Lettera di Natale 2016 - Pastori, Polvere e Paglia

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pastori, polvere e paglia

Mons. Giuseppe Giudice


In copertina l’Adorazione dei pastori, un’opera dell’olandese Gerrit van Honthorst (Gherardo delle Notti, Utrecht 1592 – 1656), autore di una pittura a “lume di candela” che accoglie la rivoluzione caravaggesca spogliandola, però, della tragicità tipica del pittore italiano. Nell’opera la luce che irradia i volti dei pastori, di Maria e Giuseppe è simbolo, anticipato, della redenzione. La meraviglia, la gioia e lo stupore per il Salvatore che sta lì nudo e indifeso su un cumulo di paglia, sono rappresentati dai gesti dei pastori, increduli e felici di poter assistere a quest’incontro tra umano e divino. Il dipinto fu semidistrutto nell’attentato del 1993 a Firenze. Un’autobomba uccise cinque persone e danneggiò, in qualche caso in modo irreparabile, numerose opere degli Uffizi.


C’erano in quella regione alcuni pastori

(Lc 2,8)

LETTERA DI NATALE 2016 di mons. Giuseppe Giudice

illustrazioni Raffaele Alfano


Questa lettera è arricchita dai disegni realizzati dal professor Raffaele Alfano. Pastori scolpiti nelle diverse scene del presepe che genitori e figli possono divertirsi a colorare insieme nell’attesa del Natale.


Introduzione Chi sono oggi i pastori del Natale? Per noi il pastore è Gesù, il Pastore grande delle pecore, che ci fa riposare su pascoli erbosi e conduce ad acque tranquille, guidandoci per il giusto cammino. Pastore è il papa, il vescovo, i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i diaconi. Pastori sono i genitori, gli educatori, i catechisti, ogni battezzato e tutti coloro che nella notte del mondo accompagnano qualcuno verso la luce di Betlemme. Quest’anno la mia lettera di Natale è divisa in due sezioni. La prima è indirizzata ai bambini, per condurli per mano allo stupore natalizio e aiutarli a diventare messaggeri del Natale. La seconda parte è dedicata agli adulti. A Natale, rimettendo ordine negli affetti e negli effetti, a partire dal primo giorno della settimana con la partecipazione alla Messa domenicale, ogni famiglia riscopra l’amoris laetitia, la gioia dell’amore familiare e ridiventi nella semplicità culla di Betlemme, casa e bottega di Nazareth, cortile della ritrovata gioia natalizia sulle orme dei pastori. † Giuseppe, Vescovo PASTORI, POLVERE E PAGLIA

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Isciacquío, calpestío, dolci romori. Ah perché non son io cò miei pastori? (G. D’Annunzio - I pastori)


Carissimi frugoli, mentre alcuni pastori stanno tornando dopo aver visto il Bambino, vi invito ad esplorare, quasi come un gioco, con più attenzione la scena del presepe per trovare quelli che non sono partiti, i pastori dai passi incerti. Trovarli non è poi così difficile. Bisogna distogliere però lo sguardo dalle luci della capanna e non farsi distrarre dal canto degli angeli. Lì, certamente, non li troverete. Come i bambini, esperti in ricerca, dovete scovarli negli angoli più bui, dove amano nascondersi. Essi non rientrano nel cono di luce dei nostri natali. Sono fuori. Oltre. Ai margini. Per strada. PASTORI, POLVERE E PAGLIA

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Non cercateli nelle strade di Betlemme, dietro gli usci delle case o nelle osterie che hanno chiuso i battenti. Non scrutate nei cupi corridoi del palazzo di Erode o nelle torri di guardia dei soldati romani. E nemmeno tra i banchi della sinagoga. Non ci sono neppure lì. Sono fuori, al di là, oltre i bordi del cuore. Per trovarli, come una caccia al tesoro, vi dovete allontanare dal centro del presepe ed esplorare zone sconosciute, periferiche, essi abitano nelle 167 della vita. Cercate lontano, andando con gli amici, dove fa freddo e c’è il bagliore di un fuoco. Sono lontani dalla luce e, nella notte, mentre gli altri sono partiti, essi sono rimasti accanto al fuoco per scaldarsi e per farsi compagnia. I loro volti, per un istante, brillano al guizzo di una fiamma e poi spariscono, inghiottiti dalla notte e dal gelo. Hanno visto, all’improvviso, i loro amici prendere le lanterne e seguire una luce e un canto. Essi li hanno seguiti con lo sguardo, ma sono rimasti inchiodati e paralizzati nella notte. Non hanno voglia di muoversi, come tanti. Nel vostro gioco della vita, chiedetevi: Chi sono? Dove sono? Perché non sono partiti? Posso fare qualcosa per loro? Cercateli bene perché sono tanti, anche tra di voi, anche al catechismo, e sono i pastori che non partono neanche nella notte di Natale. 8

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Voi, carissimi fanciulli, avete il compito di essere angeli che cercano per dare ad essi un volto e un nome e per farli uscire dalle tane delle loro abitudini, dove si sono rinchiusi, forse anche per paura dei bulli. È questo il gioco della vita e del Natale, cioè far venire alla luce, far uscire dalla notte dell’anonimato, dare ad ognuno un posto degno nel presepe del Signore. E voi, bambini, come nell’antica favola, in mezzo alla gente omologata e indifferente, avete ancora l’innocenza per gridare: il re è nudo! smascherando le ipocrisie. Eccoli… lontani dalla luce di Betlemme e, mentre tanti sono lì davanti al presepe come incantati, voi piccoli pastori siete chiamati a recuperare quelle statuine di gesso rimaste nelle scatole, o incartocciate ancora nei problemi, nella distrazione, nella paura, nella delusione e nella tristezza. Guardate vicino a voi, in famiglia, a scuola, in oratorio, in parrocchia, in palestra, lungo le strade dei vostri giochi, ma allenatevi a guardare con il cuore per poterli scorgere e vedere. Sono i pastori che non sono partiti, ma che aspettano una luce, una voce, un canto, il canto di Natale e una mano nella notte buia. Sono tipi, volti, storie, situazioni, sono persone, frammenti di vita.

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Uno di loro si è addormentato, avvolto in un mantello pesante, col cappello di lana calato sul capo, a coprirgli metà del volto. Non si è accorto di nulla. La vita gli passa accanto, lo sfiora e lui non se ne accorge. Sfolgora una luce, ma lui non la vede. Vuole solo essere lasciato in pace. È sempre distratto. Domani, ancora le pecore e a masticare le cose di ogni giorno. Armonia di angeli nella notte e lui, vestito di grigio, non si è accorto di nulla.

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Poco distante, un altro continua ad agitarsi nella notte. Non è stanco, ma ha paura. E non è paura della notte. Ogni rumore lo insospettisce, ogni suono lo mette in ansia, ogni cambiamento lo disturba. Indossa da tempo i vestiti dell’angoscia. Vive preoccupato, col timore di perdere anche quelle poche pecore che ha, e delle quali è prigioniero. Voleva andare con gli altri, ma gli è mancato il coraggio. È chiuso a chiave in una paura che gli blocca il cuore ed è incartato nelle sue povere cose. Non parte, non è mai partito, non partirà mai. E domani rimpiangerà un’altra occasione perduta, mentre altri canteranno.

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Più in là, mentre riattizza con gesti misurati il fuoco che brilla nella notte, c’è il più vecchio della compagnia. Ne ha viste tante. Troppe. Ha strappato tanti calendari sempre uguali e, ogni volta, è rimasto deluso. Ha tentato tante partenze, ma ha percorso solo vie di delusioni. Ha visto i compagni andar via nella notte, ha sentito il canto degli angeli, ma si è detto: non fidatevi, rimarrete delusi, come me. E, accanto al suo fuoco che va spegnendosi nella notte come la sua vita, egli si è fermato.

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Guardate, più in là ne resta ancora uno. Avvicinatevi con discrezione, è un pastore che piange. Sarebbe andato al presepe, aveva anche qualche cosa da offrire, ma non l’hanno voluto, lo hanno scartato. Nella vita si è sempre sentito messo da parte. Da tutti. Anche a casa sua. Nessuno lo ha aspettato e si è ritrovato solo, incapace di affrontare con il buio nel cuore la notte più luminosa. Senza amici, senza speranza, senza mattini. E piange in silenzio e versa lacrime anche nella notte di Natale, mentre piovono lacrime di stelle.

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Ma uno dei pastori, intraprendente e speranzoso, tornando dalla grotta si avvicina a quelli che non sono partiti e consegna loro un regalo, regalo natalizio ricevuto a Betlemme. Ăˆ un piccolo astuccio con una scritta: capirai dopo! Dentro l’astuccio si conserva un filo di paglia e un po’ di polvere. Capirai dopo! Che strano regalo natalizio: paglia e polvere!

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Cari bambini, piccoli pastori, angeli del Natale, regalate quest’anno a tutti i pastori che non sono partiti, e specialmente a coloro che hanno smarrito lo stupore natalizio e dell’infanzia, questo astuccio con un po’ di polvere e un filo di paglia. Ci vuole tempo per capire, ci vuole il tempo di una vita e molti natali, e un bravo pastore. Niente più della paglia è stato così vicino al Bambino. La paglia l’ha fatto riposare, vegliato e coccolato, accolto e custodito. La paglia, vale così poco, brucia in un attimo, erba tagliata e seccata, cibo da nulla per le bestie, per l’asino e il bue. La paglia è diventata la culla per il re, il letto dei suoi sogni e il giaciglio per far riposare il Signore. E la polvere? Vale niente e vola al soffio del vento. Ma è polvere di stelle, polvere della cometa, soffio di Dio, polvere magica. Portando con te l’astuccio con la paglia e la polvere, tu capisci di essere ciò che custodisci: ecco la luce del Natale e il dono che ci fa il Bambino per farci comprendere il valore della vita. Cosa siamo noi se non una manciata di polvere, che in un attimo vola e si perde, un filo di paglia, erba secca che brucia in un istante? Eppure siamo il riposo di Dio, il giardino dove passeggia, tracce luminose di stelle, vicinissimi a Lui; noi così piccoli, noi persone 20

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da niente, con le nostre storie confuse, i nostri pesi sul cuore. Noi, polvere e paglia, con le nostre partenze e i nostri ritardi; noi, i piccoli di Dio, incamminati verso Betlemme, anche quando non abbiamo voglia di muoverci. A chi non è partito, carissimi piccoli, regalate polvere, paglia e un cartiglio. Vi è scritta un’antica leggenda che racconta che nella notte di Natale, a un certo punto, tutti si sono addormentati. Gli angeli volati via, i pastori di nuovo in cammino o coricati vicino alla grotta, Maria e Giuseppe a contemplare il Bambino. Allora, proprio allora, il Bambino ha aperto gli occhi e dal suo sguardo è partita come una striscia di luce sottile, che ha tagliato il buio della notte. Si dice che questa luce abbia illuminato i monti attorno a Betlemme per destare e consolare i pastori che non erano mai partiti, per toccare il cuore di chi aveva perduto la speranza, per asciugare le lacrime di chi piangeva, per dare coraggio a chi aveva paura, e forza a chi si sentiva sfinito. Si dice, ed è una bella leggenda, che questa luce torni a visitare chi nella notte di Natale si sente disperso, smarrito, bloccato. Si dice, ed è vero, che quella luce di Natale ci raggiunge, attraverso il volto di un bambino, di un malato, di un pastore, e ci illumina anche se ci sentiamo ospiti scomodi e infelici di un triste presepe. PASTORI, POLVERE E PAGLIA

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Si dice, e nella fede lo so, che quella luce raggiunge gli anfratti delle nostre ribellioni, le stanze delle nostre paure, le piaghe delle nostre sofferenze. E ci accorgiamo che si può anche non partire, ma quella luce ci raggiunge e si può ricominciare, rimettendo ordine nella nostra vita, e possiamo ancora stupirci delle cose che i pastori raccontano del Bambino. E, per noi, e per chi ancora lo vuole, è di nuovo Natale!

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Appena gli angeli si furono allontanati da loro, verso il cielo, i pastori dicevano l’un l’altro: “Andiamo dunque fino a Betlemme, vediamo quest’avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere” (Lc 2,15-20).


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Carissime famiglie, gli angeli, prima di allontanarsi verso il cielo, hanno consegnato ai pastori, avvolti di luce dalla gloria del Signore, la grande notizia e l’atteso annuncio di gioia: oggi è nato il Salvatore, Cristo Signore! (cfr Lc 2,11). Man hu: che cos’è? (Es16,15) sembrano chiedersi quei pastori, l’un l’altro nella notte più luminosa della storia. Anche noi, abbandonando i nostri bivacchi nella notte santa, facciamo quattro passi con i pastori per scoprire il tesoro, portandoci nel cuore della nostra notte la grande domanda: che cos’è? chi è? PASTORI, POLVERE E PAGLIA

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Andiamo fino a Betlemme!

Il primo passo è una semplice decisione: andiamo fino a Betlemme! La vita cristiana è sempre risposta ad una chiamata a chi veglia nella notte, alla quale si decide di aderire, liberamente e semplicemente, mossi dalla sana curiosità di chi va a vedere prima di giudicare o rifiutare. Andiamo, vediamo! Come nella Messa, all’atto penitenziale, si riconosce la propria colpa per ripartire, cambiare, dirigersi verso la grotta di Qualcuno. Forse, in quella magnifica notte, i pastori hanno sentito risuonare le antiche parole salmiche: Beato l’uomo che trova in te il suo rifugio e ha le tue vie nel suo cuore. Cresce lungo il cammino il suo vigore, finché compare davanti a Dio (Sal 84,6-8). Mentre le stelle stanno a guardare, forse si dicevano l’un l’altro per fuggire la solitudine e sconfiggere la paura del buio: saggia il mio cuore, scrutalo nella notte… tieni saldi i miei passi sulle tue vie e i miei piedi non vacilleranno (Sal 17,3-5). C’è un passaparola in quella notte per partecipare insieme alla gioia di una nascita, che per noi si fa rinascita. Si va in compagnia nella città di Davide e, lungo i tratturi, già si racconta di antichi presagi, di profezie, di speranze. La compagnia fa vincere la stanchezza e il sonno e si procede lungo i sentieri interrogandosi e aspettando e, nel cuore, è già Natale! 26

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Quando dicevo: il mio piede vacilla, la tua fedeltà, Signore, mi ha sostenuto (Sal 94,18). Si sentono nel buio i passi dei poveri che, avvolti di luce, vanno verso una Luce e, guardando in alto si chiedono: Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita, la luce e le stelle che tu hai fissato, che cos’è l’uomo perché te ne ricordi, il figlio dell’uomo, perché te ne curi? (Sal 8,4-5). Anche noi, popolo che cammina nelle tenebre visitato da una grande luce, con la gioia moltiplicata nei cuori, andiamo fino a Betlemme perché un bambino è nato per noi (Is 9,1-6). Sui passi dei pastori, vestiti di silenzio, andiamo decisi e senza indugio, purificando il cuore, la memoria e salmodiando con tutti i poveri, pellegrini verso il presepe: Ho esaminato le mie vie, ho rivolto i miei piedi verso i tuoi insegnamenti. Tengo lontano i miei piedi da ogni cattivo sentiero, per osservare la tua parola. Rendi saldi i miei passi secondo la tua promessa e non permettere che mi domini alcun male (cf. Sal 119).

Rischiarati dalla Parola

Per compiere un secondo passo, siamo rischiarati dalla Parola. È notte e i pastori, anche se gente esperta di disagi, hanno bisogno PASTORI, POLVERE E PAGLIA

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di una luce, di una lampada per illuminare la strada e per guardarsi dentro. Nella nostra notte è venuta la Luce vera, quella che illumina ogni uomo, Parola che si è fatta carne e ha posto la sua tenda in mezzo a noi (cf. Gv 1,1-18). Il primo passo è sempre di Dio verso di noi, perché in principio era la Parola e noi, rischiarati dalla Parola, possiamo fare un passo verso di lui. Non potremmo camminare incontro a lui, se Dio non avesse camminato verso di noi. Senza Avvento, non c’è Natale e i suoi passi verso di noi precedono sempre i nostri, stanchi e incerti, verso di lui. Sì, lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino (Sal 119,105). Eccoti, avvolto di luce come di un manto (Sal 104,2); è in te la sorgente della vita, alla tua luce vediamo la luce (Sal 36,10); e questa luce, avvolta in fasce, dorme tra le braccia di Maria e Giuseppe. Arriviamo a Messa, spesso con la notte nel cuore, feriti, stanchi, ingolfati da troppe parole e la rivelazione delle tue parole illumina, dona intelligenza ai semplici (Sal 119, 130). Sei tu, Signore, che ci parli quando seduti insieme nei banchi della chiesa ascoltiamo le tue parole. E, come i pastori in quella notte, ci sembra di sognare (Sal 126,1), perché sulla paglia è aperta proprio la parola che aspettavo, una parola per me, che dà sapore alla mia vita e la illumina. 28

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Il dono

Nel terzo passo, nella gratitudine, riconosciamo il dono. I pastori vedono il dono, lo riconoscono e rendono grazie per ciò che hanno ricevuto: ci è stato dato un figlio… Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace (Is 9,5). Essi non hanno portato quasi niente al nuovo nato, ma già ricevono tutto. Poveri nella notte, svegliati dal canto degli angeli, hanno deciso di andare a vedere e, illuminati dalla Parola, riconoscono nella stalla il tesoro, nel frammento il tutto, nel bambino il Signore e ringraziano, forse prendendo in prestito le parole dei salmi. Sulla patena, che sono le braccia di Maria, il tesoro avvolto in povere fasce, nascosto nell’ostia, è offerto gratuitamente ad ogni uomo, mendicante di gioia. Man hu: che cos’è? chi sei? È colui che fa scendere la neve come lana, come polvere sparge la brina (Sal 147,16). Come noi, nel cuore di ogni messa, i pastori sembrano ripetere dinanzi alla bellezza del dono: tra le mani non ho niente, solo un po’ di lana, formaggio, latte, questo tesoro in vasi di creta (2Cor 4,7). Ma la Parola, anche se siamo poveri, invita, incoraggia, sprona, il dono attende i doni: date al Signore, date al Signore gloria e potenza, portate offerte ed entrate nei suoi atri (Sal 96,7-8). PASTORI, POLVERE E PAGLIA

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A chi si è bloccato, rattrappito nei piedi, nelle mani e nel cuore, i pastori invitano da poveri, come avviene ogni domenica, ad entrare nella casa della gratuità: varcate le sue porte con inni di grazie, i suoi atri con canti di lode, lodatelo, benedite il suo nome (Sal 100,4). Ed allora, anche noi pellegrini nella notte santa, ripetiamo con i pastori: Sei tu il mio Dio e ti rendo grazie, sei il mio Dio e ti esalto (Sal 118,28). E mentre Maria custodisce, come ogni mamma, queste cose meditandole nello scrigno del suo cuore, noi cantiamo: ti rendo grazie, Signore, con tutto il cuore: hai ascoltato la parola della mia bocca… Tu mi ridoni vita (Sal 138,1-7).

La lode

Un quarto passo per far ritorno nella lode. I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio, per tutto quello che avevano udito e visto (Lc 2,20). Dopo ogni messa, dopo ogni Natale, con passo missionario si torna a casa, ma per un’altra strada (Mt 2,12), glorificando e lodando Dio sapendo, come dice Geremia, che l’uomo non è padrone della sua via, chi cammina non è in grado di dirigere i suoi passi (Ger 10,23). Ma, quando i suoi passi incrociano i nostri, allora è Natale e possiamo ripetere: Corro sulla via dei tuoi comandi, perché hai allargato il mio cuore (Sal 113,32). 30

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Da Betlemme, casa del pane, dirigiamo i nostri passi verso le case dove manca il pane, o dove il pane c’è, ma manca Gesù, pane vivo disceso dal cielo nella notte di Natale. A Betlemme è apparsa la grazia di Dio (Tt 2,1); per questo motivo, non più come vagabondi ma da pellegrini andiamo cantando: come sono belli sui monti i piedi del messaggero che annuncia la pace (Is 52,7). E per non smarrire lo stupore natalizio, sempre ci chiediamo: Man hu? Che cos’è questa notte di luce? Che cos’è questa cantata dei pastori? Che cos’è questa gioia nuova che invade il cuore e le strade? Accade perché a Natale ogni uomo ritrova la strada di casa, ritrova il tesoro che è il Signore e dove c’è lui è sempre festa. Come i pastori, divenuti nella notte discepoli del Regno, allora anche noi possiamo estrarre dal tesoro, che è il Vangelo di Gesù, cose nuove e cose antiche. Ed è veramente Natale! Santo Natale 2016 Vi benedico † Giuseppe, Vescovo

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Editing Antonietta Abete Progetto grafico Salvatore Alfano

Š 2016 EDIZIONI INSIEME via Vescovado, 4 84014 Nocera Inferiore (Sa) Telefono 081 517 04 66 insieme@diocesinocerasarno.it vescovo@diocesinocerasarno.it www.diocesinocerasarno.it


Finito di stampare nel mese di dicembre 2016 presso C.G.M. s.r.l.



Mons. Giuseppe Giudice è nato a Sala Consilina il 10 settembre 1956 ed è stato ordinato Presbitero il 27 settembre 1986. Il 24 marzo del 2011 è stato chiamato dallo Spirito ad una nuova avventura: il 13 maggio ha ricevuto la consacrazione episcopale dal cardinale Agostino Vallini. Dal 4 giugno 2011 è il Pastore della Diocesi di Nocera Inferiore-Sarno. Nel 2011 ha scritto la prima Lettera di Natale, un appuntamento che si è ripetuto negli anni fino a divenire una tradizione per comunicare a grandi e piccini il mistero di un Dio che si fa carne.

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