito dall’Unione europea nel 2020. In quasi 50 anni di appartenenza all’UE, molte aree del diritto interno sono state influenzate o addirittura modellate interamente dall’acquis dell’UE. Dopo il referendum sul mantenimento dell’appartenenza all’UE del 23 giugno 2016, che ha portato a una maggioranza di voti a favore del recesso, e il processo formale di recesso con l’attivazione dell’art. 50 del TUE il 29 marzo 2017, il Regno

Unito si è ritirato. 50 del TUE il 29 marzo 20171, il flusso dell’acquis del diritto contrattuale dell’UE nel diritto contrattuale inglese si è lentamente arrestato. Anche prima che il recesso dall’UE fosse formalmente completato, il Regno Unito ha smesso di adottare misure per implementare le direttive più recenti nel diritto interno. Ad esempio, non è stata intrapresa alcuna azione per recepire nel diritto interno la nuova direttiva sulle vendite ai consumatori (2019/771/UE) e la direttiva sui contenuti digitali e i servizi digitali (2019/770/UE), nonostante il fatto che entrambe le misure contengano disposizioni che avrebbero migliorato la legislazione britannica esistente in questo campo2, che si trova nel capitolo 3 della parte 1 del Consumer Rights Act 2015. Il recesso dall’UE nel 2020 non ha comportato la cancellazione istantanea di tutte le tracce del diritto dell’UE dal diritto interno; piuttosto, l’European Union (Withdrawal) Act 2018 ha congelato il diritto dell’UE nel momento in cui il recesso ha avuto effetto e ha creato istantaneamente un gemello britannico di gran parte del diritto dell’UE. Sono state apportate modifiche per garantire che l’ambito di applicazione di questo “diritto dell’UE mantenuto” riflettesse la limitazione del suo ambito geografico di applicazione al Regno Unito, e sono state abrogate all’istante le misure relative alla co-operatività transfrontaliera. Ma per la maggior parte, l’eredità dell’acquis dell’UE in materia di diritto contrattuale, costruita nel corso di quasi quattro decenni, è rimasta parte del diritto nazionale, almeno per ora.

La domanda ovvia è cosa potrebbe riservare il futuro: il diritto contrattuale inglese continuerà ad applicare gli aspetti dell’acquis che ne facevano parte al momento del recesso dall’UE, oppure le disposizioni di origine comunitaria diminuiranno e alla fine scom-

1 Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, della legge sull’Unione europea (notifica del ritiro) del 2017. Questa legge doveva essere promulgata prima, in modo che il Parlamento conferisse il potere necessario al Primo Ministro. Si veda R (Miller) v Secretary of State for Exiting the European Union [2017] UKSC 5.

2 gilliker, “Legiferare sui contratti per la fornitura di contenuti e servizi digitali: An EU/UK/Irish Divide?” [2021] J.B.L. 143.

pariranno del tutto? E cosa succederà, se esiste, l’influenza che i futuri sviluppi dell’acquis in materia di diritto contrattuale avranno sul diritto contrattuale inglese? Questo contributo offrirà una possibile serie di risposte a queste domande. In ultima analisi, il destino dell’acquis nel diritto contrattuale nazionale sarà principalmente una decisione politica piuttosto che una questione di sviluppo giuridico. Tuttavia, in questo contributo si sosterrà che gran parte del diritto inglese basato sull’acquis non cambierà in modo significativo nel prossimo futuro, e molto probabilmente anche in futuro; inoltre, non è del tutto improbabile che alcuni sviluppi dell’UE finiscano per trovare spazio nel diritto interno. Una ragione fondamentale di questa opinione è il fatto che l’acquis dell’UE in materia di diritto contrattuale si riflette generalmente nella legislazione nazionale, compresi gli atti del Parlamento, mentre gran parte del diritto contrattuale inglese si sviluppa attraverso la common law e si diffonde in un mare infinito di sentenze. Nel diritto comune, la legislazione è generalmente trattata come una deroga limitata al diritto comune in circostanze più o meno chiaramente definite; anche se la legislazione può essere utilizzata per modificare direttamente il diritto comune (ad esempio, rovesciando un principio giuridico stabilito dalla giurisprudenza). Poiché il governo britannico rimane impegnato nella tutela dei consumatori, è improbabile che tale legislazione venga abrogata del tutto. Inoltre, la legislazione derivata dall’acquis è diventata familiare sia per i tribunali che per gli organismi preposti all›applicazione della legge, e la continuità della pratica significherà probabilmente che questa legislazione rimarrà per il momento. Naturalmente, non si può prevedere da che parte soffierà il vento politico.

Il presente contributo esamina innanzitutto l’integrazione dell’acquis comunitario in materia di diritto contrattuale durante l’appartenenza del Regno Unito all’UE, prima di passare al processo di recesso e infine al modo in cui l’influenza dell’acquis comunitario potrebbe cambiare in futuro. Quest’ultimo punto sarà inevitabilmente speculativo, poiché i segnali di ciò che potrebbe accadere sono ancora limitati. Il presente contributo si concentra principalmente sul diritto contrattuale dei consumatori, anche se, a seconda dei casi, si farà riferimento ad altre misure dell’acquis comunitario in materia di diritto contrattuale.

2. Integrazione dell’acquis dell’UE in materia di diritto contrattuale prima del processo di recesso

Per valutare gli effetti del recesso dall’UE, è necessario innanzitutto considerare quale sia stato l’impatto dell’acquis sul diritto contrattuale inglese. In questo caso, il punto di partenza è ovvio: il diritto contrattuale inglese fa parte della common law e come tale si è evoluto principalmente attraverso la giurisprudenza, integrata dalla legislazione. Non esiste una codificazione dei principi generali del diritto contrattuale; solo alcuni aspetti sono stati parzialmente codificati3. Nella misura in cui esiste una legislazione su alcuni aspetti del Diritto dei Contratti, essa è stata generalmente adottata perché il diritto comune aveva raggiunto una posizione ritenuta inadeguata, per cui si ricorreva all’intervento legislativo per correggere o integrare il diritto comune. Esempi tipici sono il Law Reform (Frustrated Contracts) Act 19434, il Misrepresentation Act 19675, l’Unfair Contract Terms Act 19776, o il Contracts (Rights of Third Parties) Act 19997.

Lo sviluppo dell’acquis dell’UE negli aspetti del diritto contrattuale non ha quindi sollevato questioni sull’opportunità e sulle modalità di integrazione nel diritto contrattuale generale, poiché

3 L’esempio più noto è il Sale of Goods Act 1893, ora consolidato nel Sale of Goods Act 1979. Si tratta di una codificazione parziale della legge relativa ai contratti di vendita di beni, ma si basa ancora pesantemente sulla common law per un’ampia gamma di aspetti.

4 Questa legge è stata adottata per prevedere la possibilità di restituire le somme pagate o i benefici conferiti prima del momento in cui un contratto viene vanificato da un evento sopravvenuto, cambiando così l’effetto della sentenza della Camera dei Lord nella causa Fibrosa Spolka Akcyjna contro Fairbairn Lawson Combe Barbour Ltd [1943] AC 32.

5 La presente legge integra i rimedi disponibili ai sensi della dottrina di diritto comune della falsa dichiarazione.

6 Questa legge ha creato un potere di revisione di alcuni tipi di clausole di esclusione e limitazione, rendendo alcune di esse del tutto inefficaci.

7 La Legge ha creato un’ampia eccezione al principio di diritto comune della privativa contrattuale, ma non ha abolito tale dottrina, che continua ad applicarsi anche quando non è prevista dalla Legge.

l’assenza di un codice e le relative sfide non si sono presentate per il diritto inglese. Al contrario, l’acquis dell’UE è stato attuato adottando la legislazione secondaria ai sensi dell’European Communities Act 19728, o promulgando la legislazione primaria. Di fatto, la maggior parte dell’acquis è stata recepita nel diritto inglese attraverso la legislazione secondaria prevista dalla legge del 1972. Questa legge era il veicolo principale per dare effetto al diritto dell’UE nel diritto interno e prevedeva il potere di implementare la legislazione dell’UE nel diritto interno attraverso la legislazione secondaria. Ciò significa che la procedura di emanazione di una legge per l›attuazione di una misura dell’UE è meno onerosa rispetto al processo di adozione della legislazione primaria da parte del Parlamento. Mentre la legislazione secondaria (statutory instruments) basata sull›articolo 2(2) del 1972 Act poteva seguire la procedura di risoluzione negativa o affermativa9, la legislazione secondaria che attua le direttive dell’UE è stata generalmente presentata al Parlamento con la procedura di risoluzione negativa”, in base alla quale la legislazione secondaria diventa legge una volta firmata dal Segretario di Stato competente, con riserva di annullamento se una mozione di annullamento è stata presentata e approvata in una delle due Camere del Parlamento10.

L’approccio del Regno Unito all’attuazione dell’acquis dell’UE è stato per lo più incentrato sulla conformità, vale a dire che la legislazione è stata spesso una trasposizione quasi letterale della corrispondente misura dell’UE. Il Regno Unito si è impegnato a evitare il “gold-plating”11, cioè di andare oltre i requisiti della misura UE nel caso di misure di armonizzazione minima. Poiché sono pochi i casi in cui la legislazione preesistente potrebbe dover essere modificata12 per dare effetto a una misura dell’UE.

8 Di seguito “Legge del 1972” o “ECA”.

9 Vedi Allegato 2, paragrafo 2 (2).

10 Al contrario, la “procedura di risoluzione affermativa” avrebbe richiesto un voto in Parlamento prima che lo strumento legislativo che attua una misura dell’UE potrebbe avere effetto nel diritto interno.

11 Her Majesty’s Government, Guida al recepimento: How to implement European directives effectively, aprile 2011, paragrafo 2.7.

12 Fanno eccezione il Consumer Credit Act del 1974 o il Timeshare Act

L’attuazione dell’acquis è stata spesso effettuata attraverso una legislazione indipendente. Ciò ha avuto l›effetto di «imbullonare» l›acquis al diritto comune e di creare deroghe al diritto comune altrimenti applicabile in relazione ai contratti che rientravano nell’ambito di applicazione della misura in questione. Con gran parte dell’acquis dell’UE in materia di diritto contrattuale nel campo del diritto dei consumatori, l’effetto è stato quello di scorporare gradualmente i contratti dei consumatori dal diritto comune13, senza interferire nel diritto comune. In effetti, l’opinione che “il diritto contrattuale inglese non è per tutti... è in effetti progettato per le grandi imprese”14 è stata rafforzata dall’adozione di tanta legislazione specifica per i contratti dei consumatori, lasciando che il diritto comune si concentrasse sui contratti commerciali (e sui contratti tra privati – anche se pochi di questi sembrano preoccupare le corti superiori in questi giorni).

Sebbene l’attuazione dell’acquis attraverso la legislazione secondaria sia stato il metodo più comunemente scelto, ci sono stati alcuni casi in cui una misura dell’UE si è sovrapposta a una legge nazionale preesistente. Ciò ha causato più difficoltà del dovuto al processo di attuazione. Ad esempio, la direttiva sulle clausole abusive (93/13/CEE) è stata inizialmente implementata attraverso la legislazione secondaria sotto forma di Unfair Terms in Consumer Contracts Regulations 199415, ma c’è stata una certa sovrapposizione con le disposizioni dell’Unfair Contract Terms Act 1977 (UCTA). Quest’ultimo era stato adottato principalmente per controllare alcuni tipi di clausole di esclusione e limitazione e si applicava sia ai contratti dei consumatori che a quelli commerciali. Lo status di del 1992, che esistevano entrambi prima che l’UE adottasse le sue direttive in materia.

13 BroWsWord, “Regolamentare le transazioni: Good Faith and Fair Dealing”, in hoWells e sChulze (a cura di), Modernizzare e armonizzare il diritto contrattuale dei consumatori (Sellier, 2009).

14 Beale, “L’impatto delle decisioni delle Corti europee sul diritto contrattuale inglese: The Limits of Voluntary Harmonization” (2010) 18 European Review of Private Law 501- 526 a 526.

15 S.I. 1994/3159; successivamente sostituito dall’Unfair Terms in Consumer Contracts Regulations 1999, S.I. 1999/2083.

armonizzazione minima della direttiva sulle clausole contrattuali abusive16 significava che le disposizioni dell’UCTA che rendevano inefficaci alcuni tipi di clausole di esclusione e limitazione nei contratti con i consumatori potevano essere mantenute, e così entrambe le misure sono coesistite per oltre 20 anni. Ci sono voluti due rapporti della Law Commission17 prima che i due regimi venissero finalmente riuniti in uno unico, ora contenuto nella Parte 2 del Consumer Rights Act 2015.

La prima direttiva sulle vendite ai consumatori (99/44/CE) ha dato origine a complicazioni ancora maggiori. La direttiva è stata attuata modificando la legislazione esistente in materia, in primo luogo il Sale of Goods Act 1979 (uno statuto di applicazione generale, non limitato ai contratti di vendita ai consumatori)18. Il requisito di cui all’art. 2 della direttiva, secondo il quale i beni devono essere “conformi” alla normativa vigente, è stato modificato con il contratto è stato ritenuto sufficientemente coperto dai termini impliciti negli ss. 13 e 14 del SoGA19. Tuttavia, i rimedi previsti dall’art. 3 della direttiva erano nuovi, in particolare per quanto riguardava la prestazione correttiva (riparazione o sostituzione). 3 della Direttiva erano nuovi, in particolare per quanto riguardava la prestazione correttiva (riparazione o sostituzione), e sono stati quindi implementati aggiungendo una nuova Parte 5A. La difficoltà risiedeva nel fatto che il sistema di riparazione esistente

16 Art. 8, Direttiva 93/13/CEE.

17 Law Commission, Unfair Terms in Contracts - LC292 (2005); Unfair Terms in Consumer Contracts Advice Paper (2013).

18 Sono state apportate modifiche anche al Supply of Goods (Implied Terms) Act 1973 e al Supply of Goods and Services Act 1982, che si occupano di altri contratti di fornitura di beni, per mantenere la coerenza con l’equivalente inglese del requisito di “conformità al contratto” di cui all’articolo 2 della direttiva. Cfr. in generale, Bradgate e tWigg-Flesner, Blackstone’s Guide to Consumer Sales and Associated Garanzie (Oxford University Press, 2003).

19 Sebbene sia stata apportata una modifica per riflettere l’enfasi particolare sulle dichiarazioni pubbliche nella direttiva, aggiungendo gli articoli 14(2D)-(2F) per integrare il test della “qualità soddisfacente”. 14(2D)-(2F) per integrare il test della “qualità soddisfacente”.

nell’ambito del SoGA prevedeva il diritto di rifiutare la merce e di risolvere il contratto come rimedio primario, per cui si decise di mantenere questo diritto esistente e di inserire i nuovi rimedi in questo regime. L’effetto è stato che i rimedi per i consumatori in caso di prodotti difettosi sono diventati incredibilmente complessi, tanto che una revisione del governo2020 ha identificato questo come un particolare cattivo esempio di attuazione del diritto comunitario. A tempo debito, è stato chiesto alla Law Commission di proporre delle riforme21,21 e le sue proposte hanno costituito la base delle nuove disposizioni in materia di rimedi nella Parte 1 del Consumer Rights Act 201522.22

La legge sui diritti dei consumatori del 2015 merita di essere sottolineata per una serie di motivi. In primo luogo, come sarà già evidente, ha apportato una serie di riforme fondamentali a settori del diritto contrattuale dei consumatori in cui la sovrapposizione tra la legislazione preesistente e quella basata sull’acquis aveva reso la legge troppo complessa. Di conseguenza, ha fornito una nuova sede per diverse misure chiave dell’acquis in materia di consumatori23.23 Tuttavia, nonostante il suo nome, non costituisce un consolidamento completo del diritto dei consumatori24:24 e la legislazione secondaria che dà attuazione ad altre misure dell’UE continuano a coesistere con il Consumer Rights Act 201525.25 Ciò è deplorevole, anche perché i preparativi per quello che è diventato

20 davidson, Davidson Review - Implementation of EU Legislation (Londra: HMSO, 2006).

21 Law Commission, Consumer Remedies for Faulty Goods (Londra, 2009).

22 Si veda tWigg-Flesner e Canavan, Atiyah and Adams’ Sale of Goods, 14th ed. (Pearson, 2021), cap. 19 (in particolare pp. 482-490).

23 Si veda gilliker, “La legge sui diritti dei consumatori del 2015 - un baluardo dei diritti dei consumatori europei?”. (2017) 37 Legal Studies 78-102.

24 Cfr. tWigg-Flesner, “Some thoughts on Consumer Law Reform - Consolidation, Codification, or a Restatement?” in gulliFer e vogenauer (a cura di), English and European Perspectives on Contract and Commercial Law - Essays in Honour of Hugh Beale (Oxford: Hart, 2014).

25 Ad esempio, il Consumer Protection from Unfair Trading Regulations 2008, S.I. 2008/1277.

l’Atto nel corso di molti anni26 erano stati in parte innescati dalla proposta di direttiva sui diritti dei consumatori27 – ironia della sorte, questa ha dovuto essere attuata attraverso uno strumento legislativo separato28 a causa del tempo necessario per la sua stesura.

Inoltre, la Legge29 è molto lontana da qualcosa che possa essere definito un «codice dei contratti dei consumatori»30, in quanto lascia ancora molte questioni da determinare attraverso la common law, tra cui la formazione del contratto, alcuni dei fattori vizianti o le richieste di risarcimento danni.

Si potrebbe quindi identificare la creazione de facto di un diritto contrattuale dei consumatori separato all’interno del diritto inglese come un’eredità dell’acquis dell’UE. Ciò segna un cambiamento rispetto alla precedente prassi di regolamentare i contratti dei consumatori all’interno della legislazione applicabile ai contratti più in generale – l’Unfair Contract Terms Act variava l’applicazione di alcune delle sue disposizioni in circostanze in cui una delle parti “trattava come un consumatore”31, e il Sale of Goods Act del 1979 conteneva una serie di disposizioni aggiunte nel corso

26 Dipartimento del Commercio e dell’Industria, Estendere i mercati competitivi: Empowered Consumers, Successful Business (Dipartimento per il Commercio e l’Industria, 2004).

27 HM Government, A Better Deal for Consumers - Delivering Real Help Now and Change for the Future (Un accordo migliore per i consumatori: un aiuto concreto ora e un cambiamento per il futuro). (Londra: TSO, 2009).

28 Consumer Contracts (Information, Cancellation and Additional Charges) Regulations 2013; S.I. 2013/3134; l’articolo 19 della direttiva è stato attuato in precedenza tramite il Consumer Rights (Payment Surcharge) Regulations 2012 S.I. 2012/3110.

29 Per un resoconto più completo della legge del 2015, si veda ad esempio tWigg-Flesner, “Consolidation rather than Codification - or just Complication? The UK’s Consumer Rights Act 2015” [2019] Zeitschrift für Europäisches Privatrecht (ZEuP) 170-201.

30 Si veda anche rieFa, “Codification: The Future of English Consumer Law?” (2015) 4 EuCML 12.

31 S. 12 UCTA, nella versione originaria. La sezione è stata modificata nel 2003 nell’ambito dell’attuazione della direttiva sulle vendite ai consumatori (99/44/CE), prima di essere abrogata completamente dal Consumer Rights Act 2015.

degli anni per riflettere specifiche preoccupazioni dei consumatori32. Tuttavia, questa separazione all’interno del diritto contrattuale inglese è incompleta e la common law continua a svolgere un ruolo importante.

L’interazione in materia di contratti con i consumatori tra la legislazione, per lo più basata sull’acquis, e il diritto comune potrebbe indurre a chiedersi se vi sia stata un’influenza indiretta sul diritto comune causata dall’attuazione dell’acquis. Ad esempio, una caratteristica ovvia dell’acquis che avrebbe potuto potenzialmente sconvolgere una posizione consolidata del diritto comune è stata l’introduzione del concetto di “buona fede” attraverso la direttiva sulle clausole contrattuali abusive. Di conseguenza, la buona fede è diventata un criterio di valutazione del carattere abusivo delle clausole nei contratti con i consumatori. Nella causa DirectorGeneral of Fair Trading v First National Bank33, 33 la Camera dei Lord ha trovato un modo particolarmente inglese di interpretare l’elemento della buona fede del test di correttezza della direttiva, quando avrebbe potuto prendere in considerazione il ricorso alla Corte di giustizia nell’ambito della procedura pregiudiziale34. Il rifiuto della Camera dei Lord di adire la Corte di giustizia è una caratteristica interessante dell’atteggiamento dei tribunali inglesi ogni volta che si sono trovati di fronte a una questione di interpretazione di una legislazione basata sull’UE35. Più volte, i tribunali hanno trovato un modo per evitare il rinvio36, anche se non sempre in modo del tutto corretto e convincente. È ironico che una delle

32 [2001] UKHL 52; [2001] 1 All ER 97, HL.

33 Molte di queste derivavano dalla Law Commission, Report 160 - The Sale and Supply of Goods (1987), attuata attraverso il Sale and Supply of Goods Act 1994 che ha modificato, tra l’altro, il Sale of Goods Act 1979.

34 M. dean, “Definire le clausole abusive nei contratti con i consumatori - sfera di cristallo? Director General of Fair Trading v First National Bank plc” (2002) 65 Modern Law Review 773.

35 Si veda anche tWigg-Flesner, The Europeanisation of Contract Law, 2nd ed. (Routledge, 2013), cap. 4, pp. 141-145.

36 Page v Combined Shipping and Trading Co Ltd [1997] 3 All ER 656 (CA); Lonsdale v Howard & Hallam Ltd [2007] UKHL 32 (HL); Office of Fair Trading contro Abbey National plc e altri [2009] UKSC 6 (SC).

ultime sentenze preliminari della CGUE, pronunciate qualche tempo dopo l’uscita del Regno Unito dall’UE, riguardasse una questione relativa alla direttiva sugli agenti commerciali (86/653/CEE), anche se di portata più che di sostanza37. Tuttavia, la Camera dei Lord nella causa First National Bank non ha avuto difficoltà a lavorare con l’elemento della buona fede nel suo ragionamento, ma questo era chiaramente limitato al contesto specifico in cui il test della buona fede appariva. La sentenza non ha cambiato l’opinione generale secondo cui il diritto contrattuale inglese non ha bisogno di una dottrina della buona fede, preferendo invece affidarsi a dottrine più ristrette e mirate38. Tuttavia, nel 2005, la Commissione ha raccomandato di sostituire il criterio della buona fede con uno “equo e ragionevole” e di omettere del tutto la buona fede39. Le raccomandazioni del 2005 non sono state attuate, ma alcune sono state rivisitate in vista del Consumer Rights Act 2015. Alla Law Commission è stato chiesto di aggiornare le sue raccomandazioni sui contratti con i consumatori e ha concluso che il criterio della direttiva doveva essere mantenuto, anche perché la giurisprudenza non aveva individuato il criterio come problematico40. Il diritto dei consumatori si è quindi adattato bene al test basato sull’acquis. Non molto tempo dopo l’attuazione della direttiva sulle clausole abusive nell’ordinamento inglese, Teubner suggerì notoriamente che l’introduzione della buona fede avrebbe potuto costi-

37 Causa C-410/19 The Software Incubator Ltd contro Computer Associates (UK) Ltd ECLI:EU:C:2021:742, sulla questione se i “beni” nella direttiva includano il software per computer. Un’analisi dettagliata della Corte d’appello ([2018] EWCA Civ 518) aveva portato a una risposta negativa. La Corte Suprema ha rinviato la questione alla CGUE per una pronuncia pregiudiziale, che si è espressa in senso opposto. La Corte Suprema ha quindi accolto il ricorso con ordinanza senza emettere una sentenza motivata.

38 Interfoto Library Ltd v Stiletto Visual Programmes Ltd [1989] Q.B. 433.

39 Law Commission, Unfair Terms in Contracts (2005), par. 3.90-3.91.

40 Law Commission, Unfair Terms in Consumer Contracts Advice Paper (2013), para. 6.46.

tuire un “fattore di disturbo” per il diritto contrattuale inglese41. Inizialmente, non vi furono effetti sui contratti al di fuori dell’ambito di applicazione della normativa di attuazione e la buona fede non divenne una caratteristica generale del diritto contrattuale inglese. Tuttavia, il dibattito su una dottrina generale della buona fede fu acceso da Leggatt J (all’epoca) nella causa Yam Seng contro International Trade Corporation42. Sebbene Leggatt J non abbia cercato di affermare l’esistenza di un dovere generale per le parti contraenti di agire in buona fede, ha suggerito che tale dovere potrebbe essere un obbligo implicito nel contesto di un particolare contratto43. A suo avviso, il diritto inglese stava “nuotando controcorrente”44 perché altre giurisdizioni, comprese altre giurisdizioni di common law45, già riconoscevano un dovere di buona fede. All’epoca di questa sentenza, il Draft Common Frame of Reference era un documento recente.

La pubblicazione su46 e i lavori sul Common European Sales Law, abbandonato, erano ancora in corso47, portando Leggat J a concludere che «non vi è dubbio che la penetrazione di questo principio nel diritto inglese e le pressioni verso un diritto europeo dei contratti più unificato in cui il principio svolge un ruolo significativo continueranno ad aumentare»48. Diversi casi successivi a

41 teuBner, “Irritanti legali: Good Faith in British Law or How Unifying Law Ends Up in New Divergenze” (1998) 61 Modern Law Review 11-32.

42 [2013] EWHC 111.

43 Ibidem, paragrafo [131].

44 Ibidem, paragrafo [124].

45 Un anno dopo, la sentenza della Corte Suprema canadese nella causa Bhasin v Hrynew, 2014 SCC 71, [2014] 3 S.C.R.494, ha fatto da spartiacque, riconoscendo un dovere legale di buona fede nel diritto contrattuale canadese.

46 Gruppo di studio su un codice civile europeo/Gruppo di ricerca sul diritto privato comunitario esistente (Gruppo Acquis) (a cura di), Principi, definizioni e regole modello sul diritto privato europeo - Progetto di quadro comune di riferimento (Monaco di Baviera: Sellier, 2009).

47 COM (2011) 635 definitivo. La proposta è stata ritirata alla fine del 2014.

48 [2013] EWHC 111, paragrafo [124].

quello di Yam Seng hanno sottolineato la mancanza di un dovere generale di buona fede nel diritto contrattuale inglese, ma hanno anche dimostrato di essere disposti a lavorare con clausole espresse o implicite nel particolare contratto in contestazione49. In effetti, Leggatt J. ha rafforzato le sue argomentazioni in primo grado nella causa MSC Mediterranean Shipping Company SA contro Cottonex Anstalt50, ma la Corte d’Appello ha fermamente bloccato il riconoscimento di un dovere generale di buona fede nel diritto contrattuale inglese. Moore-Bick LJ ha osservato che “il riconoscimento di un dovere generale di buona fede sarebbe un passo significativo nello sviluppo del nostro diritto contrattuale con conseguenze potenzialmente di vasta portata... A mio avviso c’è il rischio reale che, se venisse stabilito un principio generale di buona fede, esso verrebbe invocato tanto spesso per minare quanto per sostenere i termini in cui le parti hanno raggiunto un accordo”51. Sebbene ciò sembri chiudere la porta a un dovere generale di buona fede, non è nemmeno completamente chiusa. La legge inglese sembra aver iniziato a riconoscere i “contratti relazionali”52 come una nuova categoria di contratti che possono essere soggetti a una clausola implicita che richiede alle parti di agire in buona fede53. Di recente, nella causa Bates v Post Office (No 3)54, Fraser J ha ammesso che nei contratti relazionali esiste un obbligo implicito di buona fede

49 Ad esempio, Mid Essex Hospital Services NHS Trust contro Compass Group (t/a Medirest) [2013] EWCA Civ 200; TSG Building Services plc contro South Anglia Housing Ltd. [2013] EWHC 1151 (TCC); Monde Petroleum SA v Westernzagros Limited [2016] EWHC 1472 (Comm).

50 [2015] EWHC 283 (Comm).

51 [2016] EWCA Civ 789, para. [45].

52 Cfr. CaMPBell (a cura di), The Relational Theory of Contract: Selected Works of Ian Macneil (Londra, Sweet & Maxwell, 2001).

53 Yam Seng Pte Ltd v International Trade Corp [2013] EWHC 111 (QB); Bristol Groundschool Ltd v Intelligent Data Capture Ltd [2014] EWHC 2145 (Ch); Al Nehayan v Kent [2018] EWHC 333 (Comm).

54 Bates v Post Office (No 3) [2019] EWHC 606 (QB), una lunga sentenza in un complesso contenzioso derivante dal cosiddetto “scandalo Horizon”, in cui si è scoperto che le Poste hanno accusato ingiustamente numerosi sub-postini di inesattezze contabili.

o di correttezza55. Sebbene Fraser J sembrasse supporre che tale obbligo fosse implicito in tutti i contratti relazionali56, non è ancora stato stabilito se tale obbligo sia implicito di diritto, ma solo di fatto, in base al contesto di un particolare contratto57.

È anche importante notare che il riconoscimento dei contratti relazionali è avvenuto in primo grado e non è stato (ancora) avallato dalla Corte di Cassazione.

Fino a un certo punto, quindi, Teubner potrebbe aver avuto ragione. La sentenza di Leggatt J. nella causa Yam Seng, che ha dato il via alle discussioni sulla buona fede nel diritto contrattuale inglese in casi successivi, è stata chiaramente influenzata dagli sviluppi dell’acquis comunitario. Tuttavia, le cause successive sono state molto più caute e l’aspettativa che il diritto dell’UE avrebbe spinto il diritto contrattuale inglese a riconoscere un dovere generale di buona fede non è diventata realtà58.58 Se il diritto inglese cambierà mai la sua visione della buona fede dipenderà dalla possibilità che la Corte Suprema abbia l’opportunità di affrontare la questione59.

55 Ibidem [711].

56 Cfr. davies, “Escludere la buona fede e limitare la discrezionalità” in davies e raCzynska (a cura di), Contents of Commercial Contracts - Terms affecting freedoms (Oxford, Hart Publishing, 2020), p. 94-97.

57 È anche discutibile se sia necessario un termine di buona fede: soPer, “Occam’s razor or Leggatt’s multiblade - buona fede o rasatura pulita?” [2021] JBL 580.

58 Sembra inoltre improbabile che il riferimento all’art. 8 del Reg. 2019/1150 sulla promozione della correttezza e della trasparenza per gli utenti commerciali dei servizi di intermediazione online che “le relazioni contrattuali ... sono condotte in buona fede e basate sulla correttezza” possa aprire una nuova strada verso un dovere generale di buona fede. Si veda tWigg-Flesner, “Online Intermediary Platforms and English Contract Law” in davies e T Cheng-han, Intermediaries in Commercial Law (Hart, 2002). Dopo il recesso, è diventata “legislazione diretta dell’UE” ai sensi dell’articolo 3, paragrafi 1 e 2, dell’European Union (Withdrawal) Act 2018 ed è tuttora in vigore.

59 L’attuale Corte Suprema include Lord Leggatt, come ora, quindi se si presentasse tale opportunità, potrebbe portare la Corte Suprema ad assumere una visione diversa sulla buona fede: si veda H. MaCQueen, “Third

Si può quindi concludere che il diritto inglese dei contratti è stato al riparo dall’impatto dell’acquis comunitario e ha continuato a percorrere la propria strada. È stata riconosciuta l’esistenza del diritto dell’UE e l’impatto che questo ha avuto su alcuni tipi di contratto, in particolare sui contratti dei consumatori, ma ciò è stato trattato come una deroga limitata al diritto comune e non ha portato a cambiamenti più ampi all’interno del diritto comune stesso. In effetti, si potrebbe sostenere che l’acquis non solo non ha trovato spazio nel diritto comune dei contratti, ma che la sua attuazione nel diritto inglese ha permesso al diritto comune di svilupparsi in modo completamente diverso: mentre l’acquis si preoccupa spesso di tutelare le parti contraenti più deboli, il diritto comune ha rafforzato negli ultimi anni la sua visione generosa della libertà contrattuale e il concomitante obbligo per le parti contraenti di garantire che i loro interessi siano adeguatamente tutelati. Ciò si è riflesso, ad esempio, in casi che privilegiano una lettura testuale di una clausola contrattuale nonostante l’effetto gravemente svantaggioso per una parte60, una soglia più elevata prima che una clausola di liquidazione dei danni possa essere dichiarata una sanzione61, o una concezione ristretta di costrizione dovuta a un atto illegittimo, ma lecito62. Sebbene non esista un nesso causale tra l’acquis e la recente evoluzione del diritto comune, si potrebbe sostenere che il maggiore intervento legislativo a tutela di alcune categorie di parti contraenti abbia permesso al diritto comune di essere la legge si evolvesse con meno riguardo per le parti più deboli, confidando che il Parlamento sarebbe invece intervenuto laddove necessario.

Ole Lando Memorial Lecture: European Contract Law in the Post-Brexit and (Post?)-Pandemic United Kingdom” (2022) 30 E.R.P.L. 3, a 23.

60 Arnold v Britton [2015] UKSC 15.

61 Cavendish Square Holding BV contro Talal El Makdessi / ParkingEye Ltd contro Beavis [2015] UKSC 67.

62 Times Travel (UK) Ltd contro Pakistan International Airlines Corp [2021] UKSC 40.

3. Ritiro dall’UE

Il Regno Unito ha lasciato l’UE il 31 gennaio 2020, ma mentre proseguivano i negoziati per l’Accordo commerciale e di cooperazione (TCA) che disciplinava le future relazioni tra il Regno Unito e l’UE, un periodo transitorio di 11 mesi ha prodotto un’effettiva sospensione dell’applicazione del diritto dell’UE nel Regno Unito, fino al 1° gennaio 2021.

Il meccanismo giuridico per l’attuazione del recesso del Regno Unito dall’UE è l’European Union (Withdrawal) Act 2018 (“EUWA”)63, successivamente modificato dall’European Union (Withdrawal Agreement) Act 2020. Una caratteristica fondamentale dell’EUWA è che abroga l’European Communities Act 197264, anche se ha continuato a rimanere in vigore per la durata del “periodo di attuazione” fino alla fine del 202065. Di conseguenza, il diritto dell’UE è rimasto applicabile come prima del recesso, compreso l’articolo 2(2) della legge del 1972 che fornisce la base giuridica per gran parte della legislazione secondaria sul diritto dei consumatori, e l’articolo 2(1) sull’effetto giuridico del diritto dell’UE direttamente applicabile nel diritto interno. La sezione 2 ha cessato di avere effetto quando è terminato il periodo di attuazione66.

L’approccio generale al recesso è stato quello di garantire il più possibile la continuità del diritto. Nell’EUWA, ciò viene fatto dando alla cosiddetta “legge UE mantenuta” un effetto continuo nel diritto nazionale a partire dal 1° gennaio 2021. Tuttavia, le disposizioni della “legge UE mantenuta” possono essere modificate o abrogate dal legislatore, indipendentemente dagli sviluppi della corrispondente legge UE.

63 Cfr. BisPing e tWigg-Flesner, “Preparing for withdrawal from the European Union in the United Kingdom” in kraMMe, Baldus e sChMidt-kessel (eds.), Brexit: Privat- und wirtschaftsrechtliche Folgen (Nomos, 2020).

64 S. 1. L’entrata in vigore è avvenuta il “giorno dell’uscita”, ovvero il 31 gennaio 2020 alle 23:00 (s. 20(1) EUWA).

65 S. 1A EUWA.

66 S. 1A(5) EUWA.

La categoria del “diritto comunitario mantenuto” comprende una moltitudine di misure di diritto interno di origine comunitaria. Il “diritto interno derivato dall’UE”67 comprende sia la legislazione secondaria precedentemente emanata sulla base dell’articolo 2(2) della Legge del 197268 sia qualsiasi altra disposizione interna che trae origine dal diritto dell’UE69. La “legislazione diretta dell’UE” comprende in particolare i regolamenti e le decisioni70. Oltre alla legislazione, è inclusa anche la giurisprudenza, che comprende sia le decisioni dei tribunali dell’UE sia le cause nazionali che riguardano l’interpretazione del diritto dell’UE, la legge, compresa qualsiasi legge dell’UE attuata71. Ciò si estende a tutti gli elementi del diritto dell’UE che erano vincolanti nel Regno Unito immediatamente prima della fine del periodo di attuazione (cioè alle 23:00 del 31 dicembre 2020).

Una difficoltà immediata di molte misure dell’UE è la loro applicazione geografica o il loro effetto transfrontaliero. L’EUWA ha previsto la possibilità di emendare la legislazione UE mantenuta per correggere le “carenze”72. Esempi tipici di correzione di tali carenze sono la sostituzione dei riferimenti all’“UE” con quelli al “Regno Unito”, o l’abrogazione di una legge UE mantenuta che non funziona più perché presuppone la cooperazione con l’UE e/o gli Stati membri73. Ad esempio, nel campo del diritto dei consumatori, i Consumer Protection (Amendment etc.) (EU Exit) Regulations 201874, hanno modificato diverse misure nazionali al fine di sostituire i riferimenti all’UE o al SEE con riferimenti al Regno Uni-

67 Vedi s. 2 EUWA.

68 S. 1B(7)(a) EUWA.

69 In un certo senso, questo sembra essere “eccessivo”, perché qualsiasi legge nazionale contenuta in un Atto del Parlamento o in la legislazione secondaria non basata sull’Atto del 1972 sarebbe rimasta in vigore in ogni caso.

70 S. 3(2) EUWA.

71 S. 6(7) EUWA.

72 Il termine utilizzato nella s. 8 EUWA.

73 Si veda la s. 8(2) EUWA per i tipi di “carenze” coperti da questa disposizione.

74 S.I. 2018/1326.

to, oltre ad apportare modifiche corrispondenti. Il Regolamento 3 dei Regolamenti 2018 ha modificato i riferimenti del Consumer Rights Act 2015 all’”UE” e a uno “Stato non SEE”. Il Regolamento 8 ha sostituito i riferimenti nei Consumer Contracts (Information, Cancellation and Additional Charges) Regulations 201375, alle direttive UE sui viaggi tutto compreso (2015/2302/UE) e sulla multiproprietà (2008/122/UE) con il titolo della loro legislazione di attuazione nel Regno Unito. Inoltre, i Consumer Credit (Amendment) (EU Exit) Regulations 201876 hanno modificato i riferimenti all’UE nel Consumer Credit Act 1974 e nella relativa legislazione secondaria. I Product Safety and Metrology etc. (Amendment etc.) (EU Exit) Regulations 201977 hanno modificato il Consumer Protection Act 1987 che, tra l’altro, dava attuazione alla direttiva sulla responsabilità dei prodotti (85/374/CEE)78. Oltre ai riferimenti geografici, è stata abrogata la facoltà, prevista dall’articolo 8 della legge del 1987, di modificare la legge per rendere effettive le modifiche alla direttiva sulla responsabilità dei prodotti. Modifiche tecniche simili sono state apportate ai Regolamenti sulla sicurezza generale dei prodotti del 2005 dall’Allegato 9 dei Regolamenti del 2019. Questa panoramica generale dell’approccio dell’EUWA per garantire la continuità nell’applicazione del diritto dell’UE nel Regno Unito come parte della transizione dall’UE dopo il recesso è sufficiente, sebbene l’EUWA stesso sia un atto legislativo molto complesso79. In effetti, l’EUWA ha congelato il diritto dell’UE (ad eccezione delle disposizioni dei trattati) così come era al momento della fine del periodo di attuazione e lo ha convertito in versioni britanniche del diritto dell’UE.

A un estraneo, questo sembrerà un po’ strano: un regolamento dell’UE esiste ora in due versioni, quella originale applicabile in

75 S.I.2013/3134 (che attua la direttiva sui diritti dei consumatori (2011/83/UE)); Regolamento 6.

76 S.I. 2018/1038.

77 S.I. 2019/696.

78 Allegato 3 del Regolamento.

79 Per un’analisi più dettagliata, si veda Whittaker, “Retaining European Union Law in the United Kingdom”. (2021) 137 Law Quarterly Review 477, p. 478-488.

tutta l’UE e la sua “gemella” britannica, congelata al 31 dicembre 2020. Di conseguenza, la legislazione che attua le direttive e le altre misure dell’UE è rimasta in vigore nel Regno Unito senza interruzioni. Per il momento, il diritto dell’UE mantenuto ha uno status speciale all’interno del diritto del Regno Unito, anche se il governo ha annunciato l’intenzione di cambiare questo status e di rivedere la sostanza di molti aspetti del diritto dell’UE mantenuto nel settembre 202180.

La giurisprudenza dell’UE mantenuta, compresi i numerosi casi relativi a questioni di diritto dei consumatori, potrebbe essere “annullata” dalla Corte Suprema81 o da altri “tribunali pertinenti”82 (come la Corte d’Appello). Inizialmente, il potere di annullare tale giurisprudenza era stato concesso solo alla Corte Suprema, ma è stato successivamente esteso ad altri tribunali. Il criterio da applicare per stabilire se un tribunale debba discostarsi dalla giurisprudenza comunitaria consolidata è lo stesso che la Corte Suprema applica per decidere se discostarsi da una qualsiasi delle sue precedenti decisioni (o dalle decisioni del Comitato Giudiziario della Camera dei Lord, suo predecessore)83. A questo proposito, il professor Simon Whittaker ha sollevato un’interessante questione riguardante l’effetto temporale di una decisione di discostarsi dalla giurisprudenza comunitaria consolidata. Nel diritto interno, l’abbandono da parte della Corte Suprema di una sua precedente de-

80 Il 16 settembre 2021 è stata annunciata una revisione della “legislazione UE mantenuta”, con misure particolari identificate in un elenco pubblicato come Brexit Opportunities: Regulatory Reform (disponibile su https://assets.publishing.service.gov.uk/government/uploads/system/ uploads/attachment_data/file/1018386)./Brexit_opportunities-_regulatory_reforms.pdf [ultimo accesso 21 marzo 2022]).

81 S. 6(4)(a) EUWA.

82 Come definito nel Regolamento 3 dell’European Union (Withdrawal) Act 2018 (Relevant Court) (Retained EU Case Law) Regulations 2020 (S.I. 2020/1525).

83 Definito nel Practice Statement (Judicial Precent) 1966 [1966] 1 W.L.R. 1234. La sua continua applicazione è stata confermata dalla Corte Suprema nella causa Austin v Mayor and Burgesses of the London Borough of Southwark [2010] UKSC 28 (paragrafo [25]).

cisione ha generalmente effetto retroattivo. Se ciò avvenisse anche per le decisioni che si discostano dal diritto dell’UE, si porrebbe la questione se anche queste debbano avere un effetto retroattivo e fino a che punto. Secondo Whittaker, qualsiasi effetto retroattivo dovrebbe essere limitato alla data in cui è terminato il periodo di attuazione, perché è allora che è stata creata la “legislazione UE mantenuta”84

Al contrario, le sentenze della CGUE emesse dopo la fine del periodo di attuazione possono ancora essere prese in considerazione dai tribunali nazionali nell’interpretazione e nell’applicazione del diritto dell’Unione europea - i tribunali inglesi non sono preclusi a farlo, ma non sono obbligati a farlo85. Pertanto, i tribunali inglesi possono continuare a tenere conto delle sentenze della CGUE, ma a differenza delle sentenze della CGUE emesse prima del recesso, non sono più vincolati da tali sentenze86.

L’effetto immediato del recesso dall’UE sul diritto dei consumatori nel Regno Unito è stato quindi limitato, con la maggior parte delle disposizioni che sono rimaste in vigore senza modifiche. Tuttavia, esistono eccezioni a questo quadro di continuità. Ad esempio, il Consumer Protection Enforcement Cooperation Regulation (2017/2394)87, che riguarda la cooperazione tra le autorità nazionali preposte all’applicazione della legge, è stato abrogato88, e le disposizioni sul regime di applicazione della legge sui consumatori contenute nell’Enterprise Act 2002 sono state modificate

84 Whittaker, “Mantenere il diritto dell’Unione europea nel Regno Unito”, p. 486.

85 Vedi s. 6(2) EUWA.

86 Per un esempio, si veda Civil Aviation Authority v Ryanair DAC [2022] EWCA Civ 76, in particolare i paragrafi [21]-[22]. [21]-[22].

87 Per ironia della sorte, il Regno Unito ha dovuto attuare le disposizioni pertinenti apportando modifiche alla legislazione che tratta le questioni di applicazione durante il periodo di attuazione: si veda il Consumer Protection (Enforcement) (Amendment etc.) Regulations 2020 (S.I. 2020/484).

88 Regolamento 8, The Consumer Protection (Enforcement) (Amendment etc.) (EU Exit) Regulations 2019 (S.I. 2019/203).

di conseguenza89. Inoltre, le disposizioni dell’Enterprise Act 2002 che danno attuazione alla direttiva sulle ingiunzioni (2009/22/UE) sono state eliminate o modificate per lo stesso motivo. I Consumer Protection (Amendment etc.) (EU Exit) Regulations 2018 hanno abrogato la versione mantenuta del diritto dell’UE del regolamento sulla risoluzione delle controversie online (ODR) (524/2013)90.

Per quanto riguarda l’impatto del diritto dei consumatori dell’UE sul diritto nazionale dei consumatori, il quadro è stato di continuità per gran parte del diritto dei consumatori. Tutte le modifiche apportate finora sono state per lo più adeguamenti tecnici della legislazione UE mantenuta, in particolare per quanto riguarda il campo di applicazione geografico. Il diritto comunitario (dei consumatori) è stato abrogato solo quando riguardava questioni transfrontaliere: il regolamento sulla cooperazione per l’applicazione della tutela dei consumatori e il regolamento ODR si applicavano a situazioni transfrontaliere all’interno dell’UE e non avevano una portata geografica limitata al Regno Unito. Finora, le modifiche apportate non hanno eliminato l’acquis sostanziale dal diritto contrattuale dei consumatori.

Il futuro dell’acquis come parte del diritto contrattuale inglese Sembra inevitabile una graduale divergenza tra il diritto del Regno Unito e quello dell’UE in un’ampia gamma di settori, compreso il diritto dei consumatori. In parte, ciò sarà l’inevitabile risultato dell’adozione di nuove leggi da parte dell’UE che non saranno recepite nel diritto britannico; ma è anche probabile che, nel tempo, si verifichino modifiche al diritto del consumo britannico dettate da preoccupazioni di politica interna. Di conseguenza, è probabile che l’effetto continuo dell’acquis si affievolisca, fino a un certo punto, nel corso del tempo.

Vale la pena sottolineare l’effetto molto limitato che il TCA UKUE avrebbe nel limitare la capacità del Regno Unito di apportare modifiche alla propria legislazione in materia di consumo. Il TCA

89 The Consumer Protection (Enforcement) (Amendment etc.) (EU Exit) Regulations 2019, S.I. 2019/203.

90 Consumer Protection (Amendment etc.) (EU Exit) Regulations 2018, S.I. 2018/1326, Regolamento 10.

è stato finalizzato alla fine del 2020 ed è pienamente in vigore dal 1° maggio 2021, dopo la ratifica da parte delle istituzioni europee91. È stato recepito nel diritto del Regno Unito dallo European Union (Future Relationship) Act 2020 (“EU(FR)A”). Un’osservazione immediata è che il TCA in realtà dice molto poco sui consumatori - ci sono 57 menzioni di “consumatore” in un documento di oltre 2.500 pagine. Scavando un po’ più a fondo, si scoprono alcune disposizioni rilevanti. Il punto 7 del preambolo stabilisce che il Regno Unito e l’UE hanno “l’autonomia e il diritto di regolamentare all’interno dei loro territori per conseguire legittimi obiettivi di politica pubblica, quali la protezione e la promozione della... tutela dei consumatori... sforzandosi di migliorare i rispettivi elevati livelli di protezione”. In base al TCA, quindi, il Regno Unito è libero di legiferare in materia di tutela dei consumatori, ma si impegna a migliorare i livelli esistenti (che, ovviamente, sono in gran parte di derivazione europea). Cosa si intenda con questo impegno sembra aperto all’interpretazione. Ad esempio, un miglioramento potrebbe essere puramente pratico, ad esempio rendere più facile l’applicazione dei diritti dei consumatori esistenti; potrebbe significare una riforma del diritto di base per chiarire la legge, eliminare le lacune e le incoerenze; ma potrebbe anche riguardare un aumento del livello di protezione sostanziale dei consumatori. Tuttavia, il punto 7 non impegna nessuna delle parti del TCA ad allineare reciprocamente le leggi sulla protezione dei consumatori, né impone a nessuna di esse di mantenere le leggi esistenti in materia. Il punto 7 sembra concentrarsi sul livello generale di protezione dei consumatori sia nel Regno Unito che nell’UE. Ciò è rafforzato dal punto 12 del preambolo, che afferma che il TCA dovrebbe «contribuire al benessere dei consumatori attraverso politiche che assicurino un elevato livello di protezione dei consumatori e di benessere economico».

91 Disponibile, ad esempio, all’indirizzo https://assets.publishing.service.gov.uk/government/uploads/system/uploads/attachment_data/ file/982648/ TS_8.2021_UK_EU_EAEC_Trade_and_Cooperation_Agreement.pdf [visitato il 21 marzo 2022].

Questi impegni nel Preambolo sono aspirazioni, piuttosto che obblighi concreti, e quindi bisogna cercare disposizioni più specifiche nelle parti operative del TCA. È importante notare che il TCA non contiene un titolo o un capitolo separato sulla protezione dei consumatori. La protezione dei consumatori è invece menzionata nel contesto di aree politiche più specifiche trattate nel TCA. Art. 123 del TCA (titolo II, capitolo 1 sui servizi e gli investimenti), paragrafo 2, è solo un esempio92 di una disposizione che conferma la libertà normativa dell’UE e del Regno Unito per quanto riguarda, tra l’altro, la protezione dei consumatori. Una disposizione più dettagliata che ha rilevanza diretta per la tutela dei consumatori è l’art. 208 TCA nel Titolo III sulla protezione digitale. 208 del TCA nel Titolo III sul Commercio Digitale, anche se l’impegno ad adottare o mantenere una serie di misure rilevanti per le transazioni di commercio elettronico sembra richiedere un’azione sostanziale molto limitata, dato che gran parte dell’art. 208 sembra essere stato affrontato ne l’acquis precedente al recesso93. Un’altra disposizione importante è l’articolo 438 del TCA nel capitolo sull’aviazione, che si riferisce in particolare al “risarcimento in caso di negato imbarco, cancellazione o ritardo”. Esiste una normativa europea in materia (Regolamento 261/200494) e una versione “mantenuta dal diritto dell’UE” di questa è in vigore nel Regno Unito95, anche se con le modifiche ai riferimenti geografici apportate ad altre misure (si veda la discussione precedente)96 Al di là di questi casi, tuttavia, il TCA ha ben poco da dire sulla protezione dei consumatori.

92 Si veda anche, ad esempio, l’art. 198 o Art. 302.

93 Per una discussione più approfondita, si veda Whittaker, “Retaining European Union Law in the United Kingdom (2021) 137 Law Quarterly Review 477, soprattutto pp. 498-501.

94 Regolamento (CE) n. 261/2004 2004 che istituisce regole comuni in materia di compensazione ed assistenza ai passeggeri in caso di negato imbarco, di cancellazione del volo o di ritardo prolungato (2004) GU L 46/1.

95 Si veda la discussione su questo punto in Lipton v BA City Flyer Ltd [2021] EWCA Civ 454.

96 Air Passenger Rights and Air Travel Organisers’ Licencing (Amendment) (EU Exit) Regulations 2019, S.I. 2019/278.

Di conseguenza, il Regno Unito è per lo più libero di sviluppare la legislazione interna in materia di consumo come ritiene opportuno, fermo restando l’impegno a non ridurre gli attuali livelli di protezione dei consumatori – ma, come si è detto, ciò può essere inteso in vari modi e non richiede certamente che il Regno Unito lasci inalterata la legislazione in materia di consumo (comprese le misure derivate dall’acquis). La posizione generale, quindi, è che il Regno Unito può sviluppare la propria politica legislativa per il diritto dei consumatori e può modificare la legislazione nazionale come desidera.

Tuttavia, ciò non significa che ci sarà un allontanamento significativo dalla sostanza della legge britannica sui consumatori nella sua forma attuale. Per tutti i partiti politici, il diritto dei consumatori è stato generalmente sostenuto; in effetti, il più recente sviluppo significativo del diritto dei consumatori, l’adozione della legge sui diritti dei consumatori del 2015, ha avuto origine da una decisione politica presa sotto il governo laburista precedente al 2010; la legge è stata infine adottata alla fine del Parlamento del governo di coalizione nel 201597.

Sebbene l’attuale governo sia ideologicamente diverso dai suoi recenti predecessori, i primi segnali indicano che il miglioramento della protezione dei consumatori rimarrà un aspetto importante del suo lavoro. Nel 2021, il Dipartimento per le imprese, l’energia e la strategia industriale (BEIS) ha effettuato una consultazione sulle possibili modifiche alla legge sui consumatori98. Ha presentato una serie di proposte di riforma. Alcune di queste riguardavano i contratti di abbonamento, i rinnovi automatici e le offerte introduttive; altre riguardavano il problema delle recensioni false. Due delle proposte sulle recensioni false assomigliano alle modifiche apportate all’allegato dell’UCPD dal Better Enforcement e Direttiva

97 Il governo di coalizione era composto dal Partito Conservatore e dai Liberal Democratici, con David Cameron come Primo Ministro.

98 BEIS, Riforma della politica della concorrenza e dei consumatori: Guidare la crescita e creare mercati competitivi che funzionino per i consumatori, CP 488, luglio 2021.

sulla modernizzazione (2019/2161/UE)99. Tuttavia, questo parallelo non è menzionato nel documento di consultazione; piuttosto, queste proposte di riforma sono presentate come basate sul lavoro intrapreso dall’Autorità per la concorrenza e i mercati (CMA)100. Altre proposte riguardano le pratiche di rimborso dei commercianti alla luce delle difficoltà incontrate da molti consumatori nella fase iniziale della pandemia di Covid-19 nel 2020. È prevista anche l’attuazione di un progetto di legge della Commissione legale sulla protezione dei pagamenti anticipati101, che comporterebbe modifiche alle norme giuridiche sul trasferimento di proprietà nelle transazioni dei consumatori. Al momento della stesura del presente documento, non è ancora chiaro se queste proposte si tradurranno in una nuova legislazione.

Tuttavia, questa consultazione è un indicatore rassicurante del continuo impegno a garantire forti livelli di protezione dei consumatori nel Regno Unito e del fatto che le aree in cui è stata identificata la necessità di agire saranno prese in considerazione per un intervento legislativo. È anche rivelatore di ciò che il documento di consultazione non dice. Vi sono evidenti parallelismi tra alcune delle proposte avanzate dal BEIS e la legislazione già adottata dall’UE, ma nel documento di consultazione non si fa alcun riferimento al diritto comunitario. In particolare, manca qualsiasi tipo di discussione esplicita su come il Regno Unito potrebbe, in futuro, monitorare la nuova legislazione dell’UE in materia di diritto dei consumatori e se potrebbe prendere in considerazione la possibilità di apportare modifiche corrispondenti alla legislazione

99 L’articolo 3 della BEMD ha inserito i punti 23b e 23c nell’Allegato I (che vietano la pubblicazione di recensioni senza verificare che le recensioni dei consumatori provengano da consumatori che hanno acquistato o utilizzato il prodotto e che vietano la presentazione o l’incarico di presentare recensioni false da parte dei consumatori).

100 Si vedano i paragrafi 2.32 e 2.43 del documento di consultazione. 2.32 e 2.43 del documento di consultazione. Un’altra proposta corrisponde alle modifiche apportate al punto 11a dell’Allegato 1 (non identificare i risultati di ricerca a pagamento in quanto tali).

101 Law Commission, Consumer sales contracts: transfer of ownership, Report No. 398 (HC 1365).

nazionale basata sul diritto dell’UE. Le azioni legislative dell’UE in materia di diritto dei consumatori, soprattutto nel contesto della sua Agenda digitale, hanno già portato a diversi sviluppi importanti che non hanno un parallelo nel diritto interno. Sebbene il Regno Unito non sia più obbligato a recepire tali sviluppi dell’UE, potrebbe anche perdere l’opportunità di migliorare il diritto dei consumatori nazionale considerando adeguatamente il lavoro già svolto a livello europeo102. Molte delle questioni giuridiche individuate nell’ambito dell’Agenda digitale dell’UE saranno rilevanti per i consumatori del Regno Unito come per quelli dell’Unione europea, e varrebbe la pena di prendere in considerazione le misure legislative già adottate dall’UE. Ciò non significa che il Regno Unito debba continuare a modificare il diritto nazionale dei consumatori in risposta a ogni nuova misura dell’UE. Tuttavia, sembrerebbe del tutto appropriato analizzare attentamente tali misure, per determinare se il Regno Unito debba o meno adottare una legislazione corrispondente e, anzi, se il Regno Unito possa andare oltre o adottare un approccio diverso da quello scelto dall’UE. Il fatto che alcune delle proposte su cui il BEIS si è consultato l’anno scorso presentino forti parallelismi con le riforme del diritto dell’UE già attuate suggerisce ciò.

Questo tipo di analisi potrebbe già avvenire dietro le quinte. Sarebbe ragionevole discutere pubblicamente di questa pratica e sviluppare un processo chiaro che permetta di monitorare e analizzare gli sviluppi dell’UE, in particolare quando questi influiscono sul diritto interno basato sull’acquis. Questi primi segnali sull’atteggiamento politico nei confronti della continua rilevanza dell’acquis dell’UE in materia di consumatori per il diritto dei consumatori del Regno Unito suggeriscono un quadro ambiguo. In base ai dati contenuti nel documento di consultazione 2022 del BEIS, l’acquis dell’UE continuerà ad avere una certa influenza, anche se in modo oscuro. Allo stesso tempo,

102 Basti pensare alla Direttiva sui contenuti digitali (2019/770/UE), che presenta alcune sovrapposizioni con la Parte 3 del Consumer Rights Act 2015, ma contiene diversi aspetti aggiuntivi (fornitura in cambio di accesso ai dati; aggiornamenti).

non tutti gli sviluppi significativi a livello europeo troveranno spazio nel diritto nazionale dei consumatori. Potrebbero esserci buone ragioni per ignorare alcune azioni intraprese a livello europeo, poiché talvolta sono tutt’altro che perfette, ma sono comunque un utile indicatore delle potenziali priorità di intervento anche nel Regno Unito. Può darsi che, a tempo debito, quando sarà trascorso un periodo di tempo dal ritiro dall’UE, gli atteggiamenti politici duri di alcuni parlamentari si ammorbidiscano o si spostino su altre questioni, e questo potrebbe consentire un impegno più trasparente con gli sviluppi dell’UE.

4. Conclusioni, e cosa ci aspetta?

La discussione sull’impatto dell’acquis comunitario in materia di diritto contrattuale sul diritto inglese ha rivelato che il diritto comune dei contratti non è stato influenzato dall’acquis. Invece, la legislazione che attua le misure dell’UE è stata per lo più limitata all’ambito di applicazione della corrispondente misura dell’UE, piuttosto che diventare un fattore scatenante di cambiamenti più radicali. Anche i timori di una potenziale fuga nel diritto comune di concetti europei come la buona fede si sono rivelati infondati. L’influenza dell’acquis è generalmente limitata ai contratti dei consumatori. Tuttavia, come si è visto, l›aumento della legislazione sui contratti dei consumatori ha creato una separazione di fatto, anche se incompleta, tra il diritto generale dei contratti e il diritto dei contratti dei consumatori. Tuttavia, il diritto comune ha generalmente resistito alle influenze dell’UE. L’uscita dall’UE non ha avuto alcun effetto immediato sulla permanenza di misure derivate dall’acquis, anche se non è detto che ciò rimanga tale nel medio termine. Si spera, più che anticipare, che man mano che l’eccitazione politica per l’uscita dall’UE si allontana, le future discussioni sulla riforma del diritto interno tengano conto degli sviluppi a livello europeo. Mentre il diritto comune dei contratti continuerà il suo percorso “senza acquis”, il contratto dei consumatori inglese potrebbe rimanere in contatto con l’acquis nel lungo periodo.

Contratto e impresa Europa 3/2024

La responsabilità sociale delle imprese ed il suo

valore come obbligo giuridico

soMMario: 1. Introduzione: l’importanza della CSR ed il suo valore come obbligo giuridico. – 2. Differenze concettuali e duplice rilevanza del concetto di CSR. – 3. CSR e valore aziendale. – 4. La CSR come un obbligo giuridico. Fondamento. – 5. L’evoluzione della normativa europea, fino alla proposta di direttiva in materia di Corporate Sustainability Due Diligence. Da una CSR volontaria, ad una implementazione obbligatoria. – 6. Dal diritto europeo a quello internazionale. Alcuni esempi pratici. – 7. Conclusioni.

aBstraCt

While Corporate Social Responsibility (CSR) certifications are directly mandatory only for large companies under European regulations, this paper demonstrates how these obligations indirectly affect all businesses through a cascade effect in the value chain. Although small and mediumsized enterprises (SMEs) are not directly subject to these regulations, they must comply with CSR standards when they are part of larger companies’ supply chains, or risk being excluded from business relationships. This mechanism effectively transforms voluntary CSR compliance into a practical necessity for market participation, regardless of company size. The recent European legislation, particularly the Corporate Sustainability Due Diligence Directive, creates a domino effect throughout the entire business ecosystem, making CSR compliance a de facto requirement for all market participants.

1. Introduzione: l’importanza della CSR ed il suo valore come obbligo giuridico

Lo scopo del presente contributo è sottolineare il fondamentale ruolo economico e giuridico della responsabilità sociale d’impresa (o corporate social responsability, CSR) nel contesto imprenditoriale moderno e le importanti conseguenze che derivano dall’attuazione, o inattuazione, della CSR1.

La CSR ha radici profonde nella storia economica, con influenze che derivano dall’economia classica e che trova una compiuta definizione nelle opere di H. R. Bowen2. Anche l’analisi economica del diritto ha contribuito in maniera significativa all’elaborazione giuridica dell’CSR, in base al principio di attribuzione della responsabilità al soggetto che introduce un rischio nel sistema3. Volendo dare una definizione attuale di CSR, si può richiamare quanto affermato dalla Commissione Europea nel 2021: “la RSI è l’integrazione delle questioni sociali ed ecologiche nelle attività commerciali e nelle relazioni delle imprese con le parti interessate”4 .

1 L’Unione Europea nel 2014 nelle conclusioni del piano strategico 2011 – 2014 ha identificato le imprese (col 71%) come il principale attore per influenza nella promozione della CSR. Si veda Comunicazione Della Commissione Al Parlamento Europeo, Al Consiglio, Al Comitato Economico E Sociale Europeo e Al Comitato Delle Regioni, Strategia rinnovata dell’ue per il periodo 2011-14 in materia di responsabilità sociale delle imprese, disponibile presso https://eur- lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2011:0681:FIN:it:PDF.

2 BoWen, Social Responsibilities of the Businessman, University of Iowa Press, 2013. Bowen ne parlò per la prima volta già nel 1953.

3 CalaBresi, The Cost of Accidents, Yale University Press, 1970. Ma si veda anche liBertini, Gestione “sostenibile” delle imprese e limiti alla discrezionalità imprenditoriale, «Contratto e impresa», 39/1 (2023), p. 54–87; aMatuCCi, Responsabilità sociale dell’impresa e nuovi obblighi degli amministratori. La giusta via di alcuni legislatori, «Giurisprudenza Commerciale», 49 (2022), p. 624, che fa riferimento alla ricerca di “soluzioni che (…) comportino un orientamento della discrezionalità imprenditoriale al fine di contribuire alla soluzione dei grandi problemi del mondo”.

4 CoMMissione euroPea, Libro Verde Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese, 2001.

Tale definizione “supera” per alcuni profili la precedente definizione europea in quanto non parla di una “base volontaria” della CSR5 ed apre la strada alla sua obbligatorietà ed a quella della rendicontazione non finanziaria”6. D’altronde la natura volontaria sembra poi contraddetta sul piano delle norme internazionali: “… dal richiamo programmatico agli obblighi degli Stati e organizzazioni internazionali che devono assicurare (“shall make shure”, “doivent s’assurer”) il rispetto della responsabilità sociale di impresa”7 .

Già nel 2011 la Commissione aveva affermato la necessità di una responsabilità delle imprese per gli impatti che hanno sulla società8 che, a ben vedere, non è un concetto molto diverso da quel principio causalistico che fonda la responsabilità civile nei sistemi occidentali, come nell’art 2043 e seguenti del codice civile italiano e da quello del rischio di natura nordamericana9. Nell’am-

5 Ibidem.

6 D.lgs. 30 dicembre 2016, n. 254, di attuazione della direttiva 2014/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 ottobre 2014, recante modifica alla direttiva 2013/34/UE riguardante la comunicazione di informazioni di carattere non finanziario e le informazioni sulla diversità da parte di talune imprese e di taluni gruppi di grandi dimensioni.

7 Carella, Art. 19 della risoluzione dell’Institut de Droit International su Human Rights and Private International Law: attuazione della responsabilità sociale d’impresa e diritto internazionale privato, «Diritti umani e diritto internazionale»/1 (2023), p. 169–186.

8 Comunicazione Della Commissione Al Parlamento Europeo, Al Consiglio, Al Comitato Economico E Sociale Europeo e Al Comitato Delle Regioni, Strategia rinnovata dell’ue per il periodo 2011-14 in materia di responsabilità sociale delle imprese, cit.

9 CalaBresi, The Cost of Accidents, cit.; Carella, Art. 19 della risoluzione dell’Institut de Droit International su Human Rights and Private International Law: attuazione della responsabilità sociale d’impresa e diritto internazionale privato, cit. coerentemente afferma: “ (…) le norme di diritto internazionale privato che regolano la responsabilità extracontrattuale vengono individuate come uno strumento potenzialmente utile per orientare i soggetti privati delle relazioni economiche internazionali verso un comportamento rispettoso dei diritti umani. In particolare, la cosiddetta responsabilità esterna diretta delle imprese consente di superare l’impunità delle imprese per le violazioni dei diritti umani rafforzando la funzione unificante della governance dell’impresa capofila della catena del valore”.

bito di un rinato “istituzionalismo forte”, si è assistito a un passaggio a sistemi in cui l’impegno verso la sostenibilità si traduce in una serie di precetti e obblighi comportamentali per le imprese, specialmente per quelle di dimensioni maggiori o con un impatto economico maggiore. Questo è evidenziato dalla significativa regolamentazione europea che recentemente è intervenuta su vari fronti per regolare i molteplici e sempre maggiormente complessi profili delle dinamiche economiche e contrattuali. È il caso del regolamento UE 2020/852 sulla tassonomia delle attività economiche eco-compatibili, che riguarda la finanza sostenibile10, così come alla direttiva 2014/95/UE relativa alle informazioni di carattere non finanziario (Non Financial Reporting Directive - NFRD) per le società quotate, gli istituti di credito e le compagnie assicurative, recentemente soggette a revisione tramite la direttiva sulla comunicazione societaria sulla sostenibilità (Direttiva 2022/2464/ UE, Corporate Sustainability Reporting Directive – CSRD)11. Si consideri anche l’introduzione dei bilanci sociali, ma anche della Corporate Sustainability Due Diligence di cui si tratterà oltre.

Ciò è coerente con quanto affermato nell’art. 41 della nostra Costituzione, secondo cui l’iniziativa economica privata è libera ma non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o arrecando danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana12, espressione questa che suona oggi modernissima. Ma anche l’art. 42, così come rilevato da autorevole dottrina in epoca ormai risalente, può avere una lettura rilevante ai fini qui

10 In materia di finanza sostenibile si veda Conte, La finanza sostenibile: limiti e profili evolutivi, «Federalismi», 33 (2022) [https://www.federalismi.it/nv14/articolo-documento.cfm?Artid=48110&content=&conten t_author=], consultato il 16/2/2024.

11 degl’innoCenti, Nuove sfide regolatorie del diritto privato europeo nel prisma della sostenibilità. La proposta di direttiva sulla corporate sustainability due diligence, «Actualidad jurídica iberoamericana» (2023), pp. 812–855.

12 Si veda anche FiMManò, Art. 41 della Costituzione e valori ESG: esiste davvero una responsabilità sociale dell’impresa ?, (26/5/2023) [https:// www.orizzontideldirittocommerciale.it/wp-content/uploads/2023/05/ Fimmano_paper-ODC-2023_.pdf].

in esame, dato che la proprietà deve perseguire una funzione sociale, ha un limite intrinseco nel rispetto dell’utilità sociale, della sicurezza, della libertà e dignità umana13.

Con CSR si intende quindi il dovere, degli imprenditori, di assumersi delle responsabilità nei confronti della società, andando oltre il mero interesse individuale alla crescita economica14 di breve periodo per allargare la sua funzione alla utilità “sociale” ed alle relative ricadute positive anche per l’impresa15 tra cui la minimizzazione dei costi di transizione e la riduzione dei conflitti tra gli stakeholder aziendali16.

La CSR in quest’ottica costituisce un’importante forma di attuazione del principio dello sviluppo sostenibile17.

L’integrazione di tali obblighi di precauzione18 e verifica portano ad affermare che aderire a principi e metodi di CSR possa essere considerato un vero e proprio obbligo giuridico in capo alle imprese e che la sua mancata o fraudolenta attuazione possano arrecare gravi danni di valore e legali per le imprese. A conferma di quest’ultima affermazione basti pensare ad alcuni recenti casi della cronaca italiana19, che potremmo considerare da un lato

13 galgano, Trattato di diritto civile, Padova, 2014.

14 BoWen, Social Responsibilities of the Businessman, cit.

15 donhaM, The social significance of business, «Harvard Business Review», 5/4 (1927), pp. 406–419 affermava che “il vero problema delle aziende è quello di creare e far sviluppare una classe imprenditoriale socialmente responsabile”. Ed ancora: “A meno che un numero sempre maggiore di manager non impari a esercitare il proprio potere e ad ottemperare ai propri obblighi con uno spiccato senso di responsabilità verso gli altri gruppi della comunità, (…) la nostra civiltà potrebbe andare incontro ad una fase di declino”.

16 FreeMan-MCvea, A stakeholder approach to strategic management, «The Blackwell handbook of strategic management» (2005), pp. 183–201.

17 Sul quale si vedano in particolare WCED, Our common future, (1987) e ONU, asseMBlea generale, Transforming our world: the 2030 Agenda for sustainable development, (2015).

18 18 Si veda anche dal Prato, Sostenibilità, precauzione, sussidiarietà, Contratto e Impresa Europa, 3/2023, p. 405 ss.

19 Si ricordano in particolare alcuni casi recenti: il caso Alviero Martini SPA, recentemente sottoposta ad amministrazione giudiziaria da parte

all’interno del più generale ambito di ethic washing20 ma dall’altro nella colposa (attraverso l’omessa vigilanza) agevolazione di condotte scorrette altrui. Ma la tematica del rapporto fra diritti umani e imprese, specie se transnazionali, è un tema che ormai tocca una serie innumerevoli di ambiti e profili, non solo giuridici, che orienterà sicuramente l’evoluzione del nostro ordinamento21.

del Tribunale di Milano per essere stata «ritenuta incapace di prevenire e arginare fenomeni di sfruttamento lavorativo nell’ambito del ciclo produttivo», soprattutto per un contestato mancato controllo sulla filiera la quale ricorreva a «opifici cinesi» e «facendo ricorso a manovalanza in nero e clandestina». Sul punto Cfr. Casadei, Alviero Martini Spa in amministrazione giudiziaria per sfruttamento lavorativo, (17/1/2024) [https:// www.ilsole24ore.com/art/alviero-martini-commissariata-il-tribunalemilano-sfruttava-lavoratori-cinesi-AF1KwFNC], consultato il 16/2/2024. Successivamente, sempre su iniziativa della Procura della Repubblica di Milano, la Giorgio Armani Operations (società che nell’ambito del gruppo Armani si occupa materialmente della produzione dei capi) è stata a sua volta posta in amministrazione giudiziaria per una presunta fattispecie di sfruttamento di lavoro che si sarebbe concretizzato attraverso l’omessa vigilanza sulle società a cui ha appaltato le proprie produzioni (cfr. Il sole 24 Ore 5 aprile 2024, “Caporalato, Giorgio Armani operations in amministrazione giudiziaria”, https://www.ilsole24ore.com/art/caporalato-amministrazione-giudiziaria-giorgio-armani-operations-AFa5q4LD. Infine, si pensi al caso Ferragni – Balocco, nel quale l’Antitrust ha sanzionato per la somma di 1 milione di euro le società gestite da Chiara Ferragni e per 420.000 euro Balocco per pratiche commerciali scorrette. Sul punto Chiara Ferragni e il caso pandoro, la Procura di Milano apre un fascicolo: per ora nessun indagato| Corriere.it [https://milano.corriere.it/ notizie/cronaca/23_dicembre_20/chiara-ferragni-e-il-caso-pandoro-laprocura-di-milano-apre-un-fascicolo-per-ora-nessun-indagato-b40b72a1c2dc-4e58-bdc1-d9079231axlk.shtml], consultato il 16/2/2024; Pandoro Ferragni-Balocco, esposti in 104 procure: “Conti dell’influencer sotto sequestro”. Cosa rischia l’imprenditrice digitale, (18/12/2023) [https://www.ilgiorno.it/milano/cronaca/ferragni-balocco-codacons-esposto-c5c6cto8], consultato il 16/2/2024.

20 Sul quale si veda oltre.

21 Per un overview del rapporto fra ordinamento italiano, Business e Human Rights si veda sCuola suPeriore sant’anna, Imprese e diritti umani: il caso Italia. Analisi del quadro normativo e delle politiche di salvaguardia, Ministero dello Sviluppo Economico, 2013.

Autorevole dottrina, partendo proprio dalle norme della Costituzione già richiamate, come gli artt. 41 e 42, ha già un decennio fa sostenuto – e chi scrive concorda – che tali norme dovrebbero guidare una reinterpretazione delle norme privatistiche coerente con l’attuazione dei principi ESG22, seguendo quanto ad esempio affermato in Germania anche secondo la dottrina della drittwirkung23

2. Differenze concettuali e duplice rilevanza del concetto di CSR

Nonostante il concetto di CSR e quello di sostenibilità siano ormai utilizzati ampiamente in ambito aziendale, spesso anche in

22 galgano, Trattato di diritto civile, Padova, 2014; rolli, L’impatto dei fattori ESG sull’impresa. Modelli di governance e nuova responsabilità, Bologna, 2020, p. 30-31, che ad esempio richiama questa idea nell’interpretazione dell’art. 2247 cc.

23 “La struttura delle norme di condotta, imposte dalla direttiva, è notevole, perché traduce in comportamenti imposti alle imprese principi e norme di tutela contenuti in fonti internazionali, elencate in allegato alla direttiva (art. 3, lett. B e c). In questo modo, si realizza un imponente fenomeno di Drittwirkung di norme storicamente sorte sul piano del diritto internazionale e quindi originariamente atte a fondare obblighi degli Stati e non dei soggetti privati”. riva greChi, “Benessere sociale (social welfare) e standards per la corretta divulgazione dei reports di sostenibilità esg”, in United Nations UN- Upeace – Rome, working group section one Pg. 193 https://finanzasostenibile.it/wp- content/uploads/2024/05/ ESG-Working-Group-section-I.pdf.

Cfr. Mario Libertini secondo cui il passaggio decisivo, sul piano politico, può essere visto nella proposta di direttiva 2022/0051(COD) del 23 febbraio 2022 (Corporate Sustainability Due Diligence): “Con questa proposta, gli obiettivi sociali e ambientali non sono più oggetto di una raccomandazione, il cui successo è affidato ad un auspicio di competizione reputazionale fra le imprese, ma divengono oggetto di una regolazione vincolante. La nuova proposta di direttiva compie così un salto netto rispetto al passato perché i programmi di CSR diventano obbligatori per le imprese” liBertini, Gestione “sostenibile” delle imprese e limiti alla discrezionalità imprenditoriale, : Contratto e impresa, 1, 2023, p. 54-87.

modo alternativo fra loro, non devono però essere confusi. Sostenibilità e CSR infatti vanno letti come un rapporto fra fine e mezzo: la CSR è uno degli strumenti principali, anche se non sufficienti, per realizzare lo sviluppo sostenibile24.

È importante confrontare i concetti di CSR (Corporate Social Responsibility) e ESG (Environmental, Social, Governance), poiché entrambi sono collegati e indirizzano le aziende verso un futuro più sostenibile. La CSR rappresenta un approccio più ampio e qualitativo, focalizzato sull’impegno di un’azienda a operare eticamente e responsabilmente verso la società e l’ambiente attraverso azioni e pratiche interne. L’ESG, invece, si riferisce a un sistema di misurazione non finanziaria basato su tre pilastri principali: ambientale, sociale e governance, ciascuno composto da una serie di indicatori che consentono di valutare la performance di un’azienda in termini di sostenibilità. I cosiddetti “criteri ESG” permettono quindi di quantificare l’impatto ambientale, sociale e di governance di un’impresa, rendendone il comportamento più trasparente e comparabile. La differenza principale risiede nel fatto che, mentre la CSR si concentra sull’impegno generale di un’azienda verso la sostenibilità, l’ESG offre un metodo per misurare e comunicare i progressi in modo più preciso. In questo senso, la CSR stabilisce l’obiettivo a lungo termine, mentre l’ESG fornisce gli strumenti per raggiungerlo: i criteri ESG presuppongono quindi l’esistenza di una CSR. Entrambi sono essenziali per costruire un’economia sostenibile e rispondere alle crescenti aspettative di investitori, consumatori e altre parti interessate. In sintesi, si è passati dalla CSR, che sottolinea la responsabilità, alla sostenibilità, fino all’integrazione dei fattori ESG, che porta a una nuova visione globale di “corporate governance”25.

24 Nel rapporto Brundtland, con una formulazione concisa destinata ad essere accettata e condivisa su scala globale, la Commissione definiva lo sviluppo sostenibile come un processo che consente di soddisfare le necessità dell’attuale generazione senza compromettere le capacità delle generazioni future di soddisfare le proprie.

25 rolli, L’impatto dei fattori ESG sull’impresa. Modelli di governance e nuova responsabilità, Bologna, 2020, p. 7 e 29-31.

Tornando alla CSR, questa può essere letta sotto due differenti profili.

Sotto un primo profilo, integrare pratiche di CSR aumenta il valore dell’azienda e la sua performance economico-finanziaria, costituendo quindi un arricchimento generale per l’impresa26.

Sotto un secondo profilo, la mancata integrazione dell’CSR potrebbe comportare responsabilità e conseguenze negative ed economicamente pregiudizievoli per le imprese.

Tale duplice dimensione emerge anche dalla Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD, Direttiva UE 2022/2464), che pone rilevanza sull’impatto delle attività dell’impresa sulle persone e sull’ambiente, nonché sul modo in cui le questioni di sostenibilità incidono sull’impresa (ed in relazione ad entrambe è richiesta la verifica “dell’adeguatezza dell’informativa societaria”). La Direttiva pur non prevedendo un obbligo diretto di adottare politiche socialmente responsabili, introduce degli obblighi di disclosure presupponendo la necessaria esistenza di tali politiche aziendali “sostenibili”.

3. CSR e valore aziendale

Uno dei profili principali che si intende evidenziare in questa sede è che l’etica aziendale (di cui i principi ESG sono una estrinsecazione diventando purpose aziendale27) costituisca un asset per l’azienda, contribuendo a produrre maggiori valori ed utili, e che

26 Coelho-jayantilal-Ferreira, The impact of social responsibility on corporate financial performance: A systematic literature review, «Corporate Social Responsibility and Environmental Management» (2023); R. eriandani, The Economic Impact of Corporate Social Responsibility (2020).

27 Cfr. skeet, What do ESG and Ethics Have in Common?, Markkula Center for Applied Ethics at Santa Clara University, https://www.scu.edu/ ethics/esg/what-do-esg-and-ethics-have-in-common/; arMstrong, Ethics and ESG, Australasian Accounting, Business and Finance Journal, 14(3), 2020, 6-17.; ParFitt, ESG Integration Treats Ethics as Risk, but Whose Ethics and Whose Risk? Responsible Investment in the Context of Precarity and Risk-Shifting. Critical Sociology, 46(4-5), 2020, 573-587.

pertanto l’implementazione dell’etica e dell’CSR nelle attività imprenditoriali costituisca una strategia economicamente efficace28. La CSR non è quindi solo uno strumento di prevenzione del rischio o di attribuzione di responsabilità. Anche recenti studi in questo senso hanno dimostrato che la CSR ha un impatto diretto sulla performance finanziaria di un’azienda, e questo impatto diventa più significativo quando i punteggi ESG dell’azienda migliorano29

Si ritiene quindi che la CSR non possa più essere sminuita sino al punto di inquadrarla come una pura e semplice attività di compliance o marketing, o ancora peggio come una strategia di marketing sociale30. Come detto, la CSR è “un concetto attraverso il quale le organizzazioni integrano questioni sociali nelle loro operazioni di business e nei loro rapporti con gli stakeholders”, che influenza le scelte dell’impresa e ne modifica il valore. Bisogna fare attenzione poiché il valore della reputazione non corrisponde solo a quella che viene definita “un’identità comunicata” dell’impresa bensì ne costituisce parte integrante anche il concretizzarsi di comportamenti e scelte operate dai vertici della stessa impresa e le ripercussioni che questi risultati concreti mostrano di operare

28 de rada Istituzionalizzazione dell’etica degli affari, dal diritto privato alla costituzionalizzazione cit., p. 69-81; Per uno studio particolarmente significativo, che fornisce una meta-analisi svolta dalla Università di Oxford di oltre 190 studi di alta qualità, si veda Clark-Feiner-viehs, From the Stockholder to the Stakeholder: How Sustainability Can Drive Financial Outperformance, (5/3/2015) [https://papers.ssrn.com/abstract=2508281], consultato il 16/2/2024.

29 Coelho-jayantilal-Ferreira, The impact of social responsibility on corporate financial performance: A systematic literature review, cit.; eriandani, The Economic Impact of Corporate Social Responsibility, cit.

30 Per l’origine del concetto si veda kotler-arMstrong-sCott, Principi di marketing, Myr-guBian (tradd.), Pearson, 17/9/2009: L’utilizzo dei principi e delle tecniche del marketing per influenzare un gruppo di destinatari ad accettare, rifiutare, modificare o abbandonare in modo volontario un comportamento allo scopo di ottenere un beneficio per i singoli, i gruppi o la società nel suo complesso. Tale strategia di marketing è nota anche in Italia già dagli anni ’80, basti pensare alla cd. “missione bontà” di Dash del 1987. Tale strategia si è notevolmente rinforzata con l’avvento di internet.

sul giudizio sociale31. La reputazione deve essere qualificata alla stregua di una risorsa intangibile dell’impresa e secondo quella prospettiva per la quale l’essenza dell’impresa è da rinvenire nella generazione di risorse tramite risorse al fine di garantire l’acquisizione o il mantenimento di un rilevante vantaggio economico, allora è altrettanto corretto affermare che la reputazione crea reputazione32

Questa correlazione si esplica sotto almeno quattro diversi profili.

Innanzitutto, sussiste un – ovvio – influsso sulla corporate reputation33 e diversi studi hanno dimostrato una relazione fra performance aziendale, sociale e finanziaria34.

Il secondo vantaggio della CSR riguarda la garanzia di una maggiore efficienza nel raggiungere gli obiettivi e gli scopi di impresa, poiché migliora le proprie relazioni con gli stakeholders, soprattutto quelli maggiormente attenti o interessati all’impatto sociale delle imprese35. Viene in questo modo valorizzato il ruolo sociale dell’azienda, che opera come collante sociale e come attore nella promozione della sostenibilità, accanto agli attori pubblici istituzionali e alle organizzazioni internazionali36.

Il terzo vantaggio dell’CSR riguarda gli effetti positivi sul controllo e la riduzione del rischio37. Il concetto di rischio al quale ci si

31 Ibidem

32 Ibidem.

33 de rada, Istituzionalizzazione dell’etica degli affari, dal diritto privato alla costituzionalizzazione cit., p. 75; galant-Cadez, Corporate social responsibility and financial performance relationship: a review of measurement approaches, «Economic Research-Ekonomska Istraživanja», 30/1 (1/2017), p. 676–693.

34 Ibidem.

35 raleigh, Corporate social responsibility [https://www.grantthornton. global/en/insights/articles/Corporate- social-responsibility/], consultato il 17/9/2024.

36 Così anche genovese, La gestione ecosostenibile dell’impresa azionaria. Fra regole e contesto, Bologna, p. 28 ss.

37 Per uno studio particolarmente significativo, che fornisce una metaanalisi di oltre 190 studi di alta qualità, si veda Clark-Feiner-viehs, From the Stockholder to the Stakeholder, cit.

riferisce è invero ampio, poiché ricomprende quello a livello sociale e mediatico, che può inevitabilmente avere delle gravi ricadute a livello economico e commerciale38; ai rischi strettamente giuridici, derivanti ad esempio dalla commissione di illeciti aventi rilevanza civilistica, penalistica, o amministrativa; alle sanzioni, ed i medesimi studi sopra citati evidenziano in questo senso una correlazione fra sanzioni e trascuratezza nell’affrontare aspetti connessi allo sviluppo sostenibile39; infine rischi riguardanti l’efficienza dell’attività produttiva e lo svolgimento delle attività di produzione, poiché trascurare tali aspetti può portare a conseguenze negative, ad esempio scioperi o tensioni e problemi sociali e ambientali40. Da una gestione deficitaria dei fattori ESG e delle comunicazioni in merito, peraltro, può derivare anche una forma di responsabilità, che certamente aggraverebbe ulteriormente la posizione della società e dei propri amministratori41.

Infine, l’adozione di politiche di CSR può aumentare o agevolare gli affari delle imprese, anche quando si ha a che fare con contratti pubblici. L’attuale normativa italiana in materia di contratti pubblici, per esempio, ha recepito importanti indicazioni internazionali e dell’Unione Europea in questo senso42 e la Pubblica Amministrazione è tenuta ad inserire, nei bandi di gara o nei propri contratti, delle clausole o delle condizioni rilevanti sotto un profilo (es. Criteri Ambientali Minimi “CAM”) sociale e ambientale (cd. green public procurement o social public procurement)43.

38 Sul rapporto fra CSR e rischio sociale, intendendo la prima come strumento per ridurre il secondo, si veda galant-Cadez, Corporate social responsibility and financial performance relationship, cit.

39 Ibidem.

40 Ibidem.

41 Per un’analisi della responsabilità della gestione deficitaria dei rischi e dell’impatto ambienta della società si veda genovese, La gestione ecosostenibile dell’impresa azionaria. Fra regole e contesto, cit. si veda anche rolli, L’impatto dei fattori ESG sull’impresa. Modelli di governance e nuova responsabilità, cit., p. 167 ss.

42 Direttive 17 e 18/2004 CE; Direttive appalti 23,24,25/2014 UE.

43 Piga-tatrai, Public Procurement Policy, Routledge, 2015.

Alla luce dei profili appena esaminati, si ritiene che le imprese non debbano considerare la CSR solamente come un costo, ma piuttosto come un investimento necessario, che nel lungo termine porta sia ad una riduzione di costi generali dell’attività di impresa che ad un aumento di profitti44. Numerosi studi, che riflettono anche sul passaggio dal concetto di CSR a quello di integrazione ESG, confermano quanto qui sostenuto. È stato evidenziato infatti come lo stesso concetto di ESG non allude solo alla responsabilità, come quello di CSR, ma al “rationale della strategia di crescita nel lungo termine, che dovrebbe motivare il programma di sostenibilità di una società, con la conseguenza che la sostenibilità si sta evolvendo in una core business function centrale per la complessiva strategia dell’impresa e vitale per il suo successo”45. Gli stessi investitori, a tal proposito, sono sempre più attenti a compiere investimenti coerenti con gli obiettivi climatici, ambientali e sociali, tutti profili che quindi non solo vengono tenuti in considerazione nella scelta dell’investimento ma che sono anche in grado di influire positivamente o negativamente sulla vita – e il valore – dello stesso46.

44 Si vedano anche gli studi condotti ad es da Porter-van der linde, Green and Competitive: Ending the Stalemate, pubblicato in Harvard Business Review, sezione Sustainable business practices, 1/9/1995 [https:// hbr.org/1995/09/green-and-competitive-ending-the-stalemate], consultato il 17/2/2024, che hanno dimostrato che l’attuazione di migliori pratiche di gestione dei rifiuti porta nella quasi totalità dei casi ad una compensazione dei costi, rendendo quindi tali pratiche economicamente efficienti e vantaggiose. Più di recente si veda deloitte, deloitte global service 2012 sustainability for consumer, (2012); raleigh, Corporate social responsibility, cit.; eMre ay, The Conformity of Goods under the CISG, «Bulletin of the Moscow State Regional University (Jurisprudence)»/4 (2022), pp. 94–106.

45 rolli, L’impatto dei fattori ESG sull’impresa. Modelli di governance e nuova responsabilità, Il Mulino, Bologna, 2020, pp. 30-31, 94. Si rinvia a sua volta a tonello, Corporate investment in ESG practices, in Harvard Law School forum on Corporate Governance, 2015, p. 2; Carroll, The pyramid of Corposate Social Responsibility, in Business Horizons, 1991, p. 42, 93.

46 rolli, L’impatto dei fattori ESG sull’impresa. Modelli di governance e nuova responsabilità, cit., p. 88-89, 100; genovese, La gestione ecosostenibile dell’impresa azionaria. Fra regole e contesto, cit.

Un ultimo dato, che si ritiene emblematico della rilevanza degli investimenti ESG e del fatto che questi aumentano in modo significativo e sicuro il valore dell’azienda, è evincibile da uno studio di BlackRock del 2020, secondo cui l’incidenza del COVID-19 sugli investimenti sostenibili non è stata significativa e che questi investimenti erano anzi destinati ad aumentare47.

4. La CSR come un obbligo giuridico. Fondamento

È quindi necessario innanzitutto evidenziare come la CSR abbia acquisito col tempo uno spazio sempre maggiore a livello globale, sino al punto che oggi questa possa essere considerata un obbligo giuridico. La sostenibilità sembra oggi divenire un nuovo paradigma giuridico, o una “clausola generale”48. in grado di incidere in maniera sempre maggiore sull’esercizio dell’autonomia privata, richiedendo pertanto una riflessione ad ampio spettro sui “nuovi parametri di conformazione della libertà contrattuale” anche alla luce dell’ambito europeo ed internazionale49. Questo nuovo parametro di sostenibilità si aggiungerebbe ad altri più tradizionali, come le clausole generali di buona fede e di ordine pubblico50. Mentre alcuni importanti studi hanno evidenziato che, nel rapporto fra CSR ed atteggiamento dei vertici aziendali, con conseguenze sul piano giuridico e gestionale, esisterebbero diversi stadi51, altri hanno evidenziato l’importanza di non confondere,

47 BlaCkroCk, Sustainable investing: resilience amid uncertainty, 2020, https://www.oeco.org.br/wp-content/uploads/2020/07/sustainable-investing-resilience-BlackRock.pdf.

48 luBian, La sostenibilità come clausula generale: una prospettiva comparata, cit., La nuova Giurisprudenza Civile commentate, 3/2024, p. 737 ss.

49 degl’innoCenti, Nuove sfide regolatorie del diritto privato europeo nel prisma della sostenibilità. La proposta di direttiva sulla corporate sustainability due diligence, cit., p. 843.

50 Ibidem; alPa, Responsabilità degli amministratori di società e principio di «sostenibilità», Contratto e impresa, 37/3 (2021), pp. 721–732.

51 Molteni, Gli stadi di sviluppo della CSR nella strategia aziendale, «Impresa Progetto - Electronic Journal of Management», 2 (2007)

anche in questa prospettiva, CSR e filantropia: la prima riguarda l’assetto aziendale e la propria catena del valore; mentre la filantropia riguarda la destinazione di parte di tale ricchezza a finalità di rilevanza sociale52.

In questa prospettiva il “dovere di corretta amministrazione”, che ormai costituisce clausola generale all’interno del diritto societario, includerebbe anche l’obbligo di governare l’impresa in maniera sostenibile, tanto che, oltre alla normativa già citata, in Italia anche il codice di autodisciplina delle società quotate sancisce che (Art.1, Principio I) “l’organo di amministrazione guida la società perseguendo il successo sostenibile”.

A conferma della rilevanza giuridica della sostenibilità sugli assetti societari, si può considerare l’impatto che i vari aspetti della CSR hanno sull’organizzazione e sulle pratiche aziendali, con conseguenti riflessi sugli “adeguati assetti aziendali”53. Questi ul[https://www.impresaprogetto.it/essays/2007-2/molteni], consultato il 16/2/2024.

52 FiMManò, “Art. 41 della Costituzione e valori ESG: esiste davvero una responsabilità sociale dell’impresa ?” in atti del XIV Convegno annuale dell’Associazione Italiana dei Professori Universitari di diritto commerciale “Orizzonti del diritto commerciale” “imprese, mercati e sostenibilità: nuove sfide per il diritto commerciale”, https://www.orizzontideldirittocommerciale.it/wp-content/uploads/2023/05/Fimmano_paperODC-2023_.pdf.

53 L’articolo 2086 del codice civile, relativo alla “Gestione dell’impresa”, riformato con il nuovo codice della crisi d’impresa, impone agli imprenditori di istituire e monitorare un adeguato assetto organizzativo, amministrativo e contabile, proporzionato alla dimensione e alla natura dell’impresa. Questo per individuare precocemente i segnali di pre-crisi e il rischio di perdita di continuità aziendale, e per attivarsi tempestivamente per superare la crisi e recuperare la continuità aziendale. Il comma 4 dell’art. 3 del Decreto Legislativo 14/2019, Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII), specifica questo obbligo, stabilendo un contenuto informativo minimo che deve essere garantito per individuare la crisi, creando un sistema di allerta interno all’impresa. Gli assetti e le misure sono considerati adeguati se forniscono un output informativo specifico, in grado di riflettere la capacità organizzativa dell’impresa. L’obbligo di dichiarare l’istituzione degli adeguati assetti deriva direttamente dal codice civile (in particolare artt. 2381 e 2475 cc). La responsabilità dell’am-

timi, nel contesto organizzativo attuale, sono strettamente collegati al modello di Organizzazione e Gestione previsto dal D.Lgs. 231/2001, che assume un ruolo cruciale non solo nella prevenzione dei reati e nella protezione dell’ente da responsabilità, ma anche per evitare crisi e fallimenti. L’adozione di un modello organizzativo permette infatti di prevenire e gestire eventuali crisi e, in periodi critici, ridurre il rischio di commettere quei reati contemplati dal D.Lgs. 231, anche sotto un profilo finanziario, particolarmente vulnerabile nei momenti di difficoltà.

Il legame tra adeguati assetti organizzativi e modelli organizzativi è sinergico, anche se non coincidente: le procedure degli adeguati assetti forniscono una base preventiva e rispondono agli obblighi legali dell’art. 2086 comma 2 c.c.; allo stesso tempo, un modello organizzativo efficace richiede una struttura organizzativa adeguata, la quale dovrebbe prevenire i reati previsti dal D.Lgs. 231, incluso l’omesso controllo.

Queste riflessioni portano a poter ipotizzare anche una responsabilità dell’organo amministrativo anche per mancata predisposizione di assetti adeguati ai fattori ESG54.

Più in generale, alcune considerazioni contribuiscono a sostenere la tesi dell’obbligatorietà della CSR.

Innanzitutto la CSR potrebbe essere intesa come un vero e proprio obbligo giuridico in capo alle imprese poiché la sua diministratore nell’istituire un adeguato assetto è stata confermata da pronunce giudiziarie recenti, come quella del Tribunale di Cagliari del 19 gennaio 2022 e l’ordinanza della Corte di Cassazione n. 2.172 di gennaio 2023, che sottolinea l’importanza della previsione ex-ante di un adeguato assetto, specialmente in situazioni come l’acquisto di un ramo aziendale indebitato, applicando il principio in base al quale principio afferma che, quando gli amministratori prendono decisioni in buona fede, sulla base di informazioni sufficienti e nel migliore interesse della società, essi non possono essere ritenuti personalmente responsabili per le conseguenze di tali decisioni (business judgement rule). Nella relazione sulla gestione, l’amministratore può dichiarare di aver istituito gli adeguati assetti ovvero non menzionare nulla, implicando di non aver adempiuto all’obbligo e assumendosi le responsabilità conseguenti.

54 rolli, L’impatto dei fattori ESG sull’impresa. Modelli di governance e nuova responsabilità, Bologna, 2020, pp. 127 ss.

sapplicazione potrebbe costituire una colpa secondo la definizione dell’art. 43 c.p. o generare altri tipi di responsabilità civile55. Con riguardo all’ambito civilistico, tale responsabilità si atteggia in termini diversi a seconda che si parli di responsabilità contrattuale o extracontrattuale.

Con riferimento alla responsabilità contrattuale, le regole di CSR possono essere oggi inserite nei contratti mediante apposite clausole56 in applicazione alle necessitate policies aziendali. Grazie a tali clausole, il rispetto della CSR diviene obbligatorio (il contratto ha forza di legge fra le parti57) e la loro eventuale violazione fa insorgere responsabilità contrattuale. Oltre all’ipotesi delle clausole specifiche, potrebbe sussistere anche un legame con l’oggetto del contratto, che deve essere possibile, lecito, determinato o determinabile58. Ebbene, un contratto nel quale vi siano implicazioni legate alla violazione dei diritti fondamentali potrebbe effettivamente rendere l’oggetto illecito e, quindi, viziare il contratto59. In questo senso la più attenta dottrina si interroga da tempo anche sulla applicazione orizzontale diretta delle disposizioni della Carta

55 del Punta, Responsabilità sociale d’impresa e diritto del lavoro, «Responsabilità sociale d’impresa e diritto del lavoro» (2008), pp. 1000–1025.

56 eCovadis, Clausole di sostenibilità nei contratti commerciali: la chiave della responsabilità aziendale [https://resources.ecovadis.com/it/csr/clausoledi-sostenibilita-nei-contratti-commerciali], consultato il 16/2/2024; Mitkidis, Sustainability Clauses in International Business Contracts, Eleven International Publishing, 2015; rühMkorF, Corporate Social Responsibility, Private Law and Global Supply Chains, Edward Elgar Publishing, 31/7/2015. Per una prospettiva che evidenzia i vantaggi competitivi di queste clausole di vedano ziMBardo, Incorporating CSR in contracts: more than a necessity, a competitive advantage, «PM World Journal», VII (2018); valle-Marullo, Contract as an Instrument Achieving Sustainability and Corporate Social Responsibility Goals, «International Community Law Review», 24/1–2 (3/3/2022), pp. 100–123.

57 Art. 1372 cc.

58 Art. 1346 cc.

59 Si veda ad esempio per le implicazioni sui contratti pubblici SCuola suPeriore sant’anna, Imprese e diritti umani: il caso Italia. Analisi del quadro normativo e delle politiche di salvaguardia, cit.; alPa, Diritti, libertà fondamentali e disciplina del contratto. modelli a confronto, «Giustizia civile»/1 (2018), pp. 5–73.

europea dei diritti fondamentali60 e quindi della loro diretta applicazione nei rapporti di diritto contrattuale.

Con riferimento alla responsabilità extracontrattuale, l’art. 2043 c.c. prevede, ai fini che qui rilevano, anche una responsabilità per colpa derivante dalla violazione di leggi, regolamenti, ordini e discipline (conformemente al dettato dell’art. 43 codice penale) e che in ambito imprenditoriale può ad esempio derivare da una omessa o disattenta vigilanza (o violazione di un obbligo di prudenza/precauzione/protezione) all’interno della attività produttiva o della supply chain. Anche il danno ingiusto, elemento imprescindibile della responsabilità extracontrattuale, può essere ritenuto sussistente anche solo come conseguenza della lesione di diritti fondamentali. Pertanto, eventuali violazioni dei diritti fondamentali compiute nello svolgimento dell’attività di impresa (anche con riguardo a tutta la catena del valore) potrebbero potenzialmente generare una responsabilità extracontrattuale in capo all’impresa stessa61. Va poi evidenziato come possa ipotizzarsi anche una responsabilità per inadeguata gestione dei rischi e dell’impatto ambientale dell’attività imprenditoriale62 ciò anche in considerazione anche dalla violazione dei citati principi di prudenza, mitigazione dei rischi e del citato principio di precauzione (ad oggi previsto anche all’art. 191 TFUE63, ma si pensi anche al principio 15 della Dichiarazione di Rio in materia ambientale). Si ricordino poi le specifiche forme di responsabilità extracontrattuale aventi rilevanza in materia di CSR come la responsabilità da danno ambientale64.

60 Per tutti si veda alPa, Note sulla applicazione orizzontale diretta delle disposizioni della Carta europea dei diritti fondamentali, Contratto e Impresa Europa 3/2023 pp. 361 ss.

61 Ibidem.

62 genovese, La gestione ecosostenibile dell’impresa azionaria. Fra regole e contesto, Bologna, pp. 175 ss.

63 CoMandé, Gli strumenti della precauzione: nuovi rischi, assicurazione e responsabilità, Giuffrè Editore, 2006; stanzione, L’incidenza del principio di precauzione sulla responsabilità civile negli ordinamenti francese ed italiano, «Comparazione e Diritto Civile» (2016), pp. 1–38.

64 degl’innoCenti, I criteri di imputazione della responsabilità per danno ambientale, «Contratto e impresa» (2013), pp. 741–770; degl’innoCenti, Ri-

Sebbene l’impresa possa sempre proteggersi mediante specifiche polizze assicurative, queste rappresentano comunque un costo e devono essere previamente stipulate65.

Una seconda considerazione riguarda il fatto che gli ordinamenti nazionali ed internazionali hanno ormai colto l’opportunità di attribuire forme di responsabilità in capo a quei soggetti che introducono un rischio nel sistema, soprattutto nelle ipotesi in cui quegli stessi soggetti traggano un beneficio – in particolare economico – dall’introduzione di tale rischio, quali gli imprenditori66. Si potrebbe quindi sostenere che il legame fra rischio e impresa ricorda l’antico brocardo latino cueius commoda eius et incommoda, proprio perché l’imprenditore si fa carico degli oneri così come dei benefici della propria attività. Si pensi ad esempio al GDPR, nel quale la responsabilità per la gestione dei dati personali viene attribuita in maniera particolarmente rigorosa al soggetto che trae beneficio dalla gestione, utilizzo e vendita di quegli stessi dati personali67. Le imprese che introducono rischi nel sistema, pertanto, devono dotarsi di adeguati strumenti di prevenzione della responsabilità e di accountability68.

La terza considerazione nasce dal fatto che anche il diritto positivo sta iniziando ad introdurre specifiche regole in questo ambi-

schio di impresa e responsabilità civile: La tutela dell’ambiente tra prevenzione e riparazione dei danni, Firenze, 2013.

65 In materia di assicurazione da danno ambientale si veda ad esempio landini-MaraCChi (a cura di), Cambiamenti climatici, catastrofi ambientali e assicurazione, 2015; alBerton, L’assicurazione del danno ambientale nella Direttiva 2004/35/CE, «Danno e Responsabilità», 2 (2007), pp. 135 ss.

66 Sul punto e con particolare riferimento all’analisi economica del diritto si veda Coase, The Problem of Social Cost, «The Journal of Law and Economics», 3 (10/1960), pp. 1–44; Pulitini, Notes on the «Economics Analysis of Law», (1/10/2002) [https://papers.ssrn.com/abstract=368128], consultato il 16/2/2024.

67 Sul punto sia consentito il rinvio a de rada, La Responsabilità Civile per Illecito Trattamento dei dati ex Art 82 GDPR, Maggioli, 2023.

68 Ibidem.

to69, sia direttamente che indirettamente70. Si può quindi affermare che si sia passati da un CSR volontaria e autoregolamentata ad una regolamentata in senso proprio71. Tale evoluzione si coglie soprattutto nel diritto europeo. Come già evidenziato nel libro verde del 2001 la Commissione Europea definiva la CSR come un’azione volontaria72, mentre con la comunicazione del 25 ottobre 2011 n. 681 superava tale nozione eliminando proprio l’aggettivo volon-

69 Loi n° 2017-399 du 27 mars 2017 relative au devoir de vigilance des sociétés mères et des entreprises donneuses d’ordre. Per un commento e una comparazione con altri esempi europei si veda PaloMBo, The Duty of Care of the Parent Company: A Comparison between French Law, UK Precedents and the Swiss Proposals, «Business and Human Rights Journal», 4/02 (7/2019), pp. 265–286.

70 Sul punto si veda ad esempio la sentenza n. 200 del 2012 della Corte Costituzionale, nella quale è stato affermato che l’art. 41 della Costituzione, in materia di libertà di iniziativa economica, vada interpretato nel senso di garantire una generale libertà agli individui, salvo alcuni casi di specifiche eccezioni, bilanciando iniziativa economica e tutela di diritti fondamentali quali la dignità umana. Si veda anche sPediCato, Note sui rapporti tra la disciplina delle pratiche commerciali sleali e la disciplina dei marchi nel contrasto al greenwashing d’impresa, cit. Cfr. Carozza, Subsidiarity as a Structural Principle of International Human Rights Law, in «American Journal of International Law», 2003, XCVII; Cass, The Constitutionalization of the World Trade Organization: Legitimacy, Democracy, and Community in the International Trading System, Oxford University Press, Oxford 2005; Cazala, Le rôle de l’interprétation des traités à la lumiere de toute autre «règle pertinente de droit international applicable entre les parties» en tant que «passerelle» jétée entre systèmes juridiques différents, in ruiz FaBri e gradoni (a cura di), La circulation des concepts juridiques: le droit international de l’environment entre mondialisation et fragmentation, Société de législation comparée, Paris 2009, L’evoluzione della responsabilità civile, Quaderni della Scuola Superiore della Magistratura, 10, 2022. Sul punto anche de rada, La Responsabilità Civile per Illecito Trattamento dei dati ex Art 82 GDPR, cit.

71 Peraltro l’autoregolamentazione ha importanti limiti. si veda sul punto CuCCu, La In (sostenibilità) del nuovo codice di corporate governance, «Rivista del diritto commerciale e del diritto generale delle obbligazioni», 11/2 (2021).

72 CoMMissione euroPea, Libro Verde Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese, cit.

taria73. L’approccio non può più quindi apparire volontaristico74, in ragione di una linea di tendenza verso un approccio collettivo, globale e normativo.

Da ultimo, si pensi alle interpretazioni giurisprudenziali che si muovono, come già evidenziato, verso la depatrimonializzazione del diritto civile75, dando sempre più spazio a quei non-trade values quali i diritti umani o la tutela dell’ambiente. Questa depatrimonializzazione ha radici profonde che passano dalla rilettura in chiave costituzionale e personalistica dei rapporti intersoggettivi, anche in chiave intergenerazionale, avallata e auspicata in particolare dall’art. 2 Cost.76. Ma si potrebbe pensare anche agli artt. 32, 41 e soprattutto all’art. 9, dato che la recente riforma costituzionale del febbraio 2022 ha introdotto un esplicito riferimento alla tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi anche nell’interesse proprio delle future generazioni77.

73 Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale europeo e al Comitato delle Regioni, Strategia rinnovata dell’ue per il periodo 2011-14 in materia di responsabilità sociale delle imprese, cit.

74 Sulla persistente volontarietà della CSR ed anche sulla coerenza di questa con il sistema, ed anche con i principi costituzionali, si veda ad esempio grassi, Responsabilità sociale dell’impresa e tutela dell’ambiente, in Conte (a cura di), La responsabilità sociale dell’impresa, Roma-Bari, 2008.

75 Perlingeri, «Depatrimonializzazione» e diritto civile, Napoli, 1983.

76 Per un’impostazione che evidenzia la stretta relazione tra sviluppo sostenibile e visione personalistica e solidale dell’ordinamento giuridico, cfr. PennasiliCo: “Sviluppo sostenibile e solidarietà ambientale”, in PennasiliCo, Manuale di diritto civile dell’ambiente, Napoli, 2014, pp. 49 ss.; PennasiliCo, Sviluppo sostenibile, legalità costituzionale e analisi “ecologica” del contratto, «Persona e mercato», 1 (2015), p. 37–50. In termini più generali, sullo stretto rapporto fra persona e solidarietà e sul valore cogente dei principi costituzionali nei rapporti fra privati, Perlingeri, Il diritto civile nella legalità costituzionale secondo il sistema italo-comunitario delle fonti. 2: Fonti e interpretazione, Napoli 2020, Quarta edizione riscritta e ampliata, pp. 433 ss.; Perlingeri, La persona e i suoi diritti: problemi del diritto civile, Napoli, 2005, p. 71 ss.

77 Cfr. FusChi, Environmental Protection in the Italian Constitution: Lights and Shadows of the New Constitutional Reform, Int’l J. Const. L. Blog, Feb. 13, 2022, at: http://www.iconnectblog.com/2022/02/environmental-

Tutte queste considerazioni ci portano quindi a concludere che, oggi, non si possa più vedere la CSR come una semplice facoltà e che l’ordinamento giuridico spinga verso una lettura maggiormente orientata all’obbligatorietà e doverosità di condotte socialmente responsabili.

5. L’evoluzione della normativa europea, fino alla proposta di direttiva in materia di Corporate Sustainability Due Diligence. Da una CSR volontaria, ad una implementazione obbligatoria

Come già accennato, la normativa europea offre uno spaccato dell’evoluzione della CSR.

Un profilo che si ritiene centrale ai fini qui in esame riguarda la recente direttiva europea in materia di Corporate Sustainability Due Diligence approvata il 24 maggio 2024 dal Consiglio dell’Unione europea78.

La recente legislazione europea in materia ESG e di responsabilità sociale di impresa si può ben comprendere alla luce di tre linee direttrici. In primo luogo, l’Unione Europea mira ad un’economia sostenibile, a reindirizzare in questa direzione i flussi finanziari, a integrare la sostenibilità in ogni profilo dell’attività aziendale, che va dalla prevenzione e gestione dei rischi al controllo della catena del valore. In secondo luogo, come già accennato, sembra che si stia verificando un importante cambio di paradigma: la RSI e gli obblighi sociali e ambientali delle imprese sono sempre più regolati e resi vincolanti. In terzo luogo, come meglio si vedrà nell’analisi della normativa, è evidente che l’Unione Europea stia adottando strumenti di natura preventiva della responsabilità civile e, ancor prima, dei danni ambientali e sociali stessi. Ciò protection-in-the-italian-constitution-lights-and-shadows-of-the-newconstitutional-reform/.

78 Direttiva (UE) 2024/1760 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 13 giugno 2024 inerente il dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità la quale modifica la direttiva (UE) 2019/1937 e il regolamento (UE) 2023/2859.

lo si comprende dalla natura degli obblighi introdotti alle imprese, che come subito si dirà riguardano la trasparenza nelle proprie attività, quelle della propria value chain e nella predisposizione di adeguati e trasparenti meccanismi di controllo preventivo e di comunicazione.

È opportuno passare in rassegna alcune delle principali fonti normative europee in questo senso. Si può pensare innanzitutto alla direttiva 2022/2464 (corporate sustainability reporting directive, o CSRD)79, che modifica a sua volta la precedente direttiva 2013/34, cioè la direttiva che aveva disciplinato il contenuto delle dichiarazioni di sostenibilità, preannunciando la creazione degli standard europei in materia di rendicontazione non finanziaria. Dettando norme precise sulla rendicontazione ESG, la CSRD obbliga le imprese a rendere pubbliche le proprie scelte in materia di sostenibilità, aumentando così la trasparenza. La direttiva si basa su alcuni principi fondamentali80, cioè obbligo di relazione sulla gestione, al fine di inserire tutte le informazioni sulla sostenibilità all’interno di tale relazione; obbligo di redigere un report di sostenibilità certificato da ente terzo; obbligo di rendere accessibili, per mezzo digitale, tutte le informazioni aziendali riguardanti la sostenibilità; principio di doppia materialità o doppia rilevanza. Tale principio implica un duplice obbligo: da un lato, le imprese devono valutare l’impatto delle loro attività sul mondo esterno (approccio inside-out); dall’altro, devono considerare come le dinamiche esterne legate ai criteri

79 Entrata in vigore il 5 gennaio 2023, con recepimento richiesto entro lo scorso 6 luglio 2024, avvenuto il 30 agosto 2024, come riportato dal comunicato del Consiglio dei Ministri disponibile presso https://www. governo.it/it/articolo/comunicato-stampa-del-consiglio-dei-ministrin-92/26480.

80 Per un’analisi dettagliata si veda Corporate sustainability reporting – European Commission [https://finance.ec.europa.eu/capital-marketsunion-and-financial-markets/company-reporting-and-auditing/companyreporting/corporate-sustainability-reporting_en], consultato il 17/2/2024; Panizza, Adeguati assetti organizzativi, amministrativi, contabili per prevenire la crisi, 1/12/2023, p. 238 ss.; genovese, La gestione ecosostenibile dell’impresa azionaria. Fra regole e contesto, Bologna, pp. 110 ss.

ESG influenzano la loro gestione interna (approccio outside-in)81. A compendio di queste normative, Nel 2023, l’UE ha introdotto nuovi standard, gli ESRS, per semplificare la rendicontazione della sostenibilità delle aziende. Questi standard sono stati pensati per ridurre gli oneri burocratici e per allinearsi a quelli internazionali (ISSB), facilitando così il lavoro delle imprese. Al centro di questi standard c’è il concetto di ‘materialità’: le aziende dovranno identificare gli aspetti ambientali, sociali e di governance più rilevanti per il loro business, valutando sia i rischi che le opportunità

La direttiva europea sulla sostenibilità integra a pieno titolo la rendicontazione di sostenibilità nel processo di gestione aziendale, come previsto dal nostro codice civile. La relazione sulla gestione, che gli amministratori sono tenuti a redigere, dovrà ora includere una sezione dedicata alla sostenibilità. Questo significa che la rendicontazione di sostenibilità seguirà le stesse tempistiche e modalità della relazione sulla gestione, coinvolgendo gli organi sociali competenti. Le società quotate saranno particolarmente interessate da questa novità, dato che la loro relazione sulla gestione è sottoposta al controllo della Consob.

Ancora più recente il testo della direttiva europea in materia di Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD o CS3D)82 introduce nuovi obblighi per le imprese, imponendo loro di identi-

81 alMandoz, Inside-out and outside-in perspectives on corporate purpose, in Strategy science 8.2 (2023), p. 139-148.

82 Proposta di Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio concernente il dovere di diligenza delle imprese verso la sostenibilità contenete modifiche alla direttiva (UE) 2019/1937 (Bruxelles, 23.2.2022 COM(2022)71 final. La direttiva riprende alcune normative già presenti nei Paesi europei: Francia, con la Loi relative au devoir de vigilance del 2017, e Germania, con la Sorgfaltspflichtengesetzdel 2021, le quali hanno introdotto una disciplina orizzontale in materia di diligenza; mentre altri Paesi hanno, invece, emanato norme su temi specifici come nel caso dei Paesi Bassi, nel 2019, in materia di lavoro minorile (Wet zorgplicht kinderarbeidm).

La direttiva prevede espressamente che: “La direttiva sul dovere di diligenza definisce le norme in materia di obblighi delle grandi società relativamente ai gravi impatti negativi effettivi e potenziali sull’ambiente e sui diritti umani per la loro catena di attività, che comprende i partner commerciali a monte dell’impresa e, in parte, le attività a valle, quali la distribuzione o il riciclaggio”.

ficare, prevenire e mitigare i rischi ambientali e sociali lungo tutta la loro catena di valore. In sostanza, le aziende dovranno mettere in atto un sistema di verifica costante per garantire il rispetto dei diritti umani e la tutela dell’ambiente, non solo all’interno della propria organizzazione, ma anche presso i fornitori e i clienti. Questa normativa si ispira a esperienze già esistenti in alcuni Paesi europei, come Francia e Germania, e mira a creare un quadro normativo comune a livello europeo.” Con questa normativa l’Unione Europea sembra aver preso l’iniziativa di introdurre un generale principio di do not harm per gli operatori commerciali, nonché specifici obblighi e precise indicazioni che andranno a modificare il rapporto fra l’impresa e l’intera catena del valore83.

Innanzitutto, l’Unione ha compiuto una precisa scelta sotto il profilo dell’ambito soggettivo di applicazione. La direttiva riguarda, direttamente, solo ad imprese di grandi dimensioni (art. 2), con una scelta che sembrerebbe in prima battuta poco coerente con la struttura imprenditoriale europea, formata soprattutto da imprese è di piccole e medie dimensioni (circa il 99%, stando a quanto indicato nella stessa direttiva84). La decisione è però in parte comprensibile se si tiene conto che la direttiva impone obblighi molto gravosi per le società, creando obblighi insostenibili per le imprese di piccole dimensioni85 – oltre a rendere più complesso l’iter di approvazione. D’altra parte, la Direttiva indirettamente riguarda anche le PMI: nel momento in cui entrano a far parte delle catene del valore delle imprese di grandi dimensioni infatti la direttiva finisce per produrre effetti anche nei loro confronti86. Per le piccole

83 Per un commento specifico della proposta e delle sue conseguenze sul diritto civile si veda degl’innoCenti, Nuove sfide regolatorie del diritto privato europeo nel prisma della sostenibilità. La proposta di direttiva sulla corporate sustainability due diligence, cit.

84 Proposta di Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio relativa al dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità portante modifiche alla direttiva (UE) 2019/1937 (Bruxelles, 23.2.2022 COM(2022)71 final), p. 16.

85 Ibidem.

86 Ibidem. Ci si riferisce alle imprese che hanno un rapporto consolidato con le grandi imprese soggette alla direttiva. Proprio per questo

imprese, anche il fatto di non essere sostenibili e di non rispettare i criteri ambientali e sociali potrà rappresentare un rischio o una causa di esclusione dal mercato, dato che per le aziende più grandi collaborare con esse non sarà più possibile. Un simile approccio – di esclusione dagli affari delle imprese non sostenibili – peraltro lo si ritrova in ambito europeo già in precedenti e diverse normative, quali quella sugli appalti verdi, ove in determinate condizioni le pubbliche amministrazioni sono tenute a preferire le imprese maggiormente green o ad escludere quelle non green87 .

La direttiva, ai fini che qui rilevano, si occupa principalmente del dovere di diligenza (due diligence), della previsione di specifici obblighi contrattuali e di un sistema di enforcement. Un profilo particolarmente interessante, cioè quello sulla responsabilità civile, è stato eliminato nell’ultima approvazione presso il Consiglio.

Sotto il primo profilo, la direttiva prevede che la società debba individuare, prevenire, attuare, interrompere e minimizzare gli impatti negativi, sia effettivi che potenziali, della società sui diritti umani e sull’ambiente (artt. da 4 a 10). Ciò anche mediante il ricorso a specifici indicatori qualitativi e quantitativi, come previsto dall’art. 10 della direttiva. Per società di particolari dimensioni l’art. 15 prevede inoltre ulteriori obblighi, ed in particolare che la società adotti un piano idoneo a garantire che il modello di business e la strategia aziendale compatibili con la transizione a un’economia sostenibile e con la limitazione del riscaldamento globale a 1,5 ºC in conformità dell’accordo di Parigi. Gli Stati devono vigilare, garantire e sostenere tali doveri delle imprese. Specifici obblighi sono poi previsti in capo agli amministratori: considerare, nelle scelte gestorie, le conseguenze in termini di rispetto dei diritti umani e sostenibilità, nel senso più ampio (art.

motivo la stessa direttiva prevede degli specifici misure di sostegno e compensative pubbliche a favore delle PMI (art. 14).

87 Per un approfondimento su questo tema si rinvia a Pouikli, Towards mandatory Green Public Procurement (GPP) requirements under the EU Green Deal: reconsidering the role of public procurement as an environmental policy tool, in Era Forum. Vol. 21. No. 4. Berlin/Heidelberg: Springer Berlin Heidelberg, 2021.

25); predisporre sistemi di gestione e attuazione degli obblighi di diligenza societari e vigilare sulla loro attuazione (art. 26). D’altra parte si richiedono anche regole di quantificazione della remunerazione variabile degli amministratori connesse al loro contributo alla strategia aziendale, agli interessi a lungo termine e alla sostenibilità ambientale (art. 15).

Vale infine la pena evidenziare che il considerando 15 ritiene che questi doveri di vigilanza dovrebbero essere inquadrati come obbligazioni di mezzi. Si potrebbe riflettere sull’opportunità di questa scelta, che pone quindi rilevanza su quanto prodotto e non tanto sul raggiungimento di specifici obiettivi, ma d’altra parte è stato osservato che “Ci si muove, cioè, sempre nel contesto di modelli o assetti astrattamente adeguati a prevenire l’illecito o l’impatto negativo, secondo quanto già previsto dalla disciplina sulla responsabilità amministrativa da reato degli enti di cui al d. lgs. n. 231/2001 e in conformità ai principi di adeguatezza organizzativa di cui agli artt. 2086, 2 c., 2381, 3 e 5 c., 2403, 1 c. c.c. 27”88. Il secondo profilo, cioè gli effetti sui contratti fra l’impresa e la catena del valore, va letto alla luce del primo. La proposta di direttiva infatti prevede la redazione, da parte della società, di un codice di condotta contenente norme e principi per dipendenti, partner commerciali diretti e indiretti nonché un sistema che attui concretamente sia le misure preventive sia quelle successive, al fine di minimizzare gli impatti negativi della società, nonché indichi specifici ed effettivi strumenti volti alla minimizzazione o neutralizzazione di tali impatti negativi. Ebbene, la proposta di direttiva prevede che i contratti all’interno della supply chain delle imprese di grandi dimensioni prevedano specifiche garanzie contrattuali volte ad assicurare il rispetto di tali codici di condotta da parte di tutte le parti contrattuali. Il sistema viene definito nella direttiva stessa come un sistema a cascata89 .

88 degl’innoCenti, Nuove sfide regolatorie del diritto privato europeo nel prisma della sostenibilità. La proposta di direttiva sulla corporate sustainability due diligence, cit., p. 830.

89 Si veda p. 14, 18, 19; nonché gli artt. 7-8.

Laddove sia impossibile prevenire, minimizzare o neutralizzare gli effetti negativi, la società ha l’obbligo di astenersi dall’intraprendere nuovi rapporti di lavoro o nuovi contratti con i soggetti che ne risultano responsabili (considerando 24, 36, 40 e art. 7). Nel caso in cui gli impatti negativi riguardassero un rapporto contrattuale in atto, il considerando 36 indica la necessità di sospendere tale rapporto contrattuale (sospensione per la quale la società sarebbe quindi legittimata) e operarsi per adottare tutte le misure volte a limitare o inibire tali impatti. La società può anche impegnarsi nella stipula di un contratto con una controparte con la quale si intrattiene un rapporto indiretto al fine di garantire l’adesione al codice di condotta o al piano prescritto, ove gli impatti negativi effettivi siano impossibili da arrestare o attutire sufficientemente (articolo 8)90. Il terzo profilo riguarda infine gli strumenti rimediali e di rimedio a situazioni patologiche. Innanzitutto è previsto uno specifico sistema di controllo, che dovrà essere affidato ad un’autorità indipendente indicata da ciascuno Stato membro e alla quale dovranno essere attribuiti specifici poteri istruttori e sanzionatori (si vedano gli artt. 17, 18, 19, 20), nonché una nuova ipotesi di reclamo e segnalazione di violazioni di diritti umani e danni ambientali a disposizione degli stakeholders (art. 19), la proposta di direttiva prevede che nelle ipotesi di gravi effetti negativi prodotti da parte di un soggetto con il quale l’impresa ha in corso un contratto, sia possibile la cessazione della relazione d’affari e del contratto (si veda in particolare l’art. 8). La proposta di direttiva parla di cessazione, che verosimilmente nel nostro ordinamento si tradurrebbe in una forma speciale di risoluzione.

Si segnala che la norma in materia di responsabilità, eliminata il 15 marzo, avrebbe ampliato ulteriormente il quadro giuridico e rimediale, ponendo anche interessanti considerazioni in materia alla natura e contenuto di questa responsabilità. Essendo però stata eliminata, si ritiene non opportuno soffermarsi specificamente su di essa.

90 Per rendere maggiormente chiare, complete ed efficaci queste regole, le garanzie contrattuali devono essere accompagnate da appositi strumenti di monitoraggio, potendo anche ricorrere all’ausilio di soggetti terzi e indipendenti o a iniziative di settore (articolo 8).

A prescindere da quest’ultimo rilievo l’approvazione della CS3D, seppur complessa nel suo percorso, si rivela fondamentale per completare il quadro normativo sulla sostenibilità. La rendicontazione prevista dalla CSRD richiede un approccio integrato che tenga conto degli obblighi di due diligence stabiliti dalla CS3D. In questo modo, le imprese potranno garantire una rendicontazione accurata e trasparente, basata su una solida valutazione dei rischi e degli impatti.

6. Dal diritto europeo a quello internazionale. Alcuni esempi pratici

Non solo il diritto europeo ma anche quello internazionale testimoniano la crescente vincolatività della CSR, soprattutto per le imprese nazionali che si trovano a svolgere attività in ambito internazionale.

Un riferimento assolutamente fondamentale in questo senso è rappresentato dall’art. 35 CISG (Convenzione sulla vendita internazionale dei beni del 1980, entrata in vigore nel 1988). La norma si occupa della conformità dei beni rispetto a quantità, qualità e genere previsti dal contratto: la consegna di un bene non conforme a quanto previsto dal contratto determina un inadempimento contrattuale. Ebbene, un recente orientamento giurisprudenziale sostiene che le parti possano richiedere specifici standard o principi etici da rispettare nell’esecuzione del contratto e che il mancato adeguamento del venditore a determinati standard etici nell’esecuzione della prestazione a suo carico può comportare la mancata conformità del bene rispetto all’art. 35 CISG91. In tal senso, un bene “fisicamente” conforme al contratto, prodotto però in violazione

91 Wilson, Ethical standards in international sales contracts: Can the CISG be used to prevent child labour? Open Access Te Herenga Waka-Victoria University of Wellington, 1/1/2015 [https://openaccess.wgtn.ac.nz/ articles/thesis/Ethical_standards_in_international_sales_contracts_Can_ the_CISG_be_us ed_to_prevent_child_labour_/17012126/1], consultato il 17/2/2024; davies-snyder, International Transactions in Goods: Global Sales in Comparative Context, Oxford, 17/7/2014.

di norme in materia di diritti umani, del lavoro (come ad esempio nel caso di sfruttamento del lavoro minorile), ambientali o anticorruzione richiesti nel contratto potrebbe quindi ritenersi viziato nei suoi elementi immateriali92. In questi casi si parla dei cd. beni “tainted” cioè inquinati o contaminati da violazioni dei diritti fondamentali, che legittima richieste di risarcimento del danno anche in assenza di una reale perdita economica da parte del ricorrente93 Un caso emblematico in questo senso è il noto caso Nike, riguardante la produzione di beni da parte di lavoratori minori di età94. Si è parlato in casi simili anche di “emotional non conformity”95, che può persino portare ad un’associazione di un brand a feelings sgradevoli, proprio a causa delle implicazioni sui diritti fondamentali della produzione di beni prodotti da un certo marchio.

92 Ibidem.

93 Wilson, Ethical standards in international sales contracts, cit. si suggerisce che l’interpretazione dell’articolo 74 della CISG potrebbe essere ampliata per includere il risarcimento del danno non patrimoniale, consentendo così un intervento più ampio per affrontare questioni etiche legate all’adempimento contrattuale. Alcuni propongono persino un intervento legislativo che consentirebbe di invalidare i contratti che violano determinati standard etici. Tuttavia, sorgono diverse problematiche: la necessità di definire se l’etica debba essere considerata come etica aziendale o come un concetto universale, al fine di determinare quali standard etici applicare a ciascun contratto. Inoltre, si discute se un’interpretazione etica della CISG dovrebbe essere vincolante per tutte le parti contraenti, anche se non condividono le stesse convinzioni etiche, escludendo naturalmente i casi in cui le parti si siano esplicitamente vincolate a principi etici comuni. L’adozione di un’interpretazione etica della CISG potrebbe comportare pregiudizi, tra cui la perdita di neutralità delle norme e l’incoerenza nell’applicazione delle stesse tra gli Stati contraenti.

94 day, Nike: «no guarantee on child labour», pubblicato in The Guardian, sezione Media, 19/10/2001 [https://www.theguardian.com/media/2001/oct/19/marketingandpr], consultato il 17/2/2024; Better Cotton Initiative “Better Cotton Standard System” BCI Website, http://bettercotton.org.

95 raMBerg, Emotional Non-Conformity in the International Sale of Goods, Particulararly in Relation to CSR - Policies and Codes of Conduct, 1/1/2015.

Queste situazioni devono essere tenute debitamente in conto dalle imprese nella valutazione della propria supply chain e dovranno essere tenuti in conto anche dalle imprese italiane con interessi nei mercati esteri.

In definitiva, l’art. 35 CISG, inteso come strumento per considerare violazioni di standard etici minimi come vizi del prodotto nei contratti internazionali, può quindi operare al fine di superare gap e differenze etiche e normative fra gli Stati ed ottenere degli standard minimi a livello globale.

Questo tema non riguarda solo il commercio e la contrattualistica internazionale, ma può interessare anche l’ambito degli investimenti internazionali. Si pensi sul punto ad obblighi in materia di valutazione di impatto ambientale e sociale delle attività di impresa nazionali ed internazionali, sempre più comuni nelle legislazioni nazionali, non solo dei Paesi del nord del mondo, ma anche nei Paesi in via di sviluppo96. Ma si pensi più in generale allo sviluppo del concetto di investimento ESG, che prevede una contemperazione fra ragioni economiche che fondano l’investimento e mitigazione dei fattori ambientali e sociali97. Ebbene, il mancato svolgimento di simili valutazioni di impatto può avere conseguenze particolarmente gravi per le imprese: il progetto potrebbe non essere approvato, ovvero potrebbero essere negati i benefici e privilegi derivanti dal proprio status di investitori internazionali e previsti dai trattati internazionali di investimento e dagli arbitrati di investimenti, notoriamente sbilanciati a favore degli investitori98. Gli investimenti stranieri potrebbero così non essere ammessi,

96 UNEP, Assessing Environmental Impacts: A Global Review of Legislation, (2018) [http://www.unep.org/resources/assessment/assessing-environmental-impacts-global-review-legislation], consultato il 17/2/2024.

97 rolli, L’impatto dei fattori ESG sull’impresa. Modelli di governance e nuova responsabilità, cit., p. 31.

98 CaManna, Environmental and social impact assessments as preventive tools in InternationalInvestment Law, in BaronCini, Fontanelli, Mensi (eds.), The UN 2030 Agenda inthe EU Trade Policy: Improving Global Governance for a Sustainable New World, AlmaDL AMS Acta, 2023, (in corso di pubblicazione) e giurisprudenza ivi richiamata; CaManna, Environmental and social impact assessments in International Investment Law: benefits and

ovvero divenire illeciti nel proprio ciclo di vita, con conseguenze pregiudizievoli sia per le imprese più grandi, sia per quelle che hanno come unico asset quello legati a tale investimento99. Il tema riguarda, in particolare, le imprese che operano nel settore primario (minerario, estrattivo, agricolo) e potrebbe ripercuotersi a cascata su tutta la supply chain che coinvolge tali industrie100. Più in generale, anche nel diritto degli investimenti, tradizionalmente investor oriented, si sta oggi assistendo ad un progressivo cambio di paradigma che sembra dare sempre più spazio – o quantomeno accogliere quelle criticità – alla tutela dell’ambiente e dei diritti umani, nonché a valorizzare profili quali la due diligence e la CSR101.

Come già evidenziato un contesto nel quale la CSR assume particolare rilevanza a livello internazionale è quello Business & Human Rights, il cui riferimento principale a livello internazionale è rappresentato dagli UN Guiding Principles on Business & Human

concerns, in BaronCini, de steFano, ruBini (a cura di), Developments and Perspectives in the Economic Global Governance: the EU Approachin Light of the UN SDGs, 2023, (in corso di pubblicazione). Per un esempio pratico si veda Si veda ad esempio il caso Cortec Mining Kenya Limited, Cortec (Pty) Limited and Stirling Capital Limited v. Republic of Kenya, ICSID Case No. ARB/15/29. Per un commento si veda Cotula-gathii, Cortec Mining Kenya Limited, Cortec (Pty) Limited, and Stirling Capital Limited v. Republic of Kenya, «American Journal of International Law», 113/3 (7/2019), p. 574–581.

99 Ibidem.

100 Ibidem

101 saCerdoti-aCConCi-valenti-de luCa, General Interests of Host States in International Investment Law, Cambridge University Press, Cambridge 2015; radi (a cura di), Research handbook on human rights and investment, Edward Elgar Publishing, Cheltenham, UK Northampton, MA, USA, 2018; Miles (a cura di), Research Handbook on Environment and Investment Law, Edward Elgar Publishing, Cheltenham, 2019; levashova, The accountability and corporate social responsibility of multinational corporations for transgressions in host states through international investment law, «Utrecht Law Review», 14/2 (2018).

Rights del 2011 (c.d. Ruggie Principles)102. Sebbene fonte di soft law, questi rappresentano una pietra miliare dell’intera materia103. In quest’ottica, è importante sottolineare che il contenzioso contro le imprese (e gli Stati inattivi nei confronti delle imprese o con esse coinvolti) per violazioni dei diritti umani, problemi ambientali e per il contrasto al climate change sta ormai dipanando in diverse parti del mondo104. Questo testimonia che sembrano venire sempre meno quei safe harbours per le imprese responsabili di problematiche ambientali o di violazioni dei diritti umani.

Altri riferimenti internazionali in materia si hanno, ad esempio, negli atti del FRA105, che si basa sulla Carta di Nizza del 2001

102 UNHCR, UN Guiding Principles on Business & Human Rights del 2011 (Ruggie Principles).

103 Tali principi si fondano su tre pilastri: proteggere, inteso come dovere dello Stato di proteggere i diritti umani dalle attività nocive delle imprese; rispetto, inteso in particolare come dovere di rispetto dei diritti umani – e quindi anche mediante il ricorso a strumenti di CSR; rimedio, inteso come accesso a rimedi effettivi per le vittime di abusi e violazioni dei diritti umani commessi da attività business related. Le obbligazioni derivanti dai Ruggie Principles interessano primariamente gli Stati, ma anche se questi ultimi fossero inadempimenti, o incapaci ad adempiere, è lecito aspettaCSR che le imprese multinazionali facciano tutti gli sforzi possibili per essere a loro volta conformi.

104 Sul punto si rinvia al database https://climatecasechart.com/ about/, che raccoglie i principali casi di climate litigation nel mondo.Fra I casi più significativi, vale la pena ricordare: Urgenda Foundation v. State of the Netherlands, https://climatecasechart.com/non-us-case/urgendafoundation-v-kingdom-of-the-netherlands/; Milieudefensie et al. v. Royal Dutch Shell plc., https://climatecasechart.com/non-us-case/milieudefensie-et-al-v-royal-dutch-shell-plc/; Corte EDU, Duarte Agostinho and Others v. Portugal and 32 Other States, https://climatecasechart.com/ non-us-case/youth-for- climate-justice-v-austria-et-al/; Corte EDU, KlimaSeniorinnen v Switzerland, https://climatecasechart.com/non-us- case/union-of-swiss-senior-women-for-climate-protection-v-swiss-federalcouncil-and-others/#:~:text=The%20application%20listed%20three%20 main,Article%206%3B%20and%20the%20Swiss.

105 Si veda ad esempio FRA, Business and Human Rights: Access to Justice and Effective Remedies, che fornisce un overview complete degli strumenti in materia di Business & Human Rights.

e che ha portato alla creazione di Piani di Azione Nazionale (PAN) sempre in materia di Business & Human Rights106. Ancora, si pensi all’operato dell’OCSE107 ovvero a quello dell’ILO108.

7. Conclusioni

Appare quindi chiaro come si sia in presenza di un quadro normativo in cui l’impegno verso la sostenibilità si traduce in una serie di precetti e obblighi comportamentali per le imprese, specialmente per quelle di dimensioni maggiori o con un impatto più significativo, la violazione di tali norme di condotta non può, a nostro avviso, non comportare conseguenze anche in ambito civilistico.

Ogni qualvolta l’impresa compia un’attività economica, che va dalla scelta dei partner, alla fornitura di materie prime, alla produzione, alla stipulazione di qualsiasi contratto, devono essere adottate misure di individuazione, prevenzione e gestione di eventuali rischi sui diritti umani e sulla tutela sociale e dell’ambiente. La CSR è quindi oggi pervasiva dell’intera rete e attività imprenditoriale: dalla produzione, alla pubblicità, alla attività commerciale giungendo a toccare ambiti sino ad oggi inimmaginabili (es. etica della AI ed AI Ethic Washing) e coinvolgendo tutta la catena del valore (compresi fornitori, subfornitori e partners anche remoti geograficamente e non sottoposti a queste normative).

106 Si veda ad esempio il PAN Italiano, disponibile presso https://cidu. esteri.it/attivita/secondo-piano-dazione- nazionale-su-impresa-e-dirittiumani-2021-2026/.

107 Che opera principalmente con dichiarazioni e atti di soft law. Si veda ad esempio le note linee guida OSCE sulle imprese multinazionali, disponibili presso https://mneguidelines.oecd.org/mneguidelines/.

108 La lista di convenzioni, raccomandazioni e dichiarazioni ILO, che si occupa principalmente della tutela dei lavoratori, è estremamente ampia. Sul punto si veda https://www.ilo.org/global/standards/introductionto-international- labour-standards/conventions-and-recommendations/ lang--en/index.htm.

Ad oggi quindi un’azienda che intenda doverosamente conformarsi alla c.d. responsabilità sociale d’impresa (CSR) non può più limitarsi a sostenere più o meno sporadicamente attività benefiche o comunque connotate da una certa finalità sociale. Piuttosto, risulta necessario modificare la propria governance e organizzazione aziendale e l’intera catena del valore conformemente al complesso quadro normativo in materia sociale e ambientale109

109 Sugli strumenti che le imprese possono adottare per attuare concretamente la CSR si veda anche S. grassi, Responsabilità sociale dell’impresa e tutela dell’ambiente, cit.

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